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Goldwater
LA VITA. L'UOMO DI AZIONE.
Spesso, del resto, l’opera di riduzione della distanza esistente fra cultura e
politica — conservatorismo e candidati elettorali di questo o di quel partito —
chiede tempi e modalità tali da costringere in alcuni casi gli elettori a
scegliere realisticamente fra “quel che c’è”. In certi frangenti — sotto
l’urgenza e la spinta del confronto diretto, soprattutto quando polarizzato e
decisivo benché, come detto, solo in alcuni casi precisi una consultazione
elettorale o referendaria possa assumere i caratteri dello “scontro finale” —,
l’indicazione dell’elettore può ridursi solo a esprimere quanto più
vistosamente e vigorosamente possibile la distanza diametrale massima fra
due visioni del mondo, o due soluzioni a fronte di un determinato problema,
scegliendone recisamente una e rifiutandone seccamente un’altra. Fatti salvi
quei princìpi oserei dire di diritto naturale — la soglia invalicabile del quale
deve restare intonsa pena il crollo dell’axis mundi della convivenza civile fra
gli uomini —, spesso quanto scelto in questo modo non rappresenta affatto
l’optimum, ma solo il possibile perché tertium non datur.
Detto tutto ciò, l’area entro cui tratteggiare e comprendere la figura pubblica
del Goldwater politico è disegnata.
Negli ambienti goldwateriani si sono del resto fatti le ossa un po’ tutti i
leader dell’attivismo giovanile della Destra, comprese quelle figure che anni e
decenni dopo sarebbero a loro volta salite alla ribalta nazionale e
internazionale come candidati politici del Partito Repubblicano. La cosiddetta
“Reagan Revolution” degli anni Ottanta e la discesa nell’arena politica di
Patrick J. Buchanan — la prima volta in occasione delle presidenziali del
1992 —, ma anche le affermazioni Repubblicane nelle votazioni per il rinnovo
del Congresso degli ultimi anni — in particolare quelle del 1994, quando
Newt Gingrich lanciò il programma definito “Contract with America” —,
affondano di fatto e di principio le radici nel “fenomeno Goldwater”.
Goldwater fece proprio, firmò e indossò quel testo scritto per lui da Bozell,
trasformandolo in un programma politico capace di raccogliere le diverse
anime della Destra statunitense attorno a un sensus commune e d’imprimere
al Partito Repubblicano una sterzata verso destra i cui effetti sono ancora
forti.
Ora, Goldwater è stato — nonostante tutte le aspre critiche che gli sono state
rivolte e le caricature a cui è stato ridotto — un uomo politico tanto
intelligente da sapersi circondare — consapevole di essere in politica
anzitutto per dare gambe e corpo alle “visioni” elaborate dai “professionisti”
della cultura — di consiglieri di prima piano e di un certo tipo. Per esempio,
dietro alle pagine di Why Not Victory?, un volume che nel 1962 auspicava la
sconfitta completa dell’Unione Sovietica rispondendo ai liberal che invece
flirtavano con l’«Impero del Male», si erge la figura dell’analista e filosofo della
politica voegeliniano Gerhart Niemeyer, anch’egli scomparso nel 1997.
Nel 1996, alla vigilia dello scontro presidenziale fra William Jefferson Clinton
e Robert Dole, Lee Edwards — oggi uomo di punta di The Heritage
Foundation (il noto think tank di Washington) e del mensile The World & I —,
illustrando il proprio voluminoso Goldwater: The Man Who Made A
Revolution, uscito nel 1995, mi ha detto: «Il Goldwater di oggi è Dole».
Con tutta la stima (assolutamente non manieristica) che provo per
Edwards, il senatore dell’Arizona non merita un paragone simile; oppure è
davvero questa la chiave per comprendere l’involuzione di un certo settore
della Destra statunitense avvenuto negli ultimi decenni ed
emblematicamente rappresentato dalla senescenza dello stesso Goldwater,
anziano nel fisico e decrepito culturalmente.
Ma i fuochi delle sezioni coniche descritte dalle orbite di questi due mondi
possono sperare di coincidere solo comprendendo adeguatamente il posto
occupato dall’esperienza nordamericana nella storia della Cristianità
occidentale. È la sfida attuale dei conservatori.
Niccolò Machiavelli afferma che «nissuno maggiore indizio si puote avere della
rovina d’una provincia che vedere disprezzato il culto divino», raccomandando
dunque ai principi di «mantenere incorrotte le cerimonie della religione».
Va bene anche così, perché il reale a cui per forza o per amore fanno ritorno
gli uomini politici “vinti” da una scelta culturale di questo tipo (del tipo che
ha “conquistato” un Goldwater) è attraversato da una “mano invisibile”
capace di corregge anche il farisaismo. Il suo nome è verità delle cose.
INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
JACK BELL, Mr. Conservative: Barry Goldwater, Doubleday, Garden City (New
York) 1962;
MILTON CUMMINGS (a cura di), The National Election of 1964, The Brookings
Institution, Washington (D.C.) 1966;
ROBERT ALAN GOLDBERG, Barry Goldwater, Yale University Press, New Haven
(Connecticut) 1995;
KARL HESS, In a Cause That Will Triumph: The Goldwater Campaign and the
Future of Conservatism, Doubleday, Garden City 1967;
STEPHEN C. SHADEGG, Barry Goldwater: Freedom Is His Flight Plan, Fleet, New
York 1962;
IDEM, What Happened to Goldwater? The Inside Story of the 1964 Republican
Campaign, Holt, Rinehart and Winston, New York 1965;
DEAN SMITH, The Goldwaters of Arizona, con una premessa di Barry M.
Goldwater, Northland Press, Flagstaff (Arizona) 1986;
THEODORE WHITE, The Making of the President 1964, Signet Books, New York
1965;
ROB WOOD e D. SMITH, Barry Goldwater, Avon Books, New York 1961.
Una fonte diretta sul “Movimento Goldwater” è F. CLIFTON WHITE con WILLIAM
J. GILL, Suite 3505: The Story of the Draft Goldwater Movement, Arlington
House, New Rochelle (New York) 1967.
Cfr. IDEM, Il vero Conservatore, trad. it., Le Edizioni del Borghese, Milano 1962.
Cfr. IDEM, Why Not Victory? A Fresh Look at American Foreign Policy, McGraw-Hill,
New York 1962, reprint Greenwood Press, Westport (Connecticut) 1980.
R. KIRK, The American Cause, Henry Regnery Company, Chicago 1957, reprint
Greenwood Press, Westport 1975; 2a ed. riveduta, con una premessa di John Dos
Passos, Henry Regnery Company (per iniziativa della Constructive Action di Whittier,
California), Chicago 1966.
Ibidem (la citazione utilizzata dallo storico è tratta direttamente dalla prima edizione
di R. KIRK, The America Cause, cit. p. 36).
Ibidem.
Ibid., p. 274.
THOMAS STEARNS ELIOT, L’idea di una società cristiana, trad. it. a cura di M. Respinti,
Gribaudi, Milano 1998, p. 120.
Cfr. WILLIAM F. BUCKLEY, JR., God and Man at Yale, Henry Regnery Company,
Chicago 1951.
CONSERVATORISMO SACRALITà
Il conservatorismo, ci dicono, è antiquato. L’accusa è assurda, e
dovremmo dirlo con audacia: le leggi di Dio e della natura non portano
data.
Barry Goldwater
CONSERVATORISMO
I principi sui quali si fonda la posizione politica conservatrice sono stati
stabiliti da un processo che non ha nulla a che fare col paesaggio
sociale, economico e politico, il quale muta di decennio in decennio e
da un secolo all’altro.
Barry Goldwater
CONSERVATORISMO SACRALITà
I principi del conservatorismo sono derivati dalla natura dell’uomo e
dalle verità che Iddio ha rivelato intorno alla Sua creazione.
Barry Goldwater
CONSERVATORISMO
Mi ha molto preoccupato il vedere tante persone dagli istinti
conservatori che oggi sentono il bisogno di scusarsene.
Barry Goldwater