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Dispense Costruzione Di Macchine Vol.2 - Andorno
Dispense Costruzione Di Macchine Vol.2 - Andorno
7. CUSCINETTI VOLVENTI
I cuscinetti volventi, in base all’angolo che la congiungente i punti di contatto tra i corpi volventi e gli
anelli forma con l’asse, possono essere così suddivisi:
1. Cuscinetti radiali
2. Cuscinetti assiali
3. Cuscinetti obliqui
Poiché i cuscinetti a rotolamento sono organi di massima precisione e delicatezza, si comprende come il
loro perfetto funzionamento sia legato alla scrupolosa osservanza delle norme di montaggio.
La prima regola da rispettare è l’adozione degli accoppiamenti opportuni fra gli anelli interni ed esterni
e le loro sedi. A tal riguardo occorre tenere presente che se un anello deve ruotare rispetto alla direzione
del carico lo si deve montare con un accoppiamento abbastanza serrato per impedire la lenta rotazione
dell’anello rispetto alla sede. D’altro canto si deve ricordare che i forzamenti con interferenza
provocano un aumento del carico sui corpi volventi; perciò quando gli anelli devono essere montati con
interferenza, questa deve essere sempre accuratamente verificata per contenere il sovraccarico indotto
entro limiti tollerabili.
Sempre per evitare sollecitazioni anomale, si deve prestare molta attenzione affinché l’asse dell’albero e
delle sedi coincidano perfettamente con l’asse del cuscinetto. Si dovranno quindi minimizzare sia gli
errori di eccentricità, sia quelli di parallelismo e, qualora tali errori non possano essere adeguatamente
contenuti, si dovrà ricorrere inevitabilmente a cuscinetti di tipo orientabile.
Norme di montaggio
Nelle applicazioni dei cuscinetti radiali, siano essi a sfere o a rulli, si deve tener presente che il compito
di bloccare assialmente l’albero dovrà essere affidato ad un solo cuscinetto, mente gli altri devono
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essere scelti e montati in modo da non reagire a spinte assiali; ciò per evitare che rialzi termici,
conseguenti a funzionamento con velocità elevate, diano luogo a carichi insopportabili.
Montaggio a X
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I due tipi di montaggio si differenziano anche per la diversa rigidezza che conferiscono al supporto. Il
montaggio ad O, allontanando i centri di spinta, conferisce a tutto il supporto una maggiore rigidezza.
E’ da notare inoltre che nel montaggio ad O le dilatazioni assiali dell’albero, conseguenti al
riscaldamento, tendono a diminuire il precarico, al contrario, nel montaggio a X le dilatazioni assiali
dell’albero aumentano il precarico.
Nella disposizione in tandem il carico è sopportato in eguale misura da ciascun elemento della coppia.
Per quanto riguarda i carichi assiali, i due cuscinetti possono reggere solo quelli diretti in un unico
senso e generalmente devono venire montati in opposizione ad un terzo cuscinetto che sopporta i carichi
in senso opposto.
Nella disposizione ad O le rette di contatto divergono verso l’asse dei cuscinetti. Il carico assiale viene
sopportato in entrambi i sensi però da un solo cuscinetto per volta. La disposizione a O costituisce
un’applicazione relativamente rigida, che può reagire anche a momenti ribaltanti.
Nella disposizione a X le rette di contatto convergono verso l’asse dei cuscinetti. Anche in questo caso
il carico assiale viene sopportato in entrambi i sensi, però da un solo cuscinetto alla volta. Questa
disposizione è meno rigida della disposizione ad O ed è quindi meno adatta a reagire ai momenti di
ribaltamento.
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Qualora il cuscinetto assiale possa funzionare, anche per brevi istanti, a velocità elevata e sotto carichi
molto bassi, è conveniente applicare alle sfere, mediante molle, un precarico iniziale in modo da
impedire il reciproco allontanamento degli anelli che potrebbe consentire una parziale caduta della
gabbia.
Quando non si possa fare affidamento su una perfetta quadratura fra i perni d’appoggio e l’albero, è
indispensabile usare cuscinetti assiali orientabili.
In questo caso si ricorre per lo più all’adozione simultanea di un cuscinetto radiale orientabile e di un
reggispinta a sede sferica cercando, se possibile, di prevedere le posizioni relative dei cuscinetti in
modo che essi abbiano lo stesso centro di oscillazione. Necessità di spazio possono però anche imporre
la rinuncia a tale coincidenza.
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Gioco tra il cappello e il corpo della scatola. In caso contrario una chiusura energica delle viti di unione
potrebbe produrre una ovalizzazione dell’anello esterno, provocando un forte sovraccarico in due zone
diametralmente opposte.
Per evitare questo inconveniente occorre tornire i supporti dopo aver ben lavorato le superficie di
contatto del cappello e del corpo e bloccato le due metà per mezzo di viti di unione.
Qualora comunque si rinunci all’adozione di una bussola riportata, si deve tener presente che, nel caso
di alloggiamenti in lega leggera, vanno scelti accoppiamenti più stabili che non per le sedi in acciaio e
ghisa, e ciò per realizzare un alloggiamento sufficientemente rigido.
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Trasmissioni lunghe
Nelle trasmissioni lunghe si fissa assialmente il cuscinetto alloggiato in uno dei supporti situati verso
la mezzeria; in quelle di lunghezza limitata si fissa il cuscinetto del supporto più caricato, perché
conviene che i cuscinetti chiamati a permettere scorrimenti longitudinali siano ostacolati in ciò il meno
possibile dal carico da essi portato. I cuscinetti vengono in generale fissati con una bussola conica di
calettamento; si osservi la regola che il cuscinetto deve essere possibilmente orientato in modo che il
senso della filettatura della bussola risulti contrario a quello di rotazione dell’albero.
Raccordi
Il raccordo fra la sede e lo spallamento dovranno avere un raggio minore di quello degli anelli,
altrimenti questi non potrebbero assumere la giusta posizione.
Dato però che più è ampio il raccordo tra albero e spallamento tanto più favorevole risulta la
distribuzione delle tensioni, soprattutto per alberi molto sollecitati, può essere indispensabile preveder
un raccordo più ampio di quello dell’anello interno. In tal caso tra l’anello interno e lo spallamento si
deve sistemare un distanziale che offra all’anello stesso una superficie d’appoggio estesa e che non
interferisca con il raccordo.
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Spallamenti
L’altezza dello spallamento deve rispettare le indicazioni fornite dal costruttore che ne fissano l’altezza
minima e massima.
Se per ragioni speciali si fosse vincolati a ad avere l’altezza dello spallamento sensibilmente inferiore a
quella normalmente richiesta, si può rimediare utilizzando un anello ausiliario in modo da formare uno
spallamento sufficiente.
Sono ammessi anche spallamenti maggiori di quelli normalmente previsti; in questi casi occorre però
prevedere o degli smussi , oppure delle fresature che permettano agli estrattori di agire sulla faccia degli
anelli quando occorra smontarli.
Per i cuscinetti a rulli cilindrici le dimensioni degli spallamenti vanno fissate tenendo conto della
possibilità di sfilare l’albero senza la necessità di smontare l’anello interno.
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Supporti d’estremità
Le figure sotto riportate si riferiscono al bloccaggio di anelli esterni in cuscinetti di estremità.
La soluzione (a) è la più diffusa ed è costituita da un dado filettato che blocca assialmente l’anello
interno. Tra il dado e l’anello è posta una rosetta di lamiera con un dente sul bordo interno che entra in
una apposita scanalatura dell’albero, e, in genere, cinque denti sul bordo esterno, uno dei quali va
ripiegato in corrispondenza di uno dei quattro intagli del dado. In tal modo, effettuato il serraggio, viene
assicurata la posizione del dado.
La soluzione (b) rappresenta un bloccaggio effettuato con dado e controdato.
Quando però si è in presenza di sforzi assiali particolarmente elevati, e nel caso di cuscinetti con foro
maggiore di 70 mm, conviene adottare la soluzione (c) costituita da una piastra assicurata frontalmente
all’estremità dell’albero con tre viti, a loro volta assicurate con un lamierino di sicurezza.
A volte si può bloccare l’anello interno semplicemente con un anello elastico inserito in un’apposita
scanalatura dell’albero, a condizione che questa scanalatura non pregiudichi la resistenza dell’albero
stesso.
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Accoppiamenti
I fattori più importanti da prendere in considerazione al momento della scelta degli accoppiamenti sono
i seguenti:
1. Condizione di rotazione
1.1. Carico rotante
Si ha una situazione di carico rotante quando l’anello ruota e il carico è fermo oppure
quando l’anello è fermo e il carico ruota in modo che, durante un giro, tutti i punti della pista
risultino sollecitati.
Un anello sottoposto a carico rotante, se montato con un accoppiamento libero ruoterà
rispetto alla sede provocando usura delle superficie a contatto. Occorre pertanto prevedere
un accoppiamento forzato il cui grado di interferenza verrà stabilito in base alle condizioni
di funzionamento.
I forti carichi oscillanti, quelli che agiscono ad esempio sugli anelli esterni dei cuscinetti per
bielle, vengono generalmente considerati carichi rotanti.
1.2. Carico fisso
Si ha una situazione di carico fisso quando l’anello del cuscinetto è fermo e lo è pure il
carico, oppure quando l’anello e il carico ruotano alla stessa velocità in modo che
quest’ultimo risulti sempre rivolto verso lo stesso punto della pista.
Un anello di un cuscinetto sottoposto ad un carico fisso normalmente non ruota rispetto alla
sede. A meno che altre ragioni non lo impongano, non è pertanto necessario un
accoppiamento forzato.
Quando la direzione del carico è indeterminata, e specialmente in presenza di carichi di forte entità,
è opportuno prevedere un accoppiamento forzato per entrambi gli anelli.1
3. Condizioni termiche
Durante il funzionamento, gli anelli dei cuscinetti normalmente raggiungono una temperatura
superiore a quella dei particolari su cui sono montati. Ciò può provocare un allentamento
dell’accoppiamento dell’anello interno sulla sua sede oppure fare in modo che l’anello esterno si
dilati fino ad assorbire il gioco che aveva rispetto all’alloggiamento compromettendo la sua libertà
di movimento in senso assiale. Nella scelta degli accoppiamenti bisogna quindi tener conto dei
gradienti termici.
4. Precisione di marcia
Quando i cuscinetti devono avere un alto grado di precisione di marcia, per ridurre al minimo i
cedimenti elastici e le vibrazioni, occorre evitare accoppiamenti liberi.
1
Qualora il carico non sia particolarmente elevato e/o l’anello esterno deve poter scorrere assialmente,
quest’ultimo può essere montato con un accoppiamento più libero.
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Tab. 7. 1
Tab. 7. 2
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Lubrificazione
E’ invalso l’uso di valutare il prodotto d ⋅ n ( d diametro del foro in mm; n velocità di rotazione in rpm)
per orientarsi se sia meglio adottare la lubrificazione a grasso oppure ad olio.
Per cuscinetti a sfere o a rulli cilindrici con foro fino a 50 mm, si potrà prevedere la lubrificazione con
grasso per valori d ⋅ n uguali o inferiori a 300000÷500000 secondo il grado di precisione con il quale è
stato costruito il cuscinetto. Per cuscinetti con foro più grande, il valore limite diminuisce all’aumentare
del foro, approssimativamente secondo la relazione:
300000 ÷ 500000
d 50
Per i cuscinetti orientabili a rulli i valori limite sono circa la metà di quelli indicati in precedenza.
Si ribadisce comunque che il controllo del parametro d ⋅ n ha un valore puramente indicativo, dato che
la scelta del tipo di lubrificazione dipende da molti fattori valutabili solo caso per caso.
In genere, quando è possibile, è conveniente prevedere la lubrificazione a grasso, sia perché il
lubrificante può essere meglio trattenuto nei supporti, sia perché si possono adottare dispositivi più
semplici e quindi più economici.
Quando però la velocità di rotazione e la temperatura di esercizio raggiungono valori molto elevati,
oppure quando vi è la necessità di raffreddare il supporto per mezzo di liquido circolante, la
lubrificazione ad olio diventa insostituibile.
Lubrificazione a grasso
Il grasso non deve mai riempire completamente il supporto, altrimenti si generano, nella rotazione, dei
moti vorticosi che producono dannosi rialzi termici.
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Lubrificazione ad olio
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Il sistema a nebbia d’olio consiste nel fare affluire al cuscinetto, tramite una corrente d’aria,
dell’olio finemente polverizzato. La nebbia d’olio è ottenuta in un apposito nebulizzatore.
L’aria compressa secca, prelevata da un impianto centrale, viene filtrata nel nebulizzatore e la
sua pressione viene regolata tra gli 0.05 e gli 0.1 MPa. La nebbia d’olio viene poi fatta affluire
mediante tubazioni ai diversi cuscinetti da lubrificare. L’aria che affluisce nel supporto serve
anche a raffreddare il cuscinetto ed a creare una leggera sovrappressione che contrasta la
penetrazione delle impurità nell’interno del supporto stesso.
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Le protezioni usate nelle applicazioni dei cuscinetti volventi sono essenzialmente di due specie:
Le protezioni non striscianti si basano principalmente sull’effetto di tenuta delle piccole luci e
possono essere disposte radialmente, assialmente oppure in ambedue le direzioni. Le protezioni di
questo tipo risultano particolarmente adatte per funzionare ad alta velocità e a temperature elevate.
La protezione strisciante di forma più semplice , sufficiente per macchine che lavorano in ambienti
asciutti ed esenti da polvere, consiste in una piccola luce radiale tra l’albero e l’alloggiamento (a).
Premessa
Il calcolo di un cuscinetto ha lo scopo di determinare, in funzione dell’entità e del tipo di carico, la
durata presunta del cuscinetto.
La relazione tra la durata Lh (h), la frequenza di rotazione n (rpm), il coefficiente di carico dinamico C
(N) e il carico equivalente P (N) ha la seguente espressione1:
1
Se il carico agente sul cuscinetto fosse variabile, il carico P da introdurre nella (7.1) deve essere posto pari a:
∑U P i i
P=m i =1
n
dove Pi sono i carichi costanti per Ui giri.
∑U i
i =1
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m
106 C
Lh = (7.1)
60 ⋅ n P
Se il carico F gravante sul cuscinetto risulta costante in modulo, direzione e verso ed agisce in modo
puramente radiale sui cuscinetti radiali e in modo puramente assiale sui cuscinetti assiali si ha:
P=F
e tale carico P può essere introdotto direttamente nella (7.1).
In tutti gli altri casi è necessario calcolare il carico dinamico equivalente.
Il carico dinamico equivalente è quel carico ipotetico, costante come intensità, direzione e verso che, se
applicato, avrebbe sulla durata del cuscinetto rotante lo stesso effetto dei carichi agenti in realtà.
Riportiamo di seguito le procedure per il calcolo a durata dei cuscinetti rigidi radiali e dei cuscinetti a
rulli conici sottoposti a carichi costanti
Procedura di calcolo
Il carico equivalente viene calcolato come segue:
P = X ⋅ Fr + Y ⋅ Fa
dove:
• Fr carico radiale effettivo (N)
• Fa carico assiale effettivo (N)
• X/Y fattori di amplificazione del carico radiale/assiale
Esempio 7.1
Scegliere un cuscinetto rigido a sfere ruotante a 1000 rpm che, sotto l’azione di un carico radiale
costante pari a 5000 N, raggiunga una durata di almeno 20000 ore.
Lh ⋅ 60 ⋅ n
m
106 C
Lh = → C > P⋅m ≅ 53133 N
60 ⋅ n P 106
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Vediamo ora come determinare il carico assiale sul singolo elemento di una coppia di cuscinetti obliqui
costituente un supporto.
Conviene considerare gli schemi sotto proposti riferiti rispettivamente al montaggio a O e al montaggio
a X.
Con Fai si è indicato il carico assiale sul cuscinetto i-esimo indotto dal carico radiale Fri.
Tale carico assiale si determina, in base ai coefficienti tabellati ei e Yi, secondo la (7.2).
Fai = ei Fri cuscinetti obliqui a sfere
0.5 ⋅ Fri (7.2)
Fai = cuscinetti a rulli conici
Yi
Con Ka si è indicato il carico assiale esterno che si scarica sul supporto.
Indicata con Fa1 la reazione assiale massima indotta dal carico radiale, si distinguono quattro situazioni
di carico:
A. Carico assiale esterno assente
B. Carico assiale Ka concorde con Fa1
C. Carico assiale opposto a Fa1 e tale che K a < ( Fa1 − Fa 2 )
D. Carico assiale opposto a Fa1 e tale che K a ≥ ( Fa1 − Fa 2 )
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Tipo di carico
A B C D
Cuscinetto 1 Fa1 Fa1 Fa1 Fa 2 + K a
Cuscinetto 2 Fa1 Fa1 + K a Fa1 − K a Fa 2
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Esempio 7.2
Sulla coppia di cuscinetti a rulli conici sotto rappresentati agisce un carico radiale di 35000 N.
Nell’ipotesi che la velocità di rotazione sia pari a 500 rpm, determinare, in prima approssimazione,
la durata in ore dei singoli cuscinetti.
Cuscinetto A1 d = 55 D = 95 X = 0.4 Y = 1.6 C = 95000 N e = 0.37
1
Cuscinetto B d = 35 D = 80 X = 0.4 Y = 1.9 C = 81500 N e = 0.31
Tolleranze consigliate h6/N7 per gli anelli esterni e k6/N7 per quelli interni
Si suppone che il carico radiale di distribuisca uniformante tra i due cuscinetti. Si ha quindi:
FrA = FrB ≅ 17500 N
I carichi assiali indotti valgono pertanto:
0.5 ⋅ FrA 0.5 ⋅ FrB
FaA = ≅ 5469 N FaB = ≅ 4605 N
YA YB
Dato che il carico assiale esterno è nullo si è nella condizione di carico A. I carichi assiali sui due
cuscinetti risultano pari al massimo carico assiale indotto.
Pertanto, tenuto conto della mutua azione tra i cuscinetti, i carichi radiali e assiali agenti sul
singolo cuscinetto risultano:
1
I valori dei coefficienti X e Y sono validi se il rapporto tra il carico assiale e quello radiale risulta maggiore del
valore tabellato di e. In caso contrario si ponga X =1 e Y = 0.
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10 3 10 3
106 C A 106 95000
LhA = = ≅ 9372 h
60 ⋅ n PA 60 ⋅ 500 17500
10 3 10 3
106 CB 106 81500
LhB = = ≅ 5742 h
60 ⋅ n PB 60 ⋅ 500 17390
Esempio 7.3
La figura sotto riportata mostra una boccola ferroviaria che collega l’assale ad una ruota di
diametro pari a 1m. Determinare, prima approssimazione, la durata dei cuscinetti nell’ipotesi che il
carico sulla boccola sia pari a 87000 N e che la velocità media del carro sia di 75 km/h.
Su ogni cuscinetto agisce un carico radiale pari a 43500 N che si assume pari al carico dinamico
equivalente.
Noto il diametro della ruota e la velocità del carro, si ricava la velocità di rotazione dell’assale:
V 75000 1 60 ⋅ ω
ω= = = 41.6 rad/s → n = ≅ 400 rpm
R 3600 0.5 2π
La durata in ore è quindi:
10 3 10 3
106 C 106 440000
Lh = = ≅ 93000 h
60 ⋅ n P 60 ⋅ 400 43500
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Esempio 7.4
Con riferimento alla figura sotto riportata si determini, in prima approssimazione, la durata dei
cuscinetti nell’ipotesi che la velocità di rotazione sia di 270 rpm e che la ruota ( Φ = 250 mm) sia
assoggettata ad un carico radiale di 8000 N e ad un carico assiale, applicato alla periferia e con
verso indeterminato, pari al 20% del carico radiale stesso.
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Carichi esterni
Carichi assiali
Carico radiale Carico assiale
indotti Fa (N)
Fr (N) K (N)
Cuscinetto dx 6105 1600 1606
Cuscinetto sx 1895 0 499
Con riferimento ad un montaggio ad “O” ci troviamo nella condizione di carico D (al carico assiale
K orientato verso dx e applicato alla ruota, corrisponde una reazione K orientata verso sx e
applicata al perno) dato che K a > Fadx − Fasx . Pertanto tenuto conto del carico assiale esterno e dei
carichi assiali indotti i cuscinetti risultano caricati come di seguito riportato in tabella:
Carichi
Fa/Fr e X Y P
Fr Fa
Cuscinetto dx 6105 2099 0.34 0.31 0.4 1.9 6430
Cuscinetto sx 1895 499 0.26 0.31 1 0 1895
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Esempio 7.5
La figura rappresenta l’albero di una pompa centrifuga che ruotando a 1450 rpm elabora una
portata d’acqua pari 24 m3/min con una prevalenza di 90 J/kg.
La coppia di cuscinetti a contatto obliquo sopporta un carico assiale di 7700 N e un carico radiale
di 5900 N; il cuscinetto a rulli cilindrici fronteggia invece un carico radiale di 11000 N.
Determinare, in prima approssimazione, la durata dei cuscinetti.
Tolleranze consigliate:
Coppia di cuscinetti a contatto obliquo: albero j5; alloggiamento J6
Cuscinetto radiale a rulli: albero k5; alloggiamento J7
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Il cuscinetto radiale a rulli è soggetto ad un carico equivalente pari al carico radiale su di esso
insistente (11000 N).
10 3
106 C
Lhobl = ≅ 63600 h
60 ⋅ n P
Esempio 7.6
La figura rappresenta l’albero di una sega circolare ruotante a 6000 rpm con una potenza di 22 kW.
Determinare, in prima approssimazione la durata dei cuscinetti nell’ipotesi che i carichi radiali
massimi sui cuscinetti A e B siano pari rispettivamente a 2100 N e 600 N e che la spinta assiale
sull’albero possa ritenersi pari a 400 N.
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Il carico assiale si scarica interamente sul cuscinetto A il cui carico equivalente vale:
FaA 400 F
= ≅ 0.002 ⇒ e ≅ 0.22 > aA = 0.19 ⇒ X = 1 Y = 0
C0 19600 FrA
PA = FrA = 2100 N
Il cuscinetto B è sottoposto al solo carico radiale; il suo carico equivalente vale quindi:
PB = FrB = 600 N
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Esempio 7.7
La figura sotto riporta tata rappresenta l’albero di una piallatrice sviluppante una potenza di 9 kW e
ruotante a 4500 rpm.
Determinare, in prima approssimazione, la durata dei cuscinetti nell’ipotesi che il carico radiale sul
cuscinetto A sia di 600 N e che il carico radiale sul cuscinetto B sia pari a 1800 N.
I carichi assiali sono trascurabili pertanto i carichi dinamici equivalenti coincidono con i rispettivi
carichi radiali.
Si ha quindi
Cuscinetto Fr (N) P (N) n (rpm) Lh (h)
A 600 600 6000 66000
B 1800 1800 6000 2500
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Esempio 7.8
La figura sotto riportata mostra l’albero che movimenta il cestello di una lavabiancheria.
Si ritengano soddisfatte le seguenti ipotesi:
Dati:
Dimensioni
a 85 mm
b 150 mm
c 235 mm
d 15 mm
D 500 mm
Cuscinetti
Cuscinetto SKF d (mm) D (mm) C (N)
A 6305-2RS 25 62 17500
B 6307-2RS 35 80 25500
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Si distinguono
carichi con direzione fissa T, Pst
carichi rotanti Pdin
Pst tiene conto del peso del cestello e della biancheria secca, pertanto si ha:
Pst = g ⋅ ( M c + M b ) ≅ 93.2 N
Sui cuscinetti agiranno delle reazioni fisse dovute a Pst e T e delle reazioni rotanti dovute a Pdin.
Fm = f m ( F1 + F2 )
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Dato che le componenti assiali sono nulle, il carico medio coincide con il carico dinamico
equivalente.
In prima approssimazione, le durate dei cuscinetti risultano:
3
106 C
3
106 17500
LhA = = ≅ 712 h
60 ⋅ n Fm 60 ⋅ 800 5393
3
106 C
3
106 25500
LhB = = ≅ 654 h
60 ⋅ n Fm 60 ⋅ 800 8084
Ipotizzando che una famiglia media esegua quattro lavaggi alla settimana della durata di 1.5 ore di
cui 15 in centrifuga, una durata di 654 ore corrisponde ad una vita del cuscinetto di circa 12 anni.
Bibliografia
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8. IL VOLANO
Il momento torcente disponibile all’albero di un
motore non è costante ma varia, lungo il ciclo, in
conseguenza della variazione di pressione
all’interno del cilindro, dell’angolo di manovella
e delle forze di inerzia associate agli organi in
movimento.
La prima delle figure a fianco rappresentate
mostra l’andamento del momento torcente M in
funzione dell’angolo di manovella θ. L’area
sottesa dalla curva rappresenta il lavoro motore
sviluppato in un ciclo. Se il momento resistente è
costante (ipotesi semplificativa, ma realistica)
questo è rappresentato dal segmento AE che
definisce pure il valore del Momento Motore
Medio.
Tra i punti A e B la coppia motrice è eccedente
rispetto a quella resistente e il sistema accelera.
Tra i punti B e C il momento motore è inferiore a
quello resistente, perciò tutto il sistema è
assoggettato ad una decelerazione. Estendendo
queste considerazioni a tutto il ciclo si conclude
che:
1
Sia f(x) una funzione continua e derivabile in un intorno H del punto x0. Indicata con f’(x) la derivata
prima della funzione, se nell’intorno H risulta:
x0 è un punto di minimo relativo per la funzione x0 è un punto di massimo relativo per la funzione
Tenuto presente che l’accelerazione angolare α rappresenta la derivata prima della velocità angolare ω, è facile
vedere che i punti B e D sono punti di massimo relativo per l’espressione della velocità angolare, mentre i punti A,
C, E rappresentano dei minimi relativi
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Il lavoro di fluttuazione
Da A a B, come già detto, il sistema accelera, ovvero indicata con ωA la velocità nel punto A, in B si
raggiungerà una velocità ωB maggiore. Il lavoro motore eccedente lungo il tratto AB (La) è stato speso
per accelerare il sistema, e incrementarne, di conseguenza, l’energia cinetica. Applicando infatti la
legge della conservazione dell’energia, indicato con J il momento di inerzia delle masse rotanti ridotte
al medesimo asse, si ha:
J ⋅ ( ωB2 − ω A2 )
1
La = (8.1)
2
J ⋅ (ωB2 − ωC2 )
1
Lb =
2
Lc = J ⋅ (ω D2 − ωC2 )
1
2
Ld = J ⋅ (ω D2 − ω E2 )
1
2
Compito del progettista è appunto quello di aumentare, quando necessario, il momento di inerzia della
trasmissione J, aggiungendo eventualmente una massa volanica, in modo da mantenere l’incremento di
velocità entro limiti tollerabili
2⋅ L
J= 2 a2 (8.2)
(ω A − ωB )
La è, come già detto, la più grande, in valore assoluto, fra le fluttuazioni presenti nel ciclo e viene
semplicemente denominata lavoro di fluttuazione. In seguito pertanto, quando si parlerà di lavoro di
fluttuazione si intenderà sempre la più grande, in valore assoluto, fra le fluttuazioni presenti nel ciclo.
La relazione (8.2) sarebbe già di per sé risolutiva, tuttavia il lavoro di fluttuazione La e la differenza
dei quadrati delle velocità sono due grandezze non facilmente determinabili in fase di progetto.
Giova allora introdurre due parametri adimensionali: il grado di irregolarità e il coefficiente di
fluttuazione.
Grado di irregolarità δ
30
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Coefficiente di fluttuazione β
β =J⋅
ωB + ω A
⋅
ωm
⋅
(ω B − ω A ) = J ⋅ ωm2 ⋅ δ
2 E ωm E
da cui:
L β ⋅E
J= = 2 (8.5)
ω ⋅ δ ωm ⋅ δ
2
m
La (8.5) permette di determinare il momento di inerzia complessivo della trasmissione atto a realizzare,
in corrispondenza di un coefficiente di fluttuazione β, il prestabilito grado di irregolarità δ alla velocità
di regime ωm
Indicato con J il momento di inerzia calcolato con la (8.5) e con J0 il momento di inerzia della
trasmissione, il momento di inerzia del volano JV vale21:
JV = J − J 0 (8.6)
La (8.5) si trova spesso espressa in forma diversa, dato che sovente non viene assegnata l’energia del
ciclo, bensì la potenza del motore.
β ⋅N
J ≅ 5.5 ⋅ 106 ⋅ (8.7)
δ ⋅ n3
dove
N potenza espressa in kW; n velocità di rotazione in giri/min
2
In pratica, il momento di inerzia della trasmissione viene trascurato, cosicché il momento di inerzia del
volano risulta definito direttamente dalla (8.5) ponendo JV = J
31
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Si riportano di seguito i valori dei coefficienti β e δ tabellati rispettivamente in funzione del tipo di
motore e della sua utilizzazione.
Tab. 8. 1
Coefficienti di fluttuazione β
Tipo di Macchina Numero di cilindri
Motore a: 1 2 3 4 6 8
Carburazione a2 tempi 0.80÷1.00 0.15÷0.25 0.08÷0.10 0.04÷0.05 ─ −
Carburazione a 4 tempi 1.40÷2.00 0.50÷0.70 0.25÷0.35 0.12÷0.20 0.060÷0.09 0.030÷0.050
Iniezione a 2 tempi 1.25÷1.35 0.55÷0.65 0.22÷0.28 0.10÷0.12 0
0.022÷0.02 0.013÷0.016
Iniezione a 4 tempi 3.20÷3.60 1.30÷1.80 0.80÷1.90 0.20÷0.30 8
0.100÷0.15 0.090÷0.110
Vapore 0.15÷0.17 0.06÷0.08 0.02÷0.04 ─ ─0 ─
Tab. 8. 2
32
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33
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Il momento di inerzia J di un disco pieno, indicato con r il raggio del disco e con m la sua massa e con
ρ la densità del materiale1, vale :
1 1
J = m ⋅ r2 = π r4 ⋅ b ⋅ ρ (8.8)
2 2
Volani a corona circolare
Nei volani a corona circolare si trascurano di solito i contributi al momento di inerzia dati dalle razze e
dal mozzo. Il momento di inerzia di una corona circolare, nell’ipotesi che l’estensione radiale della
corona stessa (a) sia trascurabile rispetto al suo raggio medio (rm), vale:
J = m ⋅ rm2 = 2π ⋅ a ⋅ b ⋅ ρ ⋅ rm3 (8.9)
π 2
v2 v2
dm = a ⋅ b ⋅ ρ ⋅ rm ⋅ dϕ FC = a ⋅ b ⋅ ρ ⋅ rm ⋅ ⋅ 2 cos ϕ dϕ = 2a ⋅ b ⋅ ρ ⋅ v 2
rm ∫0
dFC = dm ⋅
rm
La forza centrifuga genera su due sezioni di corona diametralmente una tensione di
trazione pari a:
F
σ c = C = ρ v 2 da cui si ricava, tenuto conto delle unità di misura, la (8.10).
2a ⋅ b
Nel caso volani in ghisa, in cui si prevede una tensione ammissibile a trazione intorno ai 12 MPa, la
(8.10) impone di non superare una velocità periferica intorno ai 40 m/s. Nel caso di volani in acciaio,
invece, non si superano, di norma, i 70 m/s.
1
I volani sono in genere realizzati in acciaio o in ghisa. La densità dell’acciaio vale circa 7.8 kg/dm3, mentre la
densità della ghisa vale circa 7.2 kg/dm3
34
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Schema di calcolo
1. Assegnate le caratteristiche del motore e dell’utilizzatore si determinano il coefficiente di
fluttuazione φ e il grado di irregolarità massimo consentito δ;
2. dalla (8.7) si determina il momento di inerzia del volano;
3. a secondo se si è scelto la tipologia a disco pieno o a corona si esegue il proporzionamento, a
tentativi, del volano secondo rispettivamente la (8.8) o la (8.9) verificando anche la (8.10).
Appendice
Calcolo del momento di inerzia di una corona circolare e di un disco pieno rispetto all’asse rotazione
baricentrico con traccia O.
Corona circolare
2π
m
J ≡ ∫ dm ⋅ rm2 = ∫ 2π r rm ⋅ dϕ ⋅ rm2
m 0 m
2 2π
m⋅r
= ∫ dϕ = m ⋅ r
m 2
2π
m
0
Disco pieno
R 2π
m
J = ∫ dm ⋅ r = r 3 dr ∫ dϕ
m
π ⋅ R 2 ∫0 0
m R4 m ⋅ R2
J= ⋅ 2π =
π ⋅ R2 4 2
35
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Esempio 8.1
Un motore Diesel marino a 4 tempi, 4 cilindri sviluppa una potenza di 370 kW al regime di 900 giri al
minuto. Determinare la massa e le dimensioni della sezione della corona del volano.
Il grado di irregolarità δ può essere posto, in prima approssimazione, pari a 0.05 (Tab. 8.2)
Il coefficiente di fluttuazione β, determinato in base al tipo di motore (Tab. 8.1), può essere posto
pari a 0.25.
Dalla (8.7) si ottiene immediatamente il valore del momento di inerzia JV della massa volanica
β⋅N 0.25 ⋅ 370
JV = 5.5 ⋅ 106 = 5.5 ⋅ 106 ⋅ = 14 kgm 2
δ ⋅n 3
0.05 ⋅ 9003
In un volano a razze si è soliti ritenere che la corona assuma un momento di inerzia JC pari a circa
il 90% del totale. Con i dati del problema si ha pertanto:
J C = 0.9 ⋅ JV = 12.6 kgm2
La massa della corona mC, indicato con Rm il suo raggio medio, si determina con la (8.9):
J C = mC ⋅ Rm2
La precedente relazione presenta tuttavia due incognite poiché anche il raggio medio della corona
deve essere ancora definito.
Il raggio medio, ipotizzando di realizzare un volano in ghisa, può essere determinato imponendo
una velocità periferica della corona inferiore ai 40 m/s.
Posta una velocità periferica vC di 38 m/s, il raggio medio della corona risulta:
v 38 ⋅ 60
Rm = C = = 403 mm Sostituendo il valore di Rm, trovato in precedenza, nella (8.9) si
ω 2π ⋅ 900
ricava la massa della corona:
J
mC = C2 = 78 kg
Rm
Indicata con A la sezione trasversale della corona, posto ρ = 7.25 kg/dm3,si ha:
mC = ρ A ⋅ 2π rm → A ≅ 4249 mm 2
Fissato un rapporto ξ = 2 ,tra lo spessore della corona b e la sua estensione radiale a, si ottiene:
A
a= ≅ 46 mm b ≅ 92 mm
ξ
36
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Esempio 8.2
Un generatore elettrico e un motore elettrico sono collegati tramite un volano calettato su di un albero
comune. Il generatore assorbe 750 kW durante un periodo t1 di 10 s e 60 kW durante gli altri 15 s, dopo
di che il ciclo si ripete. Il motore è tale che la potenza sviluppata si mantiene rigorosamente costante. Le
velocità minima e massima dell'albero siano rispettivamente 400 e 500 giri/min.
Calcolare:
37
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Dobbiamo ora determinare la massa del volano in grado di garantire che la frequenza di rotazione
del sistema nel ciclo sia compresa tra 600 e 400 giri/min. Indicato con Jv il momento di inerzia del
volano e con nmax e nmin rispettivamente la frequenza massima e minima del sistema, si ha:
1 2π nmax 2π nmin
2 2
JV
ρ≡
m
La massa del volano è pertanto pari a:
J
m = v2 ≅ 5826 kg
ρ
2 60
(
1 4π 2 2
( P1r − P1m ) ⋅ t = J v )
nmax − n ( t )
2
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In modo del tutto analogo si ottiene la funzione della frequenza di rotazione per t1 ≤ t ≤ ( t1 + t2 )
n ( t ) = 400 1 + 0.0375 ( t − t1 ) t1 ≤ t ≤ ( t1 + t2 )
39
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Esempio 8.3
Una pressa meccanica da stampaggio deve tranciare, su lamiera di acciaio allo 0.25% di carbonio dello
spessore di 2.5 mm, un profilo chiuso il cui perimetro misura 740 mm.
L’albero a gomito della pressa è azionato mediante ingranaggi da un albero motore che compie a vuoto
960 rpm.
Si desidera che durante ogni colpo di tranciatura la velocità dell’albero motore diminuisca al massimo
del 10% e a tale scopo su di esso sarà montato un volano.
Si trovi le dimensioni di massima del volano, in ghisa e a disco, capace di contenere entro tali limiti la
variazione di velocità, supponendo che il lavoro di tranciatura sia effettuato soltanto a spese dell’energia
cinetica del volano, cioè trascurando il lavoro attivo del motore in questa fase.
Indicata con T la forza applicata dal punzone, con l il perimetro chiuso del profilo da realizzare e
con s lo spessore della lamiera, il lavoro teorico L di tranciatura è espresso dalla seguente
relazione:
L =T ⋅s
con T pari a:
σ
T = R ⋅l ⋅ s
3
Note la tensione di rottura a trazione della lamiera e la geometria del profilo da realizzare, il
calcolo del lavoro teorico di tranciatura risulta pertanto immediato:
σR
L= l ⋅ s2
3
Considerata una lamiera con lo 0.25% di C il carico di rottura a trazione può porsi:
σ R ≅ 500 N / mm 2
1
In realtà il problema è più complesso:
J (ωmax )=L
1 2
− ωmin
2
2
da cui:
2L
J= ≅ 1.17 kgm 2
(ω 2
max
2
)
− ω min
Determinato il momento di inerzia del volano occorre ora stabilirne la geometria.
Si tratta di un volano in ghisa e pertanto la velocità periferica non deve superare i 40 m/s.
Ipotizzando, come primo tentativo, una velocità periferica v intorno ai 25 m/s si ottiene un raggio
esterno del disco pari a:
v
r= ≅ 0.248 m → r ≅ 0.25 m
ω max
Con riferimento ad un disco pieno di raggio r e massa m, l’espressione del momento di inerzia J
risulta:
1 2
J= mr
2
da cui è immediato ricavare m:
2J
m= ≅ 37.5 kg
r2
Indicato con b lo spessore del disco e con ρ la densità della ghisa (7.25 kg/dm3), deve essere:
(
m = π ⋅ r2 ⋅b ⋅ ρ )
Lo spessore b vale pertanto:
m
b= ≅ 0.026 m = 26 mm
πr 2 ρ
La geometria del volano risulta accettabile. Nel caso invece in cui il dimensionamento risultasse
incongruo occorrerebbe modificare r fino ad ottenere una soluzione soddisfacente.
41
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Esempio 8.4
Si consideri un motore il cui momento torcente Mt(θ), in funzione dell’angolo di manovella θ, abbia la
seguente espressione
M t (θ ) = 25320 + 12600 ⋅ sin 2θ − 15650 ⋅ cos 2θ (Nm)
e che sia accoppiato con un utilizzatore in grado di fornire una coppia resistente uniforme.
Nell’ipotesi che il volano abbia un momento di inerzia
in pari a 16000 km2, e la velocità di regime sia pari
a 150 rpm, calcolare:
a. il lavoro di fluttuazione;
b. la variazione massima di velocità del volano durante un ciclo.
ciclo
c.
42
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b
a sin θ − b cos θ = a 2 + b2 sin (θ − φ ) φ = tan −1
a
L’espressione del momento motore può essere riscritta nel modo seguente:
15650
M t (θ ) = 25320 + 20090 ⋅ sin ( 2θ − φ ) φ = tan −1 (8.11)
12600
Dalla (8.11) è immediato riconoscere che momento motore e momento resistente raggiungono lo
stesso valore in corrispondenza di angoli di manovella pari a:
φ π φ
θ1 = θ2 = +
2 2 2
43
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Esempio 8.5
Un motore ruotante alla velocità di regime di 120 rpm il cui momento motore varia, nel ciclo, come di
seguito riportato viene accoppiato ad un utilizzatore che oppone un momento resistente costante.
Il lavoro motore Lm , in un ciclo, è equivalente all’area ABCD, una volta che si trasformino gli
angoli da gradi in radianti.
180 + 45 π
Lm ≅ ⋅ 2700 ≅ 5301 J
2 180
Analogamente, il lavoro resistente vale:
π
Lr = M r ⋅ 180 ⋅
180
Dall’uguaglianza del lavoro motore con quello resistente si ricava il momento resistente:
M r ≅ 844 Nm
44
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Bibliografia
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Def. 9.2 Un sistema rigido si dice dotato di moto piano se tutti i suoi punti si mantengono, durante il
moto, su di uno stesso piano detto piano del moto.
Dalla Def. 9.1 risulta immediato riconoscere che le proiezioni di VA e VB lungo AB devono essere
uguali. Più in generale diremo che le velocità di due punti appartenenti allo stesso sistema rigido hanno
istante per istante la stessa proiezione, con segno, sulla retta che li unisce.
Sempre con riferimento alla figura precedente (b) si nota che il movimento nel piano del corpo rigido
può essere scomposto in una traslazione e in una rotazione. Questa possibilità si dimostra essere vera in
generale, pertanto diremo che un generico moto piano di un corpo rigido può essere sempre decomposto
in un moto di traslazione più un moto di rotazione.
1
Michel Chasles (Épernon, 15 novembre 1793 – Parigi, 18 dicembre 1880) dopo brillanti studi superiori entra
all'École polytechnique nel 1812 sotto la guida di Siméon Denis Poisson. Nel 1814 viene chiamato alle armi da
Napoleone in difesa di Parigi. Poco dopo, finita la guerra, ritorna ai suoi studi di matematica e diventa professore
nel 1841. Nel 1846 viene istituita per lui una cattedra di geometria superiore alla Sorbona. Nel 1851 viene eletto
membro dell’Accademia delle scienze francese.
Michel Chasles diventa membro straniero della Royal Society il 15 giugno 1854. I suoi lavori di geometria gli
varranno la Medaglia Copley nel 1865.
46
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Consideriamo ora un’asta rigida i cui estremi A e B abbiano rispettivamente velocità pari a VA e VB.
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Esempio 9.1
Il punto B di un corpo rigido che si muove nel piano π è vincolato, nell’istante considerato, a muoversi
lungo la direzione y-y. Trovare la velocità di B sapendo che VA = 10 m/s e che AB = 5 m.
Soluzione 1
CiA = AB ⋅ sin ( 30° ) = 2.5 m
VA
ω= = 4 rad/s (orario)
CiA
VB = ω ⋅ CiB ≅ 17.3 m/s (verticale verso l'alto)
Soluzione 2
Poiché le proiezioni, lungo AB, delle velocità di A e B devono essere uguali, si ha:
cos ( 30° )
VA ⋅ cos ( 30° ) = VB ⋅ cos ( 60° ) → VB = VA ≅ 17.3 m/s
cos ( 60° )
Soluzione 3
48
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Esempio 9.2
Determinazione della velocità di un pattino scorrevole su di un’asta rotante
Consideriamo un’asta che ruota con velocità angolare ω attorno ad un punto fisso O, e un pattino A
dotato di velocità assoluta VA.
Se A’ è il punto dell’asta a contatto con il pattino, la velocità di A’ relativa ad O deve essere
perpendicolare ad OA’.
49
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Esempio 9.3
Determinare:
1. la velocità massima di P;
2. l’accelerazione massima di P;
3. l’accelerazione di P quando θ = 45°.
Sia
ω la velocità angolare dell’asta OA
Ω la velocità angolare dell’asta QP
Φ l’angolo OQA
50
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La (9.3) assume valore massimo per θ = 270° ovvero quando A è posto verticalmente al di sotto di
O e tale massimo vale:
Ω max = 2π rad/s
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aP = a 2
+a
2
= 0.8ω2
(9.4)
( 5sin θ + 7.25)
CP TP 4
52
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Il sistema biella-manovella
53
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Nel seguito illustreremo la costruzione di Klein che è valida solo nell’ipotesi che la manovella ruoti con
velocità angolare ω costante.
1. si traccia una circonferenza di diametro PC;
2. si prolunga PC fino ad incontrare la verticale per O nel punto M;
3. si traccia una nuova circonferenza di centro C e raggio CM che interseca la circonferenza
precedente nei punti K ed L;
4. si prolunga il segmento HK fino ad intersecare OP in N e PC in L;
Il quadrilatero OCLN rappresenta il diagramma delle accelerazioni nella stessa scala con cui OC
rappresenta l’accelerazione centripeta di C. Si ha pertanto:
Accelerazione di P aP ∝1 ω 2 ⋅ ON
Accelerazione centripeta di P relativa a C acPC ∝1 ω 2 ⋅ LC
Accelerazione tangenziale di P relativa a C atPC ∝1 ω 2 ⋅ LN
LN
Accelerazione angolare di PC α ∝1 ω 2
PC
Analizziamo ora la costruzione del diagramma delle accelerazioni una volta nota la geometria del
sistema e la velocità di rotazione ω della manovella.
1. si traccia, in scala, un segmento oc corrispondente all’accelerazione centripeta del punto C
oc ∝2 ω 2 ⋅ OC
2. da o si traccia una semiretta avente la direzione dell’accelerazione di P;
3. dall’estremo c, con direzione parallela a PC, si traccia il segmento cp1 corrispondente
all’accelerazione centripeta di P relativa C.
V2 OM 2
acPC = AB = ω 2 cp1 ∝2 acPC
PC PC
4. da p1 si traccia una perpendicolare a PC fino a incontrare in p la semiretta uscente da o.
Dobbiamo ora dimostrare che la costruzione di Klein è corretta, in altri termini resta da verificare che i
quadrilateri OCMN e ocp1p sono simili.
a. Preliminarmente verifichiamo che gli angoli corrispondenti sono congruenti.
C = cɵ O
= oɵ per costruzione
ɵ perché entrambi retti
p1 = L
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cp1 CL
b. Dimostreremo ora che =
oc OH
CM 2 cp1 CM 2
cp1 ∝2 ω 2 oc ∝2 ω 2 ⋅ OC → =
CP oc OC ⋅ CP
I triangoli CLH e CHP sono ovviamente simili1 da cui:
CL CH CH 2 CM 2
= → CL = → CL =
CH CP CP CP
2
CL CM
=
OC OC ⋅ CP
Poiché:
cp1 ∝2 ω 2CM 2 1 CM 2
= =
oc CP ∝2 ω 2OC OC ⋅ CP
cp1 CL
Poiché = tenuto presente che in precedenza avevamo già verificato che gli angoli
oc OC
corrispondenti erano congruenti resta dimostrato che i due quadrilateri OCMN e ocp1p sono
simili.
La costruzione di Klein, sempre nell’ipotesi che ω sia costante, è utile anche per determinare
l’accelerazione di un punto qualsiasi giacente sull’asse della biella ovvero appartenente a PC.
Di seguito vediamo come, sullo schema di Klein e sul diagramma delle accelerazioni, si posiziona
l’accelerazione di un punto generico S.
1
I due triangoli sono entrambi retti e hanno un angolo in comune.
55
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Esempio 9.4
Si consideri un sistema biella-manovella sia caratterizzato da una biella e da una manovella lunghe
rispettivamente 800 mm e 200 mm.
Sapendo che la manovella ruota alla velocità costante di 480 rpm, mediante la costruzione grafica di
Klein, determinare, in corrispondenza di una angolo di manovella 45°:
1. l’accelerazione del pistone;
2. l’accelerazione del punto medio della biella;
3. l’accelerazione angolare della biella.
L’accelerazione di P vale:
200 2π ⋅ 480 16.5
2
aP = ∝1 ⋅ω ⋅ ON =
2
⋅ ≅ 362.5 m/s
23 60 1000
aG = ∝1 ⋅ω ⋅ OJ =
2
⋅ ≅ 417.4 m/s
23 60 1000
α = ∝1 ⋅ω 2 ≅ ≅ 439 rad/s 2
PC 23 60 800
56
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Sia x lo spazio percorso dal pistone a partire dal punto morto superiore.
x = ( r + l ) − ( r cosθ + l cos φ ) (9.5)
r l
sin φ = sin θ posto n = si ha:
l r
sin θ 2 sin 2 θ 1
cos φ = 1 − ≅ 1 − lecito poiché è piccolo1 (9.6)
n 2n 2 n
Derivando la (9.7), nell’ipotesi semplificativa che ω sia costante, si ottiene l’accelerazione del punto P.
d 2 x dv p cos 2θ dθ cos 2θ
aP = 2 = = ω r cos θ + = ω 2 r cos θ + (9.8)
dt dt n dt n
Velocità angolare Ω e accelerazione angolare α della biella
Derivando ulteriormente la (9.9) rispetto al tempo si ottiene l’accelerazione angolare della biella
dΩ sin θ
α= = −ω 2 (9.10)
dt n
1 2 1 4 1 6
Sia f ( x ) = 1 − x 2 lo svilippo in serie di Mac-Laurin della funzione vale: f ( x) ≅ 1 − x − x − x − .....
1
2 8 16
Posto x 2 = sin 2 θ n 2 si giustifica l’approssimazione introdotta dalla (9.6)
57
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58
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In modo del tutto simile, un’accelerazione angolare α è prodotta da una coppia M pari a:
M = I α = mρ 2α
dove I è il momento di inerzia baricentrico dell’asta e ρ il corrispondente raggio giratorio.
L’azione combinata di P ed M (P applicata al baricentro dell’asta) può essere ottenuta tramite l’azione
della sola forza P applicata a distanza h da G tale che:
M Iα m ⋅ ρ 2
h= = =
P P P
La forza di inerzia agente sull’asta è ovviamente sempre uguale e opposta a P.
Un’asta di massa m e raggio giratorio ρ può essere sostituita da un sistema dinamicamente equivalente
realizzato con due masse puntiformi m1 e m2 posizionate a distanza a e b dal baricentro come
schematizzato nella figura sotto riportata.
L’entità delle masse e il loro posizionamento, per garantire l’equivalenza dinamica dei sistemi, devono
soddisfare tre condizioni:
59
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Pertanto una delle due distanze può essere sempre scelta in modo arbitrario, ma l’altra deve soddisfare
la (9.15).
Se ad esempio la massa m1 viene posizionata all’estrema A dell’asta, la massa m2 deve essere
posizionata in C in modo tale che a ⋅ c = ρ 2
E’ importante notare che per l’equivalenza dei due sistemi, le direzioni di aC, aA e P devono convergere
in un unico punto O e che la direzione di P deve essere parallela ad ag..
60
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Sovente, come nel caso di una biella, è conveniente utilizzare un sistema dinamico equivalente
caratterizzato dalla disposizione delle masse m1 ed m2 all’estremità dell’asta1.
1
Si tratta comunque, a differenza della precedente, di una schematizzazione approssimata, per altro giustificata
dal fatto che la testa di biella risulta di massa considerevolmente più grande di quella del piede. In tali condizioni,
il baricentro G della biella risulta relativamente vicino al bottone di manovella B: se la massa m1 viene quindi
disposta nel piede di biella A, la massa m2 dovrà essere disposta in un punto che risulterà così vicino a B da
considerarsi coincidente con questo.
61
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vP LP OM
F ⋅ vP = Q ⋅ vC → Q = F =F =F
vC LC OC
Il momento trasmesso alla manovella vale quindi:
M = Q ⋅ OC = F ⋅ OM
Se p è la pressione nel cilindro e a l’area del pistone, la forza esercitata dai gas vale pa.
Le masse alterne mA sono soggette ad un’accelerazione aP che dà luogo ad una forza di inerzia che deve
essere sottratta alla forza dei gas durante il periodo di accelerazione e sommata ad essa durante la fase
di decelerazione.
cos 2θ
M = pa − mA ⋅ ω 2 r cos θ + (9.16)
n
62
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Per l’equilibrio, le linee d’azione delle tre forze devono essere concorrenti e pertanto non possono che
passare per il punto comune H.
Il triangolo HEJ permette di calcolare facilmente le forze S e V.
Il momento torcente sulla manovella, dovuta alle forze di inerzia, Mi si determina moltiplicando V per
la sua distanza QO d O.
Se il peso della biella è complanare alla manovella, come rappresentato in figura, contribuisce
anch’esso al momento torcente. Questa quota parte di momento torcente MPb è pari a:
M Pb = ( mg ⋅ PG PC ) ⋅
Il momento totale sulla manovella sarà la somma del momento Mg dovuto all’azione dei gas sul
cilindro, del momento dovuto all’inerzia della biella Mi , del momento dovuto all’inerzia delle parti
alterne Ma ed eventualmente del momento MPb dovuto al peso della biella.
In precedenza abbiamo determinato il momento dovuto all’inerzia della biella scomponendola in due
masse di cui una posizionata al piede.
Esamineremo ora il momento dovuto all’inerzia della biella scomponendola in due masse posizionate
rispettivamente al piede e al bottone di manovella.
Le masse m1 e m2 devono essere tali da soddisfare le (9.14) e si deve, come abbiamo visto, introdurre
una coppia correttiva pari a:
M C = m ( PG ⋅ GC − ρ 2 ) ⋅ α (9.17)
La forza di inerzia su m1 produce una coppia di inerzia pari a m1 ⋅ a P ⋅ OM . La forza di inerzia su m2,
diretta secondo OC, non produce alcun momento torcente, ma il peso di m2 induce rispetto ad O una
coppia pari a m2 ⋅ g ⋅ OK (sempre nell’ipotesi che il peso della biella sia complanare alla manovella).
63
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La coppia di correzione può considerarsi generata da due forze N uguali e contrarie applicate al piede e
al bottone di manovella in modo tale che:
M C = N ⋅ PK = m ( PG ⋅ GC − ρ 2 ) α
Come già riportato, la coppia MC è diretta secondo α se PG ⋅ GC > ρ 2 , diretta in verso opposto
altrimenti.
La coppia sulla manovella dovuta all’inerzia della biella e al peso della medesima vale pertanto:
M i + M Pb = −m1aP ⋅ OM − ( m2 g + N ) ⋅ OK (9.18)
Per ottenere la coppia totale dovremo sommare ancora la coppia dovuta all’azione dei gas sul pistone e
la coppia dovuta all’inerzia delle masse alterne.
64
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Esempio 9.5
Un motore a vapore monocilindrico, disposto orizzontalmente, ha un raggio di manovella di 0.75 e una
biella di lunghezza 1.8 m. Le masse alterne sono pari a 520 kg, mentre la biella ha una massa di 230 kg.
Il baricentro della biella dista 0.8 dal bottone di manovella e il suo momento di inerzia rispetto all’asse
baricentrico perpendicolare al piano del moto è pari a 100 kgm2..
Con riferimento ad una velocità di 90 rpm e ad un angolo di manovella di 45°, determinare il momento
sulla manovella e lo sforzo sui cuscinetti di banco dovute all’azione dell’inerzia nell’ipotesi che il peso
della biella sia complanare alla manovella.
Risolveremo questa esemplificazione prima (1) scomponendo la biella con due masse di cui una
posizionata al piede, e successivamente (2) considerando due masse posizionate rispettivamente al
piede e al bottone di manovella (in questo caso dovremo introdurre una coppia di correzione).
Nella figura sopra riportata il quadrilatero OCLN rappresenta il diagramma di Klein delle
accelerazioni. Gg e Dd sono parallele all’asse del manovellismo, e gO e dO individuano le
accelerazioni delle accelerazioni rispettivamente di G e D.
La velocità angolare della manovella vale:
2π n
ω= = 9.42 rad/s
60
L’accelerazione del punto G, dal diagramma di Klein, vale:
ag = ω 2 ⋅ gO ≅ ( 3π ) ⋅ 0.3 = 26.65 m/s 2
2
65
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Il momento torcente dovuto alle inerzie della biella e delle masse alterne vale pertanto:
2. Scomposizione della biella con due masse rispettivamente al piede e al bottone di manovella.
66
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Il momento torcente totale sulla manovella, dovuto alle inerzie, vale quindi:
M it = M i + M iC ≅ 4630 Nm
Come è facile verificare i momenti torcenti totali agenti sulla manovella differiscono a secondo
del tipo di schematizzazione usata. La prima schematizzazione, che prevede il posizionamento
fisso di una sola massa, è senz’altro corretta, la seconda invece, che prevede il posizionamento
di due masse agli estremi della biella, è una schematizzazione, per altro molto usata, ma che
conduce ad una soluzione accettabile ma tuttavia approssimata.
La figura (a) mostra l’effetto sul telaio delle forze prodotte dalla spinta del pistone e dalla inerzia delle
masse alterne (pistone, spinotto, fasce elastiche e la quota parte della massa della biella ridotta al piede).
Tali forze, la cui risultante è F, inducono sul telaio una coppia che viene reagita dai sopporti con due
reazioni uguali e contrarie Fyr.
Questa coppia di reazione è uguale alla coppia motrice M, infatti1:
Fyr = F sin φ Fb = F cos φ b = OP ⋅ sin φ
M = Fb ⋅ b = F ⋅ cos φ ⋅ OP ⋅ sin φ = Fyr ⋅ OP
La figura (b) mostra invece l’effetto sul telaio della coppia di inerzia Mc applicata alla biella.
Il telaio reagisce con una coppia di reazione Mr pari a:
M
M r = N r ⋅ OP = − C ⋅ OP
PK
1
Detto in altri termini: la coppia di rovesciamento sull’incastellatura è uguale e opposta alla coppia motrice
sull’albero.
67
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Bibliografia
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In un primo dimensionamento di larga massima il fusto della biella viene considerato come
un’asta caricata di punta1.
Le indicazioni di progetto distinguono il caso dei motori a scoppio, in cui la pressione dei gas
non si mantiene costante durante la fase utile del ciclo, e il caso delle motrici a vapore e delle
pompe volumetriche in cui la pressione sul pistone si mantiene costante lungo tutta la corsa di
mandata.
Motore a scoppio
Il fusto si calcola al punto morto superiore (pms), trascurando, a favore della stabilità il
contributo delle forze di inerzia.
In questa schematizzazione, indicata con p la pressione massima dei gas con d l’alesaggio
del cilindro, la forza agente sulla biella vale:
πd2
N=p (9.19)
4
Una volta determinata la forza massima N, tramite la (9.19) o (9.20) a secondo del tipo di
motore assegnato, si determina il momento di’inerzia minimo da assegnare alla sezione,
nell’ipotesi che la biella, sottoposta a compressione, si comporti come un’asta caricata di punta.
In effetti, soprattutto nei motori a combustione interna, il calcolo della biella per
il carico di punta non è il più delle volte necessario; occorre eseguirlo solo per
gradi di snellezza superiori a 60. L’eseguire la verifica a carico di punta per gradi
di snellezza inferiori, come qui si suggerisce, porta a gradi di sicurezza apparenti
molto elevati dal punto di vista del carico di punta, mentre non offre di per sé
sufficiente garanzia dal punto di vista della trazione-compressione.
Comunque, nei casi in cui la verifica a carico di punta fosse necessaria, si deve
tenere presente che le verifiche da compiersi sono due: una nel piano normale
all’asse dello spinotto (in base al momento di inerzia Jxx rispetto all’asse
parallelo all’asse dello spinotto), supponendo la biella incernierata agli estremi e
come tale con una lunghezza libera pari alla lunghezza l della biella; l’altra nel
piano medio contenente l’asse dello spinotto (in base al momento di inerzia Jyy
rispetto all’asse normale all’asse dello spinotto) supponendo questa volta la biella
incastrata agli estremi e come tale con lunghezza libera pari a l/2. Da questo
punto di vista dovrebbe perciò farsi Jxx/Jyy = 4.
69
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Nelle indicazioni fornite in precedenza si sono trascurate le azioni dovute all’inerzia delle
masse alterne che al pms scaricano la biella, ma al punto morto inferiore (pmi) la
sovraccaricano. Nei motori a combustione interna al pmi la pressione dei gas è quasi assente
pertanto una verifica della biella in tale posizione è inutile. Nelle motrici a vapore e nelle
pompe volumetriche invece la pressione si mantiene pressoché costante lungo tutta la corsa di
mandata per cui la sollecitazione massima si ha al pmi dove l’inerzia delle masse alterne si
somma all’azione del pressione del fluido.
Pertanto, nelle motrici a vapore e nelle pompe volumetriche, potrebbe essere giustificato
condurre una verifica anche al pmi considerando la biella sottoposta contemporaneamente alla
forza N ricavabile dalla (9.19) e dalla forza di inerzia Fia dovute alla masse alterne ma soggette
all’accelerazione a:
Fia = ma ⋅ a (9.23)
1
Leonhard Euler, noto in Italia come Eulero (Basilea, 15 aprile 1707 – San Pietroburgo, 18 settembre 1783), è
stato un matematico e fisico svizzero. È considerato il più importante matematico dell'Illuminismo. Allievo di
Johann Bernoulli, è noto per essere tra i più prolifici di tutti i tempi ed ha fornito contributi storicamente cruciali
in svariate aree: analisi infinitesimale, funzioni speciali, meccanica razionale, meccanica celeste, teoria dei
numeri, teoria dei grafi.
2
William John Macquorn Rankine (Edimburgo, 5 luglio 1820 – Glasgow, 24 dicembre 1872) è stato un ingegnere
e fisico scozzese. Contribuì a dare orientamento moderno alla Scienza delle costruzioni e all’ingegneria
meccanica, sistemando su basi razionali le molte nozioni e norme di progetto evolutesi con la pratica. Notevoli
sono i suoi studi sulla resistenza dei materiali specialmente per quel che concerne le sollecitazioni a fatica nel
campo ferroviario, ma la sua fama é principalmente legata agli studi sulla termodinamica.
3
Ricordiamo che la snellezza di un’asta caricata di punta, indicata con l0 la lunghezza libera di inflessione e ρ il
raggio di inerzia rispetto all’asse perpendicolare al piano di inflessione considerato, vale: λ ≡ l0 ρ
70
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In un dimensionamento di massima, come quello ora proposto, tale verifica viene in genere
omessa e si tiene conto dell’azione dell’inerzia delle masse alterne semplicemente modulando
in modo opportuno, come è già stato fatto1, i coefficienti di sicurezza da inserire nella (9.21)
La biella può essere quindi assimilata ad una trave appoggiata agli estremi e sollecitata da un
carico, costituito dalle forze di inerzia agenti su di essa, distribuito linearmente con valore zero
al piede.
Le forze di inerzia, per unità di lunghezza, si ottengono moltiplicando le masse per unità di
lunghezza, per le rispettive accelerazioni. Nell’ipotesi semplificativa che la biella, di massa M,
abbia sezione uniforme, la massa per unità di lunghezza m, indicati con ρ la densità del
materiale e con A la sezione trasversale del fusto, vale:
M ρ ⋅ A⋅l
m= = = ρA (9.24)
l l
Le accelerazioni, lungo l’asse della biella, come detto in precedenza, variano linearmente dal
valore zero al piede al valore massimo amax in corrispondenza della testa. Indicata con ω la
velocità di rotazione della manovella e con r il suo raggio, tale accelerazione massima vale:
amax = rω 2
Da cui il carico massimo per unità di lunghezza vale:
qmax = ρ ⋅ A ⋅ r ⋅ ω 2 (9.25)
Pertanto, agli effetti del colpo di frusta, la biella viene schematizzata come di seguito riportato.
Il valore del momento flettente, in corrispondenza di una generica sezione di ascissa x , vale:
1
In effetti i coefficienti di sicurezza consigliati per le pompe volumetriche e per le motrici a vapore (25-30) sono
superiori ai coefficienti di sicurezza consigliati per i motori a combustione interne (20)
71
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qmax ⋅ l q
M f ( x) = x − max x3 (9.26)
6 6l
Mentre la funzione del taglio è:
dM f ( x ) qmax ⋅ l qmax ⋅ 3x 2
T ( x) = = − (9.27)
dx 6 6l
Il momento flettente assume il valore massimo in corrispondenza della sezione in cui il taglio si
annulla, ovvero, dalla (9.27), per:
3
x= l ≅ 0.577 ⋅ l (9.28)
3
Sostituendo la (9.28) nella (9.26) si ottiene il valore del momento flettente massimo:
qmax ⋅ l 2 ⋅ 3
M f max = ≅ 0.064 ⋅ qmax ⋅ l 2 ≅ 0.064 ⋅ M ⋅ ω 2 ⋅ r ⋅ l (9.29)
27
Nella (9.29) M f max è dato in Nm, quando r ed l sono espressi entrambi in metri e ω viene
misurato in rad/s.
Si determina la tensione massima di flessione con riferimento ad una sezione posta a circa 0.6l
dal piede di biella avente modulo di resistenza alla flessione W f 0.6l
M f max
σ f max = (9.30)
W f 0.6l
Questa tensione coesiste con la tensione di compressione σn dovuta alla forza N che agisce in
direzione della biella. Quando la biella è perpendicolare alla manovella l’angolo φ vale:
l
cos φ =
l + r2
2
Nelle macchine a doppi effetto dove durante la corsa di ritorno il fluido esercita una forza
uguale e contraria a quella fornita durante la corsa di andata, la fibra più sollecitata (sempre la
fibra 2) è sottoposta ad una tensione alterna simmetrica tra i valori:
σ max = + (σ f + σ n ) trazione σ min = − (σ f + σ n ) compressione
Esempio 10.1
Assumendo con opportuno criterio ogni altro dato occorrente, si esegua il proporzionamento della
biella, a sezione circolare uniforme cava con rapporto tra i diametri χ pari a 0.4, e con lunghezza
l = 0.9 m.
Si stimi inoltre la potenza e il consumo orario del motore.
Il momento di inerzia1 della sezione circolare cava, rispetto ad una asse diametrale, vale:
π ( D 4 − d 4 ) π D 4 (1 − χ 4 ) 64 J
J= = → D=4 (9.32)
64 64 π (1 − χ 4 )
La sezione trasversale di una sezione circolare cava, vale:
π ( D 2 − d 2 ) π D 2 (1 − χ 2 ) 4A
A= = → D= (9.33)
4 4 π (1 − χ 2 )
1
Si tratta in questo caso, più propriamente, di un momento quadratico di superficie.
73
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In corrispondenza di un giro completo il pistone compie due corse. La corsa C del pistone si trova
pertanto moltiplicando la velocità media degli stantuffi per il tempo impiegato a compiere mezzo giro.
Dalla corsa del pistone si ricava immediatamente il diametro dello stantuffo.
1 60 C
C = vm ⋅ ≅ 0.399 m → D p = ≅ 0.250 m
2 n 1.6
La forza N agente sulla biella al pms, può essere ritenuta, trascurando a favore della stabilità le forze di
inerzia delle masse alterne, pari a:
π Dp2
N = p⋅ ≅ 392700 N (9.34)
4
Si procede ad un primo dimensionamento di massima determinando il momento di inerzia della sezione
tramite la relazione di Eulero (9.21).
392700 ⋅ ( 0.9 ⋅ 100 )
2
N ⋅ l02
J xx = µ con l0 = l → J xx ≅ 20 ≅ 313 cm 4
π 2E π ⋅ 206000 ⋅ 100
2
Si può procedere ora ad un affinamento dei risultati impostando una verifica a carico di punto seguendo
le indicazioni di Rankine.
Dalla (9.22) si ricava il carico massimo sopportabile dall’asta che dovrà corrispondere, a grandi linee, al
il carico determinato con la (9.34). Nell’ipotesi di realizzare la biella con un acciaio C40 bonificato,si
può far affidamento su una tensione ammissibile pari a:
σ 400
σ amm ≅ sn ≅ ≅ 67 MPa
6 6
σ β ⋅ σ amm
N R = amm 2 A α =
1 + αλ π 2E
67 3 ⋅ 67 90
NR = 53.4 ⋅ 102 α = 2 ≅ 10−5 λ = l0 i ≅ ≅ 37.2
1 + αλ 2
π 206000 2.42
N R ≅ 314723 N
Il valore del carico massimo sopportabile dall’asta risulta decisamente inferiore al carico agente su di
essa determinato con la (9.34).
Pertanto la verifica a carico di punta, condotta secondo l’ipotesi di Rankine, non è da ritenersi superata.
Non resta che aumentare le dimensioni della sezione e procedere ad una nuova verifica.
D = 95 mm → A ≅ 59.5 cm2 J xx ≅ 389 cm4 ixx ≅ 2.56 cm
σ β ⋅ σ amm
N R = amm 2 A α =
1 + αλ π 2E
67 3 ⋅ 67 90
NR = 59.5 ⋅ 102 α = 2 ≅ 10−5 λ = l0 i ≅ ≅ 35.2
1 + αλ 2
π 206000 2.56
N R ≅ 355147 N
74
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Il carico massimo trovato differisce soltanto di circa il 10% dal carico massimo effettivamente agente
sulla biella. In queste condizioni, la verifica a carico di punta, condotta secondo l’ipotesi di Rankine,
può ritenersi superata1.
Si conduce ora una verifica al colpo di frusta anche se non pienamente giustificata dalla ridotta velocità
di rotazione del motore (< 300 rpm).
La massa M della biella vale:
M = ρ ⋅ A ⋅ l ≅ 7.8 ⋅ 0.595 ⋅ 9 ≅ 42 kg
Con la (9.29) si calcola il momento flettente dovuto alle inerzie agenti sulla biella in posizione di
quadratura.
2π n 0.399
2
F ≅ 131031 N
La tensione di compressione indotta dalla forza F vale:
F 131031
σn = ≅ ≅ 22 MPa
A 59.5 ⋅ 102
La tensione totale risulta ben inferiore alla tensione ammissibile:
σ tot = σ n + σ f ≅ 27.4 MPa
1
Può essere utile valutare anche la tensione dovuta alla compressione semplice
σ cs = N / A ≅ 392700 / 59.5 ⋅10 2 ≅ 66 MPa
75
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Esempio 10.2
Si fa l’ipotesi che durante un adeguato periodo di prova di una autovettura, vengano segnalate
rotture al fusto delle bielle veloci in prossimità del piede.
Dopo una approfondita analisi del fenomeno, emerge che non era stato valutato opportunamente il tipo
di sollecitazione gravante nella sezione di rottura.
Pertanto occorrerà rifare un nuovo calcolo per il dimensionamento.
Si determina ora, con il metodo di Rankine, il carico massimo sopportabile dalla biella nell’ipotesi di
considerare la stessa come un solido caricato di punta.
77
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σ amm β ⋅ σ amm
NR = A α=
1 + αλ 2 π 2E
115 3 ⋅ 115
NR = 125 α= ≅ 17 ⋅ 10−5
1 + α 382 π 206000
2
N R ≅ 11546 N
Il valore di NR e decisamente inferiore a Fmax: non resta altro che aumentare ancora la sezione.
Si pone h = 14 mm
Ap ≅ 147 mm 2 J xx ≅ 0.078 ⋅ h 4 ≅ 2996 mm 4
ixx = J xx Ap ≅ 4.51 mm λ = l0 ixx ≅ 160 4.51 ≅ 35.5
σ amm β ⋅ σ amm
NR = A α=
1 + αλ 2 π 2E
115 3 ⋅ 115
NR = 147 α= ≅ 17 ⋅ 10−5
1 + α 35.52 π 206000
2
N R ≅ 13927 N
La sezione può considerarsi verificata: la forza NR differisce da Fmax per meno del 3%.
Schizzo della nuova soluzione proposta
78
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60
La tensione di flessione vale:
M
σ f = f max ≅ 38 MPa
W f 0.6l
A questa tensione di flessione deve sommarsi la tensione di compressione dovuta all’azione dei gas.
Nella posizione di quadratura la pressione dei gas può essere assunta pari a 1/3 della pressione massima,
pertanto la forza F esercitata sulla biella vale.
pmax π D p 1
2
l
F= cos φ =
3 4 cos φ l + r2
2
79
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Esempio 10.3
Si esegua un dimensionamento di massima del fusto della biella di un motore ad accensione comandata
per autovettura da realizzare con un acciaio 40 NiCrMo 3.
Si hanno disponibili i seguenti dati:
regime massimo di rotazione n 5000 rpm
alesaggio d 70 mm
corsa del pistone c 64.9 mm
lunghezza della biella l 108 mm
massa del fusto mF 0.30 kg
pressione massima p 3.65 MPa
Raggi di inerzia
ixx ≅ 0.4 ⋅ h
i yy ≅ 0.195 ⋅ h
Snellezze
l
λxx ≅ 2.5
h
l
λyy ≅ 5.13
h
Poiché J xx ≅ 4 J yy , la sezione presenta, agli effetti del carico di punta, la stessa instabilità sia considerando la
1
biella incernierata agli estremi e come tale con una lunghezza libera pari alla lunghezza l della biella e con piano
di inflessione normale all’asse dello spinotto, sia supponendo la biella incastrata agli estremi (lunghezza libera
pari a l/2) e considerando come piano di inflessione il piano medio della biella contenente l’asse dello spinotto.
80
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81
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F r
Fb = φ = tan −1 ≅ 16.72°
cos φ l
Fb ≅ 4890 N
L’area della sezione resistente (SEZ.2) vale:
A2 = 148 mm2
e la tensione di compressione vale:
F
σ c = b ≅ 33 MPa
A2
Una verifica, alquanto grossolana, al colpo di frusta può essere condotta verificando
che la somma della tensione massima di flessione e della tensione di compressione non
supera il valore della tensione ammissibile:
σ f + σ c = 25 + 33 = 58 ≪ σ amm = 130 MPa
82
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Esempio 10.4
Con riferimento al motore Ducati 998 RS 02 si richiede di:
1. determinare le funzioni di spostamento, di velocità e di accelerazione del pistone in funzione di
parametri geometrici caratteristici del manovellismo.
2. determinare le forze agenti sulla biella
3. determinare le tensioni massime, minime e medie agenti sulle sezioni caratteristiche della
biella.
83
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x = R (1 − cos α ) + L (1 − cos β )
λ = R L
1
(
→ x = R 1 − cos α + 1 − 1 − λ 2 sin 2 α
λ
)
λ rapporto di allungamento pari a 0.2-0.3 ove i valori inferiori si riferiscono ai motori più veloci.
βmax = sin −1 λ . Nel nostro esempio R = 31.75 mm e λ = 0.256
Per uno spostamento angolare della manovella pari a π 2 il pistone compie uno spostamento maggiore
della metà della corsa. Ciò significa che per percorrere la prima metà della corsa il pistone impiega un
tempo minore che per percorrere la seconda metà.
70
60
Spostamento pistone x (mm)
50
40
30
Raggio di manovella R = 31.75 mm
Rapporto di allungamento λ = 0.256
20
10
0
90 180 270 360
allora
λ
v ≅ ω R sin α + sin 2α
2
La velocità si annulla per α = 0 e α = π, ossia ai punti morti, mentre per α = π / 2 e α = 3π / 2 diviene, in
valore assoluto, uguale alla velocità di spostamento ωR del perno di manovella. Il punto in cui la
velocità del pistone è massima si ha in corrispondenza del valore α che soddisfa la relazione:
cos α + λ cos 2α = 0
La velocità media del pistone, nel suo movimento tra i punti morti, rappresenta un importante parametro
delle condizioni di funzionamento del motore.
84
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Indicata con n la frequenza di rotazione del motore in rpm, e con C la corsa in m, la velocità media del
Cn
pistone, in m/s, risulta pari a: vm =
30
85
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Al fine del calcolo delle forze d’inerzia, si può schematizzare la biella con un sistema a due
masse concentrate poste rispettivamente nella posizione del piede di biella (punto A) e del
perno di manovella (punto B). La conservazione del momento d’inerzia Jz rispetto all’asse
passante per il baricentro G e normale al piano del moto può essere trascurata.
86
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La sezione prossima al piede può essere considerata soggetta all’azione combinata della pressione dei
gas all’interno della camera e delle inerzie dovute alle masse alterne.
Area sezione B-B ABB = 238 mm2
Azione dei gas
Si ha a disposizione il diagramma delle pressioni1 all’interno del cilindro in funzione dell’angolo di
manovella.
Sul fusto della biella si scarica una forza Fgas(α) di intensità pari a:
π A2 1 π A2
Fgas (α ) = ( p (α ) − patm ) = ( p (α ) − patm )
1
(9.35)
4 cos β 4 r
2
1 − sin α
l
1
Il diagramma si riferisce all’andamento della pressioni assoluta all’interno del cilindro. Per determinare la forza
indotta sul pistone occorre sottrarre dalla pressione assoluta la pressione atmosferica.
87
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1 − sin α
l
88
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(
aBn = aB sin (α + β ) = aB ( sin α cos β + cos α sin β ) = aB sin α 1 − λ 2 sin 2 α + λ cos α sin α )
λ
≅ Rω 2 sin α + sin 2α
2
Ipotizzando poi una distribuzione lineare delle accelerazioni della biella rispetto alla coordinata
longitudinale u, si ottiene:
a (α ) + a An (α ) λ u
an ( u ,α ) = a An + Bn u = Rω 2 sin 2α + sin α
L 2 L
89
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La sezione della biella non è costante e in prima approssimazione può ritenersi che la sezione vari
linearmente da A0 (piede di biella) ad AL (testa di biella). La generica sezione vale pertanto:
A − A0
A ( u ) = A0 + L u
L
Nel nostro caso possiamo ritenere, in prima approssimazione, A0 = 238 mm 2 AL = 346 mm2
90
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RA (α ) + RB (α ) + ∫ Fɶbt ( u ,α ) du = 0
0
L
u
M f ( u ,α ) = − RAu − ∫ Fɶbt ( u ,α ) udu
0
91
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92
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Costruzione del diagramma di Smith & Goodman relativo alla lega Ti-6Al-4V
Dati
Tensione di rottura 950 MPa
Tensione di snervamento 880 MPa
Resistenza all’oscillazione 550 MPa
1
E’ un risultato di larga massima. Non si sono considerati gli eventuali fattori di intaglio nonché gli effetti dovuti
alla finitura superficiale e alle dimensioni della biella (fattore di scala).
93
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Appendice
A0 − AL 2 λ
L L
u
∫0 Fɶbt ( u,α ) du = ∫0 ρ A0 + L u Rω 2 sin 2α + L sin α du
L
λ u2
= ρ A0 Rω sin 2α ⋅ u 0 + ρ A0 Rω sin α ⋅ +
2 L 2
2 2L 0
L L
A − A0 λ u2 A − A0 u3
ρ L Rω 2 sin 2α +ρ L Rω 2 sin α =
L 2 2 0
L 3L 0
λL L A − A0 λ L2 L2
= ρ A0 Rω 2 sin 2α + sin α + ρ L Rω 2 sin 2α + sin α =
2 2 L 4 3
λL L A − A0 λ L
2
L2
= ρ Rω 2 A0 sin 2α + sin α + L sin 2α + sin α
2 2 L 4 3
AL − A0 2 λ
L L
u
∫0 Fɶbt ( u,α ) udu = ∫0 ρ A0 + L u Rω 2 sin 2α + L sin α udu
L L
λ u2 u3
= ρ A0 Rω 2 sin 2α ⋅ + ρ A0 Rω 2 sin α ⋅ +
2 2 0
3L 0
L L
A − AL λ u3 A − A0 u4
ρ 0 Rω 2 sin 2α +ρ L Rω 2 sin α =
L 2 3 0
L 4L 0
λL 2
L A − A0
2
λ L3 L3
= ρ A0 Rω 2 sin 2α + sin α + ρ L Rω 2 sin 2α + sin α =
4 3 L 6 4
λL 2
L 2
A − A0 λ L 3
L3
= ρ Rω 2 A0 sin 2α + sin α + L sin 2α + sin α
4 3 L 6 4
AL − A0 2 λ
u u
u
∫0 Fɶbt ( u,α ) udu = ∫0 ρ A0 + L u Rω 2 sin 2α + L sin α udu
λ L2 u 32 A − A0 λ L3 u4
= ρ Rω 2 A0 sin 2α + sin α + L sin 2α + sin α
4 3L L 6 4L
Bibliografia
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Il calcolo di un albero a gomiti è piuttosto complesso e richiede, tra l’atro, la risoluzione di un sistema
iperstatico.
Nel caso invece di una manovella d’estremità si può impostare, come vedremo in seguito, un calcolo di
verifica sufficientemente approssimato e di esecuzione non particolarmente laboriosa.
95
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d1 l1 a D L e D1
Nel seguito si riportano le posizioni del manovellismo e le sollecitazioni da considerare nel calcolo
dell’albero, nel caso di motrici a vapore (o pompe volumetriche) e di motori a combustione interna.
Momento flettente M f ≅ N ⋅a
sollecitazioni sull’albero motore
Momento torcente Mt = N ⋅ r
96
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97
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N ⋅c N ⋅c N ⋅ r1
τ max = α τ min = β σf =
bm ⋅ e2 bm ⋅ e2 (1 6 ) ⋅ e ⋅ bm2
bm e 1 1.2 1.5 2 3 10 ∞
α 4.80 4.57 4.33 4.06 3.80 3.20 3
β 4.80 4.37 3.93 3.50 3.07 2.46 ─
Il valore di α può anche essere assunto, in prima approssimazione pari a:
α ≅ 3 + 1.8 ⋅ ( e bm )
Nel proporzionamento consueto della manovella, β può essere assunto pari a 0.8α
98
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R T ⋅c T ⋅ r1
σC = σ fR = σ fT =
e ⋅ bm (1 6 ) ⋅ bm ⋅ e2 (1 6 ) ⋅ bm2 ⋅ e
N ⋅c N ⋅c
τ max = α τ max = β
bm ⋅ e 2 bm ⋅ e 2
La verifica è da ritenersi superata se sono soddisfatte le seguenti imposizioni:
(σ + σ fR ) + 3τ max
2
σ 1id = C
2
≤ σ amm
(σ + σ fT ) + 3τ min
2
σ 2id = C
2
≤ σ amm
σ 3id = σ C + σ fT + σ fR ≤ σ amm
99
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Esempio 11.1
Si richiede di:
1. disegnare, con opportuna scala, il diagramma del momento richiesto in funzione dell’angolo di
manovella;
2. eseguire uno schizzo quotato della manovella di estremità del meccanismo assumendo con proprio
criterio tutte le dimensioni occorrenti.
3. calcolare, in riferimento alle posizioni critiche della manovella (quadratura e allineamento con
biella), le sollecitazioni presenti nelle sezioni trasversali più pericolose.
2π n
Velocità di rotazione ω ω= = 12.56 rad / s
60
πd2
Cilindrata V V= c ≅ 10 dm3
4
c
Raggio di manovella r r= = 160 mm
2
La potenza N della pompa, indicato con t il tempo impiegato per completare un ciclo, vale
L 4480 ⋅ 120
N= = = 8960 W
t 60
La potenza all’albero della manovella, posto il rendimento della pompa η = 0.85 , vale:
N 8960
Na = = ≅ 10540 W ≅ 10.5 kW
η 0.85
La forza F agente sul pistone vale, in prima approssimazione:
L 4480
F= ≅ ≅ 14000 N
c 0.32
Il momento Ma agente sull’asse dell’albero motore si calcola con la relazione:
F ⋅v
Ma ⋅ω =
η
dove con v si è indicata la velocità del piede di biella
Sia l la lunghezza della biella e r il raggio di manovella. Si può porre:
r
µ = ≅ 0.5
l
100
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Indicato con ϕ l’angolo di manovella, il momento torcente Ma all’albero, tenuto conto del rendimento,
può esprimersi, in prima approssimazione, nel modo seguente:
F µ
M a = r sin ϕ + sin 2ϕ 0≤ϕ ≤π
η 2
M = 0 altrimenti
a
1
si dovrà poi procedere alla verifica a flessione ed eventualmente a riscaldamento
101
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1
Successivamente l’albero di manovella dovrà essere verificato a flesso torsione.
102
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dove con c si è indicata la semisomma di e (spessore del braccio) con l1 (lunghezza del perno di
manovella)
La tensione di compressione vale:
F 14000
σc = = ≅ 5.4 MPa
bn e 79 ⋅ 33
La tensione massima totale vale:
σ t = σ f + σ c ≅ 50 MPa < 65 MPa
103
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Esempio 11.2
Eseguire il dimensionamento di massima di una manovella d’estremità, facente parte di un
manovellismo di spinta rotativa, e i cui dati di progetto sono di seguito riportati.
Lunghezza della biella l 360 mm
Raggio di manovella r 158 mm
Forza costante sul piede di biella F 9200 N
Carico di sicurezza del materiale costituente la manovella
σamm 50 MPa
Distanza tra mezzeria del bottone di manovella e quella del sopporto di banco
a 125 mm
Pressione specifica max sul bottone p 9 MPa
Nel’ipotesi di realizzare anche l’albero motore in C40 bonificato, la tensione ammissibile sull’albero
stesso potrebbe porsi pari a circa 85 MPa. Il diametro D risulta pertanto pari a:
32M fi 32 ⋅ 3023 ⋅ 1000
D= 3 ≅ 3 ≅ 72 mm
π ⋅ σ amm π ⋅ 85
Noti il raggio di manovella e i diametri del bottone e dell’albero motore si proporziona la manovella in
base alle indicazioni fornite in precedenza.
1
Un acciaio C40 bonificato ha un carico e di rottura e un carico di snervamento pari circa rispettivamente a 550 e
290 MPa.
104
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Bibliografia
106
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Con riferimento alla condizione di carico sopra illustrata, la tensione massima di torsione (costante
lungo tutto l’asse della barra), indicato con d il diametro della barra, vale:
16M t 16 ⋅ F ⋅ R
τ1 = = (12.1)
πd3 πd3
La freccia sotto carico, indicato con G il modulo di elasticità tangenziale1, si calcola con la seguente
relazione2:
32 F ⋅ R 2 ⋅ l
f =θ ⋅R = (12.3)
π G ⋅d4
1
Tra il modulo di elasticità tangenziale G, il modulo di elasticità normale E ed il rapporto di Poisson ν vale la
seguente relazione:
G = E ( 2 (1 + ν ) )
2
Indicato con J il momento quadratico di superficie (polare) della sezione e con z la sua distanza dalla testata
fissa, ricordando che il momento torcente Mt è costante lungo tutto l’asse della barra, si ha:
θ
dθ Mt Mt M l Mt
= → dθ = dz → θ = ∫ dθ = t ∫ dx ⇒ θ =
dz G ⋅ J G⋅J 0
G⋅J 0 G⋅J
πd4
Posto M t = F ⋅ R J= è immediato ottenere la (12.3)
32
107
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L’energia U0 immagazzinata in un elemento sollecitato, in campo elastico, a taglio semplice può essere calcolata
facilmente considerando la figura sopra riportata (parte sx). Se la faccia inferiore dell’elemento è fissa, per
determinare l’energia immagazzinata U0, è sufficiente considerare il lavoro compito dalla forza agente sulla faccia
superiore di area A. Si ha quindi:
τ ⋅ A⋅δ τ⋅A τ ⋅ A⋅ L τ τ 2 ⋅V
Uo = = ⋅( L ⋅γ ) = =
2 2 2 G 2G
L’energia U accumulata, in campo elastico, da una barra di torsione si determina facilmente considerando la
figura sopra riportata (parte dx). L’energia accumulata corrisponde all’area OAB e vale:
1
U = M t ⋅θ
2
108
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La tensione massima si ha nella fibra interna (la fibra più vicine all’asse della molla), laddove cioè le
tensioni τ1 e τ2 hanno segno concorde, e vale:
8⋅ F ⋅ D 2 d
τ max = 1+ (12.7)
π d 3 3 D
(a) Tensione di taglio; (b) tensione di torsione; (c) tensione di taglio e torsione; (d) effetto della curvatura
Dall’esame della (12.7), si nota che il secondo temine tra parentesi, rappresentante l’effetto dello sforzo
di taglio, aumenta all’aumentare del rapporto d/D e diviene pertanto di una certa importanza nelle molle
elicoidali pesanti (d elevato) nelle quali, in effetti, le esperienze eseguite mostrano che le lesioni, di
solito, iniziano nella parte interna della spira.
La tensione calcolata con la (12.7) non tiene ancora conto, tuttavia, dell’effetto della curvatura della
molla che, determinando un aumento dello scorrimento unitario sulla fibra interna e una corrispondente
109
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diminuzione nella fibra interna1, modula ulteriormente la distribuzione delle tensioni come riportato
nella figura precedente (d).
Il valore massimo della sollecitazione tangenziale τmax si può ottenere semplicemente moltiplicando la
tensione di torsione τ1 (valutata prescindendo dalla curvatura) per un fattore di correzione delle
sollecitazioni χ , variabile in funzione del rapporto di avvolgimento w = D/d secondo il diagramma sotto
riportato, o in accordo con le formule approssimate proposte da Whal2 (12.8) e Bergsträsser3 (12.9).
4w − 1 0.615
χW = + w = D d (indice della molla) (12.8)
4w − 4 w
w + 0.5
χB = (12.9)
w − 0.75
Pertanto noti il carico F, il diametro medio di avvolgimento D e diametro del filo d, la tensione
massima si valuta con la seguente relazione4:
8⋅ F ⋅ D
τ χ max = χ (12.10)
π d3
Tensioni ammissibili
Le tensioni ammissibili statiche, dipendono fortemente dal diametro del filo5. A parità di ogni altra
condizione, i fili di diametro minore presentano tensioni ammissibili più elevate di quelle adottabili per
i fili di diametro maggiore.
1
Il momento torcente, costante lungo l’asse dell’elica di avvolgimento, produce una rotazione relativa, tra due
sezioni radiali successive, che determina uno scorrimento unitario maggiore sulla fibra interna (più corta) rispetto
a quella esterna (più lunga).
2
A.M.WAHL, Stresses in Heavy Closely Coiled Helical Springs, Trans.ASME, APM-51-17, 185 (1929).
3
M.Bergsträsser, Die Berechnung zylindrischer Schraubenfedern, Z.VDI, Bd77, 198 (1933).
4
La (12.10) deve essere usata solo nel caso di carichi dinamici, per molle caricate staticamente o quasi
staticamente la tensione torsionale si valuta semplicemente con la prima delle (12.6). Una molla si definisce
caricata staticamente se il carico è da ritenersi costante nel tempo; una molla si definisce caricata quasi
staticamente se il carico varia con il tempo con un’ampiezza della sollecitazione torsionale trascurabile (per
esempio un’ampiezza di sollecitazione torsionale fino a 0,1 volte la resistenza a fatica) oppure se il carico, pur
variando con un’ampiezza della sollecitazione torsionale maggiore, presenta, nel corso dell’intera vita della
molla, un numero di cicli limitato a non più di 104. Una molla che non sia caricata staticamente o quasi
staticamente è da considerarsi caricata dinamicamente.
5
Diametri dei fili unificati da 0.1 a 13 mm:
0.1;0.12;0.15;0.20;0.25;0.30;…;0.85;0.90;1.00;1.10;…;3.00;3.2;3.4;3.5;3.7;3.8;4.00;4.20;4.50;5.00;5.50;…10.50;
11.00;12.00;13.00.
110
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La resistenza di un filo per molle dipende inoltre dalla modalità di realizzazione della molla stessa
(avvolgimento a caldo o a freddo) e dagli eventuali trattamenti termici. (bonifica1, patentamento2,
ecc…).
Infine è utile sottolineare come sia essenziale, ai fini del miglioramento della resistenza a fatica di una
molla, che la superficie della stessa sia perfettamente liscia, senza segni o incisioni e priva, per quanto
possibile, di zone decarburate.
In mancanza di dati più precisi, la resistenza a rottura a trazione (σR) di un filo per molle può ricavarsi
semplicemente dalla seguente relazione:
A
σR ≅ m (12.11)
d
dove d è il diametro del filo espresso in mm, A ed m delle costanti ricavabili dalla tabella sottostante.
Dal carico di rottura si può risalire alla sollecitazione torsionale massima ammissibile, per molle a
elica caricate staticamente, secondo quanto indicato nella tabella sottostante:
1
Con il termine bonifica si designa l’insieme delle due operazioni di tempra e rinvenimento
2
Il patentamento consiste in un’astenitizzazione seguita da un raffreddamento sufficientemente energico, ma al di
sopra di Ms, tale da conferire al materiale una struttura favorevole al successivo lavoro di deformazione a freddo.
3
La tabella riporta, rispetto ai dati originali forniti da Joerres (E.Shigley, Charles R. Mischke, Brown TH:
Standard Handbook of Machine Design; 3ed. McGraw-Hill 2004) delle modifiche per renderla conforme alle
indicazioni delle norme di progetto attuali che prevedono, nel caso di carichi statici o quasi statici, di computare le
tensioni, come già segnalato in precedenza, con la prima delle (12.6).
111
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# w =D/d
¥ Il presetting è usato nella fabbricazione delle molle a elica di compressione per indurre delle sollecitazioni
residue. La molla viene costruita con un’altezza superiore a quella necessaria e poi compressa a pacco. In
questa operazione viene superato, nelle fibre più periferiche, il limite di snervamento torsionale della molla
che, una volta tolto il carico, risulta dell’altezza desiderata e pretensionata in modo opposto rispetto a quelle
che saranno le sollecitazioni in esercizio.
L’altezza iniziale della molla deve essere tra il 10 e il 30% superiore rispetto all’altezza libera finale. Se la
tensione a pacco supera di 1.3 volte lo snervamento si possono avere distorsioni, d’altro lato se è inferiore a
1.1 le tensioni residue risultano inadeguate. Il presetting permette di migliorare la capacità di carico statico
della molla anche del 45-65% e raddoppia l’energia accumulabile per unità di materiale.
Il presetting ovviamente non dovrà essere preso in considerazione per molle in cui può essere ipotizzabile una
inversione del carico.
1
La norma UNIEN 13906-1 prevede, a questo proposito, di effettuare la pallinatura solo su molle con d > 1 mm,
w < 15 e distanza minima tra due spire attive a molla libera maggiore del diametro del filo.
2
F.P. Zimmerli Human Failures in Spring Applications, “The Mainsping”, n.17, Ass. Spring Corp. 1957
112
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Una volta noti A e B risulta determinata anche l’ordinata τ oL del punto C, ovvero la semiampiezza del
limite di fatica corrispondente ad un ciclo di tensione alternato.
τ aL
τ oL = (12.12)
1 − τ mL τ R
r ⋅ τ oL ⋅ τ R τa
τɶaL = r= (12.13)
r ⋅ τ R + τ oL τm
τɶaL
ηf ≡ (12.14)
τa
Le deformazioni
Sempre con riferimento alla barra di torsione associata, la freccia di una molla ad elica cilindrica
soggetta a compressione può valutarsi semplicemente tramite la (12.3) una volta che la lunghezza l
113
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venga sostituita dal prodotto ia ⋅ π D dove ia indica il numero di spire attive, ovvero quelle spire che
con la modificazione del loro passo concorrono a determinare la freccia.
32 F ⋅ R 2 ⋅ ia ⋅ π D 8 ⋅ D 3
f =θ ⋅ R = = ia ⋅ F (12.15)
π G ⋅d4 G⋅d4
Il valore del modulo di elasticità tangenziale G può essere scelto in base alla tabella di seguito proposta.
Il rapporto k , tra il carico F e la freccia indotta f, prende il nome di rigidezza della molla.
G ⋅d4
k≡F f = (12.16)
8 ⋅ D 3 ⋅ ia
Il grafico con frecce sulle ascisse e carichi corrispondenti sulle ordinate prende il nome di caratteristica
della molla. All’aumentare del carico la freccia aumenta linearmente fino a raggiungere il valore
massimo fb , ovvero la freccia corrispondente al blocco delle spire (molla a pacco).
Come accennato in precedenza, alcune spire, già collassate in assenza di carico, non partecipano alla
determinazione della freccia: tali spire vengono denominate spire inattive.
Il numero di spire inattive ii dipende dalla forma delle estremità della molla e dal processo di
fabbricazione. Si può ritenere che le molle di compressione avvolte a freddo richiedano 2 spire inattive,
quelle avvolte a caldo 1,5 spire. Il numero totale1 di spire può porsi pertanto pari a:
1
Per una corretta spinta assiale, il numero totale di spire dovrebbe risultare un multiplo dispari di mezza spira o
almeno, nel caso in cui il numero totale di spire sia minore di 8, un multiplo dispari di un quarto di spira.
114
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L0 lunghezza della molla libera p0 passo della molla libera L lunghezza della molla caricata
p passo della molla caricata f freccia della molla caricata Lb lunghezza della molla a pacco
pb passo della molla a pacco fb freccia della molla a pacco δ vuoto interspira sotto carico
La lunghezza a blocco della molla, nel caso di gran lunga più frequente di terminali chiusi e molati, si
pone:
( it − 0.3) d per molle avvolte a caldo
Lb = (12.18)
it ⋅ d per molle avvolte a freddo
La somma minima ∆min di tutti i vuoti interspira, utile tra l’altro per determinare la lunghezza minima
ammissibile della molla, varia a secondo della modalità di realizzazione della molla.
0.02 ⋅ ia ( D + d ) molle avvolte a caldo
∆ min = D2 (12.19)
ia 0.0015 + 0.1d molle avvolte a freddo
d
Tra la lunghezza libera L0, la lunghezza a blocco Lb e la lunghezza sotto carico L valgono le seguenti
relazioni:
8D3 F
L0 = Lb + ∆ + f L = Lb + ∆ con f = ia (12.20)
G⋅d4
115
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Instabilità
Certe molle hanno tendenza a essere instabili; la lunghezza critica di una molla alla quale inizia
l’instabilità, è chiamata lunghezza di instabilità Lk e la freccia della molla fino al punto di instabilità è
detta freccia della molla sotto il carico di instabilità fk.
L’influenza dell’alloggiamento delle estremità della molla viene tenuta in considerazione per mezzo del
coefficiente di appoggio ν, che è indicato nella figura sotto riportata per i più comuni tipi di
alloggiamento.
La sicurezza contro l’instabilità può essere valutata con il grafico riportato nella pagina seguente. Nella
zona a destra della curva limite la molla è instabile, nella zona a sinistra la molla è stabile.
116
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1
Le vecchia classificazione DIN prevedeva, per gli acciai non legati, quattro classi di resistenza A, B, C, D. In
modo molto schematico potrebbe proporsi la seguente tabella di conversione: A (SL), B (SM-DM), C-D (SH-DH)
117
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118
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Esempio 12.1
Una molla di compressione a elica è realizzata con filo armonico C98 di diametro 0.94 mm. Il diametro
esterno OD della molla è 11 mm. Le spire terminali sono chiuse e molate e le spire totali sono 12.5.
1. Stimare la tensione di snervamento.
2. Stimare il carico statico corrispondente alla tensione di snervamento.
3. Stimare la rigidezza della molla.
4. Stimare la freccia della molla sotto il carico definito al punto 2.
5. Stimare la lunghezza a pacco della molla.
6. Quale lunghezza dovrebbe avere la molla affinché dopo essere stata compressa a pacco e
rilasciata non si abbiano deformazioni permanenti?
7. Con la lunghezza calcolata al punto precedente è possibile l’inflessione?
8. Qual è il passo della molla?
9. Tracciare la caratteristica della molla.
7- Dal diagramma relativo all’instabilità laterale, è immediato verificare che, anche nelle
condizioni di vincolo più vantaggiose, la molla risulta instabile; pertanto è necessario inserire
uno stelo interno o un tubo esterno.
119
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9-
Esempio 12.2
Una molla di compressione a elica cilindrica, realizzata in acciaio armonico C98, caricata con un carico
di 90 N deve avere una freccia di 50 mm. Per problemi di montaggio, la lunghezza a pacco non deve
superare i 27 mm, mentre la lunghezza libera massima è di 100 mm. Progettare la molla con un
coefficiente di sicurezza a pacco di 1.2
1.2, assumendo che i terminali siano chiusi e molati.
Fissiamo come primo tentativo un indice della molla pari a 10 e determiniamo il diametro del filo,
verificando la tensione massima a pacco. Ipotizzato un margine di sovraccarico ξ = 0.15, indicato con F
il carico e con η il coefficiente di sicurezza, si ha:
0.56 ⋅ σ R 8 ⋅ (1 + ξ ) F ⋅ w 2211 2636
= ⇒ 0.47 0.145 = 2 ⇒ d ≅ ( 2.54 ) ≅ 1.7 mm
1/1.855
η π ⋅d 2
d d
Il numero di spire totali, con riferimento ad una molla avvolta a freddo, può porsi:
it = ia + 2 = 11.6
120
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Verifichiamo ora che la somma dei vuoti interspira sotto carico S sia maggiore della somma minima
calcolata con la (12.19) con riferimento ad un avvolgimento a freddo.
S = L − Lb = 7.5 mm > S min = 4.08 mm
Esempio 12.3
Progettare una molla ad elica cilindrica in C 98, avente un diametro medio D = 45 mm, che eserciti una
forza di 300 N in corrispondenza di un’altezza di lavoro di 55 mm.
η π ⋅d 3
d π d3
A cui corrisponde un indice di molla pari a 11.25.
Calcoliamo la freccia per ogni spira:
f 8 ⋅ F ⋅ D 3 8 ⋅ 300 ⋅ 453
= ≅ ≅ 10.48 mm/spira
ia G ⋅d4 81500 ⋅ 44
Per il rispetto del margine di sovraccarico deve essere:
121
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( L0 − L )(1 + ξ ) = L0 − Lb
f L − 2d 55 − 8
L0 = L + ia ⇒ ia = = ≅ 8.43
ia ( f ia ) ⋅ ξ + d 10.48 ⋅ 0.15 + 4
L = (i + 2) d
b a
122
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τɶaL 8 ⋅ Fa ⋅ D
= χB
ηf π ⋅d3
Con τɶaL calcolata con la (12.13) e Fa pari alla semiampiezza dell’oscillazione del carico.
Posti:
τɶ 8 ⋅ Fa
α = aL β=
ηf π ⋅d2
Esempio 12.4
Una molla senza presetting, realizzata in acciaio C98 (diametro del filo pari a 2.3 mm), ha un diametro
esterno di 14 mm, una lunghezza libera di 110 mm, 21 spire attive ed entrambe le estremità chiuse e
molate. Nell’ipotesi che la molla non sia pallinata, che sia montata con un precarico di 22 N e che la
forza massima di esercizio sia 155 N, determinare:
1. il coefficiente di sicurezza rispetto alla rottura a fatica usando il criterio di Goodman;
2. la frequenza critica della molla.
La resistenza a rottura di un filo in C98 di diametro pari a 2.3 mm, può essere assunta pari a:
2211
σ R ≅ 0.145 ≅ 1959 MPa
2.3
La resistenza a torsione può porsi pari a:
τ R ≅ 0.67 ⋅ σ R ≅ 1312 MPa
123
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124
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Esempio 12.5
Una molla di compressione a elica cilindrica, progettata a vita infinita con un coefficiente di sicurezza
η f = 1.5 , realizzata in acciaio armonico C98, è sottoposta a un carico variabile fra 22 N e 90 N a 5 Hz.
La freccia varia da 12 mm a 50 mm. Per problemi di montaggio, la lunghezza a pacco non deve
superare i 30 mm (con coefficiente di sicurezza a pacco ηb = 1.5 ), mentre la lunghezza libera massima
deve essere inferiore a 110 mm. In magazzino si hanno a disposizione i seguenti diametri per il filo: 2,
1.8, 2.3, 2.4, 2.7 e 2.8.
Condizioni di carico
90 − 22 90 + 22
Fmax = 90 N Fmin = 22 N Fa = = 34 N Fm = = 56 N
2 2
Rigidezza della molla
∆F 68
k= = ≅ 1.8 N/mm
∆f 38
Limitazioni
3 ≤ ia ≤ 15 4 ≤ w ≤ 16 Lo ≤ L0 max
A 2211 τ aL
σR = = τ R = 0.67 ⋅ σ R τ s = 0.45 ⋅ σ R τ oL =
d m d 0.145 1 − τ mL τ R
τɶ
2
8 ⋅ Fa 2α − β 2α − β 3α
α = aL β= w= + −
ηf π ⋅d2 4β 4 β 4β
d4 ⋅G
D = w⋅d Fb = (1 + ξ ) ⋅ Fmax ia =
8 ⋅ D3 ⋅ k
F
it = ia + 2 Lb = it ⋅ d L0 = Lb + b
k
w + 0.5 8 ⋅ Fa ⋅ D Fm
χB = τ a = χB τm =τa
w − 0.75 π ⋅ d3 Fa
Fb Fa r ⋅ τ oL ⋅ τ R
τb = τa r= τɶaL =
Fa ⋅ χ B Fm r ⋅ τ R + τ oL
τɶaL τs G d
ηf = ηb = N H = 3650
τa τb ρ ia ⋅ D 2
125
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Nella tabella sopra riportata le celle evidenziate corrispondono a violazioni delle limitazioni imposte in
sede di progetto. Le uniche violazioni nel nostro esempio riguardano il numero di spire attive ia , la
lunghezza libera L0 e la lunghezza a pacco Lb
Si può vedere che la molla può essere realizzata con diametro del filo 2.7 oppure 2.8. Si sceglie il
diametro 2.7 in conseguenza di un minor impegno di materiale (0.049479 kg).
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1 1 1
f1 = F k1 f 2 = F k2 f = ( f1 + f 2 ) = F ke ⇒ = +
ke k1 k2
1 k ⋅k
ke = = 1 2 (12.27)
1 k1 + 1 k2 k1 + k2
E in generale considerando n molle in serie si ha:
1
ke = n (12.28)
∑ 1 ki
i =1
Molle in parallelo
Nel caso di molle in parallelo ogni molla è sottoposta allo stesso allungamento coincidente con lo
spostamento terminale, mentre la forza complessiva e data dalla somma delle forze agenti sui singoli
elementi.
F + F2
ke = 1 f = F1 k1 f = F2 k2 ⇒ ke = k1 + k2 (12.29)
f
E in generale considerando n molle in parallelo si ha:
n
k e = ∑ ki (12.30)
i =1
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Esempio 12.6
Una carrozza ferroviaria di massa M appoggia su 2 carrelli, mediante 2 molle ad elica cilindrica a
sezione circolare per ogni carrello.
Basandosi sulla teoria elementare per il calcolo di queste molle (vedi figura):
1. scegliere le dimensioni delle molle (in acciaio), tutte uguali fra loro, in modo da ottenere una
rigidezza complessiva verso terra pari a kt, nell’ipotesi che il carico sia uniformemente ripartito
tra le 4 molle;
2. calcolare la freccia (rispetto alle molle scariche) corrispondente alla massa M e che deve essere
tale da non portare a pacco le molle;
3. calcolare la massa aggiuntiva che porta a pacco le molle;
4. tracciare la caratteristica della molla individuando il punto di esercizio.
Dati
Massa della carrozza ferroviaria M 18000 kg
Rigidezza complessiva (4 molle) kt 440 N/mm
Materiale
48Si7 Rm 1300 MPa Rp0.2 1110 MPa A= 6%
Considereremo la molla come caricata quasi staticamente, fisseremo inoltre il margine di sovraccarico
ξ ≅ 0.15 e imporremo un coefficienti di sicurezza a pacco ηb ≥ 1.2 .
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rigidezza della singola molla, dato che le quattro molle sono identiche, si ottiene pertanto dividendo la
rigidezza complessiva (440 N/mm) per il numero di molle (4):
4
k
kt = ∑ ki → ki = tot = 110 N/mm
i =1 4
Determinazione di primo tentativo del diametro del filo
Il carico agente su di una molla è pari al peso di un quarto di vagone, ovvero:
m⋅ g
F= = 44145 N
4
La forza che porta a pacco la molla si ricava in funzione del margine di sovraccarico:
Fb = (1 + ξ ) ⋅ F = 50767 N
Ipotizziamo di realizzare la molla con un acciaio, aventi le seguenti caratteristiche:
48Si7 Rm 1300 MPa Rp0.2 1110 MPa A= 6%
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Bibliografia
130
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Le tensioni
Consideriamo il comportamento di una lamina, di spessore costante h, avente pianta romboidale
caricata da un carico centrato in mezzeria pari a 2P, e appoggiata ai due estremi distanti L.
Tale comportamento, per ragioni di simmetria è del tutto equivalente al comportamento di una lamina
triangolare, di uguale spessore h, di lunghezza L incastrata ad estremo e caricata nell’altro con un carico
pari a P come riportato in figura.
Con riferimento allo schema sopra proposto, indicata con x la distanza di una generica sezione dal
punto di applicazione della forza P, il momento flettente lungo l’asse della trave vale:
M f ( x) = P ⋅ x (13.1)
e la tensione indotta, indicato con Wf (x) il modulo di resistenza a flessione, vale:
M f ( x) P⋅x P⋅x 6P ⋅ L
σf = = = = (13.2)
Wf ( x) 1
b( x) ⋅ h 2 1 2 x ⋅ b b ⋅ h 2
h
6 6 L
E’ importante rilevare come la (13.2) affermi che in una lamina triangolare, di spessore costante,
caricata ad una estremità e incastrata nell’altra, le tensioni dovute al momento flettente sono del tutto
indipendenti dalla distanza x di una generica sezione dal punto di applicazione del carico.
Le deformazioni
Possiamo ora valutare l’entità della freccia f che si che si manifesta all’estremità libera della lamina in
conseguenza del carico applicato P.
Il valore del raggio di curvatura r della deformata (nell’ambito delle piccole deformazioni), indicato con
E il modulo di elasticità normale (per gli acciai pari a circa 205800 N/mm2) e con J il momento
quadratico di superficie della sezione resistente trasversale, vale:
1 b
E ⋅ x h3
E ⋅ J ( x) 12 L E ⋅ b ⋅ h3 E ⋅ J
r ( x) = = = = (13.3)
M f ( x) P⋅x 12 P ⋅ L P ⋅ L
131
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Ovvero il raggio di curvatura della deformata è costante, in altri termini, la lamina si deforma secondo
un arco di circonferenza.
L’entità della freccia, nell’ipotesi che la deformata sia un arco di circonferenza, si ottiene da semplici
considerazioni trigonometriche1riferite alle figure sopra riportate.
α LL
f ≅ L ⋅ tan (α 2 ) ≅ L = (13.4)
2 2 r
Sostituendo nella (13.4) il valore di r ottenuto dalla (13.3) si ottiene infine:
P ⋅ L3 6 P ⋅ L3
f = = (13.5)
2 ⋅ E ⋅ J E ⋅ b ⋅ h3
Coefficiente di utilizzazione
Il coefficiente di utilizzazione m, ovvero il rapporto tra l’energia potenziale elastica U effettivamente
immagazzinata e l’energia potenziale elastica U0 corrispondente al verificarsi in tutti i punti della molla
della massima tensione2, tenuto conto delle (13.2) e (13.5), vale:
1 1 6 P ⋅ L3
P⋅ f P
2 2 E ⋅ b ⋅ h3 1
m= = = (13.6)
1 σ V 1 6P ⋅ L (b ⋅ h ⋅ L ) 3
2 2
2
2 E 2 b ⋅ h 2 E
1
Nelle considerazioni seguenti, poiché si è nell’ambito delle piccole deformazioni, riterremo lecito confondere gli
archi di circonferenza con le rispettive corde sottese.
2
132
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Le tensioni
Consideriamo ora una lamina a pianta rettangolare, di lunghezza L, di larghezza b e spessore h,
incastrata ad un estremo e caricata nell’estremo libero con un carico concentrato P.
Con riferimento allo schema sopra proposto, indicata con x la distanza di una generica sezione dal
punto di applicazione della forza P, il momento flettente lungo l’asse della trave vale:
M f ( x) = P ⋅ x
e la tensione indotta, indicato con Wf il modulo di resistenza a flessione, vale:
P ⋅ x 6P ⋅ x 6P ⋅ L
σ ( x) = = → σ max = (13.7)
Wf b⋅h 2
b ⋅ h2
Le deformazioni
La deformazione in corrispondenza del punto di applicazione del carico P si può determinare facilmente
tramite un carico esplorativo Pe e applicando il principio dei lavori virtuali.
Il lavoro esterno, indicata con f la freccia indotta da P nel sistema reale, vale:
LeVR = Pe ⋅ f (13.8)
Il lavoro interno ovvero la somma dei lavori che su ciascuna particella isolata di struttura farebbero le
sollecitazioni virtuali nelle deformazioni reali, vale:
L
MVM R
LiVR = ∫ dz (13.9)
o EJ
Il principio dei lavori virtuali stabilisce l’uguaglianza:
e = Li
LVR VR
(13.10)
133
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L’integrale definito che compare nell’espressione del lavoro interno, integrale del prodotto di due
funzioni, può essere facilmente calcolato in accordo con quanto proposto da Cavalieri e Simpson
secondo cui l’integrale definito di una funzione y = f ( x ) in un intervallo ab vale:
ab a+b
b
∫ f ( x ) dx ≅
a 6
f (a) + 4 f
2
+ f (b )
(13.11)
Nel nostro caso gli estremi di integrazione valgono 0 e L e i valori assunti dalla funzione integranda agli
estremi e al punto medio dell’intervallo di integrazione valgono rispettivamente:
1 P ⋅ L Pe ⋅ L
( P ⋅ L )( Pe ⋅ L ) ; f ( 0 ) = 0; f =
1 L
f ( L) =
EJ 2 EJ 2 2
Pertanto il lavoro interno vale:
L P ⋅ Pe ⋅ L2
L
MV M R L3
LiVR = ∫ dz = ⋅ ⋅ + + (
= ⋅ e)
2
P Pe L 4 0 P P
o
EJ 6 EJ 4 3EJ
Dalla (13.8) si ottiene infine il valore della freccia f.
P ⋅ L3
f = (13.12)
3EJ
Coefficiente di utilizzazione
Il coefficiente di utilizzazione m, ovvero il rapporto tra l’energia potenziale elastica U effettivamente
immagazzinata e l’energia potenziale elastica U0 corrispondente al verificarsi in tutti i punti della molla
della massima tensione, tenuto conto delle (13.7) e (13.12) vale:
1 1 4 P ⋅ L3
P⋅ f P
2 2 E ⋅ b ⋅ h3 1
m= = =
1 σ V 1 6P ⋅ L (b ⋅ h ⋅ L ) 9
2 2
2
2 E 2 b ⋅ h E
ossia un terzo del coefficiente di utilizzazione di una lamina triangolare.
134
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Le tensioni
Consideriamo ora una lamina a pianta trapezia, di lunghezza L, con base maggiore e minore pari
rispettivamente a b e b’, di spessore h, incastrata ad un estremo e caricata nell’estremo libero con un
carico concentrato P.
Indicata con x la distanza di una generica sezione dal punto di applicazione della forza P, il momento
flettente lungo l’asse della trave vale:
M f ( x) = P ⋅ x
e la tensione indotta, indicato con Wf (x) il modulo di resistenza a flessione, vale:
P⋅x 6P ⋅ x 6P ⋅ x 6P ⋅ L
σ ( x) = = = → σ max = (13.13)
Wf ( x) b ( x) ⋅ h 2
b − b' 2 b ⋅ h2
b '+ x⋅h
L
Le deformazioni
Il calcolo della deformazione nel punto di applicazione del carico non è, in questo caso, immediato.
Il grafico di seguito rappresentato permette di calcolare un coefficiente ξ funzione del rapporto b’/b che
consente di ricavare la freccia sotto carico di una lamina trapezia una volta nota la freccia sotto carico di
una lamina rettangolare di larghezza b.
Si ha pertanto:
P ⋅ L3 4 P ⋅ L3
f =ξ =ξ (13.14)
3EJ E ⋅ b ⋅ h3
135
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Coefficiente di utilizzazione
1 4 P ⋅ L3
1
P⋅ f P ξ
2 2 E ⋅ b ⋅ h3 2 ξ
m= = = (13.15)
1 σ V 1 6 P ⋅ L ( ( b + b ') ⋅ h ⋅ L ) 9 (1 + b ' b )
2 2
2 E 2 b ⋅ h 2 2E
Ponendo nella (13.15) ξ = 1 e b ' b = 1 si ottiene il coefficiente di utilizzazione della lamina rettangolare
(1/9), ponendo invece ξ = 1.5 e b ' b = 0 si ottiene il coefficiente di utilizzazione della lamina
triangolare (1/3).
Per la molla a pianta triangolare, poiché come abbiamo dimostrato la linea elastica appartiene ad un
arco di circonferenza, è logico pensare che tutte la foglie della molla così ricavata, essendo obbligate a
mantenersi a contatto e quindi ad avere all’incirca la stessa linea elastica, lavoreranno come lavoravano
quando erano, invece che sovrapposte, affiancate nella molla a pianta triangolare.
Partendo dalla molla a pianta triangolare si
avrebbero in pianta tutte le foglie terminanti a
punta. Poiché almeno una o due foglie devono,
perché sia possibile l’applicazione del carico,
avere in pianta le estremità rettangolari, le molle a
balestra sono effettivamente derivate dalla lamina
trapezia come mostrato nella figura a fianco
riportata. Le foglie sottostanti alle prime (di forma
rettangolare) verrebbero teoricamente a terminare
con una punta acuta, la quale tuttavia viene in
pratica fatta a forma trapezia o, per ragioni di
economicità, a forma rettangolare.
Benché ora, non essendo più la linea elastica della
lamina trapezia generatrice una circonferenza, sia
meno perfetta l’identità del modo di lavorare delle
varie foglie, le tensioni e le deformazioni della
balestra possono ancora derivarsi dalle formule
già ricavate per la lamina trapezia (lamina ideale
da cui la balestra si immagina derivata. Quindi le
tensioni e le deformazioni si determineranno
rispettivamente con le (13.13) e (13.14)
136
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1
Lo strisciamento conseguente al contatto tra le diverse foglie della molla a balestra provoca uno smorzamento
utile durante il funzionamento, ad esempio per le sospensioni dei veicoli.
137
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Caratteristiche costruttive
Come è noto le molle a balestra hanno, quando sono scariche, una forma leggermente arcuata in modo
tale che sotto carico esse tendono a raddrizzarsi.
Alle varie foglie viene data una preventiva curvatura che non è però uguale per tutte le lamine, ma via
via maggiore per le foglie più corte: ciò viene fatto al fine di ottenere una pretensione di montaggio che
eviti la formazione di giochi tra le lamine. Operando in tal modo si ottiene che l’effetto d’autotensione
vada a beneficio della foglia maestra (quella più lunga e sulla quale sono ricavati gli ‘occhielli’
attraverso i quali avviene il fissaggio al telaio) che risulterà, sotto carico, meno sollecitata del previsto.
Per evitare la corrosione e in particolare la corrosione per sfregamento, le singole foglie devono essere
opportunamente lubrificate e grafitate; talvolta, per ottenere lo stesso scopo, tra foglia e foglia viene
interposto un foglio di polietilene.
Gli attacchi alla estremità della balestra con il telaio sono generalmente effettuati forzando negli
occhielli terminali, ricavati sulla foglia madre, un perno sulle cui estremità oscillano due biellette
(biscottini) parallele collegate all’estremità opposte a un perno solidale al telaio.
Limiti di tensione
Le molle in pratica lavorano sempre a fatica, con tensioni unitarie comprese fra due limiti σ s superiore
e σ i inferiore, cioè con una oscillazione di tensione ±σ a = ± (1 2 )(σ s − σ i ) rispetto ad una tensione
media σ m = (1 2 )(σ s + σ i ) .
Di seguito riportiamo1 i valori limite delle ampiezze ∆σoL ( resitenza a fatica alternata) da utilizzare in
assenza di indicazione più precise
1
Massa E. Costruzione di Macchine vol. 2 Masson
138
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Con i valori limite ottenuti dalla precedente tabella, risulta immediato il tracciamento del diagramma di
Goodman (in modo del tutto analogo a quanto descritto a proposito delle molle a elica)
Assegnato uno stato di tensione caratterizzato dalla semiampiezza σa e dalla tensione media σm, il
coefficiente di sicurezza ηf può essere espresso come rapporto tra le ordinate del punto D e del punto E
ottenuto come intersezione della retta dall’origine passante per D con la retta passante per AC.
σa
r=
σm
r ⋅ σ oL ⋅ σ R
σɶ aL = (13.16)
r ⋅ σ R + σ oL
σɶ aL
ηf ≡ (13.17)
σa
La resistenza a fatica delle molle dipende in misura notevole dal trattamento termico e dalle condizioni
della superficie e dello strato superficiale. Il trattamento termico è normalmente quello di tempra
seguito da un riscaldamento di distensione. Il trattamento di tempra deve eseguirsi su materiale da cui
siano stati asportati la crosta di laminazione e lo strato decarburato sottostante.; inoltre la tempra e il
successivo riscaldamento devono farsi evitando assolutamente il prodursi di decarburazioni superficiali
(molto temibili soprattutto negli acciai al silicio); infine lo straterello ossidato che rimane dopo la
tempra deve essere asportato per sabbiatura o pallinatura.
Nel caso delle molle di flessione può essere desiderabile la presenza di una certa fibrosità longitudinale:
per questa ragione si preferiscono gli acciai al manganese nei quali la presenza di silicati di manganese
e di solfuro di manganese, allineati secondo la direzione di laminazione, favorisce la formazione di una
struttura fibrosa.
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Esempio 13.1
Dimensionare una molla a balestra avente una lunghezza 2L di 1000 mm sapendo che sotto un carico
2P di 10000 N la freccia massima non deve superare gli 80 mm.
Materiale della molla C75 UNI 7064 con tensione di snervamento pari a 1030 MPa e resistenza a fatica
alternata pari a 350 MPa
Note:
1. Dato che il rapporto f/L = 0.16 è minore del valore limite di 0.3 non useremo i coefficienti di
correzione delle tensioni e delle deformazioni ricavabili dai diagrammi presentati a pag. 136.
2. Fisseremo un coefficiente di sicurezza a fatica non minore di 1.3
3. Costruiremo il diagramma di fatica ponendo l’ascissa del punto A pari al carico di snervamento
del materiale.
Con riferimento alla lamina triangolare equivalente, calcoliamo, dalla (13.5), il momento quadratico di
superficie J della sezione all’incastro:
P ⋅ L3 5000 ⋅ 5003
J= = ≅ 18980 mm 4
2 ⋅ E ⋅ f 2 ⋅ 205800 ⋅ 80
Noto J possiamo calcolare lo spessore h e la larghezza massima b della lamina triangolare ponendo, in
prima approssimazione la tensione ammissibile pari al 40% del carico di snervamento.
σ amm ≅ 0.4 ⋅ σ sn ≅ 412 MPa
2 ⋅ J ⋅σ f2 ⋅ 18980 ⋅ 412
h= = ≅ 6.25 = 6 mm
PL 5000 ⋅ 500
Nota l’espressione del momento quadratico di superficie di una sezione rettangolare, si calcola la
larghezza b della lamina:
1 12 ⋅ J 12 ⋅ 18980
J = bh3 ⇒ b = 3 ≅ ≅ 1054 mm
12 h 63
La molla a balestra effettiva viene ricavata suddividendo la lamina triangolare teorica in strisce che
andranno poi sovrapposte. Con riferimento alla tabella UNI 3960 si vede che la balestra può essere
realizzata con tredici foglie di sezione 80x6.
Determinata la reale costituzione della balestra, indicato con n il numero di foglie, si può condurre un
calcolo di verifica valutando la tensione e la freccia effettive agenti su una lamina trapezoidale con
rapporto b’/b = 0.077.
La tensione effettiva massima vale:
6 PL
σ f max = ≅ 400 MPa (inferiore al valore massimo ammesso di 412 MPa)
nb ' h 2
141
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Esempio 13.2
Determinare le caratteristiche di una molla a balestra, con lamine grezze, di lunghezza 2L=1m, in grado
di garantire una variazione massima di freccia pari a 60 mm sotto un carico variabile da Pmax 10000 N a
Pmin 2000 N.
Materiale della molla C75 UNI 7064 con carico di snervamento pari a 1030 MPa e resistenza a fatica
alternata pari a 350 MPa
Note:
1. Dato che il rapporto f/L = 0.15 è minore del valore limite di 0.3 non useremo i coefficienti di
correzione delle tensioni e delle deformazioni ricavabili dai diagrammi presentati a pag. 136.
2. Fisseremo un coefficiente di sicurezza a fatica non minore di 1.3
3. Costruiremo il diagramma di fatica ponendo l’ascissa del punto A pari al carico di snervamento
del materiale.
Dalla (13.5) applicata nelle due condizioni estreme di carico ricaviamo il momento quadratico di
superficie della sezione all’incastro con riferimento alla lamina triangolare generatrice:
Pmax − Pmin 3
L
J= 2 ≅ 20246 mm 4
2 E ( f max − f min )
Determiniamo lo spessore h della lamina fissando un tensione ammissibile pari a al 40% del carico di
snervamento:
σ amm = 0.4 ⋅ σ sn ≅ 412 MPa
2σ amm J
h= ≅ 6.67 → 6 mm
Pmax
L
2
La larghezza massima b della lamina triangolare teorica vale:
12 J
b = 3 ≅ 1125 mm
h
La molla può pensarsi costituita da quattordici foglie 80x6 (vedi UNI 3960)
Determinata la reale costituzione della balestra, indicato con n il numero di foglie, si può condurre un
calcolo di verifica valutando la tensione e la freccia effettive agenti su una lamina trapezoidale con
rapporto b’/b = 0.07.
P
6 max L
σ max = 2 2 ≅ 372 MPa
n ⋅ b '⋅ h
La variazione massima della freccia vale:
4∆P ⋅ L3 4 ⋅ 4000 ⋅ 5003
∆f = ξ ≅ 1.45 ≅ 58 mm
E ⋅ n ⋅ b '⋅ h3 205800 ⋅ 14 ⋅ 80 ⋅ 63
da cui:
σ max = 372 MPa σ min = 74 MPa σ m = 223 MPa σ a = 149 MPa
142
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Bibliografia
143
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Negli innesti a frizione sono invece molto usate nel tratto orizzontale della loro caratteristica
permettendo di ottenere piccole deformazioni sotto un carico pressoché costante.
Il rapporto DO/Di, che chiameremo R, influisce notevolmente sul comportamento della molla
determinando la capacità di accumulare energia elastica; per R = 2, tale capacità di accumulo risulta
massima. Il valore del rapporto h/t determina la forma della caratteristica: lineare, crescente o
decrescente al crescere della deflessione, oppure presentare un tratto pressoché orizzontale.
Di seguito presentiamo le curve forza-deflessione al variare del rapporto h/t. Entrambi gli assi sono
normalizzati rispetto alla condizione di totale appiattimento della molla.
1
Questo tipo di molle è stato brevettato a Parigi nel 1867 da J.F. Belleville
144
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Con h/t = 0.4, la caratteristica è quasi lineare, per valori di h/t maggiori di 0.4 la caratteristica si
allontana sempre più dalla linearità. In corrispondenza di h/t =1.414 la caratteristica presenta una
porzione quasi orizzontale. Per valori di h/t superiori a 1.414 le curve divengono francamente bimodali.
1
J.O.Almen, A. Laszlo The Uniform Section Spring Disc ASME Transactions, vol. 58, n.4, May 1936, 305-314
2
Si dimostra che:
DO − Di
D* 2 =
2 ln ( DO Di )
145
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6 ( R − 1)
2
D
M= con R = O (14.2)
π ⋅ ln R R 2
Di
Dalla (14.1) posto f = h si ricava il carico corrispondente all’appiattimento totale della molla:
4E ⋅ h ⋅ t 3
F flat = (14.3)
M ⋅ DO2 (1 − ν 2 )
Le tensioni
Le tensioni non sono uniformemente distribuite nella sezione, ma sono concentrate soprattutto agli
estremi dei diametri interni ed esterni come rappresentato nella figura sopra riportata. La tensione più
elevata risulta essere la σ C (tensione di compressione) e in base ad essa sui proporziona la molla
quando sottoposta a carchi statici o quasi statici.
La tensione di trazione σ to , negli usuali proporzionamenti della molla, è quasi sempre superiore a σ ti e
rispetto ad esse viene impostata la verifica a fatica della molla quando caricata dinamicamente.
Le espressioni delle tensioni nei punti in precedenza definiti risultano:
4E ⋅ f f
σc = − C h − + C2 t
2 1
(14.4)
M (1 − ν ) ⋅ DO
2
2
4E ⋅ f f
σ ti = 2
−C1 h − + C2t (14.5)
M (1 − ν ) ⋅ DO
2
2
4E ⋅ f f
σ ti = T h − + T2t
2 1
(14.6)
(1 −ν ) ⋅ DO 2
2
in cui C1, C2, M, T1 e T2 sono dei coefficienti dipendenti da R ossia del rapporto tra diametro esterno DO
e diametro interno Di
146
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Determinazione di T1 e T2 in funzione di R
147
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148
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Diagramma di Goodman modificato per molle Belleville in acciao al carbonio o legato, dopo presetting
149
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1
Nella disposizione in parallelo, occorre tenere presente che per effetto degli inevitabili attriti tra le superficie a
contatto, la forza necessari a comprimere il sistema deve essere aumentata , rispetto al valore teorico, del 3% per
ogni superficie a contatto.
150
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Siano k1, k2 e k3 le rigidezze dei tre gruppi di molle rappresentate nelle figura. Inizialmente il sistema
molleggiato si comporterà come se avesse una caratteristica keq0 pari a:
−1
3 1
keq 0 = ∑ (14.7)
i =1 ki
Aumentando progressivamente il carico, la molla appartenente al gruppo 1 raggiungerà la posizione di
pieno appiattimento e non contribuirà più al cedimento del sistema. Da questo punto in poi la molla si
comporterà come se avesse una rigidezza keq1 determinata solamente dalle molle facenti parte dei gruppi
2 e 3.
−1
3 1
keq1 = ∑ (14.8)
i = 2 ki
Aumentando ulteriormente il carico, anche le molle appartenenti al gruppo 2 raggiungeranno la
condizione di pieno appiattimento. Da questo punto in poi, il sistema elastico è costituito soltanto dalle
appartenenti al sistema 3, e la rigidezza del sistema sarà pari a:
keq 2 = k3 (14.9)
151
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Materiali
Di seguito riportiamo le caratteristiche dei principali materiali usati per la realizzazione di molle
Belleville
152
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Esempio 14.1
Un cuscinetto a sfere deve essere precaricato assialmente, tramite una molla Belleville, con un carico
nominale di 45 N. Per effetto delle dilatazioni termiche si ritiene che la freccia sulla molla possa
variare, rispetto alla freccia nominale, di ± 0.15 mm. In tali condizioni il carico fornito dalla molla deve
variare al più del ± 5% rispetto al carico nominale.
Progettare la molla adatta, nell’ipotesi che sia realizzata in C75 (σ R ≅ 1700 MPa ) , e che debba essere
inserita all’interno di un alloggiamento di 32 mm di diametro.
Per permettere un corretto posizionamento, si sceglie una molla con diametro esterno DO pari a
30 mm.
Si assume inoltre, per uno sfruttamento ottimale del materiale:
R = DO Di = 2 R
La caratteristica della molla deve presentare un tratto pressoché orizzontale (forza costante a
fronte di una variazione di freccia): ciò è possibile solo utilizzando una molla con h / t = 1.414 .
Il campo di utilizzo della molla, nel range di carico assegnato, è rappresentato nella figura sotto
riportata:
La freccia può variare dal 63 al 137% della freccia corrispondente alla condizione di
appiattimento mantenendo ancora la forza nei limiti assegnati.
Lo spessore t della molla può calcolarsi con la seguente relazione (riportata anche sul
diagramma di pag.147).
1 Fflat ⋅ DO2 1 45 ⋅ 302
t= 4 = 4 ≅ 0.38 mm (14.10)
10 132.4 ⋅ ( h t ) 10 132.4 ⋅ 1.414
L’altezza h della molla vale:
h = ( h t ) ⋅ t = 0.54 mm
Le frecce minima e massima e minima, in grado di rispettare la variazione tollerata della forza,
valgono rispettivamente:
153
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Esempio 14.2
Un colonna di molle a disco, tutte uguali fra loro, è costituita da 10 unità in serie, ciascuna delle quali
realizzate con 3 molle in parallelo. Nell’ipotesi che per ottenere una freccia di 1mm su di una singola
molla occorra applicare un carico di 5000 N, determinare il carico da applicare all’intera colonna di
molle per ottenere una freccia 10 mm.
Per realizzare una freccia complessiva di 10 mm, ogni unità, costituita da tre molle in parallelo,
deve contribuire con una freccia di 1 mm.
Si tratta ora di determinare la forza necessaria per imporre ad ogni unità una freccia di 1 mm.
Poiché ogni unità e costituita da tre molle in parallelo tale forza vale teoricamente:
F = 5000 ⋅ 3 = 15000 N
Tenuto conto che ogni unità presenta due superficie di strisciamento, la forza totale per indurre
la freccia imposta vale:
Fe = F + 2 ( 0.03 ⋅ F ) ≅ 15900 N
154
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Esempio 14.3
Verificare il comportamento a fatica della molla Belleville la cui sezione è di seguito rappresentata.
La molla è sottoposta ad un ciclo di carico, con una frequenza di 1000 cicli al minuto, operante tra una
forza massima di 2670 N e una forza minima di 1580 N.
Dalle tabelle fornite dal costruttore possiamo determinare la caratteristica della molla e le frecce
di lavoro.
155
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156
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Esempio 14.4
In una frizione a disco, in cui gli elementi di frizione sono compressi tramite l’azione di una molla
Belleville, la forza minima di compressione è di 900N.
Tale forza deve mantenersi pressoché costante fino a che il consumo dei dischi di frizione non supera
0.8 mm. Determinare le caratteristiche della molla sapendo che il diametro esterno è di 76 mm.
Materiale costituente la molla: acciaio con carico di rottura a trazione pari a 1650 MPa.
Per ragioni di sicurezza imposteremo il calcolo con riferimento ad un carico minimo superiore
del 10% del carico nominale:
FC = Fmin ⋅ 1.1 ≅ 990 N
Poiché il carico deve mantenersi pressoché costante al variare della freccia assumiamo:
D
R = o = 1.414
Di
Ipotizziamo che la freccia di lavoro sia pari al 50% della freccia corrispondente al pieno
appiattimento della molla.
157
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Bibliografia
159
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160
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161
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162
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163
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Una volta che tutte le superficie attive, tramite una forza esterna, sono mutualmente compresse la
trasmissione del moto è resa possibile dall’azione dell’attrito che si oppone al loro scorrimento relativo.
Negli accoppiamenti fra metalli di solito si attua una leggera lubrificazione, mentre l’utilizzo di ferodo
consente il funzionamento a secco.
Con il nome generico di ferodo si indicava, nel passato, una serie di materiali ottenuti artificialmente
aventi tutti l’amianto1 come elemento comune caratteristico.
Nel seguito riportiamo i coefficienti di attrito f per le coppie di materiali più usati e le pressioni
specifiche ammissibili nei principali tipi di innesti.
1
L'amianto, chiamato anche asbesto, è un minerale naturale a struttura microcristallina e di aspetto fibroso
appartenente alla classe chimica dei silicati, ed è stato utilizzato per anni per la realizzazione di materiali di
frizione. Nel seguito è risultata ben evidente l’associazione tra esposizione all’amianto e rischio di contrarre
asbestosi, carcinoma polmonare (soprattutto nei fumatori) e mesotelioma pleurico. Per tali ragioni l’uso
dell’amianto, come materiale di frizione, è stato bandito in tutta in Italia nel 1992 (Legge 27 Marzo 1992 n.257).
Quindi, quando parliamo ora di ferodo, non ci riferiamo alla sua formulazione originaria bensì ad una
realizzazione modificata in cui l’amianto è stato sostituito da miscele di materiali che, nel loro insieme,
conferiscono le caratteristiche richieste ad un materiale d’attrito. I componenti costituenti la formulazione sono
suddivisibili in sei grandi famiglie: i leganti (resine fenoliche termoindurenti e gomme sintetiche o naturali), le
fibre organiche (le più famose sono il kevlar e le fibre di carbonio), le fibre inorganiche (metalliche e minerali,
come la lana d’acciaio), gli abrasivi, i lubrificanti e i riempitivi.
165
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Le dimensioni degli anelli di frizioni devono essere preferibilmente scelte tra quelle normalizzate e
riportate nella tabella seguente.
Il calcolo della frizione deve basarsi su un’ipotesi teorica di distribuzione delle pressioni tra le
superficie a contatto il più possibile coerente con quanto verificato sperimentalmente.
A frizione nuova e con superficie a contatto sufficientemente rigide può essere plausibile l’ipotesi di
una distribuzione uniforme. Dopo il logoramento e con superficie di frizione abbastanza flessibili è
invece più aderente alla realtà ipotizzare una distribuzione non uniforme in conseguenza di un uniforme
consumo delle superficie a contatto.
Vediamo ora in dettaglio come queste diverse ipotesi influiscono nei criteri di progetto della frizione
Indicata con P la forza totale premente sui dischi, per l’equilibrio alla traslazione si ha:
P = p ⋅ π ( re2 − ri 2 ) → p =
P
(15.2)
π ( re − ri 2 )
2
166
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2π re 2π re
M = ∫ p ⋅ f ⋅ r ⋅ dA = ∫ ∫ p ⋅ f ⋅ r ⋅ ( r ⋅ dθ ⋅ dr ) = p ⋅ f ∫ dθ ∫ r dr
2
A 0 ri 0 ri
(15.3)
= p ⋅ f ⋅ 2π
(r e
3
− ri 3
)
3
Sostituendo la (15.3) nella (15.2) si ottiene:
2 ( re3 − ri3 )
Mt = P ⋅ f 2 2 (15.4)
3 ( re − ri )
Il momento trasmesso dalla frizione è pertanto pari alla reazione d’attrito P ⋅ f moltiplicata per
un raggio medio definito come:
2 ( re − ri )
3 3
Rm1 ≡ (15.5)
3 ( re2 − ri 2 )
Nell’ipotesi di pressione costante lungo tutta la superficie di contatto, il consumo, lungo una
direzione radiale, si distribuisce linearmente: massimo in corrispondenza del raggio esterno e
minimo in corrispondenza del raggio interno come raffigurato in precedenza.
Infatti, ritenuto il consumo c proporzionale al prodotto della pressione p per la velocità di
strisciamento v , indicata con ω la velocità angolare, si ha:
c(r ) ∝ p ⋅ v ∝ p ⋅ω ⋅ r (15.6)
Da cui è facile riconoscere che il consumo lungo una direzione radiale ha un andamento
lineare come descritto in precedenza.
c ( r ) = k1 ⋅ r (15.7)
167
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da cui
P
k2 = (15.10)
2π ( re − ri )
La pressione, in corrispondenza di un generico raggio r vale pertanto:
P
p(r ) = (15.11)
2π ( re − ri ) ⋅ r
Adesso esprimiamo il momento torcente Mt trasmissibile in funzione della pressione p.
2π re 2π re
k
M t = ∫ p ⋅ f ⋅ dA ⋅ r = ∫
A 0
∫ri r2 f ⋅ r ⋅ dr ⋅ rdθ = k2 ⋅ f ∫ dθ ∫ rdr
0 ri
(15.12)
= k2 ⋅ f ⋅ 2π
(r e
2
− ri 2
)
2
Sostituendo la (15.10) nella (15.12) si ottiene:
Mt =
P
⋅ f ⋅ 2π
( re2 − ri 2 ) (r + r )
= P⋅ f ⋅ e i (15.13)
2π ( re − ri ) 2 2
Il momento trasmesso dalla frizione è pertanto pari alla reazione d’attrito P ⋅ f moltiplicata per
un raggio medio1 definito come:
re + ri
Rm 2 ≡ (15.14)
2
Fissato il raggio esterno, la coppia massima trasmissibile si ha quando il raggio interno vale:
r
ri = e (15.15)
3
Infatti dalle (15.13) e (15.11) si ha:
M t = 2π pmax ⋅ f ⋅ ( re2 − ri 2 ) ri →
dM t r
= 0 ⇒ re2 − 3ri 2 = 0 → ri = e (15.16)
dri 3
Abbiamo già visto in precedenza, come a frizione rodata e dischi sufficientemente flessibili, l’ipotesi di
consumo uniforme è senz’altro la più aderente al comportamento reale delle superficie mutuamente
striscianti.
Può essere infine interessante illustrare tramite un grafico come i raggi medi, definiti dalle due teorie
sopra esposte, ed espressi dalla (15.5) e dalla (15.14) differiscono molto in corrispondenza di rapporti
ri/re prossimi a zero mentre tendono a coincidere per rapporti ri/re prossimi a uno.
1
Il raggio medio della frizione deve essere pertanto calcolato con la (15.14) o con la (15.5) rispettivamente sotto
ipotesi di consumo uniforme o di pressione uniforme.
168
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Esempio 15.1
Una frizione a dischi, acciaio su bronzo, deve trasmettere una potenza di 2.5 kW al regime di 750 rpm.
Sapendo che il raggio interno dei contatti è 38 mm, quello esterno di 70 mm e che la frizione opera in
olio, determinare:
1. il numero di dischi necessari;
2. la pressione massima effettiva sui dischi.
169
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Esempio 15.2
Una frizione a dischi è costituta da 5 dischi in acciaio e 4 dischi di bronzo e deve trasmettere un
momento pari a 20000 Nmm.
Nell’ipotesi che il diametro interno dei dischi sia fisso e pari a 50 mm, che il coefficiente d’attrito sia
0.1 e che la pressione media non debba superare 0.4 MPa, determinare:
1. il diametro esterno dei dischi;
2. la forza di serraggio della frizione.
170
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Esempio 15.3
La frizione monodisco a secco rappresentata in figura è interposta tra l’albero motore e l’albero
primario del cambio.
Si richiede di determinare:
1. i diametri interno ed esterno del disco frizione in modo che sia possibile trasmettere la
coppia massima T generata dal motore con un coefficiente di sicurezza ξ = 2;
2. la forza P che il sistema di molle deve applicare al disco per trasmettere la coppia di
progetto;
Dati:
Coppia max motore T = 130 Nm; pressione max sui dischi p = 0.3 MPa; coefficiente d’ attrito f = 0.35
171
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Esempio 15.4
Un autoveicolo, il cui motore sviluppa una potenza di 55 kW al regime di 5100 giri/min, deve
essere munito di un innesto a frizione del tipo monodisco a secco.
Si richiede il dimensionamento del disco di frizione.
172
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4 M tc
P= ≅ 3400 N
f ( De + Di ) ⋅ 2
La pressione media risulta pertanto:
4P
pme = ≅ 0.24 MPa
π ( De2 − Di2 )
valore perfettamente coerente con i dati di letteratura.
Bibliografia
173
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Per transitorio di un sistema intendiamo la fase che precede il raggiungimento delle condizioni di
regime, ossia le condizioni caratterizzate da assenza di accelerazioni.
Nel seguito affronteremo lo studio dei transitori con riferimento esclusivamente a situazioni semplici e
di facile definizione: accoppiamento diretto motore-carico, accoppiamento motore-carico con riduttore
di velocità, accoppiamento motore-carico con innesto a frizione.
Riprendiamo ora l’equazione (16.1) e cerchiamo di risolverla nell’ipotesi che il momento motore sia
costante (indipendente da ω) e il momento resistente vari invece linearmente in funzione di ω.
Si ha pertanto:
dω dω
M m − kω = ( J m + J r ) =J (16.2)
dt dt
dove con J si è indicato il momento di inerzia complessivo del sistema.
Poiché a regime, per definizione, deve essere nulla l’accelerazione del sistema, il punto di
funzionamento sarà caratterizzato dalla seguente velocità angolare:
M m = kω R → ω R = M m k (16.3)
Per studiare il comportamento del sistema durante il transitorio, occorre integrare la (16.2) tra l’istante
iniziale t = 0, a cui corrisponde un velocità ω = 0, e l’istante generico t a cui corrisponde la velocità
generica ω.
ω ω
t
J J J M m − kω
∫0 dt = ∫0 M r − kω dω → t = − k log ( M m − kω ) 0 = − k log M m (16.4)
Dalla (16.5) si vede come la velocità di regime espressa dalla (16.3) si raggiunge teoricamente solo per
t → ∞ . In genere, per definire le prestazioni dinamiche di un sistema, ci si basa sul tempo t* necessario
per raggiungere una certa percentuale (in genere 90%) della velocità di regime.
175
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Il sistema può essere scomposto in tre sottosistemi e per ciascuno di essi scriviamo le equazioni di
equilibrio, trascurando in momento di inerzia delle masse rotanti appartenenti al riduttore.
Sottosistema I (motore)
dω
M m − M1 = J m 1 (16.8)
dt
176
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Sottosistema II (riduttore)
M 2ω2
η = M ω
M2
→η =
1 1
(16.9)
i ≡ ω1 M1 ⋅ i
ω2
Sottosistema III (utilizzatore)
d ω2
M 2 − M r = Jr (16.10)
dt
La (16.13) dimostra che il sistema assegnato è del tutto equivalente al sistema elementare governato
dalla (16.1) una volta che si tenga conto delle sostituzioni definite dalla (16.12).
177
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Fase di strisciamento
Il sistema può essere convenientemente suddiviso in due sottosistemi e per ciascuno di essi possiamo
scrivere le equazioni di equilibrio alla rotazione.
Sottosistema I
dω dω M m − M f
M m − M f = Jm 1 → 1 = (16.14)
dt dt Jm
Sottosistema II
d ω2 d ω2 M f − M r
M f − M r = Jr → = (16.15)
dt dt Jr
Integrando le (16.14) e (16.15) tra l’istante iniziale d’innesto ( t = 0), a cui corrispondono
rispettivamente le velocità angolari iniziali ω10 e ω20, e l’stante generico t, si ottengono le espressioni di
ω1 e ω2 in funzione del tempo.
Poiché al temine della fase di strisciamento le due velocità ω1 e ω2 devono essere uguali si possono
determinare agevolmente sia la durata t* della fase di strisciamento sia la velocità comune ω* al
termine di tale fase.
Fase di aderenza
Al termine della fase di strisciamento il sistema, dotato di velocità comune, si riduce a quello
rappresentato nella figura sopra riportata.
178
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Pertanto la (16.17) definisce la legge del moto del sistema per tutta la seconda fase.
Esempio 16.1
Su due alberi coassiali A e B sono calettati due rotori rispettivamente con momenti di inerzia JA = 7.2
kgm2 e JB = 1.2 kgm2. Gli alberi sono collegati tramite una frizione idraulica la cui coppia trasmissibile,
espressa in Nm, vale: M f = 2(ω A − ω B ) 2 dove ω A e ω B sono le velocità angolari degli alberi.
Inizialmente entrambi gli alberi ruotano a 2000 giri/min e non viene trasmessa alcuna coppia.
Successivamente una coppia motrice Mm di 100 Nm viene applicata all’albero A e una uguale coppia
resistente viene applicata simultaneamente all’albero B. Determinare, a transitorio ultimato, le velocità
finali degli alberi e la potenza trasmessa.
d ωB ( M f − M r )
=
dt Jr
Poiché il momento motore uguaglia istante per istante il momento motore, possiamo scrivere:
dωA d ωB
JA = −J B
dt dt
Da cui è facile riconoscere che, indicate con ω *A e ωB* le velocità di regime dei due alberi e con
ωO la velocità iniziale comune, vale la seguente relazione:
J A (ω A* − ω0 ) = J B (ω0 − ω B* )
179
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Inoltre sappiamo che, al termine del transitorio, la coppia trasmessa dalla frizione, deve essere
pari al momento motore, quindi:
M m = 2 (ω A* − ωB* )
2
M Mf 2 2 d
⇒ m + − + (ω A − ωB ) = (ω A − ωB )
2
2 ( ω − ω )2 − M = J d ωB JA JB J A JB dt
A B f B
dt
Posti:
Mm M f 2 2
+ = 194.4 = −c1 + = 3.8 = c2 (ω A − ωB ) = u
JA JB JA JB
Si ottiene l’equazione differenziale di Riccati1:
du + c2u 2 + c1 = 0 (16.20)
Se della (16.20) è noto un integrale particolare u0 , allora l’integrale generale si può trovare con sole
quadrature. E’ per altro facile verificare che un integrale particolare della (16.20) è:
c1
u0 = − con c1 c2 > 0
c2
quindi il suo integrale generale vale:
u = u0 +
(
exp −2 ∫ c2u0 dt ) con c costante arbitraria (16.21)
(
c + ∫ c2 ⋅ exp −2 ∫ 2c2 u0 dt dt )
Poiché per t = 0 deve corrispondere u = 0, la costante c vale:
1
Studioso profondo e straordinariamente versatile, Jacopo Riccati visse in uno dei periodi più importanti
dell’intera storia della matematica, l’epoca in cui l’ambiente scientifico europeo era pervaso dall’entusiasmo per
l’introduzione dei grandi concetti del Calcolo infinitesimale e per la loro feconda applicazione a numerose
questioni fisiche, particolarmente di meccanica.
Jacopo Riccati nacque a Venezia il 28 maggio 1676; dopo avere compiuto gli studi a Brescia ed a Padova, ritornò
nel palazzo di famiglia a Castelfranco Veneto e sposò Elisabetta Onigo, dalla quale ebbe diciotto figli. La vita di
Riccati si svolse quasi interamente tra Castelfranco Veneto e Treviso, dove lo studioso si stabilì definitivamente
nel 1749, in un palazzetto di Borgo SS. Quaranta (davanti allo sbocco dell’attuale via Riccati); Jacopo Riccati
morì a Treviso il 15 aprile 1754 e fu sepolto nella Cattedrale trevigiana (la semplice pietra tombale è tuttora
visibile presso la porta laterale aperta verso il Battistero proprio in corrispondenza della cappella gentilizia della
famiglia Riccati). L’infaticabile studioso trevigiano si dedicò a questioni di matematica, di fisica, di idrologia, di
scienze naturali, di storia, di filosofia, di teologia, di pedagogia, di architettura, di economia; scrisse molti ampi
trattati, innumerevoli note e memorie, alcune opere letterarie. La storia della cultura ricorda Jacopo Riccati
particolarmente per i molti importanti contributi nel campo dell’Analisi matematica, tra i quali spicca l’equazione
differenziale di Riccati
180
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c = c2 c1
Dalla conservazione del momento della quantità di moto, indicata con ω la velocità iniziale comune si
ha:
( J A + J B ) ω = J Aω A + J BωB
e quindi:
JB J + JB JA J + JB
ωA = − ωB + A ω ωB = − ωA + A ω
JA JA JB JB
Ricordando la definizione di u si ottiene:
JA JB
ωB = ω − u ωA = ω + u
JA + JB JA + JB
Per t → ∞ dalla (16.21) si ha infine:
JA c JB c
ωB = ω − − 1 ωA = ω + − 1
JA + JB c2 JA + JB c2
e sostituendo i valori numerici:
2000 ⋅ 2π 7.2 194.4 JB c1
ωB = − ≅ 203.38 rad/s ωA = ω + − ≅ 210.45 rad/s
60 8.4 3.8 J A + JB c2
181
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Esempio 16.2
Un albero A è connesso ad una albero coassiale B tramite una frizione monodisco, con due coppie di
superficie di strisciamento di diametro esterno ed interno pari rispettivamente 120 e 70 mm.
Il carico totale assiale sulla frizione è di 450 N e il coefficiente d’attrito può essere assunto pari a 0.35.
Sull’albero condotto B è calettato un pignone P che ingrana con una ruota R calettata, a sua volta, su di
un albero C parallelo ad A e B. Le masse e i raggi giratori dei tre alberi A,B,C (comprensivi delle masse
ad essi solidali) sono rispettivamente 12.5 kg, 80 mm; 20 kg, 70 mm; 37.5 kg, 120 mm.
Determinare
Sia u il rapporto di ingranaggio, ovvero il rapporto tra il numero di denti zR della ruota e zP del
pignone:
u = zR zP
Dalla (16.12) il momento di inerzia di C, opportunamente modificatao, può essere trasportato
sull’asse A-A:
J CT = J C u 2
La coppia massima trasmessa dalla frizione, indicato con f il coefficiente d’attrito, con W il
carico assiale e con Rm il raggio medio delle superficie striscianti, vale:
M f max = f ⋅ W ⋅ Rm ⋅ 2 = 0.35 ⋅ 450 ⋅ 0.0475 ⋅ 2 ≅ 14.96 Nm
Pertanto la massima accelerazione di B* vale:
182
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Il massimo valore dell’accelerazione di C si ha, ponendo a zero la derivata prima della (16.22):
u = 2.347 ⇒ max α C ≅ 32.5 rad/s2
Il minimo tempo richiesto per raggiungere la velocità finale di 1500 rpm, vale:
2π 1500 − 500
t= ≅ 3.22 s
60 32.5
Esempio 16.3
Un motore è accoppiato a un utilizzatore tramite una frizione che slitta quando la coppia raggiunge i 40
Nm. Il momento di inerzia del motore Jm è pari a 1.6 kgm2, mentre il momento di inerzia
dell’utilizzatore Ju è pari a 3 kgm2. La coppia sviluppata dal motore, costante ad ogni velocità, è di 27
Nm e quando la frizione è inserita la velocità di regime è di 500 rpm.
Improvvisamente la frizione viene disinserita e dopo 4 secondi si procede al suo reinserimento.
Si chiede di calcolare il tempo di slittamen
slittamento e l’energia dispersa dalla frizione.
183
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Immediatamente prima del reinserimento della frizione, motore e utilizzatore avranno raggiunto
le seguenti velocità:
2π ⋅ 500
ωmf = ωmo + α m ⋅ t = + 16.875 ⋅ 4 ≅ 119.86 rad/s
60
2π ⋅ 500
ωuf = ωuo − α u ⋅ t = − 9 ⋅ 4 ≅ 16.36 rad/s
60
Al reinserimento della frizione il motore decelera per l’intervento della coppia trasmessa dalla
frizione, mentre l’utilizzatore, sempre per l’intervento della coppia trasmessa dalla frizione
accelera.
Le leggi della velocità del motore e dell’utilizzatore, durante il reinserimento della frizione,
sono espresse dalle seguenti relazioni:
M f − Mm
ωm ( t ) = ωmf −
Jm
(16.23)
ω ( t ) = ω + M f − M u
u uf
Ju
Inserendo nella (16.23) i valori numerici e imponendo l’uguaglianza delle velocità del motore e
dell’utilizzatore ricaviamo il tempo t di slittamento.
t = 8.3 s
Indicate con ECI l’energia cinetica del sistema prima del reinserimento della frizione, con ECF
l’energia cinetica del sistema al termine dello slittamento e con Lm e Lu rispettivamente il lavoro
motore e il lavoro resistente sviluppati durante la fase di slittamento, il lavoro disperso LD dalla
frizione in tale fase si ottiene dal seguente bilancio:
ECI + Lm − Lu = ECF + LD (16.24)
1 1
ECI = J mωmf2 + J uωuf2 ≅ 11895 J
2 2
(16.25)
1
ECF = ( J m + J u ) ⋅ ωmo
2
≅ 6306 J
2
Gli spazi angolari percorsi durante la fase di slittamento della frizione rispettivamente del
motore e dall’utilizzatore valgono:
1
θ m = ωmf ⋅ t − α m ⋅ t 2 ≅ 715 rad
2
1
θu = ωuf ⋅ t − α u ⋅ t 2 ≅ 285 rad
2
Sostituendo le (16.26) e (16.25) nella (16.24) si ottiene il lavoro LD disperso dalla frizione:
LD = 19305 + 11895 − 7695 − 6306 = 17199 J
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Esempio 16.4
Due volani A e B sono fissati su due alberi coassiali e collegati tramite una frizione. Durante
l’avviamento il momento trasmesso dalla frizione cresce, da zero, in modo lineare. Il momento di
inerzia dei due volani sono rispettivamente JA = 1.2 kgm2, JB = 2 kgm2 e inizialmente A ruota
liberamente a 600 giri mentre B è a riposo.
La frizione viene quindi inserita e lo slittamento cessa dopo 3 secondi.
Determinare
1. la velocità finale dei due volani a transitorio ultimato;
2. l’energia dissipata dalla frizione;
3. il momento massimo trasmesso dalla frizione;
4. il numero di rivoluzioni compiute da A per completare il transitorio.
3. Il momento trasmesso dalla frizione viene speso per accelerare il volano B che raggiunge, da
zero, la velocità finale di 23.6 rad/s in tre secondi.
Il momento istantaneo trasmesso dalla frizione al generico istante t, vale:
M
M i = max t (16.27)
3
L’accelerazione angolare del volano vale:
dω M M
α A = A = i = max t (16.28)
dt JB 3J B
Integrando la (16.28) tra l’inizio e la fine della fase di slittamento si ottiene il valore del
momento massimo trasmesso dalla frizione:
23.56 3
M max
∫ d ωB = ∫ tdt → M max ≅ 31.4 Nm
0 0 3J B
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N.B.: l’energia dissipata dalla frizione può anche calcolarsi nel modo seguente:
3
ED = ∫ M i ( t ) ⋅ ωr ( t ) ⋅ dt
0
dove con ωr abbiamo indicato la velocità relativa dei dischi di frizione solidali alternativamente ad A e
a B.
Poiché
ω A ( t ) = 62.8 − 4.36 ⋅ t 2
ωB ( t ) = 2.62 ⋅ t 2
l’espressione della velocità relativa di strisciamento risulta:
ωr ( t ) = 62.8 − ( 4.36 + 2.62 ) t 2
Da cui:
3
⋅ t ⋅ ( 62.8 − 6.98 ⋅ t 2 ) dt ≅ 1480 J
M max
ED = ∫
0 3
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Esempio 16.5
Una macchina è condotta da un motore a velocità variabile che sviluppa una coppia Mm rigorosamente
costante di 35 Nm.
Le parti rotanti della macchina hanno un momento di inerzia Ju di 3.5 kgm2, mentre il motore ha un
momento di inerzia Jm di 2 kgm2.
Tra la macchina e il motore è inserita una frizione che può trasmettere al massimo un momento Mf di 55
Nm. Il motore e la macchina ruotano in modo uniforme alla velocità di 600 rpm quando, per errore, la
frizione viene disinserita per 4 secondi per poi essere immediatamente reinserita.
Determinare:
1. il tempo durante il quale la frizione slitta dopo il suo reinserimento;
2. la perdita di energia imputabile allo slittamento della frizione.
1. Durante il periodo in cui la frizione e disinserita, il motore viene accelerato dalla coppia
motrice, mentre la macchina vien decelerata dall’azione della coppia resistente. Quindi si ha:
M
α m1 = m = 17.5 rad/s 2
Jm
ωmf = ω Ao + α m1 ⋅ 4 ≅ 132.83 rad/s
Mm
α u1 = − = −10 rad/s 2
Ju
ωuf = ωuo + α u1 ⋅ 4 ≅ 22.83 rad/s
Al reinserimento della frizione il motore decelera per effetto del momento trasmesso dalla
frizione, mentre la macchina, sempre per effetto del momento trasmesso dalla frizione, subisce
un’accelerazione.
Ovviamente al temine del transitorio le velocità di motore e macchina saranno coincidenti. Si ha
pertanto:
M −Mf
α m2 = m ≅ −10 rad/s 2
Jm
M f − Mm
αu 2 = ≅ 5.71 rad/s 2
Ju
Le espressioni delle velocità del motore e della macchina dal reinserimento della frizione fino al
termine del transitorio sono:
ωm ( t ) = ωmf + α m 2t
(16.31)
ωu ( t ) = ωuf + α u 2t
2. Determiniamo ora gli spazi angolari percorsi dal motore θ m e dalla macchina θu dal
reinserimento della frizione fino al termine del transitorio. Dalle (16.31) posto t = t s si ottiene:
θ m ≅ 684.8 rad θ u ≅ 299.8 rad
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Indicate con ECI ed ECF rispettivamente l’energia cinetica del sistema iniziale e al termine del
transitorio, con Lm e Lu rispettivamente il lavoro motore e resistente compiuti durante il
transitorio, e con LD il lavoro disperso dalla frizione, per la conservazione dell’energia, si ha:
ECI + Lm − Lu = ECF + LD
1 1
ECI = J mωmf2 + J uωuf2 ≅ 18556 J
2 2
1
ECF = ( J m + J u ) ωs2 ≅ 10856 J
2
Lm = M m ⋅ θ m ≅ 23968 J
Lu = M m ⋅ θ u ≅ 10493 J
Il lavoro disperso dalla frizione vale:
LD ≅ 21175 J
Bibliografia
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