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WALTER BURKERT – RELIGIONE ANTICA GRECIA ETA’ ARCAICA E CLASSICA

CAPITOLO II – RITO E SANTUARIO


1. IL SACRO AGIRE: SACRIFICIO ANIMALE
a. Svolgimento e interpretazione
b. Riti cruenti
c. Riti del fuoco
d. Animale e dio
2. SACRIFICIO DI DONO E LIBAGIONE
a. Sacrificio di primizie
b. Sacrifici votivi
c. Libagione
3. LA PREGHIERA
4. LA PURIFICAZIONE
a. Funzione e metodi
b. Sacro e puro
c. Morte, malattia, follia
d. La purificazione con il sangue
e. Pharmakòs
5. IL SANTUARIO
a. I Tèmenos
b. Altare
c. Tempio e immagine cultuale
d. Anathémata

1
MORTE, MALATTIA, FOLLIA

La purificazione permetteva di circoscrivere e isolare i turbamenti della vita. Serve a trasferire l’anormale
nella normalità.
Tra questi il meno grave era il rapporto sessuale che richiedeva un purificazione prima di riprendere
contatto con gli dei.
Una morte incide sugli abitanti della casa in modo significativo ed essi vengono considerati impuri per un
certo periodo di tempo ed esclusi cosi dalla vita sociale. La contaminazione è resa visibile attraverso
elementi esteriori quali l’indossare vesti logore, non lavarsi, cospargersi il capo di cenere o di terra.

ERODOTO dice che quando un re spartano muore due uomini liberi per ciascuna famiglia devono
macchiarsi.
IULIDE è stabilito per legge chi si debba macchiare in tali circostanze. Le donne coinvolte dopo il periodo
stabilito si devono purificare con un bagno. La casa viene sfregata con terra e poi ripulita. Il focolare
domestico rimane spento nel periodo.

Non si tratta quindi semplicemente dell’essere colpiti dalla disgrazia ma di agire anche secondo precise
prescrizioni.
Gli obblighi del rito costituiscono un aiuto; tutto ciò che può essere fatto viene esternato e reso oggettivo e
così può essere superato in un momento preciso.

Anche la malattia può essere considerata una contaminazione.

ILIADE L’ira di Apollo (I Libro) si placa dopo che è stata data soddisfazione al suo sacerdote. Agamennone
ordina ai suoi uomini di purificarsi.

In epoca arcaica si parla di sacerdoti apollinei in grado di debellare le epidemie.

La sfera di competenza specifica dei sacerdoti purificatori sono le malattie della mente, che venne
interpretata come mandata dal dio.

PAZZIA DELLE FIGLIE DEL RE PRETO DI TIRINTO (mandata da Era o Dioniso) , pazzia che si propagò a tutte le
donne della città (evasione rituale dalla normalità) con anche una descrizione del deturpamento esteriore
delle pretidi in preda alla follia. Il veggente Melampo trova la via di ritorno alla normalità.
1 = compì una purificazione al santuario di Artemide a Lusi (nome associato alla parola lavare LOUSTHAI)

Una forma particolare di possessione era la follia coribantica cui più volte allude Platone. I Coribanti sono in
balia della Grande Madre dell’Asia Minore: un suono determinato fa perdere loro coscienza e li spinge alla
danza sfrenata sotto il potere della musica frigia. Il danzatore sopraffatto dalla stanchezza si sente libero e
guarito dalla follia e da tutto ciò che prima lo aveva oppresso. SI tratta di una purificazione con la follia, con
la musica che assumerà un ruolo rilevante nelle discussioni sull’effetto catartico della tragedia.

PURIFICAZIONE CON IL SANGUE

ORESTE è l’esempio mitologico che esplica il caso di purificazione per omicidio. L’omicida viene escluso
dalla vita civile, dalla sua casa. Deve lasciare la città e trovare qualcuno che si assuma il compito della sua
purificazione. Nelle feste ANTESTERIE ad Atene vigeva l’usanza di bere vino nel giorno della
contaminazione, fatto risalire all’arrivo di Oreste. Dai tempi di Eschilo ci si immaginò che Apollo a Delfi
avesse liberato Oreste dalla sua colpa grazie al sacrificio di un maiale.
L’assassinio provoca l’insorgere di un male quasi percepito fisicamente, ‘AGOS. La purificazione di un
omicida è chiaramente un RITO DI PASSAGGIO. L’omicida si è posto fuori dalla comunità e il suo
reinserimento a un nuovo livello è una forma di iniziazione.
Anche ad Eleusi si sacrificava un maialetto (purificazione di Eracle prima della dedica ad Eleusi).
Uccisione sacrificale, quindi sacramento e sacrilegio si sfiorano. Per espiare un omicidio si offre un sacrificio
sostitutivo alle potenze della vendetta. Sembra che l’essenziale sia che colui che si è macchiato di sangue
venga di nuovo in contatto con il sangue, la macchia è visibile e può altrettanto dimostrativamente essere
eliminata, il delitto viene così superato, non rimosso.

ALTRI CASI DI PURIFICAZIONE CO IL SANGUE

PURIFICAZIONE DELLA SEDE DELL’ASSEMBLEA DI ATENE (testimonianze) che viene purificata con il sangue
di maialetti uccisi. I funzionari PERISTICHOI giravano attorno spargendo il sangue di questi maialetti.
Un rito confrontabile con la purificazione del focolare domestico (il girare attorno).
MANTINEESI purificavano il loro paese portando intorno per i confini le vittime sacrificale (sphàgia) che poi
abbattevano.
METANA: proteggevano i vigneti dal vento. Un gallo veniva tagliato in due parti, due uomini si avvicinavano
correndo da direzioni opposte portando in giro attorno alla piantagione i resti sanguinolenti che venivano
seppelliti nel punto di incontro. = Delimitazione, ed eliminazione.

C’è anche il rito del passaggio tra i resti sanguinolenti di una vittima sacrificale tagliata a metà. Es. esercito
macedone che viene purificato facendolo passare tra i pezzi di un cane tagliato a metà. L’aspetto cruento
serve a temprare per la battaglia. Anche il disertore viene preso come vittima sacrificale = rito di passaggio,
porta alla condizione desiderata: espiazione e incitazione alla guerra.
Esistono riti analoghi in Beozia ma anche presso gli Ittiti, nell’antico testamento e testimonianze persiane.

PHARMAKOS (pharmakòs)
Espulsione del pharmakòs: qui il sacrificio umano appare in forma di allusione, di possibilità o addirittura
istituzione fissa.
IPPONATTE (poeta) attraverso le sue invettive, minaccia i suoi nemici di una fine vergognosa descrivendo
come venisse maltrattato un pharmakòs. Un uomo, scelto per la sua bruttezza, viene prima nutrito con
fichi, purea e formaggio e poi frustato con rami di fico e cipolle marine. Infine viene bruciato e le sue ceneri
disperse in mare. (Il credere a questa versione è fatto controverso).
ABDERA veniva comprato un poveraccio come vittima della purificazione, lo si nutriva ben bene e in un
giorno stabilito lo si portava fuori città facendogli compiere il giro delle mura e infine cacciato dai confini a
sassate.
ATENE in occasione delle TARGELIE venivano prescelti due uomini per la loro bruttezza, uno per le donne e
uno per gli uomini, ornati con fichi e condotti fuori come KATHARSIA o forse cacciati a suon di pietre.
CHERONEA si caccia a frustate la fame (uno schiavo) fuori dalla porta.
EFESO durante la peste il taumaturgo Apollonio radunò la popolazione nel teatro e poi additò un povero
mendicante e disse che quello era il demone della peste. Tutti subito lo presero a sassate tanto che
un’intera piramide di sassi ricoprì il suo cadavere (resoconto probabilmente storico della tarda antichità).

L’aggressività dovuta alla situazione di angoscia si focalizza su diverso, un indecente. Tutti si sentono
sollevati avendo scaricato la rabbia dovuta alla paura e perché sanno di essere puri, dalla parte del giusto.
Si tratta di un rito antico.
Da tempo gli studiosi sono concordi nel considerare l’ostracismo attico come la razionalizzazione
democratica di una simile tradizione.
In Attica e Ionia la forma religiosamente convalidata è legata alla festa delle Targelie, ad inizio estate, e alle
offerte di primizie nel periodo del raccolto. Quindi purificazione come premessa al nuovo ciclo.
Con il rito dl girare attorno – che troviamo anche nelle purificazioni con acqua e con sangue – si vuole
riunire la totalità dei puri. L’espulso è ciò che non è determinante. L’uccisione non è necessaria, è
sufficiente che il rifiuto umano venga gettato via.
Nell’A.T. il corrispondente è il capro espiatorio. Ci sono testimonianze analoghe anche in Oriente.
L’espulsione del perturbatore della pace, del rifiuto, può anche essere letta secondo la casistica del branco
minacciato da bestie feroci: viene sacrificato un membro, preferibilmente un outsider debole o malato che
viene dato in pasto alle belve mentre gli altri si salvano.

Il mito mette in luce una interessante ambivalenza quando narra di espulsione dello stesso re, e non di un
reietto (re Codro di Atene, Edipo, re Toante di Lemno). Oppure di una ragazza particolarmente bella, o
ancora di fanciulli. Nelle saghe di fondazione di alcune colonie si narra di come i primi coloni fossero decime
offerte al dio di Delfi e mandati quindi in terra straniera.

IL SANTUARIO
I TEMENOS

Il culto dei Greci è sempre fissato localmente, i luoghi di adorazione sono prestabiliti e difficilmente
vengono modificati. Anche in caso di catastrofi e sconvolgimenti i santuari continuato ad essere conservati
(es. Corinto, tempio di Apollo, dopo che la città fu distrutta dai Romani). Anche i cristiani eressero le loro
cappelle al posto dei santuari o riconvertirono in chiese i templi (Siracusa, tempio di Atena all’interno del
duomo).

C’è un legame indissolubile fra il paesaggio ed il santuario.

I riti rappresentano il contrasto fra il fuori e il dentro, così i santuari – rispetto al territorio di una città –
possono essere CENTRALI o in posizione ECCENTRICA. I primi coronano l’altura dell’acropoli o fiancheggiano
l’agorà; i secondi sono spesso collocati sulla china dei monti (ma non sulle vette, bensì in selle ben
protette), oppure presso paludi, stagni, sorgenti.

Il luogo sacro ha inconfondibili segni di riconoscimento. Raro è il riferimento a veri e propri monumenti
della natura, anche grotte e caverne hanno ruoli marginali. La demarcazione del luogo sacro è di norma
fatta con la pietra e l’albero. Es. nel centro del santuario eleusino veniva lasciato un pezzo di roccia grezza;
a Delfi la pietra scolpita con la forma dell’ombelico indicava il centro del santuario e del mondo intero (qui
si erano incontrate le due aquile che Zeus aveva fatto volare da Occidente e da Oriente).

L’albero è ancora più importante della pietra (tradizione minoico-micenea e orientale). E’ il simbolo della
bellezza e della durata del tempo. Ogni santuario ha il suo albero: Atene->olivo nel tempio di Pandroso (che
tornò a germogliare dopo la distruzione della città nel 480). Salice->Era a Samo (l’albero rimane allo stesso
posto e venne incluso nel grande altare). Delo->palma che aveva sorretto Latona nel partorire i gemelli
Artemide e Apollo. Didima->alloro di Apollo. Olimpia->olivo selvatico con cui venivano coronati i vincitori.
Quercia di Dodona.

L’albero è posto in stretta correlazione con la dea: ad Atene la statua di Atena è fatta con l’olivo, quella di
Era a TIrinto di pero. Il culto dell’albero non deve però essere preso come predecessore del culto delle dee
(lugubri miti narrano dell’impiccagione della dea all’albero). All’albero si appendevano i sacrifici (pelli delle
prede di caccia, oscilla).
Spesso un pezzo di foresta, un boschetto sacro fa parte del santuario e può costituire esso stesso il
santuario oppure trovarsi nelle vicinanze.

Ancora più importante è l’acqua per bere, abbeverare e purificare. Alcuni santuari hanno sorgenti o pozzi
propri: soprattutto quelli di Demetra. Esempio la fonte KASSOTIS all’interno del santuario di Apollo a Delfi e
poco distante si trova la fonte CASTALIA. Sull’acropoli di Atene, oltre all’olivo, un importante elemento
cultuale era il mare, una pozza d’acqua salata in una fenditura della roccia inclusa nella sala nord
dell’Eretteo.

Il santuario greco è propriamente costituito solo dalla delimitazione che lo separa dal profano. Il pezzo di
terra ritagliato dedicato al dio o all’eroe viene chiamato TEMENOS, un termine antico che indica la
proprietà terriera. Il confine viene segnato da pietre, spesso iscritte, oppure da un muro di cinta
normalmente alto a misura d’uomo. Di solito esiste un solo ingresso ove sono collocati i bacili colmi d’acqua
per la purificazione. Oltre i bacili è ammesso solo chi è puro. Tutto ciò che può produrre una
contaminazione MIASMA è proibito (rapporti sessuali, nascita, morte). Ad esempio l’isola di Delo venne
purificata due volte e le tombe vennero prima allontanate poi tolte da tutta l’isola. Donne incinte e
moribondi vennero trasferiti. Per fare spazio al divino, inteso come ASSOLUTO, EXTRA-ORDINARIO, tutto ciò
ce è eccezionale nella vita dell’uomo deve essere escluso.

Permangono elementi ambivalenti: Apollo ed Artemide nacquero a Delo; sull’altare si fanno sacrifici di
sangue.

ALTARE

L’elemento fondamentale nel témenos è l’altare bomòs su cui viene acceso il fuoco (temenos e altare
odoroso è già una formula omerica). In alcuni casi altare e roccia si identificano; nei santuari semplici di
campagna gli altari sono costituiti da un paio di pietre sovrapposte. In alcuni grandi, importanti santuari si
accumulano le ceneri ed i resti delle ossa fino a formare intere collinette. Es. altare di Zeus ad Olimpia. Il
comune altare greco è costruito in muratura e imbiancato a calce, oppure composto da blocchi di pietra
squadrati. Nel centro è collocata la piastra di metallo su cui arde il fuoco.

Secondo le testimonianze letterarie i partecipanti al rito stanno in piedi attorno all’altare e durante l’iniziare
la brocca dell’acqua viene portata a tutti seguendo il cerchio. Lo sfondo è costituito dalla facciata del
tempio e l’ingresso porta direttamente all’area di culto di fronte all’altare.

L’altare è solennemente eretto in occasione del primo sacrificio; il mito ne può attribuire la costruzione ad
un eroe o a Eracle. Dopo di che l’altare rimane sempre nella stessa posizione, anche se il santuario subisce
modificazioni. Nello Heraìon di Samo si sono potute riconoscere sette stadi di costruzione.

Un témenos non è necessariamente dedicato ad un unico dio. Può racchiudere diversi post per il sacrificio,
diversi altari. Molto comune è l’antitesi tra fossa sacrificale (o focolare a livello del fuoco) corrispondente al
sacrificio ctonio e l’altare sopraelevato in pietra per il sacrificio olimpico.

TEMPIO e IMMAGINE CULTUALE

La cultura greca viene definita templare, dato che l’architettura e l’arte hanno trovato la loro miglior
espressione nella costruzione del tempio, anziché nelle costruzioni civili.

Ma il tempio non era presupposto della religione greca: la maggior parte dei santuari sono più antichi dei
loro templi. Il tempio è la dimora dell’immagine cultuale antropomorfa per cui le origini dell’architettura
templare si sovrappongono alla storia dello sviluppo delle immagini divine. Infatti i greci stessi hanno
esposto la teoria che la pura e più primitiva forma di adorazione è priva di immagini.
I più importanti dei di epoca micenea, Zeus e Posidone, in alcuni luoghi sono privi di immagine e di tempio
fino in epoca classica. E’ possibile che gli indoeuropei facessero a meno di iconografia divina. Tuttavia, sia in
Egitto che in Mesopotamia, e poi presso Ittiti e Semiti (escluso Israele), il tempio in quanto dimora della
statua cultuale è da sempre il centro dell’adorazione.

La civiltà minoico-micenea ha anche templi individuale; diffusa in epoca tarda risulta la presenza di
statuette di divinità femminili esposte nei templi, ma sempre a gruppi. Non esiste la statua cultuale unica
che rappresenta il dio come signore del santuario. La poesia omerica conosce il tempio come dimora del
singolo dio. I primi templi sono dedicati a dei cui nel contempo sono dedicate immagini cultuali: Atena,
Apollo, Artemide, Demetra.

Come per l’altare, così anche il tempio e l’immagine divina erano eretti con cerimonie sacre. Sotto le mura
venivano poste offerte per la costruzione. Il cerimoniale comprende sempre offerte di cibo e animali, fuoco,
banchetto sacrificale, libagioni.

L’origine del tempio porta in diverse direzione. Spesso si è parlato del mègaron dei palazzi reali micenei cui
corrisponde, nell’VIII secolo la casa-focolare, costruzione rettangolare con ingresso sul lato minore e fuoco
al centro.

Fin verso il 700 veniva usate figurine minoico-micenee nei sacrifici di fondazione. C’era un considerevole
numero di statuette in bronzo di provenienza siriaco-ittita raffiguranti un dio guerriero con elmo scuso e
nell’atto di brandire minacciosamente una lancia. C’erano poi figure in legno di cui è ignoto il ruolo.
Esistono poi accenni all’uso di figure mobili (es. gli dei che Enea portò con sé da Troia erano immaginati
come piccole figure racchiuse in una custodia).

Nell’VIII secolo si producono immagini divine in argilla e bronzo, parte nel gesto epifanico di provenienza
minoico-micenea, parte e soprattutto nel tipo del guerriero. ES. immagine cultuale a forma di colonna di
Apollo di Amicle, con elmo e lancia, modello che influenzò le grandi figure di possenti divinità guerriere:
Atena con la lancia, Zeus con il fulmine, Posidone dell’Artemisio (mano che lancia… il tridente?).

Dopo l’invenzione della tegola nel VII secolo si diffonde il tipo canonico del tempio greco, che sostituisce le
primitive costruzioni eterogenee: un edificio rettangolare in pietra su basamento a tre gradini e un tetto
piatto a due falde, lungo di preferenza cento piedi. Vengono perfezionati gli ordini di colonne, ionico (Asia
Minore) e dorico (Argo e Corinto). Dal VI secolo si definiscono le convenzioni (colonne, trabeazione, fregio,
timpano) e domineranno per oltre 700 anni l’architettura mediterranea.

Il centro del tempio è il naos (cella) dove si erge l’immagine cultuale sopra un basamento, un tavolo per le
offerte, incensieri a colonna e a volte una lampada perennemente accesa. L’ambiente riceve luce solo da
una grande ed alta porta rivolta verso oriente.

Nel 700, grazie all’evolversi della grande scultura e l’invenzione del bronzo a fusione cava, la creazione di
statue di dei diviene l’impegno più raffinato dell’arte plastica. Quasi tutte le più celebri opere sono doni
votivi. Le immagini esistenti non venivano sostituite ma venivano eretti sempre nuovi templi con immagini
da dedicare. Nel V secolo alle statue lignee subentrarono le statue crisoelefantine. Apice con il tempio di
Zeus a Olimpia (460) e il Partenone (438). -> sculture crisoelefantine di Zeus a Olimpia e di Atena Parthènos
opera di Fidia, considerate l’apogeo di tutta l’arte religiosa greca.

Tempio e statua divina erano più un apparato di culto scenografico, che un centro. Fin dai tempi di Erodoto
i filosofi hanno ammonito a non scambiare le immagini divine e dio.

Per quanto eccelsa sia stata l’abilità artistica che confluì in un tempio greco, questa non travalicò mai la
misura umana. Il completamento dell’acropoli costò ad Atene quanto due anni di guerra del Peloponneso.
ANATHEMATA

Grandi altari di ceneri, carboni e resti di ossa dei sacrifici. Secondo l’usanza già primitiva, anche nei santuari
greci vengono esposti teschi di vittime della caccia e dei sacrifici tanto che i bucrani diventano l’ornamento
stereotipo di altari ed edifici. Nei santuari di Artemide e di Apollo si raccolgono corna di capra, ed infatti a
Delo l’altare maggiore di Artemide venne composto di corna di capra, ammirato come meraviglia del
mondo. Nel tempio rimane anche ciò che l’uomo lascia dietro di sé ad una svolta della propria vita,
accentuata nel culto dal rito di iniziazione. Es. i capelli tagliati così come l’utensile usato per il sacrificio, che
non può certo tornare ad un uso profano.

Partendo da questi presupposti, l’uso di innalzare oggetti – anathémata – ha avuto un netto sviluppo
nell’VIII secolo, soprattutto in relazione al sacrificio votivo. Un dono concreto e duraturo che testimonia il
rapporto con la divinità, espressione della devozione privata e documento rappresentativo della devozione
ufficiale.

Ci si aspetta, come dicono le iscrizioni, benevole contropartite da parte della divinità. Tale dono può
consistere di molte cose: in epoca antica si tratta di vesti o di oggetti di metallo. Dato che hanno valore di
segno possono essere costituiti anche sa simboli come figurine di bronzo o di argilla, immagini di terracotta
o di legno. Si sviluppa una vera e propria industria delle immagini devozionali.

Un gruppo di anathémata può significare l’intenzione di rendere duraturo l’atto sacrificale: si dedicano
oggetti di ogni tipo come spiedi, recipienti, scuri, tripodi. Sono utensili da cucina ma fabbricati con metalli di
considerevole valore per cui costituiscono le offerte votive più rappresentative nei santuari greci.

Difficile dire fino a che punto le piccole figure votive rappresentino il dio ed il suo devoto: indubbiamente
compaiono entrambi. Gli dei si possono riconoscere per il gesto epifanico, per certi precisi attributi.

Chi aveva un particolare legame con il dio e voleva a questo legame dare espressione duratura, erigeva
grandi statue di calcare, marmo o bronzo. Anche i vincitori di Olimpia avevano il diritto di erigere una statua
di bronzo nel santuario. L’atto di dedica si trasforma in autorappresentazione pubblica.

I santuari più frequentati dovevano essere stracolmi di offerte votive. I sacerdoti sorvegliavano gli oggetti
esposti e quelli senza valore venivano di tanto in tanto sotterrati in fosse nel santuario. Le gioie più prezioso
costituivano il tesoro del tempio e venivano sistematicamente inventariate.

I doni votivi danno impulso a nuove costruzioni nel santuario, ad esempio lunghi colonnati aperti STOAI che
si trovavano a margine del recinto. Offrono anche riparo dal sole e dalla pioggia ed invitano a soffermarsi.
Nel VI secolo si iniziano a costruire case del tesoro THESAUROI (Olimpia, Delfi) a loro volta un dono al dio.

Le abitazioni dei sacerdoti nei santuari sono un’eccezione a causa delle prescrizioni di purezza: il santuario
non ammette una normale vita umana.

L’aspetto architettonico dei vari santuari si è sviluppato a poco a poco nel corso dei secoli con continue
trasformazioni e aggiunte. Non esiste pertanto nessun vero progetto architettonico, nessuna
organizzazione degli edifici nel reciproco rapporto tra loro. Ogni edificio, ogni tempio è prima di tutto una
entità individuale, con una sua forma autonoma. Solo il rapporto tra tempio ed altare con l’area sacrificale
è funzionale e in una certa misura costante. Sono in epoca ellenistica gli architetti cominciarono a
progettare complessi templari con edifici, gradinate ed altari posti simmetricamente. In età arcaica e
classica il rapporto era comunque armonico, una armonia in apparenza sena regole.
CAPITOLO III – GLI DEI

1. POESIA E ARTE FIGURATIVA SULLA SCIA DI OMERO


2. SINGOLE PERSONALITA’ DIVINE
POESIA E ARTE FIGURATIVA SULLA SCIA DI OMERO

Linguaggio dell’uomo integrato nei riti nei quali viene invocata una controparte (cioè contenuto e
significato della religione). Nelle civiltà antiche superiori questa controparte è quasi automaticamente
costituita da una molteplicità di esseri personali intesi in analogia con l’uomo e rappresentati sotto
sembianze umane: il concetto di dei, di politeismo, di antropomorfismo sono radicati.
Le caratteristiche peculiari dell’elemento greco: non esiste un ceto sacerdotale con una tradizione fissa, non
esiste Veda, testi delle Piramidi o rivelazione vincolante sotto forma di libro sacro. Il mondo della scrittura
rimane per lungo tempo escluso.
E’ un divino politeistico potenzialmente caotico.
L’individualità di un dio è formata e viene trasmessa da quattro elementi:
- Culto (luogo, tempo, programma rituale e atmosfera che gli è propria)
- Nome
- Miti che riguardano l’essere nominato
- Iconografia, in particolare l’immagine cultuale.
Tale complesso di fattori non è affatto indissolubile, i vari elementi vengono continuamente separati l’uno
dall’altro e ricomposti in nuove combinazioni.

Nell’ambiente greco compaiono culti simili fra loro sotto diversi nomi di divinità:
- Culto del fuoco: Artemide, Demetra, Era
- Sacrifici di buoi: Zeus, Dioniso
- Vergini dedicate al servizio del tempio: Artemide, Afrodite, Atena
- Grande Dea individualizzata come Era, Artemide, Afrodite, Demetra Atena

Anche i nomi degli dei sono a volte intercambiabili, oppure lo stesso nome ricopre diversi culti. (Es. Grande
Dea di Efeso, Laphrìa, la dea di Brauron sono diverse eppure si chiamano tutte Artemide).
Alcuni miti sono forme vuote che vengono riempiti con nomi diversi.

L’autorità carismatica che riuscì a portare ordine nella confusione di tali tradizioni fu Esiodo con la sua
Teogonia e, ancora di più, Omero. E’ stata la poesia, che proviene dalla tradizione orale, ad aver creato e
conservato l’unità spirituale dei Greci. Omero fu il fondamento di tutta la cultura.

Il mito è un complesso di racconti in cui schemi comprensibili all’uomo si combinano fantasticamente in


una multiforme sistema di segni utilizzato per chiarire la realtà. L’epica greca si concentra sulla materia
dell’eroico, su lotte di eroi in un’epoca più antica, ambientate in un modo sostanzialmente realistico. E lo
rende in un grado estremo di perfezione formale attraverso la composizione metrica.

I due grandi poemi Iliade e Odissea sono estratti da un più ampio ciclo troiano (anche ciclo di Edipo, degli
Argonauti, di Eracle… ne abbiamo notizia).
L’Iliade e l’Odissea permettono di stabilire che i testi scritti conservati vennero preceduti da una fase in cui
dominò la poesia orale, con generazioni di cantori professionisti che, improvvisando, trasformavano
continuamente i temi.
Le radici dell’epica risalgono all’epoca micenea ma il periodo di splendore risale all’VIII secolo e
difficilmente furono trasposti per iscritto prima del VII secolo.
IL termine Omero, omerico possono valere per la totalità dei testi conservati anche se Iliade e Odissea, nella
loro struttura, concezione e composizione non risalgono sicuramente al medesimo autore.
Nell’epica greca gli eroi più potenti sono figli o almeno nipoti di dei (Achille/Teti – Zeus/Eracle/Elena) quindi
le lotte degli eroi mettono in moto anche gli dei. Si giunge quindi ad un racconto a due piani, quasi a una
doppia scena in cui comportamento umano e comportamento divino si influenzano a vicenda. Gli dei sono
spettatori ma intervengono rapidamente se si sentono colpiti.
Di solito l’intervento divino si manifesta nel campo psicologico, infondendo qualcosa dentro l’uomo:
astuzia, coraggio, disperazione. Quindi quello che si muove nella coscienza, l’espressione dei suoi propositi,
l’inizio e la decisione risiedono negli dei.
Nell’Iliade la doppia scena viene sfruttata per motivare l’umano attraverso il divino ma anche in modo da
riflettere a vicenda l’uno nell’altro in paralleli e contrasti. Ci sono gli dei dalla vita facile che rappresentano il
mondo opposto a quello dei mortali. In sostanza si può parlare di farse degli dei.
Anche l’Odissea si avvale della tecnica della doppia scena ma la parte più attiva è qui assunta dalla sola
Atena. L’agire che conduce al bene diventa qui il piano divino (Atena aiuta e infine porta la pace). Gli dei
non sono però responsabili dei dolori che gli uomini si procurano a causa della loro empietà. Inoltre manca
quasi del tutto quel rispecchiamento ironico tra mondo umano e mondo divino. Emerge invece una forma
di devozione moraleggiante.

Accanto ad Omero si pone la figura del poeta Esiodo con la sua Teogonia, che di fatto ha realizzato un testo
fondamentale per la religione greca. Gli dei sono presentati attraverso la forma della genealogia, in tre
diverse generazioni, di cui la seconda giunge al potere in forza di un orrendo misfatto, la castrazione del
Cielo ad opera di Crono. La terza, guidata da Zeus, sconfigge i Titani ed instaura un domino duraturo del
giusto ordine (mostrano dettagliati paralleli ittiti). La continuazione diretta, ma non unitaria e più tarda,
sono i Cataloghi.
Sotto il nome Omero è poi classificata una raccolta di Inni destinati ad introdurre la recitazione epica nelle
feste degli dei.

La tecnica estremamente sviluppata dell’epica antica è comune sia a Omero che Esiodo. Caratteristiche:
- attributi fissi degli dei che permettono di alleggerire la costruzione del verso.
“Zeus che ammassa le nubi”
“Posidone dai bruni capelli”
“Era dalle bianche braccia”
- narrazione vivace in cui gli dei parlano e si comportano come gli uomini; gli dei vengono caratterizzati.
Furono quindi Omero ed Esiodo a creare per i Greci una genealogia di dei, ad assegnare agli dei i loro
epiteti, a ripartire competenze e coniare la loro figura.
La lirica soggettiva (Archiloco, e poi verso il VI con Saffo e Alceo) è già improntata da Omero, mentre la lirica
religiosa tocca l’acme con Pindaro.

L’arte figurativa segue la poesia epica. E’ dal 700 che cominciano ad apparire rappresentazioni originali
degli dei, soprattutto nella pittura vascolare con scene mitologiche. Qui gli dei appaiono nell’animazione di
una scena mitica (Apollo vola sul carro alato, Atena balza fuori dalla testa di Zeus).
La grande plastica che fiorisce intorno al 650 sviluppa i tipi principali senza differenze tra uomini e dei e
resta controverso se si tratti dell’uno o dell’altro.
Viene quindi stabilito un canone iconografico attraverso il quale identificare gli dei ed anche in questo
risulta determinante l’epica.

Apollo: arco, lira – cervo, capriolo - alloro


Artemide: arco – cervo, capriolo
Era: scettro -
Atena: armata di tutto punto – civetta - olivo
Ermes: caduceo e calzari alati - caprone
Zeus: fulmine – aquila, toro
Posidone: tridente – toro
Dioniso: toro, caprone – vite, edera
Afrodite: caprone – mirto
Demetra: cereali, papaveri

Ma il sistema semiotico è aperto e contradditorio, tanto più in seguito al crescente affermarsi delle
tradizioni locali. A partire dalla fine del VI secolo le immagini degli dei comparvero sulle monete e le
rappresentazioni e attributi divennero onnipresenti.
L’arte del periodo classico tende a relegare in secondo piano gli accessori e a caratterizzare gli dei per il loro
ethos, come appare nel fregio del Partenone dove sono le coppie degli dei a mettere in luce la loro identità
(Zeus in trono accanto a Era, Artemide cerca la vicinanza del fratello, Atena e Efesto…). La statua
crisoelefantina di Zeus a Olimpia era considerata la massima realizzazione nella rappresentazione artistica
del divino. Fidia ha rappresentato il maggiore degli dei assiso in trono e sembra abbia detto di essere stato
ispirato da Omero, quando nel primo libro dell’Iliade Zeus esaudisce con un cenno del capo le preghiere di
Teti.

Fino al tempo di Fidia quindi è la poesia ad avere presa sul pubblico in assoluto: raggiunge molti e esprime e
conia opinioni e credenze popolari con una sorta di monopolio fino alla metà del VI secolo. E’ un’insolita
forma di espressione, una lingua artistica altamente stilizzata che nessun altro parla e per lo più connessa
con la musica e con la danza.
Con il subentrare della scrittura in prosa si pone il problema della theologia, del discorrere razionalmente e
responsabilmente sugli dei. Ne derivò un conflitto che non giunse ad una conclusione accettata da tutti
proprio perché l’influsso di Omero era inestirpabile.

SINGOLE PERSONALITA’ DIVINE

Dalla tradizione dell’Asia Minore proveniva un gruppo di Dodici Dei su cui i Greci hanno costruito il proprio
modello con un gruppo di dodici divinità più importanti. Il numero è fisso solo alcuni nomi variano.
Seguendo la scelta fatta nel gruppo centrale del fregio del Partenone si trovano riunite quelle figure –
contraddistinte individualmente – che si possono considerare gli Dei dei Greci.

ZEUS
E’ l’unico nome di dio greco la cui etimologia sia chiara:
DYAUS PITAR = dio del cielo indiano
DIESPITER/IUPPITER = romano
TUES-DAY= germanico
La radice della parola si trova nel latino DIES e nel greco EUDIA (bel tempo).
Zeus è il padre del cielo, il luminoso cielo diurno. E’ il maggiore degli dei soltanto per i Greci e per i Romani.
E’ il dio del tempo atmosferico, della pioggia e della tempesta ed era uno degli dei più importanti già in
epoca micenea.
In Omero troviamo epiteti quali “COLUI CHE SCAGLIA FULMINI”, “COLUI CHE TUONA DELL’ALTO”
Zeus vive sulle montagne attorno cui si addensano nubi tempestose, il LICEO in Arcadia, sull’oros di EGINA,
sull’IDA presso Troia. Secondo Omero avrebbe qui il suo temenos e il suo altare. Il nome OLIMPO, spesso
ricorrente, è stato riferito alla più alta montagna del nord della Tessaglia che così divenne la vera e propria
dimora degli dei.
Il fulmine è una diretta epifania di Zeus, rappresentato iconograficamente anche in forma di giglio. E’ la sua
arma, che egli solo può comandare e gli uomini restano impotenti e terrificati.
Quindi Zeus è soprattutto il più forte degli dei. Gli altri dei possono provare a disubbidire e perfino a
tramare un complotto ma nulla può seriamente minacciare Zeus.
Il mito, soprattutto nella narrazione di Esiodo, descrive la salita al potere di Zeus. Prima di lui dominavano i
Titani, dominava Crono, il padre di Zeus. Crono divorava i suoi figli ma Zeus riusci a salvarsi perché la madre
Rea fece inghiottire un sasso a Crono. Devenuto adulto Zeus guidò gli dei nella lotta contro I Titani e ne uscì
vincitore grazie ai suoi fulmini. Zeus divenne quindi il re, ANAX – BASILEUS nella lingua post-omerica. Agli
occhi dei Greci assume una doppia immagine, come guerriero che avanza brandendo il fulmine nella destra
alzata e come re troneggiante con lo scettro in mano. Il suo animale è l’aquila. Mantiene uno stretto
rapporto con il sacrificio dei tori.
Il fatto che Zeus abbia mandato in rovina il proprio padre, rimane nel sottofondo: è il destino che minaccia
ogni usurpatore. Zeus è anche compromesso da donne destinate a partorire un figlio più potente del padre.
Secondo Esiodo si tratta di Meti, l’Intelligenza; per questo Zeus la ingoia dopo le nozze e da allora porta in
sé l’intelligenza. L’unico figlio nato da questa unione è Pallade Atena.
Secondo un’altra versione la donna è Teti, la dea del mare, alla quale Zeus deve rinunciare. E Teti da Peleo
genera Achille.
Furono solo mostri negativi a ribellarsi a Zeus, come TIFEO, figlio di Terra e Tartaro – essere misto uomo e
serpente – che voleva dominare il mondo alitando fuoco. Zeus lo distrusse con il suo fulmine e lo scagliò nel
tartaro. Successivamente si raccontò che egli giaceva sotto l’Etna dal cui cratere continuava a far uscire il
suo alito di fuoco.
I GIGANTI – enormi figli della Terra – si ribellarono contro tutti gli dei olimpici. E’ un mito che non si riesce
ad ascrivere con sicurezza ad alcuna fonte letteraria antica, ma fu molto ripreso nell’arte figurativa. La
Gigantomachia è una battaglia combattuta dai singoli guerrieri in cui gli dei impiegando ciascuno la propria
arma risultano sempre vincitori. Posidone, tridente. Apollo, arco. Efesto, fuoco. Il fulmine di Zeus inferte il
colpo decisivo.
Quindi è sempre Zeus a dare la vittoria. Es. dopo la battaglia di Platea nel 479 i Greci fondarono un
santuario per Zeus ELEUTHERIOS, liberatore, che veniva celebrato ogni anno con grandi feste.

La potenza del più forte si manifesta anche nella pienezza della forza creatrice e sessuale: la schiera dei figli
di Zeus nel mito è soprendente in qualità e quantità! Alcuni tardi mitografi contano ben 115 donne e già
nell’Iliade si trova un catalogo delle amanti di Zeus. E’ anche sorprendente la lista dei travestimenti e di
metamorfosi di cui Zeus si servì per raggiungere lo scopo.
METAMORFOSI-TRAVESTIMENTI
LEDA E IL CIGNO / EUROPA E IL TORO / IO IN FORMA DI GIOVENCA /
Zeus è l’unico dio ad avere per figli dei potenti:
APOLLO e ARTEMIDE da LATONA
ERMES da MAIA
PERSEFONE da DEMETRA
ATENA da METI
DIONISO da SEMELE o PERSEFONE
ARES da ERA
Cui si aggiunge la lista dei figli avuti da donne mortali e di regola anch’essi mortali anche se sempre
straordinari.
ERACLE da ALCMENA
ELENA e DIOSCURI da LEDA
PERSEO da DANAE
MINOSSE e RADAMANTO da EUROPA
EACO da EGINA
ARCADE da CALLISTO
ZETO e ANFIONE da ANTIOPE
EPAFO da IO.
Vi si legge un ordinamento familiare concepito in modo rigidamente patriarcale, che permette all’uomo
padrone ogni libertà, ogni possibilità di appagamento dei propri desideri ivi compresi quelli omosessuali
(rapimento sotto forma di aquila del fanciullo troiano Ganimede). Nel mondo arcaico non viene mossa
alcuna critica moralistica nei riguardi di tale comportamento, anche se vi è comprensione per la gelosia di
Era che viene tratteggiata come terribile.

Si comprende quindi il fatto che Zeus è padre degli uomini e degli dei e che la sua potenza sia sconfinata. A
lui spettano le decisioni che determinano il corso del mondo. (vedi statua di Fidia di Zeus che si ispira al
cenno del capo che scosse l’Olimpo come descritto nell’Iliade).
Nessuno può obbligare Zeus o chiedergli conto di qualcosa, ma le sue decisioni non sono né cieche né
unilaterali (se ingoia Meti significa unione di potere e saggezza).
Nell’epica si accenna di continuo all’intelligenza pianificatrice, NOOS di Zeus.
L’onniscienza degli dei viene affermata per la prima volta nell’Odissea.
Nell’Iliade l’imparzialità di Zeus è rappresentata dalla bilancia d’oro che regge in mano nel duello fra Achille
ed Ettore e il piano inclinato indica che Ercole è votato alla morte. Zeus prova compassione, l’uomo gli
muove pietà ma egli agisce conformemente a ciò che è ordinato. E’ il tema della MOIRA o AISA, il destino,
come poi in seguito venne inteso.
Sorge qui il tema dell’opposizione fra predestinazione fatale e libertà divina. Per l’Iliade non è un problema
ma un conflitto che viene risolto con un fatto: MOIRA, AISA non è una dea o potenza, ma un FATTO. La
parola significa PORZIONE e vuol dire che il mondo è suddiviso da limiti spaziali e temporali. Il più
importante e doloroso è la morte. E’ la porzione limitata dell’uomo.
Zeus avrebbe il potere di agire diversamente ma non lo fa proprio come un sovrano saggio non impiega il
proprio potere per sovvertire il diritto tradizionale.
Così la ripartizione diviene proprietà di Zeus.

Ogni forma di sovranità e potere degli uomini deriva da Zeus e in particolare la legge viene da lui. Esiodo
pone DIKE la giustizia seduta a fianco del padre Zeus.
Zeus è al di sopra delle parti quindi difficilmente una città può avocare a sé Zeus come divinità poliade,
quindi troviamo Atena sulla rocca, Apollo o Era o Posidone sulla piazza del mercato.
Zeus è il dio di tutti i Greci più di ogni altro, con un grande potere unificante che era in particolar modo
espresso nella festa di Zeus a olimpia (sacrificio e agone). Partecipare a questa festa significava essere
Elleni. Il vincitore della gara di corsa semplice accendeva il fuoco sacrificale sulla sommità dell’antico altare
di ceneri. Secondo la tradizione nel 720 la prima volta avrebbe vinto un corridore completamente nudo, i
che divenne determinante per la corporeità dei Greci e dei loro dei. La grandezza resta corporea.

Zeus era l’unico che poteva assurgere a dio dell’universo, tanto che i tragici non l’hanno mai portato sulla
scena al contrario di altri dei.Eschilo nomina Zeus unico con attributi di universalità: onnipotente, origine di
tutto, causa di tutto.
“Zeus era, Zeus è, Zeus sarà: o grande Zeus” – sacerdotesse a Dodona
“Zeus è principio, Zeus è centro, da Zeus tutto viene compiuto” – un verso di “Orfeo”

Sono i presupposti da cui partì la speculazione filosofica e che culminò nel panteismo degli stoici: Zeus è il
mondo in quanto totalità, è il fuoco razionale che tutto penetra tutto forma e tutto mantiene entro i limiti.

ERA

Il nome ammette varie etimologie, anche contrastanti. Una ipotesi potrebbe essere HORA – stagione e
dall’interpretazione come “matura per il matrimonio”
Centri di culto importanti: SAMO e il santurario situato in Argolide, tra Argo e Micene.
Viene da tutti venerata come la Grande Dea. Un attributo omerico “dagli occhi bovini” BOOPIS la collega
alla sua tipica sfera di influenza che sono le MANDIRE di BUOI al PASCOLO e i SACRIFICI di BUOI.
Esistono sue più antiche rappresentazioni come COLONNA ad Argo e ASSE a Samo.

Unico nel suo genere è il rapporto con il tempio; i templi più antichi sono quelli dedicati ad ERA:
- Ad ARGO venne costruito verso 800
- PERACHORA esistevano nel VIII secolo due templi ERA AKRAIA e ERA LIMENA
- Nello stesso periodo doveva esistere nell’HERAION di Argo una casa per la dea
- Il tempio di SAMO costruito nel VI secolo rimase uno dei più grandi templi eretti.
- Ad OLIMPIA il suo tempio esisteva molto prima di Zeus.

In contrasto con la realtà del suo culto, Omero sembra farne decadere l’immagine fino a sfiorare il ridicolo e
diventa il simbolo della gelosia e dei bisticci famigliari. Ciò significa che Era non si sottomette al più forte ma
rimane una partner con diritti propri. Era è la sorella carnale di Zeus e, infrangendo il tabu dell’incesto, si
sottolinea la sua singolare parità di nascita. Zeus ha molte donne, ma solo Era siede sul trono e porta lo
scettro. Era è una personalità forte e ostinata.

Omero racconta in una celebre scena dell’Iliade la consumazione del matrimonio, che ha poi esercitato un
forte influsso. (si fa prestare la cintura ricamata da Afrodite e come la vide Zeus il desiderio avvolse la sua
mente). Vedi ad esempio il fregio sul Partenone dove Zeus seduto guarda estasiato la dona che si volge
verso di lui mentre si toglie il velo.

In quanto prototipo del MATRIMONIO CONSUMATO, Era è ovunque la dea delle NOZZE e del matrimonio.

GAMELION: mese delle nozze. Si compiono sacrifici per Era con ZEUS HERAIOS. Viene invocata come
TELEIA, in quanto le nozze sono TELOS, scopo e compimento della vita.

Nella raffigurazione di Era manca del tutto la maternità e non viene mai invocata come madre. Nessuno è
suo vero e amato figlio. L’unico dio importante frutto del legittimo matrimonio con Zeus è ARES,
apostrofato da Zeus come il più odioso fra i sui figli. Viene poi menzionata EBE, il fiore della giovinezza.
Il suo essere donna è circoscritto al rapporto con il consorte, all’atto d’amore, al prima e al dopo, nozze e
separazione. A STINFALO era possiede tre templi: come PAIS, ragazza; come TELEIA, compiuta; come
separata CHERA.

Il mito parla del prima:


- ILIADE, descrive come ERA e ZEUS si siano congiunti la prima volta di nascosto agli amati genitori
- Altra storia: Zeus sul monte TORNACE si sarebbe trasformato in cuculo per volare nel grembo di
ERA. (nell’HERAION si Argo la statua crisoelefantina di Policleto recava infatti uno scettro con
appunto il cuculo).
Come condizione necessaria al vincolo matrimoniale ad ERA appartiene di nuovo la verginità.
Il mito parla del dopo, la separazione:
- ILIADE. Era è la moglie litigiosa e gelosa che con grande irritazione di Zeus ne penetra i piccoli
segreti. Zeus mantiene la propria supremazia minacciando di picchiarla. E’ implacabile nella sua ira,
ha la capacità del far del male ai suoi nemici proprio perché è la più grande.
- E’ anche raccontata come una matrigna terribile: perseguita Dioniso fin prima della nascita (Semele
muore arsa dal fumine di Zeus e la nutrice Ino si getta in mara). Le figlie di Preto imperversano per
la pazzia come vacche impazzite perché avevano deriso la sua immagine a TIrinto. Tramuta la sua
sacerdotessa IO in giovenca per gelosia.
L’autodistruzione della famiglia è l’inversione del matrimonio; è un potere distruttivo che rivolge contro lo
stesso Zeus generando da sé il mostro TIFONE e EFESTO.

Dove apprendiamo elementi più precisi circa le feste di Era, questi parlano non semplicemente di una festa
di nozze, ma di gravi crisi in cui l’ordine stesso viene meno e la dea stessa minaccia di sparire:
- leggenda cultuale a SAMO, pirati che volevano rapire la dea
- Grandi DAIDALA in Beozia , figure lignee di cui una vestita a sposa poi sacrifici e rito del fuoco (Era
litigato con Zeus e ritirta in Eubea, Zeus fa agghindare una bambla a sua sposa nannucia le sue
nozze con Platea, Era si precipita, strappa i vestiti alla rivale e scoppia a ridere. La rivale deve
comunque essere annientata, da qui il rito del fuoco).
A Platea Era ha due statue, COLEI CHE E’ CONDOTTA in SPOSA e LA COMPIUTA,TELEIA: attravero crisi e
rotture il suo matrimonio continua a rinnovarsi. Figura contradditoria che vuole e non vuole suo marito.
PLATEIA è nome indoeuropeo della dea della terra, l’antica consorte del padre celeste: dietro il racconto
mitico si cela una sovrapposizione storica.

POSEIDONE

NOME: è composto e presenta diverse varianti. Il primo termine POTEI, vocativo, SIGNORE, il secondo
elemento –DA lascia il campo a varie interpretazioni.
E’ sicuramente una divinità anticata.
Le tavolette in lineare B lo rivelano come la principale divinità di PILO (Telemachia ne conserva il ricordo
quandro introduce Nestore di Pilo durante il sacrificio a Posidone sulla riva del mare)
L’Iliade allude alla festa sacrificale quanto parla di giovinetti che trascinano il toro ruggente e POsidone ne
gioisce.
Il mito genealogico ne sottolinea il rapporto con PILO, facendo del dio il padre di PELIA (re di Iolco in
Tessaglia) e di NELEO (re di Pilo).
Anche altrove è capostipite e origine di potere unificante.
POTIDEA nella Calcidica e POSEIDONIA/PAESTUM testimoniano quanto il culto fosse diffuso.

EPICA: ha fissato P. come dio del mare. Nell’Iliade lo stesso dio illustra la sua storia. Crono aveva tre figli e
nel sorteccio per la spartizione a Zeus toccò il cielo, a Posidone il mare, ad Ade il mondo sotterraneo. Terra
e monte degli dei sono proprietà comune. In teoria i tre fratelli hanno uguale prestigio perché P si deve
inchinare a Zeus che è il maggiore per nascita. In Esiodo è il più giovane.
Sono importanti le descrizioni di P nel XIII libro dell’Iliade e nell’Odissea ove fracassa la zattera di Odisseo.

Infatti presso i Greci gode di naturale popolarità, assieme a sua moglie ANFRITE (nome connesso con il
nome TRITONE mostro marino). Posidone è in particolare signore e soccorritore dei PESCATORI e i pittori lo
rappresentano con un PESCE, spesso un DELFINO nella mano.
La pesca del tonno è la più violenta dove il tridente è usato come arpione. E’ Il tridente che sin da Omero è
attributo distintivo del dio. Le primizie della pesca del tonno vengono portati in sacrificio a Posidone per il
banchetto festivo.
Al dio è associata anche la pericolosità delle tempeste marine.
Nel 480 una tempesta da nord anneggiò pesantemente la flotta persiana in Tessaglia ed I greci fecero voti a
Posidone e ne venerarono un nuovo culto come SOTER.

Posidone, secondo gli attributi omerici, è “colui che fa tremare la terra”, è legato alla terra, il dio del
terremoto. Il mito descrive Posidone che col suo tridente spezza le rocce e le scaglia in mare.
Es. precipita negli abissi AIACE locrese he voleva sfidare gli dei, assieme alla roccia a cui è aggrappato.
A P. sono associate anche catastrofi naturali e terremoti (terremoto di Sparta nel 464). Nel 373 le città di
ELICE e BURA sprofondarono a causa di un terremto e si diffuse la storia che queste città si sarebbero rese
colpevoli di un particolare sacrilegio sull’altare di P.

Grandi sacrifici di tori vengono offerti a P. che può essere chiamato TORO-POSIDONE. Ma più specifico è il
suo legame con il cavallo. I Greci dicevano che Posidone è venerato come salvatore di navi e come
domatore di cavalli. POSIDONE HIPPIOS è un culto diffuso. Miti remoti fanno anche di Posidone
direttamente il padre del cavallo.
ES. si accoppiò a un essere orrendo, la GORGONE MEDUSA che divenne madre del cavallo quando Perseo la
decapito e balzarono fuori cavallo PEGASO e guerriero armato CRISAORE.

Anche le fonti sono considerate in genere dono di POsidone.


Il signore degli abissi è anche signore degli oracoli. Odisseo diventa sacerdote di Posidone e per lui fonda un
nuovo culto, probabilmente un oracolo dei morti.

L’origine di Posidone è dunque complessa e nella poesia omerica questa complessità determina un
carattere peculiare di Posidone, grande e potente ma gravato da una certa pesantezza e privo di slancio
giovanile. Sembra essere legato alla vecchia generazione.
Il suo potere in qualche modo sembra contenuto: non può accelerare la distruzione di Troia, può rallentare
i ritorno in patria di Odisseo ma non impedirlo. Domina il mare e genera il cavallo ma è Atena a costruire la
prima nave e inventare le briglie.
E’ dunque l’incarnazione di una forza elementare di cui la tempesta marina e il terremoto sono le più
violente forme in energie, mentre il cavallo rappresentava una forma di energia controllabile e domabile.

ATENA

ATHENAIA, appartiene intimamente per nome e sfera di influenza alla città di Atene, ancora oggi dominata
dalla sua stanza delle vergini, il Partenone, che è la massima espressione dell’arte greca.
Se sia stata la città a dare il nome alla dea o viceversa è una vecchia disputa. Il suffisso –ENE è un tipico
suffisso toponimico (Micene,Cirene, Messene).
Anche la testimonianza in lineare B a Cnoso ATANA POTINIJA è sintatticamente da intendere come signora
di Atene. E’ la Pallade di Atene, come Era di Argo è chiamata ARGEIE. Cosa esattamente significhi la parola
PALLADE è ancora oscuro, viene interpretata come RAGAZZA o come COLEI CHE BRANDISCE LE ARMI.

Atena è ovunque considerata la dea della rocca e la dea della città (vedi l’epiteto POLIAS). Così spessp il suo
tempio è il tempio centrale della città, sul colle della rocca, non solo ad Atene, ma a SPARTA, LINDO,
LARISSA, ILIO, GORTHINA. Si manifesta nell’immagine della vergine armata, agguerrita e intoccabile.
Conquistare una città si dice metaforicamente “scioglierle il velo”.
Dee armate si trovano anche in oriente. L’imagine della piccola Pallade, il PALLADIO, corrisponde
iconograficamente alle statuette siriani di guerrieri con scudo, elmo e arma sollevata. Il mito racconta che
Troia potè cadere solo dopo che Odiesseo e Diomede penetrando di notte a Troia, rubarono il Palladio.
Parecchie città sstennero poi di essere in possesso di questo Palladio, prima fra tutte Atene e Argo (vedi
processioni per portare il palladio al mare).

Non porta le armi senza motivo. Esiodo dice UNA SIGNORA CUI SONO CARI CLAMORI E GUERRE E
BATTAGLIE.
ILIADE: combatte nelle file degli achei con le sue sfavillanti armi auree e infonde loro vigore incessante per
la guerra. Quando Achille torna a combattere lei stessa alza il grido di guerra che l’eroe crede di percepire.
Il suo emblema è l’EGIDA, quando lei la solleva i nemici vengono presi dal panico. E’ una pelle di capra che
secondo il mito era una gorgone da Atena uccisa e scuoiata. L’arte figurativa rappresenta l’egida orlata di
serpenti, mentre Omero nell’Iliade parla di frange d’oro.

C’è quindi un’arcaica crudeltà di fondo cui si associa la cura per l’artigianato pacifico:
- Lavoro delle donne al fuso e al telaio
- Inventrice e patrona della lavorazione della lana
- Dea dei carpentieri e inventrice di carro e briglia per il cavallo, costrui la prima nave, aiutò nella
costruzione del cavallo di legno.
A lei è sacro OLIVO GENTILE, non quello selvaggio. Veglia con Zeus sugli olivi in generale
(OLIVO=SPERANZA).

L’elemento di coesione tra le due sfere ivergenti: crudeltà battagliera e cura per l’artigianato pacifico risiede
nella forza civilizzatrice, la SAGGEZZA ORGANIZZATIVA.
Così il dono di Atena è l’olivo innestato, non quello selvatico. Posidone domnina il mare ma Atena
costruisce la nave; Posidone genera il cavallo ma è Atena a inventare il carro e le briglie. Ermes può
moltiplicare le greggi di pecore, ma Atena insegna l’arte della lana. Perfino la guerra non è irruenza
selvaggia, ma tattica, abnegazione, autcontrollo. Odisseo convince gli Achei ad entrare in campo proprio
grazie alla sua intelligenza ispirata dalla dea.
Più di ogni altra divinità Atena è vicina ai suoi protetti. Atena è presente dove vi sono difficoltà ma con
discrezione. ES. E’ alla spalle di Achille quando sta per sfoderare la spada contro Agamennone e lui
riconosce i suoi occhi che brillano terribilmente. Gli consiglia di frenare la sua rabbia. (processo psicologico
di autocontrollo). Avvicina Odisseo nelle vesti di un pastore e poi in bella donna esperta nel telaio per far si
che Odisseo riconosca la propria patria.

E’ quindi celebre per la sua intelligenza e astuzia. E’ un’intelligenza fatta di astuzia e raggiri che solo
un’epica più tarda ha trasformato in ragione responsabile.
Secondo Esiodo Meti l’Intelligenza sarebbe la madre di Atena, che Zeus ingoiò. Atena nelle rappresentazioni
artistiche viene partorita dalla testa di Zeus da cui esce armata. Spesso alla scena è presente Efesto che con
la sua scure avrebbe aperto il cranio a Zeus per consentire il parto della dea.
Da Omero in poi i Greci hanno posto l’accento sul singolare legame con il padre (mito ambivalente in
quanto la rottura del cranio è sempre mortale).
L’assenza di una madre significa rifiuto del femminile in assoluto da parte della vergine. L’intelligenza
civilizzatrice è separata dal vero fondamento della vita.

Il mito locale ateniese sull’origine del primo re Eretteo sembra andare contro questa tradizione.(Efesto,
seme sulla coscia…) Atena diventa quasi la madre del primo re.

Nel V secolo statua crisoelefantina della dea stante trionfante, con elmo scudo e la NIKE nella mano destra.

APOLLO

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