Grazie alla sua scorrevolezza e alla particolarità dell’argomento trattato
dall’autrice, ho letto con interesse questo libro. L’autrice aveva per caso conosciuto la storia di Margot Wolk. Margot, donna di novantasei anni, per tutta la vita aveva nascosto di aver lavorato per Hitler, quando era giovane, e per la prima volta lo confessava. L’autrice aveva così deciso di dedicarle un romanzo. La protagonista è Rosa Sauer. La storia è ambientata nell’autunno del 1943, in un piccolo villaggio tedesco, Gross-Partsch, molto vicino alla famosa “tana del Lupo”, ossia il nascondiglio di Hitler. Rosa si è appena trasferita dai suoceri, poiché Gregor, il marito, è partito per il fronte tedesco in Russia. Rosa viene scelta insieme ad altre nove donne tedesche dal governo per un importante compito: assaggiare le pietanze che quotidianamente il Fuhrer dovrà consumare. Hitler, paranoico, è ossessionato dal timore di essere avvelenato. Rosa diventa così insieme alle compagne un’assaggiatrice di Hitler, da cui il titolo del romanzo. Ogni giorno le donne raggiungono la caserma di Krausendorf, nelle vicinanze della Wolfsschanze. Affamate, consumano i pasti e vengono tenute in osservazione per un’ora dalle SS, affinché si accerti che il cibo da servire ad Hitler non sia avvelenato. La loro è una forzata reclusione! Tra le donne si stabiliscono rapporti prima di rivalità, poi anche di amicizia. Rosa è infatti chiamata “La berlinese” con un pizzico di invidia per gli abiti che indossa, ma poi lei arriverà addirittura a rubare del latte, spinta dalle compagne, per i loro bambini affamati. Viene interrotta la quotidianità, quando nella primavera del ‘44 viene assegnato alla caserma un nuovo comandante, Albert Ziegler, che con autorità instaura un clima di terrore tra le assaggiatrici. Ben presto tra Rosa e Albert nasce una relazione clandestina, ma sarà vero amore o Rosa è solo una vittima della sindrome di Stoccolma? Certamente il sentimento di Rosa nei confronti di Albert è un misto tra attrazione e paura, e anche senso di colpa nei confronti di Gregor. Il marito è dato ormai per disperso nella campagna di Russia, ma lei si illude che non sia morto o forse, pensa, si sia ricostruito una nuova vita. Tra alterne vicende, la storia tra i due diventa un vero grande amore che si conclude, quando i russi varcano i confini della Polonia, in imminente arrivo a Gross-Partsch, con il loro addio. Albert dà a Rosa, per l’indomani, appuntamento alla stazione per scappare a Berlino con il treno di Goebbels, ma Albert non si presenta e Rosa non lo rivedrà mai più. Rosa è una donna fragile, poiché già in famiglia ha subito influenze ideologiche e psicologiche che penso, non le abbiano dato la possibilità di raggiungere un’autonomia di pensiero. Il padre odiava Hitler, dunque Rosa era stata educata al disprezzo del regime nazista. Il marito Gregor non credeva in Dio: se fosse esistito come essere buono e generoso perché avrebbe creato tante brutture nel mondo? Queste forti influenze psico- ideologiche potrebbero averne fatto un personaggio oscillante tra posizioni diverse: il bene e il male, il volere e il potere. Rosa infatti vorrebbe ribellarsi al ruolo di assaggiatrice, ma non ha il coraggio di farlo e lo spirito di sopravvivenza la spingono ad adattarsi. Lei stessa dice: “Mi trovavo in posti in cui non volevo stare, ma accondiscendevo, non mi ribellavo, ma più adattavo e meno mi sentivo umana”. Il suo ruolo di assaggiatrice le procura grande disagio, accetta di farlo non per condivisione politica, ma per fame e per paura. Le vengono assicurati i tre pasti giornalieri insieme ad un compenso di duecento marchi al mese anche se ogni boccone potrebbe essere fatale. Lei sa che ogni giorno potrebbe essere l’ultimo della sua vita, ma non riesce a privarsi dei soldi e del cibo. Per concludere nella storia di Rosa si evidenziano l’ambiguità dei sentimenti umani e l’orrore dei regimi totalitari che inevitabilmente portano alla guerra. Infine mi chiedo: è giusto compromettersi con il male per tutelare sé stesso rinunciando alla propria dignità? Ma mi chiedo anche: chi riuscirebbe a non tutelare sé stesso, in un momento di disperazione, di miseria, di paura, di profonda alienazione umana, come appunto la guerra?