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BIOGRAFIA

Guido Morselli nacque a Bologna il 15 agosto 1912, secondogenito di un'agiata famiglia della buona borghesia
bolognese. Il padre Giovanni era dirigente d'impresa nel ramo farmaceutico, la madre Olga Vincenzi era figlia di uno
dei più noti avvocati della città. Nel 1914 la famiglia si trasferì a Milano per seguire il padre divenuto da poco
dirigente alla Caffaro. Fino all'età di dieci anni la vita di Guido scorse abbastanza tranquilla ma nel 1922 la madre si
ammalò in modo serio di febbre spagnola e fu ricoverata per un lungo periodo. Guido soffrì per questa forzata
lontananza e anche per le frequenti assenze del padre, dovute a motivi di lavoro, e quando la mamma morì, nel 1924,
la perdita lo segnò profondamente.

Guido era poco socievole, irrequieto, non molto amante della scuola, ma sorretto da un'intelligenza precoce: allo
studio preferiva letture personali. Superato svogliatamente l'esame di maturità al liceo classico nel 1931, da privatista,
dopo essere stato bocciato nel 1930, per compiacere il padre autoritario si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza
dell'Università Statale di Milano e cominciò a scrivere, senza pubblicarli, i primi brevi saggi a carattere giornalistico.

Subito dopo la laurea nel 1935, partì per il servizio militare e frequentò la scuola ufficiali degli alpini. In seguito al suo
congedo da ufficiale, soggiornò lungamente all'estero, scrivendo reportage giornalistici e racconti che rimarranno
inediti. Il padre lo fece assumere alla Caffaro come promotore pubblicitario: l'esperienza lavorativa si concluse dopo
un solo anno portando ad un peggioramento dei rapporti con il padre.

Dopo la morte dell'amata sorella Luisa nel 1938, a soli ventisette anni, Guido ottenne dal padre un vitalizio che gli
permise di dedicarsi alle attività che da sempre prediligeva: la lettura, lo studio e la scrittura. Continuò a cimentarsi in
brevi saggi e iniziò la stesura di un diario, abitudine che lo accompagnò per tutta la vita.

Qualche volta si reca a Milano per incontrare l'amico Antonio Banfi oppure per consegnare personalmente
dattiloscritti dei suoi lavori ai vari editori.

Nel 1952 fa costruire su un terreno compratogli dal padre a Gavirate una piccola casa da lui stesso disegnata e amata
moltissimo: «la casa di Santa Trìnita», totalmente priva di quelle comodità moderne giudicate inutili da Morselli. In
questo periodo la sua fidanzata “storica” Carla respinge la sua proposta di matrimonio e quando sposerà un altro,
Morselli ne soffrirà moltissimo.

Nell'isolamento di Gavirate compone la maggior parte della sua produzione consistente in saggi, racconti , romanzi e
commedie. Scrive articoli e li pubblica (collabora con periodici locali e con il «Tempo» di Milano).

Fu autore di romanzi e saggi che furono pubblicati solo a partire dal 1974, dopo la sua morte, a causa dell'accoglienza
sfavorevole delle case editrici. Morselli scrisse, tra gli altri, due romanzi ucronici (eventi coerenti, ma ipotetici,
simulati, sulla base di dati non realistici), Contro-passato prossimo (1975), nel quale immagina che la Prima guerra
mondiale sia stata vinta, retrospettivamente, dagli imperi centrali, e Roma senza papa (1974), in cui s'immagina il
futuro della Chiesa cattolica alla fine del Novecento, sotto un papa irlandese, Giovanni XXIV, che ha abbandonato il
Vaticano per vivere in una villetta a schiera a Zagarolo.
E qui, ci si deve interrogare sulle ragioni del suo isolamento: è stata una solitudine "scelta", un esercizio della volontà
oppure una solitudine subita per difetto di volontà? Si sa poco sulle ragioni per cui la “società letteraria italiana” ha
sempre guardato con sospetto e diffidenza alle opere di questo autore, tanto da rifiutarne la pubblicazione. Sta di fatto
che, come scrisse Giuseppe Pontiggia, Morselli è diventato una «proiezione esemplare dello scrittore postumo,
respinto in vita dall’incomprensione dei giudici...».

Nella notte del 30 luglio 1973 Guido Morselli si toglie la vita con un colpo di pistola nella dépendance della villa di
famiglia in via Limido a Varese. «Non ho rancori» lasciò scritto in una lettera alla questura di Varese.
Morselli con testamento cedette la sua biblioteca personale alla Biblioteca Civica di Varese, presso la quale è
consultabile il Fondo Guido Morselli, costituita da 1.504 titoli (circa 1.900 volumi).

DISSIPATIO H.G.

Dissipatio H. G. è un romanzo di fantascienza post apocalittica di Guido Morselli, precedente di pochi mesi alla sua
morte per suicidio, che costituisce il tema del romanzo. Il libro fu pubblicato da Adelphi nel 1977, quattro anni dopo
la scomparsa dell'autore. Il titolo del romanzo è ispirato al filosofo neoplatonico Giamblico. La sigla "H. G." del titolo
significa humani generis ("del genere umano"), quindi il titolo è traducibile dal latino all'italiano come "l'evaporazione
del genere umano".
Il protagonista è un uomo alla soglia dei quaranta anni che dopo essersi allontanato disgustato dalla città in cui viveva
e lavorava (Crisopoli) insoddisfatto anche della vita che stava conducendo nel paesino di montagna dove si è rifugiato,
per una precisa proporzione di 70% di svantaggi nella sua vita contro 30% di vantaggi, decide di suicidarsi.
Abbandonata l'idea di farlo con la pistola decide di togliersi la vita e non lasciare tracce della propria azione. Per il suo
scopo aveva trovato un laghetto in una grotta in alta montagna: immergendosi nella pozza e nuotando sotto una parete
si finiva in un sifone naturale e il suo corpo sarebbe stato introvabile. La notte tra l’1 e il 2 giugno esce dalla casa e si
dirige in quota verso la grotta. Una volta giunto lì e sedutosi sul bordo del pozzo, dopo essersi trovato a effettuare
delle considerazioni sul cognac spagnolo che si era portato per darsi coraggio nel momento risolutivo, decide di
desistere dal suo intento e di tornare a casa.
Tornando a notte fonda verso l'abitazione passa vicino a una cabina e decide di chiamare un telefono amico per avere
il conforto di una voce ma nessuno risponde. Uscendo dalla cabina nota che nel versante opposto della valle si vedono
i fari di una macchina puntati innaturalmente verso l'alto e immagina ci sia stato un incidente. Considerata l'ora decide
di tornare a casa e di mettersi a letto, sistemando sul cuscino accanto a sé la pistola che possedeva ma provato dalle
forti emozioni della nottata si addormenta. All'alba si accorge che la macchina i cui fari aveva notato la notte è ancora
lì in posizione ribaltata e decide di andare a soccorrere gli occupanti. Dopo essersi incamminato però cambia idea:
visto che non avrebbe potuto essere di aiuto ad eventuali feriti decide di scendere in paese a Widmad per avvertire i
gendarmi. Giunto però in paese non solo non riesce a incontrarli ma si rende conto che non c'è nessuno e inizia a
pensare che la popolazione si sia recata a festeggiare la festività nazionale in qualche posto. I suoi dubbi però iniziano
a crescere quando decide di fermarsi in stazione: non c'è nessuno nemmeno lì e per tutta la mattina non passa nessun
treno. Torna a casa e apre la posta che non controllava da parecchio: ci sono cartoline di auguri e un biglietto di
Henriette, una sua vecchia fidanzata, che gli preannunciava una visita per festeggiare il suo compleanno. Il ritorno alla
sua casa con tutti gli oggetti e la routine come le mostre da visitare o la lista delle spese della domestica gli fanno
capire come non esista una terza via. Il tuffo nel sifone o quello nel quotidiano: chi manca un suicidio s'illude ci sia
una terza via.
I vicini ancora non si vedono; nessuno incontro a Widmad e nemmeno una persona a Lewrosen, un'altra città lì vicino.
Tutto nelle città è come dovrebbe essere; si vedono animali in giro ma nessuna persona. Qua e là ci sono tracce di
incidenti tra vetture, ma nessun corpo è nelle macchine coinvolte. Sempre più incredulo della situazione decide di
prendere una delle molte auto disponibili (lui non ne possedeva) e di recarsi direttamente a Crisopoli. Anche lì dopo
non aver incontrato nessuno per la strada non trova nessuno neanche al palazzo della borsa, il cuore della città. Nel
posto più odiato da lui dell'odiata città tutto è in funzione come dovrebbe ma non c'è traccia di essere umano. Si reca
alla sede del giornale dove aveva lavorato prima del suo ritiro sui monti: le luci sono accese e le telescriventi sono
attive ma nessun messaggio è in arrivo. Tornato a casa prova a mettersi in contatto con le persone che conosce
all'estero, sperando che la situazione che stia vivendo sia solamente riconducibile al territorio di svizzero, ma
nemmeno da Germania, Inghilterra Italia e Francia riceve alcuna risposta, né da suoi conoscenti né da numeri formati
a caso.
L'idea che possa essere scoppiata qualche tipo di potente bomba quando lui era nella grotta e che abbia ucciso tutti
nella zona non lo abbandona: altri all'estero potrebbero essere ancora in vita. Decide il giorno dopo di andare
all'aeroporto di Crisopoli sperando oltre ad incontrare qualcuno di vedere aerei arrivare da destinazioni lontane del
mondo. Nessuno in vista nemmeno lì, nessun velivolo in arrivo lo rendono sempre più preoccupato. Dopo aver trovato
una jeep militare si dirige verso una base americana che si trova oltre al confine in territorio tedesco. Le frontiere tra
Svizzera e Germania non sono presidiate, ma la situazione è la stessa anche alla base: prova la solita sensazione che
qualcosa sia successo all'improvviso lasciando tutti in mezzo alle cose che stavano facendo senza nessun tipo di
preavviso. Tornando verso casa a causa della nebbia non riesce a trovare lo stesso varco di frontiera da cui era passato:
ciò lo porta ad attraversare il confine in un passaggio diverso e solo dopo un po' realizza di essere in prossimità del
paese di una donna con cui in passato aveva avuto una breve relazione. Conoscendo la professione ed il carattere
schivo della donna, un'insegnante che aveva qualche anno più di lui, immagina che a quell'ora della sera non possa che
essere a casa. Ritrovata l'abitazione della donna e non trovandola in cucina dopo essersi servito dal frigorifero decide
di salire nella sua camera da letto. Come per tutte le altre persone non c'è nessuna traccia; in questo caso rimane però
sul cuscino la forma lasciata dalla sua testa come se l'evento che ha colto tutti avesse sorpreso lei distesa nel letto.
Decide di fermarsi lì a dormire dopo che la notte precedente passata insonne all'aeroporto.
Per quanto avesse in passato odiato la vita a Crisopoli adesso invece ci va spesso e valuta anche di stabilircisi
definitivamente. Il suo pessimismo aveva già raggiunto una tale radicalità da sconfinare nell'ottimismo. Questa
sublimazione apparente di tutta l'umanità lo portava a riflettere sul significato di bene e di male e su filosofi e religiosi.
Fino a mille anni dopo Mosè ancora la religione non aveva stabilito la presenza di una vita ultraterrena: il giusto
veniva premiato nella vita terrena con prosperità e longevità. Solo molto dopo si iniziò a parlare di una
“sublimazione” per i giusti mentre non era chiaro cosa dovesse accadere ai peccatori. A questo punto si chiedeva a
quale categoria egli appartenesse: è stato un prescelto oppure un escluso? Era forse morto e i morti continuavano a
provare quello che lui viveva adesso? La natura comunque continua la sua vita come se il genere umano e lui non
fossero stati importanti. Pur avendo deciso di trattenersi a Crisopoli ma comunque deciso a non dormire nei luoghi
dove altri fossero trapassati, passa le notti su una poltrona di un atrio di un albergo. Pensa che forse potrebbero esserci
altri sopravvissuti nelle miniere di Alpa: nessuno però e vivo neanche lì.
Durante queste giornate sconfortanti torna con pensiero a qualche anno prima quando aveva passato qualche mese in
una casa di cura per affrontare una nevrosi. L'ambiente ed il personale della clinica gli era parso distaccato e costante,
a parte la figura del Dottor Karpinsky che con il suo aspetto trasandato era stato invece un punto fermo che lo aveva
messo sulla strada della guarigione. Con il suo parlare sincero e i suoi modi non convenzionali Karpinsky era riuscito
a penetrare le sue difese ed in pratica gli aveva dato fiducia che esistesse una umanità di cui ci si potesse fidare.
Purtroppo, il dottore era stato ucciso da una coltellata qualche mese dopo la sua dimissione dall'ospedale mentre
cercava di sedare una lite tra due infermieri. Karpinsky gli aveva detto che sarebbe guarito: avrebbe sofferto ma
sarebbe guarito dalla nevrosi e sarebbe tornato nel mondo degli uomini.
Sono giornate e nottate contraddistinte da momenti di smarrimento che spesso confinano con la paura e da lunghe
riflessioni su quello che ora egli rappresenta adesso. Trova incredibile quello che è accaduto a tutta l'umanità e che sia
proprio lui, che non ne voleva essere parte, a doverla rappresentare ora. Gesti semplici come accendersi una pipa
possono e sembrano durare un tempo indefinito. Spesso prova paura e dopo lunghe riflessioni capisce che
diversamente da tutte quelle che gli uomini lungo il corso della storia possano aver provato, quella che lui ha adesso è
di un genere completamente nuovo. Si convince che a parte eventi improbabili come un terremoto o essere colpito da
un fulmine o che si ripeta una seconda epurazione sia abbastanza improbabile: anche le malattie sono socio-indotte per
cui si convince che aver paura non ha senso.
Incomincia ad avere allucinazioni: è proprio Karpinsky che gli appare e gli comunica che lo verrà ad aiutare. Si mette
in cerca del dottore cercandolo nei posti dove si era fatto un'idea trascorresse il suo tempo libero dalla clinica ma non
lo trova. Forse ha frainteso la sua chiamata? Riprende l'idea di suicidarsi per liberarsi da quella situazione. Ma non
necessita il suicida di persone che voglia punire o a cui comunque lasciare un ammonimento? Azioni contrastanti
ormai caratterizzano la sua vita: lascia messaggi all'aeroporto a eventuali visitatori su dove viva adesso e poi appicca il
fuoco a un hotel di cui non sopportava l'architettura. Dopo aver visto in una vetrina un libro con la scritta in italiano “ti
aspetto, non qui” pensa ancora a una convocazione da parte di Karpinsky. Trova i suoi stessi comportamenti un po'
strani: ha ricominciato a lavarsi con cura e certe volte veste indumenti da donna ma considera che queste sue
sregolatezze abbiano effetti benefici. E comunque tra le molte cose strane che gli stanno capitando, quella del fatto che
ora lui viva a Crisopoli è quella più incredibile. Si stabilisce al ristorante della borsa, coprendosi la notte con qualche
tovaglia: valigie piene di soldi sono visibili dappertutto. È venuto a Crisopoli poiché è sicuro di vedere Karpinsky da
un momento all'altro e il fatto che possa apparirgli con il camice insanguinato ed i pantaloni sgualciti lo libera da ogni
impazienza. Fuori dalla borsa su mucchi di terra portati dagli acquazzoni iniziano a crescere delle piante selvatiche. In
tasca ha un pacchetto delle sigarette preferite del dottore.

RECENSIONE

Dissipatio H.G. di Guido Morselli (Adelphi) è un libro sull’apocalisse, sulla trasformazione e la distruzione del tempo.
Sarò onesta, è stata una lettura molto difficile e ad oggi non credo di aver colto tutte le sfumature di questa breve ma
intensissima opera.

(…) come storico registrerò che si è instaurata l’Anarchia con l’abbattimento del suo nemico primordiale, il principio
di proprietà. E si è instaurata nello stesso tempo la Monarchia nel valore categorico del termine, tutto il potere a Uno
solo. Anarchia e Monarchia coincidono, ora e in me. Nessuno dispone di me, io dispongo di tutto.

Quelli che sembrano i vaneggiamenti di un pazzo, sono in realtà i ragionamenti, o meglio i lunghi monologhi del
nostro protagonista che, durante la notte del 1° giugno ha deciso di togliersi la vita. Bisogna precisare che questa è
stata l’ultima opera di Morselli, si suiciderà pochi mesi dopo.
Ma torniamo al nostro protagonista che ha deciso di morire dopo aver trascorso una vita ai margini di una società che
non lo comprende, durante una notte precisa perché non vuole raggiungere i 40 anni. Proprio lui, suo malgrado si
troverà a rappresentare l’umanità. Quella notte cambia idea, riemerge dalla grotta con il cuore che continua a battere
mentre intorno a lui non c’è traccia di un solo essere vivente.
Dissipatio Humani Generis: il genere umano è evaporato, nebulizzato… scomparso e l’unico testimone di questa
storia, dell’intera umanità e l’uomo che voleva morire.
Crisopoli è la città dell’oro e il nostro protagonista scopre solo un passo alla volta la scomparsa dell’umanità.
Macchine abbandonate, letti disfatti, aeroporti deserti, carcasse di animali morti, hotel e negozi alla mercé dell’Uno. Il
genere umano è assente, ma la mancanza è presentissima, insopportabile. Le case hanno l’odore della mancanza, gli
oggetti, ma solo alcuni, spariscono.

La Dissipatio Humani Generis, o sublimatio, ha operato una distinzione sottile: le vanità terrene, anche se preziose e
attaccaticce (i gioielli), restano giù, votate a corrompersi o a disperdersi, le vesti che, in quell’attimo, coprivano i
corpi, hanno condiviso la sorte dei corpi che coprivano.
Morselli gioca per tutto il racconto: l’evento che ha fatto sparire gli esseri umani è realmente esistito? Sono loro ad
essere morti o è il protagonista ad essersi ucciso?
È da lì che partono una serie di riflessioni a catena che portano a una delle più classiche delle domande: Cosa succede
dopo la morte? Che cosa succede al tempo così come lo conosciamo?

Una spiegazione poetico-teologica la tenta Dostoevskij nei Demoni. La mette in bocca a un suo personaggio, certo
Kirillov, se ricordo bene che dice: «Quando l’umanità sarà arrivata alla felicità vera, non esisterà più il tempo. Il
tempo infatti sarà superfluo. I cari estinti sono arrivati alla felicità vera?».

Il nostro personaggio è controcorrente, o comunque inadeguato per definizione. In un momento storico preciso (anni
Settanta) lascia la città per la campagna. Come si può abbandonare la città dell’oro in nome della tranquillità?

Con i suoi quattrocentomila mercati, Crisopoli è positiva come la positività stessa. Disponibile a ogni cosa, tranne i
miracoli. Zavorrata d’oro monetato nelle sagristie delle sue sessanta banche, non può levitare nel meraviglioso, o
anche solo nell’imprevisto. La più alta concentrazione di ricchezza che si conosca.

Ovviamente quando tonerà a Crispoli troverà solo oggetti ad accoglierlo e mentre lo seguiamo nei ragionamenti e
vorremmo comprendere l’immensa solitudine capiamo in realtà che non possiamo farlo. Si potrebbe vivere senza
udire una voce umana? Se a farci compagnia fosse soltanto il disco registrato che ci dà l’ora esatta o fissa un
appuntamento con un medico che non può riceverci?
No, non proverete sollievo arrivati alla fine del libro. Il protagonista trova uno scopo che sembra alleviare il suo
malessere. Decide di attendere lo psicologo Karpinsky, lui verrà. È una certezza:

In tasca tengo, per lui, un pacchetto di Gauloises.

E questo suona come l’appuntamento con la morte. Inevitabilmente certo.

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