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Alberto Taliercio
Capitolo 1
Il legame costitutivo elastoplastico
Scopo del presente capitolo è quello di mettere in luce le principali caratteristiche
del comportamento meccanico di materiali soggetti a deformazioni istantanee sia
reversibili (elastiche) che permanenti (plastiche) e di formulare matematicamente
le equazioni che definiscono il legame elastoplastico (con o senza incrudimento)
per un generico stato di sforzo triassiale.
La descrizione analitica del legame elastoplastico di questo primo capitolo
permetterà di affrontare gradualmente lo studio della risposta di strutture al di là
del limite elastico e di pervenire alla formulazione dei fondamentali teoremi
dell’analisi limite che permettono di impostare utili strumenti di calcolo per la de-
terminazione della capacità portante di strutture duttili.
Nel Par. 1.1 si illustrano alcuni aspetti fondamentali del comportamento elasto-
plastico. Una prima descrizione analitica del comportamento elastoplastico è ripor-
tata nel Par. 1.2 con riferimento al caso di stato di sforzo mono-assiale.
L’estensione al caso triassiale è discussa nel Par. 1.3.
neare (fase dell’incrudimento o hardening) che prelude alla rottura del campione,
in cui il legame fra carico e variazione di lunghezza è marcatamente non lineare.
E’ consuetudine trasformare il diagramma carico–allungamento in un dia-
gramma sforzo nominale – deformazione nominale (σ − ε), semplicemente divi-
dendo il carico per l’area iniziale della sezione del provino (v. anche Fig. 1.2a) e la
variazione di lunghezza per la lunghezza iniziale del provino (Fig. 1.2b). Così fa-
cendo si trascurano le variazioni di geometria che si verificano nel corso della pro-
va e si confondono i veri sforzi e le vere deformazioni nel provino 1 con delle gran-
dezze nominali: l’errore è accettabile finché le deformazioni sono relativamente
piccole, mentre i valori dei due tipi di grandezze sono sensibilmente discosti in
prossimità della rottura.
I normali acciai da costruzione manifestano un comportamento elastico lineare
(in regime monoassiale) fino a deformazioni pari a circa il 2‰, ma le deformazioni
a rottura possono anche raggiungere il 25% (comportamento duttile). Se il provino
viene scaricato dopo che la fase di snervamento è stata raggiunta o superata, il dia-
gramma sforzo−deformazione è rappresentato da un ramo pressoché rettilineo e pa-
rallelo al tratto elastico lineare di primo carico. Ne consegue che, anche a carico
nullo, il materiale conserva una deformazione residua, detta deformazione plastica
(o permanente), p (Fig. 1.2b).
P
100
80 incrudimento
60
P (kN)
snervamento
L L+∆L
40 fase elastica lineare
φ
20
0
0 4 8 12 16 20
∆L (mm)
P
(a) (b)
Figura 1.1 – (a) Barra d’acciaio soggetta a trazione monoassiale; (b) diagramma carico −
allungamento per barre di acciaio nervato a sezione circolare (diametro φ = 14 mm; lun-
ghezza utile L = 70 mm).
1 Va osservato che, all’avvicinarsi della rottura, gli sforzi e le deformazioni nel campione non sono
più omogenei per il fenomeno della ‘strizione’ (o necking), associato ad una localizzazione delle de-
formazioni solitamente nella zona centrale del provino.
Il legame costitutivo elastoplastico 3
σ
P σ = P/A (N/mm2)
σ0
σ0
E
diagramma p ε
sperimentale 1
ε
idealizzazione
ε = ∆L/L −σ0
σ = P/A
p e=ε − p
Figura 1.2 – (a) Ipotesi di ripartizione (uniforme) degli sforzi assiali in una barra d’acciaio
tesa; (b) idealizzazione elastica–perfettamente plastica del diagramma sforzi–deformazioni
(nominali) a trazione; (c) risposta idealizzata del materiale ad un ciclo di trazione–
compressione.
Alcuni materiali, quali gli acciai legati o l’alluminio, non presentano una marcata
soglia di snervamento, per cui la schematizzazione elastica–perfettamente plastica
ora vista, che nega il fenomeno dell’incrudimento, non è accettabile. Per tali mate-
riali si propone una schematizzazione elastoplastica incrudente, del tipo mostrato in
Fig. 1.3a. Per caratterizzarne il legame sforzi−deformazioni in fase plastica,
s’introduce il parametro Et = dσ/dε, detto modulo tangente. Si osservi che, nel caso
di incrudimento non lineare, Et risulta variabile al crescere della deformazione.
In presenza di comportamento incrudente, superato il limite elastico, la soglia
di plasticizzazione evolve con la deformazione: in sostanza, ad ogni istante della
2
Nella normativa tecnica sulla progettazione delle costruzioni in acciaio, lo sforzo di sner-
vamento del materiale è indicato col simbolo fy.
4 A. Corigliano – A. Taliercio Capitolo 1
−σ02 ≤ σ ≤ σ01,
400
σ B
Et
σ01
300 Et
1 σ0
σ (MPa)
A E C
200 p ε
1
prova di trazione su Al-6061 ε
100 dati sperimentali
idealizzazione −σ02
−σ0
0 e=ε − p
0 0.02 0.04 0.06
ε (mm/mm)
(a) (b)
40
−σ (MPa)
idealizzazione
30
20
10
0
0 2 4 6 8 10
3.5 −ε (‰)
Figura 1.4 – Comportamento monoassiale del calcestruzzo a compressione: risultati
sperimentali e schematizzazione elastoplastica.
σ σ
σ = σ01 Et σ dε (dσ=0)
σ0
dσ>0
dσ<0 dσ<0
E E
ε ε
(a) (b)
Figura 1.5 – Possibili evoluzioni dello stato tensodeformativo in un materiale (a) ela-
stoplastico incrudente o (b) elastico-perfettamente plastico, a partire da una condizione di
snervamento.
Il legame costitutivo elastoplastico 7
Il requisito i) viene soddisfatto definendo nello spazio degli sforzi un dominio ela-
stico. Come già osservato nel Par. 1.1, nel caso uniassiale perfettamente plastico,
con comportamento simmetrico a trazione e compressione, il dominio elastico si
riduce ad un segmento di ampiezza 2σ0 centrato sull’origine dell’asse degli sforzi
per il materiale vergine e ad un segmento di lunghezza e posizione variabile per il
materiale già snervato. Il requisito ii) si traduce nel fatto che il legame elastoplasti-
co è descritto da relazioni differenziali, rese complicate dalla necessità di distingue-
re fra diverse alternative, tradotte in disuguaglianze, come evidenziato dal requisito
iii). L’esigenza iv) viene tradotta in una opportuna legge di incrudimento da defi-
nirsi sulla base di evidenze sperimentali.
Per mettere ulteriormente in luce le implicazioni del carattere incrementale di
un legame elastoplastico, si consideri la situazione rappresentata in Fig. 1.5a per un
materiale incrudente. S’immagini di assegnare un incremento di sforzo dσ a partire
dallo stato di tensione σ = σ01 che si trova sulla frontiera del dominio elastico cor-
rente. Si ha allora:
• se dσ = 0, dε = dp ≥ 0: carico neutro;
• se dσ < 0, dε = dσ/E < 0 e dp = 0: scarico;
• se ϕ(σ) < 0, dp = 0;
• se ϕ(σ) = 0, dp ≠ 0.
Pertanto, non potendo essere ϕ(σ) > 0, vale sempre la “condizione di ortogonalità”
ϕ(σ)dp = 0. La funzione ϕ(σ) è detta funzione di snervamento. 4
Le considerazioni fino a qui esposte possono essere tradotte in una descrizione
analitica completa di un legame costitutivo elastoplastico monoassiale. Per sempli-
cità si fa inizialmente riferimento al caso di incrudimento lineare, illustrato in Fig.
1.3b.
Limitandosi all’ambito delle piccole deformazioni, si suppone che la parte re-
versibile (elastica) e e quella irreversibile (plastica) p delle deformazioni si combi-
nino additivamente per fornire la deformazione totale ε (v. anche Fig. 1.2c):
ε=e+p
dε = de + dp .
e = σ / E , de = dσ / E ;
λB
τ0 τB τ
Figura 1.6 – Andamento nel tempo del moltiplicatore plastico λ.
Nel presente caso uniassiale si può semplicemente affermare che gli incrementi di
deformazione plastica e del moltiplicatore plastico λ sono legati dalle seguenti re-
lazioni:
dp = sgn(σ)dλ.
ϕ(σ) = σA − σ0 < 0, λ = p = 0;
Le equazioni del legame costitutivo elastoplastico fino ad ora scritte sono sufficien-
ti a fornire la risposta ad incrementi di deformazione (o di sforzo, nel presente caso
incrudente) per le situazioni rappresentate dai punti A e C. Nel caso B è invece ne-
cessario poter distinguere fra la possibilità di continuare a permanere sulla frontiera
del dominio elastico, e quindi sviluppare plasticizzazioni, e quella di scaricare se-
guendo un comportamento elastico. Tale scelta viene effettuata sulla base del segno
dell’incremento della funzione di snervamento. Si consideri infatti la funzione di
snervamento calcolata in un istante τB+dτ, ove τB corrisponde alla situazione B. Es-
sendo ϕ(σB) ≡ ϕ(σ(τB)) = 0, si ha:
dϕ dϕ
ϕ (τ B + dτ ) ≅ ϕ (τ B ) + dτ = dτ .
dτ τ B dτ τ B
• se dϕ < 0, dλ = 0;
• se dϕ = 0, dλ ≥ 0.
ε = e + p, ε = e + p,
σ = Ee σ = Ee
ϕ (σ , λ ) = σ − (σ 0 + Hλ ), equivalenti a ϕ (σ , λ ) = σ − (σ 0 + Hλ ),
ϕ ≤ 0, ϕ dλ = 0, dλ ≥ 0 ϕ ≤ 0, ϕ λ = 0, λ ≥ 0
dp = sgn(σ )dλ p = sgn(σ )λ
ε = e, σ = E ε
ϕ (σ ) = σ − σ 0 < 0, p = λ = 0.
ε = e + p, σ = E e ,
ϕ (σ , λ ) = σ − (σ 0 + Hλ ) = 0, ϕ (σ ) = σ − Hλ = 0,
p = λ ≥ 0.
EH
σ = ε ≡ Et ε .
E+H
5 Poiché, come già detto, il comportamento del materiale non è influenzato dalla velocità di carico, il
‘tempo’ ha qui solo il significato di una variabile ordinatrice degli eventi: ai simboli puntati si posso-
no pertanto sostituire gli incrementi infinitesimi delle variabili non rapportati al tempo.
12 A. Corigliano – A. Taliercio Capitolo 1
che il modulo tangente è la media armonica del modulo elastico e del modulo
d’incrudimento:
1 1 1
= + .
Et E H
Tale risultato può essere interpretato alla luce del modello reologico di Bauschin-
ger, visualizzato in Fig. 1.7: si tratta di un blocco, collegato a due molle di rigidez-
za k e h, obbligato a scorrere su di un piano scabro. La molla h viene deformata so-
lo quando la trazione P applicata al blocco supera una certa soglia, P0. Ne consegue
che lo spostamento del blocco è u = P/k se P < P0, mentre, superato il limite P0,
l’incremento di spostamento conseguente ad un incremento di carico è ∆u = ∆P/k +
∆P/h. Si può quindi definire la rigidezza totale kt tale che 1/kt = 1/k + 1/h:
kh
kt = .
k+h
E’ evidente l’analogia che sussiste fra i parametri che caratterizzano la risposta del
modello reologico e di un materiale elastoplastico incrudente, come sintetizzato nel
riquadro riportato in Fig. 1.7.
Anche la risposta di un materiale elastico-perfettamente plastico può essere in-
terpretata alla luce del modello reologico di Fig. 1.7, immaginando che la rigidezza
della molla h tenda a zero.
σhk
σhk ϕ(σ,κ)=0
ϕ(σ)>0
εij = cijhkσhk
σij
σij
ϕ(σ)<0
dominio
elastico dominio elastico
ϕ(σ)=0 iniziale: corrente: ϕ(σ,κ)<0
possibile storia di carico ϕ0(σ)<0 possibile storia di carico
(a) (b)
Figura 1.8 – Dominio elastico e superficie di plasticizzazione (a) per un materiale ela-
stico-perfettamente plastico e (b) per un materiale elastoplastico incrudente.
Per descrivere l’incrudimento del materiale, si usano modelli semplificati, i più co-
nosciuti dei quali sono il modello d’incrudimento isotropo e quello cinematico.
L’incrudimento isotropo (Taylor & Quinney, 1931) è definito da un singolo pa-
rametro scalare α(κ) che definisce una dilatazione omotetica del dominio elastico
(v. Fig. 1.9a). Pertanto:
ϕ(σ,κ) = ϕ0(α−1(κ)σ).
In questo caso, dato un generico punto B dello spazio degli sforzi è univocamente
definito il dominio elastico corrente la cui frontiera passa per tale punto.
L’incrudimento cinematico (Prager, 1958−62) fa intervenire un parametro ten-
soriale β (κ) (detto anche back-stress) che caratterizza la traslazione del dominio
elastico nello spazio degli sforzi (v. Fig. 1.9b) e si ha:
In questo caso non è univocamente definito il dominio elastico corrente la cui fron-
tiera passa per un assegnato punto tensione (quale il punto B in Fig. 1.9b).
σhk σhk
B B(σB
A (ασA) σA
β A(σA)
(σA)
σ σij
ϕ0(σ)=0 ϕ(σ,κ)=0
ϕ0(σ)=0 ϕ(σ,κ)=0
(a) (b)
Figura 1.9 − (a) Modello d’incrudimento isotropo; (b) modello d’incrudimento cinema-
tico. A tratto spesso, possibili percorsi di carico.
Le costanti dijhk sono le componenti del tensore elastico (di rigidezza). Si ricorda
che, nel caso più generale, le costanti elastiche indipendenti sono tutt’al più 21, va-
lendo le uguaglianze dijhk = djihk = dijkh = dhkij. In campo elastico lineare, una legge
analoga a quella ora scritta vale evidentemente fra gli incrementi di sforzo e di de-
formazione (si veda ad es. [2]).
Nel seguito della trattazione tornerà comodo utilizzare anche una notazione matriciale (do-
vuta a Voigt). Si raggruppano le 6 componenti indipendenti di sforzo e di deformazione nel
riferimento cartesiano ortogonale 0x1x2x3 in due matrici colonna (vettori):
σ = [σ11 σ22 σ33 σ12 σ23 σ31]T; ε = [ε11 ε22 ε33 2ε12 2ε23 2ε31]T.
Si noti che le ultime tre componenti del vettore ε rappresentano gli scorrimenti angolari fra
le fibre del solido inizialmente dirette come gli assi coordinati. In alternativa alla preceden-
te notazione se ne può utilizzare una ‘ingegneristica’, in cui gli assi coordinati sono x, y e z
e le componenti dei vettori σ ed ε sono indicate come segue:
Con tale notazione, la legge di Hooke generalizzata diviene σ = d ε dove d è una matri-
ce quadrata (simmetrica, definita positiva) che contiene le costanti elastiche opportunamen-
te ordinate.
Quando il punto tensione raggiunge la frontiera del dominio elastico (che è una
ipersuperficie nello spazio a 6 dimensioni) e si sposta su di essa, accanto alle de-
formazioni elastiche compaiono anche deformazioni plastiche, irreversibili: la fron-
tiera del dominio elastico gioca dunque il ruolo di superficie di plasticizzazione (o
yield surface). Gli incrementi di deformazione sono dati, in generale, dalla somma
di un contributo elastico e uno plastico:
εij = eij + p ij .
8Si esclude per il momento la presenza di punti angolosi nella superficie di plasticizzazione.
9ϕ va espressa in funzione di tutte e 9 le componenti di sforzo σij, tenendo conto della simmetria σij =
σji solo dopo avere calcolato le componenti del suo gradiente.
Il legame costitutivo elastoplastico 17
∂ϕ ∂σ x
∂ϕ ∂σ
y
∂ϕ ∂ϕ ∂σ .
= z
∂σ 2∂ϕ ∂τ xy
2∂ϕ ∂τ yz
2∂ϕ ∂τ zx
∂ϕ / ∂σ
n= .
∂ϕ / ∂σ
• se ϕ(σ) < 0, p = 0;
• se ϕ(σ) = 0 e n T σ < 0, p = 0;
• se ϕ(σ) = 0 e n T σ ≥ 0 (= 0 in plasticità perfetta), p ≠ 0.
σhk σhk
n σ
n
σ
( p = 0)
( p = 0)
(a) (b)
(σ ij − σ ij* ) p ij ≥ 0,
per qualunque stato di sforzo σ* interno al dominio elastico (ovvero tale che
ϕ(σ*) ≤ 0). In notazione matriciale, con ovvio significato dei simboli, la precedente
relazione diviene
(σ − σ *)T p ≥ 0, ∀ σ * :ϕ (σ *) ≤ 0.
p = λ n ;
σhk σhk p
σ
σ+d
σ σ*
p ϕ<0
σ* σij
σ (σ − σ *)T p > 0
Figura 1.11 − Percorso chiuso nello spa- Figura 1.12 − Convessità del dominio
zio degli sforzi che produce un incremento elastico per materiali che obbediscono al
infinitesimo delle deformazioni plastiche. principio del massimo lavoro plastico.
20 A. Corigliano – A. Taliercio Capitolo 1
Un materiale che obbedisce al principio del massimo lavoro plastico si dice stan-
dard. La legge di scorrimento (ovvero la legge di evoluzione delle deformazioni
plastiche incrementali) si dice associata quando viene scritta facendo intervenire il
gradiente della superficie di plasticizzazione:
∂ϕ
p = λ ,
∂σ
Si noti che, come nel caso uniassiale, vale sempre la “condizione di ortogonali-
tà” ϕλ = 0.
Se la superficie di plasticizzazione presenta dei punti angolosi, nei quali la
normale non è univocamente definita (v. Fig. 1.13b), quando il punto tensione σ
cade in una di tali singolarità la direzione secondo cui si sviluppano le deformazio-
ni plastiche incrementali ha il solo obbligo di cadere entro il cono definito dalle
normali estreme, ma è per il resto indeterminata. Se poi il dominio elastico non è
strettamente convesso, ma la sua superficie presenta dei tratti ‘piatti’ (v. Fig.
1.13c), può risultare
(σ − σ *)T p = 0,
ϕ(σ)=0
(c) σhk
p
σ1
σ2
σij
ϕ(σ)<0
ϕ(σ)=0
Figura 1.13 − (a) Legge di normalità delle deformazioni plastiche incrementali come
conseguenza dell’arbitrarietà di σ*; (b) punto angoloso in una superficie di plasticizzazio-
ne: non univocità della direzione del vettore delle deformazioni plastiche incrementali; (c)
dominio elastico non strettamente convesso.
∂ϕ ∂ϕ
ϕ = σ ij + k = 0.
∂σ ij ∂k
∂ϕ
λ = H σ ij ,
∂σ ij
∂ϕ ∂ϕ
( )
(σ ij1 − σ ij2 ) p ij1 − p ij2 = (σ ij1 − σ ij2 ) H
∂σ ij ∂σ hk
(σ hk
1
− σ hk2 ) ≥ 0
∂ϕ ∂ϕ 2
σ ij1 p ij2 = σ ij2 p ij1 = σ ij1 H σ ij ,
∂σ ij ∂σ hk
si ha quindi:
σ ij1 p ij1 + σ ij2 p ij2 − 2σ ij1 p ij2 = (σ ij1 − σ ij2 )( p ij1 − p ij2 ) ≥ 0 .
εij = cijhk σ hk
1
+ p ij1
,
εij = cijhk σ hk2 + p ij2
( )
0 = σ ij1 − σ ij2 cijhk (σ hk
1
( )(
− σ hk2 ) + σ ij1 − σ ij2 p ij1 − p ij2 )
Dalla positività del tensore di cedevolezza elastica e dal fatto che il secondo ad-
dendo non può mai essere negativo, per quanto dimostrato in precedenza, discende
che l’unico modo di soddisfare la relazione è ammettere σ ij1 = σ ij2 e cioè l’unicità
dell’incremento di sforzo per assegnato incremento di deformazione totale.
Si osservi che la proprietà inversa vale solamente per materiale elasto-plastico
incrudente, non per materiali elastico-perfettamente plastici.
Le relazioni di diseguaglianza sopra discusse e la proprietà di unicità del lega-
me incrementale inverso permettono altresì di dimostrare alcune fondamentali pro-
prietà che caratterizzano il problema elasto-plastico incrementale (cfr. Cap. 2).
Per concludere, può essere interessante ricavare l’espressione esplicita del legame
fra sforzi e deformazioni incrementali totali in campo elastoplastico. Limitatamente
al caso di materiale elastico-perfettamente plastico, si cerca l’espressione
dell’incremento di deformazione totale conseguente ad un incremento di sforzo che
produce deformazioni plastiche. Ricorrendo ancora per comodità alla notazione
matriciale, si può scrivere
σ = d (ε − p ) , con p = λ n ,
n σ = n d (ε − p ) = n d ε − λ n d n = 0,
T T T T
n d ε
T
λ = T
.
n dn
n d ε
T
σ = d ε − n T ≡ d ep ε ,
n d n
dove dep è detta matrice di rigidezza elastoplastica del materiale e dipende dallo sta-
to di sforzo (attraverso n) oltre che dalle proprietà elastiche del materiale. Esplici-
tamente, l’espressione di dep è
T
d nn d
d = d−
ep
T
.
n dn
E’ facile rendersi conto del fatto che, per materiali elastici – perfettamente plastici,
dep è singolare. In effetti, è immediato constatare che la forma quadratica nTdepn è
sempre nulla, qualunque sia il punto tensione sulla superficie di plasticizzazione
del materiale, essendo
T T
(n d n)(n d n)
n d n=
n dn − ≡0,
T ep T
T
n dn
il che è quanto dire che det(dep) = 0. La singolarità di dep fa sì che il legame sforzi –
deformazioni incrementali per un materiale elastico-perfettamente plastico non sia
invertibile. Questo risultato generalizza quanto visto nel caso monoassiale nel Par.
1.1: assegnato un incremento di sforzo tale da produrre deformazioni plastiche in-
crementali, non è univocamente determinato l’incremento di deformazione ad esso
corrispondente.
A questo punto è possibile riassumere l’insieme di relazioni che definiscono un
legame costitutivo elastoplastico con legge di scorrimento associata:
ε = e + p,
σ =de
ϕ (σ ,κ ) ≤ 0, ϕ (σ ,κ )λ = 0, λ ≥ 0
∂ϕ
p = nλ = λ
∂σ
Il legame costitutivo elastoplastico 25
Per la completa definizione del legame costitutivo alle relazioni sopra riportate
vanno aggiunte la definizione della matrice delle costanti elastiche d, la scelta della
funzione di snervamento ϕ e la legge di incrudimento che governa il parametro κ
(cfr. Par. 1.3.1).
ϕ = τmax− τ0 ≤ 0,
dove τ0 rappresenta la resistenza a taglio puro del materiale, detta anche “coesione”
nelle applicazioni geotecniche. E’ legata allo sforzo monoassiale di snervamento
del materiale (a trazione o compressione) dalla relazione τ0 = σ0/2.
Ricordando la costruzione grafica di Mohr (nota dalla Meccanica dei Solidi e
richiamata in Fig. 1.14), la tensione tangenziale massima è pari al raggio del più
grande fra i tre cerchi di Mohr che caratterizzano il generico stato di sforzo 3D:
26 A. Corigliano – A. Taliercio Capitolo 1
τ arbélo di
τmax Mohr
σI = σmax
σIII = σmin σII σ
Nello spazio degli sforzi principali, in base al criterio di Tresca il dominio elastico
del materiale è rappresentato da un prisma illimitato con sezione a forma di esago-
no regolare (Fig. 1.15a); nel caso di stati piani di sforzo (in cui ad es. σIII = 0), il
dominio corrisponde all’esagono mostrato in Fig. 1.15c. La sua intersezione con il
“piano deviatorico”, ortogonale all’asse idrostatico e passante per l’origine, è mo-
strata in Fig. 1.15d.
Il legame costitutivo elastoplastico 27
σII (d)
(c) σIII
σ0 n
v.Mises v.Mises
−σ0 Tresca
σ0 σI
Figura 1.15 – Dominio elastico di un materiale in base ai criteri (a) di Tresca e (b) di
von Mises; intersezioni dei domini di Tresca e von Mises (c) con il piano σIII = 0 e (d) con
il piano deviatorico.
ϕ = ωd − ωd0 ≤ 0.
(½ trS2)1/2 ≤ τ0,
dove si è fatta intervenire la resistenza a taglio puro del materiale, τ0. Ricordando il
legame fra sforzi totali e deviatorici, si ottiene anche
σx2 + σy2 + σz2 − σxσy − σyσz − σzσx + 3τxy2 + 3τyz2 + 3τzx2 ≤ 3τ02.
dove si è utilizzata la relazione che sussiste fra resistenza a taglio puro e sforzo di
snervamento monoassiale in base al criterio stesso: σ0/√3 = τ0. Tale disuguaglianza
rappresenta un cilindro illimitato a sezione circolare, equi–inclinato sull’asse idro-
statico (Fig. 1.15b). Nel caso piano, si ottiene l’ellisse mostrato in Fig. 1.15c; la sua
intersezione con il piano deviatorico è il cerchio rappresentato in Fig. 1.15d.
Quelle ora fornite sono le espressioni del dominio elastico iniziale del materiale, che coin-
cide col dominio corrente nel caso di materiale elastico – perfettamente plastico. Nel caso
di materiale ad incrudimento isotropo, i parametri τ0 e ωd0 (ovvero σ0) dipendono dalla sto-
ria di carico e si ha σ0 = σ0(κ). Nel caso d’incrudimento cinematico, σ0 rimane costante ma
l’espressione del dominio elastico si complica perché, in generale, il centro del dominio tra-
sla nello spazio degli sforzi in funzione della storia di carico ed è definito dal vettore β(κ).
π = σ ij p ij = σ T p .
Verrà pertanto determinata anche l’espressione esplicita di tale potenza con riferi-
mento ai due criteri sopra citati.
Nel caso del criterio di Tresca, il dominio elastico nello spazio degli sforzi
principali è definito dalle 6 disuguaglianze:
p I = λ , p II = −λ , p III = 0,
π = σ I p I + σ II p II + σ III × 0 = λ (σ I − σ II ) = 2λτ 0 ,
dove 2λ = p I − p II . Nel caso di stato piano di deformazione ( p III = 0), 2λ rap-
presenta il modulo del massimo scorrimento angolare plastico incrementale, γ max ,
subito dall’elemento di volume che si plasticizza, per cui si può anche scrivere:
π = τ 0 γ max
(v. anche [9]). Nel caso di stato di sforzo generico, si dimostra [5] che l’espressione
della potenza plastica dissipata è in generale
π = τ 0 (| p I | + | p II | + | p III |) ,
Le componenti del gradiente di ϕ(σ) nello spazio degli sforzi principali sono date
da
dove con SI, SII, SIII si sono indicati i valori principali dello sforzo deviatorico. Se
ne ricava che, per un materiale elastoplastico che obbedisce al criterio di von Mi-
ses, le deformazioni plastiche incrementali sono proporzionali allo sforzo deviato-
rico:
30 A. Corigliano – A. Taliercio Capitolo 1
1 3
σeq ≡ [(σI − σII)2 + (σII − σIII)2 + (σIII − σI)2]½ (= ( Sij Sij )1/ 2 ),
2 2
col che il dominio elastico del materiale risulta definito semplicemente da σeq ≤ σ0.
Analogamente, si definisce “deformazione plastica incrementale equivalente” lo
scalare
p eq =
3
2
[
( p I − p II ) 2 + ( p II − p III ) 2 + ( p II I − p I ) 2 ]
1/ 2
(=
2
3
( p ij p ij )1 / 2 ).
Si consideri una prova di trazione monoassiale (con σeq ≡ σI > 0, σII = σIII = 0) che
produca lo snervamento del materiale. Le corrispondenti deformazioni plastiche
incrementali valgono
1
p I = 3λS I = 2λσ I , p II = p III = − λσ I = − p I ,
2
da cui
p eq = λ
3
2
[
(2σ I − (−σ I )) 2 + 0 + (−σ II − 2σ II ) 2 ]1/ 2
= 2 λσ eq .
Il legame costitutivo elastoplastico 31
3Sij
= λ Sij
p ij 3= p eq
2σ eq
.
π = σ 0 p eq .
ε ij = eij + p ij
σ ij = d ijhk ehk
ϕ (σ ij , k ) =
S ij S ij − σ 0 − k (λ )
3
2
ϕ ≤ 0, ϕλ = 0, λ = 0
∂ϕ 3 S ij
p ij = λ= λ
∂σ ij 2 3
S hk S hk
2
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