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Comportamento delle strutture oltre il limite elastico

In generale, la deformazione è somma di due contributi:


- la deformazione elastica, che scompare quando si annullano le azioni che l’hanno
provocata;
- la deformazione plastica, che persiste anche dopo aver rimosso le azioni.

deformazione plastica

Solitamente, sotto l’azione dei carichi di esercizio, la deformazione plastica è trascurabile.


Solo se si supera un determinato livello tensionale, definito soglia di elasticità, i materiali
si plasticizzano, e gli incrementi di deformazione si fanno, a parità di aumento del carico,
via via maggiori.
Comportamento delle strutture oltre il limite elastico

Finché la risposta della struttura si mantiene sotto il limite elastico, la relazione tra carichi e
spostamenti è generalmente lineare.

Successivamente, per ulteriori incrementi dei carichi, la risposta cessa di essere


proporzionale, ed è caratterizzata di incrementi degli spostamenti via via più accentuati.
La transizione dalla fase elastica a quella plastica è individuata dal punto di
snervamento.

Il collasso plastico è caratterizzato dalla circostanza che modesti incrementi delle


azioni sono associati a notevoli incrementi degli spostamenti.

Il rapporto tra lo spostamento relativo al collasso plastico du e il punto di snervamento dy è


definito rapporto di duttilità:
du F
µ=
dy

d
dy du
Comportamento delle strutture oltre il limite elastico

Una struttura duttile presenta un comportamento più favorevole rispetto a quello elastico;
infatti essa può resistere ad azioni impreviste meglio di una struttura non duttile, poiché le
parti più sollecitate si deformano in campo plastico trasferendo parte delle loro
sollecitazioni alle parti più scariche. Ciò è valido se la struttura è iperstatica.

Oltre alla capacità di ridistribuire le sollecitazioni, tipica della risposta statica delle strutture
iperstatiche, le strutture duttili presentano una risposta migliore alle azioni sismiche,
poiché sono in grado di dissipare l’energia, a esse trasmessa dal moto del terreno, nei
cicli d’isteresi.
Materiali a comportamento duttile: l’acciaio

Acciaio per cemento armato B450C.

Acciaio laminato a caldo.

Valore nominale della tensione Valore nominale della tensione


caratteristica di snervamento caratteristica di rottura

f y nom = 450 MPa f t nom = 540 MPa

Utilizzabile in forma di barre


di diametro compreso tra 6 e
40 mm

Allungamento al massimo sforzo


( Agt ) k ³ 7.5%
Materiali a comportamento fragile: il calcestruzzo

La trasmissione degli sforzi all’interno del materiale è complessa e dipende dal fatto che il
calcestruzzo è composto dagli inerti e dalla pasta di cemento. Gli inerti, per effetto del più
elevato modulo elastico, trasmettono una quota parte del carico maggiore rispetto alla
pasta di cemento. In direzione normale all’azione applicata si manifesta un campo
tensionale, formato sia da trazioni sia da compressioni, complessivamente
autoequilibrato.
Materiali a comportamento fragile: il calcestruzzo

Il comportamento del materiale è caratterizzato dalle seguenti fasi:

0 < s £ 0.30 fc: il comportamento è pressoché elastico lineare;

0.30 fc < s £ 0.50 fc: le microfessure presenti tra inerti e pasta di cemento iniziano ad
accrescersi e a propagarsi a causa delle concentrazioni di sforzo all’apice delle
microfessure stesse;

0.50 fc < s £ 0.70 fc: le microfessure iniziano a collegarsi tra loro, interessando la pasta
di cemento;

s @ 0.80 fc: soglia di propagazione instabile delle fessure; mantenendo il carico costante
si perviene alla rottura con disgregazione del provino.
Materiali a comportamento fragile: il calcestruzzo

La forma della curva tensione-deformazione è simile per calcestruzzi a bassa, media e alta
resistenza; le differenze sono strettamente legate all’evoluzione del processo di
microfessurazione all’interno del materiale.

I diagrammi, pur mantenendo la stessa forma, sono diversi:


- nel ramo crescente, perché il modulo elastico aumenta all’aumentare della resistenza;
- nel ramo decrescente (softening), poiché il calcestruzzi a più elevata resistenza
presentano una pendenza più elevata e deformazioni ultime minori, risultando in un
comportamento più fragile.
Materiali a comportamento fragile: il calcestruzzo

Relazione costitutiva del calcestruzzo (Eurocodice 2)

sc kh - h 2
=
f c 1 + (k - 2)h

in cui:
ec e c1
h= k = Ec 0 Ec 0 = 1.1 Ecm
e c1 fc
ec1: deformazione alla tensione massima;
ecu: deformazione ultima;
Ec0: modulo elastico all’origine;
Ecm: modulo elastico secante a 0.4 fc.
Materiali a comportamento fragile: il calcestruzzo

Il comportamento del calcestruzzo può essere modificato significativamente attraverso il


confinamento.
In pratica, progettando opportunamente sezione e numero di staffe disposte nelle zone più
sollecitate degli elementi, si ottengono due risultati positivi:
- un aumento della resistenza a compressione;
- un significativo aumento della deformazione ultima.

Modello di Kent e Park per il ramo


softening di un calcestruzzo confinato.
La deformazione e50c, corrispondente a
una tensione uguale al 50% di fc dipende
dalla resistenza del calcestruzzo,
dall’area delle staffe e dal loro interasse,
dal rapporto tra l’interasse e la minima
dimensione trasversale del nucleo
confinato, dalla tensione di snervamento
delle staffe.
Materiale elastico-perfettamente plastico

Per materiali, come l’acciaio, che presentano una fase di snervamento ampia e ben
definita, si può adottare il diagramma bilineare elastico-perfettamente plastico.

A una fase lineare elastica segue una fase di plasticità perfetta che, per un materiale
ideale, non ha alcun limite alla deformazione.
Materiale rigido-plastico

Se le deformazioni elastiche sono così piccole rispetto a quelle plastiche da poter essere
trascurate, si ha il legame rigido-plastico.

Il legame rigido-plastico è utilizzato nell’analisi limite delle strutture, associandolo


all’ipotesi di non porre alcuna limitazione alla deformazione.
Materiale elasto-plastico incrudente

Questa schematizzazione è utilizzabile per modellare il comportamento di un acciaio di


armatura considerando la ripresa del carico una volta esaurito il fenomeno dello
snervamento.
La flessione plastica

Sezione con due assi di simmetria

Il diagramma delle deformazioni è lineare, con asse neutro coincidente con l’asse
baricentrico.

La curvatura c misura la pendenza del diagramma delle deformazioni:


x ε
e= =cx χ=
r x
con x: distanza della generica fibra dall’asse neutro.
La flessione plastica

Quando emax = ey (deformazione al limite elastico), i lembi della sezione raggiungono il


punto di snervamento, e si ha:

Me Me
fy = χe =
W EI

con fy: tensione di snervamento; Me: momento al limite elastico; ce: curvatura al limite
elastico.
La flessione plastica

Se si aumenta ancora il momento flettente, la massima deformazione supera il valore ey.


Nella parte della sezione dove la deformazione ha superato il valore ey, la tensione è
costante e uguale alla tensione di snervamento fy.

La parte della sezione in cui le deformazioni si mantengono inferiori al valore ey è ancora in


campo elastico. La curvatura può essere determinata dall’equazione:
ey
c=
xel
in cui xel individua la parte della sezione ancora in campo elastico.
La flessione plastica

All’aumentare del momento flettente, progredisce la plasticizzazione della sezione, la zona


elastica si riduce e il diagramma delle tensioni tende a un bi-rettangolo.
In questa condizione il momento flettente tende al momento plastico:
h
2
M p = lim M = 2 f y ò x b( x) dx = 2 f y S
c ®¥
0

con b(x): larghezza della fibra a distanza x dall’asse baricentrico e S: momento statico di
metà sezione rispetto all’asse baricentrico.
La flessione plastica

La quantità 2S viene indicata modulo plastico, poiché si ha:


Mp
fy =
2S

Il guadagno di resistenza che si ottiene nel passaggio da Me a Mp ha l’espressione:

Mp 2 S fy 2S h S h
= = =
Me W fy I 2 I

ed è legato unicamente alla forma della sezione.

Per una sezione rettangolare, si ha:


b h3
bh h b h3 Mp S h 12
S= I= = = 83 = = 1.5
2 4 12 Me I bh 8
12
La flessione plastica

Per una sezione a doppio T limite, si ha:

A h2
Ah A h2 A h2 Mp S h 2 2
S= I =2 = = = 2
=1
22 2 4 2 2 Me I Ah
2 2

Mp
Me

c
cy
La flessione plastica

La condizione al limite plastico viene raggiunta nell’ipotesi che il materiale possa


raggiungere deformazioni infinitamente grandi.
Tale condizione nella realtà non è mai raggiunta, poiché il materiale ha un limite alle
deformazioni, e raggiunge la rottura quando:
e max = e u
dove eu è la deformazione ultima.

In tali condizioni il momento limite assume un valore minore del momento plastico Mp e
tale valore è funzione della duttilità disponibile:
e u cu
µ disp = =
e y ce
In questa situazione la trave non è completamente plasticizzata e l’estensione della zona
elastica è:
ey h
xel =
eu 2
Quanto più la trave è duttile, tanto più il momento limite si avvicina al momento plastico.
La flessione plastica

Sezione con un solo asse di simmetria

fy fy fy fy

fy fy
Me Mp
La flessione plastica

Scarico

Avviene elasticamente.
fy

fy

A seguito dello scarico nasce nella sezione uno stato di coazione (risultante nulla e
momento risultante nullo).

Stati di coazione sono sempre presenti nei profili in acciaio, a seguito della laminazione e
del successivo raffreddamento.
La flessione plastica

Gli stati di coazione modificano la legge momento-curvatura, in quanto una parte delle
fibre, in cui è presente una tensione iniziale, raggiunge prima la plasticizzazione.

Nel limite, il momento plastico rimane sempre uguale a Mp, ossia le coazioni non
modificano il momento plastico.
fy

M p = 2 fy S

fy
La cerniera plastica

In una trave inflessa, soggetta a momento


flettente costante, i diagrammi di tensione
e deformazione si ripetono identici in tutte
le sezioni.
Differente è il comportamento della stessa
trave quando il momento flettente varia da
sezione a sezione.
L’estensione della zona plasticizzata è
limitata alla parte della trave in cui il
momento flettente supera il momento al
limite elastico. In tale zona si verifica una
concentrazione di curvatura.
In maniera semplificata, le curvature
vengono concentrate in un’unica sezione,
in cui si immagina di porre una cerniera
plastica. In corrispondenza della cerniera
plastica, il momento è uguale a momento
plastico Mp. La capacità di rotazione della
cerniera plastica è limitata dalla duttilità
disponibile dal materiale.
Strutture isostatiche e iperstatiche

Una struttura si dice isostatica (staticamente determinata) se il suo stato di


sollecitazione può essere determinato sulla base di sole equazioni di equilibrio.

Una struttura si dice iperstatica (staticamente indeterminata) se il suo stato di


sollecitazione non può essere determinato solo sulla base di equazioni di equilibrio, ma
richiede di considerare:
a) equilibrio;
b) congruenza;
c) relazioni costitutive del materiale.
Strutture iperstatiche

Nel caso delle strutture iperstatiche, la determinazione del campo tensionale dipende
anche del modello costitutivo del materiale, poiché le disponibilità di resistenza e
duttilità modificano il campo di sollecitazione e quindi la capacità resistente.

Il problema si presenta nella generalità dei casi molto complesso, ed è spesso affrontato
adottando drastiche semplificazioni per simulare da un punto di vista meccanico il
comportamento locale dei diversi componenti.

Ad es. il concetto di cerniera plastica consente di eseguire analisi in campo plastico in


modo semplice ed efficace.
Analisi rigido-plastica

Si concentrano le curvature nelle cerniere plastiche, trascurando le curvature nelle


restanti parti delle travi.

Nelle cerniere plastiche, il massimo momento flettente è uguale al momento plastico Mp.
Nelle cerniere plastiche si assume un comportamento rigido-plastico e duttilità illimitata.
Analisi rigido-plastica

Strutture isostatiche

La formazione della prima cerniera plastica rende labile la struttura (ovvero trasforma la
struttura in un meccanismo).
pc

1
Mp Mp = pc ! 2
8

Mp

Quando nella sezione di mezzeria il momento flettente uguaglia il momento plastico Mp,
si attiva la cerniera plastica e si perviene al collasso plastico per labilizzazione della
struttura. Il carico corrispondente pc è denominato carico di collasso:
8Mp
pc =
!2
Analisi rigido-plastica

Strutture iperstatiche

Nelle strutture iperstatiche, occorre formare più cerniere plastiche per realizzare un
meccanismo.

Ciò si traduce, in generale, in un aumento di capacità portante, a condizione che le


cerniere che si formano per prime posseggano capacità di rotazione (duttilità) sufficiente
per attivare l’ultima cerniera, che trasforma la struttura in un meccanismo.

Diagramma dei momenti


flettenti in campo elastico
Analisi rigido-plastica

Formazione delle cerniere plastiche agli incastri.

py: carico che attiva le cerniere plastiche agli incastri:


12 M p
py =
!2
Analisi rigido-plastica

Se si incrementa il carico (p > py), il momento flettente agli incastri rimane costante e
uguale a Mp.

L’incremento di carico viene equilibrato da un incremento di M in mezzeria.

Si ha cioè una ridistribuzione del diagramma dei momenti flettenti: la sezione di


mezzeria, inizialmente meno sollecitata, assorbe gli incrementi di momento flettente,
mentre le sezioni agli incastri, inizialmente più sollecitate, hanno un momento flettente che
rimane costante e uguale al valore Mp.
Analisi rigido-plastica

Ulteriori incrementi di carico possono essere applicati fino alla formazione di una terza
cerniera plastica in mezzeria.

Il collasso per trasformazione della struttura in un meccanismo avviene quando anche in


mezzeria si raggiunge il momento plastico Mp.
Analisi rigido-plastica

Il corrispondente carico di collasso pc si ricava dalla condizione di equilibrio:


1 16 M p 4
pc ! 2 = 2 M p pc = = py
8 !2 3
ossia un carico del 33% superiore a quello che attiva le prime cerniere plastiche agli
incastri.

Ciò è possibile se le cerniere plastiche agli incastri sono in grado di assorbire le rotazioni
richieste dall’incremento di carico pc – py:

q A, rich = q B , rich =
( p
c - p y ) !3
24 EI

In alternativa al calcolo rigoroso dei diagrammi di sollecitazione al collasso, spesso le


normative consentono di ridistribuire in maniera arbitraria i momenti flettenti ottenuti
dall’analisi elastica, nel rispetto dell’equilibrio, ed evitando situazioni di fragilità locali. Il
soddisfacimento di queste condizioni è verificato sulla base dei limiti imposti in funzione
del tipo strutturale, della posizione dell’asse neutro a rottura, della classe del
calcestruzzo e del tipo di acciaio di armatura.
Iperstaticità e ridondanza

Una struttura iperstatica è in grado di utilizzare appieno le sue capacità di ridistribuzione


delle sollecitazioni, a patto di possedere adeguata resistenza e duttilità.

Non è però sempre vero che tutte le riserve iperstatiche disponibili siano effettivamente
utilizzabili. Infatti, una parziale o addirittura nulla capacità di ridistribuzione può essere
conseguenza sia di un’errata distribuzione di duttilità, sia di resistenza, sia di entrambe.
Iperstaticità e ridondanza

Errata distribuzione di duttilità

Se la capacità di rotazione delle cerniere in A e B è inferiore alla richiesta di rotazione:

q A, rich = q B , rich =
( p
c - p y ) !3
24 EI
il collasso si raggiunge anticipatamente alla formazione della terza cerniera in C. Si ha
dunque una riduzione del carico di collasso, causato da una deficienza di duttilità.
Iperstaticità e ridondanza

Errata distribuzione di resistenza

Se il momento plastico positivo è pari alla metà del momento plastico negativo, quando si
formano le cerniere agli incastri (a momento negativo) si forma anche la terza cerniera in
campata (a momento positivo).
Il carico di collasso coincide quindi con il carico che attiva le prime cerniere agli incastri:
pc = p y
e la struttura non ha capacità di ridistribuire le sollecitazioni.
Fondamenti della gerarchia delle resistenze

Si esamina il comportamento a rottura di una catena, che simula la risposta di una


struttura composta da n + 1 elementi disposti in serie.
Si suppone che tutti gli elementi abbiano comportamento fragile, tranne uno, la cui rottura
è duttile.

La catena è sollecitata da un carico P crescente fino a rottura.


Il carico al limite elastico dell’elemento duttile è Pi, e P0 è il suo carico di rottura.

Il carico limite degli elementi fragili Pis è maggiore del carico P0.
Fondamenti della gerarchia delle resistenze

La risposta è elastica lineare fino al livello Pi.

Superato il limite elastico, la struttura entra in campo plastico, fino al carico P0, che
rappresenta il suo carico di collasso, raggiunto per rottura dell’elemento duttile, mentre
tutti gli elementi fragili sono ancora in campo elastico.

Malgrado la struttura sia costituita da n elementi fragili e un solo elemento duttile, il


comportamento risultante è duttile; infatti, gli elementi fragili sono protetti dall’elemento
duttile tramite un adeguato sovradimensionamento.
Fondamenti della gerarchia delle resistenze

Le considerazioni precedenti tratteggiano nei suoi aspetti essenziali una filosofia di


progettazione, che prende il nome di gerarchia delle resistenze (capacity design), che si
basa sui seguenti punti:

- sono definite con chiarezza le parti strutturali sedi di plasticizzazioni, queste sono
studiate con attenzione in termini di duttilità disponibile e di accuratezza nei particolari
costruttivi;

- le zone fragili sono protette attraverso un accurato dimensionamento delle zone più
duttili, che vengono sacrificate a questo fine.

- in questo modo le zone fragili sono vincolate a restare elastiche.


Fondamenti della gerarchia delle resistenze

Seguendo questo approccio, si preferisce favorire un comportamento prevalentemente


flessionale degli elementi strutturali, evitando le rotture a taglio, che hanno carattere
fragile.

Attraverso la cura dei particolari costruttivi si fornisce un’adeguata duttilità alle zone
nelle quali si prevede la plasticizzazione.

Allo stesso modo si proteggono i pilastri rispetto alle travi, assicurando ai primi
un’adeguata sovraresistenza.

Infine, si assicura l’integrità dei nodi trave-pilastri al collasso, poiché in questi si possono
verificare rotture locali particolarmente fragili e insidiose.
Diagramma momento-curvatura di una trave in c.a.

La determinazione del diagramma momento-curvatura per una trave in cemento armato è


più complessa, in quanto dipende dal comportamento a rottura di due materiali
caratterizzati da relazioni costitutive completamente diverse: il calcestruzzo e l’acciaio.

La modalità con cui una trave in c.a. perviene al collasso varia a seconda della quantità e
disposizione delle armature longitudinali.
Diagramma momento-curvatura di una trave in c.a.

Dalla progettazione di dettaglio dell’armatura discende infatti il tipo di rottura, che può
avvenire secondo due modalità distinte.

a) Rottura duttile
1) Snervamento dell’acciaio di armatura
2) Schiacciamento del calcestruzzo compresso

b) Rottura fragile
1) Schiacciamento del calcestruzzo compresso con l’acciaio ancora in campo elastico

Nell’analisi del diagramma momento-curvatura dei una trave in c.a. si assume che:
- le sezioni della trave si mantengano piane;
- vi sia perfetta aderenza tra acciaio e calcestruzzo.
Diagramma momento-curvatura di una trave in c.a.
Diagramma momento-curvatura di una trave in c.a.

I stadio

I stadio

Per bassi valori del carico, la sezione della trave è tutta reagente poiché il calcestruzzo è
ancora integro – non fessurato – in zona tesa; la massima tensione di trazione non
supera la resistenza a trazione e il diagramma delle tensioni si può considerare lineare.

La legge momento curvatura si ricava applicando la teoria elastica:

M = Ec Ig c
in cui Ig: momento d’inerzia dell’intera sezione omogeneizzata, considerando reagente il
calcestruzzo teso.
Diagramma momento-curvatura di una trave in c.a.

Il I stadio termina quando si raggiunge la resistenza a trazione per flessione del


calcestruzzo al lembo teso.

y : distanza dell’asse neutro dal lembo compresso

f cf : resistenza a trazione per flessione

Mf
Ig
(h - y ) = f cf
M f : momento di prima fessurazione

Mf
cf =
Ec I g
Diagramma momento-curvatura di una trave in c.a.

II stadio

II stadio

Se la trave è sufficientemente armata, superato il momento di prima fessurazione, iniziano


ad apparire le prime fessure nella zona tesa e la trave subisce una brusca riduzione di
rigidezza.
Diagramma momento-curvatura di una trave in c.a.

d: altezza utile della trave


C: risultante di compressione
C
T: risultante di trazione

Equilibrio alla traslazione:


C =T
T
Momento flettente:
M =C z =T z

z: braccio delle forze interne


L’asse neutro si alza rispetto alla posizione baricentrica, il calcestruzzo porta unicamente
tensioni di compressione al di sopra dell’asse neutro e le trazioni sono assorbite
esclusivamente dall’acciaio di armatura.

Se il livello deformativo non è troppo elevato, il diagramma delle tensioni può ancora
ritenersi lineare.
Diagramma momento-curvatura di una trave in c.a.

III stadio

III stadio

La plasticizzazione dell’acciaio di armatura in zona tesa determina l’inizio del III stadio:
l’ampiezza delle fessure cresce rapidamente, l’asse neutro si sposta ancora più verso
l’alto, la risposta del calcestruzzo non può più ritenersi lineare; la rigidezza della trave
diminuisce fino ad annullarsi.
Diagramma momento-curvatura di una trave in c.a.

L’acciaio teso è in campo plastico; la risultante di trazione T è costante e uguale a:


T = A fy
Anche la risultante di compressione C, dovuta al calcestruzzo, è costante e uguale in
modulo a T, per l’equilibrio.
C

M p = A fy z

fy 1
cp =
Ea d - y

Per ottenere lievi incrementi di momento flettente (M > Mp) è necessario aumentare il
braccio delle forze interne z, ossia alzare ulteriormente l’asse neutro.
Per mantenere costante la risultante di compressione è allora necessario aumentare la
deformazione al lembo compresso. Ciò comporta forti deformazioni al lembo teso –
assorbite dall’acciaio in campo plastico – e conseguentemente forti curvature.
Diagramma momento-curvatura di una trave in c.a.

Collasso della sezione Schiacciamento del


calcestruzzo al
lembo compresso

Fessurazione del
calcestruzzo teso

Snervamento
dell’armatura tesa

Se la trave è armata in modo tale da assicurare un’adeguata duttilità, il collasso viene


raggiunto per schiacciamento del calcestruzzo al lembo compresso, dopo lo
snervamento dell’acciaio teso (rottura duttile).
Diagramma momento-curvatura di una trave in c.a.

Rottura duttile/fragile

Si è finora ipotizzato che lo snervamento dell’acciaio a trazione avvenga quando il


calcestruzzo non ha ancora raggiunto la sua deformazione ultima a compressione (rottura
duttile).

Se invece accade che il calcestruzzo raggiunge la sua deformazione ultima con l’acciaio
in campo elastico, si verifica il collasso improvviso della sezione (rottura fragile). Questo
comportamento è tipico delle sezioni in cui sono presenti forti quantitativi di armatura
tesa.

Il diagramma si arresta in un punto


del II stadio. Il III stadio è assente.

Rottura del calcestruzzo


Diagramma momento-curvatura di una trave in c.a.

Rottura duttile Rottura calcestruzzo a compressione


Acciaio snervato

Rottura calcestruzzo a compressione


Rottura fragile
Acciaio in campo elastico
Diagramma momento-curvatura di una trave in c.a.

La realizzazione della rottura duttile può essere considerata come un’applicazione del
principio della gerarchia delle resistenze.

L’acciaio di armatura (elemento duttile) deve potersi snervare a trazione prima che il
calcestruzzo (elemento fragile) raggiunga la rottura a compressione. Ciò viene ottenuto
evitando sezioni fortemente armate: un’armatura eccessiva porterebbe le trazioni in
campo elastico, spostando la rottura sul calcestruzzo (rottura fragile).
Diagramma momento-curvatura di una trave in c.a.

Cerniera plastica per la trave in c.a

Momento flettente

Curvatura

Concentrazione di
curvatura in una
zona limitata
Diagramma momento-curvatura di una trave in c.a.

Passaggio dal I al II stadio

Nel passaggio dal I al II stadio, si ha un improvviso trasferimento delle trazioni dal


calcestruzzo teso alle armature.

Per quantitativi molto deboli di armatura tesa, quest’ultima può essere insufficiente ad
assorbire la risultante di trazione, determinando il collasso prematuro della trave.
Diagramma momento-curvatura di una trave in c.a.

Tale situazione può essere evitata disponendo in zona tesa l’armatura longitudinale
minima di normativa:
f ctm
As , min = 0.26 bt d ³ 0.0013 bt d
f yk

in cui:
bt rappresenta la larghezza media della zona tesa; per una trave a T con
piattabanda compressa, nel calcolare il valore di bt si considera solo la larghezza
dell’anima;
d è l’altezza utile della sezione;
fctm è il valore medio della resistenza a trazione assiale del calcestruzzo;
fyk è il valore caratteristico della resistenza a trazione dell’armatura.
Diagramma momento-curvatura di una trave in c.a.

Esempio numerico

Calcestruzzo di classe 20/25 Acciaio B450C


f ck = 20 MPa f yk = 450 MPa
f ctm = 0.30 f ck2 / 3 = 2.21 MPa

Sezione rettangolare
bt = 30 cm
d = 50 cm

Armatura longitudinale minima in zona tesa


f ctm 2.21
As , min = 0.26 bt d = 0.26 30 50 = 0.0013 30 50 = 1.95 cm 2
f yk 450

Si dispone un’armatura composta da 2Ø12


A = 2.26 cm 2

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