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Lezione n.

6 COSTRUZIONE DI MACCHINE I
(2 ore)
EFFETTO D’INTAGLIO
Effetto d’intaglio elastico Kt e diagrammi caratteristici. Condizione
limite statica di un componente intagliato e formule di verifica

Consideriamo ora la trave di Fig. 1che presenta una variazione di sezione: con le ipotesi di De
Saint Venant possiamo calcolare lo stato di sforzo esclusivamente nelle zone 1 e 3, lontane dalla
variazione di sezione, nelle quali risulta:

F F
σ1 = σ3 =
h ⋅b H ⋅b
Analogia idraulica:
F Q
σ= ⇔V =
A A
possiamo quindi farci un’idea di come va il flusso e gli sforzi nella sezione perturbata (Fig. 1.b).

H 3

2
R

h
1

Fig. 1 - Lastra intagliata sottoposta a trazione: a) geometria della trave; b) analogia idraulica; c) reale andamento
degli sforzi nella sezione 2 detta ‘di intaglio’.

L’effettiva distribuzione degli sforzi nella sez. 2, rappresentata qualitativamente in Fig.1.c, è quindi
caratterizzata da un valore massimo dello sforzo σmax maggiore dello sforzo nominale , σnom, che si
avrebbe se la sezione fosse uniforme.
Tale concentrazione di sforzo viene detta ‘effetto d’intaglio’. La sezione 2, ovvero la sezione minima
della trave in corrispondenza della variazione della sezione, è detta la ‘sezione d’intaglio’ o ‘sezione
intagliata’.

L’analogia idraulica permette intuitivamente di capire che quanto è più brusca la variazione di
sezione tanto maggiore è l’addensamento del flusso (fig. 2). Le grandezze dalle quali dipenderà
l’effetto d’intaglio possiamo quindi immaginare che siano H/h ed il raggio di raccordo r.
r2 < r1
r2
r1

Fig. 2 – Confronto tra intagli diversi: la concentrazione di sforzo aumenta


al diminuire del raggio di raccordo.

Gli intagli sono molto comuni negli elementi delle macchine e derivano dalle tipiche morfologie
funzionali di diversi organi. Esempi di intagli molto comuni sono: i fori per il passaggio delle viti in
una giunzione bullonata, lo spallamento di un albero realizzato per permettere l’alloggiamento di
un cuscinetto, la filettatura di una vite, il raccordo al piede dei denti delle ruote dentate, la sede
delle linguette, una giunzione saldata (Fig. 3).

Fig. 3 – Comuni intagli negli organi di macchine

Il problema della valutazione dell’effetto di intaglio si affronta introducendo un opportuno


coefficiente correttivo detto “coefficiente d’intaglio” (o anche coefficiente di sovrasollecitazione) –
Kt- che esprime il rapporto tra lo sforzo effettivo massimo e lo sforzo nominale sulla sezione.
Ovvero, considerando la trave di Fig. 3.1 lo sforzo nominale (lo sforzo che si avrebbe se fossero
valide le ipotesi di De Saint Venant) nella sezione d’intaglio 2 risulta:

F
σ nom =
h ⋅b
Detta σmax la massima sollecitazione reale presente nella sezione, si definisce coefficiente di
sovrasollecitazione teorico Kt (che risulta sempre un numero maggiore di 1) il rapporto:
σ max
Kt = (3.2)
σ nom

L’unica condizione posta su questa definizione è che il materiale (ioptizzato omogeneo ed isotropo)
sia sollecitato in campo di proporzionalità: con questa ipotesi Kt dipende solo dalla geometria del
problema e non dal materiale o altro. Quindi con geometrie proporzionali il valore di Kt è lo stesso.
Val la pena notare come in campo di proporzionalità :
σ max ε max
Kt = =
σ n om ε n om

Il coefficiente di sovrasollecitazione teorico Kt viene di solito rappresentato graficamente, come in


Fig. 4, in funzione di due parametri adimensionali che caratterizzano la geometria dell’intaglio. Nel
caso della lastra rettangolare tali parametri, come già prima accennato (Fig. 3.2), sono: H/h ed
r/h.

Fig. 4 - Andamento di Kt per una lastra rettangolare con variazione di sezione


soggetta ad azioni assiali

Se la sezione rettangolare con variazione di sezione viene sottoposta a momento flettente, la


distribuzione qualitativa degli sforzi nella sezione 2 ed il diagramma caratteristico del Kt sono
rappresentati in Fig. 5.
Val la pena annotare come il Kt della lastra inflessa sia minore, a parità di geometria, di quello
della lastra soggetta ad azione assiale. Questa osservazione è di carattere generale: il coefficiente
di sovrasollecitazione, essendo determinato dalla distribuzione degli sforzi nella sezione, dipende
dal tipo di sollecitazione cui è sottoposta la sezione.

Fig. 5 - Andamento di Kt per una lastra rettangolare con variazione di sezione soggetta ad azioni
flettenti
Esempio 3.1
Data una trave rettangolare sottile con variazione di sezione (H= 120 mm, h= 80 mm, r= 10 mm) e spessore b = 10 mm,
soggetta ad un carico di trazione F= 100 kN.
Si ricavi lo sforzo massimo al fondo della sezione minima resistente.

Lo sforzo nominale risulta:


F
σ n om = = 125 MPa
h ⋅b
I parametri geometrici adimensionali della sezione risultano: H/h = 1.5 ed r/h= 0.125. Tramite questi due valori dal
grafico di Fig. 3.4 si ottiene: Kt ≈ 2.

Lo sforzo massimo agente risulta quindi:

σ max = Kt ⋅ σ n om = 250 MPa

In generale di diverse geometrie comuni esistono delle raccolte di soluzioni del coefficiente
d’intaglio raccolte in forme di diagrammi del tipo di quelli mostrati. Nel seguito si esaminano
alcuni tipi comuni di intaglio.

Fori
Un comune intaglio in una sezione rettangolare sottilepuò essere un foro passante con asse
perpendicolare all’asse della trave. In questo caso (vedi Fig. 3.6) la massima perturbazione del
flusso degli sforzi si ha in corrispondenza del piano passante per l’asse del foro.
La sollecitazione nominale nella sezione minima è data da:

F
σ nom = (3.4)
(h − d ) ⋅ b
che è il rapporto tra la risultante F e la sezione resistente (b − d ) ⋅ h .
F

F
Fig. 6 - Lastra forata sottoposta a trazione: andamento qualitativo degli sforzi longitudinali nella
sezione minima resistente

I valori del Kt per la lastra forata soggetta ad azioni assiali sono riportati in Fig. 7.

Se il foro è di piccole dimensioni rispetto alla lastra (b→∞), il coefficiente d’intaglio risulta Kt = 3 .
Fig. 7 – Fattore di concentrazione delle tensioni per una lastra forata soggetta ad azioni assiali

La concentrazione di sforzo al bordo di un foro ellittico caratterizzato dai semiassi c ed a (Fig. 8)


in una lastra di larghezza infinita è esprimibile mediante la relazione:

c
Kt = 1 + 2 ⋅   (3.5)
a
Il foro circolare può essere considerato un caso particolare del foro ellittico: infatti per c/a=1 e la
(3.5) restituisce Kt =3.
Considerando una lastra contenente un foro ellittico è possibile valutare l’effetto della forma del
foro: ad esempio con b/a = 3 si ricava Kt=7, mentre se b/a =0.33 la concentrazione si sforzo
scende a Kt= 1.67. Ciò è dovuto al più agevole flusso delle tensioni attorno al foro orientato in
direzione longitudinale (Fig. 8).

Fig. 8 – Concentrazione di sforzo per un foro ellittico: Kt dipende dalla forma del foro.
Intagli in alberi
Considerando un intaglio ad U in una lastra sottile soggetta ad azione assiale ed una analoga
geometria in un albero, lo stato di sforzo è completamente diverso. Nella lastra si ha uno stato di
sforzo mono-assiale nel punto più sollecitato, mentre nell’albero lo stato di sforzo per la presenza
dell’intaglio è biassiale (Fig. 9). In particolare la componente di sforzo σ2 è dovuta alle contrazioni
trasversali impedite nella zona dell’intaglio e tende a ν⋅σ1 (lo stesso effetto si ha nelle lastre gia’
esaminate nella sezione precedente all’aumentare del rapporto tra spessore – b- e r).

Tale componente di sollecitazione viene di solito trascurata ai fini delle verifiche, perche’ sia con il
criterio di Guest che con Rôs-Eichinger la σ* risulta più gravosa trascurando σ2 . In questo caso il
Kt si definisce come il rapporto tra lo sforzo principale massimo σ1 e lo sforzo monoassiale
nominale:
σ1, max
Kt = (3.8)
σ n om

Il coefficiente d’intaglio per alberi intagliati si ricava dai risultati delle lastre sottili per mezzo di
coefficienti di “tridimensionalità” ricavate da soluzioni note di alcuni semplici intagli nei solidi
circolari [2]. Nella Fig. 10 sono riportati i coefficienti d’intaglio per alberi con spallamenti e gole
circonferenziali soggetti a momenti flettenti.

Fig. 9 – Confronto tra lo stato di sforzo di una lastra ed un albero intagliati.

Fig. 10 – Fattore di concentrazione delle tensioni per un albero

Nel caso l’albero sia soggetto ad azioni torcenti si definisce un coefficiente d’intaglio per gli sforzi
torsionali definito come:
τ max
Kt = (3.9)
τ n om

In Fig. 11 è riportato il coefficiente d’intaglio per un albero con variazioni di sezione soggetto ad
azioni torcenti.

Fig. 11 – Fattore di sollecitazione delle tensioni per alberi soggetti ad un momento torcente.

Condizione limite di componenti intagliati sollecitati staticamente

Per valutare le conseguenze della presenza degli intagli sul dimensionamento degli organi di
macchina occorre analizzare in dettaglio la condizione limite dei componenti intagliati al variare
del tipo di materiale. In particolare si definisce il coefficiente d’intaglio statico sperimentale,
indicato con βk , il rapporto tra il carico limite in un pezzo liscio Flim e l’effettivo carico limite F’lim
dovuto alla presenza dell’intaglio.

Supponiamo di esaminare il comportamento di un componente semplice quale una lastra forata


avente la geometria riportata in fig. 15 all’aumentare del carico applicato. Sia inoltre d<<h,
cosicchè risulti Kt=3.
Data una forza F, le sollecitazioni caratteristiche nel pezzo risultano:

F F
σ n om = = - sollecitazione nominale
(h − d ) ⋅ b A
F F
σ max = Kt ⋅ = Kt ⋅ - sollecitazione massima
(h − d ) ⋅ b A

Fig. 15 – Geometria della lastra forata della quale si analizza il comportamento all’aumentare del carico

Una barra liscia avente la medesima sezione del nostro pezzo cede quando lo sforzo nominale
raggiunge il carico di rottura, ovvero in corrispondenza di una forza Flim:

Flim = σ R ⋅ A
Materiale fragile
Si consideri dapprima il caso di un materiale perfettamente fragile, caratterizzato da un
diagramma lineare fino al carico di rottura σr .
La condizione limite del pezzo intagliatosi raggiunge quando nel punto più sollecitato della
sezione, cioè sulla superficie interna del foro, si raggiunge uno sforzo pari a σR : infatti in quel
punto si genera una frattura che rapidamente si propagherà all’intera sezione provocando la
rottura di schianto del pezzo. La forza massima F’lim che il pezzo è in grado di sopportare è quindi
il carico che provoca uno sforzo σR nel punto più sollecitato, ovvero quando:

F ' lim
σ max = K t ⋅ = σr
A

σR ⋅ A
da cui si ricava: F 'lim =
Kt

Ne risulta: β k = Flim /F’lim = Kt


Nel caso della lastra forata (Kt=3), ciò significa che il pezzo intagliato sopporterebbe un carico pari
a 1/3 di quello sopportabile dal pezzo liscio .

Materiale duttile

Consideriamo ora lo stesso pezzo realizzato in un materiale elasto-plastico perfetto.


Consideriamo dapprima la forza F1 (possiamo chiamarla forza di prima plasticizzazione Fsn) che
provoca uno sforzo massimo pari allo snervamento del materiale:
σ sn ⋅ A
F1 = Fsn =
Kt

A differenza di quanto accade per il materiale fragile, il componente è in grado di sopportare


carichi maggiori di F1 . Infatti sollecitando il pezzo oltre F1 , le fibre del materiale se deformate oltre
ε non cedono localmente ma si allungano restituendo uno sforzo costante pari allo sforzo di
snervamento fino ad esaurire il campo plastico del materiale.
In particolare per carichi che eccedono quelli di prima plasticizzazione la distribuzione delle
deformazioni si amplifica con lo stesso andamento qualitativo. Considerando una forza F2 > F1 la
distribuzione qualitativa delle deformazioni ha l’andamento riportato in Fig. 16. La sollecitazione
delle fibre più tese (σ > ε ) rimane uguale a σsn: in conseguenza di ciò l’andamento delle
sollecitazioni ha un tratto costante. Ovviamente la risultante delle sollecitazioni è pari alla forza
applicata F2 .

σ ε⋅E
εmax,1 εmax,2

σ
σsn
2
2
1
1

εsn ε

Fig. 16 - Andamento di sforzi e deformazione nella sezione forata per carichi che eccedono il carico
F1 di prima plasticizzazione

Aumentando ulteriormente la forza, il diagramma delle deformazioni cresce in modo continuo,


mentre per il diagramma degli sforzi la parte con sforzo costante σ=σsn, corrispondente alle fibre
snervate, si estenderà. Come condizione limite tale plasticizzazione interesserà tutta la sezione
utile del componente e quindi:
F 'lim = σ sn ⋅ (h − d ) ⋅ b = σ sn ⋅ A

Se consideriamo una struttura di riferimento senza intaglio costruita con lo stesso materiale e
avente la medesima sezione resistente, la sua condizione limite è ancora la completa
plasticizzazione della sezione, cioè:

Flim = σ sn ⋅ (h − d ) ⋅ b

Ne risulta quindi per il componente intagliato in materiale elasto-plastico :

Flim
βk = '
=1
Flim

Ovvero l’intaglio non determina alcuna penalizzazione della capacità di carico ultima della sezione.

Scarico e tensioni residue

E’ interessante analizzare il comportamento di un pezzo intagliato quando viene rimosso il carico.


Supponiamo per semplicità di partire dal componente non completamente plasticizzato soggetto
alla forza F2 ed immaginiamo di rimuovere il carico. Come già visto nella sezione 1.3.2
relativamente alla flessione elasto-plastica, rimuovere il carico corrisponde a sovrapporre alla
distribuzione di sforzo corrente quella corrispondente ad una forza –F2 . Se il materiale ha un
diagramma elasto-plastico simmetrico, le fibre che hanno plasticizzato durante la fase di carico
possono sopportare uno sforzo elastico fino a -σsn: ovvero ogni fibra può sopportare uno sforzo di
compressione pari a -2σsn prima di plasticizzare a compressione.
Se la forza –F2 non è in grado di plasticizzare il materiale (ovvero se Kt⋅σnom < 2σsn), il diagramma
di sforzi corrispondenti alla forza -F2 corrisponde quindi ad una distribuzione di sforzi
corrispondenti a quelli elastici (Fig. 17).

Scarico

Carico

Fig. 17 - Andamento delle tensioni durante la fase di carico e scarico

Lo stato di sforzo risultante è dato dalla differenza dei due (Fig. 18): rimangono delle tensioni
residue che possono essere anche di notevole entità nei pressi del foro.

Fig. 18 - Andamento delle tensione residue

La progettazione dei componenti con intaglio soggetti a carichi statici

Sulla base di quanto trattato nella sezione precedente, si possono sintetizzare le seguenti formula
per il dimensionamento di organi di macchina soggetti a carichi statici.

Per i materiali fragili, considerando che la condizione limite per il materiale è rappresentata dal
carico unitario di rottura :
σR
σ≤
β K ⋅η R

poiché βk=Kt ne risulta:


σR
σ≤
kT ⋅ η R

dove il coefficiente di sicurezza a rottura ηR è compreso tra 2 e 4.

Le formule per il calcolo di componenti intagliati in materiali duttili si basano sulla capacità del
materiale di accomodare plasticamente i picchi di sollecitazione locali dovuti agli intagli.
Per i materiali con tratto elasto-plastico si assume βk =1 e quindi :
σ sn σ
σ≤ = sn = σ amm
βK ⋅η η

dove il coefficiente di sicurezza η vale di solito 1.5.


La normativa italiana per le costruzioni in acciaio CNR-UNI 10011-85 permette di considerare per
le condizioni di carico più gravose dovute alla combinazione di carichi di esercizio più carichi
eccezionali, quali ad esempio neve o vento per le strutture metalliche di tipo civile (tale condizione
di carico è denominata II), una sollecitazione ammissibile un po’ più alta corrispondente ad un
coefficiente di sicurezza ηII = 1.33.

In componenti meccanici o parti strutturali di strutture civili (vedasi ad esempio CNR-UNI 10011-
85) non si ammettono mai spostamenti e rotazioni residue nelle sezioni e quindi si trascura di
solito la collaborazione elasto-plastica nel verificare una sezione sottoposta a flessione. Va
comunque annotato come, considerando la distribuzione degli sforzi con sezione completamente
plasticizzata, il carico ultimo limite di una sezione intagliata sia identico a quello di una sezione
uniforme avente la medesima sezione minima.

Applicazione ad un componente intagliato

Applichiamo i concetti visti nelle sezioni precedenti al progetto del tirante analizzato nel cap. 1,
realizzato in acciaio Fe360 avente sezione di 25×5. Supponendo che per esigenze costruttive si
debba realizzare un foro di 5 mm al centro del tirante, quale è il carico che il tirante così
modificato può sopportare ?

25 5

Fig. 19 – Geometria della sezione del tirante

La sezione netta risulta:

A = 100 mm2

Poiché:
σ sn
σ n om ≤ σ amm = = 160 MPa
1.5
Il carico di progetto che il tirante può sopportare risulta quindi :

F = σnom ⋅ A = 16000 N

E’ interessante analizzare più in dettaglio la reale distribuzione delle sollecitazioni in


corrispondenza di questo carico.
Dal punto di vista elastico, considerando Kt ≈ 2.45 (vedasi Fig. 3.7), ad uno sforzo nominale di
160 MPa corrisponderebbe una distribuzione di sforzi quale quella di Fig. 3.23 con una sforzo
massimo di 392 MPa, addirittura superiore al carico di rottura Rm pari a 360 MPa. La reale
distribuzione degli sforzi per effetto della collaborazione plastica delle fibre che si snervano
rappresentata nella stessa fig. 20.

400
effettivo
elastico
350

300
s, MPa

250

200

150

100
2.5 3.5 4.5 5.5 6.5 7.5 8.5 9.5 10.5 11.5 12.5
x, MPa

Fig. 20 – Distribuzione di sforzi nella sezione minima del tirante


in corrispondenza della forza massima di 16000 N

La distribuzione di sforzi allo scarico, ottenibile dai due diagrammi degli sforzi precedenti,
presenta uno sforzo massimo residuo di circa –150 MPa (Fig. 21).

20

-20

-40
s, MPa

-60

-80

-100

-120

-140

-160
2.5 3.5 4.5 5.5 6.5 7.5 8.5 9.5 10.5 11.5 12.5
x, mm

Fig. 21 – Distribuzione degli sforzi residui allo scarico nella sezione minima del tirante.

Potrebbe sorgere spontanea la domanda se la deformazione massima sulle fibre più sollecitate, in
corrispondenza di F=16000 N, non sia eccessiva per il materiale. L’andamento della deformazione
nella sezione in fase di carico è riportata in Fig. 22: il valore massimo mediato sullo spessore della
lastra corrisponde a circa 0.2% . In realtà sulla superficie del tirante si hanno deformazioni
maggiori in conseguenza dello stato di sforzo piano presente: la deformazione massima
superficiale è maggiore della deformazione media e risulta pari a circa 0.32 %.
-3
x 10
2

1.8

1.6
σ
ε max = 0.2%
1.4
ε

1.2 σsn

0.8

0.6
2.5 3.5 4.5 5.5 6.5 7.5 8.5 9.5 10.5 11.5 12.5 εsn =0.1% ε
x, mm
Fig. 22 – Deformazioni massime in corrispondenza del carico di 16000 N.

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