Sei sulla pagina 1di 51

MASTER ITALS

“L’ITALIANO IN PROSPETTIVA
INTERCULTURALE NEL MONDO”
di Paola Celentin e Graziano Serragiotto

integrazioni e rielaborazione a cura di Michele Blandino

MODULO TUTORATO

LABORATORIO ITALS

UNIVERSITÀ “CA’ FOSCARI” - VENEZIA

http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

INDICE

1. Introduzione al modulo……………………………………………………….2
2. Il ruolo della cultura nella lingua ……………………………………………2
2.1 Lingua-Cultura: binomioindissolubile …………………………………...…..2
2.2 L’acquisizione di una cultura: acculturazione e shock culturale …………....4
2.2.1 Acculturazione ……………………………………………………………...6
2.2.2 Shock culturale ……………………………………………………………..7
2.2.3 Distanza sociale …………………………………………………………….8
2.3 La cultura nell'insegnamento linguistico ……………………………..……...8
3. L'interculturalità nell'insegnamento dell'italiano ………………………...10
3.1 Stereotipi versus sociotipi …………………………………………………...10
3.2 Rassegna di "difficoltà" interculturali (raggruppamento per tratti socio-
caratteriali) ……………………………………………………………………..12
4. Didattica in prospettiva interculturale ……………………………………17
4.1 Finalità e scopi di una didattica in prospettiva interculturale ……………..17
4.2 La competenza comunicativa interculturale ……………………………….18
5. Tipologie di esercizi per insegnare la competenza interculturale ……….22
5.1 Obiettivi per una didattica in prospettiva interculturale …………………..22
5.2 Formazione delle facoltà percettive ………………………………………..22
5.3 Acquisizione di strategie per la comprensione del lessico …………………...23
5.4 Attività di confronto interculturale e di empatia ……………………………....23
5.5 Capacità discorsiva in situazioni interculturali ……………………………….24
6. Esempi di attività da svolgere in classe …………………………………...25
6.1 Attività per osservare i turni di parola e il registro linguistico ……………25
6.2 Attività per lo sviluppo della competenza gestuale ………………………..25
6.2.1 Esempio di attività ………………………………………………….27
6.3 Attività per riflettere sulla distanza tra i corpi ……………………………27
6.3.1 Esempio di attività …………………………………………………29
6.4 Attività per riflettere sulla vestemica e sull’uso degli oggetti ……………..31
6.4.1 Esempio di attività …………………………………………………32
6.5 Attività per riflettere su un incidente interculturale ………………………39
6.6 Esempi di attività su argomenti vari ……………………………………....39
6.6.1 Esempio di attività sugli stereotipi ………………………………...39
6.6.2 Esempio di attività sulla superstizione ………………………………...41
Glossario ……………………………………………………………………..46
Bibliografia …………………………………………………………………..47
Sitografia ……………………………………………………………………..49

1 http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

1. Introduzione al modulo

Questo modulo si pone l’obiettivo di far riflettere sulle problematiche culturali a


livello teorico mettendo in evidenza quali possano essere i nodi fondamentali per
un approccio culturale alla lingua. Elemento cruciale della riflessione è la
differenza esistente fra la cultura materna dell’allievo e la cultura con la quale egli
viene posto, volente o nolente, a contatto e l’impatto che questa differenza provoca
inevitabilmente sia sulla personalità dell’allievo sia sull’ambiente che lo ospita. Si
insiste inoltre in maniera particolare sul legame indissolubile esistente fra cultura e
lingua, inconcepibili come entità distinte e autonome.
All’inizio vengono evidenziate alcune teorie per quanto riguarda l’apprendimento
linguistico-culturale. Si è cercato di appoggiarsi soprattutto a delle fonti di carattere
antropologico, che mettano maggiormente in evidenza le ripercussioni “sociali” e
“individuali” di un confronto diretto con la cultura altra.
Nella seconda parte del modulo vengono presentati i risultati ottenuti attraverso la
somministrazione di questionari che hanno fatto riflettere su alcuni comportamenti
tipici degli italiani, sia a livello linguistico, che extra-linguistico.
Tali questionari hanno messo in evidenza l’esistenza di “punti caldi” di conflitto
interculturale generalizzabili, senza timore di cadere nello stereotipo o nella
semplificazione, ma anche una gamma di sfumature difficili da sintetizzare se non
facendo ricorso alla sensibilità individuale.
L’ultima parte, invece, dimostrata l’importanza dell’approccio culturale, propone
delle osservazioni per l’adozione di tale approccio nell’ambito dell’insegnamento
quotidiano, evidenziando la ricchezza che ne deriva. Non vengono tuttavia proposte
soluzioni, piuttosto il modulo è da intendere quale “piattaforma di lancio” per idee
e applicazioni da parte dei corsisti.

2. Il ruolo della cultura nella lingua

Lingua e cultura hanno legami profondi e indissolubili: in questa prima parte del
modulo vengono delineate alcune coordinate concettuali essenziali per
comprendere tali legami e il ruolo fondamentale giocato dalla cultura all'interno di
una lingua.

2.1 Lingua-cultura: binomio indissolubile

L’insegnamento di una lingua straniera non può essere dissociato dall’insegnamento


della cultura delle persone che la usano. La lingua infatti non è uno strumento
astratto fatto solo di regole e costruzioni morfosintattiche ma è supportata da una
cultura specifica che si manifesta attraverso di essa. Un chiaro esempio di tale
influenza si ritrova nel vocabolario: come afferma Boas, le parole di una lingua
sono adattate all'ambiente dove vengono usate. Basti pensare alle numerose e varie
parole per esprimere un certo fenomeno in un Paese: per esempio un evento
atmosferico come la pioggia in Inghilterra o il colore bianco della neve presso gli
Eschimesi1. In questo modo si capisce come la cultura abbia influenzato la lingua:
un determinato fenomeno culturale ha come risposta una varietà linguistica per
descriverlo.

1
Per un approfondimento sulla questione, cfr. http://blog.terminologiaetc.it/2011/09/05/esquimesi-parole-neve/.
2
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

Fig. 1 Vignetta di Matt Bors sul significato gergale di “neve”

Allo stesso modo possiamo affermare che non esiste o non si parla di cultura
senza considerare lo strumento linguistico. Una cultura viene descritta attraverso
di esso e una certa varietà di parole serve a descrivere un determinato fenomeno.
Membri dello stesso gruppo culturale, infatti, per comprendersi devono per forza
utilizzare un linguaggio il cui significato (cfr. Nozionario di Glottodidattica
http://www.itals.it/nozion/noziof.htm) connotativo-culturale sia condiviso da tutti
i membri della comunità linguistico-culturale d’appartenenza. Possiamo quindi
affermare che esiste un binomio lingua-cultura secondo il quale ci sono delle forti
relazioni che regolano questi due elementi che si influenzano vicendevolmente,
legati in modo inscindibile proprio per la natura del rapporto stesso.
Secondo Vygotskij (1992), il maggior rappresentante della corrente interazionista,
il funzionamento della mente ha origini socio-culturali, cioè la mente è un
prodotto sociale e culturale. Vygotskij sottolinea che la cultura e il linguaggio
svolgono un ruolo molto importante nella formazione della mente. Secondo
Vygotskij il linguaggio genera e precede il pensiero.
Secondo Titone (1996) il comportamento linguistico è l’espressione della
personalità individuale e sociale di ogni essere umano. La lingua oltre ad essere
forma associata ad un significato culturalmente determinato e pragmatica, è
soprattutto espressione della struttura profonda dell’io; quando l’uomo parla,
quindi, esprime il suo mondo interiore, la sua personale filosofia di vita, la sua
coscienza.
Secondo la prospettiva pragmatico-culturale di Bruner (1997), apprendere una
lingua significa anche apprendere i modelli culturali collegati alla lingua in
oggetto. Un individuo, per interagire efficacemente ed essere parte integrante di
un sistema sociale, deve possedere non solo una buona padronanza linguistica ma
anche una buona padronanza socio-culturale della cultura di appartenenza.

3
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

2.2 L’acquisizione di una cultura: acculturazione e shock culturale

È molto difficile riflettere sul significato della cultura, in quanto siamo


completamente immersi in essa; metaforicamente si può dire che è come se un
pesce cercasse di farsi un’idea dell’acqua che lo circonda, secondo la definizione
di Fennes e Hapgood (1997). La cultura è il nostro modo di essere.

Fig. 2 Definizione di cultura secondo Fennes e Hapgood (1997)

È anche importante dire che gran parte della nostra cultura ci è del tutto
sconosciuta. Noi infatti ne percepiamo alcune manifestazioni, ma siamo del tutto
ignari del ruolo preponderante che essa svolge in ogni momento della nostra vita e
di come essa influenzi il nostro comportamento, le nostre reazioni, le nostre
scelte, in maniera del tutto inconscia. Noi non percepiamo che la punta di un
iceberg enorme: nella parte emersa vengono poste le dimensioni oggettive, che
sono relative ai simboli (primo tra i quali la lingua) e alle espressioni artistiche
(arte pittorica, decorativa, scultorea, architettonica; musica; danza; letteratura;
cucina; modo di vestire), mentre in quella al di sotto del livello del mare sono
elencate le variabili soggettive di una cultura, come le relazioni di genere e di
ruolo, gli stili di comunicazione verbale e non verbale, il rapporto con la natura e
con gli animali, il senso del tempo e dello spazio, i concetti di bellezza, giustizia,
amore, famiglia, amicizia, insomma tutti quei significati che connotano in maniera
specifica un gruppo umano (Castiglioni, 2005: 42).

Fig. 3 Metafora dell’iceberg (Triandis, 1972)

4
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

Secondo Bruner (1997) la cultura si interiorizza nella mente dell’uomo sotto


forma di regole mentali che svolgono un ruolo di guida nell’interazione uomo-
ambiente. Queste regole mentali sono a sua volta condivise e seguite dai membri
di una determinata società. La comunicazione dunque può avvenire perché fra i
membri di una stessa comunità esistono aspettative linguistico-culturali reciproche
(nel senso che ogni membro della comunità si aspetta determinate risposte
all’interno di un determinato contesto sociale). La cultura quindi plasma la nostra
mente e influenza, in modo inconsapevole, il nostro modo di comportarci, in
quanto appartenenti ad un gruppo di persone che condividono lo stesso modo di
sentire, che reagiscono agli eventi in maniera simile, avendo appreso - attraverso
l’esempio degli altri - le modalità di risposta tipiche del gruppo di appartenenza,
modalità considerate “ottimali” e quindi degne di essere perseguite e trasmesse.
Bisogna tuttavia ricordare la dinamicità del concetto di cultura (e di conseguenza
anche dei concetti di identità culturale e di lingua): la cultura in noi infatti è
soggetta ad una continua evoluzione. Essa muta in continuazione, soprattutto nella
società contemporanea, in cui - in parte per la tecnologia e in parte per l’economia
- persone provenienti da tutto il mondo si trovano ora a vivere nello stesso
territorio.
Col termine inculturazione (cfr. Nozionario di Glottodidattica
http://www.itals.it/nozion/noziof.htm) si intende un processo sociale attraverso il
quale ogni individuo apprende le regole sociali, linguistiche e culturali necessarie
per “sopravvivere” in un contesto socio-culturale.
Col termine acculturazione (cfr. Nozionario di Glottodidattica
http://www.itals.it/nozion/noziof.htm) si intende invece il processo attraverso cui
una persona si appropria di una cultura (e di una lingua) diversa da quella
materna.
Il processo di acquisizione di una seconda cultura è stato studiato da vari punti di
vista. Da parte dell'apprendente avviene una sorta di acculturazione, cioè un
graduale adattamento ad un target culturale senza però abbandonare o rinunciare
all'identità della lingua nativa. Il fattore più importante che influenza
l'acculturazione è la "diversità" o distanza sociale tra due culture così come
riferito da Acton e Walker de Felix (1986).
L'acculturazione può comprendere diversi stadi a seconda delle esigenze
dell'apprendente: si può passare da un livello minimo di conoscenza di base per
scopi necessari corrispondente al livello soglia (cfr. Noz. di Glottodidattica
http://www.itals.it/nozion/noziof.htm), fino ad un livello di parlante nativo dove la
pronuncia e i gesti sono molto simili se non uguali a quelli dei nativi.
È importante sottolineare che, a seconda dell'impatto della lingua/cultura sugli
studenti, si hanno esiti diversi nell'apprendimento, in base allo shock culturale
subito a causa della diversità della cultura proposta dalla propria.
Se gli studenti che imparano una seconda lingua hanno un orientamento positivo
verso la stessa o il desiderio di essere parte del gruppo che parla la lingua è molto
alto, tale affettività può servire come motivazione.
Va da sé che l'acquisizione di una seconda lingua implica l'acquisizione di una
seconda cultura e questo per l'alto contenuto sociale della lingua. Per interpretare
meglio il fenomeno è bene soffermarsi sull'uso e il significato dei seguenti tre
termini: acculturazione, shock culturale e distanza sociale.

5
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

2.2.1 Acculturazione

La cultura non si trasmette biologicamente, ma viene acquisita. Questo processo, se


interessa una cultura che non è la propria, si chiama acculturazione.
Esistono diversi modi di vivere l’esperienza di emigrazione, anche temporanea, nel
paese di accoglienza. L'acculturazione è il processo con cui una persona si adatta a
una nuova cultura. I diversi modi di acculturazione dipendono da vari fattori: la
personalità del singolo, l’attaccamento più o meno forte ai modelli culturali del
paese d’origine, la storia di vita del singolo, il modo con cui la società-ospite cerca
di integrare il diverso all’interno della società.
Inconseguenza di ciò si possono riscontrare delle realtà di separazione, segregazione,
ghettizzazione, integrazione, intercultura, assimilazione e marginalizzazione.
Possiamo affermare che il modo di pensare di una persona, di agire e di comunicare
differiscono e cambiano da una cultura all'altra. Per tenere conto di questi fattori è
necessario sottolineare il contesto dove una lingua viene imparata, cioè se è una
lingua seconda o è una lingua straniera (per le due definizioni cfr. Nozionario di
Glottodidattica http://www.itals.it/nozion/noziof.htm). Si vengono così a creare due
presupposti:
a) imparare una lingua seconda in una cultura nativa dove la lingua è sempre
imparata in un contesto per capire le persone di un'altra cultura;
b) imparare una lingua straniera in un contesto non naturale per vari usi specifici
(lavoro, turismo o altri interessi).

L'acculturazione delle persone che iniziano un'esperienza all'estero segue spesso


l'andamento rappresentato dallo schema di Hofstede (1991: 209) qui sotto riportato;
sull'asse verticale viene rappresentato lo stato d'animo, mentre su quello orizzontale
il tempo.

Fig. 4 Schema di Hofstede sull’acculturazione (1991: 209)

Il primo periodo è caratterizzato da una fase di euforia, causata dall'eccitazione


per la nuova vita e le nuove esperienze; a volte si tratta della prima volta che una
persona gestisce da sola la propria vita. Questa fase è molto breve e ad essa segue
immediatamente il periodo del culture shock (cfr. 2.2.2). La terza fase è quella
dell'acculturazione: la persona familiarizza con le nuove condizioni di vita, adotta
alcuni dei valori locali ed inizia ad integrarsi nella società ospitante, prende
confidenza con il nuovo "io" sviluppatosi in questa cultura.
In queste prime fasi di acculturazione esiste, nella maggior parte dei non
autoctoni, un continuo oscillare fra prospettive diverse, ossia un continuo oscillare
6
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

fra la scelta di essere fedele alle proprie radici e la scelta di diventare “altro”, di
cambiare, di avvicinarsi di più ai modelli culturali della società d’accoglienza.
L'ultima fase è quella della stabilità che può essere negativa (4a), se continua ad
esserci un paragone costante con la propria cultura di partenza, uguale a prima
della partenza (4b), quando l'individuo si è adattato, o migliore di prima (4c),
quando la persona ha raggiunto un grado di adattamento pari ad un nativo ed è
culturalmente equivalente ad un autoctono.
La lunghezza dell'asse del tempo è estremamente relativa e variabile.
Gli insegnanti hanno un ruolo fondamentale nel passaggio da uno stadio all'altro:
non devono forzare il passaggio, ma seguirlo cercando di capire le sensazioni di
frustrazione e di rabbia dello studente in modo che arrivi ad una profonda e
personale forma di apprendimento.

2.2.2 Shock culturale

È la fase in cui l'individuo avverte le più o meno numerose differenze culturali


che andranno a scalfire l'immagine di se stesso, la sua "personalità di base". Lo
shock culturale si riferisce a dei fenomeni che vanno da una semplice irritabilità
ad uno stato psicologico di panico o crisi. Tale shock è più evidente nel contesto
di una cultura nativa (lingua seconda), mentre è minimo in un contesto non
naturale (lingua straniera).
Lo shock culturale è associato a sentimenti di estraniamento, rabbia, ostilità,
indecisione, frustrazione, tristezza per la lontananza da casa da parte dello
studente. Questo è dovuto alle differenze rispetto alla propria cultura che spesso
non vengono capite. Tali differenze possono portare a repressione, regressione,
isolamento e rifiuto. Alcuni soggetti arriveranno paradossalmente a cercare
contatti solamente con persone dello stesso background culturale.2

Fig. 5 Scena dal film “Lost in Translation” (2003)

La relazione interculturale spesso può provocare in noi paura e tensione in quanto


essa mette in discussione le nostre credenze e i nostri valori. Proprio per questa
ragione, essa spesso può essere percepita come un problema, come una fonte di
conflitto, e dunque va evitata. In questo caso, il soggetto che decide di non
interagire con la diversità culturale è più portato ad analizzare il diverso da sé
attraverso le rigide categorie mentali della propria cultura, producendo così
un’immagine dell’altro soggettiva, impregnata di pregiudizi e stereotipi (cfr.2.1).
2
Il film di Sofia Coppola, “Lost in Translation” (2003) offre un perfetto esempio di come lo shock
culturale sia un fenomeno attuale. I protagonisti Bob e Charlotte (interpretati rispettivamente da Bill
Murray e da Scarlett Johansson) si trovano perduti in una cultura, quella nipponica, a loro estranea,
senza riuscire a trovare alcun modo per comunicare con coloro che la condividono.
7
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

2.2.3 Distanza sociale

La distanza sociale si riferisce alla prossimità cognitiva e affettiva di due culture


che vengono a contatto in un individuo. Per distanza si intendono le differenze
che esistono tra le due culture. Secondo Simmel (1908; tr. it.1986) in ogni
rapporto sociale vi è come l’esistenza di una riserva nei confronti di uno straniero,
cosicché non è peregrino affermare che in ogni gruppo vi sia la compresenza di
una chiusura entro i propri confini culturali e di una comunicazione con l’esterno.
Successivamente Park (1924; tr. it. 2005), pur partendo dal concetto simmeliano
di distanza sociale, ne sottolineava la dimensione metaforica e culturale, riferita
quest’ultima al grado di affinità di valori professati da due parti.
Nella sua ricerca John Schumann afferma che più grande è la distanza sociale tra
due culture, più forte è la difficoltà che l'apprendente incontrerà nell'imparare una
seconda lingua e, viceversa, minore è la distanza sociale, migliore sarà la
situazione di apprendimento. Tale distanza può essere percepita, ma è difficile da
misurare obiettivamente; comunque, l'importante è vedere la relazione tra
distanza sociale e l'acquisizione di una seconda lingua.

2.3 La cultura nell'insegnamento linguistico

Alla base dell'analisi dell'interculturalità vi è la ricognizione di come le due culture


(quella del parlante e quella dell'apprendente) siano simili e di come differiscano.
Una simile analisi apre delle possibilità per l'insegnante nell'approccio
dell'insegnamento di una seconda lingua, in cui è opportuno che siano presenti
riferimenti tanto alla cultura materna quanto alla cultura straniera. In particolare,
sono tre gli aspetti da cui non è possibile prescindere per l’insegnamento della
cultura (Benucci):
a. motivazione (aspetto fondamentale che chiama in causa l’insieme delle
disposizioni cognitivo-affettive: se gli studenti che studiano in Italia hanno una
motivazione forte perché la situazione di immersione permette loro di
verificare sul campo il loro apprendimento, all’estero i bisogni e le motivazioni
degli studenti sono proiettati nel futuro e mancano generalmente stimolo e
confronto con la realtà straniera);
b. stereotipi (è facile che si producano delle rappresentazioni stereotipate della
cultura straniera per via di operazioni di semplificazione e generalizzazione,
che inducono spesso a giudicare un intero popolo dai pochi individui con i
quali si è entrati in contatto o con il tramite dei mass media che fanno un uso
spesso distorto delle generalizzazioni);
c. approccio (poiché l’apprendimento culturale non è un’assunzione passiva di
fatti ma un’appropriazione attiva e interpretativa delle manifestazioni del
comportamento, risulta di fondamentale importanza lo sviluppo della capacità
di riconoscimento nei testi non solo degli argomenti esplicitamente trattati, ma
anche dei valori culturali che passano implicitamente tra le righe; l’approccio
alla cultura va dunque condotto attraverso materiale autentico e deve
rispondere ai bisogni linguistici e comunicativi degli studenti anziché essere
organizzato attorno a temi predefiniti).
È necessario che ci sia una corretta informazione sui costumi e sugli usi di un
popolo, analizzando la distribuzione del fenomeno, cercando di non dare degli
stereotipi che potrebbero falsare l'interpretazione, ma fornendo piuttosto dei
sociotipi (cfr.3.1), secondo la definizione di Balboni (1999), e cioè delle
caratterizzazioni che derivano da una generalizzazione razionale di stereotipi
8
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

empiricamente verificabili. Per fare questo si devono tenere in debito conto anche
gli aspetti non verbali di una lingua, perché anch'essi fanno parte della cultura e
possono essere diversi a seconda delle popolazioni: il linguaggio del corpo, la
lingua oggetto, la lingua dell'ambiente.
Per “linguaggio del corpo” si intendono il movimento, la postura, la gestualità,
l'espressione del viso, lo sguardo, il toccare e la distanza.
Per “lingua oggetto” si intendono i segni, i disegni, gli artefatti, il vestiario e
l'adornamento personale.
La “lingua dell'ambiente” è quella fatta di colori, luci, architettura, spazio,
direzioni ed elementi naturali che parlano all'uomo della sua natura.
Ogni parlante nativo assimila delle esperienze sociali e individuali che sono
caratteristiche della propria cultura. Ogni società accumula delle regole seconde le
quali alcune considerazioni concrete sono interpretate astrattamente e sono valide
tra coloro che comunicano attraverso l'uso comune della stessa lingua.
Tra le società con strutture socioeconomiche molto diverse, le differenze
interculturali giocano un ruolo significativo quando i membri di una cultura
imparano la lingua dell'altra.
L'approccio in classe, quindi, è importante: una volta stabiliti quali valori e quali
comportamenti devono essere insegnati, si deve vedere come ciò debba essere
fatto da un punto di vista didattico (cfr. 3). Una volta che si è capito il legame tra
pensiero, cultura e lingua, assieme alla conoscenza delle differenze culturali,
distanze, somiglianze e come queste influenzino l'apprendimento di una lingua,
l'insegnante può inserire a pieno titolo la cultura nel curriculum.
Per analizzare queste differenze culturali si possono usare vari metodi: la
comparazione, la creazione di situazioni o di simulazioni, il chiarimento dei
malintesi attraverso i giornali, i media o l'isola classe. Si tratta quindi di fare più
che di parlare di valori culturali, operare secondo schemi diversi dalla propria
cultura.
L'insegnante non deve tener conto solo della cultura che deve essere appresa, ma
anche della cultura del nativo, le difficoltà che lui potrebbe avere, le
problematiche che si trova ad affrontare, in modo che l'insegnamento diventi
proficuo attraverso l'aggancio alla vita normale. Quello che è importante è che ci
sia un contatto diretto fra l'ambiente e l'insegnamento.

La persona che apprende dovrebbe avere il seguente atteggiamento:


• conoscere gli altri, quindi non basarsi su stereotipi, ma entrare in diretto
contatto con la nuova cultura;
• tollerare e rispettare le differenze, cioè rendersi conto che tali differenze
possono esistere, senza rinunciare al proprio modello culturale;
• accettare una varietà di modelli, nel senso che ognuno è il migliore per quella
cultura, ognuno è l'espressione di un popolo, arrivando a quello che Freddi(1983:
87)ha definito relativismo culturale (cfr. Nozionario di Glottodidattica
http://www.itals.it/nozion/noziof.htm). Secondo questo principio, non esiste una
cultura migliore di un'altra, ma ognuna rappresenta in modo completo un
popolo.3

3
Un ottimo esempio di atteggiamento relativistico è contenuto nelle Storie (III, 38) di Erodoto (V
secolo a. C.), in cui viene raccontato l’esperimento culturale del re dei Persiani Dario che, posti a
confronto Greci e Indiani Callati, aveva chiesto loro a quale prezzo sarebbero stati disposti a
rinunciare ai loro rispettivi costumi funerari (bruciare i cadaveri da parte dei Greci e divorare il corpo
dei genitori defunti da parte degli Indiani), ricevendone in entrambi i casi una risposta non solo
negativa, ma anche indignata. Il costume (nomos) è “sovrano di tutte le cose”, concludeva Erodoto.
9
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

Apprendere una nuova lingua dunque significa imparare a vedere la realtà con gli
occhi del popolo straniero e secondo i modelli culturali a cui la lingua straniera fa
riferimento.
Questo permetterà di arrivare all'acquisizione delle abilità di comunicazione
interculturale passando attraverso tre fasi:
• consapevolezza (l'essere coscienti che gli altri hanno un software mentale
diverso)
• conoscenza (bisogna conoscere le altre culture per poter interagire)
• abilità (date dalla consapevolezza assieme alla conoscenza e all'esperienza
personale).

Il valore educativo interculturale di un apprendimento della lingua straniera si può


sintetizzare nei seguenti punti focali:
• educazione alla pace, al rispetto e alla comprensione di culture e lingue
diverse;
• educazione alle relazioni internazionali e interculturali;
• creazione di personalità bilingui-biculturali capaci di “amare su un piano
universale” (Titone, 1986).

3. L'interculturalità nell'insegnamento dell'italiano

Come evidenziato nel capitolo 1, l'esistenza di un insieme di valori culturali rende


l'apprendimento di una lingua straniera non un puro esercizio comunicativo, ma
qualcosa che va ad incidere sull'intera personalità dell'individuo e sulla sua stessa
natura. L'entrare in contatto con persone portatrici di valori culturali diversi dai
propri può mettere in crisi la persona e portarla ad una chiusura mentale che rischia
di irretire anche l'apprendimento linguistico. Al contrario, bisogna cercare di
favorire uno sviluppo armonioso delle competenze dell’apprendente, in modo tale
da ampliare la sua capacità di relazionarsi con l'altro.

3.1 Stereotipi versus sociotipi

La conoscenza non diretta della cultura, fondata solamente sul "sentito dire", dà
adito a stereotipi, opinioni cioè concepite irrazionalmente e scarsamente suscettibili
di modifiche, che impediscono una valutazione obiettiva. Le opinioni possono
essere positive o negative, e ognuno di noi ha sicuramente in serbo una scorta di
luoghi comuni per avvalorare questa affermazione.
Secondo Tajfel (1988) la formazione di pregiudizi e stereotipi è una modalità di
pensiero funzionale all’organizzazione coerente di informazioni, la cui complessità
porterebbe al caos percettivo e conoscitivo.
Gli stereotipie i pregiudizi sono dunque dei meccanismi di difesa che l’essere
umano attiva per organizzare l’immagine dell’altro in categorie di pensiero ordinate
e chiare.
L’essere umano ha bisogno di dare ordine al caos, costruendosi rappresentazioni
mentali e sociali tali da svolgere poi un ruolo guida nell’interpretazione della realtà.
Poter incasellare lo straniero, mai conosciuto, all’interno di una categoria generale
di riferimento tranquillizza ogni persona, sia l’emigrato che l’autoctono.

10
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

Questa organizzazione in schemi rigidi e strutturati risponde al bisogno di


economicità e di semplificazione cognitiva che caratterizza l’essere umano.
Secondo Fiorella Giacalone (1994) alla base della formazione dello stereotipo
esistono i seguenti tre meccanismi cognitivi:
• generalizzare; cioè attribuire al singolo le caratteristiche del gruppo senza
considerare l’unicità e la particolarità di ogni persona
• ridurre; cioè ridurre l’altro ad una sola caratteristica distintiva, fornendone
un’immagine ipersemplificata e non autentica
• amalgamare; cioè ridurre l’ignoto al noto facendolo assomigliare ad una
tipologia già incontrata nella vita quotidiana.

La forza di questi meccanismi è tutta nel consenso che le nostre convinzioni


trovano nella comunità in cui viviamo. I pregiudizi e gli stereotipi si manifestano,
infatti, come credenze collettive, ossia come rappresentazioni mentali dell’altro
che costituiscono in parte l’immaginario collettivo.
In un discorso comparativo tra culture, uno stereotipo significa applicare le
proprie dimensioni culturali (comportamenti, valori, convinzioni, ecc.) ad
un'altra cultura, facendone risaltare le differenze senza tener conto delle
motivazioni e del background culturale che le hanno create.
Alla radice di questi problemi troviamo fondamentalmente una diversa maniera di
concepire i valori dell'esistenza (spazio, tempo, relazioni umane, divinità…) che
si articola in un sistema concettuale vasto e complesso.
Un modello culturale (cfr. Noz. diGlottod.http://www.itals.it/nozion/noziof.htm)
è un comportamento caratteristico di un gruppo sociale che, secondo Lado, può
essere descritto in base a tre elementi:
• forma;
• significato;
• distribuzione.

Prendendo ad esempio il pranzo, vediamo che in Italia esso si presenta in un certo


modo (primo, secondo, contorni, ecc.), ha un certo significato (in molti casi
rappresenta un momento di ritrovo familiare) ed è distribuito nelle ore centrali
della giornata (dalle 12.30 alle 14.00). Se confrontiamo il nostro modello culturale
con quello tedesco, ad esempio, vediamo che di simile rimangono solo il nome e
probabilmente la distribuzione, ma non di certo il contenuto (in Germania spesso il
pranzo è qualcosa di molto “veloce”, come un panino) ed il significato.
Bisogna cercare di capire le motivazioni che portano una certa cultura ad
esprimersi in un modo piuttosto che in un altro, studiando il suo vissuto e le sue
radici. Ciò non deve portare ad assimilare aprioristicamente tutte le manifestazioni
della realtà straniera, bensì a riflettere, confrontare e comprendere. Avere degli
stereotipi e non essere elastici al loro stravolgimento significa infatti avere una
sorta di filtro nei contatti con altri popoli ed, in particolar modo, durante uno
scambio comunicativo, impedisce di focalizzare l'attenzione su alcuni importanti
aspetti dell'altro, quali il suo carattere, il suo comportamento e le sue qualità.
La formazione di stereotipi e di pregiudizi rappresenta la prima forma di razzismo
che può a sua volta trasformarsi in discriminazione, segregazione e violenza nei
confronti dello straniero. Lo scopo delle agenzie di socializzazione (scuola,
famiglia, gruppo,…) deve essere proprio quello di prevenire nel giovane, fin
dall’infanzia, la formazione di queste categorie di pensiero così rigide che possono
facilmente mutarsi da pensiero in azione. In questo senso bisogna anche tener
presente il ruolo determinante dell’intemperanza adolescenziale verso
11
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

l’assunzione di modelli di comportamento estremi, che spesso si radicano in veri e


propri abiti sociali di “difesa” e omogeneizzazione nel gruppo. Tali atteggiamenti
molto spesso sono privi di qualsiasi riflessione cosciente di base e si affidano
piuttosto ad una sorta di legittimazione sociale di massa.
L’interlocutore interculturalmente competente possiede la capacità di decentrarsi e
di oscillare da un alfabeto all’altro, senza perdere la propria identità individuale e
culturale come punto di riferimento. Egli, inoltre, prima dell’interazione
interculturale, non mette in atto categorie di pensiero impregnate di pregiudizi o
stereotipi, ma viceversa, durante le prime fasi dell’incontro interculturale,
possiede la capacità di ascoltare l’altro e di sospendere il giudizio valutativo
sull’altro. La personalità interculturale competente possiede quella capacità critica
secondo la quale ogni opinione è giusta o sbagliata in base alla prospettiva da cui
la si guarda ed analizza.

3.2 Rassegna di "difficoltà" interculturali (raggruppamento per tratti socio-


caratteriali)

La cultura cui apparteniamo si manifesta, in maniera inconsapevole, in tutti i più


svariati aspetti della nostra vita, nel modo in cui prepariamo i cibi, nel modo con cui
costruiamo le nostre abitazioni, nel modo in cui concepiamo il concetto di spazio e di
tempo, insomma nel nostro modo di stare al mondo.
Il termine “società multiculturale” descrive quelle realtà sociali in cui persone
provenienti da paesi diversi convivono nello stesso territorio. A differenza del
termine interculturale, il cui prefisso “inter” indica che fra le diverse culture esiste
uno scambio, una relazione reciproca, il termine multiculturale non dà nessuna
indicazione sul tipo di convivenza esistente fra i membri appartenenti a culture
diverse. Il termine multiculturale non implica l’esistenza di una convivenza
pacifica delle diversità culturali.
Il termine società interculturale si riferisce a quelle realtà sociali in cui diverse
culture convivono insieme pacificamente. Si distingue da quella multiculturale in
quanto caratterizzata da interazione, conoscenza, dialogo, reciprocità, negoziazione,
solidarietà interculturale.
I problemi interculturali fra Italiani e stranieri sorgono quando questi sono posti in
contatto fra di loro da necessità "economiche" ben precise: lavorare, fare acquisti,
concludere trattative… Il turista difficilmente si renderà conto del gap culturale che
lo separa dalla gente fra la quale si trova a trascorrere un periodo di vacanza, in
quanto i suoi bisogni primari vengono soddisfatti in modo quasi "automatico".
Laddove invece entrano in gioco valori più profondi, come ad esempio la
concezione del tempo e dell'onore in un rapporto lavorativo, una scarsa coscienza
culturale può portare ad incidenti anche fatali.
È difficile determinare le caratteristiche di una cultura dal suo interno (cfr. 1.2:
definizione di Fennes e Hapgood); sono gli stranieri che distinguono con più
precisione il carattere nazionale di un paese, perché gli autoctoni hanno difficoltà a
percepire gli aspetti culturali del loro comportamento: gli individui non sono in
genere consapevoli di essere vincolati dalla propria cultura. Lo straniero ne fa
prendere coscienza.
Le differenze culturali si possono manifestare in vario modo, ma prevalentemente
concernono
• i simboli (oggetti, gesti, parole);
• gli eroi (persone che fungono da modello di comportamento);
• i rituali (attività socialmente essenziali benché fini a se stesse);
12
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

• i valori (cioè il livello più profondo di una cultura che determina anche le
altre manifestazioni, come il senso del giusto e dell'ingiusto, del bene e del
male).

Vediamo in breve quali sono alcuni dei maggiori problemi che possono incontrare
gli stranieri che entrano in contatto con gli Italiani e a cosa essi siano dovuti.
 Il volume e il tono (cfr. glossario) della voce: normalmente gli Italiani
adottano un tono della voce notevolmente superiore a quello degli altri
popoli; per questo due Italiani che si stanno semplicemente scambiando
delle formule di saluto o che stanno conversando del più o del meno
vengono spesso scambiati per due litiganti.
 Il lessico: il problema lessicale riguarda prevalentemente la scelta di un
termine fra vari sinonimi e l'utilizzo di terminologie specialistiche. Nel
primo caso si tratta di una scelta legata al concetto di “politically correct”
(cfr. glossario); nel secondo caso la scelta è invece legata alla precisa
individuazione dell'ambito nel quale tali terminologie devono essere
adottate. Nella comunicazione interculturale il problema nasce quando il
locutore non è ben conscio del livello a cui si pongono le parole che egli
utilizza e quindi delle reazioni che esse possono provocare.
 La velocità d’elocuzione: è influenzata dagli usi linguistici delle diverse
culture, dalla personalità dell'individuo, dal suo stato d'animo, dalla
frequenza della ripetizione dell'enunciato. Nella conversazione con uno
straniero che non padroneggia perfettamente la nostra lingua, la velocità
sostenuta dell'eloquio può causare problemi di comprensione, oltre che
irritazione nell'interlocutore che si sente inadatto alla situazione.
 La vicinanza dei corpi: lo spazio che ogni individuo ritiene suo ed
invalicabile senza il suo permesso cambia da cultura a cultura. Gli italiani,
come in genere i popoli latini, sono abituati a tollerare una distanza
minima fra i corpi, e anche il contatto fisico (p.e. mano sulla spalla) è
abbastanza frequente. Questo crea problemi agli stranieri abituati invece
ad un maggiore spazio vitale, come ad esempio i popoli nordici.

Fig. 6 Le 4 distanze prossemiche secondo Hall


 La postura: ha caratteristiche diverse da cultura a cultura, a volte legata a
momenti ben specifici (per esempio durante la preghiera). In un discorso
interculturale è quindi importante individuare le posture da evitare perché
connotate in qualche modo nell'altra cultura e capire in quali situazioni è
necessario assumere una postura più formale e in quali una più informale.
13
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

 La gestualità: può rappresentare un rinforzo, un’involontaria smentita,


una fonte di feedback. Caratteristica prettamente "latina" è la forte
gestualità, che accompagna, sottolinea, mima gran parte del discorso
italiano. Questi gesti, del tutto spontanei per noi, sono spesso
incomprensibili per gli stranieri, o possono dar luogo a fraintendimenti con
gesti simili delle altre culture (Diadori, 1990; Caon, 2010).

Fig. 7 Alcuni gesti italiani molto diffusi


 La puntualità: ogni cultura ha una propria gestione e concezione del
tempo. Per alcune culture vige il principio che "il tempo è denaro" (e
quindi è vietato sprecarne) mentre in altre il concetto che si ha di esso è
molto più labile e indefinito. In ambito internazionale l'Italiano gode fama
di persona poco puntuale o comunque non molto affidabile da questo
punto di vista. In realtà, gli Italiani tollerano un ritardo che rimane
nell'arco del quarto d'ora; anzi, questo spazio di tempo non è nemmeno
considerato ritardo.
 La flessibilità: per gli Italiani il fatto che una riunione abbia un ordine del
giorno è un elemento utile ma non indispensabile; anche se poi si passerà
la maggior parte del tempo a discutere di tutt'altro, ugualmente si lascerà la
seduta convinti di aver impegnato utilmente la propria giornata, risolvendo
problemi che comunque andavano affrontati, anche se non erano indicati
nella scaletta.
 I dialetti e le inflessioni dialettali: gli Italiani, anche se ovviamente
raramente se ne accorgono, danno alla loro parlata coloriture e accenti
locali, che possiamo - a grandi linee - dividere in settentrionali, centrali e
meridionali. Gli stranieri che studiano l'italiano (specialmente ai primi
livelli) sono abituati ad una flessione più di tipo centro-settentrionale e
sono quindi messi in crisi da pronunce o parole che si discostano
notevolmente da quanto da loro appreso in patria.
 Gli argomenti tabù: ci sono degli argomenti che sono tabù quasi in tutte
le culture (sesso, morte, funzioni corporali…), quello che differisce è il
loro livello di "impraticabilità". Ciò che viene considerato tabù è specifico
rispetto alla cultura e al tempo, si tratta di un "ambito di latenza" di una
cultura la cui offesa spesso non viene percepita dagli stranieri.
 Lo status (Vestemica): gli elementi che individuano lo status (cfr.
glossario) di una persona cambiano da Paese a Paese e rappresentano uno
14
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

dei segnali più difficili da interpretare per chi proviene dall'estero.


Oltretutto la loro evoluzione, specialmente negli ultimi tempi, è talmente
rapida, da mettere spesso in crisi anche gli stessi autoctoni. L’uso del
telefonino, la depilazione o l’uso della pelliccia per le donne, le marche nel
vestire, la macchina e il fatto di frequentare un particolare locale sono
alcuni dei segnali dello status rappresentato.
 Il tempo: un Italiano "in gamba" è quello che riesce ad occupare il suo
tempo con le più diverse attività, sia nell'ambito lavorativo che in quello
sociale-ricreativo. Il fatto di non riuscire ad occuparsi di più di una cosa
alla volta è indice di scarsa elasticità mentale e flessibilità, dote
fondamentale per un Italiano, che si trova spesso a doversi confrontare con
repentini cambiamenti politici, economici e anche climatici. Questa
gestione del tempo è detta "policronica" (Hall 1966) e non sempre è
compresa ed apprezzata da uno straniero.
 Lo spazio: l’Italiano è portato a suddividere gli spazi in maniera molto
rigorosa. Egli è molto socievole e aperto quando è lui a scegliere con chi
esserlo, mentre reagisce in modo diametralmente opposto quando è
obbligato ad entrare in contatto con il prossimo e a condividere questa
intimità forzata. Anche nell'ambiente di lavoro il fatto di avere un ufficio
per conto proprio indica un avanzamento di grado e quindi è molto ambito.
 L’espressività del volto: l'Italiano spesso esprime le proprie impressioni e
sensazioni più con il viso che con le parole, attraverso una mimica facciale
molto articolata. Per noi è del tutto usuale lasciar trasparire in questo modo
il nostro pensiero, convinti che ciò sia indice di sincerità. Non funziona
sempre così presso gli altri popoli e quindi diventa difficile per loro non
solo interpretare i nostri segnali ma anche capirne la necessità.
 La struttura del testo: il discorso italiano è sempre costellato da
distinguo, precisazioni, digressioni, parentesi, ecc.… L'Italiano dà molta
importanza alle sfumature e pretende che esse siano tutte colte e
apprezzate dall'altro. Totalmente diversa è invece la maniera di
organizzare il discorso (sia orale che scritto) presso altri popoli. Ciò può
creare problemi nella conversazione o nei rapporti di lavoro: l'esposizione
italiana può sembrare fumosa e inconcludente, mentre agli italiani quella
anglosassone può sembrare stringata e troppo poco dettagliata.
 La telefonata: il gesto di telefonare è, da un punto di vista culturale,
estremamente complesso. Richiede infatti la determinazione di diversi
elementi, strategici per la buona riuscita dell'atto comunicativo e
strettamente correlati con la cultura di appartenenza (orari, formule per
presentarsi e rispondere al telefono, segnali che indicano la partecipazione
alla conversazione e anche il desiderio o la necessità di concluderla).
 L’interruzione: per un Italiano è normale, durante una conversazione, un
dibattito, una tavola rotonda, interrompere la persona che sta parlando,
magari anche solo per confermare il proprio accordo con quanto va
affermando. Tuttavia, oltre agli italiani, solo gli spagnoli tollerano questo
genere di intromissione. Per tutti gli altri popoli si tratta di una mancanza
di rispetto e di un'invasione dello spazio altrui, quindi si bloccano e
continuano con difficoltà il loro discorso.
 Il silenzio: l'Italiano deve sempre parlare, magari anche solo del più e del
meno; difficilmente tollera il silenzio al di fuori dei casi in cui si rende

15
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

strettamente necessario (lavoro, studio, cinema,…). Al contrario, altri


popoli reputano che la condizione di "anormalità" sia il parlare, e che
quindi una volta cessata la causa per la quale si era resa obbligatoria la
conversazione, ci si dedica ad altro, o semplicemente si continua a fare in
silenzio ciò che si era iniziato.
 Il cibo: per un Italiano il momento conviviale di maggior prestigio è il
pasto, in quanto il cibo è fonte di piacere. La tradizionale buona cucina
italiana, apprezzata in tutto il mondo, è qualcosa di cui un Italiano va fiero,
specialmenteperchésiaccompagnaadun'atmosferafestosaeamichevole.A
differenza di altre culture, in cui il piacere maggiore è dato dal consumo di
alcool che accompagna il pasto conviviale (vedi i popoli Nordici o
Statunitensi, ad esempio), l'Italiano ritiene che sia il cibo l'elemento
prioritario, e quando ha ospiti stranieri, ci tiene a far loro apprezzare le
specialità del luogo.
 La famiglia: l'Italiano viene spesso considerato dagli altri popoli un
"mammone" perché rimane legato alla sua famiglia d'origine per tutta la
vita in maniera anche abbastanza consistente. L'età media dell'abbandono
del nido da parte dei giovani corrisponde grossomodo con quella del
matrimonio; solo per motivi di lavoro, di studio o per conflitti interni, un
ragazzo sceglie di andare a vivere per conto proprio prima. L’italiano è
visto da altre culture come una persona poco sicura, che matura lentamente
e che ha sempre bisogno della convalida di almeno altre due persone per
decidere cosa fare.
 La casa: è un oggetto importante per capire una determinata cultura e le
singole persone. Lo si può riscontrare anche nella lingua e nei modi di dire
legati alla casa presenti in tutte le culture. È il luogo dove più si vive la
propria intimità. Può essere oggetto di vanto e indicare un certo tenore di
vita. Per esempio, in Italia c’è sempre stato il mito di costruirsi una casa.
Le persone quando possono preferiscono vivere in una casa che in un
appartamento. Inoltre gli italiani amano abbellire le loro case con mobili,
quadri, sculture, porcellane e ceramiche.
 I rumori e gli odori corporali: gli odori naturali del corpo e di rumori
corporei sono graditi o tollerati in una cultura e banditi in un’altra. Il
conoscere queste usanze e abitudini non significa dover necessariamente
farle proprie, ma piuttosto saperle interpretare correttamente e saperle
evitare laddove potrebbero dare fastidio o creare imbarazzo.

16
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

4. Didattica in prospettiva interculturale

La situazione analizzata in precedenza è abbastanza complessa e variegata e ci fa


capire come atteggiamenti e valori per noi del tutto "normali" non sono
considerati alla stessa stregua dagli altri popoli. Questo presupposto può portare
alla discriminazione, che consiste nel mutarsi di una modalità di pensiero in
comportamento.
Si rende quindi necessario uno studio approfondito delle realtà "altre" rispetto alla
nostra, prendendo in considerazione non solo le diversità linguistiche ma anche
quelle culturali, religiose, economiche, spirituali e riflettendo sul fatto che parlare
un'altra lingua non significa tradurre il significato di un discorso, ma arrivare
veramente a pensare secondo i parametri di un'altra cultura.
Questo però non deve portare ad un'omogeneizzazione della cultura o, peggio,
all'assunzione acritica dei valori di un altro popolo: ci sono degli elementi che
vanno al di là della semplice tolleranza e che mettono in gioco il nostro credo
religioso e la nostra morale e che quindi non possono essere accettati se non
rinnegando le nostre origini. Le nostre origini invece vanno tutelate e difese, in
quanto sono un patrimonio unico e irripetibile tramandatoci direttamente dai
nostri avi e che fanno di noi quello che siamo.

4.1 Finalità e scopi di una didattica in prospettiva interculturale

In realtà, quello che si vuole promuovere è una maggiore sensibilizzazione ai


problemi legati ai rapporti interculturali e una formazione alla tolleranza delle
diversità; creare un clima di dialogo e di apertura che porti al confronto e
all'arricchimento reciproco. Solo in questo senso può essere intesa una reale
globalizzazione della cultura: non una perdita di valori, ma un'acquisizione di
strumenti e mezzi per osservare la realtà in maniera produttiva, non da spettatori
bensì da attori di questo vasto scenario mondiale in continua evoluzione.
Scopo dell'educazione linguistica deve quindi essere anche quello di dotare
l'allievo delle conoscenze adeguate ad un'analisi approfondita del tessuto sociale
in cui si troverà ad operare. Quindi, occorre operare con schemi d'interpretazione,
parametri e strutture concettuali per affrontare l'altro e il diverso in maniera
critica e costruttiva. I benefici di un tale approccio riguardano non solo la
competenza linguistica, ma ricadono sull'intera personalità.
L’educazione interculturale infatti si propone di formare:
• persone capaci di decentrarsi pur mantenendo la propria identità come
punto di riferimento;
• mentalità flessibili che attribuiscono significato alla realtà in base al
contesto socio-culturale di riferimento;
• atteggiamenti di curiosità ed interesse nei confronti di culture diverse.

L'evoluzione delle tecnologie e la facilitazione degli scambi hanno favorito


l'evidenziazione delle grosse differenze culturali che sono presenti fra le varie
nazioni e la necessità di studiarle e comprenderle. Ciò va ovviamente a vantaggio
dell'economia e della politica: le problematiche di comunicazione interculturale si
riflettono infatti in maniera a volte disastrosa sulla conclusione degli affari fra
esponenti di culture diverse.
È fondamentale mettere in luce come non sia sufficiente essere consapevoli che in
un altro stato si parla un'altra lingua, ci sono leggi differenti e si professa un'altra
17
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

religione: esiste tutta una serie di regole non scritte di cui non si diventa
consapevoli fino a che qualcuno non le infrange (ed allora potrebbe essere troppo
tardi).
Molte sono le occasioni che determinano forme di contatti interculturali: il
commercio, le negoziazioni e le cooperazioni internazionali, ma anche il turismo,
la migrazione e la scuola.
La realtà italiana in questo momento è particolarmente toccata dal fenomeno
dell'immigrazione: si tratta di un avvenimento del tutto nuovo e sconvolgente, che
crea problemi non indifferenti di integrazione e accettazione da entrambe le parti,
immigrati e autoctoni. Alla reazione iniziale di curiosità, si è infatti sostituita una
fase caratterizzata invece dall'etnocentrismo, in forza della quale si tende a
pensare che le caratteristiche della propria cultura siano superiori a quelle
dell'altra (o delle altre). Sarebbe auspicabile, attraverso appunto anche
l'educazione interculturale, passare ad un atteggiamento di policentrismo, cioè il
riconoscimento che differenti culture devono essere valutate secondo differenti
standard.
Una volte conosciute però le regole che condizionano i codici verbali e non
verbali delle varie culture è indispensabile saperle applicare efficacemente ai vari
eventi comunicativi in cui si realizza la comunicazione. Spesso nei corsi di lingua
si affronta prevalentemente il problema di "cosa dire" piuttosto che quello di
"come dirlo", perché si dà per scontato che lo studente lo imparerà, probabilmente
a proprie spese, da solo.
Nel promuovere negli studenti un cammino verso il relativismo culturale bisogna
evitare il sorgere di posizioni di relativismo assoluto, in quanto questo comporta
alcuni rischi fra cui:
• la paralisi dell’azione interculturale;
• l’incapacità di sentire, vedere e superare un possibile conflitto
interculturale;
• la perdita del senso critico e punto di vista neutrale dell’osservatore esterno;
• il senso di disorientamento e perdita di punti di riferimento vitali (identità);
• l’ammantarsi di buonismo.

La persona che manifesta atteggiamenti di relativismo assoluto resta come


bloccata e incapace di agire interculturalmente a causa del suo principio assoluto
di rispettare tutte le culture che gli vieta sia di esprimere un suo giudizio
personale, sia successivamente di negoziarlo in un dialogo interculturale con i
membri appartenenti a culture diverse.

4.2 La competenza comunicativa interculturale

Nell’ambito specifico dell’insegnamento di una lingua straniera, uno degli scopi


dei corsi di lingua consiste nel promuovere l’interazione tra le varie culture e si
riconosce quindi la necessità di ricorrere alla competenza comunicativa
interculturale per far sì che il sistema di intercambio funzioni in modo adeguato.
Nella ricerca sulla competenza interculturale si distingue normalmente tra
l’aspetto affettivo, l’aspetto cognitivo e l’aspetto comunicativo/comportamentale
(Gertsen, 1995). Poiché un comportamento positivo e una buona conoscenza di
un’altra cultura non aiutano se non si è capaci di esprimersi, la dimensione
comunicativa risulta la colonna portante delle tre dimensioni che sono comunque
strettamente collegate tra di loro.

18
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

Fig. 8 Le tre dimensioni della competenza interculturale

La necessità di ricorrere alla competenza comunicativa interculturale viene


riconosciuta in modo esplicito nel Quadro Comune Europeo di riferimento per le
lingue (2002: 129) che inserisce la consapevolezza interculturale nelle competenze
comunicative di chi apprende e usa una lingua; tra le abilità del saper fare vengono
citate le abilità interculturali:

- la capacità di mettere in rapporto la cultura d’origine con quella straniera

- la sensibilità culturale e la capacità di individuare e usare opportune strategie per


entrare in contatto con persone di altre culture

- la capacità di fungere da intermediario tra la propria cultura e quella straniera e


risolvere efficacemente fraintendimenti interculturali e situazioni conflittuali

- la capacità di superare modalità di relazioni stereotipate

Il punto di partenza da cui scaturiscono queste riflessioni è una maggiore attenzione


per l’apprendente e per i suoi bisogni nel momento in cui entra in contatto con
un’altra cultura o quando ne incontra i rappresentanti. La considerazione del
verificarsi di incontri concreti tra persone di culture diverse è quindi indispensabile in
una didattica impostata sulla base dei principi della comunicazione interculturale
(Weidenhiller: 211). L’apprendimento interculturale non accompagna
automaticamente lo studio di una lingua straniera e va al di là della conoscenza dei
contenuti: è un processo di apprendimento nel quale la lingua straniera viene
riconosciuta e considerata come espressione di un pensiero e di un modo di vivere
diverso. Il criterio fondamentale in base al quale misurare il successo non è
l’acquisizione di informazioni, ma il cambiamento del proprio punto di vista
(empatia). Lo sviluppo dell’empatia e della comprensione critica, così come la
capacità di superare i conflitti, costituiscono la dimensione sociale e pedagogica
dell’insegnamento di una lingua straniera. Per spiegare meglio ciò che si intende per
“capacità di risolvere efficacemente fraintendimenti interculturali e situazioni
conflittuali”, si veda questo esempio concreto di un incontro problematico tra un
belga e un africano proposto da Zorzi4:

(A è il belga, B è l'africano. Si trovano a Bruxelles in un pomeriggio d'inverno.)


A: Vuoi un caffè?
B: No, grazie, non ho fame.

4
Cfr. http://www.didaweb.net/mediatori/articolo.php?id_vol=636.
19
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto
A: Vuoi un CAFFE'?
B: No, grazie. (breve pausa) Non ho fame.(lunga pausa)
A: Vorresti andare a bere qualcosa?
B: Certo, con piacere, fa proprio freddo.
A: Magari un caffè?
B: Bene, volentieri.
B reagisce alla domanda iniziale come se gli avessero offerto del cibo, in quanto nella sua
cultura (Haya, nel nord della Tanzania) agli ospiti si offrono chicchi di caffè da masticare,
come simbolo di amicizia, ospitalità e ricchezza. Di conseguenza è del tutto coerente la
categorizzazione che B fa di caffè come "cibo". La categorizzazione del belga, è, invece,
"bevanda calda". Le prime due battute del dialogo mettono in evidenza la differenza delle
due concezioni, che porta a un fraintendimento di tipo pragmalinguistico. B si accorge
che il suo intervento non è appropriato quando A ripete la domanda, sottolineando la
parola caffè. A, dopo una pausa, riformula l'invito passando da "caffè" a un più generale
"bere qualcosa". B questa volta accetta e ciò dà ad A una base per ritornare alla proposta
iniziale, che finalmente ha successo. Il fraintendimento è stato rimediato.

In questo esempio si vede chiaramente come B sia capace, rendendosi conto del
problema, di risolvere la situazione non dando per scontato che lui e il suo
interlocutore condividano lo stesso significato della parola “caffè”.
Questo tipo di competenza non si può insegnare come fosse un elenco di contenuti in
quanto, come brevemente accennato nella seconda parte di questo lavoro, i modelli
culturali sono in continua trasformazione e si rischierebbe di dare, soprattutto
all’estero, un’immagine stereotipata e falsata della lingua e della cultura italiana.
Si deve invece insegnare ad “osservare” la lingua straniera per contribuire allo
sviluppo delle capacità sopraccitate, con lo scopo di offrire un metodo di
osservazione che i discenti potranno applicare continuamente. Ciò significa,
riprendendo lo schema di Balboni (2002: 72):

- rendere consapevoli i discenti delle difficoltà della comunicazione


interculturale, facendo capire che tali diversità operano alla radice stessa
dell’interazione in un evento comunicativo;
- offrire degli strumenti concettuali, semplici e chiari, per osservare la
comunicazione;
- far notare che la realtà muta ogni giorno, per cui le varie culture si
modificano, si integrano, si contagiano e per altri versi si ri-differenziano:
si rende necessario uno studio e una interpretazione continua, giorno dopo
giorno;
- insegnare agli studenti a osservare filmati autentici o video e film in cui gli
attori si sforzano di sembrare naturali e far rilevare gesti, distanze, mosse
della vita quotidiana (nel caso di filmati non autentici saranno più facilmente
rilevabili in quanto artefatti) e tutta una serie di informazioni non verbali e
relazionali fondamentali.

Per facilitare l’osservazione l’insegnante ha a disposizione vari tipi di strumenti:

- la riflessione sui modelli culturali propri che verranno poi confrontati con
quelli della lingua insegnata: le relazioni e l’organizzazione sociali, la
famiglia, la scuola, ecc.;
- la condivisione di esperienze personali anche aneddotiche di
comunicazione interculturale;
- griglie di analisi: si possono basare sull’osservazione di valori culturali di
fondo (il tempo, la gerarchia, il rispetto sociale), l’uso del corpo per fini
comunicativi (sorrisi, occhi, espressioni del viso, la distanza tra i corpi,

20
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto
il bacio, ecc..), l’uso di oggetti (vestiario, regali, oggetti che si offrono
come sigarette o liquori, ecc.), la lingua (il tono, la velocità, il registro,
ecc.), le mosse comunicative (cambiare argomento, concludere,
interrompere, assentire, ironizzare, ecc.). Possono essere usate per
l’osservazione di filmati, talk-show, telegiornali, film e adattate allo scopo
dell’osservazione.

I discenti saranno abituati così ad osservare in modo critico e con cognizione di


causa le situazioni, riuscendo a raccogliere dati utili alla lettura e alla comprensione
dei modelli culturali e della comunicazione interculturale che sta alla base di ogni
scambio linguistico.
Da tale comprensione nasce la capacità di rimediare ai problemi di incomprensione
(come quello citato da Zorzi), in quanto il discente è attento e appena si rende conto
che la comunicazione in qualche modo non è passata, è pronto a rimediare. Se per
esempio una guida turistica spagnola alla fine del giro turistico con un gruppo di
italiani, usa la parola finalmente (che in spagnolo significa “alla fine”) è probabile
che nessuno le lasci la mancia. Ma se è attenta e va a fondo al perché, potrà
probabilmente rimediare alla gaffe o evitarla in un futuro.
Nelle lingue affini come l’italiano e lo spagnolo gli incidenti interculturali di tipo
linguistico come quello appena citato sono all’ordine del giorno: si pensi per esempio
alla parola seguramente, che in spagnolo indica un certo grado di incertezza e non
indica mai sicurezza come invece la parola “sicuramente” italiana.
A parte gli incidenti di tipo linguistico, anche i comportamenti che a noi risultano più
istintivi come il sorriso possono trarre in inganno: un’insegnante italiana ha chiesto a
uno studente turco se aveva fatto i compiti ed ha interpretato il gesto di annuire del
ragazzo come un’asserzione, non sapendo che nelle culture del Mediterraneo
orientale questo gesto significa “no”. Chiedendo poi di verificare si è accorta che non
li aveva fatti e ha ritenuto che il ragazzo le avesse mentito.
Tutti questi incidenti interculturali oltre a infarcire le conversazioni di aneddoti buffi,
possono diventare vere e proprie occasioni di apprendimento se i partecipanti si
rendono conto, anche in un secondo momento, di quanto è successo e riescono ad
analizzare la situazione in prospettiva interculturale.
Tornando quindi al lavoro dell’insegnante, l’insegnamento della cultura non deve
essere relegato ad un momento isolato della lezione ma si deve sfruttare ogni
occasione per far rilevare attraverso l’osservazione, per contrasto con la classe, con
la cultura dei discenti o con la cultura di altri paesi, il significato profondo della
lingua e della cultura che si sta insegnando.
In questo modo si potrà raggiungere l’obiettivo proposto dal Quadro, rendendo lo
studente sempre più autonomo e capace di costruire da solo, giorno dopo giorno la
sua competenza comunicativa interculturale.

21
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

II PARTE: OPERATIVA

5. Tipologie di esercizi per sviluppare la competenza interculturale

Presupposto fondamentale per raggiungere una consapevolezza linguistico-culturale


attraverso l’apprendimento interculturale è che vengano fatti collegamenti espliciti
tra le forme linguistiche e i contesti socioculturali in cui queste sono collocate, e che
le differenze tra le forme della LM e della LS e i loro contesti culturali vengano
analizzate programmaticamente.

5.1 Obiettivi per una didattica in prospettiva interculturale

Il macro-obiettivo da perseguire nella concezione di una didattica in prospettiva


interculturale che tenga conto dell’interiorizzazione di nuovi valori culturali da parte
dell’apprendente mira principalmente a:
-sviluppare la capacità di orientarsi in una cultura straniera e di comportarsi in
modo consono alle abitudini del paese target.
I micro-obiettivi che possono guidare il docente nello sviluppo e nel raggiungimento
di una consapevolezza linguistico-culturale da parte degli studenti riguardano i
seguenti ambiti:
-affinare le facoltà percettive verso la cultura straniera attraverso lo sviluppo di tre
fasi (percezione, interpretazione, valutazione);
-acquisire strategie per la comprensione del lessico;
-stimolare attività di confronto culturale e di empatia;
-potenziare la capacità discorsiva in situazioni interculturali.

5.2 Formazione delle facoltà percettive

Bisogna innanzitutto chiarire che la percezione è selettiva, guidata da interessi


personali e determinata da specifiche esperienze culturali. Per spiegare questo
fenomeno, come prima attività, si potrebbero fare svolgere agli studenti esercizi con
materiale illustrativo o materiale video. La descrizione di illustrazioni che
rappresentano scene e situazioni della vita quotidiana risulta interessante non solo per
arricchire il vocabolario, ma anche per capire ed analizzare le reazioni degli studenti.
È utile chiedere loro, ad es., perché hanno percepito alcuni elementi e non altri,
perché li hanno descritti in una determinata maniera e non in un’altra.
Un’altra attività consiste nell’associare alla stessa immagine didascalie diverse (ad
es. un gruppo di studenti leggerà una didascalia, mentre l’altro gruppo ne leggerà
un’altra; ogni gruppo dovrà caratterizzare l’immagine, che in realtà corrisponde ad
una sola didascalia, e confrontare i risultati). Questo esercizio mette in evidenza la
difficoltà di evitare condizionamenti e “vedere qualcosa” senza usare stereotipi e
categorie abituali. È utile raccogliere le osservazioni degli studenti ed evidenziare
quali interpretazioni sono dettate dagli stereotipi del paese. Per arrivare ad un
giudizio più guidato e controllato è necessario un procedimento che si articola nelle
seguenti tre fasi:
- percepire (descrivere dettagliatamente senza interpretare);
- interpretare (stabilire dei rapporti tra le cose, cercare motivi, anticipare
conseguenze, sottolineare la propria prospettiva);
- valutare (fissare le proprie impressioni dei dettagli o del quadro generale,
caratterizzare le valutazioni come tali e spiegarle).
22
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

Infine, il raccontare situazioni o storie dalla prospettiva di persone o figure


diverse allena la capacità di prestare attenzione a fattori che potrebbero essere
importanti da un altro punto di vista e quindi la capacità di empatia.

5.3 Acquisizione di strategie per la comprensione del lessico

Dal momento che i significati dei concetti nelle diverse lingue non sono identici e il
dizionario aiuta generalmente poco nell’individuare la funzione delle parole nel
contesto sociale, sarà bene sensibilizzare lo studente al contesto che co-determina il
significato di una parola e alle sue relazioni con parole correlate. Un esercizio adatto
allo scopo è rappresentato dai cosiddetti associogrammi, che spiegano e illustrano
schematicamente i significati connotativi di quasi ogni concetto (si parte ad es. da un
vocabolo-base, come casa, e si sollecitano varie associazioni secondo criteri di
affinità semantica, formando così un diagramma a rete). Gli studenti formano in un
primo momento gli associogrammi relativi a una nozione nella LM ed interrogano in
un secondo momento i parlanti della lingua target sulla stessa nozione. Se questo non
è possibile, è compito dell’insegnante illustrare la parte “straniera”.

5.4 Attività di confronto culturale e di empatia

Sarebbe importante far presente agli studenti che le esperienze e le nozioni della
propria cultura falsano la sua percezione del paese straniero e che l’immagine che ne
deriva è deformata. Per evitare ciò non basta paragonare fenomeni “stranieri” e i
presunti fenomeni analoghi del proprio paese, bisogna invece definire le equivalenze
e le differenze funzionali. Si possono così proporre esercizi di multiple choice
relativi ad aneddoti della vita quotidiana.

Ecco alcuni items tratti da un esercizio di multiple choice “interculturale”

Ovviamente i giudizi di valore dati saranno relativi alle culture di appartenenza


anche se ci sono sicuramente sistemi di valori diversi all’interno della stessa cultura.
Nasceranno senza dubbio accese discussioni tanto in classi multiculturali quanto in
classi monoculturali, in cui ognuno cercherà di difendere il proprio punto di vista e di

23
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

sensibilizzare gli altri su possibili reazioni diverse. Un altro esercizio utile è la


visione di brevi brani, tratti da film in lingua originale, con la successiva
imitazione in aula dei comportamenti osservati negli attori: l’analisi e
l’imitazione di un personaggio sviluppano la capacità di prestare attenzione alle
componenti specifiche di una cultura e di rivolgere allo stesso tempo l’attenzione dei
discenti al pericolo, sempre presente nel paragone tra culture, di generalizzare troppo
e di usare stereotipi.

5.5 Capacità discorsiva in situazioni interculturali

In una situazione interculturale è essenziale potersi intendere sui significati tanto


delle parole quanto dei comportamenti. Per imparare a paragonare i processi di
comunicazione della propria cultura con quelli delle altre si possono tradurre
letteralmente dei dialoghi (ad es.: chiedere un favore a qualcuno, svolgere una
trattativa d’affari, stringere contatti, scusarsi, criticare ecc.) e poi verificare se il
messaggio del testo si è conservato anche nella traduzione, se si è perso, o se si sono
addirittura creati dei malintesi. Dopo aver analizzato la causa del malinteso bisogna
cercare la traduzione adatta, cioè la cosiddetta traduzione comunicativa che non miri,
come la traduzione letterale, a un’equivalenza sintattica e testuale ma a
un’equivalenza in termini d’efficacia. Questo è possibile solo attraverso il transfer
culturale, cioè solo se la traduzione diventa un nuovo testo autentico nella lingua
target. Per ottenere ciò il discente deve, per così dire, intervistare il docente - come
nella vita intervisterà i suoi interlocutori - per raccogliere i suoi giudizi sui vari
adattamenti traduttivi che egli man mano propone.

24
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

6. Esempi di attività da svolgere in classe

Vediamo ora alcuni esempi di attività da poter svolgere in classe per insegnare la
cultura in prospettiva interculturale e per far sviluppare la competenza
comunicativa interculturale.
Abbiamo già accennato al fatto che sarebbe inutile elencare una serie di
comportamenti corretti o scorretti e che la cosa migliore è proporre delle attività
che prevedano l’osservazione e l’analisi di una situazione concreta, seguite da
attività di confronto con la propria cultura e da altre per l’utilizzo di quanto
appreso.

6.1 Attività per osservare i turni di parola e il registro linguistico

Osservazione e analisi: si possono scegliere più spezzoni tratti da giochi a quiz o


da dibattiti televisivi di diverso tipo. Dare agli studenti delle griglie di analisi in cui
devono indicare il registro usato dal parlante, a chi si sta rivolgendo e lasciare uno
spazio libero successivamente per scrivere, in fase di analisi, il motivo della scelta
del registro. Il confronto dei dati raccolti metterà in evidenza che in alcune
trasmissioni italiane, a seconda dell’interlocutore, il registro può cambiare anche
all’interno della stessa situazione.
Anche per l’osservazione e l’analisi dei turni di parola ci si può servire di griglie
di osservazione in cui gli studenti devono annotare se gli interlocutori si
interrompono e se usano dei segnali per il passaggio della conversazione da una
persona all’altra. In questo caso potrebbe essere utile osservare anche lo stato
d’animo degli interlocutori (nervoso, tranquillo, arrabbiato, ecc.)
Confronto: in ambito LS con una classe omogenea si potrebbero usare le stesse
griglie con spezzoni tratti da trasmissioni simili della cultura dello studente per
sensibilizzare lo studente su aspetti della propria cultura su cui forse non si è mai
soffermato. Si passa poi al confronto delle griglie e alla discussione delle
differenze e delle similitudini.
Utilizzo: si possono usare attività di role-taking e di roleplay per arrivare ad
organizzare un vero e proprio dibattito reale in classe. Se la situazione lo permette
sarebbe utile videoregistrare il dibattito per poi analizzarlo successivamente con gli
studenti.

6.2. Attività per lo sviluppo della competenza gestuale

Il primo passo fondamentale per lo sviluppo di una qualsiasi competenza


interculturale è, come già detto, l’osservazione e la riflessione. Per questo
pubblichiamo qui di seguito una tabella riassuntiva tratta da Celentin, P.
Comunicare con il corpo: diverse prospettive nelle diverse culture
(http://www.comunicobene.com/contenuto/cnv.html).
La tabella ci serve come utile confronto dopo una riflessione personale sui tratti
gestuali caratteristici degli italiani.

25
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

Comportamento Interpretazione italiana Interpretazione in altre culture


In Giappone: può indicare disaccordo ma
generico accordo o almeno comprensione di
Sorridere mentre si ascolta timidezza nel manifestarlo; in Giappone non
quello che viene detto
vige l'equazione "silenzio"="assenso"
In Estremo Oriente o nei paesi arabi: fissare un
uomo dritto negli occhi = sfida, fissare una
donna = proposta erotica
In Cina: segno di attenzione
Guardare dritto negli occhi mentre si ascolta segno di franchezza e attenzione In Giappone: ci si guarda di quando in quando,
ma mai durante un commiato: gli occhi vanno
focalizzati a terra, in un punto a lato della
persona che si sta salutando.

In Giappone: forma di rispetto, per comunicare


che l'attenzione è massima, che non si vuol
correre il rischio di distrarsi
Tenere gli occhi abbassati, quasi chiusi in una In molte culture eurasiatiche e africane:
disattenzione
fessura rispetto del subordinato (e soprattutto della
subordinata) nei confronti di un superiore.

Alzare gli occhi al cielo, eventualmente


accompagnando il gesto con un leggero click della in Sicilia ed in molte culture del Mediterraneo orientale: ha significato di negazione.
lingua
Muovere la testa ripetutamente da dx a sx Muovere la testa ripetutamente da dx a sx In India, nello Sry Lanka: "sì"
Muovere la testa dall'alto verso il basso "Sì" Nello Sry Lanka: "no"
In Cina: posizione non accettata, offensiva
Mettere entrambe le mani in tasca estrema informalità, non consentito alle donne In Turchia: può portare al licenziamento

Nelle culture euro-americane: dimostra


sincerità e "virilità"
In Germania: non è virile ma "sincera", per cui
anche una donna la utilizza
Stringere la mano in maniera molto decisa dimostra sincerità e "virilità" In Oriente: la stretta di mano è inusuale
(soprattutto in Corea e Giappone, dove il saluto
è di solito un inchino)

In Giappone: esiste una tipologia molto


Segno, ormai usato molto raramente e solo in
Inchinarsi variegata di inchini (vedi:
contesti ufficiali, per esprimere stima e rispetto
http://www.grappolo.com/orientalia/espres.htm)
nessun significato; da evitare solo nella stretta di Nella cultura araba: la mano sinistra è impura e
Usare la mano sinistra
mano quindi va considerata come inesistente
In Inghilterra: "vittoria" se il dorso della mano
Sollevare indice e medio della mano destra a "V" segno di vittoria è rivolto verso chi parla; un insulto se il dorso
della mano è rivolto verso chi ascolta:
In estremo Oriente: significa "te lo metto..."
Tenere il pugno chiuso e il pollice eretto verso In Brasile: significa "grazie"
OK, d'accordo (di derivazione statunitense) In Indonesia: "dopo di te"
l'alto

Nei paesi slavi: significa "Ti faccio un ... grande


Tenere pollice e indice uniti a formare una "O" OK, d'accordo (di derivazione statunitense)
così"
Far oscillare basso-alto la mano rivolta verso In Turchia: significa "Ottimo, eccellente",
"Ma che cavolo dici?"
l'alto con le dita raccolte a grappolo soprattutto se rivolto a una donna
Colpire oscillando dal basso con la mano destra In Turchia: significa, in maniera molto volgare,
la sinistra tenuta ferma, , tenendo le due mani a "Taglia l'angolo", "Fila via" "Te l'ho messo in ..." oppure, riferito a una
taglio donna che passa, "Quella me la sono fatta"
Mostrare il pugno con il polpastrello del pollice
"Ti ho rubato il naso!" (ai bambini) In Turchia: significa "Va ffa'...!"
che sbuca tra indice e medio
Stringere la mano a pugno, rivolto verso l'alto,
con l'avambraccio teso in avanti, e poi avvicinare invito a "stringere", a riassumere In Turchia: volgare invito sessuale
il pugno al corpo
In Turchia: gesto privo di intenzionalità
Tenere la punta delle dita unite appoggiata sul
comunicativa, in quanto i Turchi hanno una
pomo d'Adamo e poi muoverla più volte verso "Me ne frego"
barba molto fitta e dura, che irrita la pelle
l'esterno, sfiorando il mento.
mentre cresce.
Accavallare le gambe nessun significato Nei paesi arabi: vivono questi atteggiamenti in
maniera molto risentita, perché ritengono che si
Appoggiare la caviglia al ginocchio lasciando che comunichi disprezzo o addirittura che si voglia
comunica scarso rispetto
si veda la suola delle scarpe dire: "vattene da qui"
Nelle culture scandinave e in quelle medio ed
Togliersi le scarpe gesto maleducato e irrispettoso
estremo-orientali: gesto naturale, che indica

26
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto
relax o rispetto (vedi moschee)
In medio oriente e Turchia: non è ben educato
asciugarsi la fronte in pubblico
In Giappone (come nelle discoteche occidentali):
Detergersi il sudore in pubblico Gesto accettato, ma da fare con discrezione il sudore ha un valore positivo, indica sincera
partecipazione

In Giappone: considerato irrispettoso e volgare


(il muco viene tamponato con un fazzoletto)
In Turchia: considerato irrispettoso e volgare (il
Soffiarsi il naso è permesso, ma con discrezione muco viene inspirato, anche rumorosamente, ed
inghiottito)

In Asia: meglio tollerati


In Giappone: una specie di risucchio indica
soddisfazione dopo un pasto
Ruttare e dar il sfogo a rumori intestinali In Scandinavia, in Russia, nel Sud-est asiatico: è
permesso ruttare dopo un pasto

In Giappone: il vomitare per postumi di


Vomitare vietato un'ubriacatura è una sorta di omaggio ai
compagni con cui si è trascorsa una bella serata
In Oriente e, in parte, nelle culture arabe e
Sputare e scatarrare vietato
nero-africane: è comunissimo

vietato fino a una generazione fa, viene oggi ammesso, in quanto trattenerlo può far male; in molte
Starnutire culture chi starnutisce riceve un augurio: "Salute!", "(God) bless you!", "A tes souhaits!" "Bud'
zdarov'!")
Cultura greca: gesto offensivo che significa "ti
mostro che cosa sei: un c..."
Toccarsi i genitali maleducato In Turchia: la maggior parte dei maschi rade la
peluria pubica e genitale e toccarsi che dipende dal
prurito dei peli che ricrescono

6.2.1 Esempio di attività

Osservazione e analisi: si può iniziare con la visione di uno spezzone di film o di una
pubblicità in cui i protagonisti gesticolano in maniera evidente. Meglio se i gesti non
sono molti e se sono ben visibili. Si fa una prima visione senza audio e si chiede agli
studenti di fare delle ipotesi su quanto sta succedendo, a coppie o in piccoli gruppi.
Durante la seconda visione, sempre senza audio, si chiede agli studenti di notare i
gesti e se ne capiscono il significato in italiano.
Quindi rivedere lo spezzone con l’audio, verificare l’ipotesi iniziale e cercare sempre
a coppie il significato dei gesti visti.
Successivamente si può fare un’attività di abbinamento disegno del gesto e suo
significato (si possono usare dei cartellini).
Confronto: dopo aver acquisito una certa familiarità con i gesti si può fare un
confronto con quelli esistenti nella propria cultura ed evidenziare i gesti che possono
creare degli incidenti interculturali (per esempio gesti identici nelle due culture ma
con significato diverso).
Utilizzo: si può fare l’attività del mimo nella quale partendo da un gesto uguale per
tutti gli studenti a coppie devono inventare un dialogo in cui il gesto di partenza possa
essere utilizzato. Si possono poi confrontare i diversi dialoghi tra di loro. Un’altra
attività utile è immaginare i gesti che possono accompagnare una conversazione dopo
averne ascoltato solamente l’audio.

6.3 Attività per riflettere sulla distanza tra i corpi

Riflettiamo ora sulla distanza che per noi risulta “normale” e cerchiamo di
paragonarla con quella della o delle altre culture che conosciamo.

27
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

È diversa? È uguale?
Confrontiamo poi le nostre riflessioni con la tabella sotto riportata tratta da
Celentin, P. Comunicare con il corpo: diverse prospettive nelle diverse culture
(http://www.comunicobene.com/contenuto/prossemica.html).

TIPI DI CONTATTO IN ITALIA ALTROVE

la sfera dell’intimità è data culture della costa europea del Mediterraneo:


dalla distanza di un braccio idem, chi si avvicina troppo invade il campo
teso dell’altro, mettendolo a disagio e dandogli la
sensazione di essere aggredito
nel Mediterraneo arabo: la distanza si riduce, chi
Contatto frontale parla tocca spesso l’interlocutore sul petto o sul
braccio culture europee non mediterranee e
americane: i due interlocutori restano a distanza di
un doppio braccio
in Giappone, a Mosca: lo spazio personale è
molto ridotto e quindi il contatto è obbligato e
non si culture
molte dice mai “permesso?”anche
mediterranee: o “scusi!”
i maschi si
prendono a braccetto tra di loro
nei paesi arabi: i maschi si prendono anche per
Soprattutto al Nord, è escluso
mano nel resto d’Europa: come in Italia
l'eccesso di contatto fra
zone rurali dell’Oriente sopravvive l’abitudine di
Contatto laterale uomini, visto come esibizione
prendersi per mano tra persone dello stesso sesso
di omosessualità o
in Giappone: prendersi a braccetto, camminare
ubriachezza
molto vicini, a contatto di spalla, hanno una
connotazione sessuale
in Turchia e in altre zone di cerniera tra Europa ed
Asia:

mettere la mano sulla spalla di uno straniero


“Caro ospite, lascia che ti guidi”
significa
Duebaci sulle guance tra in Giappone: un bacio in pubblico, anche tra padree
donne o tra donna e uomo figlio, è esclusocategoricamente
sono sempre ammessi, tra in Turchia ed in altre culture medio-orientali: il
Bacio
uomini solo in casi bacio è d’obbligo anche tra giovani maschi
eccezionali (ad es.:
condoglianze)
i giapponesi: preferiscono, anche ad alti livelli
gerarchici, gli spazi aperti in cui esibire il proprio
Il luogo chiuso indica
ruolo
maggior prestigio ma anche
i nordici: interpretano lo spazio aperto come una
Spazio personale nel maggior rispetto degli altri; il
mancanza di rispetto, “Me ne frego di disturbarti”
luogo dilavoro visitatore deve bussare ma
in Germania o negli Stati Uniti: il visitatore
spesso non attende la risposta
comunica rispetto per il territorio altrui tenendo la
"avanti"
mano appoggiata allo stipite, ma i tedeschi di solito
tengono le porte chiuse, mentre gli statunitensi
aperte

28
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

6.3.1 Esempio di attività

Partendo da questo disegno:

Titolo UD: FATTI PIÙ IN LÀ !!!!5

DESTINATARI: 15 adulti catalanofoni LS

LIVELLO DI PADRONANZA LINGUISTICA: B2

DURATA PREVISTA PER L'ATTIVITÀ: in classe 120 min. + lavoro sul


campo

SUPPORTI UTILIZZATI: cartacei (foto – fogli – lucidi ) /pennarelli e blue tack


/TV / macchine fotografiche digitali (+ possibilità di stampa)/metro avvolgibile da
geometra

OBIETTIVICOMUNICATIVI: implicando le abilità di espressione orale e scritta


descrivere, argomentare, comparare riassumere esprimersi oralmente davanti ad un
gruppo//prendere degli accordi insieme ai compagni per organizzare un evento

OBIETTIVI SOCIALI E CULTURALI: Riconoscere la relatività della propria


cultura / Riconoscere la positività della differenza/ Riconoscere e comprendere gli
elementi di diversità non verbale degli italiani.

FASI DELL’ATTIVITÀ
Brainstorming chiedendo agli Studenti a coppie di essere architetti /decoratori per
30 minuti circa invitandoli a partecipare ad un concorso di idee per ristrutturare la
loro classe con disegni/bozzetti allo scopo di farne un’aula modello distribuendo i
posti nelle posizioni ritenute “ideali” per l’apprendimento con varie modalità di
lavoro (a coppie, in gruppetti di 3/4, individualmente, in plenum), motivando
inoltre brevemente le loro scelte sul dorso.
Il docente, ritirati i disegni (firmati sul dorso), li appende qua e là per l’aula invitando
gli studenti a girovagare per10 minuti come in una galleria d’arte per prendere visione
di tutti” i progetti “ e per assegnare le loro preferenze in forma iconica ( p.es. ☺ ) con
un pennarello sui bozzetti migliori. In base al gradimento si sceglie il disegno vincitore
e in plenaria si discutono/chiariscono/commentano le posizioni ideali degli studenti in
un’aula per studiare una lingua
5
Attività realizzata da un ex-corsista ITALS.
29
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

Fase uno
Vengono presentate le seguenti foto /disegni chiedendo agli studenti divisi in
gruppi di 5 dopo aver fatto delle ipotesi sul contesto nel quale avvengono i
dialoghi / sul rapporto tra gli interlocutori / sull’argomento oggetto della
conversazione, di osservare/rilevare le distanze (approssimative) tra i vari
interlocutori
Discussione posteriore in plenum dove ogni gruppo riferisce le sue rilevazioni tramite
un portavoce
Fase due
Viene assegnata la seguente scheda con le distanze di Hall :

L’antropologo Hall, sostiene che durante una conversazione, gli interlocutori prendono delle
inconsapevoli distanze tra loro.
Quelle americane, prese come da lui a campione,le ha definite così :
Da 15 - 45 cm definisce una distanza intima tra le persone si toccano, parlano
sottovoce,si abbracciano
Da 45- 120 cm definisce una distanza personale quella per un dialogo tra amici o con
persone che si conoscono bene
Da 1,2 -3,5 metri definisce una distanza sociale quella per una comunicazione tra
persone che si conoscono poco o per affari
oltre i 3,5 metri definisce una distanza pubblica tra una persona (attore/politico) ed il
pubblico

e viene richiesto agli studenti di ritrovare le varie distanze nei disegni/foto già
esaminati. Posteriore discussione
Fase tre (lavoro sul campo)
Dopo aver fornito agli studenti una lista di luoghi (per esempio: al mercato,
passeggiando per la città , nella scuola stessa, al cinema) dove possano avvenire
dialoghi/conversazioni con distanze PERSONALI E SOCIALI, gli studenti vengono
invitati a fotografare a loro piacere una serie di campioni di situazioni con
comportamenti spaziali del tipo assegnato. Il docente a sua volta avrà già fatto
precedentemente altrettanto su campioni italiani
Fase quattro
Di nuovo in classe, vengono esaminate le foto portate da tutti/e , suddivise in
categorie (distanze italiane // distanze personali /sociali catalane) e discusse
con la finalità di trovare all’interno del vasto campionario, quelli che possono
costituire modelli caratteristici di uno o l’altro popolo o ipotetici fraintendimenti
tra le due collettività . Si elabora una sorta di griglia finale di opposizioni nella
quale le foto rappresentano l’elemento iconico esplicativo.

VERIFICA: espressione scritta


“Laura Capaccioli, autrice del testo In giro parlando. Una guida pratica per
girare il mondo. Frasario e dizionario in inglese, spagnolo, francese, tedesco. per
favorire simultanee intese fra soggetti di lingue e culture diverse vi chiede di
partecipare alla 2ª ed. formulando un piccolo vademecum allo scopo di evitare
gaffe e di sentirsi pienamente integrati nelle relazioni di gruppo con i catalani.
Il vostro testo deve avere 120 parole circa”

30
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

6.4 Attività per riflettere sulla vestemica e sull’uso degli oggetti

Un testo, come quello che segue, in cui si parla del modo di vestire dei giovani e, in
particolare, della moda degli italiani (adattato da Civiltà Italia, Paolo E. Balboni - Michele
Daloiso, Guerra Edizioni 2009: p. 58) può offrire numerosi spunti per immaginare delle
attività a sfondo interculturale, senza trascurare l’indicazione degli elementi linguistici su
cui lavorare con la classe.

Queste tre foto potrebbero apparire in un libro di civiltà francese, tedesca, spagnola, inglese: in ogni paese
puoi trovare giovani che indossano il classico piumino invernale, jeans maglietta e scarpe di ginnastica
per le stagioni più miti, e dappertutto puoi vedere il tipico oversize dei ragazzini che sembrano vestiti con
gli abiti dei fratelli maggiori … È vero: i giovani italiani sono vestiti come tutti i giovani del mondo
occidentale, ma se giri per strada a Londra o Istanbul o San Francisco puoi sentire degli italiani che,
guardando la strada piena di giovani, dicono: “Vedi quei due, da come sono vestiti si vede che sono
italiani”. Ed è vero, quando ci passi vicino senti che parlano italiano … ma sono vestiti come tutti gli altri.
Almeno apparentemente. La differenza sta di solito in due aspetti: l’attenzione alla combinazione dei vari
elementi del vestiario e la cura dei dettagli. Anche se un ragazzo porta scarpe Adidas e jeans Levi’s, la
combinazione tra il colore delle scarpe, la sfumatura dei jeans, i colori della maglietta o della camicia, del
giubbotto, del maglioncino, è molto, molto curata. Raramente un ragazzo italiano, anche se sembra
vestito in maniera molto casual, ha scelto le cose in modo casuale: anzi, spesso ci mette tempo a scegliere
la combinazione, e si vede nel risultato: lo riconosci come italiano.

Ma non si può andare sempre vestiti in maniera casual. Anche i ragazzi usano la giacca, e una tipica moda
italiana è quella di portare camicia e giacca blu, abbastanza elegante, con i jeans (ce ne sono molti dal
taglio impeccabile, disegnati anche da Armani, Dolce & Gabbana, Versace; e ci sono aziende che curano i
jeans come se fossero alta moda, ad esempio Benetton, Stefanel, Diesel). Se poi ci si mette la cravatta,
una combinazione simile può anche essere formale, purché si abbiano scarpe di pelle e non da ginnastica.
Ci sono anche giovani che vanno vestiti in abito elegante, con la cravatta. Sono spesso studenti di
università private prestigiose, tendono a dichiarare anche con l’abbigliamento che sono interessati ad
entrare nel mondo degli affari, che sono conservatori nel vestiario e non solo nelle idee.

31
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

6.4.1 Esempio di attività

CONTESTO DI INSEGNAMENTO*
Destinatari: giovani studenti di madrelingua tedesca (età 18-20 anni) di un
corso privato di lingua e cultura italiane - LS;
Livello linguistico: B1; Grammatica:
Spazio: le attività sono svolte in un'aula dotata di LIM, pc o tablet a
Preposizioni
disposizione della classe;
semplici e
Nota: si presume che gli studenti abbiano un interesse reale nei articolate
confronti della nostra lingua e cultura, quindi che abbiano già un'idea,
(se non addirittura esperienze dirette), degli italiani e di come questi
appaiono.

*Attività realizzate da un’ex corsista ITALS.

ATTIVITÀ DENTRO IL TESTO

Attività 1
Dopo aver proposto agli studenti un esercizio a scelta multipla mirato alla comprensione del testo,
l'insegnante porta l'attenzione al seguente passaggio, servendosi della LIM:

“Vedi quei due, da come sono vestiti si vede che sono italiani”. [...] La differenza
sta di solito in due aspetti: l’attenzione alla combinazione dei vari elementi del
vestiario e la cura dei dettagli. [...] Raramente un ragazzo italiano, anche se
sembra vestito in maniera molto casual, ha scelto le cose in modo casuale: anzi,
spesso ci mette tempo a scegliere la combinazione, e si vede nel risultato: lo
riconosci come italiano.

A questo punto l'insegnante invita la classe a commentare le affermazioni segnalate. Ha inizio così
un momento di riflessione generale, condotta oralmente, guidata da una serie di quesiti:
 avete mai notato il modo di vestire che hanno gli italiani, in generale?
 siete d'accordo con queste affermazioni?
 anche voi pensate che la combinazione e la cura dei dettagli siano elementi
caratteristici per un vestito italiano? Perché, secondo voi?

In questo modo potranno emergere pre-conoscenze relative al tema, eventuali visioni


stereotipate nei confronti degli italiani (es. vestono sempre in modo elegante) ed esperienze, e
il focus verrà incentrato su un aspetto culturale preciso: lo stile italiano. L'insegnante ha cura
di sintetizzare i vari commenti alla LIM, sullo stesso spazio creato per la condivisione del
passaggio precedente.

La classe viene ora suddivisa in gruppi di tre. I gruppi sono invitati a ricercare immagini su
riviste italiane messe a loro disposizione (L'Espresso, Panorama, Chi, Oggi, Io Donna,
Grazia), oppure in Internet, servendosi di pc o tablet. Da queste immagini, una esemplificativa
dello stile casual e una di una forma più elegante, gli studenti dovrebbero evidenziare le

32
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

combinazioni che più di altre riconducono all'italianità del modo di vestire, suggerita dal testo
di partenza. Le linee guida sono presenti appunto nel testo, poiché viene data indicazione di
come potrebbe vestirsi un giovane italiano qualsiasi, sia in modo casual che elegante. A
seguire la classe si riunisce per un momento di condivisione e riflessione in plenum per
definire quali vestiti, combinazioni e dettagli saltano all'occhio con maggiore frequenza tra le
immagini reperite.
Successivamente, ogni gruppo si dedica al completamento di una griglia in cui si mettono a
confronto quelli che, secondo gli studenti, possono essere gli elementi del vestiario che
rendono gli italiani riconoscibili, e quelli che invece distinguono le persone nel loro ambiente
culturale (tedeschi). Oltre che permettere di lavorare su materiale lessicale e sull'impiego di
preposizioni, lo scopo di questo esercizio è quello di definire i tratti di diversità, ovvero di
italianità, agli occhi degli studenti.

Vestemica: elementi distintivi


Germania Italia
Maschi Maschi
- vestiti: - vestiti:
- colori: - colori:
- abbinamenti: - abbinamenti:
- accessori: - accessori:
Femmine Femmine
- vestiti: - vestiti:
- colori: - colori:
- abbinamenti: - abbinamenti:
- accessori: - accessori:

Per l'ultima parte dell'attività, la classe viene rimescolata per formare gruppi da tre persone
diversi dai precedenti. Il compito ora è quello di immaginare di essere un team di stilisti
italiani, che ha il compito di proporre due completi, uno da uomo e uno da donna, per una
sfilata di moda internazionale. Ogni modello dovrà prevedere una breve descrizione dei vestiti
scelti, accessori previsti, abbinamenti scelti per colori e tessuti, il contesto e la stagione in cui
può essere indossato. Per fare questo, ogni gruppo potrà usufruire di dizionari e supporti
tecnologici per la ricerca delle informazioni necessarie.
Al termine dell'attività, ogni team sceglie il leader incaricato di presentare alla classe i propri lavori.
Dopo le dovute votazioni, vengono eletti in due modelli (quello maschile e quello femminile) che
rispettano più fedelmente la consegna.

Attività 2
Alla luce della prima attività, in cui gli studenti si sono immedesimati con stilisti italiani, e
considerate le citazioni nel testo di alcuni grandi personaggi attivi nel settore della moda, questo
secondo percorso è incentrato sull'esibizione di Grandi Firme su capi d'abbigliamento e accessori.
Un capo d'abbigliamento o un accessorio firmato, magari con il marchio messo bene in vista, in
Italia è spesso simbolo di prestigio, di eleganza e gusto estetico; di conseguenza, indossare capi
comunemente informali (es. jeans), o i più stravaganti, o addirittura quelli che normalmente
verrebbero considerati “rozzi”, risulta più giustificabile se questi sono firmati e indossati anche in
contesti più formali. La firma garantisce l'originalità, elogia lo stilista, la sua arte e la sua figura
incontrastabili, quindi merita rispetto. Un aspetto, questo, sul quale può essere importante riflettere
in ottica interculturale, poiché potrebbe essere interpretato come segno di superiorità e ostentata
ricchezza, riflesso di un esibizionismo sfrontato e irrispettoso. Lo scopo è quello di sensibilizzare
gli studenti a ragionare sia sulla vicinanza tra stilisti e comunità italiana, sia sull'adeguamento della
33
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

grande firma ai capi d'uso comune, come ad esempio i jeans; lo stilista garantisce stile e gusto
all'italiano e sull'italiano, anche quando indossa un capo informale. Lo stile ha valore, in Italia.
Certo, l'esibizione di una firma può anche voler mostrare agio e ricchezza, ma spesso non è fatto
con lo scopo di offendere l'altro. L'idea è quella di sfoggiare stile, potendoselo permettere.

L'insegnante evidenzia alla lavagna il seguente passaggio del testo:

Anche i ragazzi usano la giacca, e una tipica moda italiana è quella di portare camicia
e giacca blu, abbastanza elegante, con i jeans (ce ne sono molti dal taglio impeccabile,
disegnati anche da Armani, Dolce & Gabbana, Versace; e ci sono aziende che curano i
jeans come se fossero alta moda, ad esempio Benetton, Stefanel, Diesel). Se poi ci si
mette la cravatta, una combinazione simile può anche essere formale, purché si
abbiano scarpe di pelle e non da ginnastica.

Successivamente, proietta alla LIM una serie di loghi e diciture, mescolati:

Armani – D&G – Versace – Benetton – Diesel – Cavalli – Moschino – Valentino – Prada

Segue un esercizio di associazione tra logo e stilista di riferimento, da eseguire a gruppi di tre.
L'attività continua con una serie di stimoli, orientati alla riflessione, e incentrati sulla cultura
d'origine degli studenti. L'insegnante innesca il dibattito con le seguenti domande:
 ci sono grandi stilisti di riferimento nel vostro Paese?
 indossate capi firmati? Se sì, quando?
 vi piace/piacerebbe esibire capi firmati? Perché?

Questa serie di domande permette di acquisire consapevolezza su un dato comportamento. In


seguito, lo sguardo è proiettato sulla cultura d'arrivo, quella italiana:
In base alla vostra esperienza...
 in Italia è frequente vedere vestiti o accessori firmati?
 chi indossa vestiti o accessori firmati?
 quali firme avete visto più frequentemente?

A questo punto, l'insegnante proietta alla LIM una serie di immagini, in cui persone famose e non,
italiane, indossano vestiti o accessori firmati, con il marchio ben in vista. Si chiede poi agli studenti
di scrivere un breve commento su un bigliettino, anonimo, rispondendo alla domanda:
Quando vedi una persona che esibisce vestiti o accessori firmati, qual è la tua reazione?
Che cosa pensi?

Le riflessioni vengono raccolte e messe da parte, per un attimo.


L'insegnante invita gli studenti a riflettere sulla presenza di grandi case di moda in Italia associata
all'utilizzo comune di questi marchi.
Molti tra i più grandi stilisti sono italiani. Secondo voi, questo giustifica la preferenza degli
italiani, attenti allo stile e ai particolari, a indossare abiti e accessori firmati?

L'insegnante chiede agli studenti di provare a decentrarsi e straniarsi, quindi di cercare di valutare il
fatto di indossare grandi marchi in modo più oggettivo, descrivendo la realtà senza interpretarla (es.
x indossa una camicia firmata, probabilmente costosa, perché se lo può permettere e perché gli
piace). I pensieri degli allievi raccolti in precedenza vengono ridistribuiti in modo casuale alla
classe. Individualmente, ognuno si sforza di dare una risposta “decentrata” alle impressioni
trascritte dal compagno, siano queste positive o negative.

34
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

Infine, un'ultima riflessione:


Pensate agli oggetti di lusso che vedete usare quotidianamente: ce ne sono? Automobili, magari?
Ci sono oggetti preferiti o considerati migliori solo perché la marca è tedesca?

Dopo questo confronto in seduta plenaria, l'insegnante assegna ai gruppi un approfondimento da


svolgere a casa, in una settimana: ogni gruppo sceglie uno stilista italiano e prepara una breve
esposizione a riguardo, da portare in classe.

ATTIVITÀ OLTRE IL TESTO

Attività 1
Data la vasta presenza di turisti tedeschi nel nostro Paese, soprattutto in estate, ho deciso di
realizzare un'attività focalizzata sul “dress-code” da spiaggia e informale, mettendo a
confronto abitudini italiane e tedesche. Credo infatti che, per studenti di questa nazionalità,
potrebbe tornar utile acquisire consapevolezza a riguardo.

L'insegnante proietta alla LIM le seguenti immagini

L'insegnante guida gli studenti nell'osservazione di queste immagini, che raffigurano vari modi
di vestire preferiti dagli italiani, sia in spiaggia che alla sera, presso località marittime.

35
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

Successivamente, a coppie, gli studenti completano la seguente tabella, mettendo a confronto il loro
modo di vestire normalmente al mare, con quello degli italiani.

Tutti al mare!
tedeschi italiani
Spiaggia Spiaggia
- bambini: - bambini:
- bambine: - bambine:
- ragazzi: - ragazzi:
- ragazze: - ragazze:
- uomini adulti: - uomini adulti:
- donne adulte: - donne adulte:
- uomini anziani: - uomini anziani:
- donne anziane: - donne anziane:
Alla sera Alla sera
- uomini: - uomini:
- donne: - donne:

Sempre a coppie, gli allievi eseguono infine un compito di produzione scritta che recita la seguente
consegna:
Il tuo amico di penna indiano andrà in Italia con sua sorella, la prossima estate. Hanno
trovato un lavoro stagionale presso una località marittima, e si chiede come sarà la vita là.
Inoltre, vorrebbe prepararsi la valigia con tutto l'occorrente per la vita da spiaggia, di cui
non ha alcuna esperienza. Rispondetegli, avendo cura di segnalargli le usanze degli italiani.

Attività 2
La presente attività è ideata per indurre gli allievi a riflettere sul gesto di regalare qualcosa a
qualcuno in segno di augurio di buona fortuna o felicità, in un preciso contesto situazionale. Il
dono offerto potrebbe avere precisi significati ed interpretazioni, a seconda della cultura presa
in considerazione. Inoltre, vengono presi in considerazione altri riti dal mondo praticati nel
nome della fortuna.

L'insegnante proietta alla LIM la seguente immagine:

Inizia un brainstorming generale, in cui gli studenti condividono ipotesi sul significato
dell'espressione italiana Nascere con la camicia.
Dopo aver raccolto le varie idee, l'insegnante condivide con la classe la definizione offerta dal
dizionario online del Corriere della Sera (http://dizionari.corriere.it/dizionario-modi-di-
dire/C/camicia.shtml), adattata al contesto e al livello degli studenti.

36
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

Fig.: essere molto fortunati.


Qualche volta i bambini nascono ancora avvolti nel sacco amniotico [...] Data la
rarità dell'evento, si consideravano questi neonati persone speciali […] e il
fenomeno era visto come promessa di buona sorte, ricchezza e fortuna.

Gli studenti si organizzano in gruppetti di tre persone ed eseguono un brevissimo esercizio di vero o
falso, relativo a questa definizione. Dopodiché, assieme riflettono sulla seguente domanda-stimolo,
scrivendo un breve commento con la loro opinione:

Secondo voi, perché si è scelta proprio la camicia come associazione a questo fatto?
Può essere dovuto a fattori culturali italiani?

Dopo essersi confrontanti all'interno dei gruppi, l'insegnante propone la seguente lettura 1, con
le dovute precisazioni lessicali (es. significato di esoterico, corredino, ecc.).

Nascere con la camicia: significato esoterico


Il bambino che nasceva avvolto in una specie di sacco, probabilmente la
membrana amniotica, era considerato diverso dagli altri, e la cosa veniva
interpretata come segno di vita fortunata.
Esistono però anche altre versioni e altre spiegazioni di questo modo di dire:
nascere con la camicia, per qualcuno, rimanda alla camicia, il simbolo del
corredino di un neonato; perché, in epoche dove non si aveva nulla, possedere un
corredino era simbolo di agiatezza, quindi di vita fortunata. In occasione della
nascita di un bambino nelle famiglie più ricche si preparava una "camicia"
morbida e delicata da far indossare al neonato subito dopo il parto, che avrebbe
dato al piccolo comodità e protezione. Tale indumento non era invece utilizzato
dalle famiglie povere, per cui "nascere con la camicia" voleva dire essere figlio di
signori e avere fortuna a livello economico.
Un indumento simile è ancora oggi spesso richiesto dagli ospedali alle donne che
si ricoverano per il parto, nella lista indicante il corredo per il bimbo da portare
con sé, o viene proposto spesso come regalo alle neomamme con il nome di
'camicino della fortuna', appunto.
Altri regali portafortuna da offrire al neonato possono essere: una catenina o un
braccialetto d'oro, decorato con cuoricini o angioletti, o con inciso il nome del
bambino, oppure un lingottino d'oro o la sterlina britannica d'oro.

Segue un esercizio a risposta multipla, da eseguire in gruppo per la comprensione del testo.
Agli studenti viene chiesto ora di riflettere sulla propria cultura, per evidenziare le differenze
tra comportamenti di italiani e tedeschi:
Elencate alcuni doni che normalmente vengono offerti ad un neonato come portafortuna,
in Germania

Per alimentare la capacità di relativizzare, l'attività prosegue con un gioco di associazione, che
riguarda alcuni riti o regali portafortuna donati al bebè in varie zone del mondo.

1 Testo originale modificato, integrato e adattato a seconda degli scopi didattici e del livello linguistico degli studenti
– Cerri Emanuela, http://www.pianetamamma.it/parto/post-parto/bambini-nati-con-la-camicia.html; ho scelto questo
testo poiché rispecchia i racconti e le tradizioni che anche io, italiana, conosco e vedo portare avanti ancora oggi.

37
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto
A. In Cina... 1 ...i genitori seppelliscono la placenta e
piantano sopra un albero di cocco. A seconda
di come la palma crescerà si stabilisce la
salute futura del bimbo. Il cordone ombelicale
viene gettato in mare se si tratta di un
maschio, mentre nelle acque interne se è
femmina.
B. A Shanghai (variante cinese)... 2 ...vengono bruciate piante sacre, e sopra il
fuoco la neomamma spruzza il suo latte,
mentre la nonna culla il bambino immersa nel
fumo.
C. In Nuova Zelanda, sulle Isole Cook... 3 ...dopo tre giorni dalla nascita, i genitori
fanno un bagnetto al bambino e legano un
nastro rosso al suo braccio, con alcuni
ciondoli e monete portafortuna. Il nastro si
toglie dopo 14 giorni.
D. In Giappone... 4 ...la placenta viene lavata in acqua
profumata, poi viene messa in una mezza noce
di cocco piena di fiori. Il padre ha il compito
di seppellirla in giardino o all’ingresso di
casa, a sinistra se femmina, a destra se
maschio.
E. In Australia, nelle comunità aborigene... 5 ...il neonato non riceve complimenti. Anzi, i
familiari spesso lo offendono con parole come
“brutto” o “rospo”, perché gli spiriti maligni
normalmente attaccano solo i bambini belli.
F. In Vietnam... 6 ...i genitori offrono a parenti e amici uova sode
dipinte di rosso. La mamma dopo il parto beve
una miscela di aceto e zenzero, come protezione
per la sua salute. Poi cuce un cuscino per il bebè
fatto di riso e fagioli, affinché la sua testa
assuma una giusta forma.
G. In Indonesia, a Bali... 7 ...i genitori danno il nome al bambino dopo
sette giorni dalla nascita, e lo comunicano a
parenti e amici con un bigliettino e un piccolo
regalo.
Soluzioni: A3; B6; C1; D7; E2; F5; G4

L'esercizio viene svolto sempre in gruppi di tre. Una volta scoperte le soluzioni,
individualmente ogni studente commenterà su un foglio i seguenti input:
 Tra quelli visti, quale rito ti affascina di più? Perché?
 Quale rito ti sembra più strano? Perché?

L'attività termina con la condivisione delle varie opinioni, quindi il dibattito finale.

38
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

6.5 Attività per riflettere su un incidente interculturale

Se si riescono a trovare degli incidenti culturali descritti su qualche testo o filmati,


si possono portare in classe e analizzarli con gli studenti.
Per esempio con il racconto dell’insegnante che interpreta in modo equivoco
l’annuire del ragazzo (cfr. 4.2: 21), l’insegnante può chiedere a degli studenti
turchi (a coppie o in piccoli gruppi) di fare delle ipotesi sulle possibili cause del
fraintendimento, prima di spiegare che in italiano lo stesso gesto significa
asserzione. Può poi mostrare del materiale autentico che faccia capire il
significato del gesto per gli italiani e una volta scoperto, gli studenti verificano le
loro ipotesi iniziali.
Per altri incidenti interculturali l’accento dell’osservazione va messo invece sulla
reazione delle persone a un determinato comportamento. Cosa che si può
facilmente fare con griglie di osservazione in cui si chiede di notare le reazioni
degli interlocutori.
Anche queste attività possono essere seguite da discussioni e confronto in plenaria
e da attività di reimpiego del gesto di annuire o negare.

6.6 Esempi di attività su argomenti vari

Seguono infine alcuni altri esempi su tematiche varie che possono offrire piacevoli
momenti di confronto in una classe di lingua. Si tratta di spunti offerti come
stimoli a ex corsisti ITALS che si sono cimentati nel corso dei vari cicli nella
creazione di attività declinate dal punto di vista interculturale.

6.6.1 Esempio di attività sugli stereotipi

Attività proposta a partire dal seguente filmato:


https://www.youtube.com/watch?v=tzQuuoKXVq0 (visione del filmato ufficiale
di Bozzetto su Italia vs Europa)

DESTINATARI (età, classe, tipologia): 2 classi, di cui una formata da 10


studenti americani e una da 10 studenti di diversa nazionalità, anche europea. Le
classi hanno lo stesso livello di padronanza linguistica ma seguono il corso in
orari diversi, la mattina e il pomeriggio. Si può ipotizzare che entrambi i gruppi o
si recheranno per un soggiorno di 1 mese in Italia.

LIVELLO DI PADRONANZA LINGUISTICA: A1/A2

DURATA PREVISTA PER L'ATTIVITÀ (IN ORE/LEZIONE): 6 ore

SUPPORTI UTILIZZATI (TELEVISIONE, COMPUTER...): lettore dvd,


materiale cartaceo

39
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

OBIETTIVI COMUNICATIVI: parlare di sé, del proprio quotidiano e del proprio


vissuto culturale; esprimere opinioni e saperle giustificare, ampliamento del lessico
per esprimere idee astratte e concetti

OBIETTIVI SOCIALI E CULTURALI: socializzare con i compagni e saper


guardare con occhi nuovi se stessi e la propria cultura, affinare le capacità critiche e
l’autoironia; demolire lo “stereotipo” per fare largo al“sociotipo”

FASI DELL’ATTIVITÀ:

Classe di americani:
- Sottopongo un esercizio di brainstorming in cui alla parola AMERICA far
corrispondere una serie di caratteristiche che loro riconoscono come
tipiche della loro terra e della loro cultura.
- Idem per la parola AMERICANO
- Idem per la parola ITALIA
- Idem per la parola ITALIANO
- Chiedo attraverso quali fonti si siano fatti un’idea dell’Italia e degli
italiani, chiedendo se le ritengono attendibili (sicuramente film e cinema,
forse parenti di origine italiana, etc…)
- Li divido in 3 gruppi, faccio notare le divergenze o le convergenze da
loro individuate, e chiedo a ogni gruppo di decidere quali sono secondo
loro i tre aggettivi più rappresentativi per definire l’America, gli
americani, l’Italia e gli italiani.
- Segue discussione della classe che voterà i cinque aggettivi più
rappresentativi tra quelli indicati dai gruppi

Classe mista:
- sottopongo un esercizio di concordanza nome/aggettivo attraverso il quale
ognuno di loro deve definire con tre aggettivi il proprio paese d’origine
- con un secondo esercizio si chiederà di scrivere tre aggettivi riguardanti l’Italia
- con un terzo esercizio si chiederà a ognuno di scrivere tre aggettivi
per definire il paese del compagno al quale è stato appositamente
abbinato (potrebbe anche realizzarsi il caso in cui alcuni si trovino in
difficoltà rendendosi conto che non conoscono poco se non niente del paese di
provenienza del compagno)
- ogni gruppo di studenti divisi per nazionalità decide quali dovranno essere i
tre aggettivi più rappresentativi del proprio paese d’origine e li espone alla
classe giustificando la loro scelta e raccontando così un po’ della propria
cultura
- la classe decide in seguito a discussione e votazione i cinque aggettivi che
secondo loro meglio rappresentano l’Italia e gli italiani, anche in questo
caso chiedo su quali fonti si siano basati e se le ritengono attendibili.

Classi riunite:
- a classi riunite confrontiamo gli aggettivi indicati e discutiamo insieme
- sottopongo alla classe il filmato di Bozzetto e con la giusta dose di ironia
chiedo loro se hanno trovato conferma o smentita di quanto pensavano

40
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

riguardo l’Italia e gli italiani; potremmo poi discutere riguardo le altre


nazionalità presenti, per verificare che idea hanno gli uni degli altri

VERIFICA: la verifica consisterà nel fare delle previsioni, crearsi delle


aspettative sull’Italia che conosceranno in prima persona e relazionare poi sugli
aspetti che verificheranno come veri sia tra quelli da loro individuati che tra quelli
individuati dal filmato di Bozzetto. A gruppi misti avranno il compito di tenere un
“diario dell’Italia e degli italiani” dove appuntare comportamenti sociali e
culturali.

6.6.2 Esempio di attività sulla superstizione

Partendo dal seguente post:

La fortuna è cieca....

Post n°664 pubblicato il 06 Marzo 2009 da Finalmente.Io

...Ma la sfiga ci vede benissimo...

Che li si chiami sfortunati o semplicemente propensi a subire incidenti, ci sono davvero alcuni individui a cui
capita di incappare in un maggior numero di disavventure che ad altri.
A tutti sarà venuto in mente un amico o conoscente a cui sempre "ne capitano di tutti i colori", eppure finora
nessuno aveva mai saputo se fosse davvero possibile dimostrare scientificamente che si trattasse, purtroppo, di
una reale propensione alle disavventure.
Ellen Visser e colleghi dell'University Medical Center Groningen, nei Paesi Bassi, hanno provato a
cercare una soluzione, analizzando i risultati di 79 studi nei quali veniva analizzato in che modo alcune
persone fossero più propense ad incappare in vari tipi di incidenti.
In tutto, negli studi erano registrate le disavventure sofferte da 147.000 persone, appartenenti alle
popolazioni di 15 diversi paesi.
Sorprendentemente, dal confronto degli studi è emerso che esiste effettivamente un gruppo distinto di persone
che soffre di un maggior numero di incidenti di vario genere. Una ogni 29 persone presenta il 50% in più
delle possibilità rispetto agli altri di essere vittima di una disavventura.
Secondo Visser, lo studio non rivela quali persone in particolare siano maggiormente a rischio, ma dimostra
che effettivamente esiste un gruppo di individui particolarmente sfortunati che abbiano dei tratti distintivi
della personalità che predispongono a essere maggiormente vittime di eventi negativi.
La ricerca pubblicata è un primo passo, ma saranno necessari ancora molti studi per fare chiarezza sui dati
emersi e comunque il vecchio detto "La fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo" sembra essere sempre
attuale.

41
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

Titolo dell’attività: “Ciascuno è artefice del proprio destino?”


Destinatari: adulti, 18+; Livello: B1; L1 e nazionalità: inglese, Regno Unito;
Contesto: LS
Durata: 3 ore (due lezioni da 1.5 ore ciascuna)
Supporti utilizzati: dizionari bilingui; internet con proiettore; fotocopie e
materiali preparati dall’insegnante.
Obiettivi linguistico-comunicativi:
 saper sviluppare strategie per la comprensione e l’acquisizione del lessico;
 sapere esprimere e difendere le proprie opinioni, ascoltando e valutando
quelle degli altri;
Obiettivi sociali e culturali:
 stimolare la capacità di confronto tra la propria cultura e la cultura target,
riuscendo a cogliere vicinanze e differenze;
 potenziare le proprie capacità discorsive in situazioni interculturali.

Motivazione (10 minuti): l’insegnante scrive alla lavagna il titolo dell’attività e


chiede agli studenti di interpretare il significato della frase, concentrando si soprattutto
sulle parole “artefice” e “destino”. Una volta chiarito il senso del titolo, chiede agli
studenti se credono al destino e se pensano che questo si possa in qualche modo
influenzare. Scrive ora una nuova parola alla lavagna, “superstizione”, facile da capire
per via della L1, e chiede/spiega il legame che potrebbe intercorrere tra il destino e la
superstizione. Lascia ora qualche minuto agli studenti per riflettere, in coppie,
sulle seguenti domande:
 sei una persona superstiziosa?
 la Gran Bretagna è un paese superstizioso?
 secondo te, gli italiani sono più o meno superstiziosi degli
inglesi/dei britannici? Motiva la tua risposta!
Segue un confronto in plenaria che chiude la fase.

Globalità (20 minuti): si passa ora alla visione del video


“La sfiga” (http://www.youtube.com/watch?v=mWSyJEgQMHA,
dal minuto 01:00 in poi), nelle seguenti modalità:
Prima della visione: gli studenti ricevono le seguenti istruzioni,
che li aiuteranno a capire il contesto:

Il protagonista del video ha ricevuto la T-Shirt di Youtube per la sua attività sul sito.
Complimenti! Con questa maglietta farebbe di tutto!
È molto contento e pensa che chi ha talento può ottenere nella vita quello che vuole. Ma...

Stai per guardare un video: cerca di capire l’argomento generale del monologo del
protagonista, la domanda che gli rivolge il suo amico e il commento del protagonista che
segue.

42
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto
Durante la visione: visione del video fino al minuto 01:30. L’insegnante chiede agli
studenti se hanno capito la domanda che l’amico pone al protagonista e soprattutto
l’obiezione che segue (“la sfiga non esiste, è un alibi”). Si formulano delle ipotesi, e si
riflette ancora su quel che può cambiare il nostro destino. L’insegnante scrive la parola
sfiga alla lavagna, che forse qualche studente avrà compreso, o perché la conosce o perché
l’ha distinta chiaramente. A questo punto gli studenti la cercheranno sul dizionario e sar à
compito dell’insegnante spiegarne l’uso e introdurre altri termini semanticamente vicini –
per esempio iella, malocchio, e così via. Gli studenti sono invitati a trovare un
corrispettivo inglese (bad/rotten luck, jinx) e a riflettere sul legame “evento fortunato-
sfiga-superstizione”; si chiede ora se il concetto di “sfiga” sia tipicamente italiano, a loro
parere, e perché.

Analisi (60 minuti): a questo punto gli studenti sono pronti per vedere il resto del video,
volto a spiegare come le superstizioni siano (o no?) prive di fondamento. Si guarda il video
(minuti 01:30-03:23) per due volte, durante le quali viene chiesto agli studenti di annotar e
le azioni di cattivo augurio che la sposa e le sue amiche svolgono. Alcuni di loro
potrebbero aver registrato delle azioni (per esempio, mettere cappello e soldi sul letto, o
incrociare le posate a tavola) senza però capirne il significato. Segue un conf ronto in
plenaria, durante il quale gli studenti dovranno elencare le azioni selezionate, che via via
l’insegnante (o uno studente volontario) annoterà alla lavagna. Dovranno poi esprimere e
motivare le proprie decisioni, chiarendo anche se alcune azioni/immagini sono comuni
anche alla loro cultura d’origine. L’elenco originario potrebbe quindi arricchirsi o perdere
degli elementi. Si visionano infine gli ultimissimi minuti (minuti 03:24 -03:59), con ipotesi
sul perché il protagonista finga uno svenimento e quindi sulla morale della storia.
Ora l’insegnante presenta delle immagini agli studenti, per cui chiede, se necessario, di
cercare il nome italiano aiutandosi con il dizionario. Queste immagini mescolano elementi
appartenenti alla cultura target e alla cultura d’origine – per esempio:

 gatto nero;
 numero 17 (nella cultura d’origine il numero sfortunato è il 13);
 una gazza ladra (magpie, una sola in Inghilterra è sinonimo di sfortuna, due di
felicità – come recita una filastrocca “one for sorrow/two for joy”);
 quadrifoglio;
 toccare ferro (nella cultura d’origine si tocca legno);
 un cornetto rosso;
 sale rovesciato;
 specchio rotto.

A questo punto, dopo aver sottolineato il significato delle parole fortuna/sfortuna in


italiano, ricordando la differenza con l’inglese (si parla di “good/bad luck”, la parola luck
ha infatti un significato neutro, come le parole italiane opportunità e sorte, o il latino
fortuna), l’insegnante chiede alla classe, divisa in piccoli gruppi, di associare le immagini
alla parola fortuna o sfortuna. Segue un confronto in plenaria, in cui l’insegnante spiegherà
anche se i contenuti rappresentati dalle immagini hanno un significato positivo o negativo
nella cultura target.

Sintesi/Riflessione (70 minuti): in questa fase, si propone agli studenti, divisi in piccoli
gruppi, un testo scritto; si chiede di leggerlo autonomamente in modalità silenziosa con
l’aiuto del dizionario, se necessario, e di prendere degli appunti sulle superstizioni
elencate:

43
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto
A tavola con la superstizione
Rovesciare del sale è considerato di cattivo auspicio e richiede gesti scaramantici per
scongiurarne gli effetti negativi. Mangiare lenticchie a Capodanno, invece, porta soldi. Viaggio
attraverso le credenze e le superstizioni legate al mondo del cibo e della tavola.

Anche chi, come me, pubblicamente dichiara di non essere superstizioso, quando si trova una
scala davanti, se ne ha la possibilità, evita di passarci sotto. Ho pensato allora di raccogliere
alcune usanze o superstizioni legate alla tavola. Nell'antico galateo della tavola, l'uso della
mano sinistra era vietato, era la mano destra (il lato di Dio) a essere destinata al cibo. La sinistra
(il lato del Diavolo) era riservata alla pulizia del corpo e, vista la scarsa igiene dei tempi antichi,
ben si comprende questa norma che cadde in disuso solo dopo il ‘600 con l'introduzione della
forchetta.

Il sale, elemento prezioso, usato frequentemente come offerta nei riti


propiziatori pagani, doveva essere custodito con la massima cura
evitando gli sprechi: rovesciare il sale è considerato di cattivo auspicio.
Si crede che lo abbia rovesciato Giuda prima di tradire Gesù durante
l'ultima cena. Ecco quindi spiegata l'altra usanza legata al sale, che è
quella di non passare mai la saliera tenendola per aria ma, per evitare di
rovesciarla, si dovrebbe posare sul tavolo, dove ognuno la prenda poi
con la propria mano. Ma se il sale è caduto, per annullarne l'effetto
malefico, basta gettarne un pizzico dietro la spalla sinistra (lato del
Diavolo) per accecarlo. Altro elemento prezioso è l'olio e, come per il sale, rovesciarlo è mal
auspicio. Per annullarne l'effetto però basta buttarvi sopra il miracoloso sale. Anche
capovolgere il pane sul tavolo porta male. Assolutamente da evitare è incrociare le posate nel
piatto, legato alla crocifissione di Gesù, come lo stare in 13 a tavola, sicuramente riferito
all'ultima cena.

Esistono anche credenze bene augurati. Si crede che mangiare lenticchie a Capodanno porti
soldi nell'anno nuovo, o che mangiando per la prima volta nella stagione una varietà di frutta ed
esprimendo un desiderio, questo si avvererà. Rovesciare il vino porta fortuna e sembra che
intingere il dito nel vino caduto sulla tovaglia e con questo bagnarsi dietro le orecchie abbia
fatto diventare ricchi molti. Possibile fossero tutti lavandai?

(tratto da http://www.italiaatavola.net/articolo.aspx?id=8751)

A questo punto, vengono proposte delle domande aperte: in un primo momento, lo studente
lavora in modo autonomo; in seguito si confronta con un compagno in forma orale.

Rispondi ora in forma scritta alle seguenti domande, e poi confronta le tue risposte con un
compagno, discutendone insieme:
- sapresti dividere le credenze elencate nel testo tra quelle che portano bene e quelle
invece che portano male?
- ci sono credenze simili in Inghilterra/nel Regno Unito?
- perché secondo te ci sono così tante credenze legate al cibo e alla tavola?
- sapresti spiegare brevemente l’origine della superstizione legata al sale?
- conoscevi queste credenze?
44
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

Si conclude con una riflessione in plenaria.

Segue ora un dibattito sul tema della superstizione: si divide la classe in due gruppi, quello
dei superstiziosi e quello dei miscredenti. Dopo una preparazione con brainstorming
preliminare all’interno dei due gruppi (si potranno eleggere un segretario che prenda
appunti e uno studente che consulti il dizionario), inizia il dibattito durante il quale un
gruppo dovrà cercare di convincere l’altro che le proprie opinioni sono le uniche giuste e
valide. L’idea, tuttavia, è di arrivare alla fine a una pacifica mediazione. Gli studenti
dovranno fare riferimento ai concetti analizzati insieme, fingendo anche che all’int erno del
gruppo ci siano sia componenti britannici che italiani.

Verifica (15 minuti): l’insegnante divide la classe in due gruppi, magari mescolando di
nuovo gli studenti, e dispone sulla cattedra un mazzo di carte; sono carte simili a quelle
usate in fase di analisi: ognuna di esse raffigura uno degli elementi di cui si è parlato, sia
della cultura d’origine che di quella target (gatto nero, cornetto, olio rovesciato, e così via).
A turno, un membro di ogni squadra va alla cattedra e pesca una carta: dov rà fare
indovinare al suo gruppo cosa vi è rappresentato. L’insegnante tiene conto del punteggio, e
alla fine regala (l’immagine di) un cornetto o un quadrifoglio ai membri del gruppo
vincitore.

Compiti (5 minuti circa, con dimostrazione sul pc): a casa, gli studenti possono
informarsi meglio e controllare quanto imparato su questi siti:
http://rizzuti.altervista.org/mondoriz/superstizioni/superstizione.htm
http://www.convoliamo.com/curiosita-superstizioni-matrimonio.php
Inoltre, possono misurare il proprio grado di superstizione con il test online che trovano
qui:
http://www.nienteansia.it/test/test-superstizione.html

45
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

GLOSSARIO

Volume della voce: riferito al suono, indica l'intensità con cui viene emesso.
Tale intensità può essere regolata in funzione della distanza, del contesto, dello
stato d'animo.

Tono della voce: è una modulazione intenzionale che ciascuno può dare alla
propria voce (interrogazione, esclamazione) per esprimere o sottolineare
determinati propositi, reazioni, convinzioni.

“Politically correct”: vale a dire l’utilizzo dei termini che non arrechino offesa
all'ascoltatore, e quindi che rispettino la sua etnia, il suo sesso, le sue convinzioni
religiose.

46
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

BIBLIOGRAFIA

Bibliografia citata:

Acton, W.R. e Walker De Felix, J. (1986) Acculturation and mind, in


Valdes, J.M., Culture Bound , C.U.P., Cambridge.
Balboni, P.E.
- (1999) Parole comuni, culture diverse. Guida alla comunicazione interculturale,
ed. Marsilio, Venezia.
- (2002) Le sfide di Babele, Torino, UTET.
Benucci, A. (1995) Relativismo culturale e culture a contatto.
Un approccio didattico, in E. Vannini: 89-106.
Brown, D.H. (1986) Learning a second culture, in Valdes J.M., Culture
Bound, Cambridge, C.U.P.
Bruner, J. (1997) La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano.
Caon, F. (2010) Dizionario dei gesti degli italiani: una prospettiva
interculturale, Guerra edizioni, Perugia.
Consiglio d’Europa (2002), Quadro comune europeo di riferimento per le
lingue: apprendimento, insegnamento, valutazione, La Nuova Italia –
Oxford.
Diadori, P. (1990) Senza parole: 100 gesti degli italiani, Bonacci, Roma.
Fennes, H. and Hapgood, K. (1997) Intercultural Learning in the
Classroom. CrossingBorders, Council of Europe, London and
Washington.
Freddi, G. (1983) Lingue moderne per la scuola italiana, Minerva Italica,
Bergamo.
Gertsen, M.C. (1995) Intercultural Training as In-Service Training. A
discussion of Possible Approaches, in Sercu (ed.), vol. II: 305-315.
Giacalone, F., (1994) Identità e cultura nei processi interculturali: un
approccio antropologico, in AA. VV., L’identità sospesa. Essere stranieri
nella scuola elementare, ARNAUD-CIDIS, Perugina.
Hall, E.T. (1966), The Hidden Dimension, Doubleday, New York.
Hofstede, G. (1991) Cultures and Organizations: Software of the Mind,
Londra, McGraw-Hill England.
Park, R.E. (1924) The Concept of Social Distance As Applied to the
Study of Racial Attitudes and Racial Relations, in Journal of Applied
Sociology 8: 339-344 (tr. it. 2005).
Simmel, G. (1908), Soziologie, Duncker&Humblot, Leipzig (tr. it. 1986:
Sociologia: indagine sulle forme di associazione)
Tajfel, H. e Forgas, J. P. (1988) La categorizzazione sociale, in La
costruzione della conoscenza (a cura di Valeria Ugazio), Franco Angeli,
Milano.
Titone, R. (1986) La lingua straniera alle elementari, in Scuola e Lingue
Moderne, Anno 24, n. 5.
Vygotskij, L. (1992) Pensiero e linguaggio, Edizioni Laterza, Bari.
Weidenhiller, U. (1998) La competenza interculturale, in C’era una volta
il metodo. Tendenze attuali nella didattica delle lingue straniere (Serra
Borneto C., a cura di), Carocci editore, Roma: 209-226.

47
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

Bibliografia ragionata consigliata:

Balboni, P.E.
- (1998) “Progetto PICTI: Problemi Interculturali di Comunicazione tra
Italiani e Turchi”, Istanbul, FIAT Turchia. Studio sui problemi
interculturali di comunicazione tra italiani e turchi.
- (1998) Tecniche didattiche per l’educazione linguistica, Torino, Utet
Libreria. Offre un repertorio delle tecniche per l’insegnamento dell’italiano,
delle lingue straniere, indicando per ciascuna di esse la natura, gli scopi, le
varianti, l’uso a fini di testing e il possibile contributo delle tecnologie.
- (1999) Parole comuni, culture diverse. Guida alla comunicazione
interculturale, ed. Marsilio, Venezia. La comunicazione interculturale viene
qui trattata attraverso l'analisi di situazioni precise, quali sono i criteri e i
modelli di una "competenza comunicativa".
- (2002) Le sfide di Babele, Torino, UTET; pp. 54-79. In questo capitolo,
in particolare, si parla dei contenuti del processo glottodidattico, sia del
linguaggio verbale che non verbale nelle prospettive pragmatica,
socioculturale e interculturale e viene dato un modello di competenza
comunicativa.
Celentin, P., Serragiotto, G. (2000) Il fattore interculturale
nell’insegnamento della lingua in Dolci, R., Celentin, P., La formazione di
base del docente di italiano per stranieri, Bonacci editore, Roma.
L’articolo spiega l’importanza dell’insegnamento della cultura in
prospettiva interculturale per gli insegnanti di lingua italiana in ambito LS.
Pavan, E. (2003) La cultura e la civiltà italiane e il loro insegnamento in
una prospettiva interculturale in Dolci, R., Celentin, P. (2° edizione) La
formazione di base del docente di italiano per stranieri, Bonacci editore,
Roma. L’articolo spiega l’importanza dell’insegnamento della cultura in
prospettiva interculturale per gli insegnanti di lingua italiana in ambito LS.

48
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

SITOGRAFIA

Sitografia ragionata:

http://virgo.unive.it/ecf-
workflow/upload_pdf/ELLE_4_1_2015_001_Balboni.pdf
Balboni P. E., La comunicazione culturale e l’approccio comunicativo:
dall’idea allo strumento, in EL.LE, vol. 4, num. 1, Marzo 2015.
In questo interessante articolo si descrive l’approccio comunicativo e
vengono forniti modelli di competenza interculturale; nella seconda parte
si fa cenno ad una mappa in open access della comunicazione
interculturale nel mondo.
http://www.didaweb.net/mediatori/articolo.php?id_vol=636
Zorzi D., Dalla competenza comunicativa alla competenza comunicativa
interculturale, articolo che spiega il fondamentale passaggio dalla
competenza comunicativa alla competenza comunicativa interculturale.
http://www.comunicobene.com/contenuto/cnv.html
http://www.comunicobene.com/contenuto/prossemica.html
Celentin,P. Comunicare con il corpo: diverse prospettive nelle diverse
Culture, articolo sulla gestualità e sulla prossemica con consigli utili
su come insegnarli in classe.
http://post.itals.it/
Sito del Post Master Itals in cui si trovano diversi lavori di tesi del Master
Itals, alcuni dei quali riguardano esperienze di insegnamento di italiano LS
in prospettiva interculturale.
http://www.bdp.it/intercultura/index.php
Portale per un’educazione interculturale.
http://www.italianculture.net/
Portale di cultura italiana, si trova materiale utile da poter usare in classe.
http://www.eurocosm.com/Eurocosm/AppEC/Pdcd/Handsignals/HandsigsGB.asp
Il sito riporta dei video con i gesti tipici italiani e relativa spiegazione del
significato, di quando vengono usati, nonché del registro.
http://www.raiclicktv.it/raiclickpc/secure/homePage.srv
Tutti i programmi Rai visibili in rete: un sito prezioso per recuperare
materiale autentico sempre nuovo.

49
http://www.itals.it
MASTER ITALS “L’Italiano in prospettiva interculturale nel mondo ” P. Celentin, G. Serragiotto

FINE

50
http://www.itals.it

Potrebbero piacerti anche