La morte di Cristo, per Paolo, ha un significato redentivo 1: essa è lo strumento appunto con cui Dio ha realizzato la Salvezza. 2 Le lettere di Paolo, le più antiche del NT, già attestano la centralità della morte di Cristo, e ci fanno capire che rapidamente i primi cristiani furono indotti ad affrontare il problema teologico della crocifissione e che lo stesso Paolo si “scontrò” ed insieme apprezzò la croce di Cristo (ex. 1Cor 1,18.23;2,2: la croce è scandalo, follia; “non sapere altro se non Cristo Crocifisso”). La Chiesa primitiva predicava “Messia” proprio quel Cristo crocifisso e morto: dunque Paolo, in sintonia con essa, può essere definito il teologo della Croce, prendendo elementi dalla preesistente tradizione cristiana e rielaborandoli con creatività. Prima della conversione, Paolo era oppositore del movimento cristiano e in contraddizione con il Kerigma che proponeva la divina esaltazione del “maledetto”. In seguito alla conversione (cf. Gal 1,6-17), “abbracciare il Vangelo” equivale innanzi tutto ad una conversione teologica, cioè andare aldilà dello scandalo dell’iniziale interpretazione negativa della Croce. Ciò non negandone il carattere sconvolgente, ma mostrando che Dio stesso ha esaltato il suo Cristo ed ha riempito di inatteso significato positivo la sua fine ignominiosa.3 Per Paolo, alla luce della sua esperienza apostolica, la debolezza dell’apostolo trova suo significato nella sofferenza di Cristo: la Croce è il significato della vita della Chiesa. 1.1. La Croce e il Kerigma Il Vangelo è il messaggio della Croce (Cf. 1Cor 1,18)4. 1.2. Espressioni Formulari Circa il significato espiatorio della croce, Paolo professa la fede comune della Chiesa primitiva e utilizza un vocabolario comune5. 1.3. La storia di Gesù Le lettere di Paolo presuppongono la conoscenza della storia della Passione, trasmessagli dalle comunità primitive6. La teologia di Paolo vede l’esperienza cristiana nel quadro più ampio dell’azione di Dio, sin dalla formazione di un popolo e fino alla Parusia, al centro della quale c’è la crocifissione di Gesù. 1.4. Il modello di Cristo L’immolazione sacrificale di Cristo implica nei cristiani una vita ricalcata ad immagine della passione, che sia “diaconale” nell’orientamento e “cruciforme” nello stile 7. La croce per le comunità (v. Corinto e Colossi) è la correzione di idee e mentalità ad essa contrapposte (ex. Trionfalismo della vita presente; sapienza del mondo; status greco-romano …). Il messaggio paolino scardina le norme sociali: ad esempio del Cristo crocifisso8, al primo piano è messo ciò che è debole. In Fil 2,6-11 la Morte in Croce di Gesù rappresenta il culmine della sua vita stessa: in quanto Figlio, si è fatto obbediente fino ad accettare il rifiuto, la sofferenza umana e la morte ignominiosa da crocifisso.
2. IL SIGNIFICATO DELLA CROCE: UNA PLURALITA’ DI IMMAGINI
1 “Morte di Cristo”, in: (a cura di: G.F.HAWTHORNE, R.P.MARTIN, D.G.REID; ed. Italiana a cura di: R.PENNA) Dizionario di Paolo e delle sue lettere, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1999, 1886 2 Ibid. 1050 3 Ibid. 1051 4 Cf. 2Cor 5,15.17 (“Egli è morto per tutti perché quelli che vivono … ; la parola della Riconciliazione … .” 5 Significato immolatorio della croce: Rm 4,25;8,32; Gal 1,4;2,20 (“Messo a morte per i nostri peccati …”); cf. la “formula della morte”: 1Cor 15,3 (“Cristo morì per i nostri peccati … Cristo morì per noi …) 6 (a cura di: G.F.HAWTHORNE, R.P.MARTIN, D.G.REID; ed. Italiana a cura di: R.PENNA) Dizionario di Paolo e delle sue lettere, p.1052 7 Ibid. 1053 8 Cf. 1Cor 1,18-31 1 L’attenzione di Paolo non è sulle circostanze storiche della crocifissione, ma sul significato della morte di Cristo; per illustrarlo, espone i benefici derivati per l’umanità, elencati sotto la nomenclatura di “Espiazione”. Circa l’espiazione gli studiosi hanno elaborato diverse teorie classiche9: quella “Drammatica” (l’opera salvifica di Cristo è un dramma cosmico, di conflitto e di vittoria); della “Soddisfazione” (con la morte di Cristo è resa soddisfazione a Dio ed è stata rimossa la barriera tra Lui e l’umanità); NB. Questa teoria presenterebbe come concezione di Dio di Paolo una divinità sadica che infligge punizioni, e di Gesù come masochista. Perciò, dai più è stata rigettata; dell’“Influenza morale” (la croce è la dimostrazione dell’infinito amore di Dio per l’umanità, che deve essere emulato) Paolo adatta il proprio modo di presentare il significato della morte di Gesù in base alle esigenze pastorali dei particolari destinatari. Due testi raccolgono tutte le metafore usate: 2Cor 5,14-6,2: Al centro vi è il tema della Riconciliazione; poi: sostituzione vicaria (“per noi”); rappresentanza/“scambio”; sacrificio; giustificazione; nuova creazione. La croce e la resurrezione sono due eventi salvifici abbinati. Insieme a Rm 5,10-11 ed Ef 2,16, 2Cor lega alla croce una “relazione restaurata”, cioè la presenza dinamica dell’amore di Dio che restaura la relazione tra l’uomo e Dio, e tra l’uomo e l’uomo. Gal 3,10-14: La croce di Cristo è il compimento delle promesse di Dio di benedire i gentili attraverso Abramo; Cristo è rappresentante di Israele, e nella sua morte il patto raggiunge il punto culminante in termini di sostituzione, giustificazione, redenzione e sacrificio. Così come in Ef 2,14-15, la Croce di Cristo non è negazione della legge ma ne è dimostrazione di validità e realizzazione del patto. Da questi testi si deduce: 1) il significato apocalittico della croce, che non ha ripercussioni solo per l’individuo, ma per il mondo: la morte di Cristo ha portata cosmica, perché chiude l’era vecchia, mette fine alle potenze del mondo, ed apre una nuova era – anche nell’individuo (superare le divisioni; nuovo modo di relazionarsi; etc.); 2) l’inclusione dei credenti nell’“Israele di Dio”, partecipi cioè del patto antico, nella nuova creazione.
3. LA MORTE DI CRISTO E IL DISEGNO DI DIO
Il significato della Croce, per Paolo, è prima di tutto di carattere teologico, e solo dopo antropologico e soteriologico.10 Alla sua base vi è l’idea/esperienza di un Dio agente primario del dramma della salvezza, e di un Cristo che ha agito secondo la volontà del Padre. L’ “Autoimmolazione” di Cristo è infatti l’identificazione e la solidarietà piena e incondizionata al progetto salvifico di Dio Padre. Al centro di tutto c’è dunque l’iniziativa di Dio. 3.1. La giustizia di Dio Rm 7,21.26: Se tanto i Giudei quanto i gentili sono peccatori, Paolo sottolinea invece la fedeltà di Dio, dal VT sino a Cristo11. La morte salvifica di Cristo è la “prova” di affidabilità ed integrità di Dio: la Giustizia di Dio si manifesta nell’intervento di salvezza per l’umanità, sprofondata nel peccato. Per l’obbedienza di Cristo in Croce la legge non viene annullata ma confermata, e nella sua morte si rivela la giustizia di Dio Padre che libera il popolo dal peccato e mantiene le sue promesse.
3.2. L’ira di Dio
Non è indignazione vendicativa, ma la risposta di Dio all’infedeltà umana, cioè al rifiuto dell’offerta di giustizia di Dio da parte dell’uomo. Non c’è dunque una divinità “in collera” che vuole essere placata, ma un Dio che prende il peccato con serietà. 9 La trattazione sarà sintetica. Per un approfondimento: Dizionario di Paolo e delle sue lettere, pp. 1054-1056 10 Ibid. 1057 11 Ibid. 1058 2 3.3. L’amore di Dio Rm 5,6-8: La morte di Cristo è l’espressione ultima dell’amore infinito di Dio 12. 1) Questo amore non può essere misurato, non esistono analogie antropomorfiche; 2) per i lettori delle epistole paoline, la sofferenza ha un significato, perché la sofferenza stessa di Cristo è mostrata piena di significato: Cristo si è assunto la nostra incapacità, ed è morto al posto nostro, e per la sua morte noi partecipiamo alla sua vita e ci accorgiamo che la nostra sofferenza stessa ha significato; 3) “Dio dimostra il suo amore per mezzo di ciò che Cristo fece”: l’atteggiamento di Dio verso il mondo è manifestato nella sua essenza stessa nell’azione di Cristo.
4. LA MORTE DI CRISTO E LA CONDIZIONE UMANA
In Paolo emerge un netto contrasto tra Dio (fedeltà; giustizia; etc.), e l’uomo (infedeltà; ingiustizia; etc.), che è incapace di sottrarsi dalla schiavitù del peccato. Per la teologia che emerge da Rm 1,18-32 non si accentuano i singoli atti malvagi ma la disposizione al rifiuto di onorare, ringraziare, mettere al primo posto quel Dio Creatore e Salvatore: il distogliersi da Dio da parte dell’uomo equivale al distogliersi dall’esistenza umana autentica. Paolo non cita singole biografie, ma la sua è una diagnosi universale; il vero problema è il “peccato”, cioè la rottura della relazione con Dio da parte dell’uomo; i “peccati” non accendono in sé l’ira di Dio, ma ne sono conseguenza (poiché quando l’uomo rifiuta Dio e la relazione con Lui, Dio lo abbandona al suo peccato)13. Il peccato non è solo rottura di relazione con Dio, ma anche con il prossimo: esso dunque non è qualcosa di privato, individualistico. Il Crocifisso è un rovesciamento del modo di intendere “essere uomini”, un capovolgimento sociale che questa umanità – che per il peccato si è posta contro Dio e contro se stessa – non può accettare.
5. IL MESSIA CROCIFISSO E LA VITA CRISTIANA
5.1. La morte espiatrice di Cristo La croce è mezzo non solo della salvezza ma della vita nuova in Cristo 14. E’ intesa come “sostituzione” ma nell’ottica dell’AT di “sacrificio”. I peccatori identificavano se stessi in quanto tali, nel loro peccato, nell’animale; ma anche il peccato del peccatore si identificava nell’animale; così che Cristo si identifica con l’uomo nella realtà di peccatore (Cf. Rm 8,3) e insieme si rende peccato (Cf. 2Cor 5,21). Cristo dunque ha un duplice ruolo di sostituto: per l’umanità, davanti a Dio ed alla sua giustizia; per Dio, di fronte al peccato dell’uomo. La possibilità della nostra partecipazione alla morte e resurrezione di Cristo è dovuta proprio al fatto che Egli sia prima morto per noi. Paolo recupera il concetto di “morte espiatrice”, attribuito a Cristo, sia dall’AT (il Servo Sofferente in Is; i Martiri del giudaismo ellenistico in Mac; etc.), sia dall’interpretazione della croce di Cristo mediata dal memoriale dell’Ultima Cena delle comunità cristiane primitive15. 5.2. La morte di Cristo e la sequela di Cristo La morte e la resurrezione di Cristo comportano un cambio radicale di intendere la vita presente: abbandono della mentalità antica; gratitudine per la liberazione dalla schiavitù del peccato; consapevolezza che la vita presente è segnata dalla croce, e che la possibilità di un’umanità restaurata e riconciliata (con Dio, con l’uomo, col creato) si ha vivendo in modo cruciforme, guardando Cristo.
Jean-Claude Larchet._borriello, L. - Terapia Delle Malattie Spirituali. Un’Introduzione Alla Tradizione Ascetica Della Chiesa Ortodossa-San Paolo Edizioni (2003)