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Introduzione generale

qualitative, riferite a un mondo nuovo, il regno che Dio e Cristo stanno


realizzando (cfr. 11, 15).
3) Il simbolismo teriomorfo introduce gli animali come protagonisti
sia di bene (l'agnello, i viventi), sia di male (il drago, la bestia, ecc.).
Preso dali' apocalittica giudaica, ma rielaborato in maniera originale
- su una linea molto vicina a quella che sarà propria di F. Kafka- tale
simbolismo si riferisce a una fascia di realtà situata al di sotto della
trascendenza di Dio, ma anche al di sopra della possibilità di verifica
da parte degli uomini.
4) Anche il simbolismo aritmetico, che riconosce ai numeri un valore
qualitativo anziché quantitativo, diffuso nell'apocalittica giudaica
precedente, assume valori propri: 7 indica la totalità che il contesto
immediato poi specifica; la metà di sette (tre e mezzo) la parzialità;
12 e i suoi multipli si trovano in contesti positivi e riferiti a elementi
diversi (le 12 tribù, i 12 apostoli, le misure della Gerusalemme nuova,
e così via); 1000 la presenza attiva di Cristo nell'ambito della storia.
5) Un'ultima cifra riguarda il simbolismo cromatico: i colori espri-
mono qualificazioni di carattere spirituale e morale. Così ad esempio
il bianco contiene un riferimento alla resurrezione di Cristo, mentre il
rosso indica la radice demoniaca di certi fenomeni storici.
Queste cifre simboliche sono costanti, ma non automatiche. Accanto ai
valori simbolizzati incontriamo, talvolta, anche quelli realistici; anche
in questo caso, come in generale, è sempre il contesto che fornisce
l'indicazione decisiva.

9. Il messaggio teologico: la concezione di Dio

L'attenzione alla teologia propria dell'Apocalisse ha avuto negli ulti-


mi decenni uno sviluppo rilevante. L'oggetto prevalente è costituito
anzitutto da alcuni grandi temi i quali, ricorrenti nella teologia biblica
neotestamentaria, trovano in questo libro una formulazione propria, in
quanto costituiscono una sorta di cristallizzazione del messaggio che,
alla fine, approda anche alla formulazione di tematiche nuove.
Un'esposizione dettagliata di questi temi porta a cogliere dall'interno
il mondo ideologico tipico dell'Apocalisse. Diamo per ciascuno di
questi temi un sommario analitico, con una qualche indicazione con-
clusiva di sintesi.
l) Cominciamo da Dio. L'espressione Padre di Cristo riferita a Dio
(1,6; 2,28; 3,5.21; 14,1) è usata da Cristo in prima persona: egli è il
Figlio in un senso che appare esclusivo. Ma Dio, Padre di Cristo, è

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messo anche in rapporto con i cristiani; essi sono sacerdoti a Dio e


Padre suo (1,6); Cristo riconoscerà il loro nome al cospetto del Padre
(3,5); i credenti portano sulla fronte il nome del Padre (14,1).
2) Dio mio, detto da Cristo (3,2.12[3x]), esprime l'appartenenza reci-
proca, reale e affettiva che intercorre tra Cristo e Dio. Dio nostro (cfr.
11,15; 19,1.6), ha il valore di un richiamo all'alleanza, ma indica la
tendenza verso una reciprocità completa, che supera il livello dell'alle-
anza (cfr. 21,3). Questa prospettiva di Dio inteso come Padre di Cristo
e come realizzatore e garante dell'alleanza si trova soggiacente a tutte
le altre ricorrenze.
3) Dio (ò 9E6ç) senza altre aggiunte è il titolo più frequente (65 ricor-
renze). Non indica la divinità in astratto, ma è chiaramente evocativo,
a seconda dei contesti in cui ricorre, proprio della paternità nei riguardi
di Cristo e della realizzazione piena dell'alleanza (cfr. 1,1.9; 2,7; 3,14;
5,6.9.10; 8,2.4; 9,13; 11,16).
4) Signore, Dio, l'onnipotente!Kupwç ò 9Eoç ò travmKpkrwp (1,8; 4,8;
11,17; 15,3; 16,7.14; 19,6.15; 21,22), pur senza essere l'equivalente
fisso di "Signore, Dio degli eserciti", ha le sue radici nell'ATe si rife-
risce all'energia divina, capace di travolgere ogni ostacolo, impiegata
da Dio nella storia della salvezza, specialmente nei suoi momenti
cruciali.
5) SantolciyLOç, detto di Dio (4,8; 6, l 0), non è riservato esclusiva-
mente né principalmente a Lui: è santo Cristo (3,7), lo sono gli angeli
(14,10),icristiani(8,3.4; 11,18; 13,7; 14,12),1oèGerusalemme(l1,2;
21 ,2.1 0). Indica, potremmo dire, un 'appartenenza stretta al mondo
divino 19 •
6) Santoloowç, invece, è applicato esclusivamente a Dio, solo santo/
f.LOVoç oowç (15,4) e il santo/ò ooLOç (16,5): non è un decollo fantasio-
so in verticale, ma esprime la rettitudine suprema, la coerenza con se
stesso che Dio applica nello sviluppo della storia della salvezza.
7) Giusto/O LKa wç, riferito a Dio personalmente (16,5), alle sue vie
(15,3), ai suoi giudizi (16,7; 19,2), indica la rettitudine divina che,
applicata alla storia, ristabilisce l'equilibrio turbato tra bene e male. È
il corrispettivo oggettivo della rettitudine suprema personale, espressa
dal titolo santo!6owç.

19
Sulla linea dell'AI da cui deriva, ne richiama la trascendenza assoluta; esprime, per
così dire, la divinità allo stato puro: viene ripreso infatti, nelle due uniche referenze di
éiyLOç a Dio (15,4; 16,5), il triplice santo di ls 6,3 (cfr. Ap 4,8).

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8) Tipico dell'Apocalisse è l'attributo il personaggio seduto sul trono/


Ka9TU.J.Evoç (in particolare 4,2.3; 6,2.5.8; 7,15; 19,11; 21,5); simbolo che
indica l'esercizio attivo da parte di Dio del suo dominio sulla storia.
9) Vivente (4,9.10; 7,2; 10,6; 15,7), sulla linea dell'AT, indica Dio con
quella pienezza di vita che supera qualunque limite e sorpassa ogni
immaginazione. Infatti tale compiutezza supera ogni elemento umano,
ogni limitazione di tempo.
Raccogliendo tutti questi elementi analitici in una visione sintetica più
generale, potremmo affermare che Dio, Padre di Gesù Cristo e degli
o o
uomini, è colui che è, era e verrà/o wv Kal ~v KaÌ. ÈpXOf.J.EVoç (1,4.8;
4,8; in 11,17 e 16,5 solo che è, era), in senso transitivo e attivo nei
riguardi della storia, che porta alla salvezza escatologica. Dominando
tutto con la sua potenza, Dio mette in moto il processo salvifico e lo
fa sviluppare nel tempo, travolgendo e annientando tutto il male, sia
morale che fisico.
Alla fine, tolto ogni ostacolo, si stabilirà tra Dio e l 'uomo - in forza
della mediazione di Cristo - una reciprocità vertiginosa, che supera
arditamente la barriera attuale tra immanenza e trascendenza. L'autore
la presenta e la comunica nella Gerusalemme nuova (21, 1-22,5).

l O. Gesù, Cristo, Gesù Cristo, Agnello

La cristologia dell'Apocalisse presenta una gamma particolarmente


ampia di titoli, a cominciare dalle denominazioni 20 •
Troviamo innanzi tutto Gesù/'IT)oouç: da solo 9 volte (l ,9[2x ]; 12, 17;
14,12; 17,6; 19,10[2x]; 20,4; 22,16). La frequenza relativamente alta
indica un'attenzione particolare al Gesù storico (Charles e Comblin) o,
forse preferibilmente, un'insistenza sul rapporto con la persona, come
questo si realizza nella liturgia. Esemplare l'espressione lo, Gesù nel
dialogo liturgico finale (22, 16).
Nella prima parte, specialmente in alcune Lettere alle chiese, possiamo
cogliere un aspetto particolare della figura di Gesù che viene presenta-
to come un fidanzato geloso e possessivo. È il Gesù in rapporto diretto
e pieno con le sue comunità, che ha la sincerità spietata e ardente del
primo amore. Troveremo espressioni di una tenerezza commovente

20
La più ricca di tutto il NT a giudizio di Jacques Bénigne Bossuet (Digione, 27
settembre 1627- Parigi, 12 aprile 1704), celebre studioso della Bibbia, vescovo,
scrittore, notissimo predicatore di corte; si rimanda in tal senso al suo trattato
L 'Apoca(vpse avec une explication (Paris 1690).

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(cfr. 2, 17) ed espressioni taglienti e radicali (cfr. 3, l); noteremo anche,


con sorpresa e gioia, come questo amore travolgente lo faccia passare
dal rigetto rabbioso (cfr. 3,16) all'affettuosa premura (cfr. 1,16; 2,24;
3,8.1 O) che vuole risanare radicalmente tutti i punti deboli (cfr. 2,4) e
colmare tutte le insufficienze. Quasi preso dal senso di rimorso per la
sua radicalità, Gesù dichiara alla chiesa il perché di questo atteggia-
mento: è solo il suo amore, e lo dice in termini suggestivi, parlando di
se stesso come fa un fidanzato quando vuole farsi accettare dalla sua
amata: Io, se amo qualcuno, lo metto alla prova e lo educo (3, 19). E si
aspetta una risposta/reazione corrispondente: Dunque abbi un amore
da gelosia e guarda in avanti! (3, 19). Sicuro della risposta positiva
si mette addirittura nella posizione di un fidanzato in attesa: Ecco io
busso alla tua porta; se qualcuno mi apre entrerò da lui (3,20).
In tutta questa trafila si rileva anche quello che è tipico della parola
nell'Apocalisse: il suo divenire. Abbiamo qui un punto di partenza che
è di scontro radicale: da una parte tutte le scelte autoreferenziali della
chiesa e dall'altra l'ira incontrollata di Gesù; però Gesù e la chiesa
si amano e questo scambio violento, !ungi dallo spegnere l'amore,
sembra rimetterlo in moto, ricominciando da Gesù stesso che, lasciate
da parte le sue "minacce" paurose o meglio i suoi ricatti d'amore, con
tono premuroso, indica alla comunità come uscire da quella situazione
negativa in cui è caduta, offrendo i rimedi che lui ha a disposizione:
l'amore ardente verso Dio (simboleggiato dali' oro incandescente), la
partecipazione alla positività infinita della sua resurrezione, la risco-
perta del dono dello Spirito.
Gesù, messo da parte il tono minaccioso, si avvicina di nuovo con
amore: è segno che il divenire proprio della parola ha cambiato anche
lui e che, proprio attirando l'attenzione su di sé, vuole spiegare, come
un fidanzato desideroso di fare la pace, il motivo della sua severità.
Una volta chiarito emerge in lui l'amore allo stato puro, senza condi-
zioni, che ha tutta la freschezza e la delicatezza timorosa dell'affetto,
ma che spinge assolutamente a stare insieme a chi si ama: Entrerò da
lui e cenerò con lui e lui con me" (3,20e). Il percorso della parola in
divenire non potrebbe essere più evidente.
Gesù Cristoi'IT)ooiì XpLoToiì, ricorrente solo 3 volte e all'inizio del
libro (1,1.2.5), esprime un riferimento generale; Cristo!Xpw•oç, ricor-
rente da solo 4 volte (11,15; 12,10; 20,4.6), indica specificamente la
funzione messianica che porta all 'instaurazione del regno.
Venendo ai titoli veri e propri, Cristo è detto Signore/KupLOç: il termi-
ne ricorre 2 volte associato al nome proprio (22,20.21), 2 volte da solo
(11,8; 14,13), 2 volte con l'accrescitivo tipico di un genitivo susse-

20
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guente e abbinato al titolo di re (signore dei signori e re dei re/KupLOç


Kup(wv Éorì.v; KaÌ.I}aoLÀEÙç l}aoLÀÉwv; 17,14; 19,16). In quest'ultimo
caso appare chiara la forza messianica che si impone a qualunque
potenza umana, mentre nei precedenti si ha un riferimento alla condi-
visione dell'evento pasquale ( 11,8 e 14,13) e ali' esperienza liturgica
(22,20.21 ).
Passando in rassegna gli altri titoli principali, otteniamo il seguente
quadro di insieme.
Cristo è detto il Figlio di Diolò ulòç rou 8EOu (2, 18), in senso esclusivo
e trascendente 21 , con una particolare solennità letteraria; la Parola di
Dio!ò ì..6yoç rou 8Eou (19, 13) indica invece la medesima realtà trascen-
dente venuta in contatto con gli uomini. E qui Cristo appare come il
protagonista e, in un certo senso, il soggetto della realizzazione della
parola di Dio nella storia, sviluppando al massimo le implicazioni
dell'incarnazione.
Aspetti della ramificazione di Cristo nella storia, fino a renderla omo-
genea ai suoi valori, sono tutti gli altri titoli attribuitigli:
l) ò ( wv/il vivente (l, 18) è il nome nuovo di Cristo risorto, che gli
permette di partecipare la sua resurrezione;
2) il primo e l 'ultimo, l 'alfa e l 'omega/ò rrpwroç KaÌ. ò Eoxaroç, rò aÀ<j>a
KaÌ. rò 7 0 (1,17; 2,8; 22,13): detti di Dio (cfr. 1,8; 21,6), questi attributi
vengono trasferiti funzionalmente a Cristo, posto come all'inizio e alla
conclusione della storia;
3) il testimone fedele/ ò IJ.(ipruç, ò mor6ç (l ,5; 3, 14; cfr. 19, Il) costi-
tuisce un'attestazione continuata, pienamente credibile, del progetto
di Dio che si sta realizzando nella storia. In tal senso Cristo è detto
nell'Apocalisse anche /'amen![ò] 'A~~v (3,14);
4) il principe dei re della terra/o apxwv !WV l}ao LÀÉWV tf]ç yf]ç (l ,5),
esprime la supremazia sui centri di potere organizzati storicamente
e detti appunto re della terra!paoLÀÉwv rf]ç yf]ç (1,5; 6,15; 17,2.18;
18,3.9; 19,9), divergenti rispetto a Dio. In virtù dell'influsso positivo
di Cristo sulla storia, successivamente anch'essi contribuiranno allo
splendore della Gerusalemme nuova (21 ,26);
5) il/eone della tribù di Giuda riprende Gn 49,9 e colloca Gesù nella
linea di David. Questo fatto appare particolarmente importante agli
occhi dell'Autore, al punto che ci ritorna sopra espressamente quando
afferma che Gesù ha la chiave di David (3,7) e soprattutto quando gli
fa dire: lo, Gesù ... sono la radice/~ p((a e la stirpe!rò yÉvoç di David

21
Mai i credenti sono chiamati esplicitamente figli di Dio ne li' Apocalisse.

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(22, 16). Il Gesù Figlio di Dio, morto e risorto, che domina il tempo,
è collocato nella concatenazione della storia umana e addirittura nella
genealogia che fa capo a Giuda e passa attraverso David. Come per
i Sinottici, Gesù è "figlio di David" (cfr. Mt 1,29; 9,27; 12,23; Mc
10,47.48; 12,55; Le 18,38.39), ma, come dice l'immagine simbolica
della radice, sta prima di lui (cfr. Mt 22,41-46; Mc 12,35-37).
Tale panoramica acquista rilievo, sia per la comprensione della figura
di Cristo in se stessa, sia per il suo aspetto funzionale all'asse della
struttura del libro.
Il Cristo della prima parte (1,4-3,22) è presentato nella cosiddetta
"visione iniziale" (l ,9-20), che consiste in un'esperienza sconvolgente
del Risorto, fatta da Giovanni nel giorno di domenica; tale esperien-
za, realizzata in un contatto particolare con lo Spirito, è partecipata e
condivisa con tutto il gruppo di ascolto. Cristo risorto vi appare nella
sua trascendenza abbagliante e, nello stesso tempo, in mezzo alla sua
comunità, come suo sacerdote, tutto impegnato per essa (l, 12-16). In
un secondo momento, ma sempre in rapporto diretto e in dialogo con
la chiesa, si presenta come il protagonista del mistero pasquale, parla
direttamente alla chiesa e agisce su di essa, modificandone la situazio-
ne morale (2-3).
Il Cristo della seconda parte (4,1-22,5) è l 'agnello/apv[ov. La presen-
tazione (5,6) ha una particolare densità simbolica e ne fa emergere la
ricchezza della figura: il Cristo-agnello occupa una posizione di cen-
tralità nello sviluppo della storia della salvezza, che consiste nell'es-
sere - nella simultaneità applicativa della liturgia - insieme morto e
risorto, nonché dotato di tutta la potenza messianica e della pienezza
dello Spirito da comunicare agli uomini. Nell'arco della seconda parte,
tale immagine simbolica ricorre altre 28 volte e sempre risulta prota-
gonista di tutte le vicende della storia. Per questo, a livello escatologi-
co, la lucerna della Gerusalemme nuova è proprio l'agnello (21,23).

11. Lo spirito

La teologia dello Spirito ne Il' Apocalisse si presenta con indicazioni


sobrie, a prima vista scarne, e con immagini di interpretazione di-
scussa.
Il quadro di insieme che ne risulta è comunque altamente stimolante:
vi si percepisce l'esperienza prolungata del movimento giovanneo.
Lo Spirito è avvertito soprattutto nelle sue funzionalità e anima costan-
temente la preghiera della chiesa (22, 17). In un contatto trasformante

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