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❖ Corso di ESCATOLOGIA-Le due resurrezioni di Ap.

20 Massimo Scotellaro
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Questo studio, tratto dal mio testo ‘Corso di Escatologia’ non ancora pubblicato,
affronta il tema delle due resurrezioni in Apocalisse 20

Ap. 20: due resurrezioni o una da due prospettive diverse?


Il punto di forza di un’interpretazione premillenarista è il fatto che il passo in esame
sembra parlare di due resurrezioni in ordine cronologico, una prima e una dopo il millennio,
avallando l’idea che Ap. 19 e Ap. 20 costituiscano effettivamente una sequenza storica degli
eventi. Chi sostiene la versione amillenarista cerca di fare un distinguo tra (1) la prima
resurrezione che corrisponderebbe alla nuova nascita (la resurrezione spirituale o l’unione con
la resurrezione di Cristo) e la seconda che corrisponderebbe a quella post mortem1; oppure
secondo altri (2) la ‘prima resurrezione’ che non sarebbe fisica ma che riguarderebbe la
condizione incorporea post mortem (Ap. 20:4, “tornarono in vita”) 2, e una seconda resurrezione
che corrisponderebbe a quella finale corporea (Ap. 20:5, “non tornarono in vita prima che…”),
in modo da far rientrare le due resurrezioni nell’ambito del tempo della Chiesa che, a loro avviso,
corrisponde al Millennio. In questo modo non verrebbe inficiata la loro convinzione che Ap. 20
sia semplicemente una ricapitolazione degli eventi descritti in Ap. 19, non una sequenza
cronologica. Queste soluzioni proposte, però, non sono prive di difficoltà: (1) la resurrezione dei
martiri è parallela e posta in contrasto con la resurrezione dopo il Millennio (Ap. 20:4-6), che
evidentemente è corporale, per cui il contesto mal si accorda con una resurrezione metaforica e
interiore. (2) Per quanto concerne la seconda possibilità avanzata, (i) innanzi tutto poggia su una
concezione antropologica dico/tricotomica che, come abbiamo visto, non è possibile affermare
con sufficiente certezza su basi bibliche (come non è possibile affermare con sufficiente certezza
una concezione monista); (ii) di poi, la concezione tradizionale dico/tricotomica prevede
un’anima immortale per la quale non si può parlare di resurrezione o di tornare in vita, essendo
per natura imperitura (muore il corpo, non l’anima!)3; (iii) parte inoltre dal presupposto fallace
che in cielo il tempo trascorra come sulla terra; (iv) infine, le ragioni esegetiche apportate per
sostenere due significati diversi degli stessi termini all’interno dello stesso passo ci sembrano
portino con sé problematiche non semplici da dirimere. In ogni caso, mettiamoci all’ascolto di

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Shepherd, Norman, “The Resurrection of Revelation 20” in WTJ 37, i (1974): 34-43.
2
Così Hughes, James A., “Revelation 20:4-6 and the Question of the Millennium” in WTJ 35, iii (1973): 281-302. Alcuni
[Beale, NIGTC, pag. 1003-1017; Kline, M.G., “The First Resurrection” in WTJ 37, iii (1975): 366-375] avanzano varie
ragioni per dimostrare che qui ci si riferisce ad uno stato intermedio post mortem: (a) si cerca di identificare un chiasmo
per cui come la prima morte degli increduli è fisica e la seconda spirituale, così qui la prima resurrezione sarebbe spirituale
e la seconda fisica; (b) záō e anástasis potrebbero indicare sia una resurrezione spirituale che una fisica, quindi non si
potrebbe escludere quella spirituale; (c) qui come altrove (1 Cor. 15:22, 42-49//Ap. 20:6) il contrasto ‘prima/seconda’
richiede elementi contrastanti di tipo diverso. Nessuno di questi argomenti ci sembra convincente, anche perché la ‘morte
seconda’ (Ap. 20:6) è sia fisica che spirituale in quanto riceveremo un corpo incorruttibile e il giudizio non si ridurrà alla
condanna di una nostra componente immateriale. Del resto nessun elemento del contesto supporta una prima ‘resurrezione
disincarnata’, se non il desiderio di allineare il senso con una teologia precostituita. Contra Beale cfr. Osborne, Grant R.
(2002) Revelation BECNT (718). Grand Rapids, MI: Baker Academic.
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Qualcuno ha realizzato la difficoltà di considerare in questo contesto il termine psychḗ come ‘anima immateriale’, facendo
osservare come nella LXX e nel NT ψυχή (psychḗ) in combinazione con ζάω (záō, ‘tornare in vita), così come sono
presenti anche in Ap. 20:4, indichi sempre ‘essere vivente’ (21 volte circa) con riferimento alla vita fisica, non a una
condizione immateriale [Webb, W.J., “Revelation 20: Exegetical Considerations” in The Baptist Review of Theology/La
Revue Baptiste de Théologie 4 (1994):7-39]. Le confutazioni avanzate da chi ritiene che qui il contesto richieda il senso
di ‘anima immateriale’ ci sembrano non convincenti, quantunque delineate con perizia [cfr. Beale, G.K. (1999) The book
of Revelation: a Commentary on the Greek Text NIGTC (1002). Grand Rapids, MI; Carlisle/Cumbria: W.B. Eerdmans;
Paternoster Press].
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questa interpretazione amillenarista, e solo dopo proporremo una nostra soluzione personale al
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problema.
Riportiamo Ap. 20:4-6: “Essi tornarono in vita (ζάω, záō) e regnarono con Cristo per mille anni.
Gli altri morti non tornarono in vita (ζάω, záō) prima che i mille anni fossero trascorsi. Questa è la prima
risurrezione (ἀνάστασις, anástasis). Beato e santo è colui che partecipa alla prima risurrezione (ἀνάστασις,
anástasis)”. I termini qui impiegati per ‘resurrezione’ (ἀνάστασις/ἀνίστημι, anástasis/anístēmi, Ef.
5:14; Rom. 15:12; 1 Cor. 10:7; Eb. 7:11,15) e ‘vita’ (ζάω/ζωή, záō,zōḗ, Ap. 3:1; 7:17) possono
essere utilizzati in modo letterale o figurativo, come nelle referenze appena citate, quindi il
‘tornare in vita’ e la ‘prima resurrezione’ farebbero riferimento, per chi dissente dalla visione
premillenarista e sostiene una visione dico/tricotomica, a una resurrezione incorporea tra la
morte e la resurrezione corporea finale, che consente ai credenti di essere con Cristo e regnare
con Lui. A chi obbietta che nello stesso contesto i termini non possono assumere due significati
differenti (resurrezione spirituale/fisica)4 è stato fatto notare che questo è proprio quello che
accade altrove nel Nuovo Testamento (Rom. 6:4-13; 8:10-11; Giov. 5:24-29), quindi anche qui
in Ap. 20:4 si farebbe riferimento ad una resurrezione spirituale e in Ap. 20:5 ad una resurrezione
fisica.
Tenendo presente che, come abbiamo avuto modo di vedere precedentemente, la
testimonianza biblica non ci consente la certezza di una partizione dico/tricotomia (o di una
costituzione monista) circa la natura umana e che comunque continuano a restare le difficoltà
prima esposte, ci sembra di poter ravvisare una diversa possibilità in questi versi che non poggi
necessariamente su una teoria antropologica non dimostrabile esegeticamente. Rammentiamo che
lo scopo primo dell’agiografo nell’Apocalisse è rassicurare circa il loro destino eterno quanti sono
(e saranno) perseguitati per la testimonianza di Cristo. Egli quindi assicura quanti eventualmente
perderanno la loro vita per Cristo (i martiri5) che passeranno indenni oltre la morte e saranno
resuscitati immediatamente (resurrezione dell’intera persona con un corpo glorioso) regnando con
Cristo mentre sulla terra trascorrono i mille anni, descrivendo così una prospettiva celeste non
temporale (dove il tempo non scorre come sulla terra): questa è la prima resurrezione, quella dei
redenti di cui loro fanno parte. Ma la storia umana continua, e Giovanni descrive, questa volta da
una prospettiva terrena (dove il tempo continua a scorrere: ‘non prima che i mille anni fossero
trascorsi’), anche ‘gli altri morti’ (Ap. 20:5) facendo probabilmente riferimento a quelli destinati
alla ‘morte seconda’ (Ap. 20:6). Le due descrizioni sono quindi integrative, non cronologiche, e
mirano da una parte a consolare i credenti perseguitati con la visione di un’eternità immediata con
Cristo, dall’altra a mostrare la giustizia finale di Dio che a suo tempo giudicherà i loro persecutori
e gli operatori d’iniquità. Questo risolve anche l’osservazione che il martirio dei credenti preceda
il Millennio, mostrando come non ci sia un’anteriorità cronologica. A sostegno di questa
possibilità possiamo dire che il testo biblico non parla mai di una seconda resurrezione, per cui
qui probabilmente lo scrittore sacro mette in contrapposizione i due diversi destini al momento
dell’unica resurrezione che avverrà oltre i confini del tempo (alla morte = alla fine dei tempi),
concedendo agli uni vita eterna (‘prima resurrezione’), agli altri un’eterna condanna (‘morte
seconda’). Il fatto che l’autore non segnali il cambio di prospettiva non costituisce un ostacolo, in
quanto normalmente l’autore non segnala la ‘posizione geografica’ da cui parla, cioè se lui
descrive le varie visioni dal cielo o dalla terra, in quanto questo rientra nelle caratteristiche del

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Così Alford, H. (1980) Greek Testament (IV: 732). Grand Rapids, MI: Baker.
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Rammentiamo (vedi la sezione dove è trattata la natura antropologica) che la parola tradotta nella NRV ‘anima’ (psychḗ),
nell’originale può essere intesa col senso semitico di ‘persona’, ‘vita’, ‘corpo vivente’ (Ap. 8:9; 12:11; 16:3; cfr. 18:13),
non di ectoplasma immateriale (l’accezione filosofica greca), come riconosce anche Beale (Revelation NIGTC, pag. 998)
che giunge a conclusioni diverse sulla base di osservazioni a nostro avviso non pertinenti: se qui, come sosteniamo, ci si
riferisce ai corpi glorificati, cadono le sue argomentazioni a favore di un’anima immateriale (il fatto che ci si riferisca a
persone morte e il fatto che si trovino in cielo). Del resto, in più punti il termine indica la ‘nuova creatura escatologica’
nella sua interezza (Mt. 10:28) in opposizione a sṓma (‘essere mortale’), per cui il senso sarà “e vidi le vite di quelli che
erano stati decapitati” (Ap. 20:4) oppure “vidi i corpi glorificati di quelli che erano stati decapitati”.
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genere apocalittico. Vediamo, infatti, che spesso i confini tra temporale ed eterno, terreno e celeste
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sono ambigui e sfumati, e le due dimensioni, terrena e celeste, sconfinano l’una nell’altra
attraverso i ‘cieli aperti’ o voci che provengono dall’alto, in quanto l’autore si muove in un
universo multidimensionale. Del resto troviamo conferma nel testo circa il fatto che la prospettiva
di coloro che regnano con Cristo ‘mille anni’ è celeste (vedi l’espressione ‘poi vidi dei troni’ in
Ap. 20:4 dove i troni sono localizzati in cielo) e che la prospettiva di quelli che risuscitano dopo
i ‘mille anni’, invece, è terrena, come è chiaro dalla dichiarazione “quando i mille anni saranno trascorsi,
Satana sarà sciolto dalla sua prigione e uscirà per sedurre le nazioni che sono ai quattro angoli della terra”
(Ap. 20:7-8). Quest’opzione ci sembra superi bene le difficoltà presenti in questo passo sia nella
visione premillenarista sia nella visione amillenarista che sostiene una teoria dico/tricotomica,
lasciando spazio per entrambe le possibilità (premillenarismo e amillenarismo) che vanno
determinate da altri elementi del contesto.

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