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❖ Corso di ESCATOLOGIA-L’ascesa di Cristo con i prigionieri in Ef 4:7-16 Massimo Scotellaro

Il passo in Ef. 4:7-16 viene utilizzato da alcuni per mostrare come Cristo alla Sua
resurrezione abbia portato i salvati dall’Ades al Paradiso. L’esame esegetico che segue
mostra l’insostenibilità di questa interpretazione

L’ascesa di Cristo con i prigionieri in Ef. 4:7-16


Il tema di questo passo in Ef. 4:7-16 è la diversità della manifestazione della grazia
nell’unità che conduce alla maturità1. Attraverso un espediente retorico (inclusio), cioè con la
ripetizione del termine ‘ciascuno/singola’ (ἕκαστος, hékastos) all’inizio (v.7) e alla fine (v.16)
del paragrafo, l’autore sottolinea prima l’unità (Ef. 4:4-6), poi la diversità (Ef. 4:7-10) e infine
nuovamente l’unità (Ef. 4:11-17). Lo scopo per cui Cristo concede una così ampia diversità di
doni ai credenti risiede nel Suo intento di arricchire la Chiesa, affinché ogni dono, e ogni
credente abilitato da un diverso dono, contribuisca al bene e alla crescita comune del corpo di
Cristo. Questo progetto divino è ben lontano da una deleteria concezione di uniformità perorata
da alcuni, che si riduce a un mero e vacuo tentativo umano di omologazione intesa a imitare
l’unità dello Spirito; è anche ben lontano, però, da altrettanto pericolose forme di
individualismo che cercano di emergere nella comunità cristiana, nella figura di qualcuno che
si presenta come depositario privilegiato di doni dello Spirito, in grado di oscurare o annullare
gli altri doni nella chiesa.
La largizione dei doni da parte di Cristo è illustrata attraverso la citazione del Salmo
68:18, ma questa citazione si diparte dal testo ebraico originale, e questa particolarità ha dato
a qualcuno lo spunto per intravedere qui una presunta traslazione delle anime immateriali dei
fedeli (i ‘prigionieri’) dall’Ades al cielo ad opera di Cristo dopo la Sua resurrezione.
Esamineremo ora i vari tentativi interpretativi, chiarendo subito intanto che, come abbiamo
visto, lo scopo generale del passo riguarda la necessità della diversità dei doni nell’unità, non
una rivelazione della condizione dei credenti dopo la morte. Mettiamo quindi a confronto il
Salmo 68:18 così come compare nel testo masoretico (AT) e come lo riporta in questo passo
Paolo:

Salmo 68 Efesini 4
18
Tu sei salito in alto, portando prigionieri, hai 8 Per questo è detto: «Salito in alto, egli ha
ricevuto doni dagli uomini, anche dai ribelli, per portato con sé dei prigionieri e ha fatto dei doni
far qui la tua dimora, o SIGNORE, Dio. agli uomini».
9
Ora, questo «è salito» che cosa vuol dire se
non che egli era anche disceso nelle parti più
basse della terra? 10 Colui che è disceso, è lo
stesso che è salito al di sopra di tutti i cieli,
affinché riempisse ogni cosa.

Le domande che ci poniamo davanti al testo sono: a quale ascesa fa riferimento Paolo
dicendo che Cristo ‘è salito in alto’? Chi sono i ‘prigionieri’ e perché li ‘porta con sé’? Perché
Paolo, citando il salmo, dice che Cristo ha fatto dei doni, mentre nel salmo è scritto che riceve
dei doni? A cosa si riferisce precisamente quando afferma che Cristo ‘è disceso nelle parti più
basse della terra’?
Rileviamo intanto le differenze tra il salmo e la citazione che ne fa l’apostolo: (1) nel
salmo l’autore sembra riferirsi ad un re israelita vittorioso che riceve doni da coloro che ha

1
Cfr. O’Brien, Peter Thomas (1999) The Letter to the Ephesians PNTC (286). Grand Rapids, MI: W.B. Eerdmans
Publishing Co.
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conquistato, mentre l’applicazione cristologica che Paolo ne fa riguarda la largizione di doni


2

alla Chiesa da parte del Cristo vittorioso asceso al cielo; (2) la citazione riformulata da Paolo
in Ef. 4:8 presenta una differenza sostanziale, in quanto egli sostituisce il termine ‘ricevuto’
(ebr. ‫ לָקַ ח‬lāqach; LXX: λαμβάνω, lambánō) presente nel testo ebraico con il verbo ‘fatto’ (δίδωμι,
dídōmi), apparentemente veicolando un senso opposto a quello del salmo: ‘dare’ vs ‘ricevere’;
(3) il salmista utilizza la seconda persona singolare, mentre l’apostolo usa la terza persona
singolare: (4) nel salmo viene utilizzata l’espressione ‘dagli uomini’2 (‫בָ אָ דָ ם‬, ba’adam) mentre in
Efesini è utilizzata l’espressione ‘agli uomini’ (τοῖς ἀνθρώποις, toîs anthrṓpois). Perché tutte
queste differenze?
A questo punto cerchiamo di inquadrare il contesto del salmo, per provare a capire le
ragioni che muovevano il salmista nello scrivere questo componimento3 , in modo da riuscire
a comprendere meglio le ragioni che spingono Paolo a utilizzare questo salmo. Il salmo
presenta numerose difficoltà quanto alla datazione, variamente supposta, e alla forma. Quanto
allo scopo della sua composizione gli studiosi hanno avanzato varie proposte: (a) una visione
escatologica riguardante il destino dell’uomo4; (b) un canto trionfale dopo una vittoria
militare; (c) un canto per celebrare la sovranità di Dio in occasione del festeggiamento del
patto con Dio, forse in occasione della sistemazione dell’arca nel santuario; (d) una profezia
che si riferisce direttamente a Cristo e al Suo regno finale5. Per quanto riguarda i ‘prigionieri’,
c’è chi li ha identificati come i nemici conquistati, che normalmente venivano portati in un
corteo trionfale, e chi invece li ha identificati come Leviti una volta ribelli e che ora fanno
offerte a Dio (= doni) mediante il loro servizio sacerdotale6. Le diverse opzioni si riducono a
due possibilità principali: vedere il salmo come una descrizione storica o interpretarlo come
un’immagine poetica che rappresenta una realizzazione escatologica. Noi stimiamo, con la
maggioranza degli studiosi, che il salmista faccia riferimento ad un evento storico
(specialmente nella prima parte), senza però escludere che questo evento serva anche a
rappresentare una realizzazione escatologica. Nel complesso il salmo si presenta come un canto
celebrativo a Yahweh che è non solo il liberatore di Israele all’Esodo e nella storia successiva,
ma anche l’attuale liberatore del Suo popolo. In particolare, al v. 18 si descrive l’ascesa a Sion
di Yahweh nella persona di un re israelita vittorioso al cui seguito trionfale vengono i
prigionieri depredati del bottino di guerra, come d’uso nell’antichità. Concordiamo, inoltre,
con chi vede nella seconda parte del salmo un possibile riferimento alla rivelazione finale della
maestà di Dio sulla terra, come anche l’applicazione di Paolo in Efesini sembra suggerire.
Di seguito elenchiamo le possibili soluzioni proposte dagli studiosi per giustificare il
cambiamento del verbo da parte di Paolo (‘dare’ per ’ricevere’):
(1) Paolo prende spunto dal salmo ma ne stravolge intenzionalmente il senso per
adattarlo ai suoi scopi senza tener in alcun conto il senso originale del testo. Questo tentativo
di soluzione si scontra con il normale utilizzo che Paolo fa dell’Antico Patto, dato che tiene
regolarmente conto del suo contesto originale.

2
La preposizione ‫ב‬ ְּ (b) in ebraico può assumere significati diversi [cfr. Gordon, Cyrus (1965) Ugaritic Handbook
ANALECTA ORIENTALIA 38, 3 vols. (§10.1). Rome: Pontifical Biblical Institute] e qui ‫( בָ אָ דָ ם‬ba’adam) potrebbe tradursi ‘tra
gli uomini’ o ‘dagli uomini’. Qualcuno invece vede la possibilità di vocalizzare diversamente la parola intendendo b’dm,
‘dalle loro mani’ [cfr. Dahood, Mitchell (1974) Psalms II: 51–100 AB (143). Garden City, NY: Doubleday & Co.].
3
Al riguardo, per un esame approfondito sia del contesto del salmo sia delle sue relazioni con il passo in Efesini,
consigliamo Taylor, Richard A., “The Use of Psalm 68:18 in Ephesians 4:8 in Light of the Ancient Versions” in Bibliotheca
Sacra 148 (Apr-June 1991): 319-337, e Smith, Gary V., “Paul’s Use Of Psalm 68:18 In Ephesians 4:8” in JETS 18, iii
(1975): 180-189.
4
Gunkel, H. (1933) Einleitung in die Psalmen (345). Göttingen: Dandenhoed & Ruprecht [trad. ingl. (1998) Introduction
to Psalms: The Genres of the Religious Lyric of Israel. Macon, GA: Mercer University Press].
5
Così molti Padri della Chiesa.
6
L’idea che si tratti di Leviti si basa su Sal. 68:5-6, 18b e sul fatto che i doni ricevuti (=le offerte sacerdotali dei Leviti)
consentono a Dio di ‘far qui la Sua dimora’ (v. 18b) [così Smith, Gary V., “Paul’s Use Of Psalm 68:18 In Ephesians 4:8”
in JETS 18, iii (1975): 186].
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(2) Paolo cita a memoria il salmo cadendo in un’imprecisione involontaria7 o leggendo


3

erroneamente nel testo un insegnamento teologico che non c’è. Questa soluzione prevede un
giudizio severo e ingiustificato, poco in linea con l’idea di ispirazione divina, e che perde di
vista l’intento di Paolo che non è semplicemente citare un testo veterotestamentario, ma
contestualizzarlo.
(3) Due versioni, il Targum aramaico e la Peshitta siriaca, ci riportano una variante
diversa dal testo masoretico ebraico del Sal. 68:18 (‘hai ricevuto doni’), e precisamente “tu hai
dato doni”, supportando così la possibilità che Paolo si sia potuto rifare a una diversa tradizione
testuale del salmo in uso al suo tempo8. La ragione di questa diversità potrebbe risiedere, come
qualcuno ha proposto, nella trasposizione di una lettera, hālaq (‘dividere’) invece di lāqah
(‘ricevere’): Paolo avrebbe scelto la variante che meglio si adattava al suo obiettivo teologico,
in accordo con una tecnica espositiva ebraica (midrash pesher) che utilizzava una citazione
libera del testo con un ampliamento o un adattamento espositivo personale. La motivazione di
fondo di questa scelta risiederebbe nel fatto che nella tradizione giudaica il Sal. 68:18 era
interpretato come la descrizione dell’ascesa di Mosè per ricevere la Legge e altri segreti da
parte di Dio; Paolo avrebbe così voluto dimostrare la superiorità di Cristo rispetto a Mosè, in
quanto Cristo ha portato la grazia anziché la Legge, e ha ricevuto lo Spirito per largirlo a tutti
mentre Mosè ha ricevuto una rivelazione destinata a pochi eletti. Il principio alla base della
comparazione tra Mosè e Cristo sarebbe che entrambi hanno ricevuto per donare (cfr. At. 2:33),
da qui l’utilizzo dei verbi ‘ricevere/dare’9.
(4) La differenza tra il verbo ‘ricevere’ nel salmo e il verbo ‘dare’ nella citazione in
Efesini è solo apparente, in quanto il verbo ebraico lāqah (‘ricevere’) può veicolare il senso di
‘ricevere per dare’10. Nelle conquiste militari dell’antichità, infatti, il vincitore raccoglieva
tributi dai vinti, ma contemporaneamente largiva doni ai suoi. Questa ricostruzione, però, si
scontra col fatto che in nessun caso (cfr. Gen. 15:9; 18:5; 27:13; Es. 25:2; 1 Re 17:10-11) la
LXX traduce l’ebraico lāqah (‘ricevere’) col greco dídōmi (‘dare’), cosa che rende meno
immediata questa supposizione.
(5) Secondo alcuni la descrizione di una vittoria militare nel salmo non è da intendersi
letteralmente, ma sarebbe una descrizione metaforica che rappresenta le vittorie di Dio nel
passato storico (nell’Esodo, sui Canaaniti, etc.) e il suo successivo insediamento a Sion, mentre
la parte finale descriverebbe il suo regno escatologico11. I ‘prigionieri e ribelli’ sarebbero gli
Israeliti che più volte si sono ribellati al Signore ma alfine redenti, mentre i ‘doni ricevuti’
sarebbero i Leviti scelti tra il popolo di Israele come ‘offerta al Signore’ (Num. 8:14; 3:45) e
da Lui ridati al popolo come ‘dono’ per il servizio sacro (Num. 18:6; cfr. Is. 66:20-21). Questa
possibilità è intrigante, soprattutto perché sembra proporre un parallelo interessante tra
ministeri del vecchio e del nuovo Patto che vengono citati subito dopo, ma, a nostro avviso, si
basa su una serie di analogie che resta difficile da dimostrare fossero realmente nella mente
dell’autore.
Una valutazione delle varie possibilità ci porta a preferire l’opzione (3), per cui Paolo
si sarebbe basato su una variante testuale nella sua citazione del Salmo, realizzando
un’applicazione teologica con la tecnica del midrash pesher.
Circa l’essere ‘disceso nelle parti più basse della terra’ (Ef. 4:9), sono state proposte le
seguenti identificazioni: (a) Paolo si riferirebbe alla discesa di Cristo nell’Ades; (b) la discesa
di Cristo corrisponderebbe alla Sua incarnazione e morte (cfr. Ef. 2:14-17; Fil. 2:6-8); (c)

7
Richardson, Alan (1958) An Introduction to the Theology of the New Testament (203). London: SCM.
8
Longenecker, Richard N. (1975) Biblical Exegesis in the Apostolic Period (125). Grand Rapids: Wm. B. Eerdmans
Publishing Co.
9
Stott, J.R.W. (1979) The Message of Ephesians: God’s New Society (157-158). Leicester: Inter-Varsity.
10
Così Crisostomo, Beza, Bengel.
11
Così Smith, Gary V., “Paul’s Use Of Psalm 68:18 In Ephesians 4:8” in JETS 18, iii (1975): 181-189.
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l’apostolo qui farebbe riferimento alla discesa di Cristo attraverso la venuta dello Spirito12. La
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teoria che Cristo sia realmente disceso nell’Ades è attualmente caduta in discredito tra la
maggioranza degli studiosi per ragioni esegetiche e teologiche, senza considerare che la lettera
agli Efesini non parla dell’Ades o dell’inferno, per cui la prima ipotesi resta poco sostenibile.
L’idea che Paolo si riferisca alla discesa dello Spirito si scontra con l’insormontabile difficoltà
che qui si parla della discesa di Cristo, non dello Spirito, per cui anche la terza possibilità ci
pare difficilmente difendibile.
La ‘discesa’ di Cristo, quindi, corrisponde alla Sua incarnazione e morte, e il Suo ‘salire
in alto’ corrisponde alla Sua ascensione dopo la resurrezione, mentre i ‘prigionieri’, attraverso
l’immagine dei nemici portati al seguito del corteo trionfale, corrispondono metaforicamente
alle forze della malvagità che Cristo ha conquistato facendone “un pubblico spettacolo,
trionfando su di loro per mezzo della croce” (Col. 2:15; cfr. Ef. 1:21-22).
Tutto il contesto sia del salmo citato che del passo in Efesini, quindi, esclude la
possibilità che qui Paolo possa parlare di una presunta liberazione delle anime immateriali
prigioniere nell’Ades, come perorato da qualcuno.
L’esame dei passi sin qui considerati e generalmente utilizzati per sostenere un tempo
intermedio post mortem, quindi, ci sembrano inadeguati a tale scopo, e ci appaiono invece
compatibili con l’idea di una resurrezione immediata dopo la morte che ha luogo in un’eternità
dove i risorti non sperimentano come noi un flusso temporale, ma, pur provenendo da momenti
storici diversi, si ritrovano insieme nello stesso ‘istante’. È importante ricordare che “la morte
non è solo il confine di questa vita, ma anche il confine del tempo” 13.

Cfr. Caird, G.B., “The Descent of Christ in Ephesians 4: 7-11” in Studia Evangelica 2 (Berlin, 1964): 535-545.
12
13
Schwarz, Hans (2000) Eschatology (pos. 3422 Kindle ed.). Grand Rapids, MI/Cambridge, UK: W.B. Eerdmans Pub.
Co.

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