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Agli inizi del terzo millennio l’umanità sembra angustiata da una crisi pro
fonda: ci si trova nel travaglio tra un mondo ormai passato e percepito come
inadeguato che, tuttavia, non ha finito di esistere e un nuovo mondo di cui
non s’intravedono gli sviluppi. Viviamo il disagio di un’epoca caratterizzata
da forti contrasti ideologici, culturali, religiosi, in simbiosi con atteggiamenti
diffusi di indifferenza, apatia, rassegnazione. Si riscontrano modalità sociali
caratterizzate da ima convulsa accelerazione cui fa riscontro la penuria di
autentica novità.
L’annuncio e la trasmissione della fede sembra, a detta di alcuni, ormai im
possibile e non resta che rassegnarsi a un dissolvimento dei valori morali e di
ogni forma di credenza passata. Alla luce del contributo dell’esortazione apo
stolica Evangelii Gaudium1 vorremmo provare ad approfondire sfide e limiti
che si trova ad affrontare l’annuncio del Vangelo di fronte a queste nuove for
me che assume la cultura contemporanea, in particolare rispetto alla visione
postumana dell’uomo.
Per raggiungere il fine che ci proponiamo procederemo in due momenti
distinti ma intimamente connessi. Dapprima proveremo a delineare alcuni
tratti culturali della nostra contemporaneità {contesto), successivamente, in
una seconda parte, cercheremo di lasciar emergere come affrontare l’annun
cio del Vangelo di fronte a queste nuove forme che assume la cultura contem
poranea sottolineando specialmente come la misericordia sia un elemento
chiave tanto per l’evangelizzazione quanto per una riflessione etico-teologica
adeguata alle complessità contemporanee {testo).
1 Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium (= EG) dei Santo Padre Francesco ai Vescovi
ai Presbiteri e ai Diaconi alle persone consacrate e ai Fedeli Laici sull’annuncio del Vangelo
nel mondo attuale, 24 novembre 2013.
78 PAOLO BENANTI, T.O.R.
Dobbiamo rilevare come la nostra sia una società in cui sono presenti
numerose contraddizioni e ambivalenze che indicano, per numerosi studiosi,
il declino di una logica unitaria e di un mondo percepito come totum2. Nel
dibattito e nella riflessione odierna si delinea una situazione di grande cam
biamento, un passaggio d'epoca «entro cui si inverano stati di incertezza e di
instabilità associati all’estremo disorientamento che caratterizza la condizione
presente e ancor più quella futura»3. La società presente offre una chiave di
lettura prevalentemente in negativo che
confermano una diversità e una discontinuità con la cultura del tempo passato che
secondo alcuni afferma il superamento della modernità che sporta alla post-moder
nità, mentre per altri rappresenta solo la parte finale della modernità, ovvero la tar
da modernità4.
Sono stati coniati numerosi termini nel tentativo di descrivere questa situa
zione, si parla di: società post-moderna, Risikogesellshaft, Individualized
Society, società vuota, società senza solidità, società senza passioni, società
senza lavoro, società del declino dell'uomo pubblico5.
Si esalta in maniera ossessiva il vivere il presente proponendo stili di vita
individuali che ignorano tanto i predecessori quanto i posteri, producendo,
così, una rapida perdita del senso della continuità storica e svalutando i capi
tali conoscitivi e culturali del passato a favore delle esperienze personali del
momento6.
Si assiste alla delegittimazione delle istituzioni tradizionali quali il matri
monio e la famiglia e all’affermarsi di nuovi modi di vita che rappresentano
un momento di estrema diffusione dell’individualismo, culminante nella «dis
soluzione dell’individuo nelle reti del villaggio globale, ma soprattutto nella
sua trasformazione in “un’entità discontinua [...] costantemente plasmata e
riplasmata in un tempo neutro”»7. Il narcisismo si presenta come l’atteggia
mento tra i più caratteristici della mentalità collettiva contemporanea e fa da
2 Cf. C. Carabetta, Corpo forte e pensiero debole, Milano 2007, 90, e l’opera di
Z. Bauman, Vita liquida, Roma - Bari 2006.
3 C. Carabetta, Corpo forte e pensiero debole (cf. nt. 2), 90.
4 C. Carabetta, Corpo forte e pensiero debole (cf. nt. 2), 89; anche se risulta parti
colarmente difficile trovare una sintesi del periodo storico in cui ci troviamo emerge con
sempre maggiore chiarezza come questa modalità di capire noi e il nostro corpo sia
caratterizzata da una profonda matrice relativista. Cf. X. Lacroix, Il corpo di carne, Bologna
1996, 29-50.
5 C. Carabetta, Corpo forte e pensiero debole (cf. nt. 2), 90.
6 Cf. C. Lasch, La cultura del narcisismo, Milano 1995, 11-15; C. Carabetta, Corpo
forte e pensiero debole (cf nt. 2), 93.
7 C. Carabetta, Corpo forte e pensiero debole (cf nt. 2), 96.
LA GIOIA DEL VANGELO NEL CAMBIO ANTROPOLOGICO 79
17 Cf. R. Pepperell, The Posthuman Condition Consciousness Beyond the Brain, Bristol -
Portland (OR) 2003, iv.
18 H. Arendt, Vita activa. La condizione umana, Milano 19913, 8.
Cf.
19 R. Pepperell, The Posthuman Condition (cf. nt. 17), iv.
Cf.
20 C. Carabetta, Corpo forte e pensiero debole (cf. nt. 2), 89.
Cf.
21 B. Waters, From Human to Posthuman. Christian Theology and Technology in a
Cf.
Postmodern World, Aldershot (UK) 2006, X.
22 Cf. B. Waters, From Human to Posthuman (cf. nt.21), x.
23 Cf. N. Badmington, Posthumanism (cf. nt. 12), 2.
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La crisi del soggetto sfocia in una crisi del modello di libertà che era stato
elaborato dal cosiddetto pensiero liberale e che era basata principalmente su
una nozione di autopossesso combinata con l’assenza di limiti esterni al sog
getto28: ora, per il soggetto postumano, si rifiuta la visione di natura o natura
le intesa come un determinato dato a priori che possa essere posseduto dal
l’uomo in quanto uomo e si conclude che non è dato alcun soggetto autono
mo, perché il sé è solo il risultato di una costruzione storica29.
La costituzione del soggetto postumano, quindi, si capisce e si comprende
in relazione a una tecnologia che sembra aver permeato l’uomo fino a rag
giungere lo stato di una sua dimensione ontologica. La tecnologia, artefatto
umano, è ora parte costitutiva del soggetto postumano definendone, in un
mutamento continuo, lo status e le caratteristiche. Il cammino percorso dai
postumanisti ha portato perciò a una nuova visione della libertà, basata sulla
visione dell 'umanesimo ma dai contorni profondamente mutati30. Di fronte a
una libertà privata, con l’ausilio della tecnologia, di ogni limite appare come
destino la scomparsa della specie umana; per i nostri contemporanei non
rimane che un’unica modalità di salvezza: creare corpi post-umani, i cyborg,
che tengano conto di quella condizione di finitudine dell’essere umano garan
tendoci così la sopravvivenza31.
Il suffisso post- del postumanesimo suggerisce, seguendo le analisi di Neil
Badmington3 , il legame che questo pensiero ha con il movimento poststrut
turalista degli anni Sessanta sviluppato in particolare da Jaques Derrida33.
Il prefisso post-, che distingue questa nuova corrente filosofica dallo strut
turalismo, non va interpretato come il segnale di una contrapposizione agli
esiti della riflessione strutturalista. Questi pensatori hanno spinto alle estreme
conseguenze i concetti e le modalità di svolgimento dello strutturalismo, fino
a dissolverli in una direzione che potremmo definire relativista34.
Il postumanesimo si appropria delle analisi delle forme simboliche e del
linguaggio facendole divenire costitutive del soggetto postumano: il cyborg è
un essere di linguaggio, dove il linguaggio viene però capito nell’accezione
dell’informazione. Il linguaggio come informazione35 viene mediato nel
movimento postumano dal contributo degli studi cibernetici e dalla spinta del
la cosiddetta information technology36: l’avvento e la diffusione del computer
hanno contribuito a ricomprendere l’essenza dell’uomo facendo in modo che
l’essere umano concepisca se stesso come elaboratore di informazioni e com
prenda la natura come una serie di informazioni da elaborare37. Le conse
guenze di queste posizioni possono essere fatte ruotare attorno a quattro
assunti principali che caratterizzano l’antropologia postumana e che si ritro
vano nel pensiero dei diversi autori38.
In primo luogo dobbiamo notare come per il postumanesimo i modelli in
formativi sono molto più importanti o essenziali per la natura di un essere
rispetto a qualsivoglia istanza materiale, cosicché la corporeità in un substrato
biologico è vista come un accidente della storia più che un inevitabilità della
vita39.
La preminenza dell’informazione sulla materia non riguarda solo l’uomo
ma è basata sull’assunzione che siccome l’universo consiste principalmente
di informazioni, ogni entità che può codificare e processare informazioni è
viva40. Il concetto di vita stesso viene cambiato: viva è l’entità che contiene e
codifica informazioni, mentre il valore della vita è dato dalle informazioni
che ogni entità processa. La conseguenza della dichiarata superiorità dell’in-
formazione sulla materialità ha come effetto di cancellare, come petitio prin
cipii, la linea che separa il naturale dall’artificiale41 : rimangono così solo
modelli o linee informative che possono essere cancellate e ridisegnate senza
alcuna possibilità di porre limiti a questo processo.
L’esito che emerge da queste convinzioni mostra come alla base della
visione postumana sia possibile rintracciare una moderna forma di antropolo-
42 Sul dualismo postumano sono concordi tutti gli studiosi del postumanesimo, si veda ad
esempio la Hayles (How We Became Posthuman, cf. nt. 27), Waters (From Human to Post
human, cf. nt. 21), Pepperel (The Posthuman Condition, cf. nt. 17), Hook («Transhumanism
and Posthumanism» (cf nt. 38), 2517-2520) e la Badmington (Posthumanism, cf. nt. 12).
43 N. Badmington, Posthumanism (cf nt. 12), 2.
44 La bibliografia in materia è notevole. Per una sintesi di alcune posizione che maggior
mente influenzano questa visione rimandiamo a Z. Lynch - B. Laursen, The Neuro Revolu
tion. How Brain Science Is Changing Our World, New York 2009 e T. Buller, «What Can
Neuroscience Contribute to Ethics?», Journal of Medical Ethics 32 (2006) 63-64.
45 Cf. N.K. Hayles, How We Became Posthuman (cf. nt. 27), 2-3.
46 Cf. C.C. Hook, «Transhumanism and Posthumanism» (cf. nt. 38), 2518.
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47 Da questo punto di vista anche il marxismo può essere visto come ima forma di escato
logia impropria proponendo un perfezionamento definitivo dell’uomo all’intemo della storia.
Cf. J. Ratzinger, Escatologia, Assisi (PG) 1977, 223. Il post-umanesimo e il marxismo
rispetto al destino dell’uomo si configurano come due ideologie concorrenti: entrambe pro
spettano una forma di salvezza di tipo escatologico intrastorico. Questo potrebbe spiegare
l’ostilità e le critiche di uno studioso come Pietro Barcellona nei confronti del
postumanesimo. Cf. A. Caronia, Il cyborg. Saggio sull’uomo artificiale, Roma 1985, 143-
LA GIOIA DEL VANGELO NEL CAMBIO ANTROPOLOGICO 87
48 Cf. E.H. Schein, Organizational Culture and Leadership, San Francisco (CA) 2010.
49 Cf. D. Abignente - S. Bastianel, Le vie del bene. Oggettività, storicità, intersoggetti
vità, Trapani, 2009, 51-95; S. Bastianel - G. Parnofiello, Moralità personale nella storia,
Roma, 2005, 303-323.
50 Particolarmente illuminate è l’analisi che Shein propone di una cultura. Cf. E.H. Schein,
Organizational Culture and Leadership (cf. nt. 48), 36.
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51 II tema della misericordia sembra essere centrale per il Pontefice tanto da apparire come
cuore del suo stemma pontificale. Il motto del Santo Padre Francesco è tratto dalle Omelie di
San Beda il Venerabile, sacerdote, il quale, commentando l’episodio evangelico della voca
zione di San Matteo, scrive: Vidit ergo lesus publicanum et quia miserando atque eligendo
LA GIOIA DEL VANGELO NEL CAMBIO ANTROPOLOGICO 89
vidit, ait illi Sequere me. Questa omelia, omaggio alla misericordia divina, è inserita nella
Liturgia delle Ore della festa di San Matteo e riveste un significato particolare nella vita e nel-
l’itinerario spirituale del Papa. Infatti, racconta il Pontefice, nella festa di San Matteo dell’an
no 1953, sperimentò, all’età di 17 anni, in un modo del tutto particolare, la presenza amorosa
di Dio nella sua vita. In seguito ad una confessione, si sentì toccare il cuore ed avvertì la
discesa della misericordia di Dio, che con sguardo di tenero amore, lo chiamava alla consacra
zione. Una volta eletto Vescovo, S.E. Mons. Bergoglio, in ricordo di tale avvenimento che
segnò gli inizi della sua totale consacrazione a Dio nella Sua Chiesa, decise di scegliere, come
motto e programma di vita, l’espressione di San Beda miserando atque eligendo, che ha inte
so riprodurre anche nel proprio stemma pontificio. Cf. www.vatican.va/holy_father/ffancesco-
/elezione/stemma-papa-ffancescoit.html [accesso: 2 aprile 2014]).
52 Cf. Concilio Ecumenico Vaticano II, Decreto sull’ecumenismo Unitatis redintegratio,
21 novembre 1964, n. 11.
53 Cf. Summa Theologiae I-II, q. 66, art. 4-6 e cf. EG 37.
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Novecento che Paul Ricoeur chiamava i maestri del sospetto54: Karl Marx,
Frederick Nietzsche e Sigmund Freud. Infatti è possibile trovare negli scritti
di questi tre autori
la decisione di considerare innanzitutto la coscienza nel suo insieme come coscien
za «falsa». Con ciò essi riprendono, ognuno in un diverso registro, il problema del
dubbio cartesiano, ma lo portano nel cuore stesso della fortezza cartesiana. Il filo
sofo educato alla scuola di Cartesio sa che le cose sono dubbie, che non sono come
appaiono; ma non dubita che la coscienza non sia cosi come appare a se stessa; in
essa, senso e coscienza del senso coincidono; di questo, dopo Marx, Nietzsche e
Freud, noi dubitiamo. Dopo il dubbio sulla cosa, è la volta per noi del dubbio sulla
coscienza55.
58 W. Kasper, Misericordia. Concetto fondamentale del vangelo. Chiave della vita Cri
stiana, Brescia 2013, 38. Il valore del testo del card. Kasper risulta ancora più evidente se si
considera che durante il primo Angelus del pontificato il 17 marzo 2013 papa Francesco ha
indicato questo testo come un testo da cui aveva tratto tanto giovamento. Per una ricostruzio
ne maggiormente dettagliata dei significati biblici del termine misericordia rimandiamo al
testo di Kasper essendo il nostro interesse maggiormente focalizzato sul significato etico di
porre la misericordia come chiave della prassi ecclesiale.
59 Cf. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale sulla chiesa nel mondo
contemporaneo Gaudium et Spes [= GS], 7 dicembre 1965, n. 16: «In imo conscientiae legem
homo detegit, quam ipse sibi non dat, sed cui obedire debet, et cuius vox, semper ad bonum
amandum et faciendum ac malum vitandum eum advocans, ubi oportet auribus cordis sonat:
fac hoc, illud devita. Nam homo legem in corde suo a Deo inscriptam habet, cui parere ipsa
dignitas eius est et secundum quam ipse iudicabitur». Questo passaggio di Gaudium et Spes è
particolarmente significativo. I Padri conciliari nell’affrontare il tema della coscienza morale
hanno scelto di descrivere il darsi del fenomeno morale: più che offrire una definizione di
coscienza morale hanno preferito descrivere il carattere assoluto e originario del fenomeno
morale mostrando come il dovere morale s’innesti e sgorghi dalla coscienza morale, da quella
quella profondità della persona umana dove lo spirito ode l’eco della voce stessa di Dio, o per
usare i termini di Evangelii Gaudium, nel luogo dove siamo toccati dalla misericordia.
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Appartiene a questa dinamica del vivere umano anche quella che chiamia
mo esperienza di fede63. La misericordia è autentica esperienza di fede poiché
in essa, non è l’uomo che indirettamente o direttamente cerca di accedere al
divino — come avviene neW esperienza religiosa —, ma è il divino che viene
percepito come un Essere personale che «si presenta in uno spazio storico
preciso, sceglie un interlocutore ben definito e si presenta, lui stesso, come il
Vivente/Dialogante»64. L'esperienza di fede è quell’esperienza realizzata e
descritta nei libri dell’Antico Testamento, che precede e accompagna quella
che sarà poi Tesperienza propria della fede cristiana descritta a sua volta nei
libri del Nuovo Testamento. In essa la novità preponderante è quella secondo
cui «“l’Io sono di Jahweh” come Dio Uno e Unico si dischiude nel “Noi sia
mo” inclusivo della relazione unità/distinzione di Gesù col Padre che invita (e
realizza) anche la nostra partecipazione [...]: nel senso che ci invita ad “entra
re” in questa relazione come luogo della nostra dimora in Dio, perché Dio ha
preso dimora tra noi»65.
La misericordia allora, qualificandosi come autentica esperienza di Dio,
offre la più autentica ermeneutica di quanto si legge nella costituzione Gaudi
um et Spes sulla verità dell’uomo: «Cristo, che è il nuovo Adamo [...] svela
[...] pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione [...]
proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore»66.
Le difficoltà nel saper valutare il valore dell’esistenza umana sembrano
allora qualificarsi come un’assenza di esperienza di umanità, in particolar
modo di quell’esperienza profonda e trasformante che è la misericordia.
vede quindi per l’uomo del nostro tempo il confine tra la sfera dell’esperienza e quella del
pensiero o della razionalità non può essere tracciato con nettezza.
63 II tema conosce un ampio dibattito e una notevole letteratura che approfondisce le possi
bilità, le caratteristiche e i modi in cui si da un’autentica esperienza di fede. Rimandiamo a
due autorevoli contributi in materia: N. Galantino, «Esperienza», in G. Barbaglio - G.
Boff - S. Dianich, ed., Teologia, Cinisello Balsamo (MI) 2002, 595-607; J. Mouroux,
L’esperienza Cristiana. Introduzione a una teologia, Brescia 1956.
N. Galantino, «Esperienza» (cf. nt. 63), 601.
65 P. Coda, «Rivelazione cristologica ed esperienza di Dio», in E. Morandi - R. Panatto-
Nl, ed., Esperienza di Dio. Filosofi e teologi a confronto, Padova 1996, 252.
66 GS. 22. Particolarmente significativo a riguardo di questa connessione tra misericordia e
possibilità di comprendere l’esperienza umana sono le parole con cui Giovanni Paolo II apre
l’enciclica sul tema della misericordia: «Seguendo la dottrina del Concilio Vaticano II e
aderendo alle particolari necessità dei tempi in cui viviamo, ho dedicato l’enciclica Redemptor
hominis alla verità intorno all’uomo, che nella sua pienezza e profondità ci viene rivelata in
Cristo. Un’esigenza di non minore importanza, in questi tempi critici e non facili, mi spinge a
scoprire nello stesso Cristo ancora una volta il volto del Padre, che è “misericordioso e Dio di
ogni consolazione” (2Cor 1,3). [...] la manifestazione dell’uomo, nella piena dignità della sua
natura, non può aver luogo senza il riferimento — non soltanto concettuale, ma integralmente
esistenziale — a Dio. L’uomo e la sua vocazione suprema si svelano in Cristo mediante la
rivelazione del mistero del Padre e del suo amore». Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Dives
in misericordia, 30 novembre 1980, n. 1.
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no da lui come si vive sulla terra. Ciò che è successo ai discepoli in questa
familiarità terrena con Gesù è ciò che verrà riproposto a loro stessi e mediato
da loro per una familiarità fondata nel ricordo del Signore consegnato nella
sua parola, nella traditio vivente di fede: una scuola di misericordia.
Volendo provare a sintetizzare quanto fin qui emerso possiamo dire che la
misericordia è l’orizzonte della vita cristiana, intendendo con il termine oriz
zonte, rispetto ad un soggetto morale, la sua consapevolezza (sempre presente
anche se non sempre tematica ed esplicita) dell’universo delle relazioni che
vive. In altri termini per ciascuno di noi vivere è sapersi dentro un orizzonte
di comprensione, è sapersi in un sistema di relazioni che è quello che ciascu
no di noi riconosce, quello di cui ciascuno di noi è consapevole. Il mondo è
più vasto dell’orizzonte personale, ma se camminiamo nel mondo, ci cammi
niamo con quella consapevolezza che è resa possibile dal nostro orizzonte,
anche se sappiamo che c’è un oltre69. Per un credente avere un orizzonte
significa che il suo capirsi e il suo decidere qualcosa è assunzione dell’univer
so di comprensione formato, di fatto, da un orizzonte relazionale plasmato da
quell’incontro gratuito e salvante con Dio che è misericordia. Appare allora
evidente in tutta la sua profondità l’invito di Evangelii Gaudium (cf. EG 37) a
riportare la misericordia al centro dell’annimcio morale cristiano nell’incontro
con il mondo.
Per quanto riguarda i singoli e specifici problemi il Pontefice lascia emer
gere, in quella che potremmo capire come una sorta di «regionalizzazione
della Chiesa», come il discernimento, basato su importanza e urgenza dei
valori, spetti agli episcopati regionali:
sono innumerevoli i temi connessi all’evangelizzazione nel mondo attuale che qui
si potrebbero sviluppare. Ma ho rinunciato a trattare in modo particolareggiato
queste molteplici questioni che devono essere oggetto di studio e di attento appro
fondimento. Non credo neppure che si debba attendere dal magistero papale una
parola definitiva o completa su tutte le questioni che riguardano la Chiesa e il
mondo. Non è opportuno che il Papa sostituisca gli Episcopati locali nel discerni
mento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori. In questo sen
so, avverto la necessità di procedere in una salutare «decentralizzazione» (EG 16).
La misericordia allora può anche essere capita come motore della traditio
viva della Chiesa: la comunione con Dio in Cristo si realizza nella sequela e
la personale esperienza di ciascun discepolo è di aiuto agli altri e da qui sorge
la chiesa che vive insieme nel ricordo del Signore (traditio vivente). La con
divisione del ricordo del Signore genera Vethos cristiano (moralità condivisa).
V ethos va oltre le singole risposte, pur esplicitandosi nelle singole risposte
immediate e categoriali; a partire da questo ethos sarà possibile un’etica cri
stiana o dei cristiani: morale esplicita non formulata solo in norme, ma anche
in espressioni sapienziali, in criteri di gerarchia e di urgenza tra valori legati
alle molteplici situazioni locali dove la Chiesa vive radunata attorno al
Vescovo suo pastore. Nella comunità l’autorità (magistero) ha il compito di
prendersi cura di essa precisamente in quanto comunità: il magistero locale a
cui il Pontefice rimanda per il discernimento sulle singole questioni, nella
misericordia, allora suppone la conversione dei singoli, la condivisione della
fede e della morale nel ricordo interpretante del Signore che ci salva.
L’annuncio del Vangelo di fronte alle nuove sfide culturali è un compito
che coinvolge quindi tutta la dinamica della moralità personale e la riflessione
etica ecclesiale. Questo compito trova la sua realizzazione nella novità della
misericordia. Solo la novità di chi sa assumere lo sguardo e i criteri di un Dio
che si china sull’uomo salvandolo saprà vivere la gioia del Vangelo e la spe
ranza della fede nel dialogo con le inedite antropologie e i nuovi valori che
danno forma alla nostra contemporaneità.
RIASSUNTO
ABSTRACT
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