Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
“Metodo semplificato”
Indice
1 Introduzione ...................................................................................... 2
2 Un po’ di storia ................................................................................... 2
3 Generalità sulla rottura per fatica.......................................................... 4
4 Le curve di Whöler e limite a fatica del materiale .................................... 6
5 Determinazione della “tensione ammissibile a fatica”............................... 8
6 Coefficiente d’intaglio ........................................................................ 10
7 Effetto della tensione media ............................................................... 12
8 Sollecitazioni composte di fatica ......................................................... 14
9 Il diagramma di Haigh ....................................................................... 15
10 La verifica a fatica col metodo delle tensioni ammissibili...................... 15
11 Esercizi Svolti ................................................................................ 17
1
1 Introduzione
Quando un componente meccanico è soggetto a carichi variabili nel tempo si è
soliti definire il carico “affaticante” e la modalità di collasso che eventualmente
ne segue “rottura per fatica”.
Il fenomeno della fatica riveste dunque un notevole interesse nell’ambito del
progetto delle costruzioni meccaniche in quanto la maggior parte degli organi
delle macchine sono soggetti a movimento con conseguente variabilità nel
tempo delle sollecitazioni.
Successivamente, dopo un breve excursus storico sul fenomeno e su come sia
stato affrontato agli albori, passeremo ad esaminare quali sono le cause
principali che portano un organo meccanico al collasso se soggetto a carichi
affaticanti, qual è la metodologia di progetto e verifica a fatica e quali sono gli
accorgimenti più comuni per scongiurare una rottura a fatica.
2 Un po’ di storia
Nel 1837, Wilhelm Albert, un amministratore di miniera, pubblica il primo
articolo sulla fatica che cerca di istituire una correlazione tra carichi variabili e
la durabilità del componente. Nel caso specifico egli cercò di risolvere il
problema della rottura delle catene utilizzate nelle miniere per sollevare carichi.
Il termine “fatica” compare per la prima volta due anni più tardi su una
pubblicazione dell’ingegnere-matematico francese Jean Victor Poncelet il quale
lo utilizzò per definire le sollecitazioni variabili nel tempo.
Il termine derivava dal fatto che inizialmente si pensava ad una modifica delle
proprietà meccaniche e cristalline dell’acciaio se soggetto a carichi dinamici,
sollecitazioni capaci dunque di fiaccarne la reistenza.
Il maggior impulso iniziale allo studio dei fenomeni di rottura per fatica furono
dati però dall’ingegnere ferroviario tedesco Aughust Whöler, il quale fu il primo
ad affrontare il problema in maniera sistematica.
Wöhler riscontrò delle strane rotture negli assali ferroviari i quali collassavano
molto prima del previsto, anche se dimensionati staticamente con coefficienti di
sicurezza elevati.
Osservando la figura sottostante si può intuire quale era il problema che si
presentò a Wöhler: il sistema ruota – rotaia funge da cerniera mentre l’assale
può essere considerato come una trave soggetta a due carichi in estremità
dovuti alla carrozza sovrastante. Un problema dal punto di vista statico banale
e che non presenta acute difficoltà di dimensionamento e/o verifica dell’asse.
Nonostante ciò gli assi cedevano improvvisamente nella zona interna alla ruota,
senza nessun preavviso e presentando una strana superficie di rottura
contraddistinta da una parte liscia e un’altra rugosa, quest’ultima molto simile a
quella che si ottiene con una prova di trazione.
Tale problema fu praticamente un assillo per molti ingegneri dell’epoca in
quanto numerosi furono i disastri ferroviari causati da rotture del genere; primo
fra tutti quello accaduto a Versailles il 5 ottobre 1842 che causò circa 60
vittime. Il convoglio composto, da 17 carrozze e trainato da tre locomotive, con
circa 1600 passeggeri a bordo, deragliò a causa della rottura di un asse della
prima locomotiva.
Tornando a Wöhler, egli costruì la prima macchina che sottoponeva i provini a
flessione rotante, analogamente a quello che accade ad un assale ferroviario.
2
Con tale macchina l’ingegnere definì delle curve di durabilità, ancora oggi
universalmente chiamate “curve di Wöhler”. Sempre a lui si deve la definizione
di “Limite a fatica”, ovvero uno stato tensionale limite che se non superato
consente al componente una vita indefinita.
Zona di rottura a
fatica
CL
CL
Mf
fig. 2.1: Assale ferroviario, schema statico e diagramma del momento flettente
All’inizio del secolo scorso gli studi sul fenomeno della fatica nei materiali
metallici si intensificano allo scopo di produrre una metodologia di progetto
affidabile. Innumerevoli sono i nomi di ingegneri e ricercatori che hanno
contribuito allo scopo e tra tutti ne ricordiamo alcuni: Gerber, Godmann, Ewing,
Bauschinger, Griffith, Palmgreen e Miner.
Al giorno d’oggi lo studio della fatica riveste notevole importanza non solo nei
campi della progettazione meccanica in genere e delle costruzioni aeronautiche
ma anche in settori un tempo impensabili quali ad esempio quello delle protesi
ortopediche.
3
3 Generalità sulla rottura per fatica
Consideriamo la situazione di fig. 3.1 ove ad una trave in acciaio a sezione
rettangolare è stato praticato un leggero intaglio in mezzeria.
martinetto
Intaglio
Momento
fig. 3.1
Forza
+Fmax
tempo
-Fmax
4
essere di tipo fragile, ovvero con minima deformazione plastica e dunque la
superficie di separazione a rottura avvenuta presenterà due zone: una liscia
dovuta al martellamento e una ruvida dovuta alla rottura finale.
Zona ruvida:
rottura fragile
Zona liscia:
martellamento
Nel caso esaminato la trave è stata dunque portata ad una rottura per fatica ed
il motivo del collasso risiede ovviamente nel piccolo intaglio praticato
volutamente.
fig. 3.4: concentrazione degli sforzi nella sezione della trave dovuta all’intaglio
Nei casi pratici la cricca di fatica può avere origine a partire da intagli quali
filettature, gole, variazioni di diametro di un albero, fenomeni corrosivi locali
ecc.
La rottura per fatica è dunque dovuta alla formazione di una cricca, anche se
inizialmente di dimensioni minime, che a causa della ciclicità dei carichi inizia a
propagarsi fin quando la restante parte della sezione non è più in grado di
5
resistere alle sollecitazioni e si giunge allora alla rottura dell’organo, rottura che
prevalentemente è di tipo fragile, ovvero senza apprezzabili deformazioni.
A causa della metodologia con la quale si giunge alla rottura per fatica, alcuni
studiosi affermano che la dicitura “rottura per frattura progressiva” sarebbe più
corretta.
6
fig. 4.2: Provini per prova a fatica
log σ
Rm
σLF
Da notare che per gli acciai l’ultimo tratto tende a divenire orizzontale oltre il
milione di cicli indicando che per valori di tensione inferiori a σLF il provino non
giunge mai a rottura. Al valore di tensione al di sotto del quale non si ha più
rottura a fatica si da il nome di “tensione limite a fatica” e verrà indicata con la
notazione σLF.
7
Riproducendo la prova per vari tipi di acciai è allora possibile determinare per
ciascuno di essi la tensione limite a fatica per flessione alternata.
Analogamente, cambiando la tipologia della sollecitazione, si definiscono i limiti
a fatica per azione assiale alternata e per torsione alternata. Per la torsione
alternata la tensione limite è ovviamente una tensione tangenziale.
Per avere un’idea del legame tra tensione di rottura statica R m e limite di fatica
a carichi alterni per vari tipi di acciai introduciamo il “rapporto di fatica”:
LF
Rm
La tabella sottostante riporta i rapporti di fatica indicativi per varie
macrocategorie di acciai.
LF
Rapporto di fatica
Rm Rm
Materiale
(MPa) Flessione Torsione
Assiale alterna
alterna alterna
400 0,55 0,50 0,34
Acciai al carbonio
650 0,47 0,42 0,27
Acciai legati
1000 0,45 0,40 0,26
bonificati
Acciai ad alta
1600 0,35 0,32 0,19
resistenza
Tab. 4.1: Rapporti di fatica per gli acciai (Manuale di meccanica Hoepli)
Dimensioni dell’elemento
Finitura superficiale
Condizioni di esercizio
8
fig. 5.1: Coefficiente dimensionale C1 (Per azione assiale alterna C1=1)
La rugosità superficiale del componente può essere una delle cause che
innescano la cricca di fatica. Al proposito si riscontra una diminuzione del limite
a fatica all’aumentare della rugosità e del carico a rottura del materiale. Inoltre
lo stato della superficie può modificarsi con il tempo se il componente lavora in
ambienti corrosivi. La figura 5.2 assieme alla tabella successiva riassumono
quantitativamente quanto affermato.
Grado di sicurezza gf
Materiali duttili 1,2÷2,3
Materiali fragili 1,2÷3
6 Coefficiente d’intaglio
Come noto la presenza di intagli in un componente meccanico comporta una
concentrazione locale delle tensioni. Tale concentrazione è un’altra delle cause
innescanti la cricca di fatica. Dalle prove sperimentali si nota però che l’intaglio,
nel caso di carichi affaticanti, non è così severo come indicherebbe il fattore
teorico di concentrazione degli sforzi. Al fine di poter utilizzare le stesse tabelle
e grafici, il fattore di concentrazione degli sforzi teorico K t viene allora ridotto
introducendo un “fattore di sensibilità all’intaglio η” il quale opera una
diminuzione del Kt secondo l’equazione successiva:
Kr
Kf t
r
dove Kf prende il nome di “fattore di intaglio a fatica” e dove r è il raggio di
raccordo nella zona d’intaglio.
Ottenuto allora Kt in base ad esempio alle figure 5.3, 5.4 e il fattore di
sensibilità all’intaglio dalla tabella, è possibile calcolare K f.
10
fig. 5.3: Fattore di concentrazione degli sforzi per sollecitazione di trazione su sezione circolare
11
fig.5.4: Fattore di concentrazione degli sforzi per sollecitazioni di momento flettente e torsione
su sezione circolare
Per altre irregolarità geometriche e per diverse tipologie di sollecitazioni si può
far riferimento ai diagrammi riportati sul manuale.
12
fig 6.1: Ciclo generico
Rm B
ReL D E
σmax
Ciclo generico
σ'LF σmax
σmax A
Ciclo dallo zero
σamf
F σmin
Ciclo alterno simmetrico
45°
σm
0 σm Rm
σmin -σamf C
fig. 6.3: Diagramma di Goodman-Smith per azione assiale, flessione e torsione alterne
14
m,eq m 2 3m 2
a,eq a 2 3a 2
9 Il diagramma di Haigh
Altro diagramma di uso comune per la verifica a fatica in presenza di tensioni
medie non nulle è il diagramma di Haigh che può essere costruito in maniera
più rapida del diagramma di Goodmann-Smith. La figura 8.1 indica il
procedimento per la costruzione.
σa
ReL/gf a
m
Linea di Sodeberg
ReL/gf Rm/gf σm
Punto di lavoro generico
fig. 8.1: Diagramma di Haigh
15
a,eq m,eq
1
amf ReL / gf
in presenza di sollecitazioni composte.
σa
ReL/gf σm
16
11 Esercizi Svolti
Esercizio 1)
Soluzione)
17
Assumiamo un coefficiente C3=1,1 e un coefficiente di sicurezza gf=1,5.
Le tensioni ammissibili a fatica valgono:
CC
amf LF 1 2 175,3 N/mm2
gf C3
C1C2
amf LF 109,0 N/mm2
gf C3
18
d3
Wf 2651 mm3
32
d3
Wt 5301 mm3
16
La tensione normale massima e minima, dovute al momento flettente, valgono:
(200 60)Nm
max k f ,f 271,7 N/mm2
Wf
(200 60)Nm
min k f ,f 146,3 N/mm2
Wf
mentre le tensioni tangenziali, massime e minime dovute al momento torcente
valgono:
(100 50)Nm
max k f ,t 53,2 N/mm2
Wt
(100 50)Nm
min k f ,t 17,7 N/mm2
Wt
Quindi le tensioni alterne e medie valgono:
1
a max min 62,7 N/mm2
2
1
m max min 209,0 N/mm2
2
1
a max min 17,8 N/mm2
2
1
m max min 35,5 N/mm2
2
m,eq m 2 3m 2 217,9 N/mm2
69,9
σm
217,9 600
19
I.T.I. Arturo Malignani Data Compilato
Udine
Classe IV mec serale prog.Sirio
12/2008 Controllato
Insegnante Andrea Starnini
250
10 kN
R15 Ø80
Ø50 R15
0,8 kNm±0,25
100 150
400
Calcoli di verifica
10 kN
250
400
0,63 kNm
0,94 kNm
0,56 kNm
20
I.T.I. Arturo Malignani Data Compilato
Udine
Classe IV mec serale prog.Sirio
12/2008 Controllato
Insegnante Andrea Starnini
21
I.T.I. Arturo Malignani Data Compilato
Udine
Classe IV mec serale prog.Sirio
12/2008 Controllato
Insegnante Andrea Starnini
22