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STRATAGEMMI

PROSPET TIVE TEATRALI

TRIMESTRALE DI STUDI
DICIASSETTE 2011 - MARZO

PONTREMOLI EDITORE
Direttore:
Maddalena Giovannelli

Direttore responsabile:
Francesca Gambarini

Redazione:
Francesca Gambarini, Maddalena Giovannelli,
Francesca Serrazanetti, Gioia Zenoni

Revisore editoriale:
Giacomo Coronelli

Comitato scientifico:
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SOMMARIO

5
EDITORIALE

PARTE PRIMA STUDI

11
Mitopoiesi britannica e rosacrocianesimo in Shakespeare.
Uno studio di Frances A. Yates
di Luca G. Manenti

33
Il Philoktet di Heiner Müller: tra pessimismo e modernità
di Simona Lomolino

53
Lorenzo Mango e la “teoria evoluzionista”
di Sergio Lo Gatto

70
La traduzione di The History Boys di Alan Bennett: una sfida intertestuale
di Salvatore Cabras e Margaret Rose

86
Note di servizio alla traduzione di The History Boys
di Alan Bennett. Riferimenti musicali, filmici e letterari
di Salvatore Cabras e Margaret Rose

109
The Translator’s Song. A Toast
by S. Cabras

111
RECENSIONI
PARTE SECONDA TACCUINO

127
Editoriale: Aspettando il Lirico. 1999 - ?

133
Milano capitale di cultura nella storia del Teatro Lirico
di Francesca Serrazanetti

145
Il Teatro Lirico tra demolizioni e restauri. Vincolo o rinascita?
di Francesca Serrazanetti

159
Al Lirico! Al Lirico!
di Giuseppe Di Leva

165
Il Lirico oggi. Il teatro non abita più qui
di Francesca Gambarini

185
Intervista a Gianmario Longoni
di Maddalena Giovannelli

191
Intervista a Vittorio Sgarbi
di Maddalena Giovannelli

197
Intervista a Salvatore Carrubba
di Francesca Gambarini

203
Intervista a Pierfrancesco Majorino
di Maddalena Giovannelli
Il Philoktet di Heiner Müller:
tra pessimismo e modernità

di Simona Lomolino

La stesura del Philoktet di Heiner Müller – iniziata nel 1962 e ter-


minata due anni dopo – si colloca a breve distanza dalla costru-
2 zione del Muro di Berlino e in piena guerra fredda, sulle ceneri
ancora brucianti di un guerra mondiale conclusa da poco più di
un decennio. Le vicende storiche e politiche delle Germania sono
determinanti per comprendere a fondo l’opera, che propone una
riflessione politico-antropologica ancora oggi non facile da assi-
milare; e la storia degli allestimenti, estremamente discontinua,
sembra offrire ulteriori riscontri a tale riflessione.

La produzione artistica e l’esistenza stessa del noto drammaturgo


tedesco-orientale sembrano inestricabilmente intrecciate alle vi-
cende del suo paese: fanciullo sotto il Terzo Reich, adulto sotto il
regime comunista e anziano nei primi anni post-unificazione,
Heiner Müller diviene testimone della complessa metamorfosi
dello stato tedesco. Le prime prove letterarie, i “drammi didattici”
degli anni cinquanta, risentono dell’influenza di Brecht e analiz-
zano il difficile passaggio all’economia pianificata di stampo so-
vietico: emerge, in controluce, la costruzione non indolore di una
nuova società, e il peso di una trasformazione portato sulle spalle
del proletariato, mentre l’utopia di un “paradiso comunista” resta

ESTRATTO
PARTE PRIMA
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lontana, frustrata dagli atteggiamenti autoritari e cinici del regime.


Il partito, naturalmente, non gradisce le velate critiche al sistema:
la demistificazione di dogmi ed eroi, condotta da Müller con
un’implacabile analisi socio-economica, viene percepita dal regi-
me come disfattismo e pessimismo di stampo borghese. In segui-
to ai problemi di censura e all’espulsione dalla Associazione degli
scrittori, negli anni sessanta si dedica alla rielaborazione dei classi-
ci, sia della Grecia antica che dell’Inghilterra elisabettiana: come
altri scrittori della ex DDR – Peter Hacks in primis – Müller parte
dai classici per corroborare le sue riflessioni sulle questioni politi-
che e sociali e sulla natura dell’uomo.
In questo contesto si colloca la riscrittura della “tragedia a lieto
fine” di Sofocle; tragedia che, se si escludono le riscritture di An-
drè Gide nel 1898 e di Pannwitz nel 1919, non sembra aver ispi-
rato la sensibilità moderna quanto altre. Il rapporto con l’originale
risulta, a prima vista, molto stretto: Müller non si distacca dalla
trama sofoclea se non nel finale, dove rinuncia all’intervento paci-
ficatore di Eracle per preferire l’uccisione di Filottete da parte di
Neottolemo.1

1 Si fa riferimento a H. Müller, Filottete, trad. di P. Kammerer e G. Galvani, Ge-


nova, Melangolo, 2003. I traduttori hanno lasciato il più possibile immutata la
simmetria e l’ordo verborum del verso per restituirci il pensiero dell’autore.
Antefatti: Filottete, figlio di Peante re di Melos, appicca il fuoco alla pira su cui
giace Eracle, dilaniato dalla tunica avvelenata dal centauro Nesso: per ricom-
pensarlo del pietoso gesto, il dio gli dona il suo infallibile arco. Nel frattempo

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ESTRATTO
Il Philoktet di Heiner Müller
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Le differenze con il modello, tuttavia, sono assai profonde: Mül-


ler riduce infatti la tragedia all’essenziale, eliminando il coro dei
marinai greci e portando alle estreme conseguenze il conflitto fra i
tre personaggi. Tale dimensione dialettica assume un significato
prettamente politico: emerge, in questo presso, la lezione di
Brecht e la volontà di smascherare i meccanismi di potere fon-
danti la società moderna.
Gli elementi caratterizzanti della drammaturgia sofoclea – gran-
dezza solitaria dell’eroe, amicizia maschile e strategia bellica – si
riducono a meri rapporti di sopraffazione e aggressività: Neotto-
lemo, Odisseo e Filottete risultano legati, più che da altri vincoli,
da reciproci sentimenti di odio.2 I tre protagonisti si fronteggiano
con i loro antichi rancori: Neottolemo detesta il re di Itaca perché
gli ha sottratto le armi del padre morto; Filottete ha maturato un

egli risponde all’appello della guerra contro Troia, ma non giunge alla meta a
causa del morso di un serpente, che gli provoca indicibili dolori; le sue grida e il
fetore della ferita ammorbano i compagni, tanto che Ulisse decide di abbando-
narlo sull’isola di Lemno. Qui trascorre dieci lunghi anni in totale solitudine,
procacciandosi il cibo con il suo arco, finchè il veggente troiano Eleno rivela
che per conquistare Ilio è indispensabile l’arma infallibile di Eracle.
Trama: Neottolemo, figlio di Achille, e Ulisse approdano sull’isola con il compi-
to di prendere l’arma anche a costo della menzogna e del delitto. Dopo aver
provato a blandire l’infermo con vaghe promesse e a sottrargli l’arma con
l’inganno, la situazione precipita: Filottete reagisce cercando di uccidere il suo
antico traditore, ma Neottolemo salva Ulisse sferrando un colpo mortale contro
l’aggressore.
2 M. Fusillo, Heiner Müller riscrive la tragedia greca, in F. Fiorentino (cur.) Heiner Mül-
ler per un teatro pieno di tempo, Roma, Artemide, 2005, pp. 167-176: passim.

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PARTE PRIMA
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insanabile odio verso tutti i Greci e Ulisse in modo particolare, in


quanto responsabile del suo abbandono a Lemno; il re di Itaca
rappresenta l’archetipo del politico cinico dedito alla ragion di sta-
to, corrotto dall’ambizione e dal successo, pronto all’inganno e al-
le peggiori nefandezze pur di raggiungere l’obiettivo. Il giovane
Neottolemo, ingenuo e fragile al confronto degli altri due, oscilla
fra la sincera simpatia per lo sfortunato guerriero e il senso del
dovere nei confronti della patria.
Il pessimismo e l’assenza di speranza emergono con chiarezza già
dal prologo, pronunciato da un Filotette che, significativamente,
indossa una maschera da clown:

Confessiamolo subito: è fatale


quel che mostriamo qui è senza morale.
Per la vita da noi nulla potete imparar
Chi vuole, se ne può ancora andare
Siete avvertiti.
Per voi niente da ridere ci sarà
con quel che ora insieme si fa.

Come a confermare fin da subito le disilluse parole del prologo, il


dramma si apre sullo sbarco dei due eroi a Lemno, subito seguito
dall’incontro dei due eroi con Filottete, che vive solo in una grot-
ta scavata nella roccia dal mare avendo per giaciglio un letto di
foglie e per unico cibo gli avvoltoi, attratti dalle esalazioni della

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ESTRATTO
Il Philoktet di Heiner Müller
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ferita; il locus tuttavia – che in Sofocle diviene una sorta di interlo-


cutore del protagonista nella sua solitudine e gli dà una qualche
consolazione – è destinato ad avere qui poco rilievo. Come
nell’originale, Ulisse affida al figlio di Achille, e alla sua capacità di
mentire e blandire, il furto dell’arco: Neottolemo è recalcitrante di
fronte alla prospettiva dell’inganno, preferirebbe un combatti-
mento a viso aperto; ma il re di Itaca, incarnando fin da subito
l’impietosa volontà della ragion di stato, impone al giovane di
manifestare di fronte all’eroe malato la sua vera identità e un cal-
colato odio verso i comandanti greci che si sono appropriati delle
armi paterne:

Ti ho scelto come aiuto per il mio piano


perchè sarai credibile mentendo con la verità.
Con un nemico faccio cadere nella rete un nemico.

L’ambiguo rapporto tra verità e menzogna resta il filo conduttore


della narrazione: nsascostosi Ulisse, Neottolemo si presenta e dice
di essere diretto a Sciro, sua terra natale, troppo amareggiato
dall’ingratitudine dei Greci – e in particolare di Ulisse – per resta-
re in loro compagnia. Filottete, subito insospettito dalla vista di
un greco, viene poi sedotto dal desiderio di un dialogo umano e si
concentra immediatamente sull’odio condiviso:

Hai reso ai greci un servizio?

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ESTRATTO
PARTE PRIMA
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Sono giusti, in cambio ti puniscono.


Solo un greco può essere tanto folle
da muovere un dito per un greco.

Müller tratteggia un personaggio che ha perso la concezione del


tempo e di sé stesso, abbrutito dal dolore, dalle privazioni e dalla
nostalgia per la verde isola di Melos. Seguendo la strada tracciata
da Sofocle, il drammaturgo si cimenta anche nella cruda rappre-
sentazione del dolore fisico: mentre Neottolemo racconta gli ul-
timi anni di guerra, all’improvviso Filottete è assalito dall’insop-
portabile dolore al piede e, non reggendosi più in piedi, affida con
fiducia il prezioso arco al ragazzo. La percezione della sofferenza
umana induce Neottolemo ad abbandonare la recita: prega Filot-
tete di seguirli sulla nave per rendere possibile la distruzione di
Troia (e la successiva vendetta sul traditore Ulisse). Filottete re-
plica con amarezza:

Il tuo maestro d’inganni, ingannatore


tuo anche, rapinatore che ti ha insegnato a rapinare
mio nemico e tuo non sarà avaro di lodi.
[…]
Metti il tuo piede sul mio collo, vincitore
insegna al vinto, quel che tu prima di lui hai imparato
vinto prima di lui, insegnami a gustare la dolcezza
della sottomissione, tu sottomesso […]
Oh gioia del calpestato. Ancora un calcio.
Oh libidine di essere polvere sotto la suola

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ESTRATTO
Il Philoktet di Heiner Müller
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che ha calpestato nella polvere un mio simile prima di me.

Neottolemo si trova dunque dilaniato dal conflitto tra pietà uma-


na e senso del dovere; infine, il ragazzo restituisce l’arco al legit-
timo proprietario, provocando la violenta reazione di Ulisse, che
esce allo scoperto. Da questo momento, il distacco dall’originale
sofocleo è determinante: non c’è più spazio per la dimensione eti-
ca e civile del mondo classico greco, ed emerge una prospettiva
nuova, senza finalismo né speranza. Mentre Filottete si appresta a
combattere il suo nemico di sempre, interviene a sorpresa Neot-
tolemo conficcando la spada nella schiena dell’aggressore e sal-
vando malvolentieri l’odiato Ulisse.

NEOTTOLEMO
Triste gloria ammazzare un morto
È il corpo della sua morte che perde il suo sangue
da tempo stava sotto il piede della morte.
Alle nostre e alle sue disgrazie ho messo fine.

Il finale del Philoktet rafforza, se possibile, la percezione di un u-


niverso interamente dominato dall’abiezione e dalla tirannica ra-
gion di stato, in cui il più astuto vince, il debole soccombe e non
vi è posto per la pietà e per la maturazione personale. L’incapacità
di pietà umana di fronte al sofferente Filottete non sembra vacil-
lare neanche davanti alla morte. Il corpo inanime dell’eroe servirà
infatti da testimone per avvalorare la versione dei fatti escogitata

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PARTE PRIMA
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da Ulisse: i troiani sarebbero arrivati a Lemno per cercare di cor-


rompere Filottete e farsi consegnare l’arco invincibile, ma egli
non avrebbe ceduto e si sarebbe fatto uccidere piuttosto che rin-
negare la propria patria. Con questo capovolgimento finale Ulisse
dà nuovamente saggio di una diabolica astuzia che non conosce
umanità e irride i sacri valori di lealtà e pietà per i morti; Neotto-
lemo, tormentato dai sensi di colpa ma incapace di agire, addossa
al compagno la responsabilità della bassezza cui è giunto:

Seguendoti ho calpestato il meglio di me


nella tua scuola bugiardo, ladro e anche assassino.

Ulisse sa come prevenire un’azione che il giovane – preso dall’ira


e dal rimorso non sembra comunque in grado di compiere: la
colpa della sua morte – ricostruisce, bieco ma lucido, l’eroe del-
l’astuzia – ricadrebbe inevitabilmente sull’unico superstite della
vicenda. L’opera si chiude dunque con una vera e propria lezione
di cinismo:

ULISSE
Ti dirò davanti a Troia la bugia
con cui avresti potuto lavare le tue mani
se avessi versato il mio sangue ora e qui.
Più svelto, non lasciarti sbollire la rabbia
A Troia è apparecchiata la tua tavola, va’ più svelto.

I due si caricano sulle spalle il cadavere, prendono il prezioso arco

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ESTRATTO
Il Philoktet di Heiner Müller
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con le frecce e si dirigono verso la nave, che li riporterà a Troia


con la prospettiva della vittoria.
A emergere con forza, in questa cupa e disillusa riscrittura, è dun-
que un’ampia riflessione sull’uomo come “animale sociale”, sugli
inevitabili conflitti che scaturiscono dal vivere insieme e sulla na-
tura stessa della politica. Müller sembra avvertire con particolare
acutezza il dissidio fra ragione di stato, rappresentata da Ulisse, e
diritti del singolo, incarnati da Filottete; non vi è alcun eroe posi-
tivo, i meccanismi inconfessabili della politica stritolano l’uomo e
lo riducono a mero strumento. Il pessimismo sembra investire
persino la figura di Filottete, che, privo anch’esso di una totale
innocenza, si configura come vittima-carnefice; il sentimento che
lo domina è quello dell’odio, e proprio tale irriducibile sentimento
contribuirà a oliare i meccanismi della tragedia.
L’ambiguità del personaggio si rivela con chiarezza nel rapporto
ambivalente con Neottolemo, impetuoso e incoerente nel suo
candore giovanile: la naturale e istintiva inclinazione a un rappor-
to affettivo verso l’essere umano si tramuta presto in un’aggres-
sività esacerbata dalla consapevolezza di aver subito un inganno.
Il protagonista di Müller è l’emblema di tutti gli sconfitti, degli
emarginati, di coloro che la società abbandona, proprio come
l’esercito greco fa con Filottete: la sua solitudine è quella di chi,
privo di colpe specifiche, viene escluso dal consesso umano. L’e-

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ESTRATTO
PARTE PRIMA
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co del conflitto mondiale appena terminato induce a leggere


un’allusione alla figura del reduce di guerra; guerra che, tanto nelle
vittime quanto nei carnefici, sembra capace di far emergere la par-
te più degradata dell’animo umano.
Con la figura di Ulisse – in cui si riflette il nucleo concettuale del
dramma di Müller – la politica diventa tirannide senza volto, bieca
ragion di stato che non rispetta più l’uomo e smarrisce ideali e forza
propulsiva per ridursi a Realpolitik. Capace di architettare un piano
perfetto, usando gli esseri umani e servendosi del ricatto e della
menzogna, l’eroe omerico tiene le fila dell’azione senza compiere
materialmente il delitto, trasformando il fragile Neottolemo in un
aggressore. Ben più ambiguo del precedente sofocleo – capace di
trasformare la sua empatia in determinazione e nel coraggio di uc-
cidere – il giovane rappresenta la corruttibilità e l’ambiguità del be-
ne quando si scontra con le soverchianti forze del male, di cui la
politica è l’emblema. Il drammaturgo tedesco sembra penetrare gli
inferi dell’animo umano: da un lato indaga con brutalità il tema del-
la malattia, resa tabù nella società occidentale; dall’altro esplora la
solitudine dell’uomo del Novecento, privo di una divinità capace di
dare un senso a sofferenza e contraddizioni.
Persino il linguaggio, ermetico, con versi spezzati e un ritmo di-
sarmonico, sembra avere intento mimetico e assorbire al proprio
interno i contrasti e i confitti insiti nella società moderna. Se il

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ESTRATTO
Il Philoktet di Heiner Müller
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verso sofocleo, pur evidenziando con le parole la forte drammati-


cità e la durezza di alcune immagini, si caratterizza per bellezza e
armonia, Müller non concede al suo lettore un simile sollievo. La
sua scrittura ha carattere prettamente letterario, si ispira ai classici
e a Shakespeare, partendo dalla citazione per rivestirla di nuovi si-
gnificati. Anche la scelta del verso è, da questo punto di vista, si-
gnificativa: ad essere usati sono il Blankvers (verso di cinque giam-
bi non rimato), di memoria shakespeariana, e il Knittelvers usato da
Schiller (verso a rima baciata, di origine germanica e popolare) –
in un’epoca in cui non esiste più la tradizione del verso tragico.
Ciò pone notevoli problemi di traduzione: la parola, essenziale e
scarnificata fino alla brutalità, spezza conclusione metrica e se-
mantica con l’enjambement.
L’ermetismo di alcuni passi rasenta l’incomprensibilità, molti versi
sono volutamente oscuri e lasciano aperte diverse interpretazioni.
Tale ambiguità è ottenuta da un lato dall’uso dell’iperbato, che
separa aggettivo e sostantivo a tal punto da allentarne il legame
sintattico, altre volte dalla rinuncia all’uso del punto interrogativo,
con l’obiettivo di non sancire in modo definitivo la differenza tra
un’interrogazione e un’affermazione.
Il linguaggio di Müller emana grande forza, talvolta perfino vio-
lenza evocativa: si percepisce la tensione interna al testo, derivan-
te dalla poetica del sottotesto e dalla continua riscrittura.

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PARTE PRIMA
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Perfino nella crudezza delle immagini che fanno riferimento alla


puzza della ferita e al dolore fisico, si ravvisa un senso del ritmo
dato dall’assonanza delle parole:

FILOTTETE
Completamente ebbro del tuo puzzo
carogna sotto gli avvoltoi, riducendoti negli avvoltoi
stercoraio per avvoltoi, presto sterco di avvoltoi
striscia in gara col tuo marciume
che ha raggiunto già il tuo piede e
presto prenderà te, lo strisciante, striscia più veloce.

La parola diviene dunque raffinato strumento di oppressione,


piuttosto che di comprensione reciproca. Una simile ricerca è vol-
ta a creare nello spettatore un senso di smarrimento, angoscia e
disaffezione nei confronti della società: la prospettiva di Müller
sembra non lasciare intatto alcun valore etico positivo. Un simile
approccio drammaturgico, che si articola in una inarrestabile pars
destruens che mai approda a quella construens, pone non poche diffi-
coltà e questioni aperte a chi si accinga a portare l’opera sul pal-
coscenico.

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ESTRATTO
Il Philoktet di Heiner Müller
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La prima rappresentazione di Philoktet in patria risale al 1968, ma


la “prima” in Italia avviene nel 1979, in occasione della XXII
Rassegna internazionale dei teatri stabili, dedicata al tema I greci:
nostri contemporanei?.3 In quell’occasione il Deutsches Theatr di
Berlino Est presenta una messinscena ad opera dei tre attori (Ale-
xander Lang, Christian Grashof, Roman Kaminski), che si occu-
pano anche delle scenografie. I personaggi indossano abiti di ispi-
razione contemporanea – Filottete ha pantaloni informi e cami-
ciotto largo, Ulisse un impermeabile attillato, Neottolemo gilet e
stivaletti da ragazzo di periferia – ma l’atmosfera cupa e allucinata
e la luce cruda richiamano il teatro dell’assurdo.4
Negli anni ottanta si susseguono ben quattro versioni italiane del
dramma di Müller. Nel 1983 Glauco Mauri dà vita, presso il Tea-
tro Carcano di Milano, a un interessante e riuscito accostamento
fra l’originale di Sofocle e la rielaborazione del drammaturgo te-
desco, da lui già inscenata nel 1975.5
È invece del 1985 l’inedita trilogia Philoktet - Orazio - Mauser pre-
sentata dal regista Flavio Ambrosiani al Teatro della Piccola
commenda di Milano, nella traduzione di Saverio Vertone. Il filo
conduttore è l’uomo come “animale politico”, inevitabilmente

3 E. Pagliarani, Il viaggio di Ulisse, in “Paese Sera” 26 aprile 1979.


4 R. Tian, Il Filottete di Müller, in “Il Messaggero” 27 aprile 1979.
5 C.M, Archeologia in palcoscenico, in “Oggi” 14 dicembre 1983.

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PARTE PRIMA
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portato all’inganno e alla menzogna.6 La vicenda di Filottete vie-


ne ambientata nella Grecia del 1940, occupata dalle truppe fasci-
ste italiane; Ulisse incarna una spietata, machiavellica ragion di
stato, Filottete è un’ambigua vittima-carnefice: la politica ha la-
sciato il posto alla tirannia.7
Sempre nel 1985 Francesco Capitano allestisce e interpreta Philo-
ktet al Teatro La Piramide di Roma, con una scenografia geome-
trica in bianco e nero e una armonica valorizzazione del Blankverse
di Muller, nella traduzione di Saverio Vertone e Mario Missiroli.8
Dell’anno successivo è invece la messa in scena di Mario Marto-
ne, presentata presso il Festival di Santarcangelo; si tratta di un
adattamento di Filottete, che, pur basandosi esclusivamente sui
versi di Sofocle, risente per alcuni aspetti della riscrittura di Mül-
ler,9 specialmente nel rilievo assunto dalle allucinazioni causate
dalla prolungata solitudine.
Dopo il successo degli anni Ottanta, il Filottete tedesco non è più
oggetto di importanti messe in scena nel nostro paese fino al
2003, quando la Compagnia Lady Godiva ne dà una efficace let-
tura presso lo Stabile di Genova, con la regia e la scenografia di
Matthias Langhoff, stretto collaboratore dell’autore. La traduzio-

6 M.G. Gregori, La scena moralista, in “L’Unità” 22 gennaio 1986.


7 U. Ronfani, Trilogia di Müller, in “Il Giorno” 29 ottobre 1985.
8 F. Bonanni, È politico questo Filottete, in “L’Unita” 20 ottobre 1985.
9 Cfr. Fusillo, Heiner Müller riscrive la tragedia greca cit.

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ESTRATTO
Il Philoktet di Heiner Müller
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ne, lirica e raffinata, è di Peter Kammerer e Graziella Galvani.


“Lo spazio dove si recita è sovrastato da un proscenio postbaroc-
co puntellato da una sghemba colonna classica […] sul fondale
sono proiettati un mare sempre in movimento, ovvero immagini
di guerra e sangue e dettagli vagamente ripugnanti,” scrive su “La
Stampa” Masolino d’Amico.10 I costumi di Luciana Manari, dal
sapore vagamente horror, ma efficacissimi – Filottete è un cumulo
di stracci, truccato da morto e vicino alla follia – riducono gli in-
terpreti a fantocci, fra città bombardate e cataste di cadaveri, a
sottolineare l’assurdità di ogni guerra.11
La messinscena della compagnia ravennate Lady Godiva, con la
regia di Eugenio Sideri, si avvale di quattro giovani attori (Jurij
Ferrini, Marco Sciaccaluga, Antonio Zavatteri e Ferderico Vanni),
che si muovono e danzano in una scena mobile e plasmabile. Gli
interpreti comunicano un’umanità che l’autore si limita a sottin-
tendere e nel finale viene lasciato aperto uno spiraglio alla speran-
za, che esorcizza la brutalità della sopraffazione.
Esperimento originale di contaminazione fra le arti si deve a Ma-
gdalena Jetelova e Jannis Kounellis, che utilizzano il testo di Mül-
ler come base per l’evento Il buco nella rete, realizzato a Roma nel
2004 presso Opera Paese. L’artista greco Kounellis, amico del

10 M. D’amico, Guerra, sangue e Filottette, in “La Stampa” 2 giugno 2003.


11 F. Quadri, Storie di imperialisti da Troia ai giorni nostri, in “La Repubblica” 2 giu. 2003.

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PARTE PRIMA
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drammaturgo e sensibile alle tematiche della tragedia – sua la fra-


se “Più c’è Stato e più c’è dramma, meno c’è Stato e più c’è
commedia” – ha creato tre parallelepipedi coperti da un paraven-
to, con all’interno un motore e un laser che proietta il testo di
Müller. L’installazione si ispira al rapporto fra ciò che è manifesto
e ciò che è celato, fra ciò che è e ciò che sembra, così come il Fi-
lottete riflette sul tema della menzogna.

Negli ultimi anni non si registrano messeinscena significative della


pièce, né dei drammi di Müller in generale (a esclusione del più ac-
cattivante Quartett). Come interpretare una presenza così discon-
tinua del dramma di Müller sulla scena italiana? E come spiegarne
l’assenza nel corso degli anni Novanta e, ancora, come la comple-
ta assenza negli ultimi anni, a fronte della cospicua fortuna del
decennio precedente?
Sicuramente è un teatro non facile a rappresentarsi, un teatro che
pone domande più che dare risposte, un teatro in cui regista e at-
tori devono conferire spessore a personaggi sfuggenti, ambigui,
nichilisti; anche il pubblico è chiamato a compiere uno sforzo
importante, avendo il compito di decifrare di ciò che vede sulla
scena – privo com’è il testo di una qualsiasi “lettura pre-confe-

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ESTRATTO
Il Philoktet di Heiner Müller
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zionata”. Difficile non pensare che la drammaturgia di Muller, co-


sì intrisa di storia del Novecento, porti con sè la complessità di
una sfaccettata riflessione socio-politica e di uno sguardo sulla so-
cietà occidentale irriducibilmente lucido e pessimista. E forse non
in un tutti casi, e non in tutti i tempi, si riesce ad accostarsi facil-
mente, o ad amare, una simile complessità.

Bibliografia essenziale in italiano

Libri
Alonge Roberto (cur.) Storia del teatro moderno e contemporaneo, Torino, Ei-
naudi, 2001.
Avezzù Guido, Il ferimento e il rito: la storia di Filottete sulla scena attica, Bari,
Adriatica, 1988.
Bosisio Paolo, Teatro dell’Occidente, 2 voll., Milano, Led, 2006.
Daiber Hans, Storia del teatro tedesco contemporaneo 1945-1990. Roma, Gre-
mese, 1993.
Del Corno Dario, Letteratura greca, Milano, Principato, 1995.
Di Benedetto Vincenzo, Sofocle, Firenze, La Nuova Italia, 1983.
Falchi Simonetta, Amleto e la crisi dell’intellettuale in Hamletmaschine di Heiner
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ESTRATTO
PARTE PRIMA
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Müller Heiner, Teatro 4: Germania 3: spettri sull’uomo morto, a cura di Peter
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50

ESTRATTO
Il Philoktet di Heiner Müller
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Contributi in quotidiani e periodici


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Bonanni Francesca, È politico questo Filottete, in “L’Unità”, 29 ottobre
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Bucci Carlo Alberto, Bunker e carbone, in “La Repubblica”, 15 febbraio 2004.
C.M, Archeologia in palcoscenico, in “Oggi”, 14 dicembre 1983.
Capitta Gianfranco e Giorgio Ursini Ursic, L’università della strada, in “Te-
atro in Europa”, nr. 14/15, 1995.
Copani Fabio, La figura di Odisseo da Omero ai drammaturghi del V sec., in
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D’Amico Masolino, Guerra, sangue e Filottete, in “La Stampa”, 2 giugno 2003.
Gregori Maria Grazia, La scena moralista, in “L’Unità”, 22 gennaio 1986.
Guerrieri Gerardo, Nuovo Brecht smascherato, in “Il Giorno”, 5 maggio 1979.
Lucignani Luciano, Müller il grande distruttore, in “La Repubblica”, 30 giu-
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ESTRATTO
PARTE PRIMA
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Venturi Alfredo, Heiner Müller: la mia vita fra due dittature, in “Corriere della
Sera”, 13 gennaio 1993.

__________________________________________________________________________ABSTRACT

Heiner Müller’s Philoktet: between pessimism and modernity


This essay analyzes the relation between Müller’s Philoctetes and Sopho-
cles’ one. The german dramatist is respectful of tradition, but changes
the only tragedy with happy end in a nihilist and hopeless work. State is
degraded to tyranny, there is neither solidarity among men nor commu-
nity of civic and ethical valours, on which Greek polis was founded. Gods
don’t solve anymore the conflicts and man is alone with his egoism; his
overwhelming desire often rise to hate towards other persons. In the
name of power the more sacred valours are forgotten. Ulisse is more
shrewd and ruthless, Neottolemo suspicious and elusive in youthful in-
nocence, Filottete himself is victim and executioner in the same time:
there aren’t heroes, but only men lacerated by evil.
The article reminds some successful mise-en-scene and tries to answer to
the question: why in the last years Heiner Müller’s Philoktet is nearly dis-
appeared from Italian stages?

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