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978-88-99306-22-9 2016
I Iniziative EDITORIALI
Studi Medievali e Moderni
Anno XX – n. 1/2016
Direttore
Gianni Oliva
Comitato direttivo
Fabio Benzi, Giancarlo Quiriconi, Stefano Trinchese
Comitato scientifico-redazionale
Maria Giulia Aurigemma, Rossella Bianchi, Francesco Caccamo, Maria Careri, Iole Carlet-
tini, Mario Cimini, Maria Grazia Del Fuoco, Antonella Del Gatto, Antonella Di Nallo, Irene
Fosi, Andrea Gialloreto, Valeria Giannantonio, Francesco Leone, Mirko Menna, Roberto
Paciocco, Alessandro Pancheri, Luciana Pasquini, Paola Pizzo, Giovanni Pizzorusso, Ales-
sandro Tomei, Ilaria Zamuner
Comitato estero
Simon Ditchfield (University of York), Silvia Fabrizio-Costa (Università di Caen-Basse Nor-
mandie), Vicente Gonzales Martìn (Università di Salamanca), Martin McLaughlin (Univer-
sity of Oxford), Giuseppe Mazzotta (Yale University), Marina Viceljia (Università di Spalato)
Segreteria amministrativa
Alessandra Mammarella.
Periodico semestrale finanziato dal Dipartimento di Lettere Arti e Scienze sociali, Università
“G. D’Annunzio”, Via Pescara, 66013 Chieti Scalo – Tel. 0871 3556525-3556524, fax 0871 563019
Abbonamento annuo: per l’Italia euro 40,00; per l’estero euro 50,00
Costo di un fascicolo: per l’Italia euro 25,00; per l’estero euro 30,00
Direttore responsabile
Gabriele Di Francesco
INDICE
11 MARCO MANOTTA
Similitudini proprie e raccorciate: annotazioni sul paradigma
comparativo leopardiano
23 ANDREA BONAZZI, LISA GAMBETTA, MARIA CHIARA JANNER,
NUNZIO LA FAUCI
Metafora in Leopardi: variazione linguistica sul tema
43 PAOLA CORI
L’attenuazione in Leopardi: lingua, diritto e storia delle idee
63 PATRIZIA LANDI
Il male, il nulla e un giardino. Descrizione e pensiero nello Zibaldone
85 COSETTA VERONESE
The metaphors used to describe the Zibaldone
111 ANDREA MALAGAMBA
Il corpo dice la mente: sui movimenti corporei come metafore
dei moti interiori nella scrittura di Giacomo Leopardi
129 MARGHERITA CENTENARI
Ospitare gli antichi. Per una ricognizione sulle metafore del tradurre
negli scritti giovanili di Giacomo Leopardi (1815-1817)
1
Cfr. P. FRARE, Contro la metafora. Antitesi e metafora nella prassi e nella teoria let-
teraria del Seicento, in «Studi secenteschi», a. XXXIII, 1992, pp. 3-20 e L. SERIANNI, Per
una figura retorica barocca: la dissimilitudine conclusiva, in AA. VV., Linguistica applicata
con stile. In traccia di Bice Mortara Garavelli, a cura di F. Geymonat, Alessandria, Dell’Or-
so, 2013, pp. 163-72.
2
O. BESOMI, Tommaso Stigliani: tra parodia e critica, in ID., Esplorazioni secentesche,
Padova, Antenore, 1975, pp. 55-151.
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3
Cfr. C. BROOKE-ROSE, A Grammar of Metaphor, London, Secker & Warburg, 1958;
M. PAGNINI, Struttura letteraria e metodo critico, Messina-Firenze, D’Anna, 1967, pp.
85-90.
4
R. MASSANO, Sulla tecnica e sul linguaggio dei lirici marinisti, in AA. VV., La critica
stilistica e il barocco letterario. Atti del secondo congresso internazionale di studi italia-
ni, Firenze, Le Monnier, 1958, pp. 283-301. Cfr. anche W. T. ELWERT, La poesia lirica
italiana del Seicento: studio sullo stile barocco, Firenze, Olschki, 1967.
5
L. SERIANNI, Intorno a Paolo Zazzaroni poeta barocco, in AA. VV., Studi in onore di
Pier Vincenzo Mengaldo per i suoi settant’anni a cura degli allievi padovani, Firenze, Si-
smel, 2007, pp. 625-36, alle pp. 628-29.
6
P. ZAZZARONI, Il giardino poetico, Verona, Merlo, 1642, sezione I Mirti, 38, vv. 12-14.
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7
Come osserva lo stesso Serianni, un significativo precorrimento si ha invece in Tan-
sillo, mentre due riscontri successivi sono nei fratelli Lorenzo e Pietro Casaburi Urries.
Si possono aggiungere, inoltre, due passi di Paolo Abriani: «Miro in un Mar di latte elet-
tri fini, / onde d’oro, zaffiri, perle, e rubini», Effetti di vagheggiata bellezza, vv. 6-7; «Quel-
le in un latteo Mar, mercè d’Amore, / trovano in Occidente onde più care», Per la bella
dama che si pose nel seno il precedente sonetto, vv. 7-8, in P. ABRIANI, Poesie, Venezia,
Zatta, 1664, pp. 15 e 17.
8
Sul tema si veda C. MARAZZINI, Il linguaggio poetico barocco, in ID., Il secondo Cin-
quecento e il Seicento, Bologna, il Mulino, 1993, pp. 134-40, a p. 138.
9
La metafora degli scogli si ritrova, ad esempio, in Claudio Achillini, Donna scapiglia-
ta e bionda («vivi scogli de le due mammelle», cfr. MARAZZINI, op. cit., p. 138) e in due com-
ponimenti di Paolo Abriani, Amante abbandonato, vv. 11-12: «rompesti al fine / fra duo
scogli di latte incauto errante» (Poesie cit., p. 46); Amante d’Elena, vv. 13-14: «Fa che alla
stanca mia Nave agitata, / fra’ scogli del tuo sen, dia Morte il porto» (Ibidem, pp. 10-11).
10
M. GIOVANNETTI, Poesie, Roma, Corbelletti, 1626, Bella Cortegiana frustata, vv.
5-8, p. 7.
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alabastro, latte) a elementi che in genere identificano altre parti del corpo
femminile, come la rosa e il rubino:
Lo stesso topos della neve bianca, in genere riferito alla cute della don-
na, è rovesciato nella celebrazione della donna anziana sia in Bernardo
Morando sia in Ciro di Pers:
11
G. L. SEMPRONIO, La selva poetica, Bologna, Ferroni, 1633, vv. 5-8, p. 97.
12
ABRIANI, op. cit., Innamorato di bella cieca, vv. 13-14, p. 24.
13
Ibidem, Amante di bella gobba, vv. 1-2, p. 27.
14
B. MORANDO, Fantasie, Piacenza, Bazachi, 1662, Bellezza fugace, vv. 9-11, p. 8.
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15
CIRO DI PERS, Poesie, Venezia, Miloco, 1677, Lidia invecchiata vuol parer giovine,
vv. 3-4, p. 25.
16
MORANDO, op. cit., v. 4, p. 29.
17
Come osserva Coletti, «la lingua della poesia barocca procede ora censurando le
novità in ingegnose perifrasi, ora liberalizzando i nomi nuovi che vengono a fornire l’i-
taliano letterario di ulteriori risorse»: V. COLETTI, La lingua barocca, in ID., Storia dell’i-
taliano letterario, Torino, Einaudi, 1993, pp. 183-88, a p. 187.
18
Si vedano C. COLOMBO, Cultura e tradizione nell’Adone di G.B. Marino, Padova,
Antenore, 1967 e I. BALDELLI, Elementi lontani dalla tradizione nel lessico dell’«Adone»,
in ID., Conti, glosse, riscritture, Napoli, Morano, 1988, pp. 225-35.
19
Per questi e altri esempi di perifrasi nobilitanti nei poeti barocchi cfr. SERIANNI,
Intorno a Paolo Zazzaroni, op. cit., pp. 633-35.
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Serianni ha osservato che nel repertorio di Spada «l’energica potatura degli antichi
è evidente». Cfr. L. SERIANNI, La lingua del Seicento: espansione del modello unitario, re-
sistenze ed esperimenti centrifughi, in Storia della letteratura italiana, diretta da Enrico
Malato, Roma, Salerno editrice, 1997, vol. V, pp. 561-95, a p. 587.
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21
Sulla presenza del lessico botanico in Marino si veda M. GUGLIELMINETTI, Il codice
botanico dell’Adone, in «Sigma», a. 2/3, 1980, pp. 97-107.
22
G. B. MARINO, La Galeria, a cura di M. Pieri, Padova, Liviana, I.1, 54, vv. 5-6.
23
G. B. MARINO, Adone, a cura di E. Russo, Milano, Rizzoli, 2013, XII, 76, vv. 1-4.
24
Ibidem, XVII, 48, vv. 1-4.
25
G. B. MARINO, La sampogna, a cura di V. De Maldé, Parma, Guanda, 1993, Idillio
11, vv. 210-14.
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concede un bacio solo per dispetto è una giardiniera che innesta la morte
sopra un bacio vitale, e il terreno dell’innesto è rappresentato dal cuore
del poeta:
26
P. F. PAOLI, Il bacio dato per dispetto, vv. 12-14, in Lirici marinisti, a cura di B. Cro-
ce, Bari, Laterza, 1910, p. 64.
27
ABRIANI, op. cit., Anagramma, vv. 12-13, p. 77.
28
Ibidem, Amante d’Elena tradito, v. 15, p. 49.
29
Ibidem, A Lilla risanata dalla febre, vv. 9-11, p. 40.
30
G. GROSSO, in Marino e i marinisti. Opere scelte, a cura di G. Getto, Torino, Utet,
1949, VI, vv. 9-11.
31
Sulla metafora del genitivo cfr. BROOKE-ROSE, op. cit. e, per l’uso nella lirica baroc-
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Così, in un verso di Paoli sopra citato l’espressione terreno del cor sta-
biliva l’analogia tra cuore e terreno: la preposizione di conserva ancora
un debole valore di specificazione, ma assume per lo più funzione di col-
legamento tra i due sostantivi. Questa tipologia di metafora produce ac-
costamenti interessanti nei poeti barocchi soprattutto quando vengono
messi in relazione un sostantivo concreto e uno astratto: ad esempio, un
sonetto di Paolo Abriani descrive l’effetto che la voce di un cantante ha
sugli ascoltatori con la metafora carcer di stupor, dove lo stupore è come
un carcere perché trattiene, imprigiona gli spettatori. L’immagine fa par-
te di una metafora continuata, tutta fondata sul tema delle catene:
ca, BESOMI, op. cit., p. 70 e G. CONTE, La metafora barocca: saggio sulle poetiche del Sei-
cento, Milano, Mursia, 1972.
32
F. MUZZIOLI, Le strategie del testo: introduzione all’analisi retorica della letteratura,
Roma, Meltemi, 2004, p. 55.
33
S. ERRICO, La via lattea, vv. 11-12, in Lirici marinisti, op. cit., p. 140.
34
ABRIANI, op. cit., Al signor Antonio Cavagna, vv. 1-4, p. 179.
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Esiste però anche un secondo tipo di metafora del genitivo, che può
essere spiegata ricorrendo al modello proporzionale dell’analogia, in cui
A sta a B come C sta a D: in questa metafora gli elementi esplicitati non
sono C e A, come negli esempi osservati sopra, ma C e B, secondo lo sche-
ma “C di B”35. Ad esempio, in Giacomo Lubrano gli amanti delusi sono
chiamati talpe di Ragion36. La metafora può essere sciolta secondo questo
schema: gli amanti (A) stanno alla ragione (B) come le talpe (C) stanno
alla vista (D). Qui la preposizione di arriva ad assumere una sorta di va-
lore limitativo, perché potrebbe valere ‘in quanto a’, ‘riguardo a’, ma an-
che in questo caso svolge più che altro una funzione di collegamento tra
i due campi semantici che compongono la metafora. Questo valore va di-
stinto da quello del semplice complemento di specificazione, che pure è
molto frequente nella costruzione di metafore tra i poeti barocchi e che
si può esemplificare con un un idillio di Marcello Macedonio nel quale il
meccanismo è sfruttato in modo intensivo: l’aria è sospir di natura, fiato
del mondo, linguaggio d’aprile e l’acqua è sangue dei terreni, nettare de le
selci, ritratto del cielo e così via37.
La metafora del genitivo con valore limitativo era già presente in Ma-
rino, che ad esempio chiamava la primavera fenice de’ fiori38, ma è Giaco-
mo Lubrano il poeta che adotta il procedimento più di frequente e con i
risultati più originali, associandolo spesso a un’altra figura molto diffusa
nella lirica barocca, quella dell’antonomasia39. Ad esempio, il missionario
spagnolo Francesco Saverio è chiamato Argo di lingue:
35
MUZZIOLI, op. cit., pp. 55-56.
36
G. LUBRANO, Scintille poetiche, a cura di M. Pieri, Ravenna, Longo, 1982, Sonetti,
XXXIV, v. 5.
37
M. MACEDONIO, Disfida dell’Acque, e dell’Aure, in Le nove Muse, Napoli, Pietro
Macedonio, 1614, pp. 127-29.
38
MARINO, La Sampogna cit., Idillio 4, 138.
39
Sull’antonomasia nella poesia barocca cfr. B. MIGLIORINI, Dal nome proprio al no-
me comune, Firenze, Olschki, 1927, p. 139 e ID., Storia della lingua italiana, Milano,
Bompiani, 200210, p. 403.
40
LUBRANO, Scintille poetiche, Sonetti cit., LXXXIX, vv. 5-8.
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Saverio sta alle lingue come Argo agli occhi, è cioè un Argo per quan-
to riguarda le lingue; la metafora si presenta in coppia con Briareo di sen-
si, formata nello stesso modo, questa volta con la figura di Briareo, gigan-
te dalle cento braccia. Così, in un altro sonetto di Lubrano, Napoli è elo-
giata come Sparta di Fede. Ancora una volta il procedimento compare
associato a un’antonomasia e può essere sciolto secondo lo schema “C di
B”: Napoli (A) sta alla fede (B) come Sparta (C) sta all’austerità (D). Inol-
tre, come nel caso precedente, la metafora si presenta in coppia con un’al-
tra dello stesso tipo (Teatro di Pietà) e le due espressioni occupano l’inte-
ra misura del verso:
Tra le metafore del genitivo con valore limitativo conosce larga diffu-
sione quella nella quale il secondo dei due sostantivi è amore. Il tipo “x
d’amore” compare spesso in Marino, ad esempio nel celebre madrigale
basato sul parallelo tra il poeta e il baco da seta, intitolato Bombice d’a-
more: come il baco fabbrica da sé il bozzolo, così il poeta costruisce da
solo la propria prigione soffrendo per amore. Altrove, Marino chiama la
gelosia tarlo e lima d’Amor e la donna nova turca d’Amor42 (perché minac-
cia l’uomo con la sua bellezza come l’invasore turco minaccia l’Occiden-
te) e adotta questo tipo di metafora anche al di fuori del tema amoroso,
quando definisce San Francesco fenice d’amor:
41
Ibidem, Odi, XIV, 3, 1-6.
42
G. B. MARINO, La lira. Rime amorose, a cura di O. Besomi e A. Martini, Modena,
Panini, 1987, 79, v.1; 23, v. 6.
43
MARINO, La lira, a cura di M. Slawinski, Torino, Res, 2007, III 71, A San Francesco,
vv. 1-4.
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44
Cfr. MORANDO, op. cit., Scherza sopra un cognome, v. 6, p. 57; S. ERRICO, Sonetti e
madrigali e altre rime dalle raccolte giovanili, a cura di L. Mirone, Torino, Res, 1993, II,
6; G. ARTALE, La pulce, v. 11, in Lirici marinisti cit., p. 452.
45
G. ARTALE, Dell’enciclopedia poetica, parte 2, Napoli, Bulifon, 1679, p. 139, Tigre
d’Amor crudele, v. 1.
46
Cfr. risp. B. CUSANO, All’amante, che si è raso, v. 13, in Lirici marinisti cit., p. 158
e SEMPRONIO, op. cit., p. 67, v. 3.
47
Cfr. risp. G. B. MARINO, La lira cit., II 11, v. 3; FONTANELLA, La bella ricamatrice, v.
1, in Opere scelte di G.B. Marino e dei marinisti, a cura di G. Getto, Torino, Utet, 1962,
II p. 365; MORANDO, op. cit., Bellissima cacciatrice armata di archibugio, v. 2, p. 29; SALO-
MONI, Antea, v. 8, in Lirici marinisti cit., p. 271; CUSANO, Tre belle, v. 2, in Opere scelte
cit., p. 334.
48
MORANDO, op. cit., Il Bacio appaga, v. 6, p. 32.
49
Lirici marinisti cit., p. 145, v. 20.
50
Ibidem, p. 98, v. 6.
51
MACEDONIO, Alla damigella della sua donna, v. 10; CIRO DI PERS, Le chiome nere, v.
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more, metafora per gli occhi della donna, compaiono dapprima in Mari-
no, poi in Sempronio, Errico e Morando52.
Anche questo tipo di metafora, riprodotta in serie, perde rapidamente
la sua originalità: lo stesso Tommaso Stigliani aveva evidentemente colto
l’abuso del tipo “x d’amore” da parte dei poeti barocchi, perché lo ripro-
duce in uno dei suoi componimenti parodici, nel quale le pupille della
donna sono chiamate corvi d’amore53. Del resto, la sorte di questo parti-
colare tipo di metafora del genitivo può confermare due caratteristiche
ben note della poesia barocca: la forte convergenza retorica e stilistica tra
autori diversi e la spiccata tendenza a trasformare in maniera anche gli
istituti stilistici potenzialmente più originali.
10 (entrambi in Lirici marinisti cit., pp. 21 e 363); ABRIANI, op. cit., Amante di bella gob-
ba, v. 12, p. 28.
52
Cfr. risp. MARINO, La lira cit., Rime boscherecce, 50, v. 2; SEMPRONIO, I capelli pen-
denti sugli occhi, v. 6 in Lirici marinisti cit., p. 96; ERRICO, Sonetti e madrigali, op. cit., IV,
11; MORANDO, op. cit., Recidiva d’Amore, v. 50, p. 74.
53
BESOMI, op. cit., p. 81.
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