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Memoria Bibliografica 55

Collana diretta da Nicola Merola


STEFANO LAZZARIN E JÉRÔME DUTEL
(A CURA DI)

DANTE POP
La Divina Commedia nella letteratura e nella
cultura popolare contemporanea

VECCHIARELLI EDITORE
Comitato scientifico del volume:
Alberto Casadei (Università degli Studi di Pisa)
Yves Clavaron (Université Jean Monnet, Saint-Étienne)
Jérôme Dutel (Université Jean Monnet, Saint-Étienne)
Manuele Gragnolati (Université de Paris-Sorbonne)
Stefano Lazzarin (Université Jean Monnet, Saint-Étienne)
Agnès Morini (Université Jean Monnet, Saint-Étienne)
Giuseppe Sangirardi (Université de Lorraine, Nancy)
Pierluigi Pellini (Università degli Studi di Siena)

Questo libro viene pubblicato con il finanziamento del Centre


d’Études sur les Littératures Étrangères et Comparées (CELEC) de
l’Université Jean Monnet de Saint-Étienne (Francia)

© Vecchiarelli Editore – 2018


Piazza dell’Olmo, 27
00066 Manziana (Roma)

Tel. e Fax 06.99674591

vecchiarellieditore@inwind.it
www.vecchiarellieditore.com

ISBN 978-88-8247-407-2
INDICE

STEFANO LAZZARIN E JÉRÔME DUTEL – Dante oggi. Introduzione p. 7

STEFANO LAZZARIN – @DanteSommoPoeta: la letteratura


nell’epoca di Twitter p. 17

FILIPPO FONIO – Nuovi ‘adepti (pop) del velame’. Thrillers danteschi p. 45

CAROLINE BELOT-GONDAUD – Gialli ‘danteschi’:


di che cosa l’Inferno è nome? Funzioni di Dante
in Dan Brown, Maxime Chattam, Craig Johnson p. 63

DELPHINE GACHET – Quando la Commedia si fa enigma:


Il libro segreto di Dante di Francesco Fioretti (2011)
tra finzione e interpretazione p. 77

MONICA BIASIOLO – «Molto più della storia che rappresenta».


Alcuni esempi di riscrittura a fumetti e in graphic novels della
Divina Commedia dal secondo dopoguerra a oggi p. 91

ALESSANDRO BENUCCI – Dalla Commedia ai comics:


costanti e varianti di critica sociale nelle riscritture fumettistiche
contemporanee dell’Inferno di Dante p. 107

DANIELA BOMBARA – Viaggi comic di Dante e Beatrice


fra Giappone, USA e Italia: un’inedita Commedia dolorosa,
combattiva, ma anche di umanissima semplicità quotidiana p. 121

LAURA NIEDDU – L’Inferno dantesco al giorno d’oggi:


La Divina Commedia quasi mille anni dopo (2015-2016)
di Feudalesimo & Libertà e Don Alemanno (Alessandro Mereu) p. 137

JÉROME DUTEL – Scendere agli inferi con il fumetto p. 151

MARGUERITE POZZOLI – Giorgio Pressburger e la sua Divina


Commedia (2008-2013): un viaggio nei totalitarismi del Novecento p. 165

VINCENZO SALERNO – «Nel mezzo della notte Dante...».


Trasposizioni della Commedia nella ‘letteratura per l’infanzia’ italiana p. 179
LUCIANO CELI – L’uomo blu: Mario (un piccolo Dante?) condotto
per mano nell’inferno della miniera. Su Emigranti esprèss
di Mario Perrotta (2006-2007) p. 193

NICOLAS CVETKO – Poetica dello spazio in Inferno


di Dario Argento (1980): un’architettura dantesca? p. 205

AGNÈS MORINI – Dante letto da...: Gassman versus Benigni p. 219

INDICE DEI NOMI DI PERSONA p. 233


DANIELA BOMBARA

VIAGGI COMIC DI DANTE E BEATRICE FRA


GIAPPONE, USA E ITALIA: UN’INEDITA
COMMEDIA DOLOROSA, COMBATTIVA,
MA ANCHE DI UMANISSIMA
SEMPLICITÀ QUOTIDIANA

L’impressione genuina del postero, incontrandosi in Dante, non è d’imbattersi


in un tenace e ben conservato sopravvissuto, ma di raggiungere qualcuno arrivato
prima di lui. 1

Quando si parla della modernità di Dante si richiama frequentemente


questa frase di Gianfranco Contini. Vale la pena di soffermarsi a riflettere
sull’immagine di un doppio futuro, configurata come un paradosso zenonia-
no, che le parole sottintendono; il critico della posterità, tempo che nella
scrittura continiana è il nostro presente, è destinato a essere preceduto da
un autore che dal lontano Medioevo ha già percorso vie per noi ancora i-
gnote. Come possiamo allora raggiungere Dante, comprendere il futuro che
egli rappresenta nel nostro presente, e del quale ha anticipato forme cultu-
rali, tematiche, modalità del narrare? E non stiamo inseguendo un semplice
scrittore, ma un oggetto culturale dalla vasta portata simbolica:

Dante è ormai un marchio inconfondibile. Basta citarlo in romanzi, ma anche


in film-thriller [...] o addirittura in videogame [...] per ottenere un potenziamento di
interesse [...]. Si coglie qui il simbolo della cultura umanistica oggi: perso il suo va-
lore diretto di «monumento», può rigenerarsi come fermento attivo in tanti altri
ambiti della cultura popolare. 2

Alle categorie del ‘popolare’ menzionate da Alberto Casadei è possibile


aggiungere fumetti, graphic novels e le recentissime web series; ‘future’ rispetto
alla comunicazione letteraria, tali forme espressive vanno oltre un sistema

1 G. CONTINI, Un’interpretazione di Dante, «Paragone», CLXXXVIII, ottobre 1965,


pp. 3-42, poi in IDEM, Un’idea di Dante. Saggi danteschi, Torino, Einaudi, 1976, p.
111.
2 A. CASADEI, Il marchio Dante, «Corriere Fiorentino», 16 maggio 2013 (il testo di

Casadei è disponibile anche sul sito http://illuminations-edu.blogspot.fr/2013/05


/il-marchio-dante.html).
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culturale che per molto tempo le ha stigmatizzate come cultura di massa. 3


Ma il fumetto contiene da sempre il futuro della comunicazione: può esse-
re considerato il precursore dei linguaggi digitali, per aver introdotto nella
produzione e fruizione culturale la «modalità» del «racconto ipertestuale»
come «costante rimando» fra diversi codici comunicativi. 4
Individuare la ‘futuribilità’ di Dante nelle riscritture fumettistiche appa-
re dunque una linea di ricerca promettente; e nel corpus delle opere dante-
sche è la Commedia, in particolare l’Inferno, a generare il maggior numero di
rielaborazioni, confermandosi testo ‘scrivibile’ secondo la definizione di
Roland Barthes in S/Z: non più soltanto un prodotto ‘leggibile’, chiuso,

3 Cfr. U. ECO, Apocalittici e integrati. Comunicazioni di massa e teorie della cultura di mas-
sa, Milano, Bompiani, 1964. Per una rassegna della critica recente è utile il capitolo
di S. BRANCATO, Il magnifico bastardo. Critica e fumetto, connubio imperfetto, in F. GIRO-
MINI, M. MARTELLI, E. PAVESI, L. VITALONE (a cura di), Gulp! 100 anni a fumetti.
Un secolo di immagini, avventure, fantasia, Catalogo della Mostra (Ferrara, 3 aprile-30
giugno 1996), Milano, Electa, 1996, pp. 31-36. È sempre Brancato a individuare
nel fumetto un mezzo innovativo di comunicazione: «Il fumetto è un autentico
novum [...], [poiché] istituzionalizza il proprio linguaggio utilizzando le esperienze
che lo hanno preceduto. Si differenzia da queste ma, insieme, le incorpora nella
propria economia produttiva in quanto preesistenze, repertorio, magazzino. Si
tratta di un meccanismo attraverso cui il linguaggio del fumetto deposita
un’intensa complicità segnica con il lettore» (S. BRANCATO, Fumetti. Guida ai comics
nel sistema dei media, prefazione di A. Abruzzese, Roma, Datanews, 1994, p. 29). Per
quanto riguarda la distinzione tra fumetto e graphic novel, il secondo presenta una
storia completa, in sé conclusa, pubblicata in volume, caratterizzata da complessità
strutturale e contenutistica, da un «intreccio tra mezzo artistico e bisogni profondi»
(C. GRECO, Con la china in testa. Fumetto e memoria culturale. Per una lettura di «Maus» e
«Palestina», Padova, Libreriauniversitaria.it, 2009, p. 20), da un rapporto testo-
immagine sbilanciato a favore del primo elemento, infine dalla volontà di persegui-
re un ‘effetto di realtà’ (cfr. C. GRECO, L’effetto di realtà e l’illusione referenziale, in EA-
DEM, Graphic Novel: confini e forme inedite nel sistema attuale dei generi, Roma, Edizioni
Nuova Cultura, 2014, pp. 50-113; cfr. in particolare ivi, pp. 50-58).
4 Sono parole di un addetto ai lavori quale Daniele Panebarco, riportate da Ser-

gio Brancato in un’intervista con Davide Occhicone pubblicata sul blog «Lo spa-
zio bianco. Nel cuore del fumetto»: «Il fumetto riemerge in nuove forme [...], co-
me sostiene Daniele Panebarco, leggendario comic-maker degli anni ’70, introducen-
do nella cultura di massa quella modalità di racconto ipertestuale, basata sul co-
stante rimando tra diversi codici di comunicazione, che è alla base dei linguaggi
digitali. In altri termini, senza la preesistenza del fumetto, difficilmente si sarebbero
sviluppate le forme di comunicazione attualmente in voga presso i giovani» (D.
OCCHICONE, Sergio Brancato: il fumetto, chiave di lettura della storia culturale, intervista
del 5 gennaio 2011, sito http://www.lospaziobianco.it/sergio-brancato-fumetto-
chiave-lettura-storia-culturale/).
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ma connesso ad altri testi e attivatore di ulteriori significati nella cultura


contemporanea. 5
Dal vasto insieme di comics derivati dalla Commedia ho scelto di analizza-
re tre opere, diverse per struttura, tematiche, provenienza geografica: La
Divina Commedia, manga di Gō Nagai pubblicato in Giappone negli anni
Novanta, recentemente in Italia; il comic americano Dante’s Inferno, edito nel
2010; infine un graphic novel italiano del 2014, Dante Alighieri, incentrato
sull’autore e la sua biografia oltreché sulle sue opere. 6 Ritengo infatti che
un altro aspetto essenziale della modernità di Dante consista nella diffu-
sione ampia e bidimensionale – colta e popolare – delle sue opere, spec-
chio ed effetto insieme di un’interconnessione fra realtà culturali e sociali
distanti geograficamente e storicamente. L’opera dantesca diventa in que-
sto senso espressione dell’età contemporanea, poiché le riscritture fumetti-
stiche che intendo esaminare propongono un modello di conoscenza con-
divisa e globalizzata, nel quale confluiscono i portati simbolici delle varie
culture di origine.

Il dramma del peccato: le visioni infernali di Gō Nagai

In Giappone l’interesse per la cultura occidentale è relativamente recente:


dopo la metà dell’Ottocento l’imperatore Mutsuhito (1868-1912) abban-
dona la politica di isolamento che aveva caratterizzato l’era Tokugawa, per
quanto i contatti con l’Europa avvengano soprattutto in ambito economi-
co e tecnologico. Una spinta ulteriore all’integrazione proviene dagli intel-
lettuali che si convertono alla religione cristiana, per poter «capire il lato
spirituale della civiltà occidentale, oltre a quello materiale. [...] Fu in tali
5 Cfr. R. BARTHES, S/Z, Paris, Éditions du Seuil, 1970.
6 ダンテ神曲 Dante Shinkyoku di Gō Nagai (pseudonimo per Kiyoshi Nagai) è
un manga in tre volumi: i primi due riguardano l’Inferno dantesco e vengono pubbli-
cati in Giappone da Kodansha nel 1993-1994; il terzo, che comprende il Purgatorio
e il Paradiso, esce nel 1995. In Italia abbiamo un’edizione da parte della d/visual
(Tōkyō), fra il 2006 e il 2007, con testi italiani di Francesco Grippo, e una più re-
cente presso le milanesi Edizioni BD, del 2014, con traduzione di Giovanni Lapis
(è quella che utilizzeremo in questo articolo). Shin indica la divinità; kyoku significa
canto; l’espressione si può quindi tradurre ‘Canto divino’. Nel presente saggio sa-
ranno analizzati soltanto i primi due volumi; il terzo infatti offre una visione sinte-
tica e puramente descrittiva del Purgatorio e del Paradiso, e manca di una riconosci-
bile volontà rielaborativa. Il Dante’s Inferno statunitense è pubblicato da Wildstorm
(La Jolla, California) nel gennaio-luglio 2010, in sei uscite (Untitled, Descent, Debauch-
ery, Despair, Devastation, Defeat), con testi di Christos Gage e disegni di Diego La
Torre; e in Italia da Panini Comics (Modena) sempre nel 2010, con traduzione di
Luigi Mutti. Il Dante Alighieri italiano esce nel 2014 per l’editore Kleiner Flug di
Scarperia (Firenze), e si avvale della collaborazione di Astrid (Astrid Lucchesi) per
i disegni, di Alessio D’Uva per la sceneggiatura e di Filippo Rossi per lo storyboard.
124 DANIELA BOMBARA

condizioni morali che Dante e la Commedia furono introdotti in Giappo-


ne».7 Ma lo studio sistematico dei testi danteschi risale ai primi anni del
nuovo secolo, quando Bin Ueda (1874-1916) tiene diversi cicli di lezioni su
Dante all’Università di Kyōto; la prima traduzione completa delle tre canti-
che (1914-1922), a opera di Heizaburō Yamakawa (1876-1942), costituisce
il punto di partenza per una serie di versioni giapponesi della Commedia, fi-
no all’opera di Bunsho Jugaku nel 1976. 8 Takehiko Kenmochi ha osserva-
to come la ricezione di Dante in Giappone si sviluppi inizialmente a livello
estetico, soprattutto per la conoscenza minima della lingua originale. 9
Un’altra linea critica esalta invece il realismo dantesco, 10 o mette a fuoco la
problematicità del peccato nell’Inferno, in particolare la presenza dell’antitesi
fra un Dio padre amoroso e punitore. È questo il pensiero del filosofo Jiro
Abe (1883-1959): partendo da un confronto fra Dante e Nietzsche, egli
rileva come entrambi abbiano intensificato la distanza fra individuo e Dio

7 T. IWAKURA, La fortuna di Dante in Giappone, in A. BOSCARO, M. BOSSI (a cura


di), Firenze, il Giappone e l’Asia Orientale, Atti del Convegno (Firenze, 25-27 marzo
1999), Firenze, Leo S. Olschki, 2001, p. 274.
8 Cfr. D. ALIGHIERI, Shinkyoku. 1. Jigoku-hen 2. Rengoku-hen 3. Tengoku-hen, tradu-

zione e cura di B. Jugaku, Tōkyō, Shueisha, 1974-1976. Per una panoramica delle
traduzioni dantesche sono utili: la voce Giappone, redatta da Giuliano Bertuccioli
per l’Enciclopedia dantesca (cfr. G. BERTUCCIOLI, Giappone, in Enciclopedia dantesca
[1970], III, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1984, pp. 155-157, ora dispo-
nibile sul sito http://www.treccani.it/enciclopedia/giappone_%28Enciclopedia-
Dantesca%29/); T. KENMOCHI, Shinkyoku honyakushi josetsu [‘Introduzione alla sto-
ria della traduzione della Commedia in Giappone’], in IDEM, Kata no bunka, koshi no
bunka: hikaku bungaku hikaku bunkaron [‘Letteratura comparata’], Tōkyō, Sōbunsha
Shuppan, 1988, pp. 223-237; nonché – limitatamente alla sezione giapponese – E.
ESPOSITO (a cura di), L’opera di Dante nel mondo. Edizioni e traduzioni nel Novecento,
Atti del Convegno (Roma, 27-29 aprile 1989), Ravenna, Longo, 1992.
9 Cfr. T. KENMOCHI, Shinkyoku honyakushi josetsu, cit. Sull’argomento si possono

consultare inoltre: il saggio di M. FUJISAWA, Dante nella letteratura moderna del Giap-
pone, «Annuario dell’Istituto Giapponese di Cultura di Roma», II, 1964-1965, pp.
75-89; il volume di M. FUJITANI, Shinkyoku, il canto divino. Leggere Dante in Oriente,
introduzione di E. Banfi, Trento, Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche,
2000; e il sintetico ma denso saggio di H. TOMITA, Dante in Japan: Ein Überblick, «Il
Novo Giorno. Mitteilungsblatt der deutschen Dante Gesellschaft», giugno 2012,
pp. 24-28.
10 Al riguardo, Shigeichi Kure cita il pensiero di Hakuchō Masamune (1879-

1962), noto critico letterario giapponese, che legge Dante in traduzione inglese:
«egli non tralascia mai di ammirare la squisita bellezza e grandezza della fantasia di
Dante, rimanendo sorpreso dell’innata intuizione, della facoltà di rendere viva e
concreta ognuna delle scene della Commedia; [...] in Dante la visione soggettiva
dell’artista e il punto di vista obiettivo sono fusi in una immagine vivente» (S. KU-
RE, Dante in Giappone, «Il Giappone», rivista dell’Istituto Italiano per l’Africa e
l’Oriente [IsIAO], 5, 1965, p. 10).
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per esasperare la negatività della colpa umana. 11 Infine, nella lettura giap-
ponese della Commedia bisogna sottolineare gli influssi del buddismo: è de-
cisivo in tal senso il ruolo svolto dalla traduzione di Bunsho Jugaku, che
come osserva Tomotada Iwakura usa sistematicamente termini buddisti
per esprimere concetti cristiani. 12 Secondo Michio Fujitani, il pensiero
buddista serve a colmare l’inevitabile divario fra il mondo giapponese e o-
rientale e l’universo dantesco: la cultura di Dante – sostanziata di filosofia
medievale, teologia, pensiero scientifico, tradizione biblica e classica – è
infatti estranea al lettore giapponese. 13
Mi sono soffermata sulla ricezione nipponica della Commedia nell’ambi-
to della critica letteraria perché nel manga shōnen di Gō Nagai, prodotto di-
chiaratamente di massa e rivolto a un pubblico di adolescenti (come indica
l’aggettivo shōnen, che alla lettera significa ‘ragazzo’), sono comunque ri-
scontrabili le tre componenti su cui si è focalizzata la letteratura critica:
l’attenzione per il livello estetico; la drammaticità e problematicità del pec-
cato, soprattutto nell’Inferno; infine l’influenza del buddismo. In effetti, la
commistione fra popolare e colto è usuale nella cultura giapponese:

Ponendosi non criticamente, ma in modo quasi sentimentale verso il reperto-


rio culturale con il quale nutrono le loro opere, [...] [gli intellettuali giapponesi] rie-
scono a superare l’imbarazzo dell’accostamento fra cultura «alta» e cultura «bassa»
e a donare dignità letteraria anche a semplicissimi esempi di cultura pop quali gli
anime, la musica leggera e i manga. 14

Si consideri poi che la produzione di Gō Nagai è profondamente in-


fluenzata dal mondo di Dante ben prima della riscrittura manga della Divina
Commedia; in un’intervista del 2007, Francesco Prisco chiede all’autore
giapponese quale personaggio dantesco egli preferisca, e Nagai risponde:

Sicuramente Lucifero. Una creatura immensa, bloccata tra i ghiacci al centro


della terra. Da lì partii alla fine degli anni Sessanta per realizzare “Mao Dante”, una
storia horror dichiaratamente ispirata alla Divina Commedia. [...] [D]a Mao Dante
qualche anno più tardi è nato Devilman, uno dei personaggi a cui tengo di più. 15

11 Cfr. J. ABE, Dante no Shinkyoku to Nietzsche no Zarathustra [‘La Divina Commedia


di Dante e lo Zarathustra di Nietzsche’], «Shin Shōsetsu» [‘Nuovo romanzo’], 1921.
Il saggio di Abe viene riassunto abbastanza dettagliatamente in S. KURE, Dante in
Giappone, cit., pp. 11-13.
12 Cfr. T. IWAKURA, La fortuna di Dante in Giappone, cit., p. 278.
13 Cfr. M. FUJITANI, Shinkyoku, il canto divino, cit.
14 R. PONTICIELLO, S. SCRIVO, Introduzione, in EAEDEM (a cura di), Con gli occhi a

mandorla. Sguardi sul Giappone dei ‘cartoon’ e dei fumetti, prefazione di L. Raffaelli, Lati-
na, Tunuè, 2005, p. 5.
15 F. PRISCO, Go Nagai, il padre di Goldrake: «Devilman? È figlio del Lucifero di Dante»,

«Il Sole 24 ore», 27 aprile 2007, ora disponibile anche sul sito
126 DANIELA BOMBARA

Nei personaggi di Mao Dante (1971), un umano che scopre di essere la


reincarnazione di un demone potentissimo – e solo apparentemente mal-
vagio – chiamato Dante, e di Devilman (1972), giovane che assume forme
demoniche per sconfiggere dall’interno il Male e salvare la Terra, vediamo
operante la commistione fra Bene e Male che informa di sé anche la suc-
cessiva versione gonaghiana della Commedia, e ne costituisce la componente
più innovativa; d’altra parte, l’interazione positivo/negativo è anche un e-
lemento strutturante del genere manga. 16 Ma quando Nagai decide di af-
frontare la Commedia, la spinta fondamentale è di ordine estetico, come egli
stesso dichiara nell’intervista a Prisco:

All’Italia devo comunque soprattutto l’influenza di Dante Alighieri. Ero ragaz-


zo quando i miei fratelli portarono a casa un’edizione della Divina Commedia illu-
strata da Gustave Doré. Desiderai immediatamente poter disegnare come faceva
lui. 17

Le illustrazioni di Doré, riprese fin nei minimi particolari all’interno del


manga, segnano i punti nodali della vicenda e i personaggi più significativi,
nella forma di grandi tavole che attraversano il continuum narrativo: Caron-

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultu
ra/2007/04/intervista-nagai-prisco.shtml.
16 Alcune caratteristiche dei manga, quali gli occhi enormi dei personaggi o la let-

tura dall’ultima alla prima pagina, da destra a sinistra, sono universalmente note.
Per quanto riguarda i manga shōnen, essi «sono [...] caratterizzati da una fisicità stra-
ripante dei personaggi e dalla prevalenza del movimento sulla staticità [...]. Il do-
minio dell’azione e dell’adrenalina è graficamente reso tramite la profusione di li-
nee cinetiche e onomatopee visive, e da un montaggio serrato» (C. POSOCCO,
L’impero dei disegni, in R. PONTICIELLO, S. SCRIVO [a cura di], Con gli occhi a mandorla,
cit., p. 249). Nei manga shōnen domina uno stile ‘sopra le righe’, caratterizzato dalla
deformazione espressionistica dei personaggi in rapporto agli stati d’animo (in-
grandimento delle dimensioni, bocche spalancate) e dalla predilezione per la me-
tamorfosi, elementi che si ritrovano anche nell’Inferno di Gō Nagai. A ciò l’autore
aggiunge una sua personale tendenza a raffigurare gli aspetti oscuri del reale, come
conferma l’«universo di tenebra» di Devilman, abitato da un Dio «entità tirannica e
incomprensibile» (YUPA [pseudonimo di M. BALDIN], Dèi, dèmoni, angeli e messia, ivi,
p. 211). Anche la visione conflittuale del rapporto fra divinità e umani tornerà, in
altre forme, nella riscrittura dell’Inferno. Sul manga, cfr. almeno S. LUCIANETTI, A.
ANTONINI, Manga. Immagini del Giappone contemporaneo, Roma, Castelvecchi, 2001, e
J.-M. BOUISSOU, Le manga. Histoire et univers de la bande dessinée japonaise, Arles, Édi-
tions Philippe Picquier, 2010 (nonché la tempestiva edizione italiana: cfr. J.-M.
BOUISSOU, Il manga. Storia e universi del fumetto giapponese, a cura di M. Pellitteri, Lati-
na, Tunué, 2011).
17 F. PRISCO, Go Nagai, il padre di Goldrake, cit.
VIAGGI COMIC DI DANTE E BEATRICE 127

te, Minosse, Paolo e Francesca, Cerbero, Pluto, il Minotauro, i diavoli di


Malebolge, i giganti, Lucifero, 18 ma anche gli immensi e cupi spazi infernali
in cui campeggiano gigantesche figure di demoni, trasmettono l’immagine
della piccolezza e fragilità di Dante come viaggiatore e dell’uomo nella sua
esperienza di peccatore. Rispetto alla fonte iconografica appare più visibile
la terribile grandiosità dell’inferno e dei suoi abitanti, ad esempio
nell’immagine dei giganti di fronte ai quali Dante fugge urlando; l’intera
riscrittura è basata sull’estremizzazione dei contrasti, l’esaltazione della
drammaticità delle pene, e un orrore assoluto che finisce con il coinvolgere
lo stesso protagonista: Dante vede l’inferno come una trappola mortale e
teme di essere anch’egli dannato per sempre.
In Gō Nagai si incontrano da un lato l’estremo realismo come caratteri-
stica strutturale dei manga, dall’altro la sottolineatura del pathos inerente alla
Commedia, che è già nella critica giapponese. 19 Particolarmente violento il
cerchio degli ignavi, che camminano «spargendo lacrime di sangue da bulbi
che non possono più vedere» (I),20 così come la descrizione dello squarta-
mento dei dannati da parte di Cerbero, 21 protagonista di una tavola a pagi-
na doppia e corredata dal successivo commento di Virgilio: «Squartati dagli
affilati artigli di Cerbero! Maciullati da potenti zanne» (I). Infine, è degna di
nota la raffigurazione dei falsari, più raccapricciante della fonte: 22 corpi in
decomposizione, occhi ammuffiti, carne corrosa dai vermi.
Al di là dell’efficacia rappresentativa, è però il senso del discorso che
cambia; al suo arrivo Caronte solleva una dannata per scaraventarla nella
barca e Dante sviene, per cui il nocchiero, considerandolo «persona morta»
(I), solleva anche lui per traghettarlo. Le due immagini dei corpi sospesi al
braccio di Caronte sono quasi identiche: Dante, svenuto e quasi morto, entra
nell’inferno come un qualsiasi dannato. Egli è peccatore fra i peccatori, e-

18 Cfr. Inf., rispettivamente: III 82-129 (incontro con Caronte); V 4-24 (Minosse);
V 73-142 (Paolo e Francesca); VI 13-33 (Cerbero); VII 1-15 (Pluto); XII 11-25 (il
Minotauro); XXI-XXIII (i diavoli di Malebolge); XXXI (i giganti); XXXIV 28 sgg.
(Lucifero).
19 Sulla sofferenza nei manga e negli anime come strategia di esorcizzazione del

Male, e modo per approfondire la psicologia dei personaggi, cfr. M. CIOTOLA, A-


nime violente, in R. PONTICIELLO, S. SCRIVO (a cura di), Con gli occhi a mandorla, cit.,
pp. 65-84.
20 Cfr. invece Inf. III 67-69. Per quanto riguarda il fumetto di Gō Nagai,

l’edizione di riferimento è G. NAGAI [pseudonimo di K. NAGAI], La Divina Com-


media I. Inferno. 1, e La Divina Commedia II. Inferno. 2, traduzione di G. Lapis, Milano,
Edizioni BD, 2014. I due volumi presentano pagine non numerate: accanto al te-
sto citato inseriremo quindi solo il numero romano relativo al primo o al secondo
di essi.
21 Cfr. Inf. VI 18.
22 Cfr. Inf. XXIX-XXX.
128 DANIELA BOMBARA

sposto agli stessi pericoli, sofferente al pari dei dannati; non solo perde i
sensi come nella fonte, 23 ma prova una perenne e visibile sofferenza: suda,
ansima, non sopporta il fetore che emana dai cerchi infernali. Un ladro tra-
sformato in rettile, 24 nel momento in cui riprende la forma umana, lo apo-
strofa con queste parole: «Ehi! Tu che mi stai guardando! La prossima vol-
ta sarai tu a diventare un serpente» (II).25 Da luogo fisico l’inferno diventa
condizione dell’anima, secondo una linea interpretativa ben caratteristica
della poetica di Nagai, i cui personaggi – come accennato – sono sempre
contaminati dal male.
Il personale coinvolgimento del protagonista nella vicenda infernale
comporta la messa in discussione della struttura e ragion d’essere dei regni
dell’oltretomba, in un percorso di crescente consapevolezza e attitudine
critica che, ovviamente, è del tutto estraneo al progetto originale, per il
quale il disegno divino è indiscutibile: il Dante giapponese si chiede invece
quale sia il senso del peccato, e perché esso debba essere punito in modi
così efferati. Se il primo approccio ad avari e prodighi 26 è di disgusto e ri-
fiuto, la pena degli iracondi 27 pone già il problema della liceità della puni-
zione e della sussistenza della colpa: «È peccato che gli uomini siano in-
soddisfatti? È proprio per tale insoddisfazione che l’uomo va incontro al
mondo affrontandolo, no?» (I). Il discorso si amplia poi agli eretici: 28 «Che
davvero gli eretici siano peccatori? Anche le persone nate nelle terre del
sud che mai hanno incontrato il vero insegnamento, ma docilmente hanno
avuto fede nel credo del loro paese, sono forse peccatrici e devono subire
una tale sofferenza?» (I). Di fronte al tormento di Brunetto Latini, 29 Dante
pensa: «Quest’inferno che non comprendo... Cos’è la vita dell’uomo? Cos’è
la Provvidenza divina?» (II). Dopo aver ascoltato la storia di Mirra: 30 «Io
percepisco la difficoltà di condurre una vita senza perpetrare peccati.
L’uomo non finisce per peccare più e più volte durante la sua vita? Anzi!
Non è forse ciò che rende tale l’uomo?» (II). Ma alla fine del suo viaggio
Dante comprende finalmente il senso del peccato, in quanto prova cui è
sottoposto un essere dotato del libero arbitrio: «Se l’umanità si comportas-

23 Cfr. Inf. III 136 (e Inf. V 142).


24 Le metamorfosi dei ladri in serpenti vengono descritte in Inf. XXIV-XXV.
25 Nella fonte, il coinvolgimento fisico di Dante appare limitato a due momenti:

il primo approccio con Cerbero – e immediatamente risolve la situazione Virgilio


(cfr. Inf. VI 25-27), mentre nel manga è Dante a gettare fango nelle fauci del mo-
stro, proprio per sottolineare la sua intensa partecipazione alle vicende infere – e la
fuga dai diavoli di Malebolge (cfr. Inf. XXIII 34-57).
26 Cfr. Inf. VII 16-66.
27 Cfr. Inf. VII-VIII.
28 Cfr. Inf. X.
29 Cfr. Inf. XV.
30 Cfr. Inf. XXX 37-45.
VIAGGI COMIC DI DANTE E BEATRICE 129

se da tale... Dio non avrebbe avuto necessità di creare un simile inferno.


Esso esiste per mano degli uomini» (II). Nella conclusione, il protagonista
ripristina quindi l’ordine sovvertito dai suoi dubbi: ma il fatto stesso di a-
verli enunciati incrina la struttura dell’Inferno giapponese, e l’ordine teologi-
co che lo informa deve essere riscoperto tramite l’esperienza di un dolore
che assume funzione conoscitiva.
Il viaggio induce Dante a dubitare di se stesso anche perché si trova
immerso in una realtà in continua trasformazione, che deve molto
all’immaginario buddista. Nel manga viene ripetutamente sottolineata la ci-
clicità delle pene: i golosi squartati da Cerbero sono espulsi dal suo corpo
sotto forma di melma, per poi riformarsi in altri corpi ed essere nuova-
mente divorati. Di fronte alla palude Stigia, 31 Virgilio spiega: «Qui i cuori di
chi ha perso se stesso per rabbia o malcontento trasudano, diventando
questa lurida palude» (I). Nella fonte, invece, il processo di smembramento
e ricomposizione, indispensabile all’attuarsi concreto delle pene, è eviden-
ziato solo in alcuni momenti (suicidi, ladri, seminatori di discordia); 32 inol-
tre, nel manga la trasformazione dei dannati occupa molte tavole ed è enfa-
tizzata dallo sguardo disgustato del protagonista. Rientra sempre nel pen-
siero buddista l’interpretazione prevalente del peccato come hybris, rottura
dell’equilibrio dell’universo. Virgilio fornisce, ad esempio, un quadro dei
golosi 33 che non trova corrispondenza nella Commedia: «Non dimenticare
che all’ombra di chi s’ingozza vi sono coloro che muoiono di fame. Gli
uomini devono sapere ciò che per loro è bastevole. [...] Questo è l’inferno
di chi non ha limiti all’ingordigia» (I).
Tra l’inferno dantesco e la sua ricezione nipponica si pone dunque
l’opera di Gō Nagai, che intende presentare l’universo di Dante al pubblico
giapponese anche inserendo nella vicenda continue ‘note’ esplicative, le
quali approfondiscono caratteristiche e biografia dei personaggi del mondo
infero oppure forniscono contestualizzazioni storiche. La spiegazione può
essere affidata al personaggio di Dante, che cerca di chiarire a se stesso co-
sa gli stia succedendo, oppure viene inserita nel discorso di Virgilio, la cui
funzione razionalizzatrice appare affine a quella del testo originale; il più
delle volte, però, è contenuta in una didascalia, appartiene quindi al parate-
sto, o si espande per un certo numero di tavole. In tal modo Nagai spezza
il continuum narrativo, che si ‘apre’ a una rete di riferimenti di ambito stori-
co, politico, letterario. Notevole la ‘nota’ che contiene l’immagine della
prima edizione a stampa (1576) della Vita Nova; altrettanto significativo

31 Cfr. Inf. VII-IX.


32 Cfr. Inf., rispettivamente XIII (suicidi), XXIV-XXV (ladri), XXVIII-XXIX
(seminatori di discordia).
33 Cfr. Inf. VI.
130 DANIELA BOMBARA

l’inserto riguardante il centauro Chirone, 34 che viene raddoppiato dal ri-


quadro biografico relativo al suo illustre allievo Achille. Se quest’attitudine
esplicativa colma l’inevitabile gap conoscitivo del pubblico giapponese, è
anche sintomo ed effetto dell’attrazione che gli artisti nipponici contempo-
ranei provano per la cultura occidentale, verso la quale «la citazione diventa
omaggio»; 35 il carattere di rielaborazione dell’inferno gonaghiano viene in-
fine potenziato dalla sua intertestualità come rete di relazioni tra la fonte, la
sua ‘biblioteca’ e l’interpretazione attuale. 36 La riscrittura manga ci propone
quindi un oltremondo dantesco dalle linee semplici ma visivamente poten-
te, altamente drammatico, e non privo di riferimenti alla cultura che infor-
ma il testo originario.

Il fascino perverso del Male: Dante’s Inferno

Il Dante’s Inferno della Marvel, comic statunitense su testi di Christos Gage,


non è un semplice fumetto, poiché appartiene a un franchise transmediale
che comprende un videogioco dallo stesso titolo e un film d’animazione;
presenta comunque una sua autonomia narrativa, per cui è possibile ana-
lizzarlo singolarmente. 37 La trama riprende con qualche variante il plot vi-
deoludico, molto distante dall’originale: Dante è un crociato che scende
all’inferno per liberare la moglie Beatrice, uccisa da un saraceno e poi rapita
da Lucifero. Durante il viaggio il re dell’oltretomba mostra a Beatrice, per
convincerla a unirsi a lui, il passato problematico del guerriero, macchiato
da peccati che corrispondono a quelli dei cerchi infernali da lui attraversati:
omicida, bevitore, goloso e lussurioso. La chiave di tutto è nella famiglia
stessa del giovane, dominata da un padre violento e gaudente che aveva
spinto la moglie a uccidersi confinandola nella Selva dei Suicidi. Per redi-
mersi e raggiungere la donna amata Dante dovrà combattere non solo con
Lucifero ma con la stessa Beatrice, che finisce con l’odiare un Dante così
diverso da quello che conosceva e giunge a sentirsi attratta da Satana.

34 Cfr. Inf. XII 52 sgg.


35 R. PONTICIELLO, S. SCRIVO, Introduzione, cit., p. 5.
36 Su questa problematica si veda il saggio di U. ECO, Borges e la mia angoscia

dell’influenza (1999), in IDEM, Sulla letteratura, Milano, Bompiani, 2002, pp. 128-146.
37 Sul concetto di franchise transmediale, insieme di prodotti artistici che utilizza

mezzi di comunicazione diversi per trasmettere i propri contenuti, cfr. H. JEN-


KINS, Convergence Culture. Where Old and New Media Collide, New York, New York
University Press, 2006, poi in edizione aggiornata presso lo stesso editore nel 2008
(e anche in italiano: cfr. H. JENKINS, Cultura convergente, prefazione di Wu Ming,
Milano, Apogeo Education-Maggioli Editore, 2007).
VIAGGI COMIC DI DANTE E BEATRICE 131

Il fumetto, che precede di pochi giorni l’uscita del videogame, presenta


un’evidente transfocalizzazione e transvocalizzazione: 38 la storia infatti è intera-
mente condotta dal punto di vista di Beatrice, che appare la vera protago-
nista. Nella doppia etimologia del nome (colei che beatifica e la viaggiatri-
ce: viatrix) dichiarata in apertura, 39 è presente in nuce il destino ossimorico
del personaggio: costretta a compiere per prima il viaggio negli abissi
dell’inferno per salvare l’amato dalla dannazione, Beatrice è perennemente
sospesa fra Bene e Male, amore per Dante e attrazione per il re
dell’oltretomba.
Il racconto si apre con la morte della ragazza per opera di uno straniero
vendicativo; immediatamente appare Satana e mostra alla giovane defunta
un primo squarcio nel passato oscuro di Dante, evidenziando la violenza
assassina del crociato. Il successivo patto col diavolo – Beatrice accetta di
seguirlo nel suo regno se le verrà rivelata l’infedeltà di Dante – viene deciso
dalla protagonista con il sottaciuto proposito di salvare l’anima peccamino-
sa dell’amato; si inserisce così nel tessuto narrativo un motivo faustiano
che modella diversamente la componente femminile della storia, non più
damsel in distress, ma attiva esploratrice di un oltremondo che diventa meta-
fora della parte oscura di sé. All’occhio attento di Beatrice si svelano i se-
greti dell’inferno nel colloquio con le anime dannate e con Lucifero; quan-
do ad esempio ella osserva la singolarità del nocchiero Caronte – trasfor-
mato in barca, costui conserva del proprio corpo precedente soltanto la
testa – il traghettatore esclama: «Quelli erano tempi antichi, donna. Sono
cambiato, così com’è cambiato l’inferno. Come l’umanità, precipitata in

38 Il riferimento è a G. GENETTE, Palimpsestes. La littérature au second degré, Paris,


Éditions du Seuil, 1982. I concetti di transfocalisation, adozione di un nuovo punto
di vista, e transvocalisation, come cambiamento della voce narrante, sono esposti nel
cap. LIX, ivi, pp. 404-415, e più particolarmente ivi, pp. 407-411 (per la transfocali-
sation) e pp. 411-415 (per la transvocalisation).
39 Nelle prime due tavole i pensieri di Beatrice sono espressi con queste parole:

«Mi chiamo Beatrice. Mia madre mi ha detto che significa “colei che rende beati”.
Ma quando ho studiato i classici, ho scoperto un’altra derivazione. “Beatrice” vie-
ne probabilmente da “viatrix”, che in latino significa “viaggiatrice”» (C. GAGE, D.
LA TORRE, Dante’s Inferno, Modena, Panini Comics, 2010, fasc. 1; poiché le pagine
del fumetto non sono numerate, faremo riferimento solo ai fascicoli). Risulta par-
ticolarmente straniante il rilievo conferito alla cultura di Beatrice, non solo rispetto
agli altri prodotti del franchise ma anche in relazione alla fonte dantesca, in cui la
donna si mostra come depositaria di superiore conoscenza solo dalla seconda can-
tica in poi (e comunque in ambito esclusivamente religioso). Ciò rende la riscrittu-
ra di Gage e La Torre particolarmente innovativa; un personaggio femminile è al
centro della narrazione non solo per emozionalità e passioni, come spesso avviene
nella storia letteraria italiana e mondiale, ma per dottrina e curiosità intellettuale:
Beatrice osserva infatti l’inferno, chiede ragione della sua struttura e della presenza
dei dannati, comprende i limiti della potenza di Lucifero.
132 DANIELA BOMBARA

abissi di depravazione sempre più profondi, l’ha fatto cambiare». 40


L’inferno appare specchio del mondo di superficie, sottilmente collegato a
esso, icona della modernità; 41 ipostasi di un Male che pertiene agli umani, e
di fronte al quale lo stesso Lucifero, nel confronto dialogico con Beatrice,
declina la propria responsabilità autoriale:

Beatrice: Oh! L’intera... struttura è fatta di...


Lucifero: Ombre. Sì. Si rendono utili. Mentre ben poche di esse l’hanno fatto
in vita. È questa la natura del nostro regno, mia cara. Non sono io a rendere
l’inferno quello che è... quanto piuttosto gli stessi peccatori. 42

Così l’architettura barocca del mondo infero esplica il proprio portato


simbolico: l’inferno è fisicamente costruito dai dannati, tasselli dello stesso
infinito aggregato di dolore, ed è quindi un prodotto umano, non diaboli-
co. Come avviene in molte interpretazioni novecentesche dell’inferno, il
diavolo è dentro di noi: gradatamente il male si impossessa di Beatrice e la
trasforma. Di fronte a Lucifero – che la biasima perché non vuole mangia-
re il melograno, frutto della morte, tacciandola di viltà – la ragazza pensa:

Non ho paura di te, Lucifero. O di questo posto. È di me che ho paura. Della


parte di me che brama il potere che sento poter essere mio – Il pensiero di cedere
ai peccati che ho visto qui... al dolore e alla rabbia che si agitano dentro di me, do-
po che ho saputo dei peccati di Dante. 43

Ma quello di Beatrice è un viaggio duplice, di perdita di sé e redenzione,


in parallelo con il percorso di Dante: la capacità combattiva del guerriero,
prima soltanto segno di violenza e morboso compiacimento nel provocare

40 Ivi, fasc. 2, Discesa.


41 Claudia Sebastiana Nobili osserva come già la cultura dell’Ottocento metta in
discussione il paradigma antico di una separatezza del mondo infero: «Se nella let-
teratura classica l’eroe scende nell’aldilà per compiere un viaggio catartico, in quella
romantica l’inferno è un universo destabilizzante che invade il mondo dei vivi» (C.
S. NOBILI, [voce] Inferno, in G. M. ANSELMI, G. RUOZZI [a cura di], Luoghi della let-
teratura italiana, Milano, Bruno Mondadori, 2003, p. 225). Nel Novecento il mondo
infernale duplica l’aridità emozionale della realtà di superficie, come nel racconto
Viaggio agli inferni del secolo di Dino Buzzati (1966), o l’insensata sofferenza del cam-
po di concentramento, come in Se questo è un uomo (1947) di Primo Levi: «Oggi, ai
nostri giorni, l’inferno deve essere così, una camera grande e vuota, e noi stanchi
[di] stare in piedi, e c’è un rubinetto che gocciola e l’acqua non si può bere, e noi
aspettiamo qualcosa di certamente terribile e non succede niente e continua a non
succedere niente» (P. LEVI, Se questo è un uomo, in IDEM, Opere, I, a cura di M. Bel-
politi, introduzione di D. Del Giudice, Torino, Einaudi, 1997, p. 16).
42 C. GAGE, D. LA TORRE, Dante’s Inferno, cit., fasc. 3, Dissolutezza.
43 Ibidem.
VIAGGI COMIC DI DANTE E BEATRICE 133

dolore, si converte in elemento positivo, poiché Dante attraversa gli orrori


di Malebolge e sconfigge demoni e dannati sia per espiare i propri peccati
che per salvare la donna amata.
Doppio di Dante in quanto viatrix, Beatrice assume anche aspetto e
comportamento di Lucifero, diventando a tutti gli effetti regina degli inferi
(«regnerò in modo molto più spaventoso di quanto non abbia mai fatto
Lucifero») dopo aver appreso compiutamente la natura peccaminosa
dell’amato. Nella sua qualità di controparte femminile del Signore delle te-
nebre, Beatrice intende ora eliminare Dante, ma il duello fra i due perso-
naggi è attraversato da momenti di esitazione; nella mente di Beatrice si
combattono ragioni a favore e contro Dante, evidenziate in battute che
coesistono sulla stessa tavola, così da mostrare visivamente le aree proble-
matiche di un io diviso che giunge infine ad accettare la compresenza di
Bene e Male in ogni individuo:

Possono l’anima gentile di cui mi ero innamorata, e lo spietato assassino, il lus-


surioso traditore non fare parte dello stesso uomo? Non siamo tutti capaci di en-
trambe le cose? Io, nel mio viaggio attraverso l’inferno, non ho forse ceduto agli
stessi peccati? Ira, orgoglio, tradimento... Non ero forse pronta a distruggere
l’uomo che dicevo di amare? 44

La versione fumettistica assume quindi come punto focale della riscrit-


tura non tanto il percorso di espiazione e redenzione quanto le motivazioni
dello stesso, concentrando l’interesse sulla scelta come carattere distintivo
dell’umanità dei personaggi.
La conclusione aperta non mostra Dante e Beatrice redenti, ma in pro-
cinto di cominciare un nuovo percorso di purificazione; resta quindi nella
memoria del lettore la percezione di un mondo caotico, attraversato dal
Male, grazie anche a un tratto grafico evocativo, approssimativo e caratte-
rizzato da un cromatismo cupo. Rispetto all’ipotesto, nel quale l’universo
infero è perfettamente delimitato da una topografia cristiana che margina-
lizza ogni manifestazione al di fuori della divinità, Dante’s Inferno raggiunge
una sua creativa originalità: i due protagonisti, in particolare Beatrice, ven-
gono profondamente trasformati dalla materia infera, diventando essi stes-
si creature diaboliche. 45 L’opera di Gage e La Torre esaspera i toni, esal-

44 Ivi, fasc. 6, Sconfitta.


45 La distanza e la carica innovativa sono, a mio parere, implicitamente dichiarate
dalla mancanza di citazioni letterali dal poema dantesco. A parte i versi che aprono
il terzo canto, «Per me si va ne la città dolente» (Inf. III 1) e successivi, attribuiti
comunque non alla porta dell’inferno ma al vascello-Caronte, il testo di Gage non
presenta nessun altro aggancio evidente con la fonte; è logico, d’altra parte, che la
scelta di focalizzare la vicenda secondo l’ottica di un personaggio che non compa-
134 DANIELA BOMBARA

tando la pericolosità del contatto con il soprannaturale; questo è


l’oltremondo contemporaneo penetrato nel tessuto vitale degli individui,
come avviene in un romanzo di Giorgio Manganelli, Dall’inferno (1985),
dove il narratore, interagendo con un inferno di matrice dantesca, giunge
ad azzerare la propria identità:

destinato a perdere il proprio corpo e poi a ritrovarlo, continuamente mutato,


ne smarrisce i limiti al punto che la sua carne, il suo io, sembrano estendersi fino a
coincidere con il mondo circostante e a farsi, essi stessi, inferno. 46

Il Dante umanizzato di Alessio D’Uva, Filippo Rossi e Astrid


Lucchesi

Ultimo in ordine cronologico il Dante Alighieri ideato da Alessio D’Uva


e Filippo Rossi, con i disegni di Astrid (Astrid Lucchesi). 47 Il graphic novel
italiano, pubblicato nel 2014 da Kleiner Flug, rielabora profondamente il
riferimento dantesco. È l’ottica in sé a essere diversa rispetto ad altre ri-
scritture: non si vuole reinterpretare un singolo testo di Dante ma piutto-
sto raffigurarne la vita attraverso le opere. Queste ultime costituiscono al-
lora tasselli di una biografia ideale, di cui vengono trascelti solo i momenti
più significativi, ed emblematici di un percorso di formazione. Il Dante
presentato attraverso i suoi scritti – soprattutto la Vita Nova e gli ultimi
canti del Purgatorio (XXX, XXXI e XXXII) – non è solo un personaggio
letterario, ma anche un giovane timidissimo, dedito agli studi, ingenuo, in-
difeso di fronte al gioco della seduzione messo in campo dalle smaliziate
donne fiorentine. Vediamo qui un Dante inedito, con la barba sfatta e gli
occhi vacui, distrutto da una passione che lo sovrasta e lo rende cupo, a-
spro, disperato.
Ancora più significativo il fatto che l’esperienza dantesca sia filtrata at-
traverso gli occhi compassionevoli e innamorati di Beatrice, profondamen-
te legata a Dante sin dall’estrema giovinezza ma delusa e indispettita per la
presenza delle ‘donne dello schermo’, infine luminosa e incorrotta dopo la
sua ascesa al cielo. È importante, infine, la focalizzazione del pentimento di
Dante, al quale sono dedicate molte tavole: il suo ravvedimento è il cuore
della storia.
All’Inferno, fulcro di molte altre riscritture, è dedicato uno spazio mini-
mo, quasi coincidente con l’arrivo nella selva oscura, e in esso è sempre

re nell’ipotesto se non come obiettivo a cui tendere, cioè Beatrice, comporti la


reinvenzione di dialoghi e monologhi interiori.
46 C. S. NOBILI, [voce] Inferno, cit. (e cfr. G. MANGANELLI, Dall’inferno, Milano,

Rizzoli, 1985).
47 Cfr. A. D’UVA, F. ROSSI, ASTRID [pseudonimo di A. LUCCHESI], Dante Alighie-

ri, Scarperia (Firenze), Kleiner Flug, 2014.


VIAGGI COMIC DI DANTE E BEATRICE 135

presente Beatrice, almeno come narratrice; il luogo non appare orrifico ma


piuttosto dolcemente malinconico, conforme quindi all’atmosfera generale.
A livello testuale il fumetto mantiene una notevole fedeltà alle fonti, di
cui cita lunghi brani forzando i limiti del genere: le tavole dense di scrittura
risultano complesse, di ardua lettura, e si perde così, almeno in parte, una
delle caratteristiche precipue del genere comic, l’immediatezza. Colpisce
questa aderenza al documento originario, come se gli autori italiani non riu-
scissero a liberarsi dalla tutela del padre della lingua italiana. La riscrittura di
D’Uva, Rossi e Astrid presenta, a conti fatti, uno statuto ambiguo: innova-
tiva come progetto, essa mantiene però, a livello ideologico, uno stretto
rapporto con l’originale. Anche la scelta di condurre la vicenda dal punto
di vista di Beatrice, se umanizza i personaggi e crea un clima di affettuosità
quotidiana potenziato da illustrazioni minuziose e delicate, non introduce
modifiche sostanziali al discorso dantesco.
Il prodotto italiano centra comunque l’obiettivo di modernizzare la fi-
gura di Dante e valorizzare, al tempo stesso, il ruolo di Beatrice: da questo
punto di vista la versione italiana presenta notevoli affinità con quella sta-
tunitense (per quanto il comic americano declini le caratteristiche del perso-
naggio femminile in una sorprendente ottica noire, che richiama piuttosto le
visioni altamente drammatiche che animano l’Inferno di Gō Nagai). Collega-
te da un comune intento attualizzante, le tre riscritture fumettistiche che
ho esaminato non riproducono in effetti il testo di Dante, ma il senso che
l’autore e la sua opera possono avere per il lettore contemporaneo: il Dan-
te che ci consegnano è quindi, parafrasando Roland Barthes, un mito di og-
gi. 48

48 Cfr. R. BARTHES, Mythologies, Paris, Éditions du Seuil, 1957.


Finito di stampare nel gennaio 2018
per Vecchiarelli Editore in Manziana (Roma)

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