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Forme di romanzi

dall’Antico alle soglie


del Moderno
a cura di Antonio Pioletti

LE FORME e LA STORIA
n.s. XIII, 2020, 2
LE FORME e LA STORIA
Rivista di Filologia Moderna
Dipartimento di Scienze Umanistiche
Università degli Studi di Catania
n.s. XIII, 2020, 2

Forme di romanzi
dall’Antico alle soglie del Moderno

a cura di
Antonio Pioletti

2020
LE FORME e LA STORIA
Rivista di Filologia Moderna
Dipartimento di Scienze Umanistiche
Università degli Studi di Catania
© 2020 - Rubbettino Editore Srl
Rivista semestrale, n.s. XIII, 2020, 2 - ISSN 1121-2276
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Sommario

Forme di romanzi dall’Antico alle soglie del Moderno


7 Antonio Pioletti
Teorie del romanzo: contro gli stereotipi
35 Giulio Vannini
Romanzo serio e romanzo comico nell’antichità
71 Carolina Cupane
L’arte del romanzo a Bisanzio
105 Anatole Pierre Fuksas
Storia, mito e rispecchiamento esemplare nel romanzo medievale
in versi
129 Arianna Punzi
Narrare, spiegare, civilizzare: quando il romanzo sceglie la prosa
145 Gaetano Lalomia
Il processo di formazione del romanzo nella Castiglia medievale:
tra agiografia e cavalleria
163 Anna Bognolo
Il romanzo spagnolo del Rinascimento
187 Giancarlo Alfano
Un romanzo in forma di elegia. Intorno al cronotopo e al mono-
linguismo della Fiammetta
201 Mirella Cassarino
Modi narrativi “romanzeschi” nella letteratura araba premoder-
na: alcuni sondaggi
225 Lorenzo Casini
Il romanzo arabo e le problematiche soglie del Moderno
6 Sommario

239 Cristina Cabani


Dire e non dire: la metafora erotica nell’Orlando furioso

Tavola rotonda
Vangeli e narrazione
269 Antonio Pioletti
Su Vangeli e narrazione
281 Rossana Barcellona
Religione fra narrazione e storia. Riflessioni a margine di un li-
bro recente: C. Augias-G. Filoramo, Il grande romanzo dei Van-
geli, Einaudi, Torino 2019
289 Jean Noël Aletti
Les évangiles et le récits (grecs) anciens
295 Giovanni Filoramo
I vangeli come racconto

301 Gli autori


306 Norme redazionali per gli autori
Carolina Cupane
L’arte del romanzo a Bisanzio

Già in tempi medievali l’arte del narrare è stata paragonata a un


oceano in cui confluiscono innumerevoli corsi d’acqua, fiumi maestosi,
torrenti, ruscelli, semplici rivoli che s’interrano scomparendo per poi
riapparire a distanza di chilometri 1. La metafora implica che le molte
acque diverse finiscano per mescolarsi fino a perdere la loro fisionomia
originaria in quello sterminato bacino che è l’oceano. Ciò non corri-
sponde tuttavia alla complessa realtà del narrare sviluppatasi nel cor-
so dei secoli che, a differenza di Somadeva, è ora possibile individuare
nella sua molteplice interezza. Meglio mi sembra corrispondere a que-
sta complessità l’immagine di un intricato network 2, un complicato si-
stema di sentieri incrociati dominato da forze cetripete e centrifughe e
segnato da strade maestre ampiamente frequentate, vie traverse poco
battute e, a volte, da vicoli ciechi fitti di ostacoli e in apparenza sfo-
cianti nel nulla.
Uno di questi vicoli ciechi sembra essere stato il genere romanzesco
fiorito a Bisanzio fra il XII e il XV secolo, dapprima in una forma di
lingua arcaizzante che gli utenti chiamavano attica e successivamente,
al confine opposto dello spettro linguistico, nel volgare greco medieva-
le. Forse l’impressione che questo tipo di letteratura sfoci in un vicolo
cieco è in realtà frutto di mancata attenzione critica – vedremo in se-
guito che essa va corretta o quantomeno sfumata. Certo è però che si
tratta di un sentiero laterale, frequentato esclusivamente dalla ristret-
tissima cerchia dei cultori della materia. Vuoi in ragione della barrie-
ra linguistica, vuoi a causa della pessima reputazione di cui “gode” la
letteratura bizantina in generale, gli studiosi della narrativa medievale
1 Dal grande scrittore indiano Bhatta Somadeva (XI sec.): vd. Somadeva, Oceano

dei fiumi dei racconti, trad. it. a cura di F. Baldissera-V. Mazzarino-M.P. Vivanti, 2
voll., Einaudi, Torino 1993.
2 Prendo in prestito l’immagine da D. Selden, Text Networks, in «Ancient Narra-

tive» 8, 2010, pp. 1-23.

«Le forme e la storia» n.s. XIII, 2020, 2, pp. 71-104


72 Carolina Cupane

hanno bypassato il contributo di Bisanzio. Non è un caso che il recen-


te Companion dedicato al romanzo medievale 3 non includa un capitolo
sul romanzo bizantino e che esso venga liquidato in due scarne pagi-
nette in una, peraltro apprezzabile, trattazione della letteratura roman-
zesca europea che parte dalla narrativa antica per arrivare alle soglie
dell’età romantica4.
Nel ripercorrere in quel che segue il percorso del genere romanze-
sco nella letteratura in lingua greca del Medioevo, cercherò di delinear-
ne le principali linee di sviluppo non soltanto nell’ambito della tradi-
zione bizantina ma anche, e soprattutto, nel più ampio contesto della
narrativa coeva, occidentale e orientale, cui sono dedicati altri capitoli
del presente volume. Mio scopo è quello di restituire visibilità ad un
rappresentante, a torto poco considerato, della koinè narrativa medie-
vale di cui esso è senza dubbio parte integrante, sottolineando al con-
tempo il ruolo fondamentale di Bisanzio quale crocevia culturale e re-
lais nel riciclaggio di motivi narrativi.

La “rinascita” del XII secolo e la scrittura romanzesca bizantina

Così come in Occidente, e pressappoco alla stessa epoca, fra il 1135


e il 1160, il romanzo riappare a Bisanzio con “un grande tuffo all’in-
dietro”5, riallacciandosi cioè, senza apparente soluzione di continuità,
al modello tardoantico, in particolare ai due autori la cui presenza nelle
lettere bizantine è documentabile senza interruzione dal IV all’XI seco-
lo, Achille Tazio e Eliodoro 6. Sia nell’uno che nell’altro caso la scrit-
tura romanzesca (ri)affiora come un genere letterario “alto”, praticato
da scrittori colti e destinato all’intrattenimenti delle corti principesche
3 e Cambridge Companion to Medieval Romance, ed. by R. Krueger, Cambrid-

ge University Press, Cambridge 2000.


4 M. Doody, e True Story of the Novel, Rutgers University Press, New Brun-

swick (NJ) 1997 (1996), pp. 176-78.


5 Cfr. M.L. Meneghetti, Il Romanzo, il Mulino, Bologna 1988, p. 26.
6 Rinvio sull’argomento al capitolo sul romanzo da me curato in Lo spazio lette-

rario del Medioevo. 3. Le culture circostanti. Vol. 1 La cultura bizantina, a cura di G.


Cavallo, Salerno editrice, Roma 2004, pp. 404-53: 409-14 e, più recentemente, I.
Nilsson, Raconter Byzance: la littérature au 12 e siècle, Les belles lettres, Paris 2014, pp.
48-57; cfr. anche P.A. Agapitos, Narrative, rhetoric, and ‘drama’ rediscovered: scholars
and poets in Byzantium interpret Heliodorus, in Studies in Heliodorus, ed. by R. Hun-
ter, Cambridge Philological Society, Cambridge 1998, pp. 125-232: 125-39.
L’arte del romanzo a Bisanzio 73

dell’epoca. Queste coincidenze fra le due (ri)nascite romanzesche in


Occidente e a Bisanzio, entrambe peraltro da inquadrare nel più am-
pio contesto della rinascenza del XII sec.7, non devono però oscurare le
notevoli differenze. Mi limiterò a toccare soltanto tre punti fondamen-
tali. In primis: il rapporto con l’eredità letteraria dell’antichità fu sem-
pre a Bisanzio ben altrimenti intimo e intenso, nonostante alti e bassi
dovuti alle contingenze storico-politiche, di quanto non fosse mai stato
in Occidente nell’Alto Medioevo, dove rudimenti del sapere antico ri-
masero circoscritti per secoli all’ambito monastico8. Il sistema scolati-
co, laico e privato, che si fondava sulla lettura di Omero, dei tragici e
degli storiografi classici, oltre che di un folto drappello di autori della
tarda antichità, rimase in piedi sostanzialmente immutato a dispetto
delle molteplici traversie politiche che l’impero ebbe a subire nel corso
dei secoli.
Se non proprio riscoperta, comunque, vi fu certamente nella Bisan-
zio del XII sec. un notevole aumento del numero dei “cultori della ma-
teria”. Ciò ebbe come effetto un significativo ampliamento dello spettro
di letture classiche praticate e diede un notevole impulso a quella che
da sempre era stato l’esercizio preferito di ogni autore bizantino colto,
la mimesis, vale a dire la riscrittura creativa delle opere dei grandi aucto-
res del passato, molti dei quali, ignorati per secoli, vengono riscoperti 9.
Molto più articolata rispetto ad epoche precedenti è anche la stratifica-

7 Tuttora un classico sull’argomento, limitatamente all’Occidente è Ch.H. Ha-

skins, e Renaissance of the Twelfth Century, Harvard University Press, Cambridge


(Mass.)-London 1927 (trad. it. il Mulino, Bologna 1972); vd. adesso il recente Com-
panion to Twelfth Century Schools ed. by C. Giraud, Brill, Leiden-Boston 2020. Per
quanto riguarda in particolare Bisanzio, cfr. A. Kazhdan-A.W. Epstein, Change in By-
zantine Culture in the Eleventh and Twelfth Centuries, University of California Press,
Berkeley-London 1985; P. Magdalino, e Fourth Kingdom and the Rhetoric of Helle-
nism, in e Perception of the Past inTwelfth-Century Europe, ed. by P. Magdalino,
e Hambledon Press, London-Rio Grande 1992, pp. 117-56.
8 Un classico sull’argomento è P. Riché, Éducation et culture dans l’Occident bar-

bare, VI e -VIII e siècles, Seuil, Paris 1962; in particolare sul crollo del sistema scolastico
con la conseguente scomparsa di un pubblico colto di lettori e consumatori di lettera-
tura ancora insuperato resta E. Auerbach, Literatursprache und Publikum in der latei-
nischen Spätantike und im Mittelater, Francke, Bern 1958 (trad. it. Feltrinelli, Milano
1960 [2007]).
9 Sulla mimesis bizantina molto di male si è detto, la sua rivalutazione in quanto

pratica letteraria si deve a H. Hunger, On the Imitation (Mimesis) of Antiquity in By-


zantine Literature, in «Dumbarton Oaks Papers» 23/24, 1969/70, pp. 17-38 (rist. in
Id., Byzantinische Grundlageforschung, Variorum Reprints, London 1973, nr. XV).
74 Carolina Cupane

zione sociale degli intellettuali dell’epoca. La stragrande maggioranza


degli autori appartiene ora non più alla classe aristocratica ma alla me-
dia borghesia: si tratta spesso di insegnanti di retorica che esercitano la
loro professione in una delle scuole private della capitale e scrivono per
guadagnarsi il pane quotidiano, di regola su commissione o nella spe-
ranza di assicurarsi l’appoggio di un mecenate influente, possibilmente
un membro della famiglia inperiale, a quell’epoca quella dei Comneni,
se non dell’imperatore in persona10.
Il secondo punto tocca una differenza macroscopica nel campo
specifico della scrittura romanzesca: se il romanzo occidentale si svilup-
pa in stretto dialogo con l’epica e la storiografia11, le opere bizantine
coeve si sviluppano in linea diretta dalla prassi retorica che era par-
te integrante dell’istruzione secondaria e superiore, vale a dire dai co-
siddetti progymnasmata (esercizi di composizione), in particolare l’etho-
poiia/prosopopoiia (rappresentazione del carattere di un personaggio)12.
Destinati alla pubblica recitazione di fronte ad un pubblico scelto
(theatron), spesso in sale private13, i testi romanzeschi venivano con
10 Sull’istruzione a Bisanzio e sulla stretta connessione fra strutture didattiche e

produzione letteraria, soprattutto a partire dal XII sec., si veda ora la messa a punto
con ricca documentazione bibliografica a cura di A. Rhoby in Brill’s New Pauly: Hi-
story and Culture of Byzantium, ed. by F. Daim, Brill, Leiden-Boston 2019, pp. 457-
66 (originale in tedesco: Byzanz: Historisch-kulturwissenschaftliches Handbuch, hrsg.
von F. Daim, Metzler, Stuttgart 2016).
11 Anche se non ne deriva dal punto di vista strettamente genetico, come afferma

D.H. Green, e Beginnings of Medieval Romance: Fact and Fiction, 1150-1220,


Cambridge University Press, Cambridge 2002; vd. la lucida discussione in A. Pioletti,
Finzione e realtà nella letteratura francese medievale: su alcune recenti interpretazioni, in
Amb. Dialoghi e scritti per Anna Maria Babbi, a cura di G. Borriero, R. Capelli et al.,
Fiorini, Verona 2016, pp. 45-63.
12 Sull’argomento vd. l’eccellente analisi in P. Roilos, Amphoteroglossia. A poetics

of the Twelfth-Century Medieval Greek Novel, Harvard University Press, Cambridge


(Mass.) 2005, pp. 26-40.
13 Sull’istituzione, a carattere del tutto privato, del theatron nonché sul mecenati-

smo nella Bisanzio del XII sec., cfr. il contributo pionieristico di M. Mullett, Aristo-
cracy and Patronage in the Literary Circles of Comnenian Constantinople, in e Byzan-
tine Aristocracy IX to XIII Centuries, B.A.R, Oxford 1984, pp. 258-75 e, più recente-
mente, M. Grünbart, Inszenierung und Repräsentation der byzantinischen Aristokratie
vom 10. bis zum 13. Jahrhundert, Fink, München 2015, pp. 171-89. Sul pubblico
primario dei romanzi, vd. ora P. Roilos, “I grasp, oh artist, your enigma, I grasp your
drama”: Reconstructing the Implied Audience of the Twelfth-Century Byzantine Novel,
in Fictional Storytelling in the Medieval Eastern Mediterranean and Beyond, ed. by C.
Cupane-B. Krönung, Brill, Leiden-Boston 2016, pp. 463-78.
L’arte del romanzo a Bisanzio 75

tutta probabilità adoperati in utilizzazione secondaria come testi sco-


lastici 14.
Il terzo punto infine è la necessaria conseguenza del secondo. Men-
tre il romanzo medievale del XII secolo è il rappresentante più illustre
di una rinascita volgare e documenta una nuova consapevolezza di sé
da parte dei vari idiomi neolatini e germanici, il romanzo bizantino è
invece un’ulteriore, vigorosa affermazione della superiorità dell’eloquio
attico, in un’epoca peraltro in cui il vernacolo incomincia a muovere i
primi passi sulla scena letteraria15. Questa affermazione è endemica, sí,
nella cultura bizantina, ma ora è vieppiù rafforzata dalla nuova aggres-
sività dell’Occidente, concretizzatasi nelle Crociate, che fa vacillare
molte sicurezze e costringe Bisanzio alla difensiva. Lingua e cultura el-
leniche diventano il cardine di una nuova identità che si rivolge al pas-
sato classico, di cui Bisanzio si sente l’unico legittimo erede16, per neu-
tralizzare il presente17.

Gli autori e i testi


La produzione letteraria del XII sec. ci ha tramandato quattro testi
romanzeschi, tre in versi – Rodante e Dosicle di Teodoro Prodromo,
14 Cfr. I. Nilsson-N. Zagklas, “Hurry up, reap every flower of the logoi!” e Use

of Greek Novels in Byzantium, in «Byzantine and Modern Greek Studies» 57, 2017,
1120-48: 1144-48.
15 Rinvio in proposito a un mio lavoro recente: C. Cupane, Volkssprache und

Volksliteratur in Byzanz, in Anfangsgeschichten - Origin Stories. Der Beginn volksspra-


chlicher Schriftlichkeit in komparatistischer Perspektive - e Rise of Vernacular Literacy
in a Comparative Perspective, hrsg. von N. Kössinger-E. Krotz-S. Müller-P. Rychtero-
vá, Fink, Paderborn 2018, pp. 39-70: 46-56.
16 Una convinzione che l’Occidente, nella persona di Chrétien de Troyes (Cligès)

contesterà vigorosamente affermando il principio della translatio studii dalla Grecia al-
la Francia; su questo brano famoso e molto discusso da Ernst Robert Curtius, Euro-
päische Literatur und lateinisches Mittelalter, Francke, Bern10 1984, pp. 338-40 in poi,
segnalo pars pro toto fra i contributi più recenti S. Kinoshita, e Poetics of translatio:
French-Byzantine Relations in Chrétien de Troyes’s Cligès, in «Exemplaria» 8, 1996, pp.
315-54.
17 Sull’ellenismo come fondamento dell’autocoscienza bizantina in un periodo di

crisi, vd. A. Kaldellis, Hellenism in Byzantium: e Transformations of Greek Identity


and the Reception of the Classical Tradition, Cambridge Univ. Press, Cambridge (Mass.)
2007, soprattutto pp. 225-316; sul ruolo della lingua atticizzante come fattore fonda-
mentale per il senso dell’identità “nazionale” rinvio al mio contributo. Ἡ τῶν Ῥωμαίων
γλῶσσα, in Byzantina Mediterranea. Festschrift für Johannes Koder, hrsg. von K. Belke-
E. Kislinger et al., Böhlau, Wien 2007, pp. 137-56: 138-51.
76 Carolina Cupane

Drosilla e Caricle di Niceta Eugeniano, Aristandro e Kallithea di Co-


stantino Manasse (autore di una cronaca universale che godette di vasta
popolarità per tutta l’epoca bizantina), giuntoci in forma frammenta-
ria –, e uno in prosa, Isminia e Ismine di Eumazio Macrembolita18.
Mentre i primi tre, in particolare Prodromo e Manasse, sono ben note
personalità della scena letteraria dell’epoca, nonchè autori di svariate
opere tanto in prosa quanto, soprattutto, in versi, Macrembolita è una
figura evanescente, di cui non è certo nemmeno il nome, tramandato
in forme diverse (Eustazio, Eumazio, Giorgio, Parembolita) nella tradi-
zione manoscritta. Mancano inoltre elementi affidabili che permettano
di stabilire con certezza la cronologia relativa degli autori 19. Il riscontro
dei testi permette però di affermare che essi frequentavano gli stessi cir-
coli culturali e scrissero le loro opere in stretta interazione reciproca fra
la fine degli anni trenta20 e la fine degli anni cinquanta del secolo 21.
Malgrado differenze nelle scelte stilistiche – l’uso della prosa in
Macrembolita, del verso, dodecasillabo giambico in Prodromo e Euge-
niano, decapentasillabo in Manasse, – e letterarie – ad esempio la pre-
dilezione, propria di Eugeniano, per la poesia epigrammatica e bucoli-
ca del tardo ellenismo – le tre opere pervenuteci per intero 22 sono ac-
18 Tutti e quattro sono facilmente accessibili nell’edizione (accompagnata da tra-
duzione italiana) a cura di F. Conca, Il Romanzo bizantino del 12 secolo, Utet, Torino
1994; una traduzione inglese con introduzione e note offre E. Jeffreys, Four Byzantine
Novels: eodore Prodromos, Rhodanthe and Dosikles - Eumathios Makrembolites, Hy-
smine and Hysminias - Constantine Manasses, Aristandros and Kallithea - Niketas Eu-
genianos, Drosilla and Charikles, Liverpool University Press, Liverpool 2012.
19 Le opinioni oscillano fra la priorità di Macrembolita e quella di Prodromo,

laddove l’unico punto fisso è la seriorità di Eugeniano, che la tradizione manoscritta


dichiara imitatore di Prodromo. Una chiara panoramica dello status quaestionis si tro-
verà in I. Nilsson, Raconter Byzance, cit. (come in n. 6), pp. 58-60.
20 Come si può inferire da un epigramma premesso al romanzo di Teodoro Pro-

dromo, nel quale l’autore dedica l’opera ad un innominato kaisar (la più alta carica di
corte, conferita allo sposo delle principesse imperiali) con tutta probabilità identifica-
bile con Niceforo Briennio, deceduto nel 1138: cfr. E. Jeffreys, A date for Rodanthe
and Dosikles?, in P.A. Agapitos-D.R. Reinsch, Der Roman im Byzanz der Komnenen-
zeit, Beerenverlag, Frankfurt a.M. 2000, pp. 127-36, ribadito da P. A. Agapitos, Poets
and painters: eodoros Prodromos’ Dedicatory Verses of his Novel to an Anonymous Cae-
sar, in «Jahrbuch der österreichischen Byzantinistik» 50, 2000, pp. 173-85.
21 Su questa determinazione cronologica si veda P. Magdalino, Eros the King and

the King of Amours: some Observations on Hysmine and Hysminias, in «Dumbarton


Oaks Papers» 46, 1992, 257-74.
22 Il romanzo di Manasse è escluso dalla presente discussione poiché la sua tradi-

zione frammentaria non consente un’analisi letteraria.


L’arte del romanzo a Bisanzio 77

comunate da due elementi: creatività nella ripresa del modello roman-


zesco tardoantico e accentuazione della dimensione retorica a discapito
della componente dinamica. I due elementi non sono scindibili e de-
terminano in modo inestricabile la testura del racconto, che, a diffe-
renza dei romanzi tardoantichi, è un racconto di parole più che di fat-
ti. La basilare fedeltà al modello riguarda innanzitutto la macrostruttu-
ra della fabula. Tanto il setting geografico (l’intero bacino del Mediter-
raneo che prestava le coulisse al romanzo ellenistico) quanto quello che
da Michail Bachtin in poi si suole chiamare cronotopo, “lo spazio al-
trui nel tempo di avventura”23, con il suo armamentario di templi e di-
vinità pagane, riti e sacrifici, pirati e paradoxa dell’Oriente tardo-anti-
co, sono mantenuti, così come lo sono numerosi motivi ed episodi ste-
reotipi (la tempesta, il naufragio, la castità pervicace dell’eroina, sem-
pre insidiata e sempre mantenuta, il locus amoenus). Tutte queste “cita-
zioni” funzionano al tempo stesso come segnali che rendono evidente e
sottolineano la finzionalità delle storie narrate che si presuppone nota e
accetta al pubblico primario 24. Il virtuosismo mimetico non inibisce
tuttavia il piacere della variatio, al contrario, lo spettro di variabilità è
tanto ampio quanto sottile. Teodoro Prodromo, ad esempio, riprende
da Eliodoro non soltanto la struttura in medias res e la narrazione re-
trospettiva, ma anche la drammatica scena iniziale: una banda di pirati
scopre la bella eroina e l’eroe gravemente ferito soli sulle rive del Nilo e
circondati da cadaveri, si accinge a catturarli, viene però messa in fuga
da una seconda banda di briganti che si impadronisce dei due; nessun
combattimento è descritto, il lettore può solo immaginare quanto è
successo dalla presenza dei corpi mutilati sparsi sulla spiaggia e dovrà
aspettare a lungo prima di scoprire la realtà dei fatti. Prodromo riscrive
e comprime la complessa scena eliodorea eliminando quanto c’era di
misterioso e allusivo nel modello; in cambio concede al lettore la sod-
23 M. Bachtin, Le forme del tempo e del cronotopo nel romanzo, in Id., Estetica e

Romanzo, Einaudi, Torino 1979, pp. 231-405: 231-58.


24 Sul problema della finzionalità nella letteratura medievale in prospettiva com-

paratistica cfr. P.A. Agapitos, In Rhomaian, Frankish, and Persian Lands: Fiction and
Fictionality in Byzantium and Beyond, in Medieval Narratives between History and Fic-
tion. From the Centre to the Periphery of Europe, c. 1100-1400, ed. by P.A. Agapitos-
B.L. Mortensen, Museum Tusculanum Press, Copenhagen 2012, pp. 235-367: 276-
85 (sul romanzo comneno), da leggere assieme alle obbiezioni di C. Cupane Una pas-
seggiata nei boschi narrativi, in «Jahrbuch der österreichischen Byzantinistik» 63,
2013, pp. 61-90 e F. Rizzo Nervo, Storia e fiction: tra filologia e comparativismo, in
margine a due recenti lavori, in «Medioevo greco» 14, 2014, pp. 307-23.
78 Carolina Cupane

disfazione di assistere a un combattimento reale – l’aggressione dei pi-


rati al porto di Rodi – la cui dettagliata descrizione nulla lascia a desi-
derare quanto a realismo e brutalità. Il denso intreccio di allusioni e in-
versioni è completato da uno spostamento cronologico dei fatti dall’al-
ba al tramonto nel mantenimento della stessa immagine: «da poco sor-
rideva il giorno e il sole irraggiava le creste dei monti, quando…»25 di-
venta (Teod. Prodr. I 1-3, ed. Conca, pp. 64-65): «Il carro di Helios,
trascinato da quattro cavalli aveva già attraversato con rapida corsa la
terra e arrivato sotto di essa oscurava la sera». Niceta Eugeniano, infi-
ne, imitatore sia di Prodromo che di Eliodoro, nel riprendere la scena
ripristina il riferimento temporale originario (Nic.Eug. I 1-3, ed. Con-
ca, pp. 306-7: «Già la stella del mattino, apportatrice di luce, sovrana
degli astri, era sorta dall’emisfero australe») ed espande la descrizione
del combattimento accentuandone i particolari sanguinosi 26.
La dimensione retorica dei romanzi del XII secolo rispecchia il gu-
sto dell’epoca, a buon diritto definita “aetas rhetorica”27; esso è peraltro
documentato nell’insieme della produzione letteraria degli stessi autori
dei romanzi in cui componimenti retorici d’apparato quali encomi, la-
menti, lettere, progymnasmata, ekphraseis, figurano in posizione di rilie-
vo 28, ma è anche conseguente al modo con cui venivano intesi e rece-
piti i modelli tardoantichi, vale a dire come esempi di stile ed elocuzio-
ne ad uso di apprendisti scrittori 29. La dominanza della facies retorica
determina al tempo stesso la preferenza data al verso, giambico o poli-
tico che sia, che nella Bisanzio del XII sec. assurge al rango di uno “sta-
tus symbol” fra i letterati dell’epoca ed è impiegato in una serie di ge-

25 Eliodoro 1.1: ἡμέρας ἄρτι διαγελώσας καὶ ἡλίου τὰς ἀκρωρείας καταυγάζοντος (ed.

R.M. Rattenbury-T.W. Lumb, 3 voll., Les belles lettres, Paris 1935: vol. I, p. 1; trad.
it. a cura di A. Angelini, in Il romanzo antico greco e latino, a cura di Q. Cataudella,
Sansoni 3, Firenze 1992, p. 623).
26 Le scene sono analizzate da Agapitos, Narrative, Rhetoric, and Drama, cit. (co-

me in n. 6), pp.148-51 e Nilsson, Raconter Byzance, cit. (come in n. 6), pp. 75-80.
27 A. Garzya, Literarische und rhetorische Polemiken in der Komnenenzeit, in «By-

zantinoslavica» 34, 1973, pp. 1-14: 12.


28 Conformemente, in alcuni manoscritti del XIII e XIV sec. i testi romanzeschi

stessi vengono articolati in segmenti tramite marginalia che ne segnalano la classifica-


zione retorica (ekphrasis, lamento, lettera, discorso, etc.); cfr. F. Conca, Scribi e lettori
dei romanzi tardo antichi e bizantini, in Metodologie della ricerca sulla Tarda Antichità.
«Atti del primo Convegno dell’Associazione di Studi Tardoantichi», D’Auria, Napoli
1989, pp. 223-46.
29 Cfr. Roilos, Amphoteroglossia, cit. (come in n. 12), pp. 40-50.
L’arte del romanzo a Bisanzio 79

neri, profani e religiosi, narrativi e non30. Il ruolo principe della retori-


ca è iscritto altresì nel linguaggio metaforico dei testi. Non a caso Pro-
dromo pone la sua coppia sotto il patronato di Hermes logios, il dio del
bell’eloquio, che non è uno dei tradizionali protettori degli eroi ro-
manzeschi 31, e non a caso Eumazio Macrembolita affida proprio alla
parola, scritta e sempre riattivata nella pubblica declamazione, il com-
pito di rendere eterna la memoria degli amori di Ismine e Isminia, e
quindi della sua opera che:
sarà incisa come su tavole di legno immarcescibili o lastre di diamante
con lo stilo e l’inchiostro di Hermes, e con lingua spirante fuoco retorico,
e qualcuno dei posteri la declamerà con eloquenza e, come su una im-
mortale stele votiva, erigerà con le (sue) parole una statua tutta d’oro 32.

Retoricità e imitazione. Un’accoppiata fatale, che potrebbe indur-


re, e ha di fatto indotto, a leggere questi testi come fenomeni di escapi-
smo, tentativi di straniamento e fuga dalle frustrazioni del reale. Una
componente escapistica è di fatto innegabile. Tuttavia, nè la forma re-
torica nè il corredo filologico impediscono ai romanzieri del 12 sec. di
confrontarsi con problematiche di attualità e reagire alle costrizioni po-
litiche e sociali dei loro tempi. Niceta Eugeniano, ad esempio, nell’in-
scenare il maldestro corteggiamento della raffinata cittadina Drosilla
da parte del rozzo paesano Caridemo a botte di citazioni dalla poesia
bucolica (Teocrito) e romanzesca (Longo, Dafni e Cloe) antiche, non
fa soltanto sfoggio di erudizione ad uso e consumo di un pubblico di
intellettuali in grado di cogliere tanto i riferimenti quanto la loro di-
storsione parodica, ma tematizza al tempo stesso quella polemica fra la
raffinatezza urbana (ἀστειότης) di Costantinopoli e la barbarica igno-
ranza della provincia (ἀγροικία), endemica nella letteratura bizantina
30 Vd. sull’argomento E. Jeffreys, Why Produce Verse in Twelfth Century Constan-

tinople, in «Doux remède…» Poésie et poétique à Byzance, ed. par P. Odorico-P.A. Aga-
pitos-M. Hinterberger, Diffusion de Boccard, Paris 2009, pp. 219-28 e in generale i
vari contributi del volume miscellaneo A Companion to Byzantine Poetry, ed. by W.
Hörandner-A. Rhoby-N. Zagklas, Brill, Leiden-Boston 2019.
31 Solitamente Eros o Afrodite: cfr. Roilos, Amphoteroglossia, cit., pp. 50-53.
32 Eust Macr. XI 22, ed. Conca, pp. 686-87: ὡς ἐν ἀμαράντοις ξύλοις καὶ λίθοις

ἀδάμασιν Ἐρμοῦ γραφίδι καὶ μέλανι καὶ γλώσσῃ πῦρ πνεούσῃ ῥητορικὸν τὰ καθ᾿ἡμᾶς στηλο-
γραφηθήσεται, καί τις τῶν ὀψιγόνων καταρρητορεύσει ταῦτα καὶ ὡς ἀθανάτῳ στήλῃ τοῖς
λόγοις ἀνδριάντα χαλκουργήσει κατάχρυσον; sul passo vd. il commento di C. Cupane,
Una passeggiata, cit. (come in n. 24), pp. 61-90: 82-84 (con discussione delle diffe-
renti proposte interpretative).
80 Carolina Cupane

ma particolarmente virulenta negli scrittori di età comnena33. A volte,


è addirittura la citazione letterale, grazie al semplice iato temporale fra
imitante e imitato, a fondare l’attualità e, di conseguenza, l’alterità del
testo bizantino rispetto al modello 34. Per i destinatari dell’epoca, ad
esempio, il grido di gioia del protagonista di Teodoro Prodromo, Do-
sicle, prigioniero del barbaro Mistilo, nello scoprire che il compagno di
prigionia è un greco (I 153-54, ed. Conca, pp. 72-73: ἔλλην, θεοὶ σω-
τῆρες, οὖτος ὀ ξένος, ἔλλην), una citazione letterale da Eliodoro 35, ac-
quistava senza dubbio, in un’epoca in cui l’impero bizantino era cir-
condato da orde di nuovi barbari, Franchi e Normanni da Occidente,
Turchi Selgiuchidi ad Oriente, spessore e risonanza ben al di là dell’or-
mai stereotipa opposizione greco-barbaro ereditata dall’antichità36. Ta-
le dimensione di attualità non è comunque in contraddizione con la
spiccata letterarietà dei testi, anzi se ne serve, inserendosi nelle pieghe
di una scrittura costruita, come si è avuto modo di vedere, sulla base di
rinvii e allusioni a scritture precedenti e multiple, romanzesche e non,
in un intreccio raffinato di voci aliene, antiche e nuove 37. La fabula è

33 Si veda l’eccellente analisi del passo in Roilos, Amphoteroglossia, cit., pp. 68-

79: cfr. anche I. Nilsson, Romantic Love in Rhetorical Guise: e Byzantine Revival of
the Twelfth Century, in Cupane-Krönung, Fictional Storytelling, cit. (come in n. 13),
pp. 39-66: 41-45; in generale sul concetto bizantino di urbanitas/ἀστειότης, cfr. C.
Cupane, Στήλη τῆς ἀστειότητος, Byzantinische Vorstellungen weltlicher Vollkommenheit in
Realität und Fiktion, in «Frühmittelalterliche Studien» 45, 2011, pp. 193-209.
34 Cfr. H.-R. Jauss, La teoria della ricezione. Identificazione retrospettiva dei suoi

precedenti culturali, in Teoria della ricezione, a cura di R. Holub, Einaudi Torino 1989,
pp. 3-26: 20.
35 Eliod.1 8.6, ed. Rattembury-Lumb, vol. I, p. 13: Ἔλλην, ὧ θεοί, ἐπεβόησαν; cfr.

C. Cupane, Lo straniero, l’estraneo, la vita da straniero nella letteratura (tardo)bizantina


di finzione, in Identité et Droit de l’Autre, ed. par L. Mayali, Robbins Collection, Ber-
keley 1994, pp. 103-26: 112-13.
36 Sul topos e la sua riutilizzazione nel contesto del contrasto fra Bisanzio e l’Oc-

cidente, cfr. H. Hunger, Graeculus perfidus ἰταλός-ἰταμός: il senso dell’alterità nei rap-
porti greco-romani e italo-bizantini, Roma, Unione internazionale degli istituti di ar-
cheologia, storia e storia dell’arte in Roma, 1987.
37 L’intreccio di allusioni che sottende la scrittura romanzesca medievale è stata

definita da Douglas Kelly, in riferimento al romanzo cavalleresco di Occidente, una


“conspiracy of allusion”: vd. D. Kelly, e Conspiracy of Allusion. Description, Rewri-
ting, Authorship from Macrobius to Medieval Romance, Brill, Leiden-Boston-Köln
1999; sul versante bizantino S. MacAlister, Dreams and Suicides. e Greek Novel from
Antiquity to the Byzantine Empire, Routledge, London-New York 1996, pp. 117-64,
parla invece di “alien speech” sulla scorta Bachtin, La parola nel romanzo, in Id., Este-
tica e Romanzo, cit., pp. 87-88.
L’arte del romanzo a Bisanzio 81

soltanto uno dei fattori che costituiscono il godimento della lettura,


forse non il principale. Essenziale è piuttosto la complicità fra autore e
pubblico, entrambi appartenenti allo stesso “club” di iniziati a e cono-
scitori di letteratura, il piacere del riconoscimento in una storia nota,
di sempre nuove variazioni, citazioni, giochi di assonanze, ricami su un
tessuto infinitamente riusabile, fonti di un piacere che è stato definito
con felice metafora “palinsestuoso”38.
Questo tipo di fruizione e godimento del testo narrativo scompar-
ve con la civiltà che lo aveva coltivato ed eretto a gioco sociale per una
ristretta élite di conoscitori. Privo del suo humus naturale il romanzo
dell’età comnena cadde nell’oblio, a differenza dei romanzi antichi che,
riscoperti e tradotti nella tarda età rinascimentale e barocca, prima in
latino, poi nelle diverse lingue nazionali, influenzarono in modo deci-
sivo il romanzo barocco soprattutto in Francia e Spagna. L’unico testo
del XII sec. ad aver goduto di ampia popolarità in Occidente fu Ismine
e Isminia di Eumazio Macrembolita, tradotto già nel XVI sec. (in ita-
liano e francese) e imitato nel XVIII, che lo apprezzò, anche se non per
il suo valore letterario ma per il suo contenuto erotico 39.
Se l’Occidente non volle o non seppe apprezzare il romanzo com-
neno, lo stesso non vale per Bisanzio stessa che sopravvisse per oltre
due secoli al trauma del 1204, quando la capitale stessa fu espugnata
nel corso della IV Crociata, e continuò a produrre letteratura di alto li-
vello e raffinatezza. Manca il romanzo, apparentemente, in questa pro-
duzione detta paleologa dal nome della dinastia regnante, l’ultima pri-
ma della caduta definitiva del 1453, alla quale è stato conferito, in ra-
gione della sua raffinatezza stilistica e della venerazione per e conoscen-
za dei classici, l’onorevole predicato di rinascenza40. Ma questa è sol-
38 Cfr. Nilsson, Raconter Byzance, cit. (come in n. 6), p. 86, il rinvio implicito è
a G. Genette, Palimpsestes. La littérature au second dégrès, Seuil, Paris 1982.
39 Per la storia della ricezione moderna di Macrembolita, vd. C. Jouanno, Fortu-

ne d’un roman byzantin à l’époque moderne: étude sur les traductions françaises d’ Hy-
smine et Hysminias de la Renaissance au XVIII e siècle, in «Byzantion» 84, 2014, pp.
203-34; in particolare sulla lettura erotica del testo, I. Nilsson, In Response to Char-
ming Passions: Erotic Reading of a Byzantine Novel, in Pangs of Love and Longing: Con-
figurations of Desire in Premodern Literature, ed. by A. Cullhed, C. Franzen et al.,
Cambridge Scholars Publishing, Newcastle upon Tyne, 2013, pp. 176-202; Ead. Les
amours d’Ismène et Isménias, ‘roman très connu’: e Afterlife of a Byzantine Novel in
Eighteenth-Century France, in e Reception of Byzantium in European Culture since
1500, ed. by P. Marciniak-D. C. Smithe, Ashgate, Farnhan 2014, pp. 171-202.
40 Cfr. I. Ševčenko, e Palaeologan Renaissance, in Renaissances before the Renais-

sance. Cultural Revivals of Late Antiquity and the Middle Ages, ed. by W. Treadgold,
82 Carolina Cupane

tanto una parte della storia. Altri autori raccolsero la fiamma del ro-
manzo, ma, pur ricordandosi dei loro predecessori dell’età comnena,
scelsero di affiancarvi altre e più esotiche autorità e, last but not least, di
adottare un nuovo registro linguistico, il volgare.

Fra epos e romanzo: Digenis Akritas

Prima di affrontare l’ultimo e forse più avvincente capitolo nella


storia della scrittura romanzesca in lingua greca in età premoderna,
quello cioè del romanzo in volgare degli ultimi secoli di Bisanzio (fine
XIII-XV sec.) conviene fare un passo indietro e soffermarsi a conside-
rare brevemente uno dei prodotti piu originali dell’intera letteratura
bizantina. Il poema epico-romanzesco dedicato alla vita e alle gesta del-
l’eroe guerriero Digenis è sotto ogni aspetto un unicum nella letteratu-
ra bizantina. Un nuovo setting – la frontiera fra l’impero e il califfato
all’epoca del conflitto arabo-bizantino (X-XI sec.) – la veste metrica e
linguistica – il decapentasillabo, già usato in molta poesia encomiastica
dell’età comnena unitamente al volgare 41 e infine il tono eroico-guer-
riero che si coniuga tuttavia a stilemi del romanzo d’amore tardoanti-
co, probabilmente veicolato dal revival romanzesco del XII sec., tutti
questi elementi fanno del Digenis un ibrido generico, un fiore esotico,
che, come peraltro l’eroe eponimo nel mondo finzionale, non avrà ere-
di né diretti imitatori. Il poema, come molte narrazioni medievali – ad
esempio il Cligès di Chrétien de Troyes – abbraccia due generazioni e
narra in due parti distinte, ma speculari, dapprima la storia del padre
dell’eroe eponimo e successivamente quella del figlio per concludersi
con la sua precoce morte. Un emiro arabo rapisce durante una razzia
in territorio bizantino (nord della Siria) la figlia di uno stratego (gover-
natore) bizantino, se ne innamora e la sposa dopo essersi convertito al

Stanford University Press, Stanford 1984, pp. 140-71; E. Fryde, e Early Palaeolo-
gan Renaissance (1261-c. 1360), Brill, Leiden-Boston-Köln 2000.
41 Esperimenti poetici in volgare e in versi politici, ancorché su piccola scala,

vengono fatti invero alla stessa epoca da alcuni letterati legati ai circoli di corte, pri-
mo fra i quali Teodoro Prodromo; in lui la ricerca più recente identifica l’autore di
quattro poemetti satirici attribuiti nella tradizione manoscritta a uno Ptochoprodro-
mo (Prodromo pitocco); i testi sono editi con traduzione tedesca e ampia introduzio-
ne da H. Eideneier, Ptochoprodromos. Kritische Ausgabe der Vier Gedichte, Romiosini,
Köln 1991.
L’arte del romanzo a Bisanzio 83

cristianesimo con tutta la sua tribù. Questa parte, che alcuni hanno ri-
tenuto più antica, è stata intitolata “Canto dell’emiro”42. Il frutto
dell’unione mista è l’eroe dal nome parlante, Digenis (dalla doppia na-
scita) Akritas (difensore delle ἄκραι, frontiera), le cui gesta sono narrate
nella seconda e più lunga parte. Fanciullo di estrema precocità e forza
fisica, Digenis, dopo aver ricevuto dai quattro anni in poi la necessaria
istruzione scolastica, dà prime prove del suo ardimento all’età di dodici
anni partecipando a battute di caccia a belve feroci. Come il padre an-
ch’egli rapisce la figlia di un generale bizantino, la sposa e decide di vi-
vere con lei in solitudine nei territori selvaggi costeggianti le rive del-
l’Eufrate, che segna il confine fra l’impero cristiano e il califfato. Suo
compito precipuo (e unico) sarà da questo momento difendere la sposa
da svariati pericoli, naturali (i banditi chiamati apelati) e sovrannatura-
li (un drago). Mai si vede Digenis impegnato in azioni in difesa della
zona di frontiera, alle quali si accenna, sí, ma come ad eventi ben noti
su cui non è necessario dilungarsi. Eliminati tutti i nemici Digenis de-
cide di ritirarsi a vivere nei luoghi che sono stato teatro di queste lotte
e si fa construire uno splendido palazzo circondato da un giardino lus-
sureggiante. Qui soccomberà all’unico nemico che non è possibile
sconfiggere, la morte, nella quale la moglie disperata lo segue.
Il testo del poema ci è pervenuto in una serie di riscritture, desi-
gnate con le sigle dei codici che le tramandano, databili in un arco di
tempo che si estende dagli inizi del XIV alla seconda metà del XVI sec.
Qui ci interesseranno soltanto le due versioni di epoca bizantina, G,
tramandata da un codice della biblioteca del monastero di Grottaferra-
ta, esemplato in Terra d’Otranto alla fine del XIII sec.43 ed E, conser-
vata in un manoscritto dell’Escorial (fine del XV sec.) 44. Queste versio-
ni differiscono nettamente in stile e struttura. La lingua più vicina ad
una koinè media che al vernacolo di G contrasta con il ductus popola-
reggiante di E. G è suddivisa in otto libri secondo una prassi tipica del-
la storiografia e presenta un accurato impianto biografico che si orienta
alla scrittura agiografica ed è memore del bios romanzato di Alessan-
dro, un best e longseller che attraversa la letteratura in lingua greca, an-
42 H.-G. Beck, Geschichte der byzantinischen Volksliteratur, Beck, München

1971, pp. 63-96.


43 Cfr. D. Arnesano, Il ‘copista di Digenis Akritas’: appunti su mani anonime sa-

lentine dei secoli 13 e 14, in «Bizantinistica» 7, 2005, pp. 135-58.


44 Entrambe le versioni sono edite da E. Jeffreys, Digenis Akritis.e Grottaferra-

ta and Escorial Versions, Cambridge University Press, Cambridge 1998.


84 Carolina Cupane

tica e bizantina, in una sequela ininterrotta di riscritture 45. E ha invece


una struttura episodica e cuce insieme svariati poemi brevi formatisi
indipendentemente l’uno dall’altro e disposti in una linea tendenzial-
mente ma non consequentemente biografica da un compilatore 46. Di-
verso è infine il “punto di vista” dal quale la materia narrativa comune
a entrambe le redazioni viene presentata. L’autore di G rispecchia gli
interessi, l’ethos e i gusti letterari dell’aristocrazia militare, originaria
dell’Asia Minore e, come la stessa famiglia imperiale, giunta al potere
nella capitale. Tale prospettiva ben si riflette in un episodio, riportato
soltanto da G, in cui l’imperatore in persona, desideroso di conoscere
il difensore della frontiera, si reca in persona a visitarlo nella lontana
Siria e riceve dall’eroe una lezione sul corretto modo di esercitare l’au-
torità imperiale 47. E invece sembra riflettere il punto di vista della zona
di frontiera stessa, un punto di vista che si riflette nel diverso approc-
cio, più empatico e condiscendente di quanto non appaia in G, al
mondo e ai rudi costumi della zona e la diversa rappresentazione dei
rapporti sociali qui operanti. Emblematica a questo proposito è la de-
scrizione del primo incontro di Digenis con gli apelati, presente sol-
tanto in E, in cui tutti i personaggi, malgrado i ruoli diversi e conflit-
tuali, sono rappresentati come appartenenti allo stesso mondo e parte-
cipi degli stessi ideali di fierezza e ardimento 48. Queste ed altre diffe-
renze di tono e prospettiva non inficiano comunque la sostanziale
identità della storia. Sembra oggi certo che entrambi i redattori abbia-
no riscritto secondo categorie mentali diverse lo stesso testo, compilato
nella prima metà del XII sec., con tutta probabilità a Costantinopoli,
sulla base di brevi ballate che circolavano sulla frontiera arabo-bizanti-
na al di qua e al di là del confine e in entrambe le lingue 49 diverse ge-

45 Mi limito a rinviare alla recente panoramica tracciata da U. Moennig, A Hero

Without borders: 1 Alexander the Great in Ancient, Byzantine and Modern Greek Tradi-
tion, in Cupane-Krönung, Fictional Storytelling, cit. (come in n. 13), pp. 159-89.
46 Cfr. D. Ricks, Is the Escorial Akrites a Unitary Poem?, in «Byzantion», pp. 184-

207; Id. Byzantine Heroic Poetry (Studies in Modern Greek), Bristol Classical Press,
Bristol 1990.
47 Digenis G IV, vv. 971-1046.
48 E, vv. 610-701. La differenza di punto di vista fra le due redazioni è stata ben

analizzata da F. Rizzo Nervo, Dighenis Akritis, versione dell’Escorial, Rubbettino, Sove-


ria Mannelli 1996, pp. 14-17; 31-37; 41-44.
49 Sulla corrispondente epica araba in cui appare anche il personaggio di Digenis

vd. C. Ott, Shared Spaces: 2 Cross-border Warriors in the Arabian Folk Epic, in Cupa-
ne-Krönung, Fictional Storytelling, cit. (come in n. 13), pp. 285-310; Ead., Byzantine
L’arte del romanzo a Bisanzio 85

nerazioni prima della messa per iscritto. È probabile, anche se non di-
mostrabile, che queste ballate furono diffuse a Costantinopoli da esuli
provenienti dall’Asia Minore in seguito alla rovinosa disfatta di Man-
tzikert (1071) che consegnò questa provincia dell’impero nelle mani
dei Selgiuchidi 50. Il redattore del poema originario, cui si rifanno indi-
pendentemente l’uno dall’altro G ed E, è da inquadrare in quell’ambi-
to di creativa sperimentazione letteraria che caratterizza il primo tren-
tennio del secolo XII e che diede vita ad uno studio intenso dei classi-
ci, e in particolare di Omero, e ai romanzi in lingua dotta, ma anche ai
primi tentativi di poesia in volgare, anch’essi ambientati nei circoli col-
ti dell’epoca. Il poema su Digenis rispecchia questi fermenti. Comuni
a G ed E, e dunque per inferenza presenti nell’originale, sono infatti il
rapportarsi all’epica omerica (da G considerate addirittura inferiore, in
quanto non veridica), ekphraseis di loca amoena con echi del romanzo
di Achille Tazio, l’esaltazione del potere di Eros 51 e non ultimo il livel-
lo medio di lingua, anche se quest’ultimo non è ricostruibile dato che
le due redazioni posteriori che ci sono pervenute differiscono in questo
punto. Come che sia, all’epoca di Manuele Comneno (1143-1180)
Digenis era in ogni caso figura nota e socialmente accettabile, perfino a
corte dato che una delle poesie prodromiche non esita a chiamare l’im-
peratore Manuele in persona “un secondo Akrita” 52.
Almeno un veloce accenno va fatto in questa sede ai destini succes-
sivi dell’eroe di frontiera nel lungo periodo che conduce alla resurrezio-
ne della nazione ellenica nel 1821. Alla fine del Quattrocento, proba-
bilmente a Venezia, un compilatore, il cui nome secondo alcuni codici
era Eustazio, riscrisse il vecchio poema in forma più consona al gusto di
un pubblico abituato da secoli alla lettura di romanzi d’amore. Questa

Wild East - Islamic wild West. An Expedition into a Literary Borderland, in Der Roman
im Byzanz der Komnenenzeit, hrsg. von P.A. Agapitos-D.R. Reinsch, Beerenverlag,
Frankfurt am Main 2000, pp. 138-46.
50 Cfr. in proposito R. Beaton, e Medieval Greek Romance 2, Routledge, Lon-

don-New York 1996, pp. 49-50; Id., An Epic in the Making? e Early versions of Di-
genes Akrites, in Digenes Akrites. New Approaches to Bzantine Heroic Poetry, ed. by R.
Beaton-D. Ricks, Variorum, London 1993, pp. 55-72.
51 Paragone con Omero: Digenis G IV vv. 27-28 = E vv. 710-14 (ed. Jeffreys,

pp. 68 e 292); potere di Eros: G IV vv. 4-18 = E 702-8 (ibid., pp. 6 e 292); locus
amoenus: G VII vv. 8-41 = E vv. 1622-86 (ibid., pp. 202-4 e 358-62). Sul confronto
con l’epica omerica, cfr. Cupane, Una passeggiata, cit. (come in n. 24), pp. 64-65
(con bibliografia); F. Rizzo Nervo, Storia e fiction, cit. (come in n. 24) pp. 309-11.
52 Ptochoprodromos IV, v. 544, ed. Eideneier, p. 168.
86 Carolina Cupane

nuova redazione, chiamata Z, è stata ricostruita sulla base di tre codici


tardi, uno dei quali oggi scomparso 53. La più cospicua innovazione ap-
portata da Eustazio è l’aggiunta di un libro iniziale in cui si narra la sto-
ria della madre dell’eroe eponimo sulla base di noti motivi romanze-
schi 54. Su Z si fondano successive riscritture seicentesche, in prosa e in
rima di cui, secondo la testimonianza del dotto monaco atonita Cesario
Dapontes (1713-1784), esistevano ancora nell’Ottocento manoscritti,
anche illustrati 55. Queste tarde riscritture testimoniano il successo di
una storia antica, legata in modi non perspicui a una tradizione di poe-
sia orale sommersa che è ricostruibile solo per induzione e analogia e
assunse veste scritta – e quindi letteraria – nel XII sec. Già a quell’epoca
il contesto originario, il conflitto arabo-bizantino, era di fatto obsoleto,
essendo gli Arabi scomparsi ormai da tempo dall’orizzonte reale e con
tutta probabilità anche dall’immaginario collettivo del pubblico dell’età
comnena. Presente, e sempre più minaccioso, era invece il nemico tur-
co selgiuchida, successivamente rimpiazzato dal turchi Ottomani, che
si prestava perfettamente a riempire il vuoto lasciato dagli Arabi, non
da ultimo grazie all’identità di religione. Questo spiega almeno in par-
te la longue durée della vecchia storia riattualizata nel corso delle gene-
razioni in modo tale da fare di Digenis il simbolo della Grecia risorta.

Il romanzo in volgare dell’età dei Paleologi: tassonomia, contesti, modelli


narrativi
Se la qualificazione generica di un testo letterario è stata, e in parte
è tuttora argomento controverso, la sistemazione tassonomica dei di-
versi rappresentanti all’interno di un genere non è da meno. Fra i mol-
53 Codici A (Atene-Andros) e T (Trapezunte, oggi scomparso); ricostruzione in

E. Trapp, Digenes Akrites. Synoptische Ausgabe der ältesten Versionen, Böhlau, Wien
1971, pp. 26-32, che ne offre l’edizione.
54 Sul compilatore, Eustazio, e il suo metodo di lavoro “paste and copy” cfr. M.

Jeffreys, e Astrological Prologue of Digenis Akritas, in «Byzantion» 46, 1976, pp.


375-97 (rist. in E. and M. Jeffreys, Popular Literature of Late Byzantium, Variorum
Reprints, London 1983); sull’impatto letterario del poema sulla letteratura successiva
in volgare cfr. E. Jeffreys, e Afterlife of Digenes Akrites, in Medieval Greek Storytel-
ling. Fictionality and Narrative in Byzantium, ed. by P. Roilos, Harrassowitz, Mainz
2014, pp. 141-61.
55 Sulle versioni neogreche cfr. G. Kechagioglou, Digenis Akrites in Prose. e

Andros Version in the Context of Modern Greek Literature, in Beaton-Ricks, Digenes


Akrites, cit., pp. 116-30.
L’arte del romanzo a Bisanzio 87

teplici criteri utilizzati o utilizzabili, contenutistici – amore, avventura,


viaggio, maggiore o minore incidenza del fantastico, per non ricordare
che i principali –, stilistici – prosa o verso, livello linguistico alto o bas-
so –, sociologici – popolare vs aristocratico – nessuno è in grado di
rendere giustizia alla realtà del testo, né tanto meno alla infinita varietà
di sfumature, direi quasi di dosaggio di elementi di cui diversi autori in
tempi diversi fanno mostra56. La ripartizione tradizionale dei romanzi
in volgare traditi in “romanzi originali” e “rielaborazioni di modelli”
per la maggior parte occidentali, ma anche orientali 57, ad esempio, pur
presentando indubbi vantaggi tassonomici per la sua chiarezza, non
rende giustizia né alla colorita disparità di struttura né alla sostanziale
unitarietà stilistica di opere il cui statuto letterario non è definibile in
base alla presenza o assenza di un modello. La struttura narrativa di
matrice tardo-antica, incentrata sulle peripezie a lieto fine di una cop-
pia, per fare un esempio, si ritrova sia in testi senza modello (ad es. i
romanzi Libistro e Rodamne, Beltandro e Crisanza, Callimaco e Crisor-
roe), sia in adattamenti di famose storie medievali come Florio e Platza-
flore (un rewriting di un Cantare toscano trecentesco, che è a sua volta
una riscrittura del celeberrimo romanzo francese Floire et Blancheflor),
o Imberio e Margarona, un rifacimento fortmente condensato del quat-
trocentesco Pierre de Provence et la belle Maguelonne. Topoi romanze-
schi di origine antica, quali cataloghi, descrizioni di luoghi e oggetti,
terminologia erotica, sono comuni ad entrambe le categorie, così come
lo è, sia pure in percentuali diverse, il ricorso a elementi popolareg-
gianti e folclorici. L’uso di etichette quali “originale” e “adattamento”,
infine, oltre ad evocare implicitamente una «gerarchia di valore lettera-
rio, secondo la quale i secondi sarebbero da considerare inferiori ai pri-
mi», non tiene conto del fatto capitale che il concetto stesso di origina-
lità è estraneo alla mentalità medievale 58. La produzione letteraria me-
56 Si veda ad es. il radicale fallimento della tipologia del romanzo medievale ela-

borata su criteri in sostanza contenutistici e non perspicui nel pur rappresentativo


Grundriss der romanischen Literaturen des Mittelalters IV/1 Le Roman jusqu’à la fin du
13 e siècle, hrsg. von H.-R. Jauss-E. Köhler, Winter, Heidelberg 1978; cfr. anche Me-
neghetti, Il Romanzo, cit. (come in n. 5), pp. 24-25.
57 Questa è la tassonomia seguita da Beck, Volksliteratur, cit., pp. 117-47 e Bea-

ton, Medieval Greek Romance, cit., pp. 101-45 e adottata anche da me molti anni or
sono: C. Cupane, Roman VII. Byzantinische Literatur, in Lexikon des Mittelalters, VII,
Brepols, München-Zürich 1995, coll. 988-90.
58 Come rileva giustamente K. Yiavis, e Categories of ‘Originals’ and ‘Adapta-

tions’ in Late Byzantine Romance. A Reassessment, in Reading the Late Byzantine Ro-
88 Carolina Cupane

dievale, non esclusa quella in volgare, si sviluppa, al contrario, all’om-


bra della parola autoritativa di testi (o composizioni orali) precedenti,
sia in Occidente che a Bisanzio. Originali o adattazioni, i romanzi in
volgare sono tutti connessi gli uni agli altri in un inestricabile intreccio
di richiami, riprese e variazioni, allo stesso modo con cui lo erano stati
i romanzi di età comnena: essi possono dunque, in un certo senso, es-
sere letti come riscritture e modulazioni di testi precedenti.
Un approccio alternativo al problema di un’adeguata categorizza-
zione dei testi appartenenti al corpus prende le mosse dall’esame della
loro struttura spazio-temporale. Accanto a storie costruite sullo schema
a coppia e sul “tempo di avventura in un mondo estraneo” di bachti-
niana memoria59, abbiamo infatti racconti a impianto biografico che
abbracciano l’intero arco della vita dell’eroe protagonista e si conclu-
dono con la sua morte. Storie di questo tipo privilegiano l’eroe singo-
lo, nel corso del cui cammino la storia d’amore non è che un episodio,
ancorché di fondamentale importanza, non più l’unica ragione del suo
essere e agire. Essenza e azione degli eroi sono inserite in un contesto e
in un tempo in senso lato storico e soggette quindi al divenire, un di-
venire di cui distruzione e morte sono l’inevitabile conseguenza. La
materia storica che fa da sfondo al racconto biografico è in primo luo-
go quella – saldamente ancorata nella tradizione cronachistica bizanti-
na – relativa agli eventi di Troia, con i suoi eroi paradigmatici Achille e
Paride, o alla figura di Alessandro Magno. Ma anche personaggi appar-
tenenti alla storia bizantina, come l’eroe di frontiera Digenis Akritas o
il celebre condottiero di Giustiniano Belisario, sono protagonisti del ti-
po di narrazione in senso lato biografica con necessario unhappy ending
che ha precedenti antichi (Romanzo di Alessandro di Ps. Callistene, Bios
di Apollonio di Tiana di Filostrato, Bios di Esopo), e bizantini (svariate
Vite agiografiche più o meno romanzate)60. Inutile specificare che an-

mance. A Handbook, ed. by A.J. Goldwyn-I. Nilsson, Cambridge University Press,


Cambridge 2019, pp. 19-39: 21-24 (la citazione a p. 21).
59 Cfr. supra, p. 41, n. 23.
60 Questa tassonomia è stata proposta da U. Moennig, e Late-Byzantine Ro-

mance: Problems of Defining a Genre, in «Kampos. Cambridge Papers in Modern Gre-


ek» 7, 1999, pp. 1-20. – Una variante è la categorizzazione proposta da H.-A. eolo-
gitis, Pour une typologie du roman à Byzance. Les heros romanesques et leur appartenence
générique, in «Jahrbuch der österreichischen Byzantinistik» 54, 2004, pp. 207-33, che
distingue fra “narrazioni di vita parziale” (con dominanza dell’elemento amoroso e
della coppia) e “narrazioni di vita integrale” (con dominanza del motivo eroico e pro-
L’arte del romanzo a Bisanzio 89

che questa polarizzazione, malgrado essa metta in rilievo una indubbia


differenza strutturale, è un costrutto moderno, giacché i testi stessi non
offrono alcun appiglio che permetta di attribuire ai riceventi primari
una consapevolezza di quelle differenze che sembrano evidenti al letto-
re moderno. Al contrario, entrambi i modelli si intendono e si auto-de-
signano costantemente come “narrazioni, racconti” (διηγήσεις, ἀφηγή-
σεις ), spesso, ma non sempre, accompagnando questa “definizione” con
aggettivi che ne specificano tono e contenuto: “erotico, storico, meravi-
glioso, straordinario” (ἐρωτικός, ἱστορικός, ἐξαίρετος, ξένος). In nessun
caso comunque si può parlare di una percezione di eventuali differenze
generiche da parte di autori e destinatari 61.
A dispetto delle differenze, entrambi gli approcci convergono nel
loro essere esclusivamente immanenti ai testi e nel fondarsi su criteri
sostanzialmente contenutistici che riflettono una percezione moderna
della testualità delle opere analizzate e non tengono conto del modo in
cui esse venivano intese e recepite sia all’epoca di composizione, sia nel
corso della storia, a volte lunga, della loro ricezione successiva. Un si-
mile approccio, di tutta evidenza, è l’unico in grado di garantire con-
gruenza storica a una tipologia dei romanzi bizantini in volgare, e in
generale della letteratura medievale nel suo complesso, deve però af-
frontare ostacoli spesso insuperabili. L’anonimità dei testi, tramandati
in codici tardi, per la maggioranza del XV o XVI sec., di cui si ignora
perlopiù il luogo di trascrizione, unitamente alla polimorfia testuale
che fa di ogni esemplare una versione a sé stante, potenzialmente desti-
nata a pubblici e ambienti diversi, rende arduo un approccio che pri-
vilegia la funzione sociale di un testo e l’individuazione del suo pubbli-
co potenziale. Categorie opposizionali come “aulico” vs “popolare”,
soprattutto in mancanza di fondate conoscenze della stratigrafia so-
ciale, particolarmente in relazione alle modalità di diffusione e consu-
mo della narrativa di finzione in era tardo- e postbizantina, vanno usa-

tagonista unico. – Non dissimile è la categorizzazione proposta per il romanzo france-


se medievale da Meneghetti, Il Romanzo, cit. (come in n. 5), pp. 21-23, che distingue
due line fondamentali, riconoscibili già nella primissima fase: la linea biografica e la
linea enciclopedica.
61 Cfr. P.A. Agapitos, SO Debate: Genre, Structure and Poetics in the Byzantine

Vernacular Romances of Love, in «Symbolae Osloenses» 79, 2004, pp. 7-101 (con i
commenti di C. Cupane, E. Jeffreys, M. Hinterberger, M. Lauxtermann, U. Moen-
nig, I. Nilsson, P. Odorico, S. Papaioannou: pp. 54-82 e la replica dell’autore: pp.
82-90).
90 Carolina Cupane

te con cautela, ma possono aprire nuovi orizzonti di ricerca62. In quan-


to segue cercherò di offrire una veloce panoramica della ricca produ-
zione narrativa tardo-bizantina in volgare combinando nella misura del
possible l’approccio “strutturale” proposto da Moennig con quello “so-
ciologico” adottato da Yiavis, nella convinzione che anche differenze
strutturali possono rispecchiare, e di fatto rispecchiano, differenze di
milieu e livello di cultura. Prima però mi sembra indispensabile schiz-
zare le coordinate storico-politiche entro cui questo tipo di letteratura
si sviluppa.
La narrativa di finzione tardo-bizantina è figlia di un’epoca di di-
sgregazione. La conquista di Costantinopoli, risultato di dubbia legitti-
mità della IV Crociata, ebbe come conseguenza la frantumazione del-
l’impero bizantino, la costituzione di un governo in esilio a Nicea
(Asia Minore)63 e la fondazione di stati indipendenti, bizantini e occi-
dentali, in svariati territori 64. Se l’impero latino di Costantinopoli fu
un episodio di breve durata65, in altre zone sorsero durevoli stati “lati-
ni” come la Morea franca, Cipro e la Creta veneziana66 – quest’ultima
sopravvisse addirittura di oltre due secoli alla conquista turca di Co-
62 Un esempio paradigmatico delle possibilità inerenti a questo approccio offre la

nuova recentissima edizione della Rimada veneziana di Imberio e Margarona curata


da K. Yiavis, Ιμπέριος και Μαργαρώνα (Imperios and Margarona). e Rhymed Version,
MIET, Atene 2019; sulla tassonomia in particulare cfr. Id., e Categories, cit. (come
n. 58), pp. 33-35.
63 Cfr. E. Mitsiou, e Empire of Nicaea (1204-1261): A Transcultural Society, in

Union in separation. Diasporic groups and identities in the Eastern Mediterranean


(1100-1800), ed. by G. Christ et al., Viella, Roma 2015, pp. 137-52.
64 Utilissimo per un’informazione generale sulle conseguenze politiche e sociali

della conquista del 1204 è il volume miscellaneo Identities and Allegiancies in the Ea-
stern Mediterranean after 1204, ed. by J. Herrin-G. Saint Guillain, Routledge, Lon-
don 2019 (prima ed. Ashgate, Farnham 2011).
65 Vd. adesso E. Mitsiou, e Latine Empire of Constantinople (1204-1261): Rise

and Fall of a Short-term State in the Romania, in Short-term Empires in World History,
ed. by R. Rollinger-J. Degen-M. Gehler, Springer, Wiesbaden 2020, pp. 103-28.
66 Sulla Morea franca rinvio ai diversi contributi nel recente volume miscellaneo

A Companion to Latin Greece, ed. by N. Tzougarakis-P. Lock, Brill, Leiden-Boston


2014; su Cipro e Creta sempre utile il volume tematico dei Dumbarton Oaks Papers
49, 1995 in cui sono pubblicati gli Atti del Congresso Byzantium and the Italians 13 th
to 15 th Centuries (Dumbarton Oaks Symposium 1993); cfr., in tempi più recenti, S.
McKee, Uncommon Dominion: Venetian Crete and the Myth of Ethnic Purity, Univer-
sity of Pennsylvania Press, Philadelphia 2000 e Cyprus Society and Culture 1191-
1374, ed. by A. Nicolaou-Konnari-Ch. Schabel, Brill, Leiden-Boston 2005 rispettiva-
mente.
L’arte del romanzo a Bisanzio 91

stantinopoli del 1453 – e bizantini, come l’impero dei Gran Comneni


di Trebisonda, che anch’esso sopravvisse di qualche anno alla caduta
della capitale 67. Il risultato più tangibile di questa frantumazione, ac-
compagnata dalla progressiva espansione turca in Asia Minore, fu l’au-
mento esponenziale della dipendenza politica ed economica di Bisan-
zio dall’Occidente, nonché della presenza occidentale nella società bi-
zantina, anche dopo la riconquista della capitale nel 126168. La rispo-
sta della letteratura agli sconvolgimenti dell’epoca è ambivalente. Se da
un lato si registra un rinnovato fervore nello studio dei classici e un
fiorire della letteratura retorica e filologica in lingua dotta già durante
il periodo dell’esilio niceno, e con maggior vigore, come si è detto, nel-
la prima età paleologa69, la produzione letteraria dell’epoca – e in par-
ticolare quella in volgare 70 – non si sottrae al tempo stesso al fascino
esercitato da nuove idee e nuove storie che da secoli circolavano libera-
mente lungo le vie dei commerci, del pellegrinaggio e della diploma-
zia71 e che ora trovano nuovi spazi nelle corti occidentali formatesi alla
periferia, non più bizantina, dell’impero 72. Gli inizi della scrittura ro-
manzesca in volgare si manifestano tuttavia, e non è un caso, in am-
biente aulico e, com’era già avvenuto nel XII sec., si rivolgono a un
pubblico di corte, in grado di riconoscere i rinvii espliciti ed impliciti,
67 Su quest’ultimo cfr. A. Eastmond-B. Koşkuner et al., Byzantium’s Other Em-

pire: Trebizond, Anadolu Medeniyetleri Araştirma Merkezi, Istanbul 2016.


68 La bibliografia sull’argomento è sterminata, rinvio qui soltanto a due recenti

volumi miscellanei che toccano quasi tutti gli aspetti, politici, economici e culturali:
Byzantins, Latins and Turks in the Eastern Mediterranea World after 1150, ed. by J.
Harris-C. Holmes-E. Russel, Oxford University Press, Oxford 2015 e Byzantium and
the West. Perceptions and Reality (11 th-15 th c.), ed. by E. Chrissis-A. Kolia-Dermitzaki-
A. Papageorgiou, Routledge, London 2019.
69 Cfr. supra, p. 45 e n. 40.
70 Ma non soltanto: un maestro della lingua atticizzante quale Massimo Planude

non trovò disdicevole tradurre in questo livello linguistico l’opera omnia di Ovidio,
inclusi gli erotica; una panoramica offre E. Fischer, Planudes’ Greek Translation of
Ovid’s Metamorphoses, Garland Publishing, New York-London 1990.
71 Una sintetica panoramica di questi sviluppi si può leggere in C. Cupane, Bi-

sanzio e la letteratura della Romania, in Medioevo Romanzo e Orientale. Il viaggio dei


testi. III Colloquio Internazionale, Venezia, 10-13 ottobre 1996, ed. da A Pioletti-F.
Rizzo Nervo, Rubbettino, Soveria Mannelli 1999, pp. 31-49; di più ampio respiro il
volume miscellaneo Cultural Brokers at Mediterranean Courts in e Middle Ages, ed.
by E Jaspert-M. von der Höh et al., Schöningh, Paderborn 2013.
72 U. Moennig ha parlato a questo proposito di decentralizzazione della produ-

zione letteraria in volgare, cfr. Die Erzählung von Alexander und Semiramis, hrsg. von
U. Moennig, De Gruyter, Berlin 2004, pp. 41-45.
92 Carolina Cupane

ma anche di apprezzare le variazioni. La corte è quella costantinopoli-


tana dei primi imperatori paleologi, il quadro cronologico abbraccia
l’ultimo trentennio del XIII e i primi due decenni del XIV secolo73.
All’incrocio fra tradizione e innovazione le ἐρωτικαὶ διηγήσεις di Li-
bistro e Rodamne 74, Beltandro e Crisanza, Callimaco e Crisorroe 75 rinvia-
no al modello tardo-antico già nel titolo che riporta i nomi della cop-
pia protagonista, oltre ad adottarne molti degli artifici retorici (descri-
zioni, monologhi, inserzione di microtesti appartenenti ad altri generi
come lettere, canzoni, lamenti). La focalizzazione sulla coppia e la cen-
tralità del tema erotico implicano anche la ripresa della macrostruttura
narrativa che prevede un’articolazione in tre fasi: innamoramento, pe-
ripezie e seprazione, riunione e trionfo finale. La ripresa però è tuttal-
tro che pedissequa. Al contrario, gli anonimi autori integrano la strut-
tura tripartita aggiungendovi in una parte introduttiva una sorta di an-
tefatto che esclude la tematica amorosa e ha come unico protagonista
l’eroe che dà prova di uno spirito d’iniziativa ignoto ai suoi predecesso-
ri. Nel romanzo ellenistico e in quello in lingua dotta, come abbiamo
visto, era l’amore subitaneo e ostacolato fra due giovanetti di buona fa-
miglie e incredibile bellezza a mettere in moto l’azione narrativa e il
tempo di avventura dando inizio alla serie di peripezie. Adesso invece
la partenza dell’eroe è provocata o da una visione (Libistro) o da un
dissidio con l’autorità paterna (Beltandro) o da un ordine del re padre
al fine di scegliere fra i suoi tre figli colui che sarà degno di succedergli
73 In svariate pubblicazioni P. A. Agapitos ha sostenuto, senza riuscire a convin-

cere completamente, una datazione anteriore, collocando la composizione di Libistro e


Rodamne (su cui vd. la nota successiva) alla corte nicena di negli anni cinquanta del
XIII secolo: cfr. P. A. Agapitos, e “Court of Amorous Dominion” and the “Gate of Lo-
ve”: Rituals of Empire in a Byzantine Romance of the irteenth Century, in Court Cere-
monies and Rituals of Power in Byzantium and the Medieval Mediterranean: Compara-
tive prespectives, ed. by A. Beihammer-S. Constantinou-M. Parani, Brill, Leiden-Bo-
ston 2013, pp. 389-416 e ancora recentemente Id., Of Masters and Servants. Hybrid
Power in eodore Laskaris’ Response to Mouzalon and in the Tale of Livistros and
Rodamne, in «Interfaces» 6, 2019, pp. 96-129.
74 Il romanzo è tradito in tre differenti versioni, α, V e E, da sei codici; la più an-

tica redazione (α) e la più recente ( V ) sono state edite da P.A. Agapitos, MIET, Atene
2006 e T. Lendari, MIET, Atene 2007 rispettivamente. Una traduzione inglese a cu-
ra di P. A. Agapitos è in corso di stampa nella collana “Translated Texts for Byzanti-
nists” 10, Liverpool, una traduzione italiana della versione V è stata curata da V. Ro-
tolo, Libistro e Rodamne Romanzo cavalleresco bizantino, Mirtidis, Atene 1965.
75 Editi con traduzione italiana e commento in C. Cupane, Romanzi cavallereschi

bizantini, Utet, Torino 1995, pp. 214-305 e 45-213 rispettivamente.


L’arte del romanzo a Bisanzio 93

(Callimaco). L’innamoramento conclude un primo ciclo di avventure –


che hanno tutte il carattere di un banco di prova per l’eroe, tests che gli
permetteranno di riconoscere e realizzare la sua vera natura di eroe
eletto e diventare degno dell’amore 76 – e apre il secondo e definitivo
che si svolgerà nelle forme e nei modi previsti dalla tradizione attraver-
so le fasi della perdita, della ricerca e del ricongiungimento finale. Ana-
logamente alla struttura muta anche il setting che si deconcretizza – un
trend questo che si riscontra già nel romanzo di Eumazio Macremboli-
ta, in cui i toponimi (Eurikomis, Aulikomis, Dafnepolis) sono pura-
mente finzionali e con valenza simbolica – fino a raggiungere il grado
massimo di astrazione in Callimaco e Crisorroe, privo del tutto di topo-
nimi e punti di riferimento concreti. Lo spazio e il tempo dell’avventu-
ra sono ridotti al minimo, anche in termini di quantità. L’elemento av-
venturoso, che pure l’autore di Beltandro promette con enfasi nel pro-
logo a un pubblico di giovani ascoltatori 77, si limita ad un sanguinoso
scontro con le guardie dell’imperatore suo padre che vogliono riportar-
lo indietro di forza e una successiva, vittoriosa rissa con briganti (apela-
ti, di acritica memoria)78. Questa concisione contrasta con il lungo
centrale episodio della visita nel palazzo di Eros, descritto con coloriti
dettagli in una lunga ekphrasis, ma pur tuttavia in bilico fra sogno e re-
altà, fra questo e l’altro mondo. Il regno di Eros, la Erotokratia (Libi-
stros, vv. 284. 292. 366) con la sua popolazione di amorini e figure al-
legoriche è creazione originale del primo romanzo in volgare. L’eroe si
imbatte senza preavviso in questo spazio di prodigi in cui si compie la
sua iniziazione erotica; il tempo sembra qui fermarsi e dilatarsi, una

76 Sul concetto di prova come idea organizzativa del romanzo in quanto genere,

cfr. Bachtin, La parola nel romanzo, cit., pp. 67-230 e Il romanzo di educazione e il suo
significato nella storia del realismo, in Id., L’autore e l’eroe, Einaudi, Torino 1979, pp.
195-244; numerose precisazioni alla teoria bachtiniana, con particolare riferimento al
romanzo cavalleresco, offre A. Pioletti, La categoria di “prova” nelle letterature roman-
ze: tradizioni e innovazioni, in Atti del XXI Congresso Internazionale di Linguistica e
Filologia romanza, Palermo, 18-23 settembre 1995, a cura di G. Ruffino, Centro di
Studi filologici e linguistici siciliani Niemeyer, Palermo 1997, vol. VI, pp. 3-23.
77 Beltandro e Crisanza, vv. 1-3. 23-24, ed. Cupane, Romanzi cavallereschi, cit.,

pp. 228-30; cfr. Ead., Una passeggiata, cit. (come in n. 24), pp. 78-81; cfr. anche P. A.
Agapitos, Writing, Reading and Reciting (in) Byzantine Erotic Fiction, in Lire et écrire à
Byzance, ed. par B. Mondrain, Association des Amis du Centre d’Histoire et Civilisa-
tion de Byzance, Paris 2006, pp. 125-76: 152-54.
78 Beltandro e Crisanza, vv. 134-214, 221-32, ed. Cupane, Romanzi cavallereschi,

cit., pp. 236-43.


94 Carolina Cupane

nuova realtà si sovrappone a quella quotidiana e il pregrinare dell’eroe


assume una nuova direzione: l’avventura, l’unica ormai che lo attende,
sarà la ricerca della donna destinatagli. È un nuovo cronotopo, il cro-
notopo del sogno e del meraviglioso 79, che si sovrappone a quello tra-
dizionale dell’avventura e gli conferisce un nuovo senso. In questo
nuovo spazio evidenti legami con la letteratura bizantina precedente e
coeva, romanzesca (e.g. ekphraseis di loca amoena) e agiografica (visioni
dell’altro mondo, katabaseis)80 così come realia bizantini (e.g. cerimo-
niale di corte) s’incrociano con la tradizione d’importo occidentale del-
la visione allegorica e con quella orientale (persiana) del castello “ad
personam” la cui decorazione, contenente i ritratti della futura coppia,
ne anticipa simbolicamente la storia d’amore 81. Un ultimo esempio
della straordinaria carica innovativa di questi testi è infine il ricorso alle
tradizioni folcloriche native, leggibile, ad esempio, nel ruolo cospicuo
dato alla magia e in particolare alla figura della strega, amministratrice
del magico par excellence, e ai motivi favolistici presenti soprattutto in
Libistro e Callimaco 82. Di tutta evidenza, la raffinata mescolanza di ma-
teriale letterario di svariata provenienza, unitamente alla raffinatezza
stilistica83 e alla innegabile familiarità con rituali e costumi aulici, pre-
suppongono autori e destinatari colti, in altre parole vicini ai circo-
li culturali di corte. Questa ipotesi è peraltro supportata da evidenza
esterna contemporanea. Un epigramma di un noto letterato attivo alla
corte paleologa nei primi due decenni del XIV secolo, Manuele Philes,
autore di un vasto corpus epigrammatico nonché di poesia encomiasti-
79 Cfr. C. Cupane, Other Worlds, Other Voices: Form and Function of the Marvel-

lous in Late Byzantine Fiction, in Medieval Greek Storytelling, cit. (come in n. 54), pp.
183-202.
80 Cfr. U. Moennig, Literary Genres and Mixture of Generic Features in Late By-

zantine Fictional Writing, in Medieval Greek Storytelling, cit., pp. 163-82: 166-73.
81 Su tali importi occidentali e orientali, vd. rispettivamente Cupane, In the Re-

alm of Eros: e late Byzantine Vernacular Romance - Original Texts, in Fictional Story-
telling, cit. (come in n. 13), pp. 95-126: 99-101 e K. Yavis, Persian Chronicles, Greek
Romances: e Haft Paykar and Velthandros, in “His Words were Nourishment and his
Council Food”. A Feststchrift for David W. Holton, ed. by E. Camatsos-T. Kaplanis-
J.Pye, Cambridge Scholars Publishing, Cambridge 2014, pp. 23-45.
82 Rinvio su entrambi a due miei contributi: Itinerari magici: il viaggio del cavallo

volante, in Medioevo Romanzo e Orientale. Sulle orme di Shahrazàd: le Mille e una notte
fra Oriente e Occidente. VI Colloquio Internazionale, Ragusa 12-14 ottobre 2006, pp.
61-79 e Intercultural Encounters in the Late Byzantine Vernacular Romance, in Reading
the Late Byzantine Romance, cit. (come in n. 58), pp. 40-68: 54-58.
83 Do alcuni esempi nell’articolo citato alla nota 81, pp. 107-8, 116.
L’arte del romanzo a Bisanzio 95

ca84, attribuisce a un principe della casa regnante la paternità di un ro-


manzo d’amore molto simile nella trama all’anonimo Callimaco e Cri-
sorroe, di cui fornisce un’interpretazione allegorica. L’attribuzione,
malgrado alcune divergenze riscontrabili nel riassunto dato da Philes, è
molto probabile; in ogni caso, il semplice fatto che essa fosse possibile
la dice lunga sull’accettazione sociale di questo tipo di letteratura nella
prima età paleologa85. Il dato è confermato indirettamente nella secon-
da metà del secolo dal poema allegorico Sulla Temperanza composto
da un membro della nota famiglia famiglia dei Meliteniotai, con tutta
probabilità Teodoro, che fu arcidiacono e Megas Sakellarios (capo del-
l’amministrazione finanziaria) della chiesa cattedrale di S. Sofia. In
questo anti-romanzo (διήγησις ἐρωτικὴ ἀλλὰ σωφρωνεστάτη, racconto
d’amore ma pieno di temperanza)86 il viaggio allegorico dell’anonimo
protagonista nel regno di Temperanza riscrive e scompone in senso
moraleggiante il motivo romanzesco della visita dell’eroe nel regno di
Eros e della sua iniziazione erotica. La gigantesca ekphrasis del palazzo
e della sua decorazione “enciclopedica” – le mura di cinta sono sormo-
nate da statue raffiguranti personaggi celebri del mito e della storia sa-
cra e profana – nonché del lussureggiante parco che lo circonda consi-
ste in un affastellamento di materiali e pezzi di riuso tratti dai romanzi
in volgare, in particolare Libistro e Callimaco, e rivela dunque un’assi-
dua frequentazione della narrativa erotica che circolava all’epoca negli
ambienti colti della capitale 87.
Il modello narrativo tardoantico incentrato sulle peripezie di una
coppia di amanti, come è noto, ebbe diffusione vastissima, ben al di là
della cultura che lo aveva prodotto e fu trasmesso all’Occidente medie-

84 Sulla poesia encomiastica, vd. il recentissimo volume di K. Kubina, Die enko-


miastische Dichtung des Manuel Philes, De Gruyter, Berlin 2020, sugli epigrammi E.
Braounou-Pietsch, Beseelte Bilder. Epigramme des Manuel Philes auf bildliche Darstel-
lungen, Verlag der österreichischen Akademie der Wissenschaften, Wien 2011.
85 Per l’edizione del testo e la relativa bibliografia vd. Cupane, In the Realm of

Eros, cit. (come in n. 81), pp. 114-15.


86 Del poema non esiste un’edizione moderna che sostituisca quella molto difet-

tosa di E. Miller: Poème allégorique de Melitèniote, ed. E. Miller, in «Notices et extraits


des manuscrits de la bibliothèque impériale et d’autres bibliothéques» XIX/2, Impri-
merie impériale, Paris 1858, v. 1, p. 11.
87 Sul poema di Meliteniota, C. Cupane, Il motivo del castello nella narrativa tar-

do-bizantina. Evoluzione di un’allegoria, in «Jahrbuch der österreichischen Byzantini-


stik» 27, 1978, pp. 229-67: 246-60; cfr. Eadem, Una passeggiata, cit., (come in n.
24), pp. 84-89.
96 Carolina Cupane

vale tramite la mediazione latina. Esso è sotteso, ad esempio, a storie


celebri e di amplissima diffusione, quali il già ricordato Floire et Blan-
cheflor, il più tardo Pierre de Provence, l’Apollonio di Tiro 88, tutti rac-
conti che dai paesi d’origine – nella stragrande maggioranza dei casi
l’Italia – attraversano il bacino del Mediterraneo e vengono adattati in
greco volgare. I luoghi e l’epoca di queste riscritture sono imprecisati.
È probabile comunque, come si è accennato (sopra, p. 55), che esse
siano da localizzare alla periferia occidentale di quello che era stato il
mondo bizantino (Attica, Peloponneso, Grecia insulare, Cipro, Creta),
dove sembra più probabile che circolassero testi in lingue romanze, an-
che se altre localizzazioni, fra cui Costantinopoli stessa, non sono affat-
to da escludere. Per quanto riguarda l’epoca, infine, bisognerà pensare
alla fine del XIV e gli inizi del XV secolo 89.
Difficile, per mancanza di elementi esterni, delineare i connotati
del pubblico primario cui s’indirizzavano tali adattamenti. Lingua e
stile dei testi stessi, così come il ricorso al nativo fundus tradizionale di
immagini e metafore sembrano implicare un abbassamento del livello
sociale dei destinatari. Questa impressione è vieppiù rinforzata dalla
natura delle modifiche apportate ai rispettivi originali, tutte tese ad un
“abbassamento” degli ideali cortesi, noti ma non più interiorizzati, al-
l’“imborghesimento” del discorso erotico e, soprattutto, alla profonda
trasformazione della figura dell’eroe, divenuto ora una personalità in
divenire che il ciclo delle avventure rende maturo e consapevole di sé.
Grazie a questa maturazione i nuovi eroi sono in grado di prendere in
88 È lo schema che informa la categoria di testi denominati “Schicksalromane

(romans d’aventure)”: cfr. E. Köhler, Der Roman in der Romania, in Neues Handbuch
der Literaturwissenschaft. Europäisches Hochmittelalter, hrsg. von H. Krauss, Akademi-
sche Verlagsgesellschaft Athenaion, Wiesbaden 1981, pp. 243-81: 252-56; in partico-
lare su Floire e i suoi modelli classici, vd. A. Pioletti, La fatica d’amore. Sulla ricezione
del “Floire et Blancheflor”, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992, pp. 17-31.
89 I romanzi Florio e Apollonio sono editi nella mia raccolta già ricordata Roman-

zi cavallereschi, cit. (come in n. 75), pp. 445-565 e 567-633 rispettivamente; per Im-
berio bisogna ancora ricorrere alla vecchia edizione di E. Kriaras, Βυζαντινὰ ἱπποτικὰ μυ-
θιστορήματα, Aetos, Atene 1955, pp. 215-49 che mescola nel testo offerto versioni di
carattere ed epoca diversi; una nuova edizione a cura di K. Yiavis è in corso di stampa:
Διήγησις ὡραιοτάτη Ἰμπερίου καὶ Μαργαρώνας. Τὸ ὁμοιοκατάληκτο κείμενο μὲ συνοδευτικὴ
ἔκδοση τῆς ἀρχαιότερης ἀνομοιοκατάληκτης μορφῆς, MIET, Atene. Un primo, riuscito ten-
tativo di analisi letteraria di questi testi trascurati dalla critica offre K. Yiavis, e Ada-
pations of Western Sources by Byzantine Vernacular Romances, in Cupane-Krönung, Fic-
tional Storytelling, cit. (come in n. 13), pp. 127-55 cui rinvio anche per una bibliogra-
fia aggiornata; cfr. Beaton, Medieval Greek Romance, cit. (come in n. 50), pp. 135-45.
L’arte del romanzo a Bisanzio 97

mano la propria vita, ricostruirla su nuove basi e con nuove modalità e


– così Imberio, ma anche Florio e Apollonio – imprimerle una nuova
direzione acquistando lontano dalla terra d’origine, ricchezza e pote-
re 90. Queste modifiche accentuano in realtà tendenze già presenti negli
originali che appartengono a quel tipo di narrativa destinata al vasto
pubblico delle piazze (come i Cantari toscani su cui si fondano il Florio
e l’Apollonio greci) o alla borghesia urbana del tardo medioevo, ormai
lontana dal mondo e dagli ideali cavallereschi (come è il caso del Pierre
de Provence 91). Le narrazioni appartenenti a questa categoria sono state
a ragione designate “composite”, in bilico cioè fra il fascino di ideali
aristocratici ormai obsoleti e il gusto popolareggiante e direi quasi mer-
cantile proprio del ceto medio alla soglia della Rinascenza92. Anche se
solo raramente è possible determinare con certezza il luogo di produ-
zione di questi adattamenti – le opinioni spaziano fra la Morea franco-
italiana (Florio, Apollonio), Cipro o Creta (Imberio)93, Atene sotto il
dominio degli Acciaiuoli (versione in greco volgare della Teseida di
Boccaccio)94 – tuttavia la loro destinazione ad una consumazione da
parte degli emergenti ceti medio-bassi urbani è da considerarsi certa.
L’ampliamento della stratigrafia sociale dei destinatari e il contatto sem-
pre più stretto con l’offerta culturale del Rinascimento italiano ebbe con-

90 Questa evoluzione è delineata con ammirabile chiarezza da Yiavis, Adapta-


tions, cit. e Ιμπέριος και Μαργαρώνα, cit. (come in n. 62), pp. 125-49.
91 Su cui vd. A.M. Babbi, ‘Pierre de Provence et la Belle Maguelonne’: dai mano-

scritti alla ‘Bibliothèque bleu’, in Medioevo Romanzo e Orientale. Testi e prospettive sto-
riografiche. Atti del 1º Colloquio Internazionale, Verona, 4-6 aprile 1990, ed. A.M.
Babbi-A. Pioletti et al., Rubbettino, Soveria Mannelli 1992, pp. 245-61.
92 Cfr. Yiavis, Ιμπέριος και Μαργαρώνα, cit. (come in n. 62). Una distinzione simi-

le, sulla base della tradizione manoscritta dei testi aveva suggerito già H.-G. Beck, Der
Leserkreis der byzantinischen “Volksliteratur” im Licht der handschriftlichen Überliefe-
rung, in Byzantine Books and Bookmen, Dumbarton Oaks Center for Byzantine Stu-
dies, Augustin Publisher, Washington 1971, pp. 47-67.
93 Per i primi due si è supposto che il transfer possa essere stato effettuato da Nic-

colò Acciaiuoli, amico di Boccaccio, che acquistò in Morea e in Attica vaste proprietà
rimaste in possesso della famiglia fino al 15º sec., cfr. C. Cupane, Λογοτεχνική παραγωγή
στό Φραγκοκρατούμενο Μωρέα, in «Byzantinai Meletai» 6, 1995, pp. 371-85: 377-79;
per quanto riguarda la Rimada di Apollonio, l’editore G. Kechagioglou, Απολλώνιος της
Τύρου. Υστερομεσαιωνικές και νεότερες ελληνικές παραλλαγές, Salonicco 2004, I, pp. 333-
82, caldeggia un’origine cipriota; per Imberio, cfr. Yiavis, Adaptations, cit., p. 148.
94 Motivi di spazio mi hanno indotto ad escludere questa adattazione, a tutt’oggi

ancora inedita, dalla trattazione; per un’informazione generale cfr. Yiavis, Adaptations,
cit., pp. 142-44 e n. 68.
98 Carolina Cupane

seguenze immediate anche sulla narrativa d’importazione in greco volga-


re. Gli adattamenti di originali occidentali in decapentasillabi non rimati
furono a loro volta riscritti e messi in rima nel cinquecento in ossequio al
gusto dell’epoca. Alcune di queste riscritture, così le Rimade di Imberio e
Apollonio (questa un’adattazione dei Cantari d’Apollonio di Antonio Puc-
ci), ebbero la fortuna di essere selezionate per la stampa presso la casa edi-
trice di Damiano di Santa Maria, per i tipi della stamperia dei fratelli
Niccolini da Sabbio che era specializzata in libri popolari di fattura e
prezzo modesti, destinati alla colonia di rifugiati greci che si erano inse-
diati a Venezia dopo la caduta della capitale nel 1453. A questo modo es-
si ottennero diffusione ancora più vasta e furono ristampati fino agli inizi
del XIX secolo 95.

Un’ultima caratteristica dei romanzi compositi che merita di essere


menzionata e che rappresenta una rimarchevole deviazione dal model-
lo tardoantico dominante è quella che vorrei chiamare “tentazione bio-
grafica”. Mentre il modello tradizionale puro focalizzava esclusivamen-
te uno stralcio della vita dei suoi protagonisti e in questo stralcio
l’amore, tema dominante e unico della narrazione, questi romanzi in-
globano nel racconto l’infanzia dell’eroe, solitamente di meravigliosa
precocità – così Imberio (soltanto nella sua adattazione greca) e Flo-
rio –, lo seguono fino alla maturità – Apollonio, Florio – o addirittura
la morte – come il Florio della redazione viennese 96 – e chiudono spes-
so con considerazioni parenetiche sulla caducità della vita.
Questo schema, qui presente soltanto in embrione, costituisce in-
vece la struttura portante di due rielaborazioni in greco volgare della
materia troiana ereditata dalla tradizione bizantina, l’Achilleide, perve-
nutaci in tre redazioni divergenti per ampiezza e stile, e la cosiddetta
Iliade bizantina 97. Data e luogo di composizione non sono noti; alcuni
95 Sulle edizioni a stampa della Rimada, cfr. Yiavis, Ιμπέριος και Μαργαρώνα, cit.,

pp. 171-210, sulla Rimada di Apollonio Kechagioglou, Απολλώνιος της Τύρου, cit.,
II/1, pp. 1047-78 (edizione del testo ibidem, pp. 1352-661); sui libri popolari in gre-
co, le cosiddette phyllades, vd. E. Layton, e sixteenth Century Greek Book in Italy:
Printers and Publishers for the Greek World, Istituto Ellenico di Studi Bizantini e Post-
bizantini di Venezia, Venezia 1994.
96 I corrispondenti versi della redazione V sono editi in Cupane, Romanzi caval-

lereschi, cit. (come in n. 75), p. 463.


97 Su entrambi vd. R. Lavagnini, Tales of the Trojan War: Achilles and Paris in Me-

dieval Greek Literature, in Cupane-Krönung, Fictional Storytelling, cit. (come in n.


13), pp. 234-59: 240-59; la versione napolitana (N) dell’Achilleide, la più completa e
meglio strutturata delle tre pervenuteci, è inclusa nella mia raccolta, Romanzi cavallere-
L’arte del romanzo a Bisanzio 99

indizi permettono di localizzare il primo nella Grecia centrale (Tessa-


glia) all’inizio del XIV sec. presso la corte dei despoti di Epiro98, men-
tre per il secondo è stata proposta la Grecia insulare agli inizi del XV
sec.99 Anche se la mancanza di documentazione non permette di con-
cretizzare queste ipotesi, è certo comunque che entrambi i poemi fos-
sero destinati a pubblici provinciali e di modeste ambizioni letterarie.
L’Achilleide racconta la storia d’amore di un Achille che ben poco ha
in comune con l’eroe omerico e un’anonima fanciulla, figlia di un re
nemico da lui sconfitto. Il redattore della versione N, tramandata da
un codice napoletano della seconda metà del XV sec., ma senza dubbio
più antica di almeno un secolo, conosceva di tutta evidenza Libistro
che ha imitato, abbassandone però lo stile. Eros, ad esempio, non è più
la maestosa figura imperiale disegnata dal poeta di Libistro, ma si ma-
nifesta all’eroina riottosa sotto le spoglie di un uccello; lettere d’amore
vengono scambiate fra i protagonisti ma restano ben lontane dalla raf-
finatezza stilistica del modello. Il redattore è in ogni caso memore di
Digenis, da cui prende in prestito alcuni exploits dell’eroe (fra questi
l’uccisione di un feroce leone) e, soprattutto, la struttura biografica e
l’unhappy ending: l’eroina muore precocemente e Achille si toglie per
disperazione la vita – nella redazione N prenderà invece parte alla spe-
dizione troiana e subirà la morte a tradimento prevista dal mito e de-
scritta nella letteratura cronachistica bizantina100. Legami ancora più
stretti con questa tradizione, in particolare con la Cronaca di Costanti-
no Manasse sono riscontrabili nell’Iliade bizantina 101, che narra nella
prima parte la storia di Paride a cominciare dagli eventi prodigiosi che
accompagnano la sua nascita fino al suo amore fatale con Elena, il rat-
to e la fuga a Troia, la cui distruzione è argomento della seconda parte.

schi bizantini, cit. (come in n. 75), pp. 307-443, l’Iliade bizantina è edita da L. Nørga-
ard-O.L. Smith, Museum Tusculanum, Copenhagen 1975; trad. it. a cura di R. Lava-
gnini, I Fatti di Troia. L’Iliade bizantina del cod. Paris. Suppl. Gr. 926, Palermo 1988.
198 Cfr. P. Magdalino, Between Romaniae: essaly and Epirus in the Later Middle

Ages, in Latins and Greeks in the Eastern Mediterranean after 1204, ed. by B. Arbel-B.
Hamilton-D. Jacoby, Frank Cass, London 1989, pp. 87-110: 89.
199 Cfr. Lavagnini, Tales of the Trojan War, cit., pp. 253-54.
100 Eros uccello: vv. 990-1015; corrispondenza amorosa: vv: 864-942; uccisione

del leone: vv. 1515-26; unhappy ending e conclusione troiana: vv. 1566-758; 1759-
97, ed. Cupane, Romanzi cavallereschi, cit. (come in n. 75), pp. 392-94; 384-90; 422-
24; 426-40.
101 Elenco e analisi di prestiti e divergenze in Lavagnini, I Fatti di Troia, cit., pp.

40-58.
100 Carolina Cupane

L’Iliade bizantina dimostra al contempo di conoscere i romanzi su Flo-


rio, Imberio e l’Achilleide, con i quali ha in comune il racconto delle
enfances degli eroi, nonché l’Apollonio, con cui condivide molti moti-
vi 102. Comune a questo fascio di storie (ma non all’Imberio) sono altre-
sì il lamento e la parenesi conclusiva che si ritrovano anche nella ver-
sione G di Digenis 103.
Mi piace concludere questa panoramica della narrativa di finzione
a Bisanzio con un testo che incarna in maniera paradigmatica le pro-
fonde trasformazioni operatesi nella letteratura romanzesca in lingua
greca dopo il 1204. Se c’è una storia visceralmente greca, simbolo del-
l’identità ellenica fin quasi ai nostri giorni, questa è quella della distru-
zione di Troia, una storia che segna gli inizi della letteratura greca in
assoluto. Per tutto il millennio bizantino generazioni di scolari avevano
faticosamente imparato grammatica e stile del registro linguistico “al-
to”, che i dotti chiamavano attico, sui poemi omerici. Benché Achille
non potesse competere con il grande Macedone, di cui Bisanzio aveva
fatto il paradigma del sovrano cristiano, egli era pur sempre il simbolo
vivente del prode, destinato, come dopo di lui Alessandro, ad una vita
gloriosa ma breve. Gli eroi omerici sono di casa lo si è visto, anche nel-
la narrativa in volgare. E non è certo un caso che l’autore della versione
G di Digenis, faccia raffigurare all’eroe sulle mura del triclinio nel suo
splendido palazzo episodi della storia troiana accanto a scene della vita
di Alessandro e di Mosè 104 e che gli autori dell’Achilleide napoletana e
dell’Iliade bizantina reclamino l’autorità di Omero per le loro poco
omeriche storie 105.
102 Si veda ad es. il curriculum di studi cui sono sottoposti Imberio, Paride e
Achille: rispettivamente vv. 68-71, ed. Yiavis (in corso di stampa) il primo, vv. 165-
74, ed. Nørgaard-Smith, p. 28 il secondo e vv. 83-89, ed. Cupane, Romanzi cavallere-
schi, cit. (come in n. 75), p. 330 il terzo; il topos è comunque molto più antico e deri-
va probabimlmente dall’agiografia, cfr. C. Jouanno, Récits d’enfances dans la littérature
byzantine d’imagination, in «Prisma. Bulletin de liaison de l’équipe de recherche sur la
littérature d’imagination au Moyen Âge» 12/1, 1996, pp. 39-56. Sulle numerose con-
cordanze con l’Apollonio, cfr. Lavagnini, I Fatti di Troia, cit., pp. 31-32.
103 Cfr. Digenis G VIII vv. 249-313, ed. Jeffreys, pp. 230-35: Achilleide, vv.

1811-20, ed. Cupane, Romanzi cavallereschi, cit., p. 442; Florio V, ed. Cupane, ibi-
dem, p. 463.
104 Digenis G VII, vv 85-88 (temi omerici); 90-93 (vita di Alessandro); 95-104

(Mosè) ed. Jeffreys, cit., pp. 206-9.


105 Cfr. Achilleide N, vv. 1798-809, ed. Cupane, Romanzi cavallereschi, cit. (co-

me in n. 75), p. 440-41 e Iliade bizantina, vv. 4-10; 456-58; 796-99; 1057-61, ed.
Nørgaard-Smith, cit., pp. 23, 38, 49, 58.
L’arte del romanzo a Bisanzio 101

Ma gli eroi che combatterono sotto le mura di Troia, ci appaiono


nella letteratura greca volgare anche nelle vesti di cavalieri medievali e
proprio in quella Grecia che era stata la loro patria d’origine. Il cosid-
detto Polemos tis Troados (la Guerra di Troia) è un adattamento in ol-
tre 30.000 decapentasillabi del venerabile Roman de Troie di Benoît de
Sainte Maure 106, uno dei testi fondanti del romanzo francese medieva-
le. Malgrado alcuni tagli, a volte consistenti, soprattutto nelle parti de-
scrittive (scene di combattimenti ed ekphraseis di monumenti e oggetti
esotici), l’adattatore greco si è mantenuto sostanzialmente fedele al-
l’originale, di cui rispetta l’ethos cavalleresco con i suoi concetti cardi-
ne di onore, stirpe, amicizia, fedeltà al proprio signore, pur distanzian-
dosi dalla concezione cortese dell’amore 107. Non stupisce quindi che
uno dei manoscritti che tramanda il Polemos lo designi nel paratesto
“racconto storico” (ἱστορικὴ ἐξήγησις), segno che il testo, come del re-
sto l’originale francese, veniva recepito ancora alla fine del XV sec. co-
me una narrazione fondamentalmente storica108. Il pubblico cui si ri-
volgeva originariamente il Roman de Troie era, come è noto, un pub-
blico di corte, e la tradizione manoscritta continua a testimoniare un’u-
tenza colta e aristocratica109 fino ad almeno il XV sec., anche se nume-
rose riscritture in prosa, francese e italiana, ne estesero senza dubbio il
raggio di azione. Non sembra probabile, anche se non lo si può esclu-
dere categoricamente, che i riceventi primari dell’adattazione greca di
questa narrazione sui generis, sospesa nell’immaginario collettivo fra
storia e finzione, siano identici a quelli per cui erano state scritte le raf-
finate storie d’amore di Libistro, Beltandro e Callimaco e quindi da
trovare nella Costantinopoli paleologa. Più probabile è però che l’adat-
tamento sia stato eseguito nel Peloponnenso franco e si rivolgesse un
pubblico composto per la gran parte dalla classe nobile provinciale di
106 Cfr. Ο Πόλεμος της Τρωάδος (e War of Troy), ed. by M. Papathomopoulos-

E. Jeffreys, MIET, Atene 1996.


107 Un elenco dei tagli effettuati dall’adattatore si trova nella citata edizione di

Papathomopoulos-Jeffreys, pp. liv-lix; per le differenze di tono riscontrabili nelle sce-


ne erotiche, cfr. T. Lendari, Gazes in Love Scenes and Glances in eir Depiction: Notes
on the War of Troy, in “His Words were Nourishment”, cit. (come in n. 81), pp. 7-22.
108 Polemos, ed. Papathomopoulos-Jeffreys cit., p. 1, app. al titolo; cfr. Cupane,

risposta ad Agapitos, SO Debate, Genre, cit. (come in n. 61), pp. 55-57.


109 Sull’intenzione “ideologico-politica” del romanzo di Benoît e di altri testi sto-

rici e romanzeschi coevi rinvio, pars pro toto, all’ottima monografia di K. Wolff, Troja
- Metamorphosen eines Mythos. Französische, englische und italienische Überlieferungen
des 12. Jahrhunderts im Vergleich, Akademie Verlag, Berlin 2008.
102 Carolina Cupane

lingua greca entrata presto a servizio dei nuovi principi di Morea, i


Villehardouin prima e gli Angiò dopo110. L’adattatore avrà probabil-
mente eseguito il suo lavoro su committenza di una nobile famiglia
moreota, francese o italiana, nella prima metà del 14 sec., alla stessa
epoca cioè, e per gli stessi committenti per cui fu composta la nota
Cronica di Morea, una relazione di tono e colore epici sulla conquista
franca della Morea da parte di Guillaume de Champlitte e Geoffroy
(I) de Villehardouin111. Questa datazione è più probabile – e plausibile
– di quella proposta da Jeffreys (seconda metà del XIII sec.), una data-
zione che spinge involontariamente all’estremo l’analogia col Roman de
Troie, facendo del Polemos, prodotto periferico par excellence, l’iniziato-
re del “movimento” romanzesco di corte, come i romanzi antichi lo
furono del romanzo cavalleresco. L’anonimo, coltivato autore di Libi-
stro – con cui il Polemos ha alcune affinità nel lessico poetico112 – non
aveva certo bisogno di ispirarsi alle scene erotiche di quest’ultimo, que-
sta l’argomentazione, per concepire un romanzo d’amore in volgare113,
poichè disponeva della ricca tradizione erotica antica e bizantina da un
lato, e poteva ispirarsi, dall’altro, a narrazioni d’armi e di amori in vol-
gare, come ad esempio la versione G di Digenis. Verso la metà del XIV
sec. il romanzo d’amore in volgare si era già imposto sulla scena lette-
raria, al punto che, come già detto, un principe della casa regnante
non esitava a cimentarsi in questo esercizio letterario e un poeta di cor-
te lo riteneva degno oggetto di lode e di interpretazione114. Sembra
quindi probabile che uno dei testi fondanti del romanzo greco medie-
110 Questa ipotesi è stata avanzata anni fa da E. Jeffreys e ribadita in una serie di

contributi fra i quali mi limito qui a menzionare il più recente: E. Jeffreys, From He-
rakles to Herkoulios, or the Place of the War of Troy in the Late Byzantine Romance Mo-
vement, in Goldwyn-Nilsson, Reading the Late Byzantine Romance, cit. (come in n.
58), pp. 166-87.
111 Della Cronaca ci sono pervenute versioni in francese, greco, italiano e arago-

nese. Il testo greco è edito da J. Schitt, e Chronicle of Morea [ To Chronikon tou


Moreōs] A history in political verse, relating the establishment of feudalism in Greece by
the Franks in the thirteenth century, Methuen & Co., London, 1904; cfr. T. Shaw-
cross, e Chronicle of Morea: Historiography in Crusader Greece, Oxford University
Press, Oxford 2009.
112 E. Jeffreys, risposta ad Agapitos, SO Debate Genre, cit. (come in n. 61), p. 62

dà alcuni esempi.
113 Questa la teoria di E. Jeffreys, Byzantine Romances: Eastern or Western?, in

M.S. Brownlee-D. Gondicas, Renaissance Encounters. Greek East and Latin West, Brill,
Leiden-Boston 2012, pp. 217-33, 231-33.
114 Cfr. supra, p. 59.
L’arte del romanzo a Bisanzio 103

vale, quale Libistro e Rodamne, possa avere lasciato tracce nel Polemos,
cosi come – lo si è visto – le lasciò nell’Achilleide.
Che la storia di Libistro ebbe successo è documentato, inoltre, sia
dall’influsso immediato sugli altri due romanzi di corte traditi, sia dalle
riscritture, come le redazioni V e E, che ne furono fatte nei secoli suc-
cessive. Ma anche i romanzi compositi ebbero ampia diffusione e go-
dettero di notevole popolarità, come attestano, anche qui, le numerose
riscritture – così Achilleide, Apollonio, Florio, Imberio –, ma anche Di-
genis e Polemos – quest’ultimo tramandato da sette manoscritti due dei
quali in parte illustrati 115 –, a dispetto (o forse a causa?) dell’antiquata
atmosfera eroico-cavalleresca che vi è evocata.
La forza di irradiazione del romanzo in volgare sembra esaurirsi nel
corso del XVI sec. Tranne Imberio e Apollonio, nessuna altro rappre-
sentante di questa categoria di testi ebbe la ventura di essere seleziona-
to per la stampa e nessuno entrò quindi a far parte della nascente lette-
ratura neogreca. Il recupero letterario del romanzo in volgare è uno
sviluppo recente, il compito di reinserirlo nella koinè narrativa medie-
vale resta ancora largamente da svolgere.

Abstract
Il saggio ripercorre l’evoluzione della scrittura romanzesca fiorita a a Bi-
sanzio fra il XII e il XV secolo. I quattro romanzi del XII secolo pervenutici
sono prodotto di ben noti letterati che scrivevano su committenza. Composti
in lingua atticizzante, si rivolgevano a un pubblico di aristocratici e intellet-
tuali che gravitavano intorno alla corte degli imperatori comneni. Gli ultimi
secoli di Bisanzio ci hanno tramandato una serie di storie d’amore e di avven-
ture anonime, scritte questa volta in una forma linguistica che si suole defini-
re volgare. Alcuni di questi testi sono indubbiamente sorti in ambito aristo-
cratico e dimostrano di conoscere la tradizione narrativa precedente, che ar-
ricchiscono incorporando motivi di svariata provenienza, occidentale come
orientale. In una seconda fase, anche intere storie, appartenenti al ricco patri-
monio narrativo dell’Occidente medievale furono adattate in greco volgare,
probabilmente in zone periferiche, ormai sotto il dominio occidentale.
e essay aims at outlining the development of novelistic writing in
Byzantium between the 12th and the 15th Centuries. In the 12th Century four
115Descrizione dei manoscritti e delle illustrazioni pervenuteci in Ο Πόλεμος, ed.
Papathomopoulos-Jeffreys, cit., pp. xciii-cxii.
104 Carolina Cupane

novels were written in an archaizing form of Greek. All of them were penned
by well-known authors, writing in close proximity of the imperial court, and
addressed a high educated audience. As for the plot, these works rely heavily
on the ancient romance tradition. e last centuries of Byzantium have
passed down to us several anonymous love-and-adventure stories, written in a
linguistic register we usually call vernacular. Some of the texts were written in
a court-oriented milieu and were well aware of the earlier narrative tradition,
but they also incorporated some motives, and even whole episodes, which
they took over from both the western and the eastern narrative pool. As time
went on, some exceedingly widespread, mostly western stories were also
adapted in Greek vernacular. ese adaptations were probably made in pe-
ripheral zones under Western rule.
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Jean Noël Aletti, Giancarlo Alfano, Rossana Barcellona, Anna Bognolo,
Cristina Cabani, Lorenzo Casini, Mirella Cassarino, Carolina Cupane,
Giovanni Filoramo, Anatole Pierre Fuksas, Gaetano Lalomia, Antonio
Pioletti, Arianna Punzi, Giulio Vannini.

€ 15,00

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