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CAPITOLO IV
1 - Definizione di nave.
1
La parola nave deriva dal latino navis, vocabolo che aveva lo stesso significato, comune e
collettivo, che ha oggi. In tempi a noi meno lontani, la parola bastimento, derivata dal francese
batiment = costruzione, assunse il significato comune e collettivo mentre nave indicava un
particolare bastimento, adibito al trasporto di merci, caratterizzato da tre alberi verticali (portanti
vele quadre) e da un bompresso.
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Fu chiamato, infatti, nave volante il veicolo ideato nel 1670 dal gesuita Francesco Lana da
Brescia; questo veicolo, nelle intenzioni dell'ideatore, doveva essere costituito essenzialmente
da quattro sfere di rame praticamente prive di aria e doveva essere in grado di sollevarsi dal
suolo e muoversi in aria grazie ad una vela. Nave aerostatica fu detto il veicolo volante
sostenuto da un pallone gonfiato con gas leggero.
Da decenni si parla e si scrive di navi siderali, di navi spaziali e di navi interplanetarie, con
riferimento ai veicoli di creature appartenenti ad altri pianeti del sistema solare o di altri sistemi
simili a questo. Quando l'uomo intraprese la sua avventura spaziale che lo portò sulla luna, i
veicoli usati furono detti astronavi.
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Tale mezzo può essere realizzato in legno, acciaio, cemento armato, lega leggera, vetroresina,
ecc.; pertanto si hanno navi in legno, in ferro, in cemento armato, in lega leggera, in resina
rinforzata con fibre di vetro.
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La propulsione può avvenire sfruttando l’energia eolica (navi a vela) o meccanica prodotta da
motori a combustione interna (motonavi) o da motrici a vapore (piroscafi) o da turbine
(turbonavi) o sfruttando energia nucleare (navi nucleari). In relazione all’ubicazione del motore
si hanno navi con motore entro-bordo, entro-fuori-bordo e fuori-bordo. Sempre in relazione alla
propulsione, ma con riferimento all’organo ultimo dell’apparato propulsivo, si hanno navi con
propulsione ad elica, navi con propulsione a ruota, navi con propulsione ad idrogetto.
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Il governo di una nave comprende la capacità di evoluire, di manovrare, di arrestare il moto e
di tenere la rotta.
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Il servizio può essere di tipo molto diverso. In generale le navi si dividono in navi da carico e
navi per servizio speciale.
Le navi da carico si dividono in navi passeggeri e per merci. Quelle per passeggeri si dividono
in navi traghetto (solo passeggeri, passeggeri + auto, passeggeri + convogli ferroviari), navi da
crociera, navi da diporto e navi di linea per passeggeri. Le navi da carico si differenziano per
tipo di carico e/o per come il carico è trasportato: alla rinfusa (navi petroliere, bulk-carrier,
cementiere, trasporto acqua, trasporto vino, ecc.), in contenitori isolati (navi porta-contenitori),
o su chiatte (navi lash) o su veicoli (navi roll on - roll off), in contenitori speciali (navi trasporto
gas liquefatti), non confezionato in modo univoco (navi da carico generale), in stive refrigerate
(navi frigorifere), in stive refrigerate e ventilate (navi bananiere), per trasporto di automobili
nuove (car-carrier), per trasporto animali vivi, ecc.
Le navi per servizi speciali si dividono, a seconda delle categorie di servizi, in: navi militari,
navi faro, navi draga, navi posatubi, navi posacavi, navi rompighiaccio, navi trivella, navi
oceanografiche, navi per la ricerca scientifica, navi scuola, pescherecci (per la pesca a strascico,
baleniera, nave fattoria, ecc.) , navi per assistenza a piattaforme, rimorchiatori, spintori, navi
ospedale, ecc.
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Lungo una via d’acqua può avere un duplice significato; il primo è con riferimento al tipo di
acqua: nave marittima, nave fluviale, nave lacustre; il secondo è con riferimento alla posizione
della nave rispetto all’acqua: nave sottomarina, nave di superficie (solca l’acqua), nave planante
(scivola sull’acqua), aliscafo, scafo a cuscino d’aria, nave ad effetto superficie (lo scafo è sopra
l’acqua). Tutte le navi che solcano l’acqua vengono dette navi convenzionali, quelle che non
vengono sostenute - a velocità di crociera - dalla spinta idrostatica, vengono dette navi non
convenzionali. Da fermo ed a velocità ridotte tutte le navi non convenzionali si comportano
come navi convenzionali nel senso che il loro sostentamento è di tipo idrostatico.
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Dal greco σkάφος derivato da σκάπτω (scavare) con chiaro riferimento alle primitive
imbarcazione realizzate scavando un tronco.
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esterna dello scafo privo del fasciame. La superficie dello scafo fuori fasciame è
la superficie esterna del fasciame, cioè quella rivolta verso il mare o verso il
cielo.
La nave (figura 1) ha una parte immersa detta carena o opera viva ed una
parte emersa detta opera morta (o opere morte). L’opera viva (o opere vive) è
così detta in quanto è quella che consente alla nave di galleggiare. Quella parte
dell’opera morta che si trova al di sopra del ponte principale costituisce le
sovrastrutture le quali non concorrono alla robustezza strutturale della trave-
nave.
La carena è in ogni caso simmetrica, la nave è praticamente simmetrica
nella stragrande maggioranza dei casi, non lo è in casi particolari (ad esempio
nelle portaerei) e limitatamente alle sovrastrutture. La simmetria è rispetto ad un
piano longitudinale che è detto piano diametrale. L’intersezione della carena
con il piano diametrale è detta figura di deriva ed il piano diametrale è detto
anche piano di deriva. Con riferimento ad un osservatore rivolto nel senso di
avanzamento della nave, il piano diametrale divide la nave in due parti, dette
dritta o tribordo 9 e sinistra o babordo 10 .
La parte anteriore della nave è detta prua o prora 11 ed ha forma studiata,
per quanto riguarda la parte immersa, principalmente per ridurre la resistenza al
moto; la parte posteriore è detta poppa 12 ed ha forma studiata, per quanto
riguarda la parte immersa, principalmente per ridurre la scia e per meglio
convogliare l’acqua al propulsore; la parte centrale è detta corpo centrale o
corpo maestro. La sezione trasversale della nave alla quale corrisponde la
massima area della sezione immersa al galleggiamento di progetto è detta
sezione maestra 13 . I corpi prodieri e poppieri hanno le parti estreme che si
protendono verso il mare e sono dette slancio di prua e slancio di poppa.
9
Francesismo di etimo ignoto, usato assai raramente tra i professionisti del mare e di tecnica
navale, molto diffuso tra i profani e molto usato in un certo tipo di letteratura
pseudomarinaresca.
10
Francesismo, da babord, a sua volta derivato dall’olandese back-boord (= bordo della
schiena) o dal norvegese bakbord (in testi del XI e XII secolo); termine diffuso tra i profani da
un certo tipo di letteratura pseudomarinaresca. Ignorando l’origine della parola babord taluni
avanzano per la stessa etimi tanto fantasiosi quanto errati.
11
A seconda della forma si possono avere prua slanciata o a clipper, prua a rompighiaccio, prua
a piombo, prua dritta, prua slanciata con bulbo a goccia, prua con bulbo cilindrico, prua a cutter,
prua slanciata ed a gola dritta, ecc.
12
A seconda della forma si possono avere: poppa con volta a ventaglio, poppa a specchio,
poppa a baleniera o a cucchiaio, poppa ad incrociatore, poppa a torpediniera, ecc.
13
Non è detto che la sezione maestra coincida con la sezione a metà nave, in tal caso la sezione
maestra è, di solito, spostata a poppavia della sezione a metà nave. Di solito la sezione maestra è
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FIG. 2
Perpendicular) quella che è parallela alle perpendicolari già dette, giace sul
piano diametrale e divide in due parti uguali la distanza tra le due perpendicolari
estreme.
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Il punto K, piede della perpendicolare al mezzo, viene assunto di solito come origine della
terna cartesiana alla quale la nave viene riferita, come verrà specificato nel prossimo capitolo.
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• • PF=perpendicolare avanti,
• • PA=perpendicolare addietro,
• • PM=perpendicolare al mezzo,
• • LPP=lunghezza tra le perpendicolari,
• • K=piede della perpendicolare al mezzo e
traccia dela linea di costruzione,
• • O=traccia della linea del sottochiglia,
• • DWL=linea di galleggiamento di progetto.
FIG. 3
17
La simbologia internazionale alla quale qui e nel prosieguo si fa riferimento è quella
formulata dalla I.T.T.C. (International Towing Tank Conference) che impegna quanti
operano nel campo dell’idrodinamica navale sperimentale (gli impianti sperimentali
principali sono costituiti dalle vasche navali).
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FIG. 4
FIG. 5
a b
FIG. 6
FIG. 7
FIG. 8
I rapporti adimensionali tra volumi relativi alla carena sono anche detti
coefficienti di finezza di carena e sono i seguenti:
♦ coefficiente di finezza totale di carena,
♦ coefficiente di finezza prismatico longitudinale di carena,
♦ coefficiente di finezza prismatico verticale di carena,
♦ coefficiente di finezza prismatico trasversale di carena.
FIG. 9
FIG. 10
∇
C PV =
A W TM
nella quale ∇ è il volume di carena relativo al galleggiamento di progetto, AW è
l’area della figura di galleggiamento di progetto e TM è l’immersione di progetto.
In pratica il coefficiente di finezza prismatico verticale di carena esprime il
rapporto tra il volume di carena ed il volume del prisma ottenuto traslando per
tutta l’immersione TM la figura di galleggiamento di area AW.
FIG. 11
∇
C PT =
A L BX
nella quale ∇ è il volume di carena relativo al galleggiamento di progetto, AL è
l’area della figura di deriva e BX è la larghezza al galleggiamento di progetto. In
pratica il coefficiente di finezza prismatico trasversale di carena esprime il
rapporto tra il volume di carena ed il volume del prisma ottenuto traslando per
tutta la larghezza BX la figura di deriva di area AL. Questo coefficiente è
raramente usato.
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FIG. 12
∇ ∇ AM
CB = = = CP CM
L BT AM L BT
∇ ∇ AW
CB = = = C PV C W
L BT AW T L B
∇ ∇ AL
CB = = = C PT C L
L BT AL B LT
per cui risulta anche:
CB CB CB
CP = C PV = C PT =
CM CW CL
C C C
CM = B CW = B CL = B
CP C PV C PT
Il coefficiente di finezza prismatico longitudinale CP (sarebbe più giusto
indicarlo con CPL) - che dei tre coefficienti prismatici è il più usato - indica la
distribuzione dei volumi lungo l’asse X. La distribuzione longitudinale del
volume di carena viene di solito evidenziata da un diagramma detto diagramma
delle aree delle sezioni immerse che ha per ascisse l’asse X e per ordinate i
valori locali delle aree delle sezioni trasversali immerse. Se due navi hanno
uguale lunghezza al galleggiamento ed uguale volume di carena, indicando con il
pedice 1 gli elementi relativi alla prima nave e con il pedice 2 quelli relativi alla
seconda nave, si può scrivere:
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∇ k
C P1 = =
A M 1 L WL A M 1
∇ k
CP2 = =
A M 2 L WL A M 2
∇
essendo k=
L WL
Si ricava, quindi, la relazione
A M2
C P1 = CP2
A M1
FIG. 13
TIPO M B T
crociera 5.7÷7.2 0.90÷1.08 0.27÷0.35
carico generale 5.3÷5.8 0.73÷0.85 0.29÷0.35
bulk carrier 4.0÷6.0 0.72÷0.90 0.30÷0.36
roll on - roll off 5.3÷7.1 0.97÷1.18 0.26÷0.34
petroliera 5.0÷6.1 0.74÷0.90 0.28÷0.36
militari 7.0÷8.4 0.80÷1.10 0.26÷0.30
Molte navi hanno il ponte di coperta (di solito è quello più alto e coincide
con quello esposto alle intemperie) non piano.
Nella figura 14 è riportata una sezione trasversale, in corrispondenza di
una ossatura, di uno scafo in legno, con l’indicazione dei diversi elementi
strutturali. La situazione è diversa, ma analoga, negli scafi in acciaio. Nella figura
15 è riportato il nodo (incastro) tra un baglio ed una costola in uno scafo in
acciaio.
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FIG. 14
FIG: 15
congiunge due punti omologhi (giacenti sulla stessa sezione trasversale della
nave) dell’orlo del ponte a murata. Le linee rette del baglio sono infinite (bagli
ipotetici) e tra queste vi sono anche quelle dei bagli reali.
FIG. 16
Ascissa Quota z
sulla PPAD Z1=25 (10+LPP/3)
a 1/6LPP dalla PPAD Z2=11.10 (10+LPP/3)
a 1/3LPP dalla PPAD Z3=2.80 (10+LPP/3)
sulla al mezzo Z4=0
a 1/3LPP dalla PPAV Z5=5.60 (10+LPP/3)
a 1/6LPP dalla PPAV Z6=22.20 (10+LPP/3)
sulla PPAV Z7=50 (10+LPP/3)
FIG. 17
18
Tali norme sono fissate dalla Convenzione Internazionale sulle Linee di Carico, detta anche
Convenzione sul Bordo Libero.
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punti aventi lo stesso numero; la curva del baglio è quella che ha per tangenti i
segmenti tracciati.
FIG. 18
FIG. 19
In ogni sezione verticale trasversale la curva del bolzone è la stessa anche
se ha estensione diversa, per cui tutte le dette curve sono sovrapponibili; la figura
20 mostra la curva del bolzone per la sezione maestra di una nave (curva MCN) e
quella (curva M’CN’) di una generica sezione trasversale la cui larghezza
massima è M’N’.
FIG. 20
La figura 21 mostra è ad ulteriore chiarimento di quanto detto per
l’insellatura e l’imbolzonatura di un ponte. Come può notarsi, la superficie del
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ponte insellato ed imbolzonato è quella prodotta dalla curva del bolzone che
trasla longitudinalmente lungo la proiezione sul piano diametrale dell’orlo a
murata del ponte insellato.
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FIG. 21