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RIVISTA
DI
STUDI BIZANTINI
E NEOELLENICI
FONDATA DA S. G. MERCATI
DIRETTA DA A. ACCONCIA LONGO
E A. LUZZI
N. S. 46 (2009)
ESTRATTO
ROMA 2010
APIGLIANO, 828/829:
LA PIÙ ANTICA ISCRIZIONE DATATA
DI TERRA D’OTRANTO?
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128 André Jacob
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Apigliano, 828/829: la più antica iscrizione datata di Terra d’Otranto? 129
Inscriptions (The Near East, 200 B.C.-A.D. 1100), London 1940 (Quarterly of the
Department of Antiquities in Palestine. Supplement to Vol. IX), p. 72.
(5) Una notevole eccezione è rappresentata dalle iscrizioni di Carpignano del
959 (invocazione del sacerdote Leone e della moglie Crisolea) e del 1020 (le due
invocazioni di Aprile), dove il termine è scritto per intero (indiktionov): per la
prima si veda A. GUILLOU, Notes d’épigraphie byzantine, in Studi medievali, 3a s.,
11 (1970), p. 404; per le altre due, A. JACOB, Inscriptions byzantines datées de la
province de Lecce (Carpignano, Cavallino, San Cesario), in Rendiconti della Classe
di scienze morali, storiche e filologiche dell’Accademia nazionale dei Lincei, s. VIII,
37 (1982), pp. 47 e 50.
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130 André Jacob
(6) Una leggera discrepanza tra anno e indizione non si può mai escludere.
(7) A. GUILLOU, Recueil des inscriptions grecques médiévales d’Italie, Rome
1996 (Collection de l’école française de Rome, 222), no 123, pp. 136-137, tav. 122
(la fotografia non consente di controllare i dettagli dell’edizione e, in particolare,
il genere dell’aggettivo).
(8) Ibid., no 163, tav. 140-143.
(9) A. TURYN, Codices graeci Vaticani saeculis XIII et XIV scripti annorumque
notis instructi, in Civitate Vaticana 1964 (Codices e Vaticanis selecti quam simil-
lime expressi, 28), p. 40.
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(Vat. gr. 10, an. 1253) (10), ıßndiktiw̃nov deka¥thv trı¥thv (Crypt. G.a. I, an.
1299/1300) (11), ıßndiktyo¥nov deka¥thv pe¥mpthv (Vallic. E 37, an. 1317)(12),
ıßndiktiw̃nov triskaideka¥thv (Marc. gr. 183 an. 1359)(13), ıßndiktiw̃nov pe¥nte
kaıù deka¥thv (Ambros. D 538 inf., an. 1362)(14). Alla luce di queste testi-
monianze, confortate da altre qui non menzionate, si può notare come
gli amanuensi adoperino di norma l’ordinale quando desiderano trascri-
vere per intero il numero dell’indizione. In questo contesto l’iscrizione
di Basilio Mersiniota che mescola cardinale e ordinale rappresenta
un’eccezione di notevole interesse. Si noti inoltre, nella medesima
epigrafe, l’inversione della decina e dell’unità, presente anche nell’Am-
bros. D 538 inf., fenomeno già noto nel greco classico, dove le due cifre
sono collegate con kaı¥, allorché il greco postclassico e bizantino prefe-
risce le forme prive di congiunzione (15).
In conclusione si propone la seguente lettura della parte finale
conservata dell’epigrafe di Apigliano: THC HND(IKTIWNOC) DEK[A] |
D[YO – vel fortasse D[EY]T(ERAC) – ETOYC [ ] Φ L Z. Trascritta in
* ˙ ˙ ˙
minuscola e accentata: th̃v hßnd(iktiw̃nov) de¥k[a] | d[y¥o](16) – vel fortasse
d[ey]t(e¥rav) – e¶toyv [ ] φ l z.
* ˙ ˙
Si aggiunga infine che la studiosa, dopo aver combinato tale disa-
stro, si poteva pur risparmiare le esternazioni della nota 93, p. 107: «Le
più antiche testimonianze, note sino ad ora, provengono dalla cripta
delle SS. Marina e Cristina a Carpignano (959 d.C.) e dalla chiesa di
S. Maria della Croce a Casaranello (prima metà dell’XI secolo). La
mancanza di attestazioni prima di questa fase è stata intesa da A. Jacob
come conseguenza di un incremento sensibile dell’elemento ellenofono
a partire dall’XI secolo (JACOB, Testimonianze cit., 60). Alla luce di
questo nuovo dato [la sedicente iscrizione dell’828/829] e di quelli
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presso Torre S. Susanna (prima metà del VII secolo)(22) e l’anno 959,
qualcosa vorranno pur significare in termini di demografia!
* * *
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Peccato che nel caso specifico non vi sia alcun dubbio che si tratti
effettivamente di dodecasillabi bizantini(25), i quali non sono certo di
eccelsa qualità, anche se rispettano pur sempre alcune regole elementari
come quelle della pausa dopo la quinta o la settima sillaba e dell’accento
sulla penultima.
Già, gli accenti! P. Piliego fa notare che per ben due volte «l’accento
è stato erroneamente spostato sulla sillaba seguente (kinı¥siv invece di
kı¥nisiv) o su quella precedente (lalı¥a, al posto della forma corretta
lalia¥), fenomeno comune alla produzione letteraria»(26). Dal momento
che si tratta in ambedue i casi della penultima sillaba di un dodecasil-
labo, rimane molto remota l’eventualità di un errore dovuto al redattore
del testo o al lapicida che lo riproduce.
Per prima cosa è del tutto palese che kinı¥siv va inteso come plurale
(kinh¥seiv) e non come singolare (kı¥nhsiv), la parola essendo fra l’altro
preceduta dall’articolo femminile al plurale (ai, aıΩ), trasformato arbitra-
riamente in <k>aıù dalla Piliego, che legge: «k(aıù) podw̃n <k>aıù kinı¥(!)siv
((puncta distinguentes))». Si preferirà la lettura seguente: k(ai) podw̃n ai
kinı¥siv ✜ (in ortografia normalizzata: kaıù podw̃n aıΩ kinh¥seiv ✜).
La soluzione del secondo caso è meno evidente dal momento che la
parola lalia¥ è effettivamente ossitona sia in greco classico che in greco
moderno. Nell’iscrizione di Apigliano il termine lalı¥a è preceduto dalle
lettere ptov, a proposito delle quali la studiosa, sfidando nuovamente le
capacità di sopportazione del lettore, ipotizza che «si potrebbe trascrivere
anche ptoslalı¥a, forma erroneamente traslitterata di proslalı¥a»(27) (è il
caso di dire che la cura è peggiore della presunta malattia). Per risolvere la
questione sarà sufficiente eseguire una piccola ricerca lessicale per
constatare che la parola lalı¥a, parossitona, era ancora adoperata non
(25) Come da me già segnalato alcuni anni addietro: Épigraphie et poésie dans
l’Italie méridionale hellénophone, in L’épistolographie et la poésie épigrammatique:
projets actuels et questions de méthodologie. Actes de la 16e Table ronde organisée
par W. Hörandner et M. Grünbart dans le cadre du XXe Congrès international des
études byzantines. Collège de France – Sorbonne, Paris, 19-25 août 2001, Paris 2003
(Dossiers byzantins, 3), p. 170.
(26) Lo spostamento dell’accento sulla lettera successiva nei codici si spiega
comunemente per la velocità dell’amanuense nel trascrivere il testo; difficile
immaginare che un lapicida possa andare molto veloce nell’incidere, anche
tenendo conto della relativa tenerezza della pietra calcarea leccese.
(27) Ibid., nota 66, p. 100, dove l’autrice parla di scambio di t e p, mentre nel
nostro caso lo scambio sarebbe tra t e r. Inutile sottolineare che parlare di traslit-
terazione a proposito di testi epigrafici in onciale è perlomeno improprio.
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(32) Si veda, tra tanti esempi, A. ACCONCIA LONGO, Un nuovo codice con poesie
salentine (Laur. 58,25) e l’assedio di Gallipoli del 1268-69, in Rivista di studi bizantini
e neoellenici, n.s. 20-21 (1983-1984), pp. 123-170 (Teodoto di Gallipoli, 1, v. 65, e 3,
v. 5; Nicola di Gallipoli, 1, v. 9, e 2, v. 6); A. JACOB, Sergio Stiso de Zollino et Nicola
Petreio de Curzola. À propos d’une lettre du Vaticanus gr. 1019, in Bisanzio e l’Italia.
Raccolta di studi in memoria di Agostino Pertusi, Milano 1982, p. 156 (indirizzo di
una lettera di Droso d’Aradeo al sacerdote leccese Giovanni); G. DE ANDRÉS, Catá-
logo de los códices griegos de la Real Biblioteca de El Escorial. III. Códices 421-649,
Madrid 1967 (colofone dello Scorial. c.III.9, an. 1146), p. 68, ecc.
(33) Il ny finale non essendo del tutto sicuro, non si può neanche escludere il
vocativo uỹt[a]; la scelta definitiva dipende ovviamente dalla decifrazione delle
parole che seguono.
(34) IG, VII.115.
(35) IG, IV.620: iscrizione funeraria scomparsa = E. COUGNY, Epigrammatum
anthologia Palatina, III, Paris 1890, p. III, 2, p. 137, no 286.
(36) IG, XII,7.115. (I sec. a.D.).
(37) Volendo parlare di «parola», egli poteva anche benissimo adoperare il
termine bizantino lalı¥v, ı¥dov: si veda, per esempio, il carme di Giorgio di Galli-
poli per un giovane defunto, in cui si incontrano sia lalia¥ che lalı¥v: nỹn thùn
oßrekthùn laliaùn katesta¥lh / a¶φnw pedhueıùv uana¥tw ∞ thùn lalı¥da (M. GIGANTE, Poeti
bizantini di Terra d’Otranto. Testo critico, introduzione, traduzione, commentario e
lessico, seconda edizione riveduta e aumentata, Napoli 1979 [Byzantina et neo-
hellenica Neapolitana, 7], VI, vv. 31-32, p. 170).
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posto di ma si dovrà leggere nı¥a. Non vorrei pronunciarmi per ora sulle
tre prime lettere del rigo (tov nell’interpretazione di P. Piliego), anche
se, trattandosi dell’epitaffio di un sacerdote, è forte la tentazione di
ipotizzare qui la parola poimenı¥a. Riassumendo: al posto delle parole me
ma¥rce (kai) nyùj si leggerà ...menı¥a ✜ oßceù (kaıù) ny¥j.
Il secondo verbo epico rinvenuto dalla studiosa è xanda¥nw: eßpeıù
xand(an)w̃n (ultimo r.). Per ottenere questo risultato ella ha dovuto inse-
rire un’aggiunta di non poco conto, la sillaba (an), della quale si cerche-
rebbe invano l’abbreviazione o una semplice traccia sulla pietra; non si
capisce inoltre come il participio presente del verbo xanda¥nw possa rice-
vere un circonflesso sull’ultima sillaba, accento peraltro ben visibile
sull’epigrafe. Se ci si limita ad interpretare con una piccola dose di buon
senso la trascrizione diplomatica della medesima – epeı̃xandw̃n –,
basterà una divisione più oculata delle sillabe per trovare la soluzione,
accessibile anche ad un liceale alle prime armi.
Si rinuncerà infine al verbo eßjommato¥w, anch’esso piuttosto raro (r. 9:
eßjommatw̃n), per scegliere la soluzione più ovvia, resa peraltro ineludibile
dalla presenza dell’articolo femminile al nominativo(38): hΩ eßj oßmma¥twn (39).
* * *
(38) Non si può scartare a priori il dativo tƒ, adottato dalla Piliego; il nomina-
tivo sembra comunque preferibile sia per ragioni paleografiche (a parte il fatto
che il tau è assai dubbio, non si può non notare la presenza di uno spirito sull’eta)
che per il parallelismo sintattico con l’espressione successiva (r. 10): hΩ eßj oßmma¥twn
eßm[........] kaıù podw̃n aıΩ kinh¥seiv.
(39) Tale lettura non è esclusa del tutto da PILIEGO, Le iscrizioni bizantine cit.,
p. 101, nota 72: «In considerazione dello stato frammentario del testo, si
potrebbe trascrivere anche come eßj oßmmatw̃n...» (sic).
(40) Università del Salento, Laboratorio di archeologia medievale, Inv. AP
98.SF.338.56 – AP 97 400.SF.1.
(41) PILIEGO, Le iscrizioni bizantine cit., pp. 103-106.
(42) Leggasi Giuggianello.
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Tav. 1. – Apigliano: frammento d’iscrizione datata 1028/29 (foto R. D.).
Tav. 2. – Apigliano: epitaffio del sacerdote Leone (foto R. D.).
Tav. 3a. – Apigliano: frammento (parte inferiore Tav. 3b. – Apigliano: frammento (parte superiore destra)
sinistra) di un’iscrizione funeraria anonima della stessa iscrizione (foto R. D.).
(foto. R. D.).
Tav. 4. – Giuggianello: iscrizione di Costantino (foto R. D.).