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Storia di Warcraft

(riassunto)
CAPITOLO I - IL MITO
I Titani e la creazione dell'universoa creauniverso

Nessuno sa esattamente come ebbe origine l'universo. Secondo alcuni una


catastrofica esplosione cosmica avrebbe scagliato i mondi infiniti nell'immensa
Grande Oscurità, quegli stessi mondi che un giorno avrebbero ospitato forme di
vita meravigliose e al tempo stesso terribili. Altri ritengono che l'universo fu
creato da una sola, potente entità. Anche se le origini esatte dell'universo caotico
restano incerte, è indubbio che una razza di potenti creature apparve per portare
stabilità nei vari mondi e garantire un futuro sicuro agli esseri che avrebbero
seguito le loro orme.
I Titani, gigantesche divinità dalla pelle metallica provenienti dai luoghi più remoti
del cosmo, esplorarono il neonato universo e plasmarono i mondi che
incontrarono, innalzando montagne elevate e dragando vasti mari. Con un soffio
diedero vita al cielo e all'atmosfera. Faceva tutto parte del loro piano per creare
l'ordine dal caos. Diedero anche dei poteri alle razze primitive perché si
occupassero delle loro creazioni e mantenessero l'integrità dei rispettivi mondi.
Durante le prime ere della creazione, guidati da una fazione scelta nota come il
Pantheon, i Titani portarono ordine in centinaia di milioni di mondi sparsi per la
Grande Oscurità. Per salvaguardare questi mondi strutturati, il Pantheon vigilava
costantemente contro la minaccia di attacchi da parte di entità malefiche
provenienti dalla Distorsione Fatua. Il Fatuo, una dimensione eterea di magia
caotica che univa la miriade di mondi dell'universo tra loro, era abitato da un
numero infinito di creature demoniache intenzionate solo a distruggere la vita e a
consumare le energie del cosmo vivente. Incapaci di concepire ogni forma di
male o debolezza, i Titani cercarono in tutti i modi di mettere fine alla costante
minaccia dei demoni.
Sargeras e il tradimento

Col tempo le entità demoniache trovarono il modo di accedere ai mondi dei


Titani dalla Distorsione Fatua, e il Pantheon incaricò il suo più grande guerriero,
Sargeras, di agire da prima linea di difesa. Sargeras, un nobile gigante fatto di
bronzo fuso, eseguì i propri ordini per millenni, cercando e annientando questi
demoni ovunque li trovasse. Con il passare delle ere, Sargeras incontrò due
potenti razze demoniache, entrambe desiderose di ottenere potere e dominare
l'universo fisico.Gli Eredar, una pericolosa razza di Occultisti demoniaci, usarono
la loro magia per invadere e rendere schiavi diversi mondi. Le razze indigene di
quei mondi furono mutate dai poteri malefici degli Eredar e trasformate a loro
volta in demoni. Anche se i poteri quasi illimitati di Sargeras erano più che
sufficienti per sconfiggere questa razza, egli rimase molto turbato dalla
corruzione di queste creature e dal male che divorava ogni cosa. Incapace di
comprendere una simile corruzione, il grande Titano cominciò a cadere in uno
stato di profonda depressione. Nonostante il suo crescente malessere, Sargeras
liberò l'universo dagli Stregoni, intrappolandoli in un angolo della Distorsione
Fatua.Mentre la sua confusione e la sua sofferenza aumentavano, Sargeras fu
costretto ad affrontare un altro gruppo intenzionato a distruggere l'ordine dei
Titani: i Nathrezim. Questa oscura razza di demoni vampirici (noti anche come
Signori del Terrore) conquistò diversi mondi popolati impossessandosi dei loro
abitanti e trasformandoli in ombre. I malvagi Signori del Terrore misero intere
nazioni l'una contro l'altra, grazie all'odio e al sospetto. Sargeras sconfisse
facilmente i Nathrezim, ma la loro corruzione lo colpì profondamente.
Man mano che il dubbio e la sofferenza prendevano il sopravvento su di lui,
Sargeras perse la fede non solo nella sua missione, ma anche nella visione dei
Titani di un universo ordinato. Alla fine si convinse che il concetto stesso di
ordine era una follia e che il caos e la corruzione erano le uniche certezze
nell'universo oscuro e solitario. Gli altri Titani cercarono di convincerlo del suo
errore e di placare le sue emozioni, ma egli riteneva che le loro convinzioni più
ottimistiche fossero semplici illusioni. Abbandonati per sempre i loro ranghi,
Sargeras partì alla ricerca del proprio posto nell'universo. Anche se il Pantheon
era triste per la sua partenza, i Titani non avrebbero mai potuto immaginare
quanto lontano si sarebbe spinto il loro fratello smarrito.
Prima che la follia di Sargeras consumasse gli ultimi resti del suo spirito
coraggioso, egli accusò gli stessi Titani di essere i responsabili per il fallimento
della creazione. Decise dunque di distruggere tutte le loro opere nel cosmo e di
formare un'armata inarrestabile per mettere a ferro e fuoco l'universo fisico.
Anche la forma titanica di Sargeras fu distorta dalla corruzione che aveva colpito
il suo cuore un tempo nobile. I suoi occhi, i suoi capelli e la sua barba si
incendiarono e la sua pelle bronzea metallica si aprì per rivelare un'infinita
fornace di feroce odio.
In preda alla rabbia, Sargeras distrusse le prigioni degli Eredar e dei Nathrezim,
liberando i demoni. Le astute creature si inchinarono di fronte alla sconfinata ira
del Titano e si offrirono di servirlo nei suoi piani malvagi. Dai ranghi dei potenti
Eredar, Sargeras scelse due campioni ai quali affidare il comando della sua
armata di distruzione demoniaca. Kil'jaeden l'Ingannatore ebbe il compito di
trovare le razze più oscure nell'universo e reclutarle per unirsi alle file di
Sargeras. Il secondo campione, Archimonde il Profanatore, fu incaricato di
guidare le imponenti armate di Sargeras contro chiunque si fosse opposto alla
volontà del Titano.
La prima mossa di Kil'jaeden fu assoggettare i Signori del Terrore Vampirici al
suo tremendo potere. Essi lo servirono come suoi agenti personali attraverso
l'universo, alla ricerca di razze primitive da corrompere e assoldare per infoltire i
ranghi del loro padrone. Il primo dei Signori del Terrore fu Tichondrius
l'Oscuratore. Tichondrius servì Kil'jaeden come un perfetto soldato e accettò di
portare la volontà di Sargeras in tutti gli angoli bui dell'universo.
Anche il potente Archimonde aveva i propri emissari. Rivolgendosi ai malefici
Signori della Fossa e al loro barbaro capo, Mannoroth il Distruttore, egli sperava
di formare un esercito scelto per eliminare ogni forma di vita.
Quando Sargeras vide le proprie forze ammassate e pronte a seguire ogni suo
ordine, le inviò nell'immensa Grande Oscurità. Egli battezzò Legione Infuocata la
propria armata in continua crescita. A oggi, non è ancora chiaro quanti mondi
abbiano distrutto e bruciato nella loro malvagia Crociata Ardente attraverso
l'universo.
Gli Dei Antichi e l'ordine di Azeroth

Ignari dell'intenzione di Sargeras di distruggere le loro innumerevoli opere, i


Titani continuarono a spostarsi da un mondo all'altro, modellando e ordinando
ogni pianeta come ritenevano più opportuno. Durante il loro viaggio giunsero su
un piccolo mondo che in seguito sarebbe stato ribattezzato Azeroth dai suoi
abitanti. Mentre i Titani si facevano largo attraverso il paesaggio primordiale, si
imbatterono in numerose creature elementali ostili.Questi elementali, che
adoravano una razza di esseri incredibilmente malvagi noti solo come gli Dei
Antichi, giurarono di scacciare i Titani e proteggere il loro mondo dal tocco
metallico degli invasori.Turbato dalla malvagità degli Dei Antichi, il Pantheon
mosse guerra contro gli elementali e i loro signori oscuri. Le armate degli Dei
Antichi erano guidate dai più forti luogotenenti elementali:
Ragnaros il Signore del Fuoco, Therazane la Madre Roccia, Al'Akir il
Signore del Vento e Neptulon il Cacciamaree.
Le loro forze caotiche imperversarono sulla faccia del mondo e si scontrarono
con gli enormi Titani. Anche se gli elementali disponevano di un potere
sconfinato, le loro forze combinate non riuscirono a fermare i possenti Titani. I
Signori Elementali caddero uno dopo l'altro e i loro eserciti furono dispersi.Il
Pantheon distrusse le roccaforti degli Dei Antichi e incatenò le divinità malvagie
sotto la superficie del mondo. Senza il potere degli Dei Antichi a tenere legati al
mondo fisico i loro spiriti furenti, gli elementali furono banditi in un piano
abissale, destinati a lottare tra loro per l'eternità. Con l'allontanamento degli
elementali, la natura si placò e il mondo trovò un equilibrio di pace e armonia. I
Titani videro che la minaccia era stata contenuta e si misero all'opera.I Titani
conferirono dei poteri a diverse razze per aiutarli a modellare il mondo.Affinché
riuscissero a scavare le grotte senza fondo sottoterra, i Titani realizzarono delle
creature di roccia simili ai Nani. Per aiutarle a prosciugare i mari e alzare la terra
dal letto marino, crearono gli enormi ma pacifici Giganti del Mare. Per molti anni i
Titani spostarono e plasmarono la terra, fino a ottenere un continente perfetto. Al
centro del continente fu creato un lago di energie scintillanti, ribattezzato Pozzo
dell'Eternità. Le sue potenti energie avrebbero nutrito le fondamenta del mondo
e permesso alla vita di attecchire sul suolo fertile. Con il passare del tempo
piante, animali, mostri e creature di ogni genere iniziarono a comparire sul
continente primordiale. Al tramonto dell'ultimo giorno della loro creazione, i Titani
chiamarono il continente Kalimdor: "la terra della luce stellare eterna."
Le cariche degli Stormi dei Draghi

Soddisfatti per ciò che avevano realizzato, i Titani si prepararono a lasciare


Azeroth. Prima di partire, incaricarono però le più grandi creature del mondo di
sorvegliare Kalimdor, per impedire che qualsiasi entità potesse minacciarne la
sua perfetta tranquillità. A quell'epoca c'erano molti Stormi dei Draghi. Cinque
stormi in particolare dominavano sui propri fratelli. I Titani scelsero proprio loro
per guidare la crescita del mondo. I più grandi membri del Pantheon donarono
una parte del loro potere a ciascun capo degli stormi. Questi maestosi draghi
(come riportato sotto) presero il nome di Grandi Aspetti o Aspetti del Drago.
Aman'Thul, il Sommo Padre del Pantheon, donò parte del proprio potere
cosmico all'enorme Drago di Bronzo Nozdormu, per proteggere il tempo e
presidiare i sentieri del fato in continuo mutamento. L'eroico e rispettabile
Nozdormu prese il nome di Eterno.
Eonar, Titano a protezione di tutta la vita, donò parte del proprio potere al
leviatano rosso, Alexstrasza. Da allora Alexstrasza assunse il nome di
Protettrice della Vita e si impegnò a difendere tutte le creature viventi del mondo.
Grazie alla sua suprema saggezza e all'infinita compassione per tutti gli esseri
viventi, Alexstrasza fu incoronata Regina dei Draghi e le fu concessa la sovranità
sulla sua razza.
Eonar benedisse inoltre la sorella più giovane di Alexstrasza, l'agile Drago Verde
Ysera, conferendole parte dell'influenza della natura. Ysera cadde in un sonno
eterno, vincolata al Sogno della Creazione. Conosciuta come la Sognatrice,
avrebbe vegliato sulle crescenti regioni selvagge del mondo dal suo reame
verdeggiante, il Sogno di Smeraldo.
Norgannon, custode delle conoscenze dei Titani e grande Mago, donò una
parte del proprio immenso potere al Drago Blu Malygos. Da lì in avanti Malygos
cambiò nome in Plasmamagie, il guardiano della magia e dei segreti arcani.
Khaz'goroth, il Titano che aveva modellato e forgiato il mondo, donò parte del
proprio vasto potere a Neltharion, il grande Dragone Nero dal cuore nobile,
ribattezzato in seguito Custode della Terra, al quale fu concessa la sovranità
sulla terra e sugli abissi del mondo. Egli incarnava la forza del mondo e fu il più
grande sostenitore di Alexstrasza.Dopo aver assegnato questi poteri ai Cinque
Aspetti, i Titani abbandonarono per sempre Azeroth, certi che i draghi
l'avrebbero protetta al posto loro. Purtroppo, fu solo questione di tempo prima
che Sargeras venisse a sapere dell'esistenza del nuovo mondo...
Il mondo della veglia e il Pozzo dell'Eternità
Diecimila anni prima che gli Orchi e gli Umani si scontrassero nella Prima
Guerra, il mondo di Azeroth era formato da un solo enorme continente
circondato dal mare. Quell'ammasso di terra conosciuto come Kalimdor ospitava
numerose razze e creature diverse, tutte impegnate a lottare per la
sopravvivenza in quell'ambiente ostile che era il mondo della veglia. Al centro del
continente oscuro c'era un misterioso lago di energie incandescenti.
Ribattezzato in seguito Pozzo dell'Eternità, era il cuore della magia e del potere
naturale del mondo. Assorbendo l'energia dall'infinita Grande Oscurità, il Pozzo
fungeva da fonte mistica, alimentando la vita in tutte le sue splendide forme.
Una tribù primitiva di umanoidi notturni si spinse cautamente fino alle rive dello
splendido lago incantato. Attratti dalle strane energie del Pozzo, questi feroci
umanoidi nomadi si stabilirono lungo le sue placide sponde. Col tempo il potere
cosmico del Pozzo influenzò la tribù, rendendola forte, saggia e di fatto
immortale. La tribù prese il nome di Kaldorei, figli delle stelle nella loro lingua
nativa. Per festeggiare la nascita della loro società, furono erette grandi strutture
e templi intorno al lago.
I Kaldorei, o Elfi della Notte come si sarebbero chiamati più tardi, adoravano la
Dea della Luna Elune e credevano che essa riposasse nelle profondità delle
acque luccicanti del Pozzo durante il giorno. I primi sacerdoti e veggenti degli Elfi
della Notte studiarono il Pozzo con morbosa curiosità, decisi a svelarne i segreti
e i poteri. Man mano che la loro società cresceva, gli Elfi della Notte esplorarono
Kalimdor in lungo e in largo, entrando in contatto con gli altri suoi abitanti. Le
uniche creature di fronte alle quali esitarono furono gli antichi e potenti draghi. Le
grandi bestie serpentiformi vivevano spesso isolate, ma si diedero molto da fare
per difendere le terre conosciute da potenziali minacce. Gli Elfi della Notte
scoprirono che i draghi si consideravano i protettori del mondo e decisero di
lasciarli in pace insieme ai loro segreti.
Col tempo la curiosità degli Elfi della Notte li portò a conoscere e a farsi amiche
diverse entità potenti, non ultimo Cenarius, un importante semidio delle foreste
primordiali. Il nobile Cenarius si affezionò ai curiosi Elfi della Notte e trascorse
parecchio tempo con loro a istruirli sul mondo naturale. I pacifici Kaldorei
svilupparono un forte legame con le foreste viventi di Kalimdor e si trovavano a
proprio agio nell'armonioso equilibrio della natura.
Con il passare delle ere apparentemente infinite, la civiltà degli Elfi della Notte si
espanse sia a livello territoriale sia culturale. I loro templi, le loro strade e le loro
dimore si trovavano in tutto il continente oscuro. Azshara, la splendida e
intelligente regina degli Elfi della Notte, fece costruire un magnifico e immenso
palazzo sulle sponde del Pozzo per ospitare i suoi servitori più fidati all'interno
delle sale ornate di gioielli. I suoi servitori, che lei chiamava Quel'dorei, o Alti
Nobili, obbedivano a ogni suo ordine e si ritenevano superiori al resto dei loro
fratelli. Mentre la Regina Azshara era amata in egual misura da tutto il suo
popolo, gli Alti Nobili erano odiati in segreto dal resto degli Elfi della Notte.
Condividendo la stessa curiosità dei sacerdoti per il Pozzo dell'Eternità, Azshara
ordinò agli Alti Nobili di svelarne i segreti e scoprire il suo vero scopo nel mondo.
Questi si gettarono a capofitto nelle loro ricerche e studiarono il Pozzo
incessantemente. Col tempo svilupparono la capacità di manipolare e controllare
le energie cosmiche del Pozzo. Man mano che conducevano i loro esperimenti,
si accorsero che avrebbero potuto usare i nuovi poteri per creare o distruggere a
loro piacimento. Gli incauti Alti Nobili si erano imbattuti nella magia primitiva ed
erano decisi a padroneggiarla. Nonostante sapessero che la magia era
pericolosa se usata in modo irresponsabile, Azshara e i suoi Alti Nobili si
abbandonarono alla pratica indiscriminata delle arti magiche. Cenarius e molti
saggi studiosi degli Elfi della Notte li misero in guardia dal condurre esperimenti
con la magia, sottolineando che da essa potevano scaturire solo effetti
devastanti. Ma Azshara e i suoi seguaci continuarono ostinatamente a
espandere e sviluppare i loro poteri.
Con l'aumentare dei loro poteri, Azshara e gli Alti Nobili furono soggetti a un
evidente cambiamento. La loro arrogante classe divenne sempre più indifferente
e crudele nei confronti degli altri Elfi della Notte. Un oscuro manto minaccioso
velava la bellezza, un tempo incantevole, di Azshara. Ella cominciò a estraniarsi
dai suoi sudditi che l'adoravano e interagiva solo con i suoi fidati Sacerdoti Alti
Nobili. Un giovane e brillante studioso di nome Malfurion Grantempesta, che
aveva trascorso gran parte della propria vita ad analizzare gli effetti del Pozzo,
cominciò a sospettare che un terribile potere stesse corrompendo gli Alti Nobili e
la sua adorata regina. Anche se non poteva prevedere quale male si sarebbe
abbattuto di lì a poco, sapeva che presto le vite degli Elfi della Notte sarebbero
cambiate per sempre...
La Guerra degli Antichi
(10.000 anni prima di Warcraft I)
L'uso sconsiderato della magia da parte degli Alti Nobili inviò onde d'energia dal Pozzo
dell'Eternità fino alla Grande Oscurità. Sargeras, il "Grande Nemico di tutti gli esseri viventi",
il "Distruttore di Mondi", percepì le potenti onde e fu attirato nel loro lontano luogo d'origine.
Spiando il mondo primordiale di Azeroth e avvertendo le energie infinite del Pozzo
dell'Eternità, Sargeras fu consumato da una brama insaziabile. Il grande dio oscuro del
Vuoto Sconosciuto decise di distruggere il giovane mondo e reclamarne le energie per sé.
Sargeras radunò la sua vasta Legione Infuocata e si diresse verso l'ignaro mondo di
Azeroth. La Legione era formata da un milione di demoni urlanti, provenienti dagli angoli più
remoti dell'universo, che avevano sete di conquista. I luogotenenti di Sargeras, Archimonde
il Profanatore e Mannoroth il Distruttore, prepararono i loro servitori infernali per l'attacco.
La Regina Azshara, travolta dagli effetti della sua stessa magia, cadde vittima del potere di
Sargeras e accettò di concedergli l'accesso al suo mondo. Anche i suoi servitori Alti Nobili si
arresero all'inevitabile corruzione della magia e iniziarono ad adorare Sargeras. Per
dimostrare la loro lealtà verso la Legione, gli Alti Nobili aiutarono la loro regina ad aprire un
enorme portale turbinante negli abissi del Pozzo dell'Eternità.
Una volta completati i preparativi, Sargeras diede inizio all'invasione di Azeroth. I guerrieri
demoni della Legione Infuocata si riversarono nel mondo attraverso il Pozzo dell'Eternità e
presero d'assedio le città addormentate degli Elfi della Notte. Guidata da Archimonde e
Mannoroth, la Legione imperversò per le terre di Kalimdor, lasciando soltanto cenere e
distruzione al suo passaggio. Gli stregoni demoni evocarono Infernali che si abbatterono
come meteoriti sulle bellissime guglie dei templi di Kalimdor. Un gruppo di assassini assetati
di sangue noti come Demoni Guardiani marciarono per i campi di Kalimdor, massacrando
tutti coloro che incontravano. Branchi selvaggi di Vilsegugi demoniaci saccheggiarono
indisturbati le campagne. Nonostante i coraggiosi Guerrieri Kaldorei fossero intervenuti
tempestivamente per difendere la loro antica terra natale, furono costretti a cedere terreno,
metro dopo metro, di fronte all'inesorabile avanzata della Legione.
Toccò a Malfurion Grantempesta cercare aiuto per il proprio popolo. Grantempesta, il cui
fratello Illidan esercitava la magia degli Alti Nobili, era esasperato dalla crescente corruzione
nell'alto ceto. Dopo aver convinto Illidan ad abbandonare la sua pericolosa ossessione,
Malfurion partì in cerca di Cenarius per organizzare una resistenza. La splendida giovane
sacerdotessa Tyrande accettò di accompagnare i fratelli in nome di Elune. Benché Malfurion
e Illidan fossero entrambi innamorati di lei, il cuore di Tyrande apparteneva solo a Malfurion.
Illidan era risentito per la storia d'amore di suo fratello con Tyrande, ma sapeva che questo
malessere non era niente in confronto al dolore provocatogli dalla sua dipendenza dalla
magia. Illidan, sempre più dipendente dalla magia, faticava a controllare la sua brama quasi
travolgente di attingere nuovamente alle energie del Pozzo. Grazie al paziente aiuto di
Tyrande, riuscì a trattenersi e ad aiutare suo fratello a trovare il semidio Cenarius.
Quest'ultimo, che viveva nella sacra Radaluna sul lontano Monte Hyjal, accettò di aiutare gli
Elfi della Notte a trovare gli antichi draghi e invocare il loro aiuto. I draghi, capeggiati dal
grande leviatano rosso Alexstrasza, acconsentirono a inviare i loro possenti stormi per
affrontare i demoni e i loro signori infernali. Cenarius chiamò a raccolta gli spiriti delle foreste
incantate: radunò un esercito di antichi uomini albero e lo guidò in un audace assalto
terrestre contro la Legione. Mentre gli alleati degli Elfi convergevano sul tempio di Azshara e
sul Pozzo dell'Eternità, si scatenò la guerra. Nonostante l'aiuto dei loro nuovi alleati,
Malfurion e i suoi compagni si resero conto che la Legione non poteva essere battuta solo
con la forza bellica. Mentre intorno alla capitale Azshara infuriava una battaglia di
proporzioni epiche, la regina attendeva impaziente l'arrivo di Sargeras. Il Signore della
Legione si stava apprestando ad attraversare il Pozzo dell'Eternità e a entrare nel mondo
devastato. Quando la sua enorme ombra si avvicinò alla superficie agitata del Pozzo,
Azshara radunò i suoi seguaci Alti Nobili più potenti. Solo unendo le loro magie in un unico
incantesimo concentrato avrebbero potuto creare un varco abbastanza largo per Sargeras.
Con il procedere degli scontri nei campi in fiamme di Kalimdor, si verificò uno sviluppo
imprevisto. I dettagli dell'evento sono andati persi col tempo, ma si sa che Neltharion,
l'Aspetto della Terra, impazzì durante un combattimento decisivo contro la Legione
Infuocata. Cominciò a squarciarsi, mentre le fiamme e la rabbia eruttavano dalla sua
corazza scura. Con il nuovo nome di Alamorte, il drago infuocato si rivoltò contro i suoi
fratelli e allontanò i cinque stormi dalla battaglia. L'improvviso tradimento di Alamorte fu un
colpo devastante, dal quale i cinque stormi non riuscirono più a riprendersi. Feriti e
sconvolti, Alexstrasza e gli altri nobili draghi furono costretti ad abbandonare i loro alleati
mortali. Malfurion e i suoi compagni, sopraffatti numericamente e senza alcuna speranza,
sopravvissero a malapena al massacro che seguì.Convinto che il Pozzo dell'Eternità
rappresentasse il legame centrale tra i demoni e il mondo fisico, Malfurion insistette per
distruggerlo. I suoi compagni, sapendo che il Pozzo era la fonte della loro immortalità e
potere, furono terrorizzati al solo pensiero. Eppure Tyrande vide della saggezza nella teoria
di Malfurion, così convinse Cenarius e i suoi alleati ad attaccare il tempio di Azshara e
trovare un modo per chiudere il Pozzo una volta per tutte.
La Separazione del mondo

Conscio del fatto che la distruzione del Pozzo gli avrebbe impedito per sempre di utilizzare
la magia, Illidan abbandonò il gruppo con l'intenzione di avvisare gli Alti Nobili del piano di
Malfurion. Egli non provava alcun rimorso e, accecato dalla follia derivante dalla sua
dipendenza e dal vivo risentimento causato dal legame tra suo fratello e Tyrande, non si
fece scrupoli a tradire Malfurion alleandosi con Azshara e la sua classe. Illidan aveva un
unico obiettivo: proteggere il potere del Pozzo a qualsiasi costo.
Distrutto dalla partenza del fratello, Malfurion guidò i suoi compagni fin nel cuore del tempio
di Azshara. Quando giunsero nella sala d'udienza principale, trovarono gli Alti Nobili nel
mezzo del loro oscuro incantesimo. Il loro incanto congiunto generò un vortice di potere
instabile all'interno delle turbolente profondità del Pozzo. Mentre la terribile ombra di
Sargeras si avvicinava sempre più alla superficie, Malfurion e i suoi alleati si lanciarono
all'attacco. Grazie alle informazioni ottenute da Illidan, Azshara era però pronta ad
accoglierli. Quasi tutti i compagni di Malfurion caddero, vittime dei poteri della folle regina.
Nel tentativo di assalire Azshara alle spalle, Tyrande venne colta di sorpresa dalle guardie
Alte Nobili della regina. Anche se riuscì a sconfiggerle, Tyrande subì gravi ferite. Dopo aver
visto cadere la sua amata, Malfurion si sentì invadere da una furia cieca e decise di porre
fine alla vita di Azshara. Mentre la battaglia infuriava dentro e fuori dal tempio, Illidan
comparve dalle ombre presso le sponde del grande Pozzo. Estrasse quindi delle fiale
appositamente create, si inginocchiò e le riempì tutte con le lucenti acque del Pozzo.
Convinto che i demoni avrebbero annientato la civiltà degli Elfi della Notte, Illidan aveva
deciso di rubare le sacre acque e di tenere per sé le loro energie. Lo scontro fra Malfurion e
Azshara finì per rendere instabile l'incantesimo ordito dagli Alti Nobili. Il vortice instabile
all'interno del Pozzo collassò, generando una catastrofica catena di eventi destinata a
dividere il mondo per sempre. La devastante esplosione scosse il tempio dalle fondamenta,
scatenando potenti terremoti che squarciarono la terra. Mentre la capitale in rovina era
ancora teatro dell'orribile battaglia fra la Legione e gli Elfi della Notte, il Pozzo dell'Eternità
finì per ripiegarsi su se stesso, implodendo. La deflagrazione che ne seguì squarciò la terra
e oscurò i cieli. Mentre le scosse di assestamento in seguito all'implosione del Pozzo
squassavano le fondamenta del mondo, i mari si precipitarono a ricoprire la ferita aperta nel
suolo. Quasi l'ottanta percento delle terre di Kalimdor fu spazzato via, lasciando solo dei
continenti isolati circondati dal nuovo, violento mare. Al centro dell'oceano appena nato,
dove un tempo si trovava il Pozzo dell'Eternità, infuriava un'indomabile tempesta, con onde
immani ed energie incontrollabili.
Quell'orrenda cicatrice, conosciuta come Maelstrom, vorticava incessantemente su se
stessa, eterno simbolo della catastrofe avvenuta... e dell'utopia che era svanita per sempre.
Miracolosamente la Regina Azshara e i suoi Guerrieri Alti Nobili sopravvissero all'evento.
Torturati e dilaniati dai poteri che avevano scatenato, Azshara e i suoi seguaci furono
trascinati sul fondo del mare. Maledetti e "trasformati", essi assunsero nuove forme,
divenendo i maligni Naga serpentini. Ricolma di odio e di furia, Azshara divenne un mostro
dalle dimensioni colossali, dando sfogo alla malvagità e alla malizia che aveva sempre
covato nel suo cuore. In fondo al Maelstrom, i Naga edificarono una nuova città, Nazjatar,
dalla quale avrebbero ricostruito il loro potere. Sarebbero trascorsi più di diecimila anni
prima che i Naga si rivelassero agli abitanti della superficie.
Il Monte Hyjal e il dono di Illidan
I pochi Elfi della Notte che sopravvissero alla devastante esplosione si riunirono su alcune
zattere di fortuna e raggiunsero lentamente le uniche terre in vista. In qualche modo, per la
grazia di Elune, Malfurion, Tyrande e Cenarius sopravvissero alla Grande Separazione.
Esausti, gli eroi decisero di guidare i superstiti alla ricerca di una nuova casa per il loro
popolo. Mentre camminavano in silenzio, osservarono le macerie del loro mondo e capirono
che erano state le loro passioni a causare quella distruzione. Sargeras e la sua Legione
erano stati banditi dal mondo con la distruzione del Pozzo, ma la vittoria di Malfurion e dei
suoi compagni era stata conquistata a caro prezzo. Molti Alti Nobili sopravvissero al
Cataclisma senza subire danni e raggiunsero le coste della nuova terra insieme agli Elfi
della Notte. Malfurion non si fidava della natura degli Alti Nobili, ma fu tranquillizzato dal fatto
che non potessero più causare danni perché privati delle energie del Pozzo. Quando gli Elfi
della Notte raggiunsero le coste del loro nuovo mondo, scoprirono che la montagna sacra, il
Monte Hyjal, aveva resistito alla catastrofe. Ansiosi di trovare una nuova dimora, Malfurion e
gli Elfi della Notte scalarono i pendii di Hyjal e raggiunsero la sua sommità spazzata dal
vento. Discesero poi nella sua conca boscosa fra gli alti picchi della montagna e vi trovarono
un piccolo lago tranquillo. Con grande orrore però si accorsero che le sue acque erano state
contaminate dalla magia. Sopravvissuto alla Grande Separazione, Illidan era giunto sulla
sommità del Monte Hyjal molto tempo prima di Malfurion e degli Elfi della Notte. Nel folle
tentativo di mantenere il flusso della magia nel mondo, versò nel lago il contenuto delle fiale:
la preziosa acqua del Pozzo dell'Eternità. Le potenti energie del Pozzo si attivarono
rapidamente, andando così a creare un nuovo Pozzo dell'Eternità. Credendo che il nuovo
Pozzo fosse un dono per le generazioni a venire, Illidan esultò, ma fu scioccato quando
venne inseguito da Malfurion. Suo fratello gli spiegò che la magia conteneva in sé i semi del
caos e che il suo utilizzo avrebbe inevitabilmente portato alla corruzione e al conflitto.
Nonostante tutto, Illidan si rifiutò di rinunciare ai poteri magici. Consapevole delle
conseguenze che avrebbero avuto gli sconsiderati progetti di Illidan, Malfurion decise di
occuparsi una volta per tutte di suo fratello e della sua sete di potere. Con l'aiuto di Cenarius
rinchiuse Illidan in una prigione sotterranea dove sarebbe rimasto fino alla fine dei tempi,
incatenato e privo di ogni forza. Per assicurarsi che non fuggisse, Malfurion ordinò alla
giovane custode Maiev Cantombroso di diventare il carceriere personale di Illidan. Temendo
che la distruzione del nuovo Pozzo potesse provocare un'altra catastrofe, gli Elfi della Notte
decisero di lasciarlo dov'era. Malfurion però giurò che nessuno di loro avrebbe mai più fatto
ricorso alle arti magiche. Sotto il vigile sguardo di Cenarius iniziarono così a studiare le
antiche arti dei Druidi, che avrebbero permesso loro di curare la terra devastata, facendo
rinascere le foreste alle pendici del Monte Hyjal.
L'Albero del Mondo e il Sogno di Smeraldo
(9.000 anni prima di Warcraft I)

Per molti anni gli Elfi della Notte lavorarono instancabilmente per ricostruire la loro antica
terra natale. Si lasciarono alle spalle gli antichi templi distrutti e le strade in rovina ed
edificarono nuove dimore fra i verdi alberi e le ombrose colline ai piedi del Monte Hyjal. Col
tempo, anche i draghi sopravvissuti alla Grande Separazione riemersero dalle loro dimore
segrete. Alexstrasza la Rossa, Ysera la Verde e Nozdormu il Bronzeo discesero sulle
tranquille terre dei Druidi e vegliarono sui frutti del lavoro degli Elfi della Notte. Divenuto
ormai un Arcidruido dall'immenso potere, Malfurion accolse i possenti draghi e raccontò loro
della creazione del nuovo Pozzo dell'Eternità. I grandi draghi furono allarmati da quella
notizia e dissero che finché il Pozzo esisteva la Legione avrebbe potuto fare ritorno per
attaccare nuovamente il mondo. Malfurion e i tre draghi strinsero allora un patto per
garantire la sicurezza del Pozzo e fare in modo che la Legione Infuocata non potesse mai
più recare alcun danno. Alexstrasza la Protettrice della Vita mise una ghianda incantata al
centro del Pozzo dell'Eternità che, attivata dalle potenti acque magiche, diede subito vita a
un albero colossale. Le sue radici crebbero dalle acque del Pozzo e la sua verde chioma
sembrò arrivare a lambire il cielo stesso. Quell'enorme albero sarebbe divenuto il simbolo
eterno del legame degli Elfi della Notte con la natura e le sue energie vitali e con il passare
del tempo avrebbero guarito il mondo intero. Gli Elfi della Notte diedero all'Albero del Mondo
il nuovo nome di Nordrassil, che nella loro lingua significa "Corona dei Cieli". Nozdormu
l'Eterno lanciò un incantesimo sull'Albero del Mondo. Finché fosse esistito il colossale
albero, gli Elfi della Notte non sarebbero invecchiati, né si sarebbero ammalati. Anche Ysera
la Sognatrice incantò l'Albero del Mondo collegandolo al proprio reame: la dimensione
eterea conosciuta come Sogno di Smeraldo, una vasta landa spirituale in costante
mutamento situata al di fuori del mondo fisico. Tramite il Sogno di Smeraldo, Ysera regolò il
flusso vitale della natura e il percorso evolutivo dell'intero mondo. I Druidi degli Elfi della
Notte, fra i quali lo stesso Malfurion, strinsero un legame con il Sogno tramite l'Albero del
Mondo. Siglando il mistico patto, essi acconsentirono di dormire per lunghi secoli, cosicché i
loro spiriti potessero vagare per le infinite Vie dei Sogni di Ysera. Anche se i Druidi non
erano felici al pensiero di trascorrere una parte della loro vita in ibernazione, accettarono di
onorare l'accordo con Ysera.
L'Esilio degli Alti Elfi
(7.300 anni prima di Warcraft I)

Con il passare dei secoli, la nuova società degli Elfi della Notte divenne forte e si estese per
l'intera foresta che essi chiamavano Valtetra. Molte delle creature e delle specie esistenti
prima della Separazione, come Mezzorsi e Verrospino, riapparvero e crebbero di numero.
Sotto la guida benevola dei Druidi gli Elfi della Notte vissero un'era di pace e tranquillità
senza precedenti sotto le stelle.
I discendenti degli Alti Nobili sopravvissuti però divennero sempre più irrequieti. Come già
Illidan prima di loro, caddero vittima del rimpianto per la perdita della loro magia e così
furono tentati di attingere alle energie del Pozzo dell'Eternità per riprendere la pratica
magica. Dath'Remar l'Insolente si impose come guida degli Alti Nobili e iniziò a deridere
pubblicamente i Druidi, chiamandoli codardi per via del rifiuto di utilizzare la magia che,
secondo lui, era loro di diritto. Malfurion e i Druidi respinsero le argomentazioni di
Dath'Remar e ammonirono gli Alti Nobili: qualsiasi ricorso alla magia sarebbe stato punito
con la morte. In un avventato e maldestro tentativo di convincere i Druidi a mutare la legge,
Dath'Remar e i suoi seguaci finirono per scatenare una tremenda tempesta magica su
Valtetra.
I Druidi non ebbero il coraggio di mettere a morte così tanti fratelli e così decisero di esiliare
gli Alti Nobili ribelli dalle loro terre. Lieti finalmente di essere liberi dai loro simili, Dath'Remar
e i suoi compagni si imbarcarono su vascelli costruiti per l'occasione e salparono. Anche se
nessuno di loro sapeva ciò che li attendeva oltre la furia del Maelstrom, erano ansiosi di
fondare una propria patria dove poter praticare liberamente le arti magiche. Gli Alti Nobili, o
Quel'dorei, come Azshara li aveva definiti nelle ere passate, sbarcarono infine in una terra a
oriente che gli uomini avrebbero chiamato Lordaeron. Qui decisero di fondare il loro regno
magico, Quel'Thalas, respingendo precetti degli Elfi della Notte quali l'adorazione della Luna
e le attività notturne. Da allora essi vissero alla luce del sole assumendo il nome di Alti Elfi.
Le Sentinelle e la lunga attesa

Dopo la partenza dei loro simili, gli Elfi della Notte tornarono a rivolgere la loro attenzione
alla difesa della loro terra natale. Sentendo che stava per giungere il tempo dell'ibernazione,
i Druidi si prepararono al sonno, congedandosi dalle persone amate e dalle loro famiglie.
Divenuta nel frattempo Gran Sacerdotessa di Elune, Tyrande chiese al suo amato,
Malfurion, di non abbandonarla per raggiungere il Sogno di Smeraldo di Ysera. Malfurion
però era legato dall'onore alle Vie dei Sogni. Disse così addio alla Sacerdotessa e giurò che
sarebbero rimasti una cosa sola, finché si fossero amati.
Rimasta sola a proteggere Kalimdor dai pericoli del nuovo mondo, Tyrande organizzò un
possente esercito composto dalle sorelle scelte tra gli Elfi della Notte. Queste guerriere,
senza paura e perfettamente addestrate, giurarono di difendere Kalimdor e divennero note
come Sentinelle. Anche se preferivano vigilare da sole sulle ombrose foreste di Valtetra, in
caso di necessità potevano contare su numerosi alleati.
Il semidio Cenarius rimase nelle vicinanze, a Radaluna presso il Monte Hyjal. I suoi figli, noti
come Custodi della Selva, badarono agli Elfi della Notte, aiutando regolarmente le Sentinelle
a mantenere la pace. Anche le timide figlie di Cenarius, le Driadi, presero a mostrarsi con
maggiore frequenza.
Mantenere l'ordine a Valtetra assorbiva molto Tyrande e la lontananza da Malfurion la
rendeva infelice. Mentre trascorrevano i lunghi secoli di sonno dei Druidi, crebbero le sue
paure di una seconda invasione demoniaca. Non riusciva a scacciare la sensazione che la
Legione Infuocata fosse ancora là fuori, oltre la Grande Oscurità del cielo, intenta a
pianificare la sua vendetta contro gli Elfi della Notte e Azeroth.
CAPITOLO II - UN NUOVO MONDO
La Fondazione di Quel'Thalas
(6.800 anni prima di Warcraft I)

Gli Alti Elfi guidati da Dath'Remar si lasciarono Kalimdor alle spalle, sfidando le tempeste del
Maelstrom. Le loro flotte percorsero per molti anni ciò che restava del mondo, scoprendo
misteri e regni perduti. Dath'Remar, che aveva assunto il nome di Solealto (o "Colui che
cammina nel giorno"), era alla ricerca di luoghi in cui il potere della faglia fosse abbastanza
grande per creare la nuova dimora della sua gente. La sua flotta raggiunse infine le rive del
regno che un giorno gli uomini avrebbero chiamato Lordaeron. Nell'entroterra gli Alti Elfi
fondarono un insediamento in mezzo alle Radure di Tirisfal. Dopo alcuni anni, molti di loro
iniziarono a dare segni di follia: si pensò che nel sottosuolo giacesse qualcosa di malvagio,
ma nessuno riuscì mai a provare questa diceria. Gli Alti Elfi si spostarono nuovamente verso
nord, in cerca di un'altra terra ricca di energie della faglia. Mentre gli Alti Elfi attraversavano
le aspre terre montagnose di Lordaeron, il loro viaggio divenne sempre più pericoloso.
Disgiunti dalle energie vitali del Pozzo dell'Eternità, molti di loro si ammalarono per la
rigidezza del clima o morirono di stenti. Il cambiamento più devastante per loro fu però la
perdita dell'immortalità e dell'immunità agli elementi. La loro statura si ridusse, mentre la
pelle perse il caratteristico colore viola. Nonostante l'ostilità dell'ambiente, incontrarono
strane creature mai viste prima a Kalimdor: inoltre si imbatterono in tribù di Umani primitivi
che cacciavano in quelle antiche foreste. La minaccia più diretta e seria che dovettero
affrontare era però rappresentata dai voraci e astuti Troll delle Foreste di Zul'Aman. Questi
Troll dalla pelle muschiata erano in grado di rigenerare gli arti mozzati e di curare anche le
più gravi ferite: purtroppo erano anche una razza primitiva e malvagia. L'Impero degli Amani
occupava buona parte delle terre settentrionali di Lordaeron e i Troll combatterono
duramente per tenere gli stranieri fuori dai loro confini. Gli Elfi svilupparono una profonda
avversione nei confronti di questi feroci nemici, uccidendoli a vista non appena ne avevano
l'occasione. Dopo moltissimi anni, gli Alti Elfi riuscirono a trovare una terra che ricordava loro
Kalimdor. Nel cuore delle foreste settentrionali del continente fondarono il Regno di
Quel'Thalas e giurarono di creare un potente impero che sarebbe stato in grado di oscurare
quello dei loro cugini Kaldorei. Purtroppo ben presto scoprirono che Quel'Thalas sorgeva sui
resti di un'antica città sacra dei Troll. Di lì a poco i Troll iniziarono ad attaccare gli
insediamenti elfici in massa. Decisi a non abbandonare la loro nuova terra, gli ostinati Elfi
utilizzarono la magia che avevano portato con sé dal Pozzo dell'Eternità per tenere a bada i
selvaggi Troll. Sotto la guida di Dath'Remar sconfissero i guerrieri Amani, sebbene il numero
di questi fosse dieci volte superiore. Alcuni Elfi, memori degli antichi avvertimenti dei
Kaldorei, espressero il timore che l'uso della magia potesse richiamare l'attenzione della
Legione Infuocata in esilio. Per questo decisero di celare le proprie terre utilizzando una
barriera protettiva che avrebbe comunque consentito l'utilizzo dei loro incantesimi. Essi
realizzarono così delle Pietre Runiche in diversi punti intorno a Quel'Thalas, creando in
questo modo una barriera magica. Le Pietre Runiche non solo nascosero la magia degli Elfi
alle minacce extra-dimensionali, ma servirono anche a terrorizzare i superstiziosi Troll.
Con il passare del tempo, Quel'Thalas divenne un fulgido monumento all'impegno degli Alti
Elfi e alla loro maestria nell'uso della magia. I suoi splendidi palazzi furono edificati con lo
stesso stile architettonico delle antiche sale di Kalimdor e intessuti nella topografia naturale
del territorio. Quel'Thalas divenne infine il gioiello splendente che gli Elfi avevano a lungo
sognato. Venne fondato il Concilio di Lunargenta come organo direttivo di Quel'Thalas,
anche se la dinastia Solealto mantenne per sé un certo potere politico. Composto da sette
dei principali signori degli Alti Elfi, il Concilio operava per garantire la sicurezza delle terre e
delle genti elfiche. Circondati dalla barriera protettiva, gli Alti Elfi non ascoltarono gli antichi
ammonimenti dei Kaldorei e continuarono a usare la magia in ogni aspetto della loro vita.
Per quasi quattromila anni gli Alti Elfi vissero in pace nella sicurezza del loro regno isolato. I
vendicativi Troll però non si ritenevano certo sconfitti: complottarono nelle profondità delle
foreste, attendendo di crescere fino a raggiungere un numero sufficiente. Infine, uno
sconfinato esercito di Troll attaccò dalle ombre dei boschi, stringendo nuovamente d'assedio
le guglie lucenti di Quel'Thalas.
Arathor e le Guerre dei Troll
(2.800 anni prima di Warcraft I)

Mentre gli Alti Elfi lottavano per salvarsi dall'attacco furioso dei Troll, gli Umani di Lordaeron,
dispersi e nomadi, cercarono di consolidare il controllo sulle proprie terre tribali. Le tribù che
diedero i natali all'umanità si attaccarono fra loro, senza alcun riguardo per l'appartenenza
alla stessa razza né per l'onore. Eppure una tribù, quella degli Arathi, si accorse che i Troll
stavano divenendo una minaccia troppo grande per essere ignorata. Gli Arathi cercarono
allora di mettersi a capo di tutte le tribù, in modo da rappresentare un fronte unito contro i
guerrieri Troll.
Nel giro di sei anni, gli astuti Arathi ebbero la meglio sulle tribù rivali. Dopo ogni vittoria, essi
offrirono eguaglianza e pace alle genti conquistate, così riuscirono a ottenere la fedeltà dei
vinti. Lentamente la tribù Arathi arrivò a inglobarne molte altre, fino a quando il suo esercito
divenne estremamente potente. Fiduciosi di essere in grado di reggere il confronto con i
Troll, se non addirittura con gli sfuggenti Elfi in caso di necessità, i signori degli Arathi
decisero di costruire una grande città fortificata nelle zone meridionali di Lordaeron. La città-
stato prese il nome di Strom e divenne la capitale della nazione degli Arathi, Arathor. Con il
prosperare di Arathor, sempre più Umani giunsero a Strom da tutto il continente in cerca di
protezione e sicurezza.
Unite sotto un unico stendardo, le tribù umane svilupparono una vitale cultura. Thoradin, Re
di Arathor, sapeva che i misteriosi Elfi nelle terre del nord erano stretti d'assedio dai Troll, ma
decise di non rischiare le vite dei propri sudditi per soccorrere degli stranieri. Molti mesi
passarono e da nord giunse la notizia della presunta sconfitta degli Elfi. Tuttavia fu solo
quando da Quel'Thalas arrivarono ambasciatori trafelati che Thoradin comprese quanto
fosse grave la minaccia dei Troll.
Gli Elfi dissero a Thoradin che gli eserciti dei Troll erano sconfinati e che, una volta distrutta
Quel'Thalas, avrebbero lanciato l'attacco verso sud. Disperati e bisognosi di aiuti militari, gli
Elfi accettarono di insegnare ad alcuni Umani l'utilizzo della magia in cambio del loro aiuto
contro il nemico. Thoradin, che non si fidava della magia, accettò di assisterli per pura
necessità. In brevissimo tempo, degli occultisti elfici giunsero ad Arathor e presero a istruire
degli Umani nella via della magia.
Gli Elfi si accorsero che, anche se gli Umani erano goffi nell'utilizzo delle arti magiche,
possedevano una forte affinità naturale verso di essa. A cento uomini vennero svelate le
basi della magia degli Elfi: nulla che non fosse assolutamente necessario per combattere i
Troll. Convinti che gli apprendisti Umani fossero pronti a unirsi allo scontro, gli Elfi lasciarono
Strom e tornarono verso nord, accompagnati dalle possenti armate di Re Thoradin.
Le forze congiunte degli Umani e degli Elfi si scontrarono contro le schiere dei Troll ai piedi
delle Montagne d'Alterac. La battaglia si protrasse per molti giorni, ma gli eserciti di Arathor
non arretrarono mai di un passo di fronte ai Troll che si lanciavano all'assalto. Allora i signori
degli Elfi ritennero giunto il momento di scatenare sul nemico la potenza della loro magia. I
cento Maghi umani e una moltitudine di occultisti elfici fecero appello alla furia dei cieli e
scagliarono le fiamme contro l'esercito dei Troll. Il fuoco elementale impedì ai Troll di guarire
le proprie ferite e bruciò i loro corpi torturati dall'interno.
Le file dei Troll vennero messe in rotta, ma proprio allora l'esercito di Thoradin piombò loro
addosso, massacrando fino all'ultimo soldato. I Troll non si sarebbero mai più ripresi del
tutto da quella sconfitta e non sarebbero mai riusciti a ricreare una propria nazione. Ora che
Quel'Thalas era stata salvata dalla distruzione, gli Elfi strinsero un patto di fedeltà e amicizia
con la nazione di Arathor e con la dinastia regale di Thoradin. Umani ed Elfi avrebbero
vissuto in armonia nelle ere a venire.

I Guardiani di Tirisfal
(2.700 anni prima di Warcraft I)

Dopo la scomparsa dei Troll dalle terre del nord, gli Elfi di Quel'Thalas dedicarono i loro
sforzi alla ricostruzione della loro gloriosa terra natale. Gli eserciti vittoriosi di Arathor invece
tornarono a sud, verso Strom. La società degli Umani di Arathor crebbe e prosperò. Eppure
Thoradin, temendo che il regno si sarebbe frammentato una volta estesosi troppo,
mantenne sempre Strom come centro dell'impero di Arathor. Dopo innumerevoli anni di
crescita e commercio, il possente Thoradin morì di vecchiaia, lasciando la generazione più
giovane di Arathor libera di espandere l'impero oltre le terre di Strom. Gli originari cento
Maghi, ai quali gli Elfi avevano svelato i segreti alla base della magia, ampliarono i loro
poteri studiando in profondità le mistiche discipline degli incantesimi. Questi Maghi, scelti
inizialmente per la loro volontà ferrea e la nobiltà d'animo, praticarono sempre la loro arte
con cautela e responsabilità, ma quando trasmisero i loro poteri a una nuova generazione,
che non aveva conosciuto i rigori della guerra, la saggezza di limitare l'uso dei propri poteri
andò persa. Quei giovani Maghi iniziarono a usare la magia per ottenere dei vantaggi
personali, senza più essere animati dal senso di responsabilità verso i loro compatrioti.
Mentre l'impero cresceva conquistando nuovi territori, anche i giovani Maghi si
disseminarono per le terre del sud. Grazie ai loro poteri, essi riuscirono a proteggere i loro
compagni dalle creature selvagge di quelle lande, rendendo così possibile l'edificazione di
nuove città-stato. Con il crescere del loro potere, i Maghi si ritrovarono però sempre più
isolati dal resto della società. La seconda città-stato di Arathor, Dalaran, venne fondata nella
regione a nord di Strom. Molti Maghi abbandonarono i confini di Strom trasferendosi nella
nuova città, dove speravano di poter usare più liberamente i loro poteri. Questi Maghi
utilizzarono le loro capacità per creare le guglie incantate di Dalaran e proseguirono quindi i
loro studi. I cittadini di Dalaran tolleravano le attività dei Maghi e, sotto la loro protezione,
diedero vita a una fiorente economia. Con l'aumentare delle attività magiche, il tessuto della
realtà nella zona di Dalaran iniziò però a indebolirsi e a cedere. I sinistri agenti della Legione
Infuocata, che erano stati banditi dopo il collasso del Pozzo dell'Eternità, furono richiamati
nel mondo dagli sconsiderati incantesimi utilizzati dai Maghi di Dalaran. Anche se quei
demoni relativamente deboli non erano numerosi, seminarono caos e scompiglio nelle
strade di Dalaran. Molti di questi incontri demoniaci furono eventi isolati e i Magocrati
reggenti fecero del loro meglio per tenere nascosta la cosa. I Maghi più potenti furono inviati
a catturare i demoni, ma spesso si ritrovarono sopraffatti dinanzi ai singoli agenti della
possente Legione. Dopo alcuni mesi, il popolo sospettoso iniziò a capire che i loro magici
governanti stavano nascondendo qualcosa di orribile. Venti di rivoluzione iniziarono a
soffiare per le strade di Dalaran, mentre i cittadini ormai terrorizzati criticavano le azioni dei
Maghi che un tempo avevano ammirato. Temendo la rivolta dei cittadini e un intervento di
Strom contro di loro, i Magocrati decisero di rivolgersi ai soli che a parer loro avrebbero
compreso il loro problema: gli Elfi. Una volta venuti a conoscenza delle attività demoniache
a Dalaran, gli Elfi inviarono rapidamente i loro Maghi più potenti nelle terre degli Umani.
Costoro studiarono le correnti energetiche di Dalaran e analizzarono dettagliati rapporti su
tutte le attività demoniache riscontrate. Conclusero che, anche se i demoni in circolazione
erano ancora pochi, la minaccia della Legione sarebbe rimasta incombente finché gli Umani
avessero continuato a utilizzare la magia. Il Concilio di Lunargenta, che governava sugli Elfi
di Quel'Thalas, strinse allora un patto segreto con i Magocrati che guidavano Dalaran. Gli
Elfi rivelarono agli Umani la storia dell'antica Kalimdor e della Legione Infuocata,
aggiungendo che la minaccia era ancora reale. Informarono gli Umani che, finché avessero
usato la magia, avrebbero dovuto proteggere i propri cittadini dai maligni agenti della
Legione. I Magocrati proposero allora di addestrare un campione dei mortali, che avrebbe
utilizzato i suoi poteri per intraprendere un'infinita guerra segreta contro la Legione. La
maggioranza dell'umanità non avrebbe mai dovuto sapere del Guardiano, né della minaccia
della Legione, per evitare che si diffondesse il panico. Gli Elfi accettarono la proposta e
crearono una società segreta, che si sarebbe occupata della scelta del Guardiano e avrebbe
collaborato per tenere a bada le forze del caos. La società tenne i suoi incontri segreti nelle
ombrose Radure di Tirisfal, dove era sorto il primo insediamento degli Elfi a Lordaeron:
per questo scelsero il nome di Guardiani di Tirisfal. I campioni mortali che vennero prescelti
come Guardiani furono dotati di straordinari poteri, derivati dalla magia umana e da quella
elfica. Anche se poteva esistere un solo Guardiano alla volta, la sua forza era tale da
permettergli di sconfiggere da solo gli agenti della Legione, ovunque essi fossero. Il potere
del Guardiano era così grande che soltanto il Concilio di Tirisfal poteva scegliere i potenziali
successori per ricoprirne l'incarico. Quando un Guardiano diventava troppo vecchio o subiva
troppe ferite nella guerra segreta contro il caos, il Concilio sceglieva un nuovo Guardiano e,
tramite un'attenta procedura, convogliava nel suo corpo tutti i poteri necessari. Con
l'avvicendarsi delle generazioni, i Guardiani difesero l'umanità dall'invisibile minaccia della
Legione Infuocata nelle terre di Arathor e di Quel'Thalas. Arathor crebbe e prosperò, mentre
l'uso della magia si diffuse in tutto l'impero. I vigili Guardiani tenevano sempre sotto controllo
ogni traccia di attività demoniaca.

Forgiardente: il risveglio dei Nani


(2.500 anni prima di Warcraft I)

Nei tempi antichi, dopo la partenza dei Titani da Azeroth, i loro figli, conosciuti come
Terrigeni, continuarono a modificare e sorvegliare i più profondi recessi del mondo.
Sostanzialmente disinteressati alle azioni delle razze della superficie, i Terrigeni erano
soddisfatti della loro vita nelle oscurità del sottosuolo.
Quando il mondo venne scosso dall'implosione del Pozzo dell'Eternità, le conseguenze per i
Terrigeni furono devastanti. Afflitti dal dolore della terra stessa, furono privati della propria
identità e si rinchiusero nelle camere di pietra dove un tempo erano stati creati. Uldaman,
Uldum, Ulduar... Quelli erano i nomi delle antiche città dei Titani che avevano dato loro i
natali. Sepolti in profondità, i Terrigeni riposarono in pace per quasi ottomila anni.
Anche se non è chiaro per quale motivo si svegliarono, un giorno i Terrigeni di Uldaman
uscirono dal loro esilio autoimposto. Quei Terrigeni scoprirono di essere mutati
sensibilmente durante l'ibernazione: le loro membra rocciose si erano ammorbidite, cedendo
il passo a carne e pelle, e i loro poteri su pietra e terra erano svaniti. Erano divenuti creature
mortali. Dopo aver assunto il nome di Nani, gli ultimi Terrigeni uscirono dalle sale di
Uldaman e si avventurarono nel mondo. Sempre attirati dalla sicurezza e dalle meraviglie
delle caverne più profonde, fondarono un grande regno sotto la montagna più alta. Le loro
terre furono chiamate Khaz Modan, o "Montagna di Khaz", in onore di Khaz'goroth, il Titano
che ha plasmato il mondo. Per realizzare un altare per il loro padre Titano, i Nani crearono
un'enorme forgia nel cuore della montagna. La città che crebbe intorno a quel luogo fu
chiamata Forgiardente.
I Nani, affascinati per via della loro natura dalla lavorazione delle gemme e della pietra,
iniziarono subito a scavare le montagne circostanti in cerca di ricchezze e minerali preziosi.
Soddisfatti della loro vita sotterranea, si isolarono completamente dalle attività dei loro vicini:
gli abitanti della superficie.

I Sette Regni
(1.200 anni prima di Warcraft I)

Strom continuò a essere il cuore di Arathor, ma come era già accaduto con Dalaran, molte
nuove città-stato sorsero nel continente di Lordaeron. Gilneas, Alterac e Kul Tiras furono le
prime a nascere. Anche se ognuna di esse presentava costumi e attività commerciali
peculiari, tutte rimasero unite sotto l'egida di Strom. Sotto la vigile guardia dell'Ordine di
Tirisfal, Dalaran divenne il centro principale per l'apprendimento della magia. I Magocrati
che governavano la città fondarono il Kirin Tor, una setta incaricata di catalogare e studiare
ogni magia, manufatto e oggetto magico allora noto alla razza umana. Gilneas e Alterac
divennero fedeli sostenitrici di Strom e organizzarono potenti eserciti, con i quali esplorarono
le zone montagnose meridionali di Khaz Modan. Fu durante questo periodo che gli Umani
incontrarono per la prima volta l'antica razza dei Nani, visitando la loro capitale sotterranea,
Forgiardente. Umani e Nani condivisero molti segreti riguardanti la lavorazione dei metalli e
l'ingegneria, scoprendo la reciproca passione per le battaglie e i racconti. La città-stato di
Kul Tiras, fondata su una grande isola a sud di Lordaeron, vide nascere una solida
economia basata sulla pesca e sul commercio marittimo. Con il passare del tempo, Kul Tiras
costruì una vasta flotta di mercantili che solcavano tutti i mari conosciuti in cerca di merci
esotiche da commerciare. Eppure, mentre l'economia di Arathor fioriva, i suoi elementi
chiave iniziarono a disgregarsi. I signori di Strom cercarono di trasferire i propri
possedimenti nelle accoglienti terre del nord, abbandonando le aride lande meridionali. Gli
eredi di Re Thoradin, ultimi discendenti della dinastia Arathi, si opposero però all'abbandono
di Strom, finendo così per ritrovarsi contro la nobiltà, desiderosa di lasciare la città. I signori
di Strom, convinti di trovare purezza e illuminazione nelle vergini terre del nord, decisero di
allontanarsi dalla loro antica città. Molto più a nord di Dalaran essi crearono una nuova città-
stato, che chiamarono Lordaeron: un giorno l'intero continente avrebbe assunto questo
nome. Lordaeron divenne la meta prediletta dei pellegrini e di tutti coloro che cercavano
pace e sicurezza. I discendenti della dinastia Arathi, rimasti fra le mura in rovina dell'antica
Strom, decisero allora di migrare verso sud, oltre le rocciose montagne di Khaz Modan.
Il loro viaggio si concluse dopo molte stagioni, quando si insediarono nell'area settentrionale
del continente che decisero di chiamare Azeroth. In una fertile vallata fondarono il Regno di
Roccavento, che ottenne rapidamente un potere considerevole. I pochi guerrieri presenti a
Strom decisero di rimanervi per difendere le antiche mura della loro città. Strom non era più
il centro dell'impero, ma divenne il cuore di una nuova nazione, Stromgarde. Anche se ogni
città-stato riuscì a prosperare in un modo o nell'altro, l'impero di Arathor si era praticamente
dissolto: ogni nazione sviluppò le proprie usanze e le proprie credenze, allontanandosi
lentamente dalle altre. La visione di un'umanità unita che aveva animato Re Thoradin si era
infine dissolta.

Aegwynn e la caccia al drago


(823 anni prima di Warcraft I)

Mentre le sette nazioni umane erano al centro di questioni politiche e rivalità, i Guardiani
continuarono a vegliare per impedire il sopraggiungere del caos. In molti si succedettero
negli anni, ma solo un Guardiano alla volta poteva incarnare i poteri magici di Tirisfal. Uno
degli ultimi Guardiani di quell'era seppe distinguersi come valorosa guerriera contro l'ombra.
Aegwynn, una fiera ragazza umana, seppe conquistare i favori dell'Ordine e ottenne la
carica di Guardiano. Si impegnò a fondo per rintracciare ed eliminare i demoni, ovunque
essi si annidassero, ma si ritrovò spesso a mettere in dubbio l'autorità del Concilio di Tirisfal,
in prevalenza maschile. Secondo Aegwynn, gli antichi Elfi e gli anziani Umani che sedevano
nel Concilio erano troppo rigidi nel loro modo di pensare e non avevano il coraggio di tentare
una mossa risolutiva nella lotta contro il caos. Infastidita da lunghe discussioni e dibattiti,
Aegwynn non vedeva l'ora di dimostrare il proprio valore ai suoi pari e ai superiori: per
questo in diverse occasioni scelse di seguire la via del coraggio piuttosto che quella della
saggezza. Con il crescere della sua maestria nell'uso dei poteri cosmici di Tirisfal, Aegwynn
prese coscienza dell'esistenza di diversi demoni potenti che tormentavano il gelido
continente di Nordania. Viaggiando fino al lontano nord, Aegwynn riuscì a scovare i demoni
fra le montagne: là scoprì che essi stavano dando la caccia a uno degli ultimi stormi per
impossessarsi dei poteri magici innati delle creature. I possenti draghi, che si erano ritirati di
fronte alla costante avanzata della società dei mortali, avevano trovato un temibile nemico
nella magia oscura della Legione. Aegwynn affrontò i demoni e con l'aiuto dei nobili draghi
riuscì ad annientarli. Quando però anche l'ultimo demone scomparve dal mondo mortale,
una violenta tempesta si abbatté sulle terre del nord. Un enorme e tenebroso viso apparve
nel cielo sopra Nordania. Sargeras, il demoniaco sovrano e signore della Legione Infuocata,
comparve dinanzi a Aegwynn, rifulgendo di energia infernale. Egli disse alla giovane
Guardiana che il tempo di Tirisfal stava per giungere al termine e che il mondo avrebbe
presto conosciuto il giogo della Legione. La fiera Aegwynn, credendo di essere in grado di
sfidare il minaccioso figuro, scatenò il suo potere contro l'avatar di Sargeras. Con una
sconcertante facilità, Aegwynn riuscì a sconfiggere il signore dei demoni, uccidendo la sua
forma fisica. Temendo che lo spirito di Sargeras potesse perdurare, ingenuamente Aegwynn
rinchiuse ciò che restava del suo corpo in una delle antiche sale di Kalimdor, finita sul fondo
del mare con il collasso del Pozzo dell'Eternità. Aegwynn non poteva sapere che, agendo in
quel modo, aveva fatto esattamente ciò che Sargeras voleva. La Guardiana aveva
involontariamente condannato il mondo intero, perché nell'istante in cui le spoglie mortali di
Sargeras cadevano, il demone aveva trasferito il suo spirito nel corpo della stessa Aegwynn.
Senza che la giovane Guardiana se ne accorgesse, Sargeras rimase per molti anni
nascosto nei più oscuri meandri della sua anima.

La Guerra dei Tre Martelli


(230 anni prima di Warcraft I)

I Nani della Montagna di Forgiardente vissero in pace per molti secoli, ma la loro società
divenne infine troppo grande per essere contenuta entro le loro città montane. Anche se il
Gran Sovrano, Modimus Forgiamara, governava sui suoi sudditi con giustizia e saggezza,
sorsero tre potenti fazioni nella società dei Nani. Il Clan Barbabronzea, guidato dal Thane
Madoran Barbabronzea, manteneva stretti legami con il Gran Sovrano e si ergeva a
difensore delle tradizioni di Forgiardente. Il Clan Granmartello, guidato dal Thane Khardros
Granmartello, si insediò tra le colline e nei dirupi alla base della montagna, cercando di
accrescere la propria influenza all'interno della città. La terza fazione, il Clan Ferroscuro,
aveva al proprio comando il Thane Occultista Thaurissan. I Ferroscuro si nascondevano
nelle ombre più oscure sotto la montagna, complottando contro i Barbabronzea e i
Granmartello. Per un certo periodo, le tre fazioni riuscirono a mantenere un'instabile pace,
ma quando il Gran Sovrano Forgiamara morì di vecchiaia, le tensioni esplosero. I tre clan
presero a combattere per il controllo di Forgiardente e la guerra civile dei Nani divampò per
molti anni nel sottosuolo, fino a quando i Barbabronzea, forti del loro grande esercito,
riuscirono a bandire dalla montagna i Granmartello e i Ferroscuro. Khardros e i suoi
Guerrieri Granmartello viaggiarono verso nord, attraverso i portali di Dun Algaz, dove
fondarono un fiorente regno all'interno del picco di Grim Batol. Le cose non andarono
altrettanto bene per Thaurissan e i suoi Ferroscuro: umiliati e infuriati per la sconfitta,
giurarono di vendicarsi di Forgiardente. Thaurissan guidò le sue genti a sud, dove fondò una
città alla quale diede il proprio nome nella catena delle splendide Montagne Crestarossa. Le
nuove ricchezze e il passare degli anni non riuscirono a placare il rancore dei Ferroscuro
nei confronti dei loro simili. Un giorno Thaurissan e sua moglie, l'Occultista Modgud,
lanciarono un doppio assalto contro Forgiardente e Grim Batol. I Ferroscuro volevano il
dominio totale su Khaz Modan. Gli eserciti dei Ferroscuro travolsero le roccaforti degli altri
clan e quasi riuscirono a conquistare entrambi i reami. Alla fine però Madoran Barbabronzea
guidò il suo clan in una vittoria decisiva contro l'esercito di Thaurissan. Costui allora fuggì
insieme ai suoi seguaci, cercando riparo nella sicurezza della propria città, ignaro di quanto
avvenuto a Grim Batol, dove l'esercito di Modgud sarebbe stato a sua volta sconfitto da
Khardros e dai suoi Guerrieri Granmartello. Affrontando i combattenti nemici, Modgud
utilizzò i suoi poteri per gettare nel terrore i loro cuori. Le ombre si mossero al suo comando
e oscuri esseri emersero dalle profondità della terra per tormentare i Granmartello nelle loro
dimore. Ella riuscì infine a superare le mura, arrivando ad assediare la fortezza. I
Granmartello combatterono disperatamente, mentre Khardros stesso vagava per il campo di
battaglia, fino a quando riuscì a uccidere la Regina Occultista. Dopo la perdita della loro
guida, i Ferroscuro fuggirono dinanzi alla furia dei Granmartello. Si diressero a sud, verso la
roccaforte del loro sovrano, ma così facendo si scontrarono con l'esercito di Forgiardente,
giunto in aiuto di Grim Batol. Intrappolati fra le due armate, i resti delle forze dei Ferroscuro
furono annientati rapidamente. Gli eserciti congiunti di Forgiardente e di Grim Batol si
diressero allora verso sud, con l'intenzione di annientare una volta per sempre Thaurissan e
i suoi Ferroscuro. Non fecero molta strada: la furia di Thaurissan diede vita a un incantesimo
di proporzioni disastrose. Nel tentativo di evocare un servitore sovrannaturale capace di
donargli la vittoria, Thaurissan risvegliò antiche forze da tempo sopite sotto il mondo. Con
suo grande sgomento, dalle viscere della terra emerse una creatura infinitamente più
terribile di quanto egli si aspettasse. Ragnaros il Signore del Fuoco, immortale sovrano di
tutti gli Elementali del Fuoco, era stato rinchiuso dai Titani quando il mondo era ancora
giovane. Ora, grazie all'evocazione di Thaurissan, Ragnaros era di nuovo libero: la sua
apocalittica rinascita distrusse le Montagne Crestarossa, generando un vulcano in perenne
attività al centro della devastazione. Il vulcano, conosciuto come Massiccio Roccianera, era
fiancheggiato dalla Gorgia Rovente a nord e dalle Steppe Ardenti a sud. Thaurissan era
stato ucciso dalle forze che aveva scatenato e i suoi compagni superstiti vennero ridotti in
schiavitù da Ragnaros e dai suoi elementali. Ancora oggi, essi vivono nei Bastioni di
Roccianera. Re Madoran e Re Khardros, testimoni dell'orrenda devastazione e delle fiamme
che avevano avvolto le montagne meridionali, richiamarono i loro eserciti e si affrettarono a
tornare nei loro regni, riluttanti ad affrontare la collera di Ragnaros. I Barbabronzea
tornarono a Forgiardente e ricostruirono la loro gloriosa città. Anche i Granmartello fecero
ritorno alla loro dimora, a Grim Batol, ma la morte di Modgud aveva lasciato un segno di
disgrazia nella loro fortezza che risultò essere inabitabile. Il loro cuore era colmo di
tristezza per la perdita dell'amata casa. Re Barbabronzea offrì ai Granmartello un luogo
dove vivere entro i confini di Forgiardente, ma essi rifiutarono con fermezza. Khardros
condusse a nord la sua gente, verso le terre di Lordaeron. Una volta giunti nelle
lussureggianti foreste delle Entroterre, i Granmartello fondarono la città di Picco dell'Aquila,
iniziando ad avvicinarsi alla natura e arrivando ad addestrare i potenti grifoni di quell'area.
Nel tentativo di mantenere vivi i legami con i loro simili, i Nani di Forgiardente costruirono
due enormi archi con i quali superare il varco fra Khaz Modan e Lordaeron: il Viadotto di
Thandol. Grazie ai reciproci scambi commerciali, i due regni prosperarono. Dopo la morte di
Madoran e Khardros, i loro figli ordinarono la costruzione di due enormi statue, in memoria
dei padri. Le due statue sarebbero sorte a guardia del passaggio verso le terre del sud,
divenute zona vulcanica dopo la rinascita di Ragnaros. Furono un monito per tutti coloro
intenzionati ad attaccare i regni dei Nani e un ricordo del prezzo pagato dai Ferroscuro per i
loro crimini. I due regni mantennero legami molto stretti per alcuni anni, ma i Granmartello
erano stati profondamente cambiati dagli eventi di Grim Batol. Presero a vivere in superficie,
sui pendii di Picco dell'Aquila, invece di creare una rete di gallerie sotto la montagna. Le
differenti abitudini fra i due unici clan di Nani rimasti portarono infine a un allontanamento.

L'ultimo Guardiano
(45 anni prima di Warcraft I)

La Guardiana Aegwynn divenne sempre più potente con il passare degli anni, utilizzando le
energie di Tirisfal per prolungare la propria vita. Credendo stupidamente di aver
definitivamente sconfitto Sargeras, continuò a difendere il mondo dai seguaci del demoniaco
sovrano per quasi novecento anni. Un giorno però, il Concilio di Tirisfal decise che il suo
tempo era giunto al termine. Il Concilio ordinò ad Aegwynn di tornare a Dalaran, in modo da
poter nominare un nuovo Guardiano. Aegwynn però non si fidava del Concilio e così decise
di scegliere da sola il proprio successore. Piena di sé, Aegwynn decise che avrebbe avuto
un figlio al quale trasmettere i propri poteri. Non aveva intenzione di consentire che l'Ordine
di Tirisfal manipolasse il suo successore, come aveva tentato di fare con lei. Viaggiando
verso sud Aegwynn giunse nella regione di Azeroth e lì trovò il padre perfetto per suo figlio,
un abile Mago Umano di nome Nielas Aran. Aran era evocatore di corte e consigliere del Re
di Azeroth. Aegwynn sedusse il Mago e concepì un figlio con lui: l'affinità naturale di Nielas
per la magia avrebbe segnato il futuro del nascituro, spingendolo a percorrere la tragica
strada che lo attendeva. Anche il potere di Tirisfal fu trasmesso al bambino, sebbene fosse
destinato a restare dormiente fino alla sua maturità fisica. Il tempo passò e Aegwynn diede
alla luce suo figlio in una selva isolata. Il piccolo ricevette il nome di Medivh, che significa
"custode dei segreti" nella lingua degli Alti Elfi. Aegwynn era certa che sarebbe divenuto il
nuovo Guardiano. Purtroppo lo spirito maligno di Sargeras, nascosto da tempo dentro di lei,
aveva preso possesso del bimbo indifeso quando era ancora nel grembo materno. Aegwynn
non poteva saperlo, ma il nuovo Guardiano era già sotto il controllo del suo nemico più
pericoloso. Certa che il suo bambino fosse sano, Aegwynn portò il piccolo Medivh alla corte
di Azeroth, dove lo lasciò perché fosse cresciuto dal suo padre mortale e dalla sua gente.
Ella si diresse quindi nelle terre selvagge, pronta ad affrontare ciò che l'attendeva nell'aldilà.
Medivh crebbe e divenne un ragazzo robusto, del tutto ignaro del potere celato in lui per via
dell'eredità di Tirisfal. Sargeras attese paziente che il potere del giovane si manifestasse.
Quando Medivh raggiunse l'età dell'adolescenza, egli era ormai molto famoso ad Azeroth
per la sua abilità nella magia e spesso si lanciava in avventure con i suoi due migliori amici:
Llane, Principe di Azeroth, e Anduin Lothar, uno degli ultimi discendenti della dinastia Arathi.
I tre ragazzi portavano un po' di scompiglio ovunque nel regno, ma erano comunque ben
visti dalla popolazione. Quando Medivh compì i quattordici anni di età, il potere cosmico
dentro di lui si risvegliò e si scontrò con lo spirito di Sargeras che albergava nella sua anima.
Medivh cadde in uno stato catatonico che perdurò per diversi anni. Quando si risvegliò dal
coma, si ritrovò ormai adulto e scoprì che i suoi amici, Llane e Anduin, erano divenuti i
reggenti di Azeroth. Anche se era desideroso di usare i suoi nuovi, incredibili poteri per
proteggere la terra che vedeva come la propria casa, l'oscuro spirito di Sargeras cercava
sempre di mutare i suoi pensieri e le sue emozioni, rendendoli malvagi. Sargeras prosperò
nel cuore di Medivh, ormai sempre più gravato dall'ombra, sapendo che i suoi piani per la
seconda invasione si avvicinavano al completamento e che sarebbe stato l'ultimo Guardiano
del mondo a realizzarli.
CAPITOLO III - IL DESTINO DI DRAENOR
Kil'jaeden e il patto dell'ombra

Nello stesso periodo in cui Medivh vedeva la luce su Azeroth, Kil'jaeden l'Ingannatore iniziò
ad agire per preparare i suoi seguaci nella Distorsione Fatua. L'astuto signore dei demoni,
agli ordini del suo padrone Sargeras, pianificava la seconda invasione di Azeroth per mano
della Legione Infuocata. Questa volta non avrebbe tollerato errori. Kil'jaeden si era reso
conto di aver bisogno di una forza che indebolisse le difese di Azeroth ancor prima che la
Legione tornasse nel mondo. Se le razze mortali, come Elfi della Notte e draghi, fossero
state costrette a fronteggiare una nuova minaccia, non sarebbero state capaci di resistere
all'offensiva della Legione. Fu in quel periodo che Kil'jaeden scoprì il lussureggiante mondo
di Draenor, che fluttuava pacificamente nella Grande Oscurità. Dimora dei clan sciamanici
degli Orchi e dei pacifici Draenei, Draenor era un luogo tanto idilliaco quanto vasto. I nobili
clan degli Orchi si spostavano per le praterie e cacciavano per diletto, mentre i curiosi
Draenei realizzavano spigolose città sui pendii più inaccessibili di quel mondo. Kil'jaeden
comprese che gli abitanti di Draenor sarebbero stati dei servitori perfetti per la Legione
Infuocata, se adeguatamente addestrati. Delle due razze, Kil'jaeden ritenne che quella degli
Orchi avrebbe ceduto più facilmente alla corruzione della Legione. Riuscì ad ammaliare il
più anziano Sciamano degli Orchi, Ner'zhul, esattamente come in passato Sargeras aveva
fatto con la Regina Azshara. Usando l'astuto Sciamano come suo tramite, il demone
trasmise la sete di sangue e la furia assassina fra i clan degli Orchi. Non trascorse molto
tempo prima che quella razza spirituale fosse trasformata in un popolo sanguinario.
Kil'jaeden allora spinse Ner'zhul e la sua gente oltre l'ultimo limite: consegnarsi interamente
a lui in nome della morte e della guerra. Eppure il vecchio Sciamano, resosi conto che il suo
popolo sarebbe stato per sempre schiavo dell'odio, riuscì in qualche modo a opporsi al
comando del demone. Frustrato dalla resistenza di Ner'zhul, Kil'jaeden cercò un altro Orco
disposto a consegnare la sua gente nelle mani della Legione. L'astuto signore dei demoni
trovò infine il discepolo che cercava nell'ambizioso apprendista di Ner'zhul, Gul'dan.
Kil'jaeden promise a Gul'dan poteri smisurati in cambio della sua obbedienza. Il giovane
Orco divenne un avido studente della magia demoniaca, tramutandosi in breve nel più
potente Stregone mortale della storia. Egli insegnò ad altri giovani Orchi le arti arcane,
cercando di spazzare via le tradizioni sciamaniche del suo popolo. Gul'dan mostrò ai suoi
simili una nuova magia e un nuovo tremendo potere. Kil'jaeden, intenzionato ad accrescere
il suo controllo sugli Orchi, aiutò Gul'dan a fondare il Concilio dell'Ombra, una setta segreta
che manipolò i clan degli Orchi e diffuse la magia degli Stregoni in tutto Draenor. Mentre
sempre più Orchi abbracciavano il nuovo potere, i rigogliosi campi di Draenor divennero
aridi. Ben presto le vaste praterie che per lungo tempo avevano ospitato gli Orchi svanirono,
lasciando il posto a lande desolate. Le energie demoniache stavano lentamente uccidendo
quel mondo.

L'ascesa dell'Orda

Gli Orchi, sotto il controllo segreto di Gul'dan e del suo Concilio dell'Ombra, divennero
sempre più aggressivi. Realizzarono enormi arene nelle quali affinare le loro capacità
combattendo in sfide mortali. Durante quel periodo, ci furono comunque alcuni capoclan che
si opposero a ciò che stava avvenendo. Uno di questi, Durotan del Clan Lupi Bianchi, mise
in guardia gli Orchi dal pericolo rappresentato da odio e furia. Le sue parole rimasero però
inascoltate, e furono i capoclan più potenti, come Grom Malogrido del Clan Cantaguerra, a
divenire i campioni di una nuova era di guerra e dominio. Kil'jaeden sapeva che i clan degli
Orchi erano ormai quasi pronti, ma doveva essere certo della loro lealtà assoluta. Così in
segreto, aveva fatto in modo che il Concilio dell'Ombra evocasse Mannoroth il Distruttore,
personificazione della furia e della devastazione. Gul'dan riunì i capi dei vari clan e li
convinse che, bevendo il fiero sangue di Mannoroth, sarebbero divenuti invincibili. Guidati
da Grom Malogrido, tutti i capoclan con l'eccezione di Durotan bevvero, divenendo così per
sempre schiavi della Legione Infuocata. Spinti dalla furia di Mannoroth, i capoclan estesero
rapidamente questo vincolo ai loro fratelli ignari. Consumati dalla maledizione della sete di
sangue, gli Orchi scatenarono la loro furia su chiunque osasse opporsi a loro. Sentendo che
era giunto il momento, Gul'dan unificò i diversi clan in un'unica, inarrestabile Orda. Sapendo
che i diversi capoclan, come Malogrido e Orgrim Martelfato, avrebbero lottato
incessantemente per la supremazia, Gul'dan nominò un Capoguerra fantoccio a capo
dell'Orda. Manonera il Distruttore, un Signore della Guerra particolarmente crudele, fu il
prescelto per questo ruolo. Sotto il comando di Manonera, l'Orda sferrò la prima offensiva
contro i Draenei. In pochi mesi, l'Orda massacrò quasi tutti i Draenei di Draenor. Soltanto
alcuni gruppi di superstiti riuscirono a sfuggire alla terrificante furia degli Orchi. Inebriato
dalla vittoria, Gul'dan si beò del potere e della forza dell'Orda, eppure egli sapeva che,
senza alcun nemico da combattere, presto l'Orda si sarebbe consumata in infiniti scontri
intestini, spinta dalla sua implacabile brama di sangue. Kil'jaeden vide che l'Orda era ormai
pronta. Gli Orchi erano divenuti l'arma migliore della Legione Infuocata. L'astuto demone
informò allora il suo signore, e Sargeras si disse d'accordo con lui: il tempo della vendetta
era finalmente giunto.
CAPITOLO IV - ALLEANZA E ORDA
Il Portale Oscuro e la caduta di Roccavento
(Warcraft I: Orchi e Umani)

Mentre Kil'jaeden preparava l'Orda per l'invasione di Azeroth, Medivh continuava a lottare
contro Sargeras per riottenere il controllo della propria anima. Re Llane, il nobile sovrano di
Roccavento, si rese conto dell'oscuro conflitto che gravava sullo spirito del suo vecchio
amico. Espresse così le sue preoccupazioni ad Anduin Lothar, ultimo discendente della
casata Arathi, che aveva nominato proprio Tenente. Ma nessuno dei due poteva immaginare
quali orrori avrebbe causato l'inarrestabile discesa di Medivh verso la follia.
Come incentivo finale, Sargeras promise di donare poteri illimitati a Gul'dan se egli avesse
accettato di guidare l'Orda contro Azeroth. Attraverso Medivh, Sargeras disse allo Stregone
che avrebbe potuto divenire un dio se fosse riuscito a trovare la tomba sommersa dove la
Guardiana Aegwynn aveva sepolto i resti del corpo di Sargeras più di mille anni prima.
Gul'dan accettò e decise che, dopo aver ucciso tutti gli abitanti di Azeroth, si sarebbe messo
in cerca della leggendaria tomba per reclamare la sua ricompensa. Sicuro di avere l'Orda ai
suoi ordini, Sargeras ordinò di scatenare l'invasione.
Unendo i loro sforzi, Medivh e gli Stregoni del Concilio dell'Ombra aprirono il varco
dimensionale conosciuto come Portale Oscuro. Questo portale collegava Azeroth a Draenor
ed era sufficientemente grande da permettere il passaggio di un esercito. Gul'dan inviò degli
esploratori Orchi per raccogliere informazioni sulla terra che voleva conquistare: al loro
ritorno, il Concilio dell'Ombra si convinse definitivamente che Azeroth era una facile preda.
Sempre più convinto che Gul'dan stesse conducendo il proprio popolo alla rovina, Durotan
alzò di nuovo la voce contro gli Stregoni. Il coraggioso guerriero affermò che essi stavano
distruggendo la purezza dello spirito degli Orchi e che quell'insensata invasione sarebbe
stata la loro fine. Gul'dan, che non poteva eliminare una figura così popolare, vide come
unica soluzione l'esilio di Durotan e del suo Clan Lupi Bianchi nelle estreme regioni del
nuovo mondo. Dopo che gli esiliati Lupi Bianchi ebbero attraversato il portale, altri clan degli
Orchi li seguirono. Questi crearono rapidamente un accampamento nella Palude Nera,
un'area oscura e paludosa a est del Regno di Roccavento. Quando gli Orchi iniziarono a
spostarsi nei nuovi territori, si scontrarono immediatamente con i difensori Umani di
Roccavento. Anche se quelle schermaglie furono di poco conto, permisero alle due fazioni di
scoprire punti di forza e di debolezza della specie rivale. Llane e Lothar non riuscirono però
a capire quanti fossero realmente gli Orchi e poterono solo fare una stima delle forze che
avrebbero dovuto affrontare. Dopo alcuni anni, il grosso dell'Orda orchesca raggiunse
Azeroth e Gul'dan ritenne che fosse il momento di sferrare il colpo decisivo contro gli Umani.
L'Orda scagliò tutta la sua potenza sull'impreparato Regno di Roccavento.
Mentre le forze di Azeroth e dell'Orda si scontravano in tutto il Regno di Roccavento, i
conflitti interni cominciarono a pesare su entrambi gli eserciti. Re Llane, che riteneva
impossibile che orride bestie come gli Orchi potessero conquistare Azeroth, rimase
orgogliosamente nella capitale Roccavento. Ser Lothar invece riteneva che fosse
necessario lanciarsi all'attacco dei nemici e fu così costretto a scegliere fra le sue
convinzioni e la fedeltà al Re. Seguendo il suo istinto, Lothar assaltò Karazhan, la torre
fortezza di Medivh, con l'aiuto di Khadgar, il giovane apprendista del Mago. Khadgar e
Lothar insieme riuscirono a sconfiggere il Guardiano posseduto, che come sospettavano era
stato la causa scatenante del conflitto. Uccidendo il corpo di Medivh, Lothar e il giovane
apprendista bandirono inconsciamente lo spirito di Sargeras nell'abisso. Come
conseguenza, l'anima pura di Medivh si ritrovò finalmente libera... e prese a vagare per il
piano astrale per molti anni a venire. Anche se Medivh era stato sconfitto, l'Orda continuò ad
abbattersi sui difensori di Roccavento. Mentre la vittoria finale dell'Orda si avvicinava,
Orgrim Martelfato, uno dei più grandi capoclan degli Orchi, iniziò ad accorgersi della
corruzione che si era diffusa fra i clan da quando avevano lasciato Draenor. Il suo vecchio
compagno, Durotan, fece ritorno dall'esilio e lo mise nuovamente in guardia dal tradimento
di Gul'dan. Accortosi dell'accaduto, Gul'dan inviò degli assassini che uccisero Durotan e la
sua famiglia, salvo il figlio più piccolo. Senza che Martelfato lo sapesse, il piccolo di Durotan
venne trovato da un ufficiale Umano, Aedelas Molonero, che ne fece il suo schiavo. Quel
piccolo Orco sarebbe diventato un giorno il più grande condottiero che il suo popolo avrebbe
mai avuto. Infuriato per la morte di Durotan, Orgrim decise di liberare l'Orda dalla corruzione
demoniaca e riuscì ad assumere il ruolo di Capoguerra dell'Orda, uccidendo il corrotto
burattino di Gul'dan, Manonera. Sotto la sua guida decisa, l'inarrestabile Orda giunse infine
ad assediare il Forte di Roccavento. Re Llane aveva grandemente sottovalutato la forza
dell'Orda e si ritrovò così ad assistere impotente alla caduta del suo regno per mano degli
invasori dalla pelle verde. Infine venne ucciso da uno degli assassini più abili del Concilio
dell'Ombra: Garona, la Mezz'Orchessa. Lothar e i suoi guerrieri, di ritorno da Karazhan,
speravano di porre fine al massacro e di salvare ciò che restava della loro terra natale. Si
accorsero però di essere arrivati troppo tardi: del regno che conoscevano rimanevano solo
delle rovine fumanti. L'Orda orchesca continuò a devastare le terre, conquistando tutte le
regioni circostanti. Costretti a nascondersi, Lothar e i suoi compagni giurarono
solennemente che sarebbero riusciti a riconquistare la loro patria a ogni costo.
L'Alleanza di Lordaeron
(Warcraft II: Tides of Darkness)

Lothar radunò ciò che restava degli eserciti di Azeroth, sconfitti nella battaglia del Forte di
Roccavento, e li guidò in un esodo via mare alla volta del regno settentrionale di Lordaeron.
Convinti che l'Orda avrebbe finito per annientare l'intera umanità se nessuno l'avesse
fermata, i capi delle sette nazioni degli Umani si incontrarono e decisero di unirsi in quella
che sarebbe divenuta nota come l'Alleanza di Lordaeron. Per la prima volta in quasi tremila
anni, le diverse nazioni di Arathor si riunirono sotto uno stendardo comune. Nominato
Comandante Supremo delle Forze dell'Alleanza, Lothar preparò i suoi eserciti per
fronteggiare l'arrivo dell'Orda.Con l'aiuto dei suoi Tenenti, Uther l'Araldo della Luce,
l'Ammiraglio Daelin Marefiero e Turalyon, Lothar riuscì a convincere le razze semi-umane di
Lordaeron a fare fronte comune contro la minaccia imminente. L'Alleanza riuscì a ottenere il
sostegno dei taciturni Nani di Forgiardente e di un piccolo gruppo di Alti Elfi di Quel'Thalas.
Gli Elfi, sotto la guida di Anasterian Solealto, si dimostrarono per lo più poco interessati al
conflitto: essi erano però tenuti a prestare aiuto a Lothar in quanto discendente dalla casata
Arathi che in passato aveva portato soccorso agli Elfi. L'Orda, ora agli ordini del Capoguerra
Martelfato, richiamò altri Orchi dalle terre di Draenor e incorporò fra le sue file anche i Troll
delle Foreste Amani. Lanciatasi in un'enorme campagna per rovesciare il regno nanico di
Khaz Modan e le regioni meridionali di Lordaeron, l'Orda riuscì a spazzare via facilmente
qualsiasi resistenza. Le epiche battaglie della Seconda Guerra variarono da grandi scontri
navali a devastanti combattimenti aerei. L'Orda era riuscita a impadronirsi di un potente
manufatto, noto come Anima del Demone, e lo aveva utilizzato per ridurre in schiavitù
l'antica Regina dei Draghi, Alexstrasza. Minacciando di distruggere le sue preziose uova,
l'Orda l'aveva costretta a inviare in battaglia i suoi figli più grandi. I nobili Draghi Rossi furono
costretti a combattere per l'Orda... e lo fecero. La guerra devastò i continenti di Khaz
Modan, Lordaeron e Azeroth stessa. Durante la campagna settentrionale, l'Orda arrivò a
bruciare anche i confini di Quel'Thalas, spingendo così gli Elfi a unirsi a pieno titolo alla
causa dell'Alleanza. Le più grandi città di Lordaeron vennero devastate e rase al suolo
durante il conflitto. Eppure, nonostante l'assenza di rinforzi e la schiacciante disparità,
Lothar e i suoi alleati riuscirono a tenere a freno l'avanzata del nemico. Durante gli ultimi
giorni della Seconda Guerra, quando la vittoria dell'Orda sull'Alleanza sembrava ormai
inevitabile, un grave conflitto scoppiò fra i due Orchi più potenti di Azeroth. Mentre Martelfato
preparava l'assalto finale contro la capitale di Lordaeron per spazzare via quanto restava
dell'Alleanza, Gul'dan e i suoi seguaci abbandonarono le loro posizioni, salpando per mare.
Martelfato, infuriato e privato di quasi la metà delle sue forze a causa del tradimento
di Gul'dan, fu costretto a ritirarsi e a rinunciare alla migliore occasione per annientare
l'Alleanza. Gul'dan, accecato dalla brama di potere e desideroso di diventare un dio, si mise
alla ricerca della sommersa Tomba di Sargeras, dove credeva fosse celato il potere
supremo. Dato che aveva già condannato gli Orchi suoi compagni a divenire schiavi della
Legione Infuocata, Gul'dan non ebbe alcuna remora nel venir meno ai suoi impegni con
Martelfato. Supportato dai Clan Razziatempesta e Martello del Crepuscolo, Gul'dan riuscì a
riportare in superficie la Tomba di Sargeras. Quando aprì l'antica cripta, al suo interno trovò
però ad attenderlo solo dei folli demoni. Intenzionato a punire gli Orchi fuggiaschi per il loro
tradimento, Martelfato inviò le sue forze a uccidere Gul'dan e a riportare indietro i rinnegati
superstiti. Nel frattempo Gul'dan pagò la sua follia: venne fatto a pezzi dai folli demoni che
aveva liberato. Perso il loro condottiero, i clan ribelli caddero rapidamente davanti alla
collera delle schiere di Martelfato. Anche se la ribellione era stata domata, l'Orda non riuscì
a riprendersi dalle gravi perdite che aveva subito. Il tradimento di Gul'dan aveva dato
all'Alleanza una nuova speranza, permettendole di radunarsi e di lanciarsi al contrattacco.
Lothar, vedendo che l'Orda si stava sgretolando dall'interno, radunò tutte le forze a sua
disposizione e spinse Martelfato a sud, nel cuore delle devastate terre di Roccavento. Lì le
forze dell'Alleanza intrappolarono l'Orda in ritirata all'interno della fortezza vulcanica dei
Bastioni di Roccianera. Lothar cadde in battaglia ai piedi dei Bastioni ma il suo Tenente,
Turalyon, si mise alla guida delle forze dell'Alleanza nel momento decisivo e ricacciò l'Orda
nella terribile Palude del Dolore. Le truppe di Turalyon riuscirono quindi a distruggere il
Portale Oscuro, il mistico varco che collegava gli Orchi alle loro terre natali di Draenor.
Senza rinforzi e divisa dalle lotte intestine, l'Orda finì per crollare dinanzi alla forza
dell'Alleanza. I clan degli Orchi, messi in fuga, vennero rapidamente catturati e rinchiusi in
campi di prigionia. L'Orda sembrava definitivamente sconfitta, eppure molti si mostrarono
scettici sul perdurare della pace. Khadgar, ora Arcimago di una certa fama, convinse l'alto
comando dell'Alleanza a costruire la fortezza di Guardiafatua per tenere sotto controllo le
rovine del Portale Oscuro e scongiurare nuove invasioni da Draenor.
L'Invasione di Draenor
(Warcraft 2X: Beyond the Dark Portal)

Mentre i fuochi della Seconda Guerra andavano spegnendosi, l'Alleanza intraprese delle
misure aggressive contro la minaccia degli Orchi. Nella zona meridionale di Lordaeron
furono edificati diversi campi di prigionia dove rinchiudere gli Orchi catturati. Sorvegliati dai
Paladini e dai veterani dell'Alleanza, questi campi risultarono molto efficaci. Gli Orchi
imprigionati erano inquieti e desiderosi di tornare a combattere, ma i custodi dei campi,
costruiti nell'antica fortezza-prigione di Durnholde, riuscirono a mantenere la tranquillità e
l'ordine. Nell'infernale mondo di Draenor, un nuovo esercito orchesco però si preparava a
colpire l'Alleanza. Ner'zhul, un tempo mentore di Gul'dan, radunò i restanti clan degli Orchi
sotto il suo oscuro stendardo. Con l'assistenza del Clan di Torvaluna, lo Sciamano pianificò
la creazione di diversi portali su Draenor da cui guidare l'Orda verso nuovi mondi da
depredare. Per fornire energia ai nuovi portali, egli aveva però bisogno di alcuni manufatti
incantati che si trovavano su Azeroth. Per procurarseli, Ner'zhul riaprì il Portale Oscuro e
lanciò i suoi seguaci alla carica attraverso il varco. La nuova Orda, guidata da capoclan
esperti come Grom Malogrido e Kilrogg Occhiotetro (del Clan Guerci Insanguinati), colse di
sorpresa le difese dell'Alleanza e imperversò nella regione. Sotto l'attenta guida di Ner'zhul,
gli Orchi trovarono rapidamente i manufatti di cui avevano bisogno, quindi si ritirarono al
sicuro su Draenor. Re Terenas di Lordaeron, convinto che gli Orchi stessero preparando una
nuova invasione di Azeroth, chiamò a sé i tenenti più fidati. Ordinò quindi al Generale
Turalyon e all'Arcimago Khadgar di guidare una spedizione attraverso il Portale Oscuro per
porre fine una volta per tutte alla minaccia degli Orchi. Le forze di Turalyon e Khadgar
marciarono fino a Draenor e si scontrarono ripetutamente con i clan di Ner'zhul, nelle terre
devastate della Penisola del Fuoco Infernale. Eppure, nonostante l'aiuto dell'Alta Elfa Alleria
Ventolesto, del Nano Kurdran Granmartello e del veterano Danath Cacciatroll, Khadgar non
riuscì a impedire a Ner'zhul di aprire i suoi portali verso altri mondi. Ner'zhul spalancò infine i
portali, ma non conosceva ancora il terribile prezzo che avrebbe dovuto pagare: le energie
di quei varchi fecero infatti a pezzi la sostanza stessa di Draenor. Mentre le forze di Turalyon
combattevano disperatamente per tornare su Azeroth, il mondo di Draenor iniziò a
disgregarsi. Grom Malogrido e Kilrogg Occhiotetro, accortisi che i folli progetti di Ner'zhul
avrebbero portato alla fine della loro specie, radunarono quanti più Orchi possibili e
cercarono anch'essi riparo nella relativa sicurezza di Azeroth. Su Draenor, Turalyon e
Khadgar accettarono di compiere l'estremo sacrificio distruggendo il Portale Oscuro dalla
loro parte: anche se questo sarebbe costato loro la vita, sapevano che era l'unico modo per
garantire la sopravvivenza di Azeroth.
Proprio mentre Malogrido e Occhiotetro si facevano largo disperatamente tra le file degli
Umani nel tentativo di raggiungere la libertà, il Portale Oscuro collassò. Per i due capi e per
gli Orchi che li avevano seguiti su Azeroth, il ritorno era ormai precluso. Ner'zhul e il suo
fidato Clan di Torvaluna attraversarono il più grande dei nuovi portali creati, mentre dietro di
loro enormi eruzioni vulcaniche devastavano i continenti di Draenor. I mari in fiamme si
sollevarono abbattendosi sulle lande annerite, e infine il mondo morente venne consumato
da un'apocalittica esplosione.

La nascita del Re dei Lich

Ner'zhul e i suoi seguaci entrarono nella Distorsione Fatua, il piano etereo che collega tutti i
mondi presenti nella Grande Oscurità. Purtroppo lì Kil'jaeden e i suoi demoni li stavano
aspettando. Kil'jaeden, che aveva giurato di vendicarsi dell'insolenza di Ner'zhul, fece
lentamente a pezzi il corpo del vecchio Sciamano. Tenne però in vita il suo spirito,
assicurandosi in questo modo che Ner'zhul fosse dolorosamente consapevole del suo corpo
smembrato. Per quanto Ner'zhul implorasse il demone di liberarlo e di dargli la morte, egli
replicava che il patto di sangue stretto in passato era ancora in vigore e che Ner'zhul aveva
ancora un compito da svolgere. Il fallimento degli Orchi nella conquista del mondo per conto
della Legione Infuocata costrinse Kil'jaeden a creare un nuovo esercito con il quale gettare
nel caos i regni di Azeroth. Questa nuova forza militare non avrebbe però dovuto cadere
vittima delle lotte intestine che avevano minato la solidità dell'Orda: avrebbe dovuto essere
spietata e dedita solo alla sua missione. Questa volta, Kil'jaeden non poteva permettersi di
fallire. Mantenendo in stasi l'inerme spirito di Ner'zhul, Kil'jaeden gli offrì la scelta di servire
la Legione o di soffrire un tormento eterno. Ancora una volta, Ner'zhul accettò
sconsideratamente il patto con il demone. Il suo spirito venne così rinchiuso in uno speciale
blocco di ghiaccio, duro come il diamante, proveniente dai confini più remoti della
Distorsione Fatua. All'interno della sua bara di ghiaccio, Ner'zhul sentì la sua
consapevolezza espandersi infinitamente. Corrotto dai maligni poteri del demone, Ner'zhul
divenne così un essere spettrale dalla terrificante potenza. In quel momento l'Orco chiamato
Ner'zhul cessò di esistere e al suo posto nacque il Re dei Lich. Anche i fedeli Cavalieri della
Morte di Ner'zhul e i membri del Clan di Torvaluna furono trasformati dalle energie caotiche.
I malefici esperti di magia rinacquero nei panni di Lich Scheletrici. Grazie ai demoni, i servi
di Ner'zhul sarebbero stati al suo fianco anche nella morte. Quando giunse il momento,
Kil'jaeden spiegò la missione per la quale aveva creato il Re dei Lich. Ner'zhul avrebbe
dovuto diffondere la morte e il terrore su Azeroth con una Piaga che avrebbe annichilito
per sempre la civiltà degli Umani. Tutte le vittime di quella Piaga sarebbero rinate come non
morti e i loro spiriti si sarebbero legati per sempre alla volontà di Ner'zhul. Kil'jaeden promise
a Ner'zhul, in cambio del completamento della sua oscura missione e della scomparsa
dell'umanità, di liberarlo dalla sua maledizione e di concedergli un nuovo corpo da occupare.
Anche se Ner'zhul accettò e si dimostrò ansioso di compiere il suo dovere, Kil'jaeden
continuò a dubitare della sua fedeltà. Fino a quando il Re dei Lich era privo di corpo e
intrappolato nella sua prigione di cristallo, egli poteva controllare facilmente le sue azioni,
ma il demone sapeva di doverlo tenere sotto continua osservazione. Per questo motivo
Kil'jaeden convocò le sue guardie demoniache, i Signori del Terrore Vampirici, e ordinò loro
di vigilare su Ner'zhul affinché portasse a termine il suo letale compito. Tichondrius, il più
potente e oscuro dei Signori del Terrore, accolse con favore l'incarico: era affascinato dalla
crudeltà della Piaga e dal terrificante potenziale di devastazione rappresentato dal Re dei
Lich.

La Corona di Ghiaccio e il Trono di Ghiaccio

Kil'jaeden rispedì la bara di ghiaccio di Ner'zhul nel mondo di Azeroth. Il durissimo cristallo
sfrecciò nel cielo notturno e finì per toccare terra nel continente artico di Nordania,
arrestandosi in profondità sotto il Ghiacciaio delle Ossa. Il cristallo gelato, danneggiato
durante la violenta discesa, assunse la forma di un trono, sul quale ben presto prese ad
agitarsi il vendicativo spirito di Ner'zhul.
Dall'interno del suo Trono di Ghiaccio, Ner'zhul iniziò a espandere la sua coscienza,
arrivando a contaminare le menti dei nativi di Nordania. Senza eccessivo sforzo ridusse in
schiavitù numerose creature, fra le quali i Troll dei Ghiacci e i feroci wendigo, attirando i loro
fratelli malvagi nella sua ombra sempre più fitta. I suoi poteri psichici si rivelarono
virtualmente illimitati e gli consentirono di creare un piccolo esercito che trovò riparo nei
gelidi labirinti della Corona di Ghiaccio. Mentre il Re dei Lich imparava a controllare le sue
capacità in continua crescita sotto la costante guardia dei Signori del Terrore, scoprì un
remoto insediamento umano situato ai margini della grande Dracombra. D'impulso, Ner'zhul
decise allora di mettere alla prova le sue capacità sugli ignari Umani.
Ner'zhul scagliò sulle distese artiche una Piaga di non morti fuoriuscita dalle profondità del
Trono di Ghiaccio. Controllandola con la sua forza di volontà, la condusse direttamente sul
villaggio degli Umani. Nel giro di tre giorni tutti gli abitanti erano morti e, poco dopo, si
risvegliarono come zombi.
Ner'zhul riusciva ad avvertire i loro spiriti e i loro pensieri come fossero suoi. Quella
cacofonia di voci nella sua mente rese Ner'zhul ancora più potente, quasi potesse attingere
il nutrimento di cui aveva bisogno dagli spiriti. Si accorse che era facile controllare le azioni
dei non morti, spingendoli a fare qualunque cosa egli volesse.
Nei mesi seguenti, Ner'zhul continuò a sperimentare la Piaga dei non morti soggiogando
ogni abitante umano di Nordania. Il suo esercito di non morti cresceva di giorno in giorno e il
momento della prova più importante si avvicinava.

La battaglia di Grim Batol

Nel frattempo, nelle terre del sud provate dalla guerra, ciò che restava dell'Orda lottava per
sopravvivere. Mentre Grom Malogrido e il suo Clan Cantaguerra riuscirono a sfuggire alla
cattura, Occhiotetro e il Clan Guerci Insanguinati furono rinchiusi nei campi di prigionia di
Lordaeron. Nonostante avessero cercato più volte di fuggire, i custodi avevano sempre
represso con brutalità ogni loro tentativo. Nel frattempo, all'insaputa dell'Alleanza, un folto
gruppo di Orchi vagava ancora per le distese settentrionali di Khaz Modan. Il Clan Fauci di
Drago, guidato dal pericoloso Stregone Nekros, utilizzava un antico manufatto noto come
Anima del Demone per controllare la Regina dei Draghi Alexstrasza e il suo stormo. Con la
Regina dei Draghi tenuta in ostaggio, Nekros radunò in segreto un esercito all'interno della
roccaforte abbandonata, e secondo alcuni maledetta, dei Granmartello: Grim Batol.
Intenzionato a scagliare le proprie forze e i potenti Draghi Rossi contro l'Alleanza, Nekros
sperava di riunire l'Orda e di lanciarla di nuovo alla conquista di Azeroth. La sua visione non
riuscì però a concretizzarsi: un piccolo gruppo di combattenti, guidati dal Mago umano
Rhonin, riuscì a distruggere l'Anima del Demone e a liberare la Regina dei Draghi dal
controllo di Nekros. Infuriati, i draghi di Alexstrasza distrussero Grim Batol, riducendo in
cenere buona parte del Clan Fauci di Drago. I sogni di riunificazione di Nekros si infransero
definitivamente quando le truppe dell'Alleanza circondarono gli Orchi superstiti per poi
condurli nei campi di prigionia. La sconfitta del Clan Fauci di Drago mise fine alla sete di
sangue degli Orchi.
Il letargo degli Orchi

Passarono i mesi e nuovi Orchi vennero catturati e imprigionati. I campi cominciarono a


diventare sovraffollati e l'Alleanza fu costretta a edificarne di nuovi nelle pianure a sud delle
Montagne d'Alterac. Per mantenere e rifornire i nuovi campi, Re Terenas fu costretto a
imporre una nuova tassa sulle nazioni facenti parte dell'Alleanza. Questa tassa, insieme alle
tensioni politiche legate a delle dispute sui confini, finì per creare un malcontento diffuso.
Sembrava che il fragile patto che aveva unito le nazioni degli Umani nella loro ora più cupa
fosse ormai sul punto di rompersi. In quella situazione di instabilità, molti dei custodi dei
campi di prigionia si accorsero di uno strano mutamento negli Orchi reclusi. I loro tentativi di
fuga, come pure le risse fra prigionieri, erano calati drasticamente con il passare del tempo.
Gli Orchi stavano diventando letargici, come se stessero spegnendosi. Anche se non era
facile crederlo, gli Orchi, un tempo considerati la razza più aggressiva mai comparsa su
Azeroth, avevano perso del tutto la loro volontà di combattere. Quello strano letargo lasciò
perplessi i condottieri dell'Alleanza e continuò a diffondersi fra gli Orchi, indebolendoli. Alcuni
azzardarono l'ipotesi di una strana malattia degli Orchi come causa della perdita di vitalità.
Ma l'Arcimago Antonidas di Dalaran aveva un'altra teoria: dopo aver studiato tutto ciò che si
conosceva sulla storia degli Orchi, egli scoprì che essi erano rimasti per generazioni sotto la
devastante influenza del potere dei demoni. Secondo lui, gli Orchi erano stati corrotti da quei
poteri addirittura antecedentemente la prima invasione di Azeroth. I demoni avevano
modificato il sangue degli Orchi, donando loro una forza, una resistenza e un'aggressività
innaturali. Antonidas affermò che il letargo comune a tutti gli Orchi non era una malattia, ma
una conseguenza del venire meno degli effetti delle magie degli Stregoni che li avevano resi
temibili guerrieri assetati di sangue. I sintomi erano molto chiari, ma Antonidas non riuscì a
trovare una cura in grado di rimediare alla condizione degli Orchi. Anche perché molti dei
suoi colleghi Maghi e diversi condottieri dell'Alleanza obiettarono, affermando che guarire gli
Orchi fosse un'inutile imprudenza. Riflettendo sulle misteriose condizioni degli Orchi,
Antonidas giunse alla conclusione che il rimedio, quale che fosse, dovesse essere di natura
spirituale.
La nuova Orda

Il capo guardiano dei campi di prigionia, Aedelas Molonero, osservava gli Orchi dalla sua
roccaforte-prigione, Durnholde. Un Orco in particolare aveva attirato il suo interesse: il
piccolo orfano che aveva trovato quasi diciotto anni prima. Molonero lo aveva cresciuto
come il suo schiavo preferito e gli aveva dato il nome di Thrall. Gli aveva insegnato nozioni
di tattica, filosofia e combattimento. Thrall era stato persino addestrato come gladiatore,
perché il malvagio guardiano mirava a farne un'arma al suo servizio. Nonostante la rigida
educazione, il giovane Thrall divenne un Orco robusto e astuto. Quando raggiunse la
maturità venne a conoscenza di ciò che era accaduto agli altri Orchi, che non aveva mai
incontrato: dopo la loro sconfitta erano quasi tutti rinchiusi nelle prigioni. Si diceva però che
Martelfato, il loro condottiero, fosse fuggito da Lordaeron e vivesse in clandestinità. Il suo
clan di disperati operava in segreto, cercando di sottrarsi al vigile occhio dell'Alleanza.
Inesperto ma ricco di risorse, Thrall decise di fuggire dalla fortezza di Molonero e di mettersi
in cerca dei suoi simili. Durante i suoi viaggi visitò i campi di prigionia e scoprì che la sua
razza, un tempo potente e fiera, era ora stranamente letargica e spaventata. Senza aver
trovato i prodi guerrieri che sperava, Thrall si allontanò alla ricerca dell'ultimo capoclan
imbattuto, Grom Malogrido. Costantemente braccato dagli Umani, Malogrido manteneva
comunque l'incrollabile volontà di combattere tipica dell'Orda. Aiutato solo dai membri del
suo clan, quello dei Cantaguerra, Malogrido portava avanti una guerra clandestina contro
l'oppressione della sua gente. Purtroppo non era mai riuscito a trovare il modo di risvegliare
dal torpore gli Orchi catturati. Il giovane Thrall, colpito dagli ideali che animavano Malogrido,
sviluppò un profondo rispetto per l'Orda e le sue tradizioni guerriere. Cercando di scoprire la
verità sulle sue origini, Thrall viaggiò verso nord per trovare il leggendario Clan Lupi Bianchi.
Apprese così che Gul'dan li aveva esiliati durante le fasi iniziali della Prima Guerra. Scoprì
inoltre di essere figlio ed erede dell'eroe orchesco Durotan, il vero capoclan dei Lupi Bianchi,
assassinato quasi vent'anni prima. Sotto la tutela del venerabile Sciamano Drek'Thar, Thrall
studiò l'antica cultura sciamanica del proprio popolo, che era stata dimenticata durante il
malvagio governo di Gul'dan. Con il passare del tempo, Thrall divenne un potente Sciamano
e prese il suo posto come legittimo capoclan degli esiliati Lupi Bianchi. Dotato del potere
degli elementi stessi e determinato a seguire il proprio destino, Thrall partì, deciso a liberare
i clan prigionieri e a curare la propria razza dalla corruzione demoniaca. Durante i suoi
viaggi, Thrall si imbatté nel vecchio Capoguerra Orgrim Martelfato, ridotto a vivere come
eremita da ormai molti anni. Martelfato, che era stato un buon amico del padre di Thrall,
decise di seguire il giovane e visionario Orco per aiutarlo a liberare i clan. Sostenuto da
molti capoclan veterani,
Thrall riuscì infine a ridare vitalità all'Orda, donando alle proprie genti una nuova identità
spirituale. Per simboleggiare la rinascita del proprio popolo, Thrall tornò alla fortezza di
Molonero, Durnholde, per porre fine una volta per tutte alle attività del suo vecchio padrone
assediando i campi di prigionia. La vittoria fu però ottenuta a caro prezzo: durante la
liberazione di un campo, Martelfato cadde in battaglia. Thrall raccolse il leggendario martello
da guerra di Martelfato e indossò la sua armatura a piastre nere, diventando così il nuovo
Capoguerra dell'Orda. Nel corso dei mesi seguenti, la piccola ma attiva Orda di Thrall
devastò diversi campi di prigionia, avendo la meglio sull'Alleanza. Incoraggiato dal suo
mentore e migliore amico, Grom Malogrido, Thrall si impegnò a fondo per fare in modo che
la sua gente non fosse mai più ridotta in schiavitù.

La Guerra del Ragno

Mentre Thrall liberava i suoi fratelli a Lordaeron, Ner'zhul continuava ad accrescere il proprio
potere a Nordania. Sopra il Ghiacciaio delle Ossa venne realizzata una grande cittadella per
ospitare le nuove legioni di non morti. Mentre il Re dei Lich estendeva la sua influenza sulla
regione, un misterioso impero si oppose al suo potere. L'antico regno sotterraneo di Azjol-
Nerub, fondato da una razza di sinistri ragni senzienti, inviò infatti le proprie truppe scelte
all'assalto della Corona di Ghiaccio per porre fine ai folli sogni di dominio del Re dei Lich.
Con sua grande frustrazione, Ner'zhul scoprì che i malvagi Nerubiani erano immuni non
sono alla Piaga, ma anche alle sue capacità di controllo telepatico. I Signori dei Ragni
Nerubiani avevano ai loro ordini nutrite forze militari e potevano contare su una rete di
gallerie che copriva quasi metà della regione di Nordania. Le loro azioni mordi e fuggi contro
le roccaforti del Re dei Lich si rivelarono sempre efficaci. Tuttavia alla fine Ner'zhul vinse la
guerra contro i Nerubiani: grazie all'aiuto dei temibili Signori del Terrore e ai numerosi non
morti, il Re dei Lich invase Azjol-Nerub e fece crollare i suoi templi sotterranei sopra i suoi
abitanti. Anche se i Nerubiani erano immuni alla sua Piaga, Ner'zhul sfruttò i suoi crescenti
poteri da negromante per rianimare i cadaveri dei Guerrieri Ragno caduti, piegandoli alla
sua volontà. In omaggio al valore degli avversari, Ner'zhul decise di adottare lo stile
architettonico tipico dei Nerubiani per creare le proprie fortezze e strutture. Dominatore
incontrastato del proprio regno, il Re dei Lich iniziò i preparativi per la sua vera missione.
Raggiungendo le terre degli Umani grazie ai propri poteri psichici, egli richiamò a sé ogni
anima oscura disposta ad ascoltare le sue parole...
Kel'Thuzad e la nascita del Flagello

Alcuni individui dal grande potere, sparsi per il mondo, udirono il richiamo mentale del Re
dei Lich proveniente da Nordania. Il più importante fra loro era l'Arcimago di Dalaran,
Kel'Thuzad, uno dei membri anziani del Kirin Tor, il consiglio che governava su Dalaran. Da
anni veniva visto con sospetto a causa dell'insistenza con cui voleva studiare le arti proibite
della negromanzia. Intenzionato ad apprendere il più possibile sul mondo della magia e sulle
sue oscure meraviglie, egli era frustrato dinanzi ai limiti posti dai suoi pari, che riteneva
troppo legati al passato. Dopo aver udito il potente richiamo giunto da Nordania, l'Arcimago
si dedicò anima e corpo alla creazione di un legame con la misteriosa voce. Convinto che il
Kirin Tor fosse troppo debole per comprendere le arti oscure, egli si dimise dall'incarico,
deciso ad apprendere il più possibile dal potentissimo Re dei Lich. Rinunciando alle sue
ricchezze e al prestigio della propria posizione, Kel'Thuzad si allontanò dal Kirin Tor,
lasciando Dalaran per sempre. Guidato dalla voce del Re dei Lich, che echeggiava di
continuo nella sua mente, vendette i suoi possedimenti e mise il ricavato al sicuro.
Viaggiando da solo, dopo aver percorso un'enorme distanza, giunse infine sulle gelide coste
di Nordania. Intenzionato a raggiungere la Corona di Ghiaccio per offrire i propri servigi al
Re dei Lich, l'Arcimago attraversò le rovine di Azjol-Nerub, devastate dalla guerra.
Kel'Thuzad vide così personalmente di cosa erano capaci i feroci poteri di Ner'zhul e si
convinse che allearsi con il misterioso Re dei Lich sarebbe stata una mossa saggia, nonché
potenzialmente vantaggiosa. Dopo lunghi mesi di viaggio nelle desolate lande artiche,
Kel'Thuzad arrivò finalmente al Ghiacciaio delle Ossa. Si avvicinò senza paura all'oscura
cittadella di Ner'zhul e rimase colpito quando le sue sentinelle non morte lo lasciarono
passare, come se fosse atteso. Kel'Thuzad discese nelle profondità della terra ghiacciata
fino a raggiungere la base del Ghiacciaio. Là, in un'infinita caverna di ghiaccio e ombra, si
prostrò dinanzi al Trono di Ghiaccio, offrendo la propria anima all'oscuro signore della morte.
Il Re dei Lich era soddisfatto del suo nuovo seguace: promise a Kel'Thuzad immortalità e
grandi poteri in cambio di fedeltà e obbedienza. Ansioso di scoprire nuove conoscenze
oscure, Kel'Thuzad accettò di compiere la missione a lui affidata: tornare nel mondo degli
Umani e creare una nuova religione che adorasse il Re dei Lich come un dio. Per aiutare
l'Arcimago a raggiungere lo scopo, Ner'zhul non intaccò l'umanità di Kel'Thuzad. Il Mago,
vecchio ma ancora estremamente carismatico, fu incaricato di utilizzare i suoi poteri di
illusione e persuasione per convincere le masse di Lordaeron a credere alle sue parole. Una
volta ottenuto questo risultato, avrebbe offerto loro una visione della possibile nuova società
e una nuova figura da onorare come Re. Kel'Thuzad tornò così a Lordaeron in incognito e,
nel volgere di tre anni,
utilizzò le sue fortune e il suo intelletto per organizzare una fratellanza segreta di uomini e
donne che condividevano la sua visione. Quella fratellanza, che egli chiamò Culto dei
Dannati, prometteva agli accoliti eguaglianza sociale e vita eterna su Azeroth in cambio dei
loro servigi e dell'obbedienza a Ner'zhul. Con il passare dei mesi, Kel'Thuzad trovò molte
persone disposte a unirsi al culto, soprattutto fra i lavoratori oppressi di Lordaeron. Fu
sorprendentemente facile riuscire a raggiungere l'obiettivo prefissato, cioè quello di
trasformare la fede dei cittadini nella Luce Sacra nell'adorazione per l'oscura ombra di
Ner'zhul. Il Culto dei Dannati divenne sempre più potente e influente, mentre Kel'Thuzad
teneva le autorità di Lordaeron all'oscuro del suo operato. Dopo la vittoria di Kel'Thuzad a
Lordaeron, il Re dei Lich mise a punto gli ultimi preparativi per attaccare gli Umani. Una
volta convogliate le energie della Piaga su diversi manufatti chiamati Calderoni della Piaga,
Ner'zhul ordinò a Kel'Thuzad di trasportarli a Lordaeron per nasconderli all'interno dei vari
villaggi controllati dal culto. I calderoni, difesi dai cultisti più fedeli, avrebbero agito da
generatori della Piaga, trasmettendola a tutte le ignare fattorie e centri abitati delle terre
settentrionali di Lordaeron. Il piano del Re dei Lich funzionò alla perfezione. Molti villaggi di
Lordaeron furono contaminati quasi immediatamente. Proprio come a Nordania, i cittadini
che avevano contratto la Piaga morirono e risorsero come schiavi agli ordini del Re dei Lich.
Essi gioivano all'idea dell'immortalità di cui avrebbero goduto come non morti. Mentre la
Piaga si diffondeva, sempre più zombi nacquero nelle terre del nord. Kel'Thuzad osservò il
crescente esercito del Re dei Lich e gli diede il nome di Flagello, perché presto esso
avrebbe marciato fino ai cancelli di Lordaeron e spazzato via la razza umana dalla faccia del
mondo.
La dissoluzione dell'Alleanza

I capi delle nazioni dell'Alleanza, ignari dei culti della morte che andavano nascendo nelle
loro terre, continuarono a litigare fra loro per dispute territoriali e influenza politica. Re
Terenas di Lordaeron temeva ormai che il fragile patto che li univa, stretto durante l'ora più
cupa, fosse destinato a rompersi. Terenas aveva convinto i capi dell'Alleanza a prestare
denaro e forza lavoro per aiutare a ricostruire a sud il Regno di Roccavento, distrutto
durante l'occupazione orchesca di Azeroth. L'aumento delle tasse che ne risultò, insieme
alle spese derivanti dalla manutenzione dei numerosi campi di prigionia degli Orchi,
indussero molti capi, in particolare Genn Mantogrigio di Gilneas, a ritenere che i loro regni
avrebbero trovato un benessere maggiore al di fuori dell'Alleanza. La situazione peggiorò
ulteriormente quando gli Alti Elfi di Lunargenta interruppero bruscamente il loro legame con
l'Alleanza, sostenendo che a causa dell'incapacità di comando degli Umani, le loro foreste
erano andate in fiamme durante la Seconda Guerra. Terenas cercò di reprimere la sua
esasperazione e ricordò pacatamente agli Elfi che, senza le centinaia di valorosi Umani che
avevano dato la vita per difenderla, di Quel'Thalas non sarebbe rimasto nulla. Gli Elfi però
non mutarono la loro decisione. Subito dopo la loro dipartita, anche Gilneas e Stromgarde
lasciarono l'Alleanza. Anche se l'Alleanza si stava disgregando, Re Terenas aveva ancora
degli alleati sui quali poter contare: l'Ammiraglio Marefiero di Kul Tiras e il giovane Re Varian
Wrynn di Azeroth mantennero infatti fede ai loro impegni. Inoltre, i Maghi del Kirin Tor,
guidati dall'Arcimago Antonidas, garantirono l'appoggio incondizionato di Dalaran alle
decisioni prese da Terenas. La cosa più importante fu però la rinnovata fedeltà del potente
Re dei Nani, Magni Barbabronzea, il quale giurò che i Nani di Forgiardente avrebbero
rispettato per sempre il debito d'onore nei confronti dell'Alleanza che aveva liberato Khaz
Modan dalla morsa dell'Orda.
CAPITOLO V -
IL RITORNO DELLA LEGIONE INFUOCATA
Il Flagello di Lordaeron
(Warcraft III: Reign of Chaos)

Dopo lunghi mesi di preparativi, Kel'Thuzad e il suo Culto dei Dannati lanciarono finalmente
il loro primo assalto, scatenando la Piaga dei non morti su Lordaeron. Uther e i suoi Paladini
si recarono a indagare nelle regioni infette nella speranza di riuscire a fermare la Piaga.
Nonostante i loro sforzi, questa continuò a diffondersi, minacciando di mandare in frantumi
l'Alleanza. Mentre le file dei non morti devastavano Lordaeron, il Principe Arthas, unico figlio
di Terenas, si fece avanti per affrontare il Flagello. Arthas riuscì a uccidere Kel'Thuzad, ma
non a evitare che le forze dei non morti crescessero con ogni soldato ucciso mentre
compiva il suo dovere. Frustrato dinanzi a un nemico apparentemente inarrestabile, Arthas
tentò azioni sempre più drastiche, fino a quando i suoi stessi compagni lo avvisarono che
stava pian piano perdendo la sua umanità. Alla fine furono proprio le paure e le decisioni di
Arthas a condurlo alla rovina. Egli risalì alla fonte della Piaga, a Nordania, intenzionato a
cancellarla una volta per sempre. Fu invece proprio il Principe Arthas a cadere preda del
tremendo potere del Re dei Lich. Credendo di essere a un passo dal salvare il suo popolo,
Arthas impugnò Gelidanima, una lama runica maledetta. La spada gli garantì un terribile
potere ma finì per rubargli l'anima, tramutandolo nel più potente fra i Cavalieri della Morte
del Re dei Lich. Senza più il proprio spirito e dopo essere precipitato nella follia, Arthas
guidò il Flagello contro il suo stesso regno e arrivò a uccidere suo padre, Re Terenas,
ponendo così Lordaeron sotto il giogo del Re dei Lich.
Il Pozzo Solare: la caduta di Quel'Thalas

Nonostante avesse oramai sconfitto tutte le persone che considerava nemiche, Arthas era
ancora tormentato dal fantasma di Kel'Thuzad. Lo spirito disse ad Arthas di dover essere
riportato in vita per attuare la prossima fase del piano del Re dei Lich. Per farlo, Arthas
avrebbe dovuto portare le spoglie mortali di Kel'Thuzad al mistico Pozzo Solare, situato
all'interno del regno eterno degli Alti Elfi, Quel'Thalas. Arthas e il suo Flagello invasero
Quel'Thalas e strinsero d'assedio le deboli difese degli Elfi. Sylvanas Ventolesto, il Generale
dei Guardaboschi di Lunargenta, si batté con valore, ma infine Arthas riuscì ad annientare
l'esercito degli Alti Elfi e a raggiungere il Pozzo Solare. Per affermare appieno il suo
dominio, egli rianimò il cadavere di Sylvanas come Banshee, condannandola a servire in
eterno il conquistatore di Quel'Thalas come Non Morta. Arthas immerse infine i resti di
Kel'Thuzad all'interno delle acque sacre del Pozzo Solare. Anche se le potenti acque
dell'Eternità rimasero contaminate dal suo gesto, Kel'Thuzad tornò in vita come un
Occultista Lich. Divenuto ora una creatura molto più potente, Kel'Thuzad espose il prossimo
passo del progetto del Re dei Lich. Quando Arthas e il suo esercito di non morti si diressero
verso sud, a Quel'Thalas non era rimasto in vita neppure un Elfo. La gloriosa dimora degli
Alti Elfi, dopo aver resistito per oltre mille anni, era caduta.

Il ritorno di Archimonde e il viaggio verso Kalimdor

Quando Kel'Thuzad rinacque, Arthas condusse il Flagello verso sud, a Dalaran. Là il Lich
intendeva impadronirsi del potente grimorio di Medivh, usarlo per evocare Archimonde e
dare così il via all'ultima fase dell'invasione della Legione. Neppure i Maghi del Kirin Tor
riuscirono a impedire alle forze di Arthas di rubare il grimorio di Medivh e presto Kel'Thuzad
ebbe tutto il necessario per procedere con l'incantesimo. Dopo diecimila anni, il potente
Demone Archimonde e le sue schiere tornarono nel mondo di Azeroth. La loro destinazione
finale non era però Dalaran: su ordine di Kil'jaeden stesso, Archimonde e i suoi demoni
seguirono il Flagello dei non morti a Kalimdor, intenzionati a distruggere Nordrassil, l'Albero
del Mondo. Nel mezzo di quel caos, un misterioso e solitario profeta apparve per assistere
le razze mortali. Questo profeta non era altri che Medivh, l'Ultimo Guardiano,
miracolosamente tornato dalla Grande Oscurità per redimere i propri peccati.
Medivh avvertì l'Orda e l'Alleanza del pericolo che incombeva su di loro e le esortò a unirsi.
Orchi e Umani, abituati a odiarsi da generazioni, non ne vollero sapere. Medivh fu pertanto
costretto a trattare separatamente con le due razze, utilizzando le sue profezie e l'astuzia
per guidarli attraverso il mare, fino alla leggendaria terra di Kalimdor. Lì, Orchi e Umani
vennero presto in contatto con l'antica e dimenticata civiltà dei Kaldorei. Gli Orchi, guidati da
Thrall, subirono una serie di sconfitte durante il viaggio attraverso le savane di Kalimdor.
Anche se strinsero amicizia con Cairne Zoccolo Sanguinario e i suoi potenti guerrieri
Tauren, molti Orchi caddero vittima della furia demoniaca che li aveva a lungo contaminati. Il
più valoroso sottoposto di Thrall, Grom Malogrido, arrivò a tradire l'Orda, abbandonandosi ai
propri istinti. Mentre Malogrido e i suoi fidati Guerrieri Cantaguerra imperversavano per le
foreste di Valtetra, si scontrarono con le Sentinelle degli Elfi della Notte. Certo che gli Orchi
fossero tornati sul sentiero di guerra, il semidio Cenarius si fece avanti per respingere
Malogrido e i suoi Orchi. Eppure furono costoro, spinti da una furia e un odio sovrannaturali,
a uccidere Cenarius, corrompendo così l'antica foresta. Infine Malogrido seppe riscattare il
proprio onore, aiutando Thrall a sconfiggere Mannoroth, il signore dei demoni che aveva
originariamente maledetto gli Orchi con il suo sangue ricolmo di furia e odio. Con la morte di
Mannoroth, finalmente ebbe fine la maledizione degli Orchi. Mentre Medivh si operava per
convincere Orchi e Umani della necessità di un'alleanza, gli Elfi della Notte combatterono
contro la Legione utilizzando le loro misteriose tattiche. Tyrande Soffiabrezza, l'immortale
Gran Sacerdotessa delle Sentinelle degli Elfi della Notte, si batté disperatamente per
impedire a demoni e non morti di conquistare le foreste di Valtetra. Tyrande si rese conto di
aver bisogno di aiuto, così decise di risvegliare i Druidi Elfi della Notte dal loro sonno
millenario. Facendo appello al suo antico amore, Malfurion Grantempesta, Tyrande riuscì a
riorganizzare le sue truppe e a respingere la Legione. Con l'aiuto di Malfurion, la natura
stessa si sollevò per annientare la Legione e il Flagello suo alleato. Mentre era in cerca di
altri Druidi ibernati, Malfurion si imbatté nell'antica prigione desolata in cui aveva incatenato
suo fratello Illidan. Convinta che quest'ultimo li avrebbe aiutati contro la Legione, Tyrande lo
liberò: in effetti Illidan li aiutò per un certo periodo di tempo, prima di allontanarsi per
perseguire i propri interessi. Gli Elfi della Notte si prepararono allo scontro e affrontarono la
Legione Infuocata con grande determinazione. Quest'ultima non aveva mai smesso di
bramare il Pozzo dell'Eternità, da tempo sorgente dell'energia dell'Albero del Mondo e cuore
del regno degli Elfi della Notte. Se il loro assalto all'Albero avesse avuto successo, i demoni
avrebbero fatto letteralmente a pezzi tutto il mondo.
La Battaglia per il Monte Hyjal

Sotto la guida di Medivh, Thrall e Jaina Marefiero, comandante dell'esercito degli Umani a
Kalimdor, capirono di dover accantonare le proprie divergenze. Allo stesso modo, gli Elfi
della Notte di Malfurion e Tyrande acconsentirono all'unificazione nel tentativo di difendere
l'Albero del Mondo. Spinte da uno scopo comune, le razze di Azeroth collaborarono per
fortificare al massimo le energie dell'Albero della Mondo. Malfurion riuscì a scatenare la furia
primordiale di Nordrassil, distruggendo Archimonde e spezzando il legame tra la Legione e il
Pozzo dell'Eternità. Lo scontro finale scosse il continente di Kalimdor dalle fondamenta.
Incapace di trarre il suo potere dal Pozzo, la Legione Infuocata cadde sotto gli attacchi
combinati degli eserciti mortali.

L'ascesa del traditore


(Warcraft 3X: The Frozen Throne)

Quando la Legione invase Valtetra, Illidan venne liberato dalla sua prigione dopo diecimila
anni di isolamento. Anche se inizialmente cercò di assecondare i propri compagni, la sua
vera natura riprese presto il sopravvento e Illidan assorbì le energie di un potente manufatto,
conosciuto come il Teschio di Gul'dan. Così facendo, sviluppò dei tratti demoniaci e vide
crescere notevolmente il proprio potere. Si impadronì anche di alcuni dei ricordi di Gul'dan,
in particolare quelli relativi alla Tomba di Sargeras, il luogo dove, secondo la leggenda,
riposavano i resti del Titano Oscuro. Traboccante di potere e nuovamente libero di vagare
per il mondo, Illidan partì deciso a conquistarsi una posizione di rilievo negli eventi in corso.
Presto però dovette confrontarsi con Kil'jaeden, che gli fece un'allettante offerta. Kil'jaeden
era adirato a causa della sconfitta di Archimonde sul Monte Hyjal, ma al momento aveva
preoccupazioni più pressanti della vendetta. Rendendosi conto che la sua creatura, il Re dei
Lich, era sempre più difficile da controllare a causa del suo potere, Kil'jaeden ordinò a Illidan
di distruggere Ner'zhul e di porre per sempre fine al Flagello dei non morti. In cambio, Illidan
avrebbe ricevuto poteri inimmaginabili e un posto d'onore fra i signori della Legione
Infuocata. Illidan accettò e si mise immediatamente in marcia per distruggere il Trono di
Ghiaccio, la gelida bara nella quale era contenuto lo spirito del Re dei Lich. Illidan sapeva
che avrebbe avuto bisogno di un potente manufatto per distruggere il Trono di Ghiaccio:
grazie alle nozioni apprese dai ricordi di Gul'dan, decise quindi di mettersi in cerca della
Tomba di Sargeras per impossessarsi delle spoglie del Titano Oscuro.
Egli chiese aiuto ad alcuni Alti Nobili, in debito con lui, e richiamò i Naga dalle loro oscure
tane sommerse. Guidati dall'astuta Dama Vashj, i Naga aiutarono Illidan a raggiungere le
Isole Spezzate, dove sembrava si trovasse la Tomba di Sargeras. Appena Illidan partì
insieme ai Naga, la Custode Maiev Cantombroso si mise sulle sue tracce. Maiev era stata
per diecimila anni la carceriera di Illidan e non vedeva l'ora di rinchiuderlo nuovamente.
Illidan seppe però dimostrarsi più astuto di lei e dei suoi Guardiani e, nonostante i loro sforzi,
riuscì a impossessarsi dell'Occhio di Sargeras. Con il potente manufatto nelle sue mani,
Illidan si diresse verso l'antica città dei Maghi di Dalaran. Grazie al potere aggiuntivo
garantito dalle linee di faglia che percorrevano la città, Illidan utilizzò l'Occhio di Sargeras
per lanciare un terrificante incantesimo contro la cittadella del Re dei Lich, la Corona di
Ghiaccio, nella lontana Nordania. Il suo attacco superò le difese del Re dei Lich e arrivò
persino a infrangere la volta celeste. All'ultimo istante, l'incantesimo di Illidan fu fermato da
suo fratello Malfurion e dalla Sacerdotessa Tyrande, giunti in aiuto di Maiev. Sapendo che
Kil'jaeden non sarebbe stato soddisfatto del suo fallimento nel distruggere il Trono di
Ghiaccio, Illidan fuggì nella dimensione desolata nota come Terre Esterne, ciò che restava
di Draenor, l'antica terra natale degli Orchi. Lì sperava di eludere l'ira di Kil'jaeden, mentre
pianificava le sue prossime mosse. Dopo essere riusciti a fermare Illidan, Malfurion e
Tyrande tornarono a casa nella Foresta di Valtetra, per vegliare sulla propria gente. Maiev
però non si arrese e seguì Illidan nelle Terre Esterne, determinata più che mai a ottenere
giustizia.

L'ascesa degli Elfi del Sangue

In quel periodo, il Flagello dei non morti aveva ormai trasformato Lordaeron e Quel'Thalas
nelle desolate Terre Infette. Erano attive solo alcune sacche di resistenza dell'Alleanza. Uno
di questi gruppi, composto principalmente da Alti Elfi, era guidato dall'ultimo discendente
della dinastia Solealto: il Principe Kael'thas. Kael, a sua volta Mago di grande valore, non
riponeva più alcuna fiducia nell'efficacia dell'antica Alleanza. Gli Alti Elfi piansero la perdita
della loro terra natale e decisero di mutare nome in Elfi del Sangue, in onore dei loro
compagni caduti. Mentre lottavano per tenere a bada il Flagello, subirono gli effetti della
separazione dal Pozzo Solare, che da sempre gli aveva dato forza. Deciso a trovare un
rimedio contro la dipendenza dalla magia della propria gente, Kael tentò l'inimmaginabile:
scese a patti con la discendenza dagli Alti Nobili e si unì a Illidan e ai Naga, nella speranza
di trovare una nuova fonte di potere magico alla quale attingere. Gli altri comandanti
dell'Alleanza bollarono allora gli Elfi del Sangue come traditori, voltando loro le spalle.
Senza un posto dove andare, Kael e i suoi Elfi del Sangue seguirono Dama Vashj fino alle
Terre Esterne per aiutarla nel confronto con la Custode Maiev che era riuscita a ricatturare
Illidan. Unendo le forze, Naga ed Elfi del Sangue riuscirono a sconfiggere Maiev, liberando
nuovamente Illidan. Quest'ultimo, restando nelle Terre Esterne, raccolse le proprie forze e si
preparò a scagliare un secondo assalto contro il Re dei Lich e la sua fortezza della Corona
di Ghiaccio.

Guerra civile nelle Terre Infette

Ner'zhul, il Re dei Lich, sapeva di avere poco tempo a disposizione. Imprigionato nel Trono
di Ghiaccio, temeva che Kil'jaeden avrebbe inviato i suoi agenti a distruggerlo. I danni
causati dall'incantesimo di Illidan avevano scheggiato il Trono di Ghiaccio, riducendo così
gradualmente il suo potere. Nel disperato tentativo di salvarsi, egli chiamò a sé il suo più
potente servitore mortale: il Principe Arthas, Cavaliere della Morte. Anche se i suoi poteri
erano ridotti a causa della debolezza del Re dei Lich, Arthas aveva comunque combattuto in
una guerra civile a Lordaeron. Metà delle forze dei non morti guidate dalla Banshee
Sylvanas Ventolesto avevano cercato di assumere il controllo dell'impero dei non morti.
Convocato dal Re dei Lich, Arthas era stato costretto a lasciare il Flagello al comando del
proprio Luogotenente, Kel'Thuzad, mentre la guerra divampava nelle Terre Infette. Infine,
Sylvanas e i suoi non morti ribelli (conosciuti come Reietti) presero il controllo della capitale
in rovina di Lordaeron. Edificando la loro base fra le macerie della città, i Reietti giurarono di
sconfiggere il Flagello e di scacciare Kel'Thuzad e i suoi seguaci da quelle terre. Indebolito
ma comunque determinato a salvare il proprio signore, Arthas raggiunse Nordania solo per
trovare ad attenderlo i Naga e gli Elfi del Sangue di Illidan. Appoggiato dai suoi alleati
Nerubiani, cercò di raggiungere prima delle forze di Illidan il Ghiacciaio delle Ossa per
difendere il Trono di Ghiaccio.
Il trionfo del Re dei Lich

Benché indebolito, Arthas riuscì infine ad avere la meglio su Illidan, giungendo per primo al
Trono di Ghiaccio. Impugnando la sua lama runica, Gelidanima, Arthas frantumò la gelida
prigione del Re dei Lich, liberando così l'elmo e il pettorale corazzato incantati di Ner'zhul.
Arthas indossò l'elmo dallo straordinario potere e divenne così il nuovo Re dei Lich. Gli spiriti
di Ner'zhul e di Arthas si fusero in un solo potente essere, proprio come Ner'zhul aveva
sempre sperato. Illidan e le sue truppe, sconfitti, furono costretti a tornare nelle Terre
Esterne, mentre Arthas divenne una delle entità più potenti che il mondo avesse mai visto.
Attualmente Arthas, il nuovo e immortale Re dei Lich, risiede a Nordania, dove si dice che
stia ricostruendo la cittadella della Corona di Ghiaccio. Il suo fidato Luogotenente,
Kel'Thuzad, guida il Flagello nelle Terre Infette. A Sylvanas e ai suoi Reietti rimangono solo
le Radure di Tirisfal, una piccola parte del regno devastato dalla guerra.

Vecchi rancori: la colonizzazione di Kalimdor

Benché ne fossero uscite vincitrici, le razze mortali si ritrovarono in un mondo devastato


dalla guerra. Il Flagello e la Legione Infuocata avevano annientato ogni forma di civiltà a
Lordaeron e avevano quasi fatto altrettanto a Kalimdor. C'erano foreste da risanare, rancori
da sopire e case da ricostruire. La guerra aveva ferito profondamente tutte le razze, che
avevano però deciso di restare unite per un nuovo inizio, confermando la difficile tregua fra
Alleanza e Orda. Thrall guidò gli Orchi sul continente di Kalimdor, dove fondarono una
nuova nazione con l'aiuto dei Tauren. Dopo aver chiamato la nuova terra Durotar in onore
del padre di Thrall assassinato, gli Orchi intrapresero la ricostruzione della loro società. Ora
che la maledizione demoniaca era svanita, l'Orda aveva perso la sua indole distruttrice e
bellicosa e rappresentava un'unione di clan più interessati alla sopravvivenza e alla
prosperità che alla conquista. Aiutati dai nobili Tauren e dagli astuti Troll della Tribù
Lanciascura, Thrall e i suoi Orchi sognavano una nuova era di pace nelle loro terre. Le forze
residue dell'Alleanza, sotto la guida di Jaina Marefiero, si insediarono nella zona meridionale
di Kalimdor. Al largo della costa orientale di Acquemorte crearono la città portuale di
Theramore. Là gli Umani e i Nani loro alleati cercarono di sopravvivere in una terra che era
loro ostile. Anche se gli abitanti di Durotar e Theramore rispettarono la tregua, la fragile
serenità coloniale non era destinata a durare. La pace fra Orchi e Umani venne infatti
scossa dall'arrivo di una grande flotta dell'Alleanza a Kalimdor.
La possente armata, agli ordini del Grande Ammiraglio Daelin Marefiero (il padre di Jaina),
era salpata da Lordaeron prima che Arthas distruggesse il regno. Dopo molti mesi di
navigazione, l'Ammiraglio Marefiero era in cerca di sopravvissuti dell'Alleanza. La flotta di
Marefiero rappresentava una grave minaccia alla stabilità della regione. In quanto famoso
eroe della Seconda Guerra, il padre di Jaina era un acerrimo nemico dell'Orda e si mostrò
intenzionato a distruggere Durotar prima che gli Orchi consolidassero la loro posizione nella
regione. Il Grande Ammiraglio costrinse Jaina a prendere una terribile decisione: sostenerlo
nella battaglia contro gli Orchi, tradendo così i propri nuovi alleati, oppure sfidarlo per
mantenere la fragile pace faticosamente raggiunta tra Alleanza e Orda. Dopo attenta
riflessione, Jaina scelse la seconda strada, aiutando Thrall a sconfiggere suo padre ormai
uscito di senno. Purtroppo l'Ammiraglio Marefiero morì in battaglia prima che Jaina potesse
riconciliarsi con lui o dimostrargli che gli Orchi non erano più dei mostri assetati di sangue.
Questi ultimi, in cambio della fedeltà dimostrata da Jaina, permisero al suo esercito di
tornare a Theramore sano e salvo.

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