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La Disgrafia
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01/09/2012
Annalisa Scardanzan

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INDICE:

Premessa pag. 3
La Disgrafia pag. 5
La Rieducazione pag. 8
Prevenire la Disgrafia? pag. 10
Conclusioni pag. 11

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PREMESSA

Bambini e ragazzi che stanno attenti in classe, intelligenti, sempre pronti a dare

la risposta corretta alzando la mano prontamente, giustamente vivaci e quasi sempre un

po’ testardi e decisi: sono gli alunni che spesso mi trovo davanti, che mi danno una

buona impressione fin dal primo giorno di scuola.

Arriva poi il primo test, la prova sulla quale imposto il lavoro iniziale, comincio

a stendere la programmazione ed ecco le prime sorprese: proprio l’alunno che mi

aveva più colpito consegna il foglio pieno zeppo di errori oppure scritto con grafia

pressoché illeggibile anche se con risposte pertinenti e osservazioni brillanti. Penso e

ripenso alla valutazione, sorgono i primi sospetti che ci sia qualcosa che non va, che non

si tratti di sbadataggine, di svogliatezza: a tutti piace fare bella figura con i nuovi

insegnanti fin da subito, non ha senso supporre che sia un compito “buttato là perché il

voto non fa media”.

Il dubbio si insinua insistente: ci saranno dei problemi non rilevati, si tratta forse

di disgrafia?

Spesso arriva la chiamata dalla scuola, si prende servizio perché il contratto

abbia inizio senza informarsi prima di entrare in aula se vi siano delle problematiche

particolari che riguardano alcuni alunni, o magari le difficoltà specifiche non sono mai

state segnalate perché ritenute non significative. Negli ultimi tempi si parla tanto di

dislessia, trascurando gli altri deficit che possono accompagnarla oppure rappresentare

un problema isolato.

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Scopo di questo lavoro è approfondire una delle “sorelle minori” del gruppo

DSA: la disgrafia.

1. LA DISGRAFIA

La disgrafia è un disturbo specifico della scrittura riguardante esclusivamente la

grafia e consiste nella difficoltà a riprodurre i “segni” alfabetici e numerici. Si presenta

con un tratto fortemente irregolare, un disordine eccessivo sul foglio, difficoltà nella

gestione dello spazio. Può essere legata alla disprassia e quindi a disturbi di

coordinazione motoria o essere secondaria e quindi dovuta ad una lateralizzazione

incompleta.

Nei primi due anni della scuola primaria le difficoltà possono essere imputabili

all’affaticamento dell’apprendimento, all’immaturità o allo sforzo necessario al

bambino nei primi periodi ai scuola. In genere in terza alcuni processi di

automatizzazione dovrebbero essere completati e la “gestione della penna e del foglio”

divenire più spontanei. E’ proprio nel momento in cui il bambino inizia a produrre dei

testi personalizzandoli che generalmente il problema emerge. Più spazio al proprio

modo di scrivere lascia intravedere le difficoltà dello scrivere. La valutazione di

disgrafia avviene di norma ad otto anni quindi nel corso della terza. Prima si possono

segnalare difficoltà eccessive riscontrate dal bambino nella scrittura rieducandolo in

modo pratico ma è solo successivamente che il divario tra quella che dovrebbe essere

“la media” e quanto prodotto appare più evidente.

Iniziano così ad apparire sul foglio disordinato margini irregolari, segni

indecifrabili, spaziatura irregolare accompagnati da segni rossi della maestra con inviti

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ripetuti a scrivere meglio. Come nel caso delle altre difficoltà di apprendimento, a causa

della scarsa conoscenza di questo disturbo che può riguardare anche il 25% degli alunni,

il bambino viene a volte etichettato come negligente, svogliato, non sufficientemente

motivato allo studio, creando quindi problematiche di autostima. Il bambino si affatica

facilmente: la penna non scorre sul foglio, è lenta e pesante, impugnata in modo non

corretto; la pressione può essere eccessiva a causa dell’irrigidimento oppure troppo

lieve, segno di insicurezza eccessiva.

Dopo un anno di matite con la punta che continua a rompersi ed il successivo di

penne con inchiostro cancellabile con le quali ha lottato a lungo perché non scrivevano,

finivano subito, si bloccavano1 ecco un’ulteriore problema: non può più cancellare, deve

scrivere subito giusto e bene, irrigidendosi ancora di più.

Si possono inoltre notare problemi nelle attività che richiedono più azioni in

contemporanea come ad esempio copiare dalla lavagna, dove il bambino deve decifrare

quanto viene scritto dall’insegnante, codificarlo e successivamente decodificarlo

riportandolo sul foglio spostando più volte lo sguardo e perdendo di volta in volta

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Le penne cancellabili, tanto amate dalle maestre nei primi anni, nascondono molte problematiche.
Sono richieste dagli insegnanti durante i primi anni della primaria allo scopo di consentire all’alunno di
poter cancellare tranquillamente i propri errori senza compromettere “la bella pagina” e dare quindi
una maggiore sicurezza e questo può anche essere positivo ma il bambino impara presto che può
sempre rimediare al proprio errore e quindi non deve necessariamente stare attento a non sbagliare,
inoltre perde tempo a cancellare e riscrivere più volte rimanendo indietro. Nel caso di bambini con
difficoltà di scrittura i problemi sono anche altri: considerato che tendono ad impugnare la penna in
modo errato, con una forza eccessiva, scaldano l’inchiostro e premono troppo sul foglio
compromettendo la scorrevolezza e facendo si che la penna (anche delle marche migliori) si blocchi,
scriva a tratti, lasci più inchiostro del necessario. Risultato di questo è da un lato la maggiore fatica a
scrivere, dall’altro che rimane ancora più indietro e la penna – o una ricarica- non dura cinque giorni per
periodi di attività non intensa. Il bambino lascia con diffidenza questo tipo di penna non comprendendo
che diventa una sorta di dipendenza. Ho avuto occasione di incontrare ragazzi nei primi anni della scuola
secondaria ancora legati a penne cancellabili andare in crisi durante test scritti o prove INVALSI per la
mancanza di tale dispositivo o di “bianchetti “di vario tipo vietati durante tali verifiche. Da ultimo c’è da
considerare anche il costo che può diventare anche consistente. Da prove fatte personalmente tre o
quattro euro alla settimana per questo tipo di penne in seconda primaria, considerando costo delle
ricariche e durata media.

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concentrazione e attenzione a causa dell’affaticamento che questo comporta. Accade

quindi che la copia sia molto difficoltosa, presenti inversioni, mancanza di parole o

pezzi di parole, errori numerosi, scrittura anche incomprensibile tale da non poterla

nemmeno correggere. A causa delle problematiche fino-manuali i segni appaiono

irregolari per forma, dimensione; il gesto non è fluido ed i legami tra le lettere sono

scorretti. La velocità di scrittura può essere eccessivamente lenta, oppure eccessiva con

movimenti a scatti con frequenti interruzioni del movimento flessorio pronatorio

supinatorio: le lettere non sono arrotondate, sono malamente legate tra loro, ammaccate.

Scrivere in corsivo diviene proibitivo, faticoso e con risultati pessimi nonostante lo

sforzo profuso, anzi per meglio dire proprio a causa dello sforzo.

Le difficoltà non riguardano solo la riproduzione di grafemi e scrittura di frasi

dovuti alla scarsa coordinazione oculo-manuale ma anche la riproduzione di figure

geometriche i cui angoli possono risultare arrotondati, con tratto non preciso e

difficoltà a chiudere le forme e il disegno libero che risulta difficoltoso.

La disgrafia riguarda quindi gli aspetti grafo-motori ed è un disordine delle

componenti periferiche esecutivo-fino-motorie e non riguarda le caratteristiche

linguistiche le cui problematiche sono relative piuttosto alla disortografia.

Non tanto la codifica semantica letterale o fonologica, ma proprio la componente

motoria è quella compromessa.

La valutazione di disgrafia avviene, come nei casi di dislessia, disortografia e

discalculia, seguendo schemi precisi per garantire omogeneità nelle valutazioni. In

questo caso si ricorre alla Scala D definita dall’equipe di Ajuriaguerra che consente di

valutare l’età grafo motoria di un ragazzo ed il suo gradi di disgrafia in modo oggettivo.

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Questo tipo di valutazione prescinde dall’età della persona da analizzare , in quanto

questo disturbo presenta peculiarità specifiche che non riguardano tanto l’evoluzione

della scrittura, quanto il grado di automatizzazione e di coordinazione. Si tratta di una

scala composta da 25 items divisi in tre gruppi, riguardanti quelle che sono le

caratteristiche più evidenti del disturbo e cioè cattiva distribuzione nello spazio (7

items), mal destrezza (14 items), errori nella forma e nelle proporzioni (5 items). La

gravità viene stabilita con calcolo matematico dopo attenta valutazione.

L’equipe di Ajuriaguerra ha classificato inoltre le varie classi di disgrafia in base

agli aspetti eziologici da cui ha origine.

Scrittura tesa: con tensione e contrazione del gesto grafico

Scrittura molle con rilasciamenti e irregolarità

Scrittura impulsiva con gesto grafico incontrollato in corpo e alla fine di parola

(può essere distinta in molle o rigida)

Scrittura maldestra con irregolarità dei grafemi e nel movimento complessivo

della scrittura

Scrittura lenta e precisa con una iper-strutturazione delle lettere per un eccesso

di precisione.

Olivaux definisce invece la disgrafia considerando la specifica funzione della scrittura:

strumentale (esprimere il pensiero) difficoltà a strutturare il gesto grafico per

fatica di chi scrive e conseguente lentezza dello scritto.

relazionale (comunicazione e rappresentazione della personalità dello scrivente

in tutti i suoi aspetti e quindi rappresentativa) illeggibilità per difficoltà di

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relazione irregolare dello spazio grafico, da dimensione molto variabile delle

lettere, mancanza di pressione o pressione pastosa.

Semantica (difficoltà di espressione di sé) con scrittura maschera molto accurata,

controllata, artificiosa.

Vari autori propongono differenti classificazioni ma sono concordi nello stabilire i

principi fondamentali del disturbo ed in particolare sul fatto che la scrittura risulta

illeggibile, lo strumento non ottempera la sua funzione perdendo efficacia, con ricadute

in ambito scolastico notevoli che possono minare il senso di autostima e autoefficacia

dell’alunno. Sono inoltre concordi nello stabilire che la rieducazione debba avvenire con

un esercizio continuo, costante e adeguato per consentire di arrivare ad una scrittura

corretta, fluente, agile ma soprattutto comprensibile, grazie ad un continuo allenamento

mentale e manuale che porti ad automatizzare l’azione e consenta la riproduzione di

segni leggibili.

La disgrafia tende a peggiorare col tempo proprio perché è la rappresentazione

dell’individuo e con il tempo l’individuo diventa più autonomo per cui è bene che venga

riconosciuta presto e si inizi una riabilitazione precoce per ottenere risultati migliori,

anche se si può intervenire a qualsiasi età.

2. LA RIEDUCAZIONE

Le azioni a favore di alunni con problemi di disgrafia non possono limitarsi

all’interno della scuola solo ad interventi di tipo compensativo, quali l’uso del PC o

limitazioni nella produzione scritta ma devono essere ben mirati in particolare negli anni

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della scuola primaria, per consentire un recupero almeno parziale della funzione

strumentale.

Bisogna tener presente che la scrittura è un processo complesso che prevede il

coinvolgimento di processi neurologici, fisiologici e muscolari in parte coscienti in parti

automatizzati, ed è proprio all’automatizzazione che bisogna arrivare per avere dei

risultati soddisfacenti. L’individuo scrive e rappresenta se stesso “oggettivizzando” il

proprio pensiero comunica.

Si deve necessariamente partire ciò che sta alla base dei processi neurologici e

motori, rieducandoli quindi non solo miglioramento della scrittura per renderla

comprensibile ma ricerca profonda dei modelli.

La terapia deve necessariamente essere svolta da personale specializzato (grafo

terapeuta- rieducatore della scrittura, ma più spesso in considerazione della difficoltà ad

arrivare a queste professionalità e poiché in gran parte dei casi i bambini hanno una

comorbilità che li porta ad avere anche problemi di dislessia, disortografia e/o

discalculia, sono seguiti da neuropsichiatra infantile in collaborazione con logopedista

ed educatrici) che stabilisca in base alla diagnosi, qual è la terapia più adatta.

Indispensabile è evitare che la procedura tenda solo ad arrivare alla bella scrittura: il

problema va affrontato entrando nell’individuo nel profondo, entrando nella personalità

proprio perché scrittura è esteriorizzazione dell’individuo. L’iter inizia così per portare

il paziente ad una maggiore capacità nel gesto, passando per la presa di coscienza della

difficoltà, l’analisi assieme all’interessato della situazione (in relazione all’età) fino ad

arrivare ad un minore irrigidimento e una maggiore scorrevolezza del gesto. Gli esercizi

sono molteplici: si va dal rilassamento muscolare ad esercizi di respirazione, a giochi

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specifici fino ad attività per migliorare l’attività manuale fina ed infine attività grafiche

specifiche. Gli esercizi grafici seguono una scala di livelli diversi in crescendo per quel

che riguarda la complessità: dal tracciare linee rette, a linee chiuse, disegni geometrici

più complessi, linee curve aperte e chiuse per poi passare lentamente a segni che più si

avvicinano alle lettere.

La riabilitazione deve avvenire possibilmente con un accordo specialista-scuola-

famiglia in modo da formare un unicum ed agevolare il più possibile l’alunno dal punto

di vista dell’apprendimento ma soprattutto da quello psicologico. Bisogna infatti sempre

avere come obiettivo principale l’autostima ed il senso di autoefficacia, il benessere

della persona prima ancora dei risultati scolastici poiché stare bene vale più di un bel

voto, anche se il tutto è strettamente correlato.

3. PREVENIRE LA DISGRAFIA?

Negli ultimi anni sono stati fatti enormi progressi per quel che riguarda i problemi

riguardanti “la famiglia DSA”. Recenti studi hanno dimostrato che è possibile

intervenire già all’interno della scuola dell’infanzia per prevenire disgrafia e dislalia

attraverso il metodo del Globalismo Affettivo. Questo metodo prevede interventi di

drammatizzazione delle lettere dell’alfabeto, l’associazione di fiabe e racconti ad ogni

letterina con la partecipazione attiva dei bambini, prevedendo anche l’uso del PC. I

risultati sono apprezzabili come intervento anche nel caso di deficit da parte dei piccoli

e di disabilità. Si auspica che interventi di questo tipo siano sempre più estesi a tutte le

scuole dell’infanzia in modo da dare un aggancio ai bambini in vista della primaria

meno destabilizzante. Si potrebbe in questo modo limitare l’effetto di disorientamento

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dei bambini nel mondo delle lettere e della scrittura qual è la scuola dove tutti i

meccanismi di relazioni e di adattamento all’ambiente vengono sovvertiti.

4. CONCLUSIONI.

La disgrafia è il disturbo che più frequentemente si presenta in considerazione delle

stime che parlano di un bambino su cinque con problemi di questo tipo, ed è forse il più

trascurato. Le maestre durante i primi due anni della scuola primaria impiegano molto

del loro tempo ad insegnare ai bambini a scrivere le lettere in stampatello maiuscolo per

poi passare allo stampato minuscolo ed infine al corsivo. Le pagine di letterine e di bella

scrittura, lenta e precisa dentro i quadroni di prima o le righe di seconda lasciano poi

spazio in terza ad una maggiore autonomia e libertà di espressione, perdendo un po’ alla

volta le caratteristiche di omologazione dei primi tempi. In ogni classe una media di

cinque bambini si sente richiamare spesso perché rimane indietro quando si tratta di

dover scrivere qualcosa in più, viene additato per la grafia pessima ed illeggibile, viene

chiesto loro di riscrivere pagine e pagine in modo più ordinato e preciso. Per qualcuno

di loro inizia un vero incubo. Prendere in mano la penna diviene sempre più faticoso,

con aumento di irrigidimento e peggioramento del problema. La tensione può divenire

eccessiva rendendo il gesto sempre meno sciolto. A questo punto può iniziare il disagio

per l’alunno che si sente inadeguato, incapace frustrato.

Attraverso la conoscenza delle caratteristiche del disturbo, di come individuarlo e

come arrivare ad una diagnosi, delle possibilità di recupero da parte dei docenti, dei

famigliari ed anche del bambino è possibile arrivare ad un miglioramento della scrittura

e quindi del senso di autostima.

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E’ quindi opportuno che si presti la dovuta attenzione anche a questo tipo di

disturbo con un controllo costante delle difficoltà dovute alla scrittura non

sottovalutandole e provvedendo ad esercizi mirati per difficoltà lievi e a terapia

opportuna svolta da specialisti nei casi più gravi.

"Non lasciate mai che i bambini falliscano; fateli riuscire... rendeteli fieri delle

proprie opere. Li condurrete così in capo al mondo." C. Freinet

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BIBLIOGRAFIA
M.MELONI, La dislessia raccontata agli insegnanti 1, Libriliberi, Firenze, 2002
R. D. DAVIS, Il dono della dislessia, Armando Editore, Roma, 1998
G. STELLA, E. SAVELLI, Dislessia oggi, Trento, Erickson
www.icotea.it/course

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