Sei sulla pagina 1di 15

31

“Che cosa significasse per il Caravaggio l’incontro con la immensa


capitale meridionale, più classicamente antica di Roma stessa, e insieme
spagnolesca e orientale, non è difficile intendere a chi abbia letto
almeno qualche passo del Porta o del Basile; un’immersione entro una
realtà quotidiana violenta e mimica, disperatamente popolare”
Roberto Longhi

Caravaggio e Napoli

A raccontare di Caravaggio a Roma cominciò Karel Van Mander prima del 1603, quando l’ar-
tista doveva ancora dipingere gran parte dei suoi capolavori, e in pochi si erano accorti di lui1. Per
Napoli invece si devono attendere le laconiche postille alle Considerazioni sulla Pittura di Giulio
Mancini, circa nove anni dopo la morte del pittore2. Sfortuna di un artista, o di una città? Diffici-
le dirlo. Certo, quando Bernardo De Dominici cominciò a lavorare alle biografie dei pittori parte-
nopei non si dimenticò del Merisi, nonostante i tempi fossero cambiati e ormai sarebbe stato fuo-

Caravaggio
ri luogo ogni peana3. Credo, insomma, che più che l’assenza di interesse nei confronti dell’artista,
sia stata quella di una consolidata tradizione critica a determinare il silenzio che circonda gli anni
napoletani di Caravaggio. Queste pagine (e questa mostra), che certo non pretendono di esaurire
il problema4, vorrebbero offrire qualche spunto per misurare la coscienza, ed eventualmente l’ap-
prezzamento di Napoli nei confronti del pittore, utilizzando le testimonianze (figurative e non)
dei contemporanei. E, al tempo stesso, tentare di capire cosa fu Napoli per Caravaggio: mano tesa

a Napoli:
o pugno chiuso? Mare che scintilla o sconfinata malinconia? La città lo accolse a braccia aperte nei
primi nove mesi di sosta (ottobre 1606 – giugno 1607). I suoi dipinti erano richiesti da mercanti
ricchissimi (Niccolò Radulovich), intellettuali e antica nobiltà (i governatori del Pio Monte della
Misericordia), ma anche da homines novi che tentavano l’arrampicata sociale, ricoprendo cariche
istituzionali (Geronimo Mastrillo e in qualche modo i de Franchis). E poi c’erano gli ambasciatori,
in testa quello di Mantova, Ottavio Gentili, su su fino al viceré, il conte duca di Benavente che tor-

un percorso
nò in Spagna portandosi via ben tre suoi dipinti. Piaceva ai giovani (al Pio Monte i governatori rap-
presentavano la nuova generazione dell’aristocrazia partenopea), e ai meno giovani (il Radulovich
non era certo un bambino). E frequentava gli artisti: i fiamminghi Finson e Vinck, ma anche Batti-
stello Caracciolo. Napoli fu la fama internazionale: tramite il viceré le sue opere migrarono in Spa-
gna e, tramite attraverso gli amici pittori che le portarono Oltralpe, arrivarono nel cuore dell’Euro-
pa. A Napoli nacque il sogno del riscatto attraverso la croce di Malta, e la città seppe nuovamente

Maria Cristina
accoglierlo quando era ormai al tramonto. Anche allora, nell’autunno del 1609, col “cervello stra-
volto”, sfregiato, i lombardi Fenaroli non badarono a spese e gli commissionarono nientemeno che
un Risorto. E chissà che l’idea non sia venuta allo stesso Caravaggio, giacché al momento dell’ac-
quisto della cappella, prima che il pittore rientrasse, quei signori in merito non ne avevano alcu-
na. Napoli fu la certezza della grazia che lo fece imbarcare verso Roma, terra promessa dove spe-
rava di ritrovare se stesso o, che è poi lo stesso, ciò che lo aveva reso felice, perché sempre si parte

Terzaghi
per tornare a casa.

La fuga
(28 maggio 1606)

Se è vero, come riferiscono Gaspare Celio5 e Giulio Mancini6, che a Milano Caravaggio, giova-
nissimo, si era macchiato di un delitto per il quale fu costretto ad allontanarsi dalla città, quello che
accadde a Roma la sera del 28 maggio 1606 dovette sembrare al pittore un terribile déjà-vu che
lo costringeva a fare i conti con se stesso e con la propria vita. Roma quella domenica era in festa.
Si celebrava l’anniversario dell’incoronazione papale di Camillo Borghese, salito al soglio pontifi-
cio con il nome di Paolo V esattamente un anno prima. A Ripa Grande, il principale approdo delle
merci sul Tevere, erano in corso battaglie navali a causa delle quali si era scatenata una rissa dove
un uomo perse la vita7. Contemporaneamente in un’altra zona della città, Campo Marzio, l’ogget-
to delle scommesse era una contesa a pallacorda che si rivelò altrettanto fatale. Nei pressi di palaz-
zo Firenze8 si giocava in quattro per squadra: la prima era capitanata da Ranuccio Tomassoni da
Terni, figlio del colonnello Lucantonio, e fratello di Giovan Francesco, capo rione di Campo Mar-
zio, per la vulgata una sorta di commissario di polizia, anch’egli coinvolto nella rissa9. L’altra ca-
peggiata da Caravaggio, nella cui squadra si ritrovavano Pomponio Troppa da Bologna capitano di
Castel Sant’Angelo, e l’architetto Onorio Longhi: il primo restò, come Caravaggio, malamente fe-
32 33

rito, l’altro si salvò e fuggì alla volta di Milano, del quarto non si hanno notizie10. Le fonti non sono nemmeno due settimane dopo, il 6 ottobre 1606, Caravaggio sia registrato a Napoli dove riceve da
unanimi nel racconto: chi dice che, caduto a terra, Ranuccio fu ferito dal pittore con la spada, chi Niccolò Radulovich 200 ducati per una pala da consegnare entro dicembre27.
invece sostiene che la stoccata fu preterintenzionale, tutti però concordano sul punto in cui Cara- Napoli non pare affatto una meta peregrina, anzi, per chi osserva con attenzione gli affari dei
vaggio affondò l’arma: la coscia del malcapitato Ranuccio, che morì probabilmente dissanguato es- Colonna, essa sembra l’approdo più naturale. Per quanto riguarda Marzio, vorrei qui sottoline-
sendogli stata recisa l’arteria femorale, mentre il pittore fu ferito gravemente alla testa e Pompo- are che le proprietà del duca si spingevano fino al capoluogo del Viceregno. Secondo inediti do-
nio Troppa, subitamente incarcerato in gravi condizioni, rischiò addirittura di morire. Un simile cumenti, nel 1607 egli risulta infatti feudatario del monastero di Santa Maria Donna Regina nel-
disastro per una partita al “gioco di racchetta”? Dietro doveva esserci dell’altro. Prova a spiegar- la città partenopea28. Questa circostanza illustra meglio un documento già noto, in base al quale il
lo l’unico Avviso di Roma che dettaglia il movente della rissa: “et vogliono che la causa sia interes- Colonna dal 1601 risulta sindaco della stessa circoscrizione cui apparteneva il Pio Monte della Mi-
se di gioco, et 10.000 scudi che il morto havea vinto al pittore”11. Caravaggio, dunque, giocava, e sericordia, nonché membro del Consiglio Collaterale del Viceregno29. Anche il ramo dei Colonna
forte: 10.000 scudi sono una cifra esorbitante anche per uno che guadagnava bene come lui12. In di Paliano, cui appunto appartenevano Costanza Colonna, i suoi figli e il fratello il cardinale Asca-
debito con il Tomassoni, il pittore aveva probabilmente puntato tutto sulla vittoria di quella par- nio, era legato a doppio filo con il Viceregno. Oltre alla parentela stretta tra Costanza e Luigi Ca-
tita, ma le cose si erano messe molto male, e se anche non lo avesse giustiziato la legge, ci avrebbe- rafa principe di Stigliano figlio della sorella maggiore Giovanna Colonna e di don Antonio Carafa,
ro pensato gli amici di Ranuccio. Sconvolto dall’accaduto, e per giunta gravemente ferito, restare a proprietario di una cappella in San Domenico Maggiore, i rapporti erano diretti e riguardavano an-
Roma non era più possibile, bisognava sparire e in fretta. Avvisi e relazioni degli ambasciatori, tut- che le committenze artistiche. Fin dal 1602 infatti Ascanio Colonna aveva scelto come procurato-
ti redatti a brevissima distanza dall’accaduto, sono concordi su due punti: la fama dell’artista e la re dei suoi affari partenopei Ludovico Tumulo provinciale dei domenicani e residente nell’impor-
sua improvvisa scomparsa, possiamo affermare che nel giro di un paio di giorni a Roma se ne era- tante convento di San Domenico Maggiore a Napoli30, un compito che a più riprese egli ricoprì fino
no perse le tracce13. al 28 aprile 1611, giorno della morte di Ascanio31. È lui il personaggio coinvolto dal cardinale nel-
le vicende dell’esecuzione del coro ligneo per la cappella di famiglia in San Giovanni in Laterano,
che il porporato aveva deciso di commissionare ad alcuni artisti e intagliatori nella città parteno-
Nei feudi colonnesi pea sotto la supervisione del Tumulo32. Del resto, da giugno 1607 Costanza Colonna, che a Roma,
(29 maggio – 28 settembre 1606) in assenza del fratello, ne sbrigava gli affari33, si era trasferita a Napoli. Tutti questi dati sembrano
suggerire che, una volta compresa la gravità della faccenda, non solo non si pensò più di fare rien-
La testimonianza più affidabile sul periodo immediatamente successivo è quella che provie- trare Caravaggio a Roma, ma anzi il suo passaggio a Napoli fu cosa del tutto naturale, e chissà che
ne da una fonte del tutto fortuita. Cesare d’Este duca di Modena era da tempo in trattative con in qualche modo non fosse stata messa in conto fin dall’inizio.
il pittore per ottenere un dipinto14. Saltata la commissione, a Fabio Masetti, suo ambasciatore a
Roma, toccava l’ingrato compito di inseguire Caravaggio per recuperare almeno i soldi già versa-
ti. Dall’ambasciatore apprendiamo dunque che il 23 settembre 1606, tre mesi dopo l’omicidio: “si Le prime commissioni napoletane
trattiene a Pagliano con disegno di dover essere presto rimesso”15. In realtà Mancini e Bellori ave- (6 ottobre 1606 – 9 gennaio 1607)
vano indicato Zagarolo come primo rifugio dell’artista, che vi avrebbe trovato scampo sotto la pro-
tezione del duca Marzio Colonna16. Nei feudi colonnesi Caravaggio aveva trascorso quattro mesi, tra l’altro senza smettere di la-
Nonostante le ricerche, la figura di Marzio resta ancora piuttosto sfuggente: non se ne conosco- vorare. Bellori è molto chiaro sulle circostanze dell’arrivo a Napoli: “Vi trovò subito impiego, es-
no ad esempio gli estremi biografici. Si avevano sue notizie a partire dal 1584 fino al 160717, men- sendovi conosciuta la maniera e il suo nome”34. Certo i rapporti tra Roma e Napoli furono da sem-
tre il Colonna è ancora in vita almeno fino al 161218. Di Marzio sono note la passione antiquaria e pre stringenti anche sotto il profilo artistico, lo dimostrerà, ad esempio, una decina di anni dopo,
il mecenatismo edilizio che interessò soprattutto il feudo di Zagarolo. A Roma sono attestate due il caso di Ribera, ma il problema è più sottile. Quanto del naturalismo caravaggesco poté filtrare
dimore: un palazzo ai Santi Apostoli attiguo a quello di Ascanio e Costanza Colonna che ancora a Napoli prima dell’arrivo del maestro? È probabile che un manipolo di artisti nordici, in un pri-
abitava nel marzo 1591, e in seguito un palazzo di proprietà del cardinale Alessandro de’ Medici, mo momento stanziati nell’Urbe, abbiano introdotto una brezza di novità nel panorama artistico
nei pressi della basilica di Massenzio dove, stando al contratto, avrebbe dovuto risiedere fino al- napoletano dominato da pittori come Francesco Curia, Ippolito Borghese, Gerolamo Imparato, a
la morte19. Al tempo dei fatti che ci riguardano egli sembra dunque acquartierato in quest’ultima queste date saldamente attestati su un raffinato stile tardomanierista. Lo dimostra il caso di Tan-
dimora, a meno che la scomparsa del Medici, divenuto papa per un brevissimo periodo con il no- zio da Varallo e dei suoi sodali, a Napoli almeno dal 160535. E forestiero, benché a Napoli fin da ra-
me di Leone XI, nella primavera del 1605, non avesse modificato le cose20. A ogni modo, un Avvi- gazzo, era pure il greco Belisario Corenzio, autore di quella che è stata considerata una delle prime
so di Roma del 28 marzo 1612 annuncia che i familiari del cardinale Ferdinando Gonzaga aveva- avvisaglie della pittura di Caravaggio nel Viceregno (e non solo), il disegno raffigurante una copia
no affittato “il palazzo del Sig. Marzio Colonna nella piazza di Sant’Apostolo per 1800 scudi l’anno o meglio rielaborazione, della Vocazione di san Matteo nella cappella Contarelli (cat. 1), eseguito
né essendo capace per tutta la famiglia di detto cardinale ritengono anco l’altro palazzo del Conte- dall’artista retour de Rome. Che abbia visto la Contarelli in opera, come vorrebbero alcuni, o sem-
stabile Colonna, che tengono adesso”21. E lì, a piazza Santi Apostoli, disperato, Caravaggio cercò ri- plicemente ne abbia fissato il ricordo rielaborandone alcuni dettagli, come pensano altri36, è chia-
paro quella sera del 28 maggio, bussando alla sola porta che era certo gli avrebbe aperto22. Davan- ro che Belisario fu impressionato dal fascio di luce che taglia la parete scura del fondo, riprodotto
ti all’artista ridotto in quello stato, Costanza si rivolse con tutta probabilità a Marzio, pregandolo in modo grafico, ma ben evidente nel disegno. La simpatia immediata per la straordinaria novità
di nascondere il pittore a Zagarolo, dove il duca esercitava la piena podestà giuridica, oltre che am- caravaggesca non traspare però nella pittura dell’artista greco37. Ci voleva altro perché il naturali-
ministrativa, e dunque la giustizia pontificia non poteva arrivare23. Il solito precoce postillatore di smo sbarcasse a Napoli.
Mancini sostiene che Marzio conosceva perfettamente Caravaggio: “di primo salto fu in Zagarola Letto invece dal punto di vista della committenza, il passo di Bellori costringe a fare i conti an-
ivi trattenuto secretamente da quel Principe [che molto bene lo conosceva]”24. In qualità di tuto- che con possibili tramiti del gusto per la pittura del Merisi, e qui si è fatto spesso il nome di Giovan
re del giovanissimo Marcantonio IV Colonna – che aveva ereditato il titolo di Connestabile di Na- Battista Manso (1567-1645). Il nobile napoletano, amico e protettore di Torquato Tasso, e soda-
poli nel 1595 –, compito che condivideva con il cardinale Alessandro Peretti Montalto, Marzio era le di Giovan Battista Marino, fu uno degli animatori della vita culturale partenopea. Dividendosi
coinvolto in tutti i principali affari della famiglia25, compreso il feudo di Paliano. Quando Caravag- tra Napoli e Roma, e frequentando ambienti dove Caravaggio era ben noto, è probabile che Man-
gio si fu ripreso, egli dovette ritenere più sicuro un trasferimento del pittore in quei luoghi, fami- so abbia insistito per accaparrarsi la sua performance al Pio Monte della Misericordia, di cui fu tra
liari anche a Costanza Colonna, prozia del Connestabilino26. Il ruolo di Marzio nella vicenda spiega i fondatori38.
quindi molto bene il passaggio di Caravaggio da Zagarolo a Paliano e il coinvolgimento dei Colon- Ma per andare a fondo dell’arrivo di Caravaggio nel Viceregno, credo che occorra tornare a
na in questo periglioso frangente. quell’autunno del 1606, quando era ospite dei Colonna a Paliano, e dipingeva quadri mandandoli a
Si trattava comunque di un trasferimento provvisorio. Quando, il 23 settembre 1606, Fabio vendere a Roma tramite il banchiere Ottavio Costa (in primis la Cena in Emmaus di Brera (fig. 1),
Masetti poteva finalmente scrivere al duca di Modena di aver scoperto il rifugio dell’artista, la vo- sperando forse che avrebbe potuto tenere un piede nel commercio artistico della città anche in
ce si era evidentemente diffusa, e il luogo non doveva essere più sicuro. Non può quindi stupire che quel luogo di confino39. Successe invece qualcosa che lo convinse a trasferirsi a Napoli. Un’ipote-
34 35

si assai verosimile, che peraltro non esclude le altre, è che gli stessi Colonna sotto il cui tetto si ri-
trovava, abbiano contribuito ad aprire un varco al pittore nel Viceregno, quanto meno in termini
di conoscenze e clientela. Per spingerci oltre la sensata supposizione, dobbiamo fare i conti con il
primo ingaggio partenopeo ottenuto dall’artista.
Il 6 ottobre 1606, nemmeno quindici giorni dopo che Masetti lo segnalava a Paliano, Caravag-
gio riceve infatti la commissione, con relativo anticipo di 200 ducati, di una pala raffigurante: “di
sopra l’imagine della Madonna col Bambino in braccio cinta di cori di Angeli e di sotto San Dome-
nico, et San Francesco nel mezzo abbracciati insieme dalla man dritta San Nicolò et dalla man man-
ca San Vito”40, dal mercante Niccolò Radulovich originario di Ragusa (l’odierna Dubrovnik), ma
residente a Napoli da oltre vent’anni41. La pala doveva essere consegnata entro la fine di dicembre.
Non ne sappiamo altro: né la destinazione, né tantomeno l’effettiva esecuzione, ma Niccolò Radu-
lovich era un personaggio di spicco nella Napoli del tempo. “Raguseo mercante ricchissimo … ha
tre navi sue, ha denari assai …”, scriveva il segretario del duca di Mantova a Vincenzo I Gonzaga il
6 marzo 1606, riferendo che il mercante intendeva estendere in Lombardia il commercio del sa-
le e dell’olio42. Aggiungiamo qui che al momento della commissione del dipinto, era anche gover-
natore della gabella del vino per conto del viceré, un incarico che lascia intendere quanto il Radu-
lovich fosse inserito nelle alte sfere della vita cittadina43. Per accrescere il suo prestigio sociale nel
1604 aveva acquisito il feudo di Polignano per 84.000 scudi, ricevendo il titolo di marchese. Egli
era inoltre in contatto con tutto il côté dei futuri committenti di Caravaggio. Tanto per cominciare
nel 1602 egli fu tra i finanziatori del nascente Pio Monte della Misericordia44. Inoltre, un inedito
documento testimonia che nel 1606, proprio all’epoca della commissione a Caravaggio, commer-
ciava con i de Franchis45. Il 3 gennaio dello stesso anno, egli volle inoltre farsi ritrarre dal pittore di
Anversa Abraham Vinck, che le fonti ricordano “amicissimo del Caravaggio”46. Dopo la sua morte
avvenuta a Napoli nel 1608, i fratelli Marino e Francesco trasferiranno le famiglie dalla natia Du-
brovnik al feudo di Polignano, ma Niccolò non lasciò la città partenopea47. Recenti ricerche han-
no infine escluso che la pala di Caravaggio avesse come destinazione la parrocchiale di Santa Ma-
ria di Costantinopoli a Polignano, il cui patrono è appunto San Vito, troppo angusta per ospitare
un simile dipinto48.
Se non fu pensato per Polignano, il quadro di Caravaggio avrebbe necessariamente dovuto or-
nare una chiesa napoletana, dove però non è mai registrato da alcuna guida sei o settecentesca.
Una parte della critica ritiene comunque che Battistello Caracciolo ne avrebbe serbato il ricordo
nella Madonna delle anime purganti oggi a Capodimonte (cat. 5)49. La tela, una delle più puntuali
riprese delle novità caravaggesche, mi pare in realtà stilisticamente e iconograficamente compren-
sibile anche con il semplice presupposto delle Sette opere di misericordia (cat. 2), a cui la parte su-
periore rende un sentito omaggio50.
Certo, il tema dell’abbraccio tra san Domenico e san Francesco, caro alla spiritualità domenica-
na, non è così consueto, soprattutto all’altezza del 1606, ed è più che probabile che una simile ico-
nografia prevedesse una collocazione nel circuito dell’Ordine. In proposito credo sia bene tene-
re presente un dato sinora mai rilevato: in San Domenico Maggiore a Napoli esisteva ab antiquo
una cappella dedicata a San Vito51. Inizialmente sotto il titolo di Sant’Andrea, nel 1460 fu dedica-
ta a San Vito da Raimondo Brancaccio cardinale di San Vito per celebrare il proprio patrono. All’i- Se la pala Radulovich fu effettivamente realizzata, avrebbe dovuto in realtà lasciare qualche
nizio del XVII secolo, Fra Alfonso di Maddaloni (morto nel 1618) vi introdusse la pratica della no- traccia più precisa nella pittura contemporanea, ma la storia ha corsi imprevedibili, e dunque al
vena alla Vergine del parto, dunque la cappella fu anche detta “della novena”, tuttavia il titolo di momento non possiamo spingerci oltre. Comunque sia andata, esiste certamente un legame tra
San Vito rimase, come testimonia un manoscritto tardo settecentesco52. Negli anni della commis- quell’“imagine della Madonna col Bambino in braccio cinta di cori di Angeli”, e “gli angeli-lazza-
sione Radulovich, la cappella risulta priva di un vero e proprio giuspatronato. Dunque, senza sco- ri che fanno la voltatella”54 dipinti un mese più tardi per il Pio Monte della Misericordia. La prima
modare il patrono di Polignano, Vito per l’appunto, in linea del tutto teorica, l’iconografia della pa- idea di quel volo, che conoscerà una fortuna straordinaria nella pittura napoletana, e di cui l’esem-
la Radulovich calzerebbe a pennello anche con una collocazione nella più importante fondazione pio più sorprendente è forse la Madonna col Bambino in gloria di Battistello a Catanzaro (cat. 4)55,
domenicana di Napoli con la quale tra l’altro, abbiamo visto, Ascanio Colonna e la sorella Costan- è già fissata lì, tra le righe di un conto bancario, frutto dell’immaginazione dell’artista, che ne avrà
za intrattenevano rapporti privilegiati per mezzo del padre provinciale dell’Ordine. Dati i continui parlato in questi termini al ricco committente, mentre si trovavano al Banco di Sant’Eligio quel
commerci del Radulovich e la sua posizione in città, non è affatto impossibile che egli abbia desi- giorno di ottobre per riscuotere il denaro.
derato acquisire e decorare una cappella nell’importante chiesa dei Predicatori e che il padre pro- Il saldo delle Sette opere di Misericordia giunge invece il 9 gennaio 1607, la tela destinata a or-
vinciale Ludovico Tumulo che, tramite i Colonna, poteva essere a conoscenza del rifugio di Ca- nare l’altare della cappella del Pio Monte della Misericordia dove ancora si trova, era già ultima-
ravaggio a Paliano, gli abbia procurato la commissione, suggerendo di rivolgersi a un artista che ta56. A chiudere il conto con l’artista, 370 ducati dei 400 pattuiti, circa sedici volte uno stipendio
certamente avrebbe dato lustro al mercante come nessun altro nel Viceregno. Del resto, abbiamo medio annuo dell’epoca57, fu Tiberio del Pezzo, all’epoca deputato al “governo dei Morti cioè del-
visto che il Tumulo sarà impiegato dai Colonna come tramite per commissioni artistiche, e dun- la Chiesa”, tramite il Banco della Pietà58. La vera motivazione che aveva spinto i governatori a sce-
que doveva interessarsi di questi problemi. Questo spiegherebbe anche come mai la commissione gliere Caravaggio per la pala d’altare della loro cappella viene però rivelata sei anni dopo, quando
avvenne a così breve distanza dalla sosta a Paliano: Caravaggio giunse praticamente a Napoli con il 6 agosto 1613 si raduneranno per decidere se accordare o meno al conte di Villamediana il per-
un contratto in tasca, arrivato in città si trattava solo di incassare i soldi53. D’altronde, il fatto che messo di fare eseguire una copia del dipinto: “havendo gli anni passati il detto Monte voluto por-
nella cappella si sia a un certo punto introdotta la devozione alla Madonna della novena, potrebbe re un quadro nell’altare maggiore della sua Chiesa, volle farlo fare da Michele Angelo di Caravag-
spiegare un cambiamento di rotta nel progetto iniziale. gio, acciò che fatto da così eccellente artefice fusse corrispondente all’altre grandezze d’opre che

1 Michelangelo Merisi detto Caravaggio,


Cena in Emmaus, 1606. Milano,
Pinacoteca di Brera
36 37

vi si essercitano”59. È questo uno dei primi giudizi noti sulla pittura di Caravaggio a Napoli, e pare
oltremodo lusinghiero.
È difficile stabilire quanto il pittore lombardo conoscesse del fervore caritativo che aveva spin-
to nel 1601 un gruppetto di giovani aristocratici napoletani, che già esercitavano attività assisten-
ziali all’Ospedale degli Incurabili, ad associarsi in un Monte, una confraternita totalmente laica, ma
certo non priva di un profondo sostrato religioso60, per praticare quelle che un noto passo evange-
lico definiva come le opere di misericordia corporale. Si trattava di nutrire gli affamati; dar da be-
re agli assetati; vestire gli ignudi; visitare i carcerati; seppellire i morti; accudire gli ammalati e li-
berare gli schiavi61. Certo, il pittore doveva aver avuto almeno il presentimento dell’altezza di quel
compito, poiché aveva dato vita a un’opera straordinariamente corale. Santa Maria della Miseri-
cordia, questo il titolo originale della tela, solo in seguito ribattezzata62, presenta la composizione
più affollata della storia della pittura caravaggesca. Essa corrisponde in modo letterale sia al det-
tato evangelico, come è stato ribadito63, che agli intenti concordi degli associati al Pio Monte che
si avvicendavano ogni sei mesi nei vari compiti assistenziali. Caravaggio immagina le strade di Na-
poli riempite dalle opere pie di quei giovani aristocratici sotto lo sguardo materno della Vergine64.
“Quello delle Sette opere di Misericordia era un soggetto antico, comunale, romanico, che gli sarà
venuto incontro inevitabilmente, non appena giunto, in qualche crocicchio famoso, rimescolato
tra ricchi e poveri, tra miseria e nobiltà”65, Longhi probabilmente non conosceva gli Statuti del Pio
Monte, ma ne aveva afferrata la sostanza.
Ora che sappiamo che l’aula che doveva accogliere il dipinto era a pianta longitudinale66 proba-
bilmente con tre altari per lato, “vicini che l’uno cuopre lo altro”67, dunque decisamente angusta:
possiamo meglio comprendere quanto l’artista si fosse studiato di calibrare il taglio della scena con
quello dell’architettura dell’altare maggiore cui la tela era destinata68. Il risultato doveva essere stu-
pefacente per chi entrava nel piccolo oratorio che dava sull’attuale via dei Tribunali: nella penom-
bra della navata, dal fondo sembrava aprirsi un vicolo di Napoli dal quale si vedevano avanzare al-
la luce di una fiaccola retta da un sacerdote i piedi di un cadavere cui veniva data sepoltura. Quindi
il volto smarrito di una fanciulla nutriva a seno scoperto un vecchio incarcerato, in basso si trovava
un nudo maschile di schiena, questi i primi brani di pittura, quelli più illuminati, che balzavano agli
occhi dello spettatore via via che si abituavano alla penombra69. Davanti a un tale prodigio, non ri-
sulta difficile comprendere come le soluzioni adottate nel quadro siano state più volte replicate
nella pittura coeva, e non solo a Napoli, ma anche a Roma, dove ad esempio il tema fino ad allora
inconsueto di Cimone e Pero verrà frequentato da Bartolomeo Manfredi, cui evidentemente non
doveva essere ignoto il dipinto. E davvero non si sa come, dal momento che nessuno si cimentò nel
copiare l’intera composizione, o almeno non ne rimane traccia, nonostante i governatori avessero
risposto positivamente alla richiesta del conte di Villamediana70.

Battistello Caracciolo
(28 aprile 1607)

Un inizio così dirompente non passò inosservato. Già abbiamo riferito delle riprese della Ver-
gine cinta dal volo d’angeli, ma tra il 1607 e il 1608, nell’Immacolata Concezione e santi dipinta
per Santa Maria della Stella, Battistello Caracciolo aveva mostrato ai pittori di Napoli che esiste-
va un prima e un dopo Caravaggio71. La data alta della pala e la molteplicità dei suoi riferimenti fi-
gurativi all’interno del catalogo del Merisi napoletano, in primis la Madonna del Rosario, costrin-
gono a interrogarci più a fondo sul rapporto intercorso tra i due artisti. Il nesso tra Battistello e
Caravaggio72 ha ricevuto una nuova chiave interpretativa grazie a un prezioso ritrovamento do-
cumentario: il saldo di 30 ducati versati da Gerolamo Mastrillo (o Mastrilli, secondo la lectio mo-
derna) a Caravaggio per un dipinto raffigurante un San Gerolamo (o San Gennaro, come è stato
letto il documento piuttosto ambiguo)73, che il 28 aprile 1607 risulta già consegnato74. Stando al-
la registrazione nel giornale di cassa del Banco dello Spirito Santo, Caravaggio aveva già ricevuto
dal Mastrilli il resto dei soldi in contanti, e quei 30 ducati li girava seduta stante a Giovan Batti-
sta Caracciolo75. Nulla si sa del dipinto. Ammesso che si tratti di un San Gerolamo (come pare più
probabile dalla lettura paleografica del documento, senza contare che il santo dipinto dall’arti-
sta sarebbe in questo caso il patrono dello stesso Mastrilli), sarebbe al momento difficile ancora-
re il pagamento a una delle versioni note del santo eseguite dal maestro lombardo. Se si trattasse
di un San Gennaro, sappiamo che un simile dipinto attribuito a Caravaggio fu portato in Spagna
dal viceré conte di Lemos, e la tela conservata al Palmer Museum of Art in Pennsylvania è stata
candidata come una copia del dipinto eseguita da Louis Finson76. Girolamo Mastrilli era ancora-
to alla vita finanziaria e istituzionale napoletana. Figlio del presidente della Regia Camera Som-

2 Giovan Battista Caracciolo detto Battistello, 3 Michelangelo Merisi detto Caravaggio,


Madonna delle anime purganti con i santi Sette opere di Misericordia, 1607, particolare
Francesco e Chiara, 1622-1625, particolare (cat. 2)
(cat. 5)
38 39

maria, poco prima di commissionare il quadro al Merisi si era fatto costruire e ornare un palazzo
con tanto di galleria e logge nel cuore di Napoli, il seggio di Nido nelle vicinanze della chiesa di
San Domenico Maggiore77. Da un’inedita carta d’archivio apprendiamo inoltre che Girolamo ave-
va sposato Beatrice Caracciolo per la quale faceva acquisti di stoffe preziose nel febbraio 160678.
Infine, un Giovanni Tommaso e un Lucio Mastrilli, non si sa in quali rapporti con Gerolamo, ri-
sultano associati al Pio Monte della Misericordia dal 19 dicembre 160379. Tornando al Caraccio-
lo, la sua fascinazione per il Merisi non fu solo stilistica, ma, a quanto pare, anche un vero e pro-
prio rapporto lavorativo. In cambio di cosa Caravaggio avrà versato quei denari a Battistello: tele,
pennelli, commissioni? Per ora una risposta è impossibile, ma è chiaro che una volta giunto in cit-
tà Caravaggio si era subito inserito nell’ambiente pittorico locale. Agli stringenti rapporti con la
colonia degli artisti fiamminghi, su cui ritorneremo, va infatti ora aggiunta l’amicizia con Batti-
stello, che non a caso fu tra i primi a rimanere “allettato da sì nuova maniera …, ed a tal segno se
ne compiacque che, lasciate in abbandono tutte quelle da lui seguitate maniere, a questa tutto si
volse ed assolutamente si propose di seguitare”80. Lo testimonia una serie di tele che reca il ricor-
do dei dipinti caravaggeschi, in particolare dei primi mesi napoletani, oltre alle riprese della parte
alta delle Sette opere di Misericordia che troviamo nella Madonna delle Anime purganti (cat. 5)
ora a Capodimonte e nella Trinità terrestre della chiesa della Pietà dei Turchini, un omaggio al-
la pala del Pio Monte è nel bellissimo Miracolo di sant’Antonio già in San Giorgio dei Genovesi,
mentre lo straordinario Crocifisso, oggi a Capodimonte ma proveniente dalla Real Casa dell’An-
nunziata (fig. 5 e cat. 17), riprende da vicino la Crocifissione di sant’Andrea eseguita probabil-
mente nella primavera del 1607 da Caravaggio per il viceré conte duca di Benavente, che la portò
con sé al suo rientro in Spagna81. De Dominici prosegue narrando delle molte copie che il Carac-
ciolo avrebbe tratto dalle opere di Caravaggio, in particolare dalla Flagellazione che l’artista ave-
va eseguito per i de Franchis, dato rivelatosi errato, ma certamente significativo per la storia della
fortuna caravaggesca82. Battistello si cimentò sì, come tutti i suoi contemporanei, con la straordi-
naria tela del Merisi di cui parleremo tra poco, ma reinventandola completamente nel Cristo al-
la Colonna ora a Capodimonte (cat. 10), dove le figure diventano più monumentali e si smagano
in una generale impressione di terrore e dolore umano, estranea alla silente religiosità del capo-
lavoro caravaggesco.

4 Michelangelo Merisi detto Caravaggio, 5 Giovan Battista Caracciolo detto Battistello,


Crocifissione di sant’Andrea, 1607. Cleveland, La crocifissione, 1610 circa (cat. 17)
Museum of Art
40 41

L’opera invece che fece irruzione in modo sconvolgente nel percorso di Battistello fu la Salomè
con la testa del Battista, una vera e propria ossessione nel catalogo del Caracciolo, che la replicò
più volte con molteplici variazioni sul tema (due tra quelle di qualità più alta esposte in mostra, cat.
14, 15)83, un percorso del resto comune anche a Carlo Sellitto, altro caravaggesco della prima ora,
di cui si conoscono almeno due varianti e molteplici repliche o copie84.
Caravaggio eseguì a Napoli due Salomè, entrambe convocate a questa esposizione (cat. 12, 13).
Bellori sembra a giorno dell’importanza della tela poiché ricorda che mentre si trovava a Napoli
in attesa della grazia papale: “Cercando … di placare il Gran Maestro, gli mandò in dono una mez-
za figura di Herodiade con la testa di San Giovanni nel bacino”85. La critica ha tentato di identifica-
re l’uno o l’altro dei dipinti con quello destinato al Wignacourt86. Tuttavia, se la tela fosse stata in-
viata a Malta, difficilmente si sarebbe dovuta trovare a Napoli durante la visita di Bellori nel 1661.
Ipotizzando che l’erudito parlasse di un dipinto che aveva potuto vedere, difficilmente poteva ri-
ferirsi alla versione di Madrid. La tela compare infatti nell’inventario dei beni di García Avellaneda
y Haro, conte di Castrillo (1588? - 1670), viceré di Napoli (dalla fine del 1653 al principio del 1659),
stilato nel gennaio 1657, in parte donati a Filippo IV87. La notizia, solo recentemente valorizzata
dalla critica caravaggesca, costituisce un dato molto importante per la storia della tela e per la for-
tuna di Caravaggio a Napoli, soprattutto se si tiene conto del fatto che Castrillo portava in Spagna
con la Salomè un altro dipinto attribuito al maestro lombardo, un Ecce Homo88.
A ogni modo, ignoriamo la storia della Salomè prima del 1657, e ancora più misteriosa è la vi-
cenda della versione della National Gallery di Londra (cat. 13). Il dipinto comparve sulla scena de-
gli studi solo nel 1959, dopo essere transitato sul mercato antiquario parigino, provenendo da una
collezione francese. Da subito Longhi lo mise in relazione con la Salomè citata da Bellori, ritenen-
do quest’opera successiva a quella di Madrid89. Da allora la datazione dei due dipinti ha oscillato
tra il primo e il secondo soggiorno napoletano del pittore90. La presenza a Napoli della tela di Lon-
dra è comunque registrata da una copia antica ora nel museo dell’abbazia di Montevergine91. Del
resto, ne parlano chiaro le già ricordate citazioni di Battistello e di Sellitto.
Battistello cominciò col meditare sul modello della Salomè di Madrid92 più volte replicata nelle
opere più giovanili. Del resto, la straordinaria idea del boia di spalle che rinserra la spada dentro il
fodero aveva impressionato anche Louis Finson, che la riprodusse nella tela di Braunschweig, una fi-

6 Giovan Battista Caracciolo detto Battistello, 7 Michelangelo Merisi detto Caravaggio, in alto a sinistra in basso a sinistra in basso a destra
Madonna con Bambino e San Giovannino, Salomè con la testa del Battista, 1609, 8 Michelangelo Merisi detto Caravaggio, 9 Michelangelo Merisi detto Caravaggio, 10 Michelangelo Merisi detto Caravaggio,
particolare. Napoli, Museo Nazionale di San particolare (cat. 13) Salomè con la testa del Battista, 1609, Flagellazione, 1607, particolare (cat. 6) Flagellazione, 1607, particolare (cat. 7)
Martino, inv. 21683 particolare (cat. 13)
42 43

gura la cui traccia è profonda, tanto da toccare il giovanissimo Massimo Stanzione (cat. 16)93. Il Ca- versava all’artista poco più di 40 ducati senza nessuna causale, questa volta sul Banco di Sant’Eli-
racciolo passa poi a ragionare sulla tela di Londra a cui si agganciano dipinti seppur di poco più re- gio, pagamento che è stato collegato al precedente, ritenendo che si trattasse di un’altra tranche
centi, come la bellissima Salomè in collezione privata (cat. 14), che contamina le due redazioni nello dell’acconto (“in conto”) per la Flagellazione oggi al Museo di Capodimonte97. È infatti Bellori a
straordinario gesto del braccio teso del boia, simile a quello del carnefice del Caravaggio londinese, informarci che: “Per la Chiesa di San Domenico Maggiore gli fu data a fare nella cappella dei Si-
mentre il luminoso verde della veste della giovane serba il ricordo della tonalità dell’abito della col- gnori di Franco la flagellazione di Christo alla colonna”, sancendo così la fruibilità del dipinto in
lega caravaggesca e dello sfondo della stessa tela madrilena, impastata di un bellissimo verde scuro. San Domenico98. Come già osservato, l’erudito romano fu a Napoli nel 1661, sarebbe dunque que-
La Salomè di Siviglia (cat. 15) invece risulta in debito con la tela di Londra nei toni terrosi della ta- sta una delle prime citazioni della tela, giacché Carlo De Lellis la descriveva entusiasticamente so-
volozza, oltre che nella gestualità dei protagonisti. È chiaro che in questo dipinto Caravaggio fa ri- lo qualche anno più tardi, probabilmente intorno al 1666-1668: “la più bell’opera che già mai fat-
ferimento alle due Flagellazioni e dunque va pensato a breve distanza da esse. Assai singolare appa- to habbia questo illustre dipintore”99. Di fatto nessuna guida napoletana ne fa parola prima degli
re comunque l’intreccio di modelli e modelle anche tra opere di artisti diversi: la figura femminile anni sessanta del Seicento, e la cosa ha giustamente destato sospetti. Ma la tormentata storia del-
all’estrema destra nel dipinto sivigliano è la stessa che posa per Carlo Sellitto nella tela nota in più la cappella de Franchis in san Domenico Maggiore sembra rendere ragione di questo silenzio100.
esemplari94, e che ritorna anche nella più complicata composizione del maestro lucano pubblicata L’8 marzo 1602 Ferdinando Gonzaga principe di Molfetta, Gran Giustiziere del Regno di Napoli,
da Gianni Papi95. Allo stesso modo, ritengo che vi sia una notevole somiglianza tra la modella utiliz- decideva infatti di donare agli eredi di Vincenzo de Franchis, regio consigliere e presidente della
zata da Battistello nella giovanile e struggente Madonna con Bambino del Museo della Certosa di Regia Camera della Sommaria la propria cappella assai degradata e collocata non nella chiesa, ma
San Martino e la giovane che veste i panni di Salomè nella tela di Caravaggio a Londra. Per non par- nel cortile del convento di San Domenico. Vi si accedeva da un ingresso indipendente dalla chie-
lare del boia, il cui modello Caravaggio utilizza sia nella Salomè di Londra che nelle due Flagellazio- sa, ma il muro della parete di fondo era contiguo alla prima cappella sinistra di proprietà degli Spi-
ni. Del resto a Roma simili passaggi si riscontrano frequentemente: la pratica della pittura al natu- nelli, che nel 1632 la vendettero ai de Franchis che unirono i due ambienti101. I lavori erano certa-
rale induceva gli artisti a scambiarsi i modelli a qualsiasi latitudine e a quanto pare anche a Napoli mente terminati entro il 1654 quando Carlo De Lellis, nella prima e più sintetica edizione a stampa
il caravaggismo fu un movimento collettivo, un’avanguardia più che una semplice sigla pittorica. dell’Aggiunta alla Napoli Sacra di D’Engenio, ricorda la “cappella fatta novellamente da’ Signori
de Franchi, che servirà per lo Tesoro delle reliquie, che si conservano in questa Chiesa”102. Strana-
mente nel testo a stampa del 1654 De Lellis tace della Flagellazione di Caravaggio, che invece loda
Le Flagellazioni ampiamente nel successivo manoscritto. Possiamo dunque ipotizzare che il dipinto venne collo-
(11-28 maggio 1607) cato sull’altare maggiore della cappella abbellita e intitolata alla Flagellazione subito dopo que-
sta data. Intorno a questo periodo risalgono anche le più significative copie dell’opera: quella va-
Nemmeno due settimane dopo che Caravaggio aveva girato il saldo per il dipinto del Mastrillo riamente attribuita a Battistello o Andrea Vaccaro citata da De Dominici e tuttora in chiesa103 e la
a Battistello, eccolo di nuovo al Banco dello Spirito Santo per ritirare i 100 ducati che Tommaso de fedele interpretazione fornita da Luca Giordano (Cosenza, Palazzo Arnone). Di lì a poco, tutta-
Franchis gli versava, in aggiunta ai 150 già ricevuti in contanti: “ce li paga a compimento di duca- via, nel 1675, il domenicano Andrea D’Auria di San Severino, chiedeva e otteneva da un erede del
ti 250, atteso l’altri ducati 150 l’ha ricevuti contanti, e sono in conto del prezzo di una … [sic] che li de Franchis di poter collocare sull’altare della cappella una veneratissima statua lignea della Ma-
haverà da consignare. A lui contanti”96. Circa quindici giorni più tardi, il 28 maggio, il de Franchis donna del Rosario. La Flagellazione venne così traslata su una parete laterale della cappella104, che

11 Michelangelo Merisi detto Caravaggio, 12 Michelangelo Merisi detto Caravaggio,


Flagellazione, 1607, particolare (cat. 6) Flagellazione, 1607, particolare (cat. 7)
44 45

13 Michelangelo Merisi detto Caravaggio, 14 Cerchia di Michelangelo Merisi detto 15 Michelangelo Merisi detto Caravaggio,
Madonna del Rosario, 1606 circa. Caravaggio (Louis Finson?), Giuditta decapita Davide con la testa di Golia, 1606-1607.
Vienna, Kunsthistorisches Museum Oloferne, 1607 circa. Collezione privata Vienna, Kunsthistorisches Museum
46 47

venne ribattezzata Cappella della Madonna de Zì Andrea105. Non meno travagliata della colloca-
zione dell’opera sembra la sua ideazione. Le indagini diagnostiche hanno infatti messo in luce nu-
merosi pentimenti, mentre nella radiografia è visibile una figura maschile posizionata a destra ed
in seguito ricoperta dallo scherano, forse un domenicano106. A completare il quadro dei ripensa-
menti giunge probabilmente a tela ultimata, l’ampliamento del dipinto di circa 17 cm sulla destra,
che determina un disassamento della composizione non più centrata sulla colonna. È difficile ca-
pire il perché di questa scelta di Caravaggio, e non vorrei rischiare di banalizzare attribuendola più
che a motivi stilistici, all’incertezza sulla collocazione definitiva.
A ogni modo lo spostamento sulla sinistra della figura centrale sembra un pensiero costante nel-
la produzione di questi mesi, e segna anche l’impostazione della Flagellazione di Rouen (cat. 7),
anch’essa con tutta probabilità eseguita a Napoli in stretta contiguità con la tela di Capodimonte.
In questo straordinario capolavoro, che il recente restauro restituisce a piena leggibilità, la figura
di Cristo legato alla colonna è totalmente spostata a sinistra, mentre i due aguzzini che lo stanno
legando uno, e afferrando per i capelli l’altro, assumono un ruolo centrale nella scena, accentuan-
do il patetismo del bellissimo torso del Cristo bagnato dalla luce.
Questa scelta è ancora più decisa nella Flagellazione di Capodimonte(cat. 6), dove l’intero cor-
po di Cristo è immerso in una luce diafana che brilla nell’oscurità della tavolozza, i cui toni si vanno
via via smorzando. Esso assume in questo modo un significato altamente simbolico in rapporto al
valore sacro della rappresentazione, sottolineato anche dalla particolarità iconografica della coro-
na di spine, che di per sé nella narrazione evangelica segue la flagellazione, non la precede107. L’ar-
tista sembra utilizzare questo espediente per sottolineare un tema altamente tragico, l’inclinatio
capitis, molto caro all’iconografia medioevale.
Il bellissimo volto di Cristo reclinato a destra sotto la morsa dell’aguzzino, incoronato di spine,
con gli occhi chiusi, reca in sé un presagio potente della morte in croce, costituendo una variante
sensibile dell’altra Flagellazione, dove la figura di Cristo è invece presentata nella sua straziante e
silente sofferenza umana. È difficile credere, come alcuni hanno immaginato, complici le date dei
pagamenti e il rovello compositivo, che un simile capolavoro sia stato realizzato in due tempi, pri-
ma e dopo la partenza per Malta. A ogni modo per il realismo, la drammaticità, e l’efficacia della
narrazione entrambe le tele si collocano ai vertici della produzione pittorica seicentesca a Napoli,
scatenando una serie di imitazioni, quasi che gli artisti contemporanei si sentissero costretti a mi-
surarsi con quel banco di prova.
Tanto per cominciare della Flagellazione di Rouen esistono tre copie note di analogo formato sti termini che l’ambasciatore introduce Caravaggio al duca: il pittore di cui aveva appena acqui-
e di antica fattura108, una delle quali, che Mahon proponeva come originale prima dell’agnizione stato un dipinto a Roma113.
della tela francese, e che aveva fatto per un attimo vacillare persino il cuore e gli occhi di Longhi, Dal carteggio Gonzaga derivano altre importanti notizie. Mentre l’artista era impegnato a gua-
è quella che qui si espone (cat. 8). E certo non sarà facile stabilire l’autore di un simile capolavoro, dagnarsi l’ingresso nell’ordine gerosolimitano a Malta, il 25 settembre 1607 a Napoli si vende-
ma è evidente che a Napoli come a Roma Caravaggio venne copiato sia perché le sue opere impres- vano due suoi dipinti: una Madonna del Rosario (Vienna, Kunsthistorisches Museum, fig. 13) e
sionarono gli artisti contemporanei, sia perché da subito il mercato si dimostrò estremamente ri- una Giuditta e Oloferne. Le tele, che migreranno in coppia ad Amsterdam nelle mani dei pitto-
cettivo nei suoi confronti: una volta partito per Malta, il 25 giugno 1607, il controllo sul copyright ri Louis Finson e Abraham Vinck, in un viaggio a più tappe iniziato probabilmente nel 1612, furo-
delle opere esercitato dallo stesso maestro e dai suoi committenti dovette pian piano affievolirsi, no con tutta probabilità immesse sul mercato dagli stessi artisti fiamminghi114. Esse costituiranno
fino a subire una decisa scossa una volta che il maestro lasciò definitivamente la città109, e la figura una delle più straordinarie testimonianze del caravaggismo nel cuore dell’Europa. Vinck e Finson
che meglio viene a definirsi come copista del Merisi è quella di Louis Finson110. si trovarono a essere i primi supporters del Merisi, in grado anche di capire le potenzialità offerte
dal commercio dei suoi quadri. Testimonia lo stretto rapporto dei tre il riuso da parte del Merisi
di una tavola in precedenza dipinta da un artista fiammingo, probabilmente lo stesso Finson, con
Officina Finson & Vinck un Marte Venere e Amore, sulla quale Caravaggio realizzò poi il David e Golia di Vienna (fig. 15)
(15 e 25 settembre 1607) appartenuto a Juan de Tassis y Peralta secondo conte di Villamediana (Lisbona, 1582 – Madrid,
1622)115. Poeta, accanito giocatore, incline a soddisfare ogni tipo di passione erotica, tanto da ispi-
La storia dell’artista di Bruges approdato a Napoli prima del 1605 quando già era in società con rare la figura di don Giovanni a Tirso de Molina116, il Villamediana fu un personaggio singolarissi-
Abraham Vinck, con cui condivideva un affitto, forse una bottega nella zona dell’attuale piazza Ca- mo sia come cortigiano che come letterato. “Correo mayor” di Filippo III e Filippo IV, ufficio ere-
rità, si intreccia con quella di Caravaggio forse fin dal suo esordio napoletano, come suggerisce la ditato dal padre, rientrato in Spagna, morì assassinato nel 1622 e la collezione di opere d’arte, in
già ricordata commissione di Niccolò Radulovich al Vinck nel gennaio del 1607111. È nel settembre parte acquistate durante il soggiorno italiano, fu dispersa all’asta117.
dello stesso anno che gli indizi di questo singolare rapporto si infittiscono. Già a Roma a febbraio il Non stupisce che un simile temperamento si sia infiammato per l’opera di Caravaggio, con la
duca Vincenzo I aveva acquistato su consiglio di Rubens la Morte della Vergine (Parigi, musée du cui pittura entrò in contatto una volta giunto a Napoli, dove sbarcò nel 1611 su invito del neoinse-
Louvre) dipinta da Caravaggio per la chiesa carmelitana di Santa Maria della Scala, il 3 luglio l’am- diato viceré Pedro Fernández de Castro conte di Lemos. La figura del conte di Villamediana risulta
basciatore mantovano Ottavio Gentili scriveva da Napoli al duca manifestandogli l’intenzione di centrale per la diffusione del caravaggismo, oltre che per la storia della cultura europea tra secon-
condurre l’artista lombardo a stimare la collezione di Matteo di Capua principe di Conca in ven- do e terzo decennio del Seicento118. La sua passione per Caravaggio è nota innanzitutto per la già
dita in seguito alla morte del gentiluomo. Il Gentili evidentemente ignorava che il 25 giugno l’arti- ricordata citazione di Bellori che menziona come di sua proprietà un David e il “Ritratto di un[a?]
sta si era imbarcato alla volta di Malta112. Caravaggio non vide dunque la faraonica collezione per giovine con un melarancio”119. Pur ritenendo assai plausibile che il gentiluomo sia entrato in pos-
la maggior parte custodita nel palazzo di Vico Equense, a meno che non ci fosse andato prima per sesso del David a Napoli, se teniamo per buono il suo arrivo nel 1611, egli non poté essere il com-
suo conto, ma evidentemente prima di questa data egli era in rapporto con Ottavio Gentili, che mittente diretto dell’opera: Caravaggio era già scomparso. È comunque certo che il poeta spagno-
probabilmente avrà tranquillizzato l’artista sulla sorte della Morte della Vergine. È infatti in que- lo fu conquistato dalla pittura del Merisi, tanto che il 27 agosto 1613 chiese licenza di avere una

16 Documento che sancisce il versamento


di 150 aurei per un dipinto raffigurante
la Circoncisione di Giovan Vincenzo Forlì.
Volume conservato presso l’Archivio di Stato
di Napoli, Corporazioni soppresse, b. 1008,
c. 180v
48 49

copia delle Sette opere di misericordia, ai governatori della confraternita: “[Il signor conte di Vil- a un’autografia finsoniana, è da chiarire se l’artista realizzò l’opera sulla base di un originale perdu-
lamediana] ha fatto molte istanze per volere una copia del quadro dell’altare maggiore della chie- to del Merisi, e allora a mio avviso risultano poco comprensibili l’invenzione di Giuditta ammiccan-
sa del Monte della Misericordia, hanno concluso che possa detto S.r Conte farlo copiare purché sia te allo spettatore127 e il sontuoso abito vedovile che indossa, oppure se si mosse autonomamente. Il
di mano de’ Fabritio Santafede, o Carlo Sellitto, o vero de’ Gio … Batta detto Battistello Caraccio- quesito è tanto pressante che è stato suggerito che l’opera sia stata iniziata da Caravaggio e lascia-
lo, con che detto quadro non si possa ammovere dal detto altare”120. I confratelli acconsentirono, ta incompiuta nello studio di Finson al momento dell’improvvisa partenza per Mantova, il quale
dunque, al volere del Villamediana, purché il dipinto fosse eseguito dai tre più celebri artisti del- avrebbe poi completato il lavoro spacciandolo per un originale del maestro128.
la Napoli del secondo decennio del Seicento121. Non sappiamo nulla sulla realizzazione del dipin- Non meno misteriosa è la vicenda dell’altra tela nelle mani dei due pittori e mercanti fiammin-
to e su un suo eventuale arrivo in Spagna, ma il dato risulta comunque interessante per misurare ghi: la Madonna del Rosario (Vienna, Kunsthistorisches Museum, fig. 13). Sulla sua storia anti-
il gradimento per l’artista. È molto probabile tra l’altro che alla passione per Caravaggio non fosse ca infatti l’unica certezza è che il 25 settembre 1607, dunque un anno esatto dopo la commissio-
estranea l’amicizia del Tassis con Giovan Battista Manso, fondatore dell’Accademia degli Oziosi di ne Radulovich, con la quale, tra l’altro, le dimensioni della tela coincidono in modo singolare129, si
cui Villamediana fece parte, e, come si diceva, tra gli animatori del Pio Monte della Misericordia122. trovasse in vendita a Napoli. Frans Pourbus pittore di origine fiamminga, inviato nel Viceregno da
Ma per tornare a Finson, la radiografia effettuata sul David di Vienna ha evidenziato la presenza Vincenzo Gonzaga per trattare l’acquisto della già ricordata collezione di Matteo di Capua, in as-
di un dipinto sottostante, un Marte, Venere e Amore realizzato da una mano fiamminga, forse quel- senza del Merisi, ne fa il resoconto al suo signore: “Ho visto qui doi quadri bellissimi di mano de
la dell’artista. Egli risulta inoltre autore della copia della Maddalena in estasi di cui replicò più vol- Michel Angelo da Caravaggio: l’uno è d’un rosario et era fatto per un’ancona et è grande da 18 pal-
te l’invenzione divulgandola in Provenza, come testimoniano i due dipinti firmati, uno dei quali da- mi et non vogliono manco di 400 ducati; l’altro è un quadro mezzano da camera di mezze figu-
tato 1613, esposti in mostra (cat. 26, 27)123. Sempre al pittore di Bruges risale anche una copia della re et è un Oliferno con Giuditta, et non lo dariano a manco di 300 ducati. Non ho voluto fare alcu-
Crocifissione di sant’Andrea, stimata da un gruppo di artisti di Amsterdam come originale all’indo- na proferta non sapendo l’intentione di Vostra Altezza, me hanno però promesso di non darli via
mani della morte del pittore nel 1617124. E a proposito di scambio di modelli, la vecchia con il gozzo sin tanto che saranno avvisati del piacere di Vostra Altezza”130. Come ho già sottolineato altrove,
della Crocifissione di Cleveland si ritrova del tutto simile in un dipinto recentemente emerso sulla è evidente dalle parole del Pourbus che il Rosario era stato realizzato come pala dell’altare di una
scena degli studi caravaggeschi. Si tratta della Giuditta e Oloferne presentata alla Pinacoteca di Bre- chiesa (“et era fatto per un’ancona”)131. Tutto parrebbe dunque indicare che l’opera nacque in un
ra come opera autografa di Caravaggio (fig. 14)125. La notevole tela è fatalmente collegata con l’o- contesto napoletano. Ma lo stile e la tecnica che sembrerebbero più prossimi alle opere romane
monimo dipinto conservato alle Gallerie d’Italia, Palazzo Zevallos Stigliano di Napoli, di dimensio- hanno suscitato dubbi sull’origine partenopea del dipinto132. In mancanza di altri dati, sarebbe tut-
ni inferiori, ma di soggetto e composizione quasi identici. Esso è stato più volte attribuito a Finson to più semplice se fosse almeno possibile identificare con certezza la figura inginocchiata a sinistra
e ritenuto copia dell’originale perduto di Caravaggio in vendita nel 1607 di cui si diceva126. In real- con il capo volto verso lo spettatore. Si tratta infatti indubbiamente di un ritratto, probabilmente
tà l’enigma proposto dall’opera francese non è facilmente risolvibile. Se la identifichiamo con la te- del committente dell’opera. Delle ipotesi fatte le due più plausibili sono quella che individuereb-
la portata in Olanda dai due soci fiamminghi ed eseguita da Caravaggio a Napoli, dobbiamo infat- be nel personaggio il viceré di Napoli Juan Alfonso Pimentel de Herrera conte duca di Benavente
ti spiegare alcuni particolari incongrui con i dipinti di Caravaggio, come la testa della fantesca, in sulla base del confronto con un ritratto eseguito da Pasquale Cati che raffigura il gentiluomo in ar-
particolare se confrontata con la vecchia della Crocifissione di sant’Andrea (fig. 4), un’opera data- matura133 ma, sebbene vi sia una somiglianza tra i due volti, alcuni dettagli quali il capo più calvo
bile nella prima metà del 1607, come probabilmente la Giuditta di Caravaggio. Se pensiamo invece del personaggio nel dipinto di Caravaggio, non sembrano fugare tutti i dubbi sull’identificazione.

17 Luca Giordano, Flagellazione, 18 Michelangelo Merisi detto Caravaggio, 19 Michelangelo Merisi detto Caravaggio,
1655-1660 circa. Cosenza, Flagellazione, 1607 (cat. 6), particolare della Flagellazione, 1607, particolare (cat. 6)
Galleria Nazionale - Palazzo Arnone radiografia con il volto di una figura maschile
sottostante(Emmebi Diagnostica Artistica, 2017)
50 51

Inoltre, nonostante siano state messe in luce le circostanze della partenza piuttosto travagliata del del Rosario (fig. 13) e la Giuditta di Caravaggio142. Questi, incarcerato per una rissa e fuggito dall’i-
viceré da Napoli, oberato dai debiti, non è del tutto chiaro come mai, vendette soltanto questa tela, sola dei Cavalieri, con una rocambolesca evasione dal carcere, era passato in Sicilia, doppiamente
mentre portò in Spagna altri tre dipinti del pittore, tra cui la Crocifissione di sant’Andrea (fig. 4)134. ricercato. L’ultima data che lo attesta sull’isola precede l’agosto 1609 e attraverso le parole di un
Tanto più che l’ipotesi sarebbe quella di una destinazione nel convento domenicano di Benaven- committente, Niccolò di Giacomo, ci restituisce lo stato d’animo nel quale si trovava: “questo pit-
te135 o in alternativa nella chiesa domenicana di Santa Maria della Sanità sede della riforma dell’Or- tore … ha il cervello stravolto”143. La notizia successiva, che riguarda nuovamente Napoli, è anco-
dine136. Il Benavente donò infatti 1000 ducati alla chiesa137, e inoltre si invoca un documento che ra più tragica: il 24 ottobre 1609: “si ha di Napoli avviso che fosse stato ammazzato il Caravaggio
sancisce il versamento di 150 aurei per un dipinto raffigurante la Circoncisione di Giovan Vincen- pittore celebre, et altri dicono sfregiato”144. Era dunque tornato a Napoli: “dov’egli pensava trat-
zo Forlì tuttora nella chiesa e che avrebbe potuto essere già iniziato da Caravaggio138. Senza entra- tenersi, fin tanto che avesse ricevuto la nuova gratia della sua remissione … Fermatosi egli un gior-
re nel merito di un’ipotesi che mi pare suggestiva, ma per ora mancante di definitive pezze d’ap- no su la porta dell’Hosteria del Ciriglio, preso in mezzo da alcuni con l’armi, fu da essi maltrattato
poggio, vorrei soffermarmi sulla lettura del documento in questione (fig. 16). Esso è contenuto in e ferito nel viso”145. Secondo Mancini, che ne scrive affranto al fratello Deifebo, erano in quattro e
un volume di disposizioni relative alla chiesa che rimontano a periodi diversi, e si compone di due lo avevano ridotto malissimo146. Sarebbe facile incolpare i cavalieri di Malta, come tra le righe sug-
diverse grafie. La prima vergata da un calligrafo lungo il margine superiore del foglio, visibilmente gerisce lo stesso Bellori, benché non se ne abbia alcuna certezza. Il colpo dovette essere terribile,
successiva al resto della delibera: “Icona depicta à Caravagio pictore insigni”. Più sotto, la parte ori- se la notizia si diffuse fino a Roma dove i suoi amici stavano con il fiato sospeso aspettando il suo
ginale del documento che, dopo aver affermato che i frati si sono riuniti il 26 dicembre 1612, con- rientro da un giorno all’altro: “Si dice che il Caravaggio sia qui vicino sicurtato, anche presto voglia
tiene le seguenti disposizioni: “Icona Circumcisionis annis elapsis incepta et pro qua centum au- tornare a Roma, e che vi sia aiuti gagliardi”, sussurra il giorno di Natale del 1609 Giulio Mancini al
reos solvit conventus, alios centum quinquaginta solvat prestita cautione interim pictori” e cioè si fratello, ma le cose dovettero andare per le lunghe147.
stabilisce che per la pala della Circoncisione, iniziata anni prima, per la quale erano già stati versati
cento aurei dal convento, si versino altri cento cinquanta aurei, “cautione interim pictori” dunque
a temporanea garanzia (o favore) del pittore. Sulla base di queste parole non mi pare che si debba La cappella Fenaroli
necessariamente ipotizzare l’opera di due artisti diversi. La Circoncisione avrebbe semplicemen- (inverno 1609-1610)
te potuto essere iniziata dal Forlì, poi interrotta e quindi ripresa, e il nome di Caravaggio, ben più
celebre del collega da Forlì, venire speso anni dopo per errore. Una cosa sola è certa: l’intestazio- Non sappiamo con precisione quando Alfonso Fenaroli148 commissionò a Caravaggio la deco-
ne del documento è più recente, incongrua con la delibera e comune invece ad altre iscrizioni più razione della sua cappella a Sant’Anna dei Lombardi, purtroppo perduta. La chiesa era stata edi-
tarde contenute nel volume139. ficata a partire dal 1582149 con il sostegno dei confratelli che si impegnavano a costruire e dotare
Nonostante tutto, comunque, la seconda ipotesi che propone di identificare nella Madonna del di arredi le cappelle laterali150. Ma soltanto il 24 dicembre 1607 il Fenaroli acquistò per 600 du-
Rosario (fig. 13) il personaggio in abito scuro e gorgiera con Marcantonio Colonna vincitore di Le- cati (500 sborsati subito e 100 da estinguersi entro due anni), la terza cappella sinistra, quando
panto, una battaglia cui la tradizione associa da sempre la devozione del Rosario, non sembra da ormai Caravaggio era a Malta151. Lo stesso giorno il notaio Giovanni Bernardino de Iuliano ro-
prendere alla leggera140. Innanzitutto il ritratto caravaggesco non è fisiognomicamente distante da gava anche la concessione di altre due cappelle a essa confinanti: la prima assegnata a Giovan-
quello di Marcantonio, inoltre la tela, uno dei capolavori di Caravaggio per dimensioni, imponen- ni Donato Correggio e Mattia, Giovanni Battista e Giovanni Maria Noris, figli ed eredi di Gio-
za e chiarezza compositiva, ha un’impostazione assolutamente unitaria e va letta come un omag- van Giacomo Noris, intitolata al Redentore, posta a sinistra dell’ingresso, di fronte alla cappella
gio alla Vergine dispensatrice di grazie tramite il Rosario, una pratica cui la spiritualità domenicana degli eredi di Giovanni Antonio Longhi152; la seconda a Pietro Curtone (o più modernamente,
era indissolubilmente legata, e cui la famiglia Colonna non poteva non far riferimento attraverso Cortone) e ai suoi fratelli Giovanni Domenico e Annibale. Pietro era stato testimone alla stipula
l’esaltazione di uno dei suoi membri più illustri, il vincitore di Lepanto. Ma anche in questo caso di entrambi gli altri contratti, a lui toccava la cappella intitolata a San Pietro Apostolo153. La ter-
manca il luogo a cui essa poteva essere destinata e soprattutto il motivo per cui una famiglia come za cappella destra, di fronte alla Fenaroli, era invece dell’architetto Domenico Fontana che già il
i Colonna che furono legati al Merisi fino si sarebbe disfatta dell’opera. 29 dicembre 1602, aveva sborsato 514 ducati destinandola alla propria sepoltura e ai suoi ere-
La vendita di un capolavoro di tali dimensioni sul mercato poteva significare solo che la com- di154. Contemporaneamente la quarta cappella destra fu venduta a Giovanni Antonio Longhi155.
missione non era andata a buon fine. I motivi potevano essere tanti ma una cosa pare certa: il com- Alla fine del 1607 i lavori fervevano nella chiesa, tanto che ricorre un contratto con i “fabbrica-
mittente era al momento disinteressato al dipinto di cui voleva disfarsi, per giunta insieme alla tori” Giacomo Truccotto, Vincenzo della Penta e Fabrizio Pepe156. La cappella concessa ad Al-
Giuditta. Una più plausibile alternativa pare che sia stato lo stesso Caravaggio a lasciare in conto fonso Fenaroli è l’unica del lato sinistro della quale si tace l’intitolazione, che evidentemente al
vendita i due quadri nelle mani della società Finson & Vinck in attesa di rientrare in possesso dei momento della stipula dell’atto non era stata ancora decisa157. Poco più avanti, la quinta cappella
soldi o dei dipinti al suo rientro da Malta, oppure che i due furbi mercanti fossero in qualche mo- a sinistra toccò ai fratelli Cortoni, Pietro, Giovan Domenico e Annibale, che la vorranno decora-
do riusciti autonomamente a mettere le mani su quei capolavori. Tutta questa vicenda di copie ta da Carlo Sellitto con due tele raffiguranti Storie di san Pietro (figg. 2-3, pp. 84-85)158. La cap-
e originali scambiati e venduti e di tavole di artisti fiamminghi ridipinte da Caravaggio – ricordo pella Noris-Correggio risulta invece affrescata da Giovan Battista Caracciolo159. Nel 1798 l’edifi-
che Finson ebbe l’ardire di apporre la sua firma sulla Maddalena in estasi copiata da Caravaggio cio fu distrutto dal terremoto, e gli arredi superstiti traslati nella vicina chiesa di Monteoliveto.
(cat. 26, 27) e, senza l’onestà di Wibrandt de Geest, che nel 1620 esegue a sua volta una copia del- In questa circostanza andò perduta la decorazione pittorica della cappella Fenaroli eseguita da
lo stesso dipinto caravaggesco, dichiarando però apertamente la fonte, noi non saremmo mai sta- Caravaggio. Il primo a ragguagliarci sui dipinti è il solito postillatore anonimo del manoscritto
ti sicuri che l’opera non fosse del pittore fiammingo141 –, sottintende l’assoluta accessibilità delle di Giulio Mancini che utilizza le informazioni fornite da Teofilo Gallaccini (Siena, 1564-1641),
opere del maestro per Finson e Vinck. Essa si giustifica solo se ipotizziamo un accordo tra i tre (si amico del medico senese, una volta rientrato da Napoli160. Egli relazionava sulle opere pubbliche
trattasse di una bottega in comune, o di una percentuale sull’immissione dei dipinti del Merisi sul di Caravaggio: “In S. Anna, chiesa de’ Lombardi, nella strada di Monteoliveto, si trova una tavola
mercato, o della possibilità di trarne talvolta copie), esattamente come era avvenuto a Roma per d’un Christo resurgente, bellissima. In detta chiesa e cappella un S. Francesco in atto di riceve-
Prospero Orsi. Solo a Napoli, data la lunga assenza del pittore, partito per Malta e quindi rifugia- re le stimmate”161. È Luigi Scaramuccia, alcuni decenni dopo, a ragguagliarci in modo dettaglia-
tosi in Sicilia per oltre un anno, il mercato doveva essere ancora più libero. to sulla Resurrezione che Caravaggio avrebbe realizzato per la cappella di Sant’Anna dei Lom-
bardi162. Il pittore perugino finge che Girupeno, alter ego dello stesso Scaramuccia, si sia recato
a visitare Sant’Anna dei Lombardi in compagnia di Aniello Falcone: “… e quando osservarono il
L’aggressione Christo, non come d’ordinario far si suole, agile, e trionfante per l’aria, mà con quella sua fieris-
(24 ottobre 1609) sima maniera di colorire, con un Piede dentro, e l’altro fuori dal Sepolcro posando in terra, re-
starono con simil stravaganza per qualche apprensione”163. Secondo Scaramuccia, infatti l’arti-
Mentre il pittore riceveva l’abito di cavaliere gerosolimitano a Malta, per venire tragicamente sta lombardo aveva oltrepassato: “Quel decoro, che si conviene alla Persona di Christo, Signor
espulso dall’ordine, il 1° dicembre 1608, un documento attesta che Finson e Vinck a Napoli conti- Nostro”. L’immagine descritta evoca uno scenario straordinariamente realistico, che a mio av-
nuavano in società il loro lavoro di pittori, e chissà se avranno avuto davanti agli occhi la Madonna viso non può trovare un’eco nella Resurrezione di Cecco del Caravaggio conservata all’Art In-
52 53

La fine
(18 luglio 1610)

Credo sia bene ritessere le fila degli ultimi giorni di Caravaggio, partendo da un fondamenta-
le e ben noto carteggio qui nuovamente compulsato. Deodato Gentile, vescovo di Caserta e agen-
te del cardinale Scipione Borghese a Napoli, il 29 luglio 1610 indirizza una lettera molto dettaglia-
ta al porporato168, nella quale espone le notizie raccolte sulle circostanze della morte dell’artista.
Gentile fa riferimento a una lettera di cinque giorni avanti, scritta dal cardinale Lanfranco Margot-
ti (1559-1611)169, uomo chiave della segreteria di Stato, protonotario apostolico, nominato in par-
ticolare con breve di Paolo V: “secretarius negotiorum et rerum Germaniae, Ungariae, Poloniae,
Neapoli, Venetiarum”170. Il “cardinale Lanfranco”, come è sempre citato nei documenti del tempo,
inclusa la lettera del Gentile, aveva vissuto qualche tempo a Napoli dopo la morte di Clemente VIII
e fino alla reintegrazione nel suo ufficio da parte di Paolo V nell’agosto del 1605171. Per la sua abilità
nel comporre missive diplomatiche, egli era stato incaricato di occuparsi “(e quasi sempre di redi-
gere personalmente),”, della corrispondenza di Scipione, che in genere si limitava a firmare le let-
tere in uscita scritte dal segretario. Fa eccezione il carteggio che risale al periodo compreso tra il 17
luglio e il 13 novembre 1610, proprio al tempo dei fatti che ci interessano, firmato dallo stesso Lan-
franco Margotti, poiché Scipione cadde malato. Ecco perché Gentile, che, come tutti i nunzi scri-
veva direttamente al Cardinal nepote, fa riferimento a una lettera ricevuta dal “cardinale Lanfran-
co”, in quel momento suo unico interlocutore.
Quella che raggiunse Deodato a Napoli, era dunque un’ambasciata ufficiale proveniente dal-
la Segreteria di Stato, nella quale si esponevano le notizie che circolavano a Roma sulla scomparsa
dell’artista. Possiamo arguire qualcosa del contenuto della missiva del cardinale dalla risposta del
Gentile. Si trattava innanzitutto di informazioni orali: “quanto era stato riferito a V.S. Ill.ma circa
il pittor Caravaggi”172. Stando a queste voci, il pittore avrebbe finito i suoi giorni a Procida, ma De-
odato appare sconcertato e vuole andare a fondo della questione: “il che essendo a me molto novo
cercai subito di haverne informatione”173.
Per comprendere il motivo di tale sconcerto vanno fatte due considerazioni: la prima è che il
nunzio era stato nominato da nemmeno due mesi, e dunque poteva avere delle incertezze nel rac-
stitute di Chicago, come è stato suggerito. In essa infatti Gesù risorto si libra trionfante in aria, cogliere rapidamente ed efficacemente informazioni174. La seconda è che a Procida dal 13 al 23 lu-
secondo uno schema piuttosto tradizionale. Più vicina, ma comunque diversa dalla descrizio- glio 1610, quando Caravaggio avrebbe dovuto finire i suoi giorni, si tratteneva Pedro Fernández
ne di Scaramuccia, pare la tela di Louis Finson che si trova nella chiesa di Saint Jean de Malte ad de Castro conte di Lemos giunto da Madrid per sostituire il conte duca di Benavente nella carica di
Aix-en-Provence, più volte evocata come possibile copia della tela caravaggesca164. Il gesto del viceré, attendendo di fare il suo ingresso ufficiale in città175. Era dunque ben difficile che un simile
piede a mezza via compare invece singolarmente in un dipinto dello stesso Scaramuccia, la Fla- fatto fosse accaduto senza che il nunzio apostolico ne fosse informato.
gellazione nella chiesa di San Salvatore a Como, eseguita nel 1667, segno che l’artista aveva col- Nonostante le supposizioni, che vedono ragionevolmente Costanza Colonna Sforza nel cui pa-
to pienamente la potenza dell’invenzione caravaggesca165. Mancini ricorda inoltre la presenza di lazzo napoletano, palazzo Cellamare, Caravaggio risiedeva, in prima fila, la fonte cui attinse il ve-
un San Francesco che riceve le stimmate, anch’esso perduto. Un’eco del dipinto si può forse indi- scovo di Caserta resta ignota176. Tuttavia, pochi giorni dopo, egli era in grado di scrivere al Borghe-
viduare nella tela omonima di Carlo Sellitto in collezione privata, uno dei quadri più caravagge- se e al suo segretario: “Ritrovo che il povero Caravaggio non è morto in Procida, ma a Porthercole,
schi del pittore lucano166 (cat. 23). È a ogni modo impressionante immaginare in sequenza le tre perché essendo capitato con la felluca in quale andava a Palo, ivi da quel Capitano fu carcerato e la
cappelle decorate dal Merisi, da Battistello e da Sellitto, esse dovettero costituire l’abc del natu- felluca in quel romore tiratasi in alto mare se ne ritornò a Napoli. Il Caravaggio restato prigione,
ralismo a Napoli e, d’altro canto, la scelta dei committenti lombardi documenta come, all’indo- si liberò con un sborso grosso di denari, e per terra e forse a piedi si ridusse sino a Porthercole ove
mani dell’arrivo di Caravaggio, la prima scelta in materia di pittura erano il Merisi e i suoi segua- ammalatosi, ha lasciato la vita”177.
ci. Inseguito, sfregiato, a pezzi, comunque gli si chiedevano quadri. Sulla veridicità del racconto del nunzio sono stati sollevati diversi dubbi: sembra infatti piutto-
sto difficile che l’artista abbia percorso i quasi 100 chilometri di litorale che separano Palo da Por-
to Ercole, per di più in precarie condizioni di salute, e per quale motivo?178. Ma la tesi della morte
Il Martirio di sant’Orsola a Porto Ercole è attestata da più fonti. Quand’anche non si presti fede al ritrovamento documenta-
(11 e 27 maggio 1610) rio che segnalerebbe il decesso dell’artista per febbre nell’ospedale toscano, la notizia compare in-
fatti anche nella narrazione di Baglione e di Bellori179.
Ma le ombre si addensavano sempre più lunghe non solo nei quadri, ma anche nella vita dell’ar- Per accreditare l’ipotesi della congiura e del decesso a Palo, è stato osservato che furono le in-
tista. In primavera, probabilmente poco dopo aver eseguito le tele Fenaroli, il genovese Marcan- formazioni spedite a Roma da Gentile a diffondere la vulgata della morte di Caravaggio a Porto Er-
tonio Doria gli commissionò un Martirio di sant’Orsola (cat. 21) in onore della figliastra monaca cole per malattia180. È possibile tuttavia chiarire almeno questo punto: le notizie raccolte da Gen-
a Napoli con il nome della santa. Il Merisi lo eseguì pur consapevole che doveva essere spedito alla tile concordano con l’avviso che un menante aveva spedito alla corte di Urbino il 28 luglio, cioè il
volta della Superba, e che dunque in pochi avrebbero potuto vederlo. Nei quindici giorni che tra- giorno prima della lettera del nunzio: “Si è avuto avviso della morte di Michel Angelo Caravag-
scorsero tra la sua esecuzione e la spedizione, tuttavia, Lanfranco Massa, incauto agente del Do- gio pittore famoso et eccellentissimo nel colorire et ritrarre dal naturale, seguita di suo male in
ria, che aveva messo l’opera ad asciugare al sole cocente, tanto che Caravaggio dovette riparare il Port’Ercole”181.
danno subito, trovò modo di fare copiare l’opera, forse da Giovanni Bernardino Azzolino, pittore Non fu dunque Gentile per chissà quali occulti motivi, a diffondere la notizia della morte dell’ar-
amatissimo dal Doria e autore di numerose interpretazioni della tela caravaggesca, di cui si espone tista nel borgo toscano, ma essa era già pervenuta a Roma, evidentemente da tutt’altra fonte. Tre
qui una delle più naturalistiche (cat. 22). Essa risulta singolarmente vicina anche alla Maddalena giorni dopo, il 31 dello stesso mese, un altro avviso, sempre diretto a Urbino aggiunge qualche par-
in estasi che Caravaggio dovette eseguire in questi ultimi giorni napoletani e che aveva con sé sul- ticolare: “È morto Michel Angelo da Caravaggio pittore celebre a Port’Hercole mentre da Napoli
la barca che avrebbe dovuto riportarlo a Roma, mentre, ahimé, perse la vita167. veniva a Roma per la gratia da Sua Santità fattali del bando capitale che haveva”182.

20 Michelangelo Merisi detto Caravaggio,


Negazione di san Pietro, 1609-1610 circa.
New York, Metropolitan Museum of Art
54 55

All’altezza del 1610, la fama di Caravaggio era ormai universale e attestata sulla straordinaria
abilità nel “colorire” e nel “ritrarre dal naturale”, tanto che un qualsiasi cronachista, peraltro ge-
neralmente abituato a ben altro tipo di notizie: politica, cronaca nera, pettegolezzi, indicava chia-
ramente in queste due caratteristiche l’eccezionalità dello stile caravaggesco. L’avviso fa inoltre
riferimento al motivo del viaggio: Caravaggio tornava da Napoli a Roma in seguito alla grazia con-
cessagli da Paolo V. Di fatto il documento ufficiale della grazia non è mai emerso dagli archivi pon-
tifici183. Sono però i due biografi Baglione e Bellori a fornirci maggiori informazioni su questo pun-
to, riferendo che l’artista si era messo in viaggio poiché aveva ottenuto rassicurazioni dal cardinale
Gonzaga che stava trattando la grazia con il papa184. Ferdinando Gonzaga (1587-1626), figlio di
Vincenzo I e di Eleonora de’ Medici, cavaliere di Malta fin da giovanissimo, era stato eletto alla
porpora a vent’anni, il 10 dicembre 1607. In quell’occasione si era trasferito a Roma, dove condu-
ceva una vita dedita agli agi e ai divertimenti, ma anche ricca di arte e di lettere. Vero e proprio cul-
tore del teatro e della musica, egli divenne mecenate e protettore di numerosi artisti e letterati. La
sua esistenza cambiò corso nel dicembre 1612 quando, all’improvvisa scomparsa del fratello pri-
mogenito Francesco, egli rientrò a Mantova svestendo poi l’abito ecclesiastico per divenirne il VI
duca. Ferdinando era dunque giunto a Roma, quando Caravaggio si trovava a Malta, e benché non
dovette conoscere l’artista di persona, le sue vicissitudini gli erano probabilmente note fin dall’ar-
rivo nell’Urbe, appartenendo anch’egli all’ordine gerosolimitano nel quale il Merisi in quegli stessi
giorni mirava a entrare. La misura dell’importanza di quell’investitura per Ferdinando è data dalle
disposizioni testamentarie nelle quali chiedeva di essere sepolto con l’abito agostiniano e sul pet-
to la croce bianca dei Cavalieri maltesi185. Dal febbraio del 1610 all’ottobre 1612, inoltre, la vita del
cardinale Gonzaga sembra intrecciarsi ancora più da vicino con quella di Caravaggio, dal momen-
to che egli andò a occupare il palazzo romano ai Santi Apostoli di proprietà della famiglia Colon-
na. In particolare, nel maggio di quello stesso anno Ferdinando corrispondeva con Marco Antonio
Colonna, il Connestabilino, nipote di Costanza, che nel frattempo, si trovava a Napoli e dava ospi-
talità a Caravaggio nel suo palazzo a Chiaia186.
Ferdinando, che per parte di madre era nipote del granduca di Toscana, parente di Virginio Or-
sini signore di Palo e di Costanza Colonna Sforza187, doveva essere ben informato circa le sorti di
Caravaggio. Il doppio legame che lo univa a Costanza di cui era anche indirettamente poneva il car-
dinale Gonzaga in una posizione favorevole per assecondare gli uffici della gentildonna e del suo
protetto.
Negli anni che ci riguardano inoltre il cardinale era particolarmente vicino a Scipione Borghe-
se fino al 1611, quando la zia Maria de Medici, moglie di Enrico IV, insignì Ferdinando del ruolo di
protettore della corona francese, mettendo fine al sodalizio col porporato politicamente filospa-
gnolo. Il Gonzaga, che nella primavera del 1610 trattava l’acquisto di una villa e relativo giardino a
San Pietro in Vincoli facendosi consigliare da Scipione Borghese188, poté dunque rivestire un ruo-
lo non secondario nelle trattative per la grazia di Caravaggio, confermando il racconto dei biografi.
Da tutti i documenti qui proposti, risulta chiaro che la meta di Caravaggio doveva essere Palo,
la barca era dunque evidentemente diretta in territorio pontificio. Lì dovette accadere l’imprevi-
sto, anziché fornirgli un salvacondotto che gli avrebbe consentito di raggiungere Roma con il suo
bagaglio, il capitano lo incarcerò. Bellori sostiene che si trattò di uno sbaglio: “La guardia Spagnuo-
la che attendeva un altro cavaliere, l’arrestò in cambio, e lo ritenne prigione. E se bene fu egli tosto
rilasciato in libertà, non però rividde più la sua feluca che con le robbe lo conduceva. Onde agita-
to miseramente da affanno, e da cordoglio, scorrendo il lido al più caldo sole estivo, giunto a Porto
Hercole si abbandonò, e sorpreso da febbre maligna, morì in pochi giorni”189. Più generica la più
antica relazione di Giovanni Baglione: “Arrivato ch’egli fu nella spiaggia, fu in cambio fatto prigio-
ne, e posto dentro le carceri, ove per due giorni ritenuto, e poi rilassato, più la felluca non ritrova-
va sì che postosi in furia, come disperato andava per quella spiaggia sotto la sferza del Sol Leone a
veder, se poteva in mare ravvisare il vascello, che le sue robe portava. Ultimamente arrivato in un
luogo della spiaggia misesi in letto con febbre maligna; e senza aiuto humano tra pochi giorni morì
malamente, come appunto male havea vissuto”190.
La fuga a Porto Ercole si spiega facilmente con il tentativo di evitare qualche altro incidente co-
me quello della prigionia riservatagli a Palo, cercando prudentemente scampo nel Granducato, un
territorio estraneo alla giurisdizione pontificia. Purtroppo, sappiamo che le condizioni di salute
dell’artista non erano buone e la morte lo raggiunse prima che ogni equivoco fosse chiarito. A que-
sto, credo, si riferisca quella nota tanto compassionevole del Gentile che apostrofa il pittore come
“povero Caravaggio”, doveva ben conoscerlo e riservagli tutta la sua solidarietà umana. In nessuna
lettera di questi anni infatti il nunzio si esprime in modo così personale.
Ma all’altezza di quel 29 luglio 1610, altri dettagli compaiono sulla sorte toccata a quanto resta-
va del pittore e il Gentile riferisce al Borghese (o a chi per lui): “La felluca ritornata riportò le rob-

21 Michelangelo Merisi detto Caravaggio,


David con la testa di Golia, 1609-1610 circa.
Roma, Galleria Borghese
56 57
Grazie a Luigi Abbetti, Maurizio Canesso, Stefano ma vi venne trasportato), senza essere al corrente della 45 ASBNa, Banco di Sant’Eligio, Giornale di banco,
be restateli in casa della S.ra Marchese di Caravaggio che habita a Chiaia, e di dove si era partito il Causa, Alessandra Cosmi, Antonio Ernesto Denunzio, residenza di Marzio Colonna. A onor del vero in quella matricola 31, 6 marzo 1606.
Caravaggio. Ho fatto subito vedere se vi sono li quadri, e ritrovo che non ne sono più in essere ec- Alessandro Galli, Loredana Gazzara, Antonio Iommelli,
Matteo Lampertico, Riccardo Lattuada, Gianni Papi,
stessa piazza ai Santi Apostoli, risiedeva in quel periodo
anche Fillide Melandroni (Corradini 1993, p. 69,
46 Il prezioso documento è stato rinvenuto da Porzio
2013, p. 67, doc. 7. Sul problema di Vinck a Napoli si
cetto che tre: li doi S. Gioanni e la Madalena e sono in suddetta casa della S.ra Marchese, quale ho Patrizia Piscitello, Dario Porcini, Elizabeth Ranieri, n. 76), la cortigiana senese amante del letterato Giulio veda per cominciare Causa 1999, quindi Porzio 2013a
mandato subito a pregare, che vogli tenerli ben custoditi che non si guastino senza lasciarli vede- Augusto Russo, Andrea Zezza.
1 Van Mander 1603 , c. 191r, ried. ora in Macioce 2010,
Strozzi, modella di Caravaggio che ne eseguì il ritratto,
un tempo a Berlino e oggi purtroppo perduto. Papi
e Terzaghi 2013.
47 Denunzio 2009, p. 187, nota 6.
re, o andare in mano di alcuno, poiché erano destinati, e si hanno da trattenere per V.S. Ill.ma sin p. 310. (2001a, pp. 15-17) ipotizza che Francesco Boneri detto 48 Denunzio 2004, pp. 48-49 e Denunzio 2009, p. 178.
tanto che si trattarà con gli heredi e creditori di detto Caravaggio per darli honesta soddisfatione. 2 La data delle postille apposte al Codice Palatino
delle Considerazioni si ricava da una nota dello stesso
Cecco del Caravaggio abbia accompagnato Caravaggio
nella fuga nei feudi Colonna e fino a Napoli, basandosi
49 Pacelli 1977, pp. 819-820 e Pacelli 1978, pp. 57-58.
50 Come già osservava opportunamente Cinotti 1983,
A questo segno ne sono arrivato sinhora. Anderò vedendo et intendendo quello che si potrà fare, postillatore, di cui per ora si ignora l’identità. A sostanzialmente sul dato biografico del sodalizio tra i p. 573, scheda 116.
e procurerò che in ogni modo li quadri si conservino, e venghino in mano di V.S. Ill.ma, a quale per proposito di Onorio Longhi egli afferma infatti: “che
a questi giorni se n’è passato all’altra vita” (Mancini,
due artisti e sullo stile di Cecco a tratti molto vicino a
quello dei primi caravaggeschi napoletani. Al momento
51 ASNa, Corporazioni Soppresse, b. 533: Il libro di cose
notabili da tenersi presente manualmente dal sagristano
fine humilmente mi inchino”191. 1617-1621, ed. 1956, I, p.225). La morte dell’architetto non esistono prove documentarie in tal senso. S. Domenico Maggiore, 1777. Dal Perrotta 1828, pp. 42-
Sbarcato Caravaggio a Palo e arrestato, la barca con la quale era giunto insieme al bagaglio non avvenne a Roma il 13 dicembre 1619.
3 Sulla nascita delle Vite redatte a partire dal 1727
23 Sottolinea molto opportunamente questo aspetto
della questione Berra 2005, pp. 298-299.
43 apprendiamo tutta la storia della cappella. La
dedicazione a S. Andrea è la più antica e risale infatti al
pensò certo di aspettarlo. Anzi, ai marinai la circostanza dovette apparire singolarmente fortuna- circa, si  veda Zezza 2017, in particolare pp. 27-35. 24 Mancini 1617-1621, ed. 1956, I, p. 225; tra parentesi XIV secolo. Nel 1460 Raimondo Brancaccio, cardinale
ta: si divisero forse qualche quadro (ricordiamo che l’economia era ancora in parte improntata al De Dominici si dilunga su Caravaggio nella Vita di
Battistello Caracciolo (De Dominici 1742-1745, ed.
quadre si trova il testo della postilla. Marini (2006,
p. 17) fa risalire la notizia allo stesso Mancini, a rischio di
di San Vito, volle che fosse dedicata al santo sotto il cui
titolo venne incardinato. All’inizio del XVII secolo fra
baratto, dunque i dipinti equivalevano al denaro), e portarono il resto a Chiaia a Costanza Colonna 2003, I, pp. 966-971, con commento di Viviana Farina). pedanteria, credo sia corretto distinguere la fonte. Alfonso di Maddaloni (morto nel 1618) vi introdusse
Sforza marchesa di Caravaggio, da dove era partito il pittore. Alla gentildonna che lo ospitava ap- 4 Per la storia della critica novecentesca su Caravaggio
a Napoli si veda il saggio di Stefano Causa in questo
25 Il potere di Marzio in questo senso è stato più volte
sottolineato da Berra 2005, pp. 299-300; Nicolai 2008,
la pratica della novena alla Vergine del parto, dunque
la cappella fu anche detta “della novena”. In realtà però
parteneva dunque molto probabilmente l’imbarcazione su cui l’artista aveva lasciato Napoli con i catalogo (pp. 92-100). p. 114. il titolo di San Vito rimase (come testimonia il citato
dipinti destinati a Scipione Borghese, e forse agli altri prelati ai cui favori doveva la sospirata gra- 5 Gandolfi, in Gandolfi, Zuccari 2017, pp. 251-253;
Gandolfi 2018, pp. 22-25.
26 Questa ipotesi (condivisa anche da Marini 2006,
pp. 19-20) sembra da preferire a quella che vedrebbe
manoscritto del 1777). Secondo il Perrotta, fra Alfonso
in epoca imprecisata (ma prima del 1608 anno di morte
zia. Tre sono quelli che ritornarono a Napoli, ma, stando alle parole del Gentile, che certo aveva 6 In una delle poco decifrabili chiose autografe alle una più diretta partecipazione alla vicenda di Muzio del pittore), avrebbe commissionato una Madonna
avuto un colloquio con Costanza,, dovevano essercene di più. Considerazioni sulla pittura (Mancini 1617-1621,
ed. 1956, I, p. 227), per le ipotesi di trascrizione Berra
Sforza e Orsina Peretti (Berra 2005, pp. 305-306 espone
entrambe le questioni), Muzio infatti in questi anni si
col Bambino e Sant’Ildefonso suo patrono a Francesco
Curia (mai realizzato o perduto), e ai lati due dipinti
Già Maria Cecilia Fabbri supponeva che sull’imbarcazione vi fossero, oltre ai due San Giovan- 2005, pp. 233-235. trovava a Milano, mentre Costanza risiedeva a Roma con Sant’Andrea, e un San Vito “con il cane”, e San
ni e alla Maddalena, anche altri dipinti, tra cui la Negazione di san Pietro ora al Metropolitan 7 Biblioteca Apostolica Vaticana (d’ora in poi BAV),
Chigiano, N.II.36, c. 102v. ((Corradini 1993, pp. 69-70,
(Berra 2005, pp. 305-306).
27 Ne parleremo più avanti.
Raimondo di Pennafort canonizzato nel 1601. Esiste un
bellissimo foglio firmato da Curia raffigurante San Vito
Museum di New York (fig. 20). Che la Negazione sia capitata a Roma e che quindi effettivamen- n. 78, e ora Macioce 2010, p. 203, doc. 705). 28 ASR, Notai A.C., Pietro Marefusco (o Marefosco), con due cani (Napoli, Museo di Capodimonte, Di Majo
te poté sbarcare a Palo insieme a Caravaggio in quel suo sventurato viaggio, mi pare possa ora es- 8 Secondo Marini 2005, p. 66, l’area corrispondeva
suppergiù alla via tuttora detta della Pallacorda.
b. 4093, cc. 1128, sgg., 19 giugno 1607.
29 Pacelli 1984, pp. 11, 92, 107 e Gazzara 2003, p. 54
2002, p. 140, D4), che, data la rarità del tema, potrebbe
essere accostato a questa vicenda. Va rilevato comunque
sere testimoniato da recenti ritrovamenti. Una Negazione di san Pietro di Caravaggio era infatti 9 Dalle successive querele si ricava che con loro (con bibliografia). che negli anni della commissione Radulovich la cappella
nelle mani di Luca Ciamberlano il 3 maggio 1613. Egli propone di cedere il dipinto a Guido Re- giocavano Ignazio e Federico Giugoli, fratelli di Lavinia,
moglie di Ranuccio (Corradini 1993, p. 74 e Marini
30 Il convento divenne sede della neonata Provincia
Domenicana di San Tommaso d’Aquino nel 1601.
risulta priva di un vero e proprio giuspatronato.
52 ASNa, Corporazioni Soppresse, b. 533: Il libro di cose
ni a parziale saldo del debito di 350 scudi contratto con il pittore bolognese192. L’opera si trovava 2005, p. 118. I documenti sono ora tutti ripubblicati 31 ASR, Notai A.C., Pietro Marefusco, b. 4094, cc. notabili da tenersi presente manualmente dal sagristano
dunque prestissimo a Roma, dove peraltro venne vista e registrata da alcuni artisti tra cui Giusep- da Macioce 2010, p. 206, doc. 717, e seguenti).
10 Le informazioni si ricavano collazionando i
300r-v, 28 settembre 1607. L’inedito documento
stabilisce che la procura di Ascanio al Tumulo risale al
S. Domenico Maggiore, 1777.
53 La dinamica sarebbe identica anche se ipotizzassimo
pe Vermiglio e Lionello Spada, mentre non si conoscono derivazioni napoletane dell’opera, segno documenti ora raccolti in Macioce 2010, pp. 203-204. 28 settembre 1607. Tuttavia, da un’altra carta qui per un ruolo decisivo del marchese Giovan Battista Manso
che la tela restò ben poco nella città partenopea. Dunque, parte del bottino di Caravaggio non an- In essi il quarto personaggio che faceva parte della
squadra di Caravaggio viene sempre definito “N. et N.”.
la prima volta resa nota, apprendiamo che il Tumulo
aveva svolto la funzione di procuratore di Ascanio a
(in particolare Gazzara 2003, pp. 53-55; Bologna 2004a,
pp. 21-22) per la pala del Pio Monte della Misericordia.
dò perduta, ma trovò una strada verso Roma, anche se probabilmente diversa da quella che il pit- Secondo Marini (2006, p. 22, nota 18) potrebbe essere Napoli già in precedenza, almeno fino all’agosto 1602, 54 Longhi 1968, ried. 1993, p. 42.
tore aveva immaginato. stato un personaggio di alto rango che non voleva lasciar
trapelare la propria identità, forse Fabrizio Sforza, figlio
quando il cardinale, per mano della sorella Costanza,
nominava Alessandro Raimondi al suo posto ASR, Notai
55 Sul problema si veda il saggio di Augusto Russo
in catalogo.
Non meno complessa è la vicenda delle tele superstiti. Al loro rientro a Napoli si ha notizia che di Costanza Colonna Sforza marchesa di Caravaggio. A.C., Pietro Marefusco, b. 4077, cc. 364, sgg., 2 agosto 56 Pacelli 1984, p. 103 e ora Nappi 2011, p. 234. Sulla
esse fossero ampiamente contese, e questo dà la misura dell’altissimo gradimento di cui godeva 11 BAV, Urb. Lat. 1074, cc. 279v-280r, cfr. Macioce
2010, p. 203, doc. 709 con bibliografia precedente
1602). Di Ludovico Tumulo sappiamo che era di origine
napoletana, dottore in Sacra Teologia, e che il 6 febbraio
tela si veda il saggio di Loredana Gazzara e la scheda in
catalogo.
l’artista. Le reclamavano infatti sia Scipione Borghese, tramite il Gentile, sia il Priore di Capua, per e ora sul problema del gioco d’azzardo Morselli 2018. 1587 fu eletto priore del convento domenicano di San 57 Ma, come nota anche Forgione 2012, p. 394, soltanto
conto dei Cavalieri di Malta193, che il viceré di Napoli, Pedro Fernández de Castro conte di Lemos. Per Marini 2005, p. 118, nota 333; e Marini 2006, p. 15
il motivo del contendere poteva invece essere la gelosia
Pietro Martire a Napoli (Fonti per la storia… 1969,
p. 463).
sei anni dopo il dipinto fu valutato 2000 ducati.
58 Ape 1705, p. 2; Gazzara 2003, p. 53.
Quest’ultimo, su sollecitazione del Borghese, aveva infatti scritto al giudice militare di Toscana per per Fillide Melandroni, amante di Ranuccio Tomassoni 32 Marcucci 2007; Marcucci 2008; Nicolai 2008, 59 Pacelli 1984, p. 68.
cercare di recuperare i dipinti194. Soltanto il 26 agosto 1611, tuttavia, il Gentile riuscì a inviare de- e modella di Caravaggio, ovviamente una cosa non
esclude l’altra.
pp. 284-285.
33 I documenti che attestano il ruolo di procuratrice
60 Vi poneva invece alti steccati Bologna 2004a, pp. 21-
24, contraddetto da Del Pesco 2006, pp. 290-291.
finitivamente il San Giovanni Battista (cat. 28) a Roma; poco prima era scomparso il Priore di Ca- 12 Ricordo che l’artista aveva guadagnato 400 scudi di Costanza Colonna nei confronti del fratello sono 61 Per la storia del Pio Monte ricordo almeno Causa
pua, Vincenzo Carafa195, circostanza che non mi pare casuale. Della Maddalena in estasi abbiamo per le tele laterali della cappella Contarelli, la sua prima
commissione pubblica, una somma ragguardevole. Sui
molteplici, ne cito qui uno inedito che risale al luglio
1603 e testimonia come Costanza svolgesse quella
1970, p. 13; Pacelli 1984, pp. 102-103; Gazzara 2003 e
più recentemente Del Pesco 2006, si veda ora il saggio di
già detto196, il secondo San Giovanni, invece, è stato tentativamente identificato con il San Gio- guadagni di Caravaggio si veda Spear 2010, pp. 33-108. funzione già dal 27 settembre 1600 (ASR, Notai A.C., Loredana Gazzara in catalogo.
vannino sdraiato, un modello molto diffuso nella cerchia dei primi seguaci di Caravaggio a Napoli, 13 Per gli Avvisi del 31 maggio e 3 giugno 1606 si veda
ora Macioce 2010, p. 203, doc. 709 (pubblicato per
Domenico Amodeo, b. 54, 12 luglio 1603), quando la
nobildonna si era da non molto trasferita a Roma.
62 Carlo de Lellis 1666-1668 circa, p. 467, è Pacelli
1984, p. 275 a far risalire il passo del manoscritto a
come documentano le splendide riprese di Battistello (collezione privata) e di Paolo Finoglio (col- primo da Orbaan 1910, p. 73) e p. 204, doc. 713 (reso 34 Bellori, 1672, ed. 1976, p. 225. quest’epoca: “Nell’altare maggiore, che sta in mezzo, è il
lezione privata), fino al dipinto attribuito al giovane Stanzione (Napoli, Quadreria del Pio Monte noto da Corradini 1993, pp. 70-71, n. 81). Esistono poi
due relazioni inviate alla corte di Modena (Macioce
35 Tanzio da Varallo… 2014, con bibliografia. Per le
presenze fiamminghe a Napoli in questi anni ricordo
bellissimo quadro che è una delle più celebri opere fatte
dal famosissimo dipintore Michelangelo Caravaggio nel
della Misericordia)197. Nessuna traccia documentaria lega invece ai quadri della barca il bellissimo 2010, p. 204, docc. 710-711, ma già in Dell’Acqua- Causa 2010. quale si esprimono con giudiziosissimo intreccio tutte le
David e Golia della Galleria Borghese (fig. 21), che, nonostante le opinioni altalenanti, e anche al Cinotti 1971, p. 160, F 77 e Venturi 1910, pp. 282-283),
e una terza alla corte di Firenze (Macioce 2010, p. 204,
36 Su questi problemi si veda la scheda di Marco Simone
Bolzoni in catalogo.
Sette opere della Miseriordia corporale”.
63 Pacelli 1984, pp. 87-98; Cinotti 1983, p. 473.
netto del dato biografico che vede Caravaggio con il volto tumefatto autoritrarsi nella testa mozza doc. 712, reso noto da Fuda 1992, p. 74). 37 Per una ricognizione monografica su Belisario 64 Pacelli (1984, pp. 75-79) insiste su un iter ideativo
del gigante Golia, molto difficile da sganciare dall’aggressione al Cerriglio e dalla sofferenza degli 14 Marcolini 1998.
15 Dell’Acqua, Cinotti 1971, p. 110 F77; Marcolini 1998,
Corenzio, si veda Iannu 2011 e inoltre Bolzoni 2012;
Sickel 2014.
dell’opera complesso, in base al quale Caravaggio
avrebbe aggiunto la Madonna e il volo di angeli che
ultimi mesi, pare dipinto con un pathos, una velocità, una cromia che ricordano da vicino questo p. 32, n. 50. 38 Su questi problemi fa il punto Gazzara 2018, si veda occupano la zona superiore della tela in un secondo
secondo momento partenopeo198. “Invio con questa il quadro di S. Giovanni Battista del Caravag- 16 Mancini 1617-1621, ed. 1956, I, p. 225; Bellori 1672,
ed. 1976, p. 225.
inoltre il suo testo in catalogo
39 Lo testimonia anche il citato resoconto di Masetti,
momento, per volontà dei Governatori.
65 Longhi 1968, ed. 1993, p. 42.
gio … Nella pittura non ho ardito di farvi por mano, benché abbi patito un poco quando è anda- 17 “Petrucci 1982, pp. 388-389. che allude a un imminente rientro a Roma. 66 Del Pesco 2006, pp. 298-299; Loredana Gazzara
to inanzi, et indietro, ed è stato in mano di questi signori. Se l’ornamento è debole e indegno del- 18 Lo attestano inediti documenti del 1608 e 27 agosto
1609 conservati in Archivio di Stato di Roma (d’ora in
40 Il documento è stato Pubblicato da Pacelli 1977,
p. 819, nota 1, si veda ora Nappi 2011.
nel saggio in catalogo.
67 Il testo è citato già da Causa 1970, p. 15; Del Pesco
le sue stanze, accetti in esso, et in tutto il quadro l’ossequio del devoto, et ardentissimo cuore che poi ASR), Notai A.C., Loreto Persico, b. 5718, cc. 14r-v e 41 La lectio del nome segnalato in modi diversi 2006, p. 302. Fa il punto sulla vicenda Loredana Gazzara
lo accompagna”199, in questo rispettoso inchinarsi del vescovo di Caserta alla grandezza del mae- b. 5722, c. 494r, per il 1612 si veda più avanti nel testo.
19 Le scarse notizie sulla passione antiquaria di Marzio
(Radulovic, Radulovich, Radulovich) è normalizzata sul
lemmario del Dizionario Biografico degli Italiani che
nel saggio in catalogo.
68 Anche nelle opere pubbliche romane, Caravaggio
stro, nell’immedesimazione del proprio cuore con l’acerbo e pensoso san Giovannino nel deserto Colonna e la sua collezione di statue nel palazzo ai Santi riporta le notizie biografiche dell’omonimo cardinale, aveva sempre agito tenendo in massimo conto la
è il primo, sentitissimo omaggio della città al suo pittore. Quattrocento anni dopo siamo tutti an- Apostoli si trovano in Petrucci 1982, pp. 388-389.
20 Sulla residenza di Costanza nel palazzo a partire
nipote di Niccolò (Brunelli 2016, che però pensa si tratti
del fratello di Niccolò, mentre Francesco Radulovich
struttura architettonica dell’ambiente che le tele
dovevano decorare, come dimostra il caso della cappella
cora con il fiato sospeso su quella feluca, con quel quadro e con il suo autore. dall’ottobre del 1600 e fino al 4 ottobre 1606, quando era figlio di Marino, fratello di Niccolò, cfr. Denunzio Cerasi le cui tele furono rifatte dal Merisi per adattarsi
partì per Milano, si veda Berra 2005, pp. 303-305. 2009, p. 187, nota 6). Il documento è stato pubblicato da alle nuove dimensioni della cappella (Spezzaferro 2001).
21 BAV, Urb. Lat. 1080, c. 270 r-v, pubblicato da Orbaan Pacelli 1977, p. 819, nota 1, si veda ora Nappi 2011. 69 Questa anche l’impressione di Bellori 1672, ed. 1976,
2010, p. 202. 42 Denunzio 2009, p. 175, cui si deve il più importante p. 225.
22 Che sia stata questo il primo rifugio di Caravaggio profilo del Radulovich. 70 Pacelli 1984, pp. 228-229.
è ipotizzato anche da Marini 1990, p. 9 e 2001, p. 68 e 43 ASBNa, Banco di Sant’Eligio, Giornale di banco, 71 Per la datazione della tela, su cui si veda Causa 2000,
da Berra 2005, pp. 305-306 e ancora Marini 2006, p. 16 matricola 31, 11 settembre e 13 settembre 1606. p. 210 e il saggio di Augusto Russo in catalogo, rimando
(secondo il quale l’artista non ci arrivò con le sue gambe, 44 Si veda il saggio di Loredana Gazzara in catalogo. a Porzio 2011 e Mauro Vincenzo Fontana 2014.
58 59
72 Per il percorso critico sul tema rimando al saggio identificazione del dipinto con la tela attribuita a di Gregori 2010, che ritiene il dipinto realizzato per il indagini sulle tele viennesi http://web.fu-berlin.de/ 160 Personaggio poliedrico, medico, erudito, e dunque farlo ricoverare sotto l’ala protettrice del
di Augusto Russo in catalogo. Caravaggio, conservata a Palazzo Bianco di Genova, conte di Villamediana a Napoli tra il 1606 e il 1607, e di giove/restoration/01_tech_roentg.html dove si rileva matematico, architetto e fervido trattatista, il Gallaccini granduca di Toscana.
73 Nappi 2011, pp. 234-235. si veda Vannugli 2009, pp. 270-274. Per una nuova W. Prohaska, in Prohaska-Swoboda 2010, pp. 94-98, che tecnicamente sono riscontrabili affinità anche con conosceva molto bene la città, essendo tra l’altro autore 179 La Fauci, Anastasia 2001, p. 35; per il documento
74 ASBNa, Banco dello Spirito Santo, giornale di banco, collocazione del dipinto di Genova al periodo siciliano che invece pensa a un’esecuzione intorno al 1601. D’altra la Flagellazione di Capodimonte. Per una datazione di un trattato che si occupava precisamente del porto, Macioce 2010, p. 254, doc. 873.
matricola 44, 28 aprile 1607: “A Geronimo Mastrillo Orlando 2019. In ogni caso, la tela genovese difficilmente parte, Prohaska retrodata vertiginosamente agli anni alta della Madonna del Rosario si sono recentemente Sopra i porti di mare rimasto manoscritto come molta 180 Di questa opinione è Pacelli 2002 e Pacelli 2014 ,
D(ucati) 30. Et per lui a Michel’Angelo de Caravaggio, può essere identificata con il dipinto realizzato per i centrali del soggiorno romano anche la Madonna del pronunciati Prohaska 2010 e Spinosa 2016, p. 27. parte della sua produzione (Siena, Bibliotcea Comunale pp. 349-350, ma anche Fabbri 2010, p. 51.
d(it)e per comp(imen)to di un quadro con l’Im(m) Massimo: il recente confronto dell’opera con la tela Rosario di Vienna. Nel catalogo del Kunsthistorisches 133 Il ritratto del Benavente è stato individuato da degli Intronati, ms. LIV.3, cc. 1r-46v, si veda Cosentino 181 Biblioteca Apostolica Vaticana (BAV), Urb. Lat.
ag(in)e di S. G(erola)mo [lectio controversa: Nappi del Cigoli (Firenze, Palazzo Pitti) proposto alla mostra Museum di Vienna il David e Golia è registrato per Simal Lopez 2002, pp. 35, 44 e accostato al ritratto da 1998). Documenta il profondo rapporto di amicizia che 1078, cc. 537r e 562r (Orbaan 1920, pp. 175-176);
scioglie in “Gennaro”] che li ha fatto et consig(na)to, parigina “Caravage à Rome” ha evidenziato la difficoltà a la prima volta nel 1730. Si trovava probabilmente Denunzio 2004, pp. 53-54. Su tutta la questione si veda legava Mancini a Gallaccini il carteggio familiare che oppure Borg. Lat. 1078, Avvisi, cart. 537 e Barb. Lat.
atteso il remanente l’ha ricevuto in co(ntanti). E (per) pensare i dipinti eseguiti per una comune tenzone. in vendita nella città austriaca nel 1667 quando anche Denunzio 2009. evidenzia l’amicizia di Teofilo con il fratello di Giulio, 1078, Avvisi, c.562 (Corradini 1993, pp. 104-106);
lui a Gio. Battista Caracciolo per altr(itan)ti a lui” (Nappi 89 Longhi 1959, pp. 21-32. Per un passaggio apparteneva alla collezione Imstenraed (Garas 1981). 134 Denunzio 2004, pp. 53-55 e Denunzio 2009. Deifebo (Maccherini 1997, p. 83) (20 novembre 1608). Macioce 2010, pp. 260-261 doc. 890, riporta entrambe
2011, pp. 233-235, pp. 234-235 con altra trascrizione, si ottocentesco della tela in Inghilterra si veda Teza 2016 e 116 Sul Villamediana esiste uno studio bibliografico 135 Simal López 2002, p. 44. La letteratura su Gallaccini comincia a essere piuttosto le segnature.
veda quindi Terzaghi 2014, p. 36). la scheda in catalogo. di Pérez Cuenca, de la Campa 1996, pp. 1211-1222. 136 Denunzio 2004, p. 54. abbondante, nonostante molta parte dei suoi scritti sia 182 BAV, Urb. Lat. 1078, cc. 537r e 562r (Orbaan 1920,
75 Nappi 2011, p. 234; Terzaghi 2014, pp. 36-37 e 48, 90 Marini 2005, pp. 523-525, non tenendo conto di Ricordo per le vicende storiche Cotarelo 1886; Rosales 137 Simal López 2002, p. 42. ancora inedita. A questo proposito, ricordo il volume pp. 175-176); oppure Borg. Lat. 1078, Avvisi, cart. 537 e
nota 122. Milicua 2005, pensava addirittura che potesse essere 1969; per i componimenti letterari De Tassis 1944. 138 A favore dell’intervento caravaggesco si schierava Teofilo Gallaccini 2012, che ne traccia anche un profilo. Barb. Lat. 1078, Avvisi, c. 562 (Corradini 1993, pp. 104-
76 Insieme alla Crocifissione di sant’Andrea (Cleveland, questa la Salomè appartenuta al Castrillo. Cinotti 1983, Una primissima edizione dei suoi scritti comparve a per primo Causa 1972, vol. V, tomo II, p. 963. Riassume Il suo trattato più noto Degli errori degli architetti, 106); Macioce 2010, pp. 260-261 doc. 890, riporta
Museum of Fine Arts) e a una Lavanda dei piedi oggi p. 453 valorizzava la traccia della presenza di una: Saragozza nel 1629. le ipotesi Denunzio 2004, p. 55. insieme con alcuni insegnamenti di architettura per entrambe le segnature.
perduta, per la registrazione dei dipinti nell’inventario “Erodiade, che riceve sopra un bacile da un carnefice la 117 Come afferma Ainaud de Lasarte 1947, p. 368, nota 139 ASNapoli, Corporazioni soppresse, b. 1008, c. 180v giovamento degli studiosi di tal professione, e di tutti 183 Al contrario di quello che si riferisce a Onorio
del Lemos: Simal López 2002, pp. 44, 92-93, 105. testa di S. Giovan Battista di Michelangelo Amerighi da 40, senza però indicare la fonte. Conosciamo la raccolta si veda recentemente Macioce 2010, p.  269, doc. 921, quelli che hanno bisogno di fabricare (Londra, British Longhi, anch’egli condannato per l’omicidio Tomassoni
Per l’attribuzione del San Gennaro a Finson: Capitelli Caravaggio” nell’inventario del principe di Lichtenstein del Villamediana dalle parole di Carducho 1633, ed. con completa bibliografia. La Circoncisione è stata sot- Library, King’s Mss., 281, 1 ed. Venezia 1767) composto e graziato da Paolo V nel marzo del 1611 (ASR,
2010, p. 382; Denunzio 2013, pp. 46-47, fig. 2. Per il (Fanti 1767, p. 24, n. 31) che fu venduta a Parigi. Per 1979, p. 435, che narra come alcune sue opere vennero toposta ad indagini diagnostiche nel 2007. I risultati, entro il 1625, era dedicato appunto a Giulio Mancini. Tribunale Centrale del Governatore, Miscellanea
possibile nesso con san Gennaro ricordo che la cappella una recente datazione dell’opera al secondo soggiorno acquistate dal principe Carlo Stuart durante il suo mai pubblicati, sono oggetto di una accurata relazione 161 Mancini 1617-1621, ed. 1956-1957, I, p. 340. Longhi Artisti, 106, cc. 1 r-v, 3r; Bertolotti 1881, II, pp. 75-75
del palazzo di Montesanto nel nolano, di proprietà del napoletano si veda Forgione in Pacelli 2014, p. 405, viaggio in Spagna nel 1622. L’inventario della raccolta che lascia in dubbio la possibilità di un doppio interven- 1943, pp. 36-37, nota 23 segnalava il passo ritenendo che e più recentemente Macioce 2010, pp. 263-264, doc.
Mastrilli, era stata in un primo momento dedicata al Terzaghi 2016, mentre arretra la data Papi 2016 , p. 27. non è stato però sinora rintracciato. Sulla morte del to nel dipinto. il testo della postilla fosse dello stesso Giulio Mancini. 899, senza data e 14 marzo 1611).
patrono di Napoli, quindi a Giuda Taddeo (Nappi 2011, 91 Il Museo abbaziale…2016. Villamediana, che avvenne in circostanze poco chiare la 140 Lo sosteneva Calvesi 1990, pp. 352-335. Bologna Fu smentito da Mahon 1947, pp. 285-286, nota 16 e 184 Baglione 1642 , p. 139; Bellori 1642, ed. 1976,
p. 234). La perduta Lavanda dei piedi, presenta un 92 Lo documenta il percorso dell’artista tracciato da sera del 21 agosto 1622, si veda Alonso Cortés 1928, e 2004a, p. 28, pensa invece possa trattarsi del dipinto quindi da Adriana Marucchi in Mancini, 1617-1621, ed. p. 228.
tema generalmente estraneo alla pittura caravaggesca. Causa 2000, pp. 180-181. Stradling 1993, pp. 11-17. La fine del conte ispirò anche che Caravaggio avrebbe dovuto realizzare per il duca 1956-1957, I, p. 340. Mia Cinotti 1983, p. 572, scheda 185 Morselli 2012, p. 1125.
Essa trova invece un’eco a Napoli nel bel dipinto di 93 Sul rapporto del giovane Stanzione con Battistello il dipinto di Manuel Castellano, Morte del Conte di Cesare d’Este. 112, riporta l’iter critico della postilla, indicando già 186 ASMn, Archivio Gonzaga, b. 994, 1 maggio
analogo soggetto di Carlo Sellitto, noto in due versioni si veda da ultima Farina 2018b, pp. 118-132. Villamediana, 1868, Madrid. 141 Ma Longhi lo aveva capito, riassumo la questione correttamente l’identità dell’informatore napoletano. 1610, inedito ma disponibile on line http://
recentemente proposte all’attenzione degli studi (Porzio 94 Farina 2018c, pp. 174-177. 118 Fumagalli 1994; Terzaghi in corso di stampa. in Terzaghi 2016. 162 Scaramuccia 1965, p. 75. Il volume era già pronto banchedatigonzaga.centropalazzote.it/collezionismo/
2018c, pp. 91-92) e ovviamente nello straordinario 95 Papi 2001c: Porzio 2018, pp. 94 e 96. 119 Bellori 1672, ed. 1976, p. 232. 142 Pacelli 1977, p. 829. nel 1666 (Giubbini 1965, pp. 7-11; e ora Iomelli index.php?page=Visualizza&carteggio=10094.
Battistello della Certosa di San Martino. 96 ASBNapoli, Banco dello Spirito Santo, giornale di 120 Per la corretta trascrizione e la bibliografia 143 Si trattava di Storie della Passione eseguite in 2017/2018, p. 211). Oltre a una serie di rapporti con Al principio di settembre del 1609, Marcantonio
77 Terzaghi 2014, pp. 36-37. banco, matricola 44, 11 maggio 1607, pubblicato per precedente, si veda Pacelli 2014, p. 93. tutto o in parte a Messina (Saccà 1907, VIII, p. 64 il importanti personalità intendenti di arte, attive a aveva dato il via all’inventario dei beni del palazzo in
78 ASBNapoli, Banco di Sant’Eligio, Giornale di primo da Pacelli 1977, p. 820 su segnalazione di Eduardo 121 Un’annotazione a margine del verbale della già documento è purtroppo oggi irreperibile). Napoli, quali il camilliano Domenico Regi (Iommelli vista della sua partenza per la Spagna (Orbaan 1910,
banco, Matricola 31, 27 febbraio 1606: “A Geronimo Nappi e ora Nappi 2011, p. 235. La lacuna è riportata citata seduta per la quale si veda Archivio del Pio Monte 144 BAV, Urb. Lat. 1077, c. 529r, pubblicato da Orbaan 2017/2018, pp. 213-214), Scaramuccia fu egli stesso nella p. 149), già in quel frangente si sapeva che il palazzo
Mastrillo ducati 34 3.16 per lui a Stefano de Felice per come tale nel pagamento. della Misericordia, seduta del 27 agosto 1613, c. 42v 1910, p. 157. città partenopea dove incontrò Lanfranco (Iommelli era destinato al cardinal Gonzaga, prima di lui il 20
tante … di canottiglie d’oro et argento palmi 6 d’ormesino 97 Pacelli 1977, p. 280. e 57: “Che sia lecito al Signor Conte di Villamediana 145 Bellori 1672, e. 1976, p. 228. 2017/2018, p. 216). Il pittore venne straordinariamente giugno 1609 erano state condotte trattative con
bianco con oro et palmi 44 di trenette et bottoni 44 già 98 Bellori 1672, ed. 1976, p. 225. farsi copiare il quadro dell’altare maggiore per mano 146 Maccherini1997, p. 83, doc. 15: “Michelangelo colpito dal Cristo flagellato di Jusépe de Ribera Francesco di Castro non andate a buon fine proprio
date per servitio di D. Beatrice Caracciolo sua moglie”. 99 De Lellis 1654-1688, ms. X B 20-24, II, cc. 367-368, de Santafede” (Pacelli 2014, p. 106, nota 76, nella da Caravaggio si dice che assaltato da 4 in Napoli e conservato nella quadreria dei padri oratoriani perché il Gonzaga aveva avuto la meglio (Orbaan 1910,
79 Pio Monte della Misericordia 2015, p. 19. il manoscritto si fa genericamente risalire al 1654-1688. trascrizione ho sciolto le abbreviazioni). temono che sia stato sfregiato. Il che se fusse vero Girolamini (cat. 11; Iommelli 2017/2018, pp. 167-169). p. 143). Le trattative furono complicate e il palazzo
80 De Dominici, ed. 2003, I, p. 971. Riporto qui il passo dedicato alla cappella de Franchis: 122 Di questa opinione anche Pacelli 2014, p. 93, che sarebbe un peccato e duol[…] a tutti. Dio faccia che non 163 Scaramuccia 1674, p. 75. Un’ampia e articolata affittato “con riserva di un certo appartamento per
81 La datazione della tela non è univoca, ma ha oscillato “seguita appresso della sopradetta la maestosa e vaga ricorda anche il possibile ruolo di Tiberio del Pezzo, sia”. Baglione, 1642, pp. 138-139, parla genericamente riflessione su questo passo e sul rapporto di la guardarobba” (Orbaan 1910, p. 149). Credo fosse
tra il primo e il secondo soggiorno napoletano. Alla cappella de Signori Franchi de Marchesi di Taviano, e anch’egli membro dell’Accademia degli Oziosi e tra i dell’assalto di un “suo nemico”. Scaramuccia con Napoli è ora in Iommelli 2017-2018, la guardarobba di Ascanio Colonna di cui dà notizia
mostra Caravaggio l’ultimo tempo 2004 , pp. 109-111, Duci d’Ascoli e di Longano, la qual Cappella servirà per governatori del Pio Monte. 147 Maccherini 1997, p. 83, doc. 17. pp. 213-214.  un altro Avviso del 1608, subito dopo la morte del
l’opera figurava, a mio avviso correttamente, prima lo Tesoro delle Reliquie, che si conservano in questa 123 Per il dipinto sottostante il David di mano 148 Non conosciamo la data di nascita del Fenaroli, che 164 Recentemente M. di Mauro, in Pacelli 2014, p. 438. cardinale: “Non ha dubbio che il detto Cardinale ha
della Flagellazione di Capodimonte. Per il dibattito Chiesa in vero bellissima così per la sua ampiezza, e per fiamminga, Terzaghi 2013, p. 31. Come ha giustamente alla sua morte, nel 1616, aveva lasciato ben 1000 ducati Hilaire 2015b, pp. 102-103, che individua in un’incisione lassato una delle belle guardarobbe, che sia in Roma e
recente: Christiansen 2004; Forgione 2012, pp. 395-396; la quantità e bellezza de marmi, che in essa sono, come argomentato Gianni Papi (2014, pp. 57-74), il prototipo alla chiesa (la data di morte di ricava da Platea, seu di Dürer la fonte di Finson. la stimano sopra 100 mila scudi et una libreria stimata
Giuditta decapita Oloferne 2013; Hilaire 2015a, pp. 50- per la vaghezza dell’Architettura, con la quale sono del Merisi doveva risalire al secondo soggiorno a Napoli fondatione… 1626, p. 52). 165 Iommelli 2017-2018, p. 169. oltre 30 mila scudi et infiniti argenti (BAV, Urb. Lat.
51; Papi 2016; Benay 2017; Spear 2018; Terzaghi, in composti. Vedesi nell’Altare il quadro di Christo legato e forse essere identificato col quadro che Caravaggio 149 Platea, seu fondatione… 1626, p. 25. 166 Porzio 2014c e cat.23. 1076, cc. 349v-350r, cfr. Orbaan 1910, p. 277). Come
corso di stampa. Dell’opera esistono tre copie antiche: alla Colonna di dodeci, et otto palmi del famoso Pittore aveva sulla barca e che rientrò a Napoli dopo che l’artista 150 La prima cappella fu venduta per 400 ducati ad 167 Sulla vicenda si veda qui avanti nel testo. Della è noto la biblioteca di Ascanio fu acquistata dal duca
una di esse conservata a Digione, Musée des Beaux Arts Michel da Caravaggio stimata la più bell’opera, che fu arrestato a Palo durante il tragico viaggio di rientro Antonio Bonelli nel 1593, si trattava della seconda Maddalena la cui identificazione è ancora dubbia, Altemps per una cifra assai inferiore, 13.000 scudi
attribuita a Louis Finson (Porzio 2013, p. 86), un’altra già mai fatto habbia questo Illustre Dipintore”. Pacelli a Roma nel luglio del 1610 (ne parleremo ancora), cappella a destra (Platea, seu fondatione… 1626 p. 47). esponiamo qui le due copie firmate da Louis Finson (Orbaan 1910, p. 284).
già in collezione Back-Vega recentemente pubblicata 2014, p. 275 fa risalire la citazione delle Sette opere di piuttosto che con il quadro che le fonti ricordano 151 ASNa, Archivi Notarili, Archivi dei notai del una di esse datata 1613 circa (cat. 26). Per la possibile 187 Sottolinea l’importanza di Virginio Orsini e i suoi
come autografa in seguito al restauro (Papi 2017; di Misericordia del De Lellis al 1666-1668. eseguiti nei feudi di Paliano nel 1606. Per la possibile XVII secolo, Notaio Giovanni Bernardino de Iuliano, identificazione dell’originale caravaggesco si veda Scanu legami di parentela Fabbri 2010.
diversa opinione Spear 2018), la terza conservata al 100 Pacelli 1977, pp. 820-825. identificazione dell’originale con due dipinti di collezione protocollo 800/2, cc. 361r-363v, cfr. Platea, seu 2018 e Gregori 2018. 188 ASMn, Archivio Gonzaga, b. 993, 24 aprile 1610
Museo di Toledo venne probabilmente eseguita in 101 Pacelli 1977, pp. 820-825; Cinotti 1983, p. 469. privata si veda ora Caravage à Rome… 2018, pp. 179-181. fondatione… 1626, p. 61. 168 Pacelli 1991, p. 168. Ho personalmente (Chambers 1987, p. 133, nota 156).
Spagna (Terzaghi in corso di stampa). Ha recentemente ripubblicato i documenti relativi 124 Come risulta dal testamento di Finson e da una 152 ASNa, Archivi Notarili, Archivi dei notai del ricontrollato il documento disponibile ora solo nella 189 Bellori 1672, ed. 1976, p. 228.
82 L’opera è stata identificata con quella che oggi si a San Domenico, Ranieri 2017, che ringrazio molto per serie di altri documenti resi noti da Bodart 1970 (per un XVII secolo, Notaio Giovanni Bernardino de Iuliano, versione digitale poiché l’intero volume è in restauro. 190 Baglione 1642, p. 139.
trova in San Domenico Maggiore a sostituire il quadro di avermi messo a disposizione il suo lavoro. Sulla tela di riepilogo Terzaghi 2013, pp. 36-39). protocollo 800/2, cc. 357r-v. Questo documento è stato 169 Al momento la lettera del cardinale è perduta. 191 ASV, Segreteria di Stato, Napoli, b. 20A, c. 222r-
Caravaggio ora nel Museo di Capodimonte. De Dominici Caravaggio si veda ora Porzio 2017a. 125 “Attorno a Caravaggio”. Il parere espresso sul reso noto per la parte relativa alla cappella Fenaroli da 170 Archivio Segreto Vaticano (d’ora in poi ASV), v (nuova numerazione), Pacelli 1991, p. 168; Macioce
la vedeva nella chiesa della Trinità degli Spagnoli e 102 De Lellis 1654, p. 138. cartellino era quello della proprietà, il Museo non se ne Prohaska 1975. Segreteria dei Brevi, 399, c. 101, 31 agosto 1605, 2010, p. 265, doc. 406.
riporta il dubbio che l’autore fosse Andrea Vaccaro, 103 Porzio 2017b; Cardinali 2018; Terzaghi 2018, assumeva la responsabilità, consegnandolo agli studiosi. 153 ASNa, Archivi Notarili, Archivi dei notai del pubblicato da Maiorino 2008. 192 Nicolaci, Gandolfi 2011.
anziché Battistello. Allo stato attuale degli studi è più pp. 69-70. Per l’attribuzione a Caravaggio di veda ora il sito XVII secolo, Notaio Giovanni Bernardino de Iuliano, 171 Maiorino 2008 (con bibliografia). 193 Lo apprendiamo dalle lettere del Gentile.
prudente mantenere la copia nell’anonimato (sul dipinto 104 Dove ancora la vede Perrotta 1828, p. 45. www.thetoulousecaravaggio.com. protocollo 800/2, cc. 364r-367r. 172 ASV, Segreteria di Stato, Napoli, b. 20A, c. 222r 194 ASNapoli, Lettere dei Viceré, b. 2172, c. 15,
si veda Porzio 2017b; Terzaghi 2018). 105 Celano 1692, III, p. 121, descrive il dipinto di 126 Riepiloga la vicenda Terzaghi 2013; Spinosa 2016. 154 ASNa, Archivi Notarili, Archivi dei notai del (nuova numerazione), Pacelli 1991, p. 168. Nelle 19 agosto 1610, Green-Mahon 1951, pp. 202-204,
83 Stefano Causa ne conta cinque autografe (vedi scheda Caravaggio sulla parete sinistra della cappella. Da allora 127 Spinosa 2016, p. 31 ha ragione nell’indicare che XVII secolo, Notaio Giovanni Bernardino de Iuliano, trascrizioni ho normalizzato maiuscole, minuscole, il documento è andato perduto, ma ne abbiamo la
in catalogo). l’opera mutò più volte collocazione all’interno delle l’unico dipinto realizzato nella cerchia caravaggesca che protocollo 800/2, c. 361v.; Platea, seu fondatione… accenti, apostrofi e punteggiatura, laddove è stato trascrizione, per le notizie che contiene e in particolare
84 Papi, 2001c; Farina 2018, pp. 174-177; Augusto varie cappelle di San Domenico Maggiore fino al 1972 concorda con questo dettaglio è la Giuditta che decapita 1626, p. 48 e 54. Egli era particolarmente legato alla possibile, ho inoltre sciolto le abbreviazioni. il riferimento al San Giovanni Battista che il Lemos
Russo nel saggio in catalogo. Sull’intrigante problema quando venne collocata nel Museo di Capodimonte per Oloferne attribuita al Maestro dell’Incredulità di san chiesa e alla confraternita, tanto che nel 1600 figurava 173 ASV, Segreteria di Stato, Napoli, b. 20A, c. 222r si farà copiare da Baldassarre Aloisi detto Galanino
delle Salomè in rapporto con i “doppi” di Sellitto si veda garantirne una maggior sicurezza. Tommaso della Galleria Porcini (Porzio 2016). tra i governatori (Platea, seu fondatione… 1626, p. 52). (nuova numerazione), Pacelli 1991, p. 168. (sul problema Terzaghi 2010), credo che sia questa
il contributo di Porzio 2018c. 106 Cardinali 2017, p. 43. 128 Questo sembrerebbe il referto delle indagini 155 Platea, seu fondatione… 1626, p. 55. 174 Fabbri 2010, p. 53; Deodato Gentile non era la conseguenza della lettera che su suggerimento di
85 Bellori 1672, ed. a cura di Borea 1976, p. 228. 107 Hanno sottolineato questo aspetto Pagano 1999 tecniche condotte sull’opera da Claudio Falcucci 156 Platea, seu fondatione… 1626, p. 60. comunque nuovo alla politica napoletana, nonostante Gentile, il cardinal Borghese aveva inviato al viceré,
86 Fa eccezione Bologna che propone di identificare e Porzio 2017a che vi vede anche una contaminazione e presentate da Rossella Vodret a una giornata di studio 157 Dopo le parole “sub titulo”, infatti, il documento la fresca nomina. attualmente dispersa.
l’opera citata da Bellori in una terza versione della Salomè del tema dell’Ecce Homo. tenutasi a Parigi, musée du Louvre nel 2016. Sulla lascia uno spazio bianco destinato a essere 175 Fabbri 2010, p. 64. Segnalo che nella 195 Figlio di Fabrizio, conte di Ruvo, cavaliere
con la testa del Battista (Bologna 2004b, pp. 158-159). 108 Sul problema Longhi 1960; Cinotti 1983, p. 545 e vicenda si veda ora www.thetoulousecaravaggio.com. successivamente integrato (ASNa, Archivi Notarili, corrispondenza Gentile / Borghese che ho interamente dell’Ordine dal 1565 e priore di Ungheria. Al priorato di
87 Per l’inventario si veda Bartolomé 1994. Per modernamente Savina 2009; Terzaghi 2016. 129 E in effetti si è ipotizzato che si trattasse dello stesso Archivi dei notai del XVII secolo, Notaio Giovanni spogliato per gli anni 1609-1611 (ASV, Segreteria Capua fu eletto in seguito ai meriti conseguiti sul campo
l’identificazione del dipinto di Caravaggio con quello 109 Ne dettaglia la storia Terzaghi 2018. dipinto, realizzato in seguito con una diversa iconografia Bernardino de Iuliano, protocollo 800/2, c. 361v). di Stato, Napoli, b. 20A e 20B) ricorrono numerose di battaglia dove fu particolarmente legato ai Farnese.
citato nell’elenco dei beni del viceré, si veda Milicua 110 Sul problema Capitelli 2010; Denunzio 2013; (Marini 2005, pp. 515-516). Io stessa ho avuto dubbi 158 Il prezzo pagato dai Cortoni per la cappella fu di missive circa l’ingresso e l’uscita dei due viceré. 196 Al primo apparire della Maddalena in estasi
1999, pp. 138-141; Milicua 2005, pp. 80-85; Terzaghi Terzaghi 2013; Terzaghi 2018. Si sofferma sulla in tal senso (Terzaghi 2014, pp. 515-516). 500 ducati. Per le tele, traslate a Monteoliveto, Mostra 176 Fabbri 2010, p. 53. scoperta da Mina Gregori nel 2014 (Gregori 2018) essa
2016. Resta incerta la genesi della Vita di Caravaggio questione anche Farina 2018a, in particolare pp. 95-97. 130 Dell’Acqua, Cinotti 1971, p. 161 F 83, il documento didattica di Carlo Sellitto 1977, pp. 129-133. Si veda 177 ASV, Segreteria di Stato, Napoli, b. 20A, c. 222r risultava accompagnata da una carta detta seicentesca
di Giovan Pietro Bellori. Una prima versione era già 111 Per il documento di affitto della casa forse a piazza più volte pubblicato è ora on line nel sito www. inoltre Platea, seu fondatione… p. 62 e il documento (nuova numerazione), Pacelli 1991, p. 168. che riportava la seguente iscrizione: “Madalena reversa
composta nel 1645 (Borea 2000), tuttavia non sappiamo Carità, si veda Pacelli 1980, p. 29, nota 4 e Porzio 2013, banchedatigonzaga.centropalazzote.it di allogagione della cappella: ASNa, Archivi Notarili, 178 Pacelli 1991 e Pacelli 2002, sostiene l’ipotesi che di Caravaggio a Chiaia ivi da servare (o portare, ndr) pel
in che forma. E’ molto probabile che le descrizioni p. 53; sul rapporto di Caravaggio con Vinck e Finson, 131 Terzaghi 2013, p. 30. Archivi dei notai del XVII secolo, Notaio Giovanni la morte di Caravaggio non avvenne a Porto Ercole beneficio del Cardinale Borghese di Roma”. Sul dipinto
delle opere napoletane siano frutto dell’osservazione Terzaghi 2013. 132 Riassume la questione tecnica De Ruggeri 2016, Bernardino de Iuliano, protocollo 800/2, cc. 369r, ma a Palo, e fu frutto di un complotto ordito ai danni Treffers 2016 e Dentro Caravaggio 2017.
diretta che poté avvenire durante il viaggio del 1661 in 112 Sul viaggio si veda il saggio di Keith Sciberras in p. 116, secondo cui la tecnica della Madonna del sgg. Il primo quadro fu commissionato a Sellitto il 28 dell’artista dai cavalieri di Malta con la complicità 197 Su questi problemi da ultima Farina 2018.
compagnia di Nicolas Parisot. catalogo. Rosario è simile a quella della Crocifissione di san Pietro luglio 1608, segno che i lavori per la cappella volgevano di Costanza Colonna Sforza e dello stesso cardinale 198 Come pensa Coliva 2004, ma non, ad esempio,
88 Esso può forse essere identificato con quello 113 Iasiello 2002, p. 361, nota 39; Morselli 2002, p. 73. della cappella Cerasi, e per questo andrebbe collocata al termine. I pagamenti per la decorazione continuano Scipione Borghese; Robb 1998, ed. 2001, pp. 517-525 Papi 2016.
menzionato dallo stesso Bellori, che lo ricorda 114 Ricostruisce recentemente la vicenda Terzaghi all’altezza dell’esecuzione delle tele della cappella, cioè fino al 19 maggio 1612. concorda con l’ipotesi escludendo però dalla congiura 199 ASV, Segreteria di Stato, Napoli, b. 20B,
originariamente dipinto a Roma per la famiglia 2013, pp. 37-41. intorno al 1602. Più prudenti le considerazioni fatte 159 De Dominici 1742-1745, ed. 2003, I, p. 981; Celano il cardinal Borghese; Fabbri 2010, pp. 53-54 ipotizza che cc. 352r-v. Pacelli 1991, pp. 169-170; e ora Macioce
Massimo e quindi esportato in Spagna. Per la possibile 115 Cinotti 1983, pp. 549-550, con gli aggiornamenti nel data base costruito per illustrare i risultati delle 1692, III, p. 9. Gli affreschi sono perduti. i protagonisti di questa storia volessero salvare l’artista 2010, pp. 264-265, doc. 901.

Potrebbero piacerti anche