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13/5/2020 La definizione di Trasimaco

Ironia
Il retore romano Quintiliano (I secolo d. C.) definisce l'ironia come una figura del linguaggio o
tropo in cui contraria ostenduntur (Institutio oratoria, VIII, 6.54), cioè nella quale si deve
intendere il contrario di ciò che letteralmente si dice.

Questo senso della parola "ironia" è arrivato fino a noi, sia nel caso in cui questa figura è usata
per prendere urbanamente in giro gli interlocutori, sia quando è usata per denunciare
velatamente l'incommensurabilità del singolo alla realtà, cioè la sua difficoltà ad adeguarsi e a
ritrovarsi in un mondo che gli è estraneo. Questo è il caso dell'ironia romantica, come descritta,
per esempio, dal filosofo danese Kierkegaard (XIX secolo).

Nel greco del V secolo, il significato primario di eironeia non era quello riportato da Quintiliano ma
quello che ritroviamo in bocca a Trasimaco nel I libro della Repubblica, e cioè "dissimulazione" o
"finzione" finalizzata ad ingannare. Il "fare finta" per gioco o per scherzo, tipico di Socrate, era
solo un significato secondario. Oggi noi intendiamo "ironia" al modo di Quintiliano e non a quello
di Trasimaco solo in virtù del rovesciamento dovuto alla durevole impressione che il
comportamento di Socrate produsse sui contemporanei.

Gregory Vlastos, che si interroga sulla figura di Socrate nel suo libro Socrates. Ironist and Moral
Philosopher, Cambridge, Cambridge U.P., 1991 (trad. it di A. Blasina, Socrate, il filosofo dell'ironia
complessa, Scandicci, La Nuova Italia, 1998) pensa che la sua ironia non possa ridursi a ironia
semplice. Socrate si dice ignorante: infatti non espone né scrive mai una propria filosofia. Ma,
nello stesso tempo, è persona capace di affrontare la morte in nome della conoscenza.

Se si riducesse l'ironia socratica ad ironia semplice, dovremmo dire che Socrate fa finta di essere
ignorante ma in realtà è sapiente. Ma questa affermazione ci farebbe perdere un aspetto
importante della figura speculativa di Socrate, vale a dire il suo uso dell'elenchos(confutazione),
che comporta che ogni discussione cominci con premesse esplicitamente poste, e non con
l'affermazione di una verità data per indiscutibile e nota.

Per questo Vlastos introduce la figura dell'ironia complessa: a differenza dell'ironia semplice, ove il
senso letterale di ciò che si dice è falso, nell'ironia complessa il contenuto superficiale è vero in un
senso e falso in un altro. Socrate è ignorante in senso letterale, ma è sapiente in un altro e più
profondo senso, e cioè perché le sue confutazioni, e soprattutto il modo in cui le compie, servono
a dare avvio a un cammino verso la conoscenza che ognuno deve compiere da sé.

https://btfp.sp.unipi.it/dida/resp/ar01s07.xhtml 1/1

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