Sei sulla pagina 1di 4

Il Buddhismo

Di G. Pasqualotto
La verità si cerca attraverso la via di mezzo, cioè lontano sia dall’esaltazione che
dalla mortificazione dei piaceri del corpo. Queste due vie nocive distraggono dalla
ricerca.
L’insegnamento di Buddha nasce dall’esperienza umana del dolore, non c’entra Dio.
Gli insegnamenti di Buddha sono universali perché rivolti a ogni tipo di essere
umano, che ha la possibilità di risvegliarsi.
Elementi originali del Buddhismo rispetto all’Induismo:
1) Nella teoria, l’idea di an-atman non esiste sostanza autonoma, poiché tutto è
costituito da continue connessioni tra di sé. Non esiste identità individuale
nemmeno per gli esseri umani, ognuno è una complessa molteplicità: ecco
perché è preferibile la vita in comunità di monaci e amici.

La corretta conoscenza di questo è legata ad una corretta condotta morale.


Bisogna essere capaci di guardare oltre a sé (atman): in tal modo Buddha
preclude ogni possibilità di azioni malvage di ogni tipo.

L’idea di an-atman non va compresa, ma incorporata attraverso la pratica di tutti


i giorni: meditazione, respiro, ascolto, silenzio, lavoro, osservazione,
cooperazione nel lavoro, gesti. Una volta che l’an-atman è incorporata, va
esercitata all’interno della comunità. Essa è perciò molto di più che una “rete di
individui”.

2) Nella pratica, l’universalità del messaggio gli induisti ritenevano determinanti


le differenze sociali.

3) Atteggiamento non metafisico il Canone Buddhista non è un testo sacro,


perché è frutto di un’esperienza umana e perciò non racchiude tutta la verità.

4) Atteggiamento nei confronti delle verità essa esiste, ma non è unica, eterna,
assoluta. La ragione umana è limitata e non può spiegare ciò che va al di là
dell’esperienza (metafisica). Buddha non si pronuncia sulle grandi questioni
metafisiche per questo motivo: non è nichilista!

1
5) È inappropriato parlare di clero Buddhista i monaci sono solo persone che
hanno percorso la strada della verità prima e insieme agli allievi. Il monaco non è
depositario della verità, ma guida verso di essa. Non è padre, ma amico
spirituale.
Il Buddhismo non vuole perciò chiarire questioni metafisiche, ma accrescere,
attraverso la ragione e le sperimentazioni, la consapevolezza del proprio dolore per
poterlo combattere. È perciò fondamentale l’etica.
Bisogna essere benevolenti senza discriminazione, condividere il dolore e la gioia
degli altri (compassione);
Esistono due livelli di verità:
1) Livello relativo della verità si raggiunge praticando con sforzo le norme
dell’Ottuplice sentiero e praticando quindi un giusto comportamento morale.
Come punto di partenza, è fondamentale la corretta conoscenza dell’an-atman.

2) Livello assoluto della verità si raggiunge attraverso l’illuminazione, ed è


riservata ai pochi che praticano un giusto comportamento morale senza sforzo; si
realizza che l’Ottuplice Sentiero è privo di sostanzialità, così come la realtà stessa.

Concludere l’Ottuplice Sentiero, e quindi capire l’insostanzialità della realtà, è


possibile esercitando l’attenzione: al respiro, attraverso varie posizioni del corpo;
alle condizioni della mente, liberandola da fattori nocivi; agli oggetti della mente;
al sovrasensibile.

Si giunge ad uno stato di coscienza (Samādi) eccezionale, in cui non si


percepiscono discriminazioni alcune, neppure nel ciclo delle esistenze (Samsāra).
È uno stato di liberazione da ogni contingenza (Nirvāna), in cui si continuano a
vivere le sensazioni, ma senza alcun attaccamento a nessuna esperienza.

Non importa raggiungere il Nirvāna per ottenere benefici dalla meditazione.


I comportamenti morali, comunque, si intrecciano sempre con le riflessioni teoriche,
come il modello a rete. Esso si basa su alcune teorie:
1) TEORIA DEGLI AGGREGATI: il soggetto non è un semplice individuo, ma una
struttura articolata, costituita da 5 livelli di aggregazioni. Le singole componenti
non sono solo interrelate, ma sono anche legate tra di loro da implicazioni
reciproche.

2
2) TEORIA DELL’ANATMAN: la realtà non è rappresentabile come sistema di
sostanze, ma come rete di relazioni.

Secondo Buddha, nessun atman non rappresenta una realtà sostanziale e


autosufficiente:
 Né inteso come sé individuale può avere coscienza di sé solo in relazione
all’atman assoluto.
 Né come sé assoluto (Brahman) concepibile solo in relazione alle sue
infinite manifestazioni.
Nessuna realtà può pretendere di essere autonoma e indipendente, come puro
atman. Ogni realtà è legittima, ma nessuna è assoluta!

Inoltre, la realtà è frutto di relazioni tra termini che sono già di per sé delle
relazioni: ogni relazione esiste perché esistono le altre. Non esiste una materia
priva di forma, così come non esiste una forma priva di materia.

Il modello a rete è dinamico: non è efficace la rappresentazione di una rete di


punti e linee separate e immobili, quanto piuttosto un modello elastico, in cui le
interconnessioni e i movimenti siano strutturali e i flussi siano continui.

3) TEORIA DELLA COPRODUZIONE CONDIZIONATA: Ogni realtà è insieme si


condizionata che condizionante: può essere considerata nella sua individualità
solo se si è consapevoli che si tratta di un’astrazione momentanea. L’analisi
individuale è legittima e importante, ma solo se si ricorda che essa è una parte
dell’an-atman.

Immagine della catena circolare di anelli, ognuno dei quali condiziona l’altro ed è
da esso condizionato. In particolare, thana (desiderio) è sempre causa del dolore.

Se non si conosce questo processo di condizionamenti reciproci, ci si illude che ci


sia qualcosa di sostanziale, autonomo e permanente e si svilupperà
attaccamento alle cose, che sono in realtà an-atman (insostanziali).

Si rimane così intrappolati nel ciclo delle vite (samsāra) e si continua a


pretendere di possedere le realtà del mondo, mentre niente e nessuno può
pretendere di avere un’identità isolata.

3
Come si concilia possibilità di una moralità (libero arbitrio) con il modello a rete
dinamica? Attraverso l’ipotesi dei due aspetti della verità.
L’assunzione di responsabilità e la moralità che si sviluppa a partire dalla Quarta
Nobile Verità è superficiale, ma non è esclusa.
Il giudice deve punire il trasgressore, ma deve essere consapevole che sta
intervenendo a livello di una verità convenzionale: l’errore non appartiene ad un
intero individuo, ma ad una parte della sua complessa personalità.
Sarebbe comunque impossibile intervenire ad un livello più profondo di verità,
perché è impossibile tenere conto dell’infinita rete di cause e di condizionamenti,
che sono oggetto di altre scienze. La responsabilità si allarga fino al punto di
diventare virtualmente infinita.
Le azioni moralmente giuste, in generale, sono quelle che comportano un numero
minimo di conseguenze negative per un numero massimo di condizioni.
L’io deve agire per il meglio pur sapendo che non è autonomo da niente. Non si può
usare il modello a rete dinamica per giustificare un comportamento moralmente
negativo. Se si comprende a pieno il modello a rete dinamica, infatti, si capisce che
esso è responsabile di tutte le azioni morali, tanto positive quanto negative, perché
il soggetto stesso si dissolve in esso.
Non tutti raggiungono questo profondo livello di moralità (ne esistono tre), ma chi
ha concluso l’Ottuplice Sentiero e applica senza sforzo ciò che ha imparato, non si
pone più alcuna questione di moralità delle sue azioni, né negativa, né positiva.

Potrebbero piacerti anche