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Lezione 1 10/10/2016

Partendo dal presupposto che voi siete dei CTF, non siete dei tecnologi alimentari, non siete dei
nutrizionisti o degli operatori sanitari che operano nell’ambito dell’alimentazione, la domanda che
potreste pormi è perché dobbiamo studiare la chimica degli alimenti?
Ho cercato di dare una
risposta a questa ipotetica domanda riportando le linee guida che sull’alimentazione ha pubblicato il
nostro Ministero della Salute. In qualità di CTF, innanzitutto, voi troverete come sbocchi lavorativi
aziende farmaceutiche, aziende che producono integratori alimentari, che sono alimenti, quindi è un
addentellato della chimica degli alimenti; peraltro farete immagino l’esame di Stato e avrete
eventualmente la possibilità di iscrivervi all’Albo e quindi di lavorare in farmacia. Lavorare in
farmacia prevede anche, come ben sapete, la vendita di alimenti. L’alimentazione quindi ha delle
connotazioni con la salute tale per cui un CTF dovrebbe conoscere bene la composizione e le
proprietà dei nutrienti che costituiscono gli alimenti e quindi dovrebbe conoscere la chimica degli
alimenti? Direi assolutamente di sì. Un CTF per la sua formazione in parte chimica, in parte
chiamiamola biologica - con quegli elementi di farmacologia, anatomia, fisiologia ecc.. ha una
doppia veste da un lato del chimico, dall’altro di un operatore che ha a che vedere con la salute,
quindi di un operatore che può avere un risvolto in questo senso.

Vedete alcuni spot delle le linee guida del ministero,


secondo cui “L’assunzione errata degli alimenti, sia in
quantità sia in qualità può portare ad una maggior
insorgenza di patologie”. Quali patologie? Patologie
cronico-degenerative come ipertensione arteriosa ed
obesità, per le quali è facile capire che un’alimentazione
non corretta può portare ad avere patologie. Quindi, si
può pensare che invece un’alimentazione corretta permetta di ridurre i fattori di rischio di queste
patologie. Questa è una cosa che pone in un’ottica di grande importanza la chimica degli alimenti,
perché conoscere la composizione di tutti gli alimenti che abbiamo nella nostra dieta permette di
dare ai nutrizionisti, ai dietologi, ai dietisti e agli operatori sanitari, gli elementi per poi poter
formulare () sulla base della composizione chimica degli alimenti. Quindi, come dire, la conoscenza
e lo studio degli alimenti è di grande importanza a tali fini.

Qui ci sono delle estrapolazioni di queste linee guida del Ministero dove vedete che

- la salute si conquista a tavola imparando a mangiare sano

- una corretta alimentazione è fondamentale per vivere in buona salute e per invecchiare bene

- un’alimentazione sana ed equilibrata è lo strumento utilizzato da dietologi, medici, nutrizionisti
per poter consigliare il consumatore su come potersi alimentare al meglio
- la dieta degli adulti europei risulta ricca di troppi grassi e dovrebbe essere modificata
Tutte queste asserzioni danno comunque la dimostrazione che c’è una stretta relazione tra dieta e
salute, e quindi pongono l’accento sul fatto che è necessario conoscere gli alimenti e quindi poter
sapere quali sono le loro proprietà sia nutritive sia salutistiche.


Ancora, vediamo questi 10 consigli degli esperti, presi dalla direzione generale prevenzione
sanitaria, sempre finalizzati a far capire come gli alimenti siano connessi con un buon stato di
salute.
C’è da dire che in questi ultimi anni c’è stata una vera e propria evoluzione del concetto di
alimento, che ha portato poi a pubblicare i famosi 10 consigli e le linee guida di cui parlavamo
prima. Quale è stata l’evoluzione e in che termini si è verificata? Se voi pensate al passato, ovvero
ai primi due decenni dopo l’ultima guerra mondiale, anche per i Paesi occidentali il problema era
l’approvvigionamento del cibo, ovvero il problema era che non c’era da mangiare.

Quindi, gli alimenti erano considerati importanti in quanto soltanto fonte di nutrienti.

Negli anni ’60 gli alimenti erano visti solo come fonte di sostentamento anche nei Paesi
Occidentali. Questo oggigiorno non succedere più, ma succede ancora nei Paesi in via di sviluppo
(o sotto sviluppati), laddove ancora oggi il problema dell’approvvigionamento del cibo costituisce
una problematica importante. Che cosa c’era infatti in quegli anni collegata agli alimenti? C’erano
le malattie da carenze nutrizionali, c’erano i bambini rachitici perché non mangiavano
sufficientemente alimenti ricchi di calcio, c’erano persone che avevano carenze vitaminiche
conclamate. Oggigiorno le carenze conclamate non ci sono più nei Paesi Occidentali, a meno che
non ci siano dei disturbi alimentari, come per esempio l’anoressico ovviamente mostra carenze
conclamate. In questa evoluzione, dopo che il problema dell’approvvigionamento alimentare è stato
superato (e quindi oggi usciamo di qua andiamo al supermercato e troviamo un mare magnum di
prodotti alimentari) non abbiamo più carenze conclamate ma sub carenze che sono marginali,
sfumate, che non sfociano in patologie vere e proprie gravi, ma che sfociano in problemi marginali
di salute.

Quindi, gli alimenti non coprono più solo il fabbisogno energetico, bensì sono visti come fonti
di micronutrienti.

Oggigiorno le sub carenze infatti si verificano sui micronutrienti, e questo perché ad esempio ci
possono essere degli stili di vita sbagliati. Ad esempio l’abuso di alcool, oltre a vari problemi che
comporta, può portare a delle carenze di Vit del gruppo B, come anche il fumo e il consumo di
droghe. Altro aspetto sono le diete dimagranti del tutto squilibrate, come quelle a base di uno o due
alimenti, che possono portare a carenze marginali. Quindi gli alimenti, oggigiorno, sono visti non
tanto per il loro contenuto di macronutrienti, ovunque ci giriamo troviamo alimenti in grado di
soddisfare il fabbisogno di macronutrienti, ma sono importanti soprattutto per l’assunzione di quei
micronutrienti la cui assenza può portare a sub carenze o carenze estremamente specifiche per il
singolo nutriente. In questa evoluzione, gli alimenti sono portatori di nutrienti, ma anche di
micronutrienti e ancora più recentemente, ovvero negli ultimi decenni, si è visto che gli alimenti
portano dei componenti ulteriori che non sono nutrienti in senso stretto, ovvero non soddisfano un
bisogno nutritivo. Per esempio, l’acqua soddisfa il fabbisogno idrico, i sali minerali quello salino, le
vitamine quello vitaminico, le proteine il fabbisogno di AA (questi sono alimenti che soddisfano
bisogni nutritivi). Oltre a macro e micro nutrienti, si è sviluppato questo filone di ricerca che
riguarda le sostanze bioattive che non sono nutrienti, ma sono sostanze che hanno effetti positivi
sulla salute. Stiamo parlando di sostanze come i polifenoli, le antocianine (polifenoli presenti nella
frutta rossa), fitosteroli, che sono steroli presenti negli alimenti di origine vegetale, la fibra, che è
fatta da carboidrati non digeribili (quindi non sono fonte di nutrienti, ovvero non sono fonte di
glucosio). Tutte queste sono sostanze bioattive che sono presenti negli alimenti insieme ai
nutrienti tradizionali macro e micro nutrienti, che però sono molto importanti. Nello studio
della chimica degli alimenti è anche importante studiare la composizione di sostanze bioattive
perché esse giocano un ruolo importante nella salute di chi consuma questi alimenti. Quindi
abbiamo visto i nutrenti macro e micro. 
Il Ministero della Salute ha messo a punto i LARN, i
livelli di assunzione raccomandata, per la popolazione, dove c’è scritto per ogni fascia della
popolazione quanto di tal nutriente (Vit D, calcio, Proteine, acidi grassi omega 3, carboidrati) deve
assumere. Abbiamo il lattante che beve il latte materno ed ha certi fabbisogni, c’è la donna in
gravidanza, il bambino nell’adolescenza, la donna in età fertile, e ci sono quindi diversi fabbisogni.
Per i macro e micro nutrienti la conoscenza e tale e tanta per cui noi possiamo anche sapere quanta
Vitamina A noi dobbiamo assumere con la dieta quotidianamente. Diversamente, per le sostanze
bioattive che sono state sostanzialmente identificate negli ultimi 20 anni, non abbiamo ancora
questa corrispondenza di quantità necessaria per il mantenimento del buono stato di salute, ma le
ricerche stanno comunque avanzando e tra 10 15 anni si arriverà a sapere esattamente quanto ne
dobbiamo assumere. Sulla fibra ci sono già dei dati che tuttavia sono contrastanti a seconda della
linea di pensiero. 

Vorrei a questo punto, prima di entrare nel vivo del programma, fare una
lezione preliminare per poi entrare nel vivo dei singoli nutrienti. Vorrei anche introdurre qualche
termine che useremo nel corso cercando di darne un significato univoco.


 NUTRACEUTICO

Nutraceutica - disciplina che studia le sostanze che derivano dagli alimenti e che hanno effetto
salutistico. Un nutraceutico è quindi un composto o un alimento che ha proprietà salutistiche. È un
neologismo che è stato fondato da un tale Stephen DeFelice, biochimico americano, nel 1989.
Questa parola mette insieme i termini nutriente e farmaceutico, quindi indicherà un nutriente che
avrà un effetto salutistico. Questa concezione di mettere insieme la parola nutriente e farmaceutico
non deve indurre in errore. Ricordate che gli alimenti non possono vantare effetti terapeutici. Gli
alimenti possono vantare effetti nutritivi, salutistici, ma non terapeutici. Un farmaco ha effetto
terapeutico, un alimento no. In deroga un pochino a questo discorso, c’è stata la legge del 2006, il
REG 924 che dice che gli alimenti possono ridurre dei fattori di rischio di una malattia. Sottolineo
che non possono ridurre una malattia, ma ridurre un fattore di rischio. Un alimento non può non
farmi venire un infarto però può avere un effetto di riduzione della ipercolesterolemia che è un
fattore di rischio di malattie cardiovascolari. Quindi, nonostante si parli di nutraceutico, gli alimenti
non possono vantare effetti terapeutici, ma salutistici o fisiologici. Se io mangio correttamente
posso rimanere in salute (a meno che non incorro in una patologia), perché l’alimentazione ha un
ruolo fisiologico e mi aiuta a mantenere uno stato di salute, o addirittura in deroga al fatto che
l’alimento può avere un effetto preventivo, può ridurre un fattore di rischio di malattia. Per
esempio, uso un sale asodico e riduco l’ipertensione che è un fattore di rischio di malattia
cardiovascolare. Non riduco l’incidenza della malattia cardiovascolare, lo faccio indirettamente
attraverso un fattore di rischio. Tra l’altro questo concetto, al di là di quello che la legge mi dice che
io devo riportare, è anche un concetto facilmente accettabile. Le malattie cardiovascolari non sono
provocate da un unico fattore, ma sono malattie multifattoriali dove l’alimentazione può
rappresentare un fattore di rischio (come può essere l’aumento del colesterolo per assunzione di cibi
grassi o di 4 uova al giorno). In questo caso l’alimentazione può avere un ruolo negativo, nel senso
che aumento un fattore di rischio. Oppure posso mangiare estremamente salato e quindi aumento la
pressione sanguigna. Ma così come ci sono alimenti che possono avere effetti negativi sulla salute,
ci sono alimenti che possono avere effetti salutistici. In questo caso va aggiunto ancora un altro
tassellino a questa lezione introduttiva. Non c’è un alimento buono o cattivo. Non è che l’uovo, i
formaggi, l’aragosta e i gamberi o la carne, ricchi di colesterolo, siano alimenti per definizione
negativi. Diventano negativi se, per esempio, mangio 4 tuorli al giorno. È una questione di quantità.
Un uovo mangiato saltuariamente non fa aumentare il colesterolo. È la dieta che nel suo complesso
può avere un effetto negativo.

 ALIMENTO FUNZIONALE

Alimento con effetto salutistico, che ha un ruolo nella nostra salute, oltre che il ruolo nutritivo. Es.
la ricerca scientifica, mediante studi e trials clinici, ha chiaramente dimostrato che un consumo
moderato di vino rosso ha effetto protettivo nei confronti dei fattori di rischio di malattie
cardiovascolari.

Questi due termini, nutraceutico e alimento funzionale, non sono termini di legge, ovvero non c’è
nessuna legislazione in ambito alimentare nella quale se ne parla, tuttavia vi sono categorie di
alimenti che invece sono riconosciuti per legge. Possono rientrare nella categoria di nutraceutico e
alimento funzionale ad es. gli integratori alimentari.

 INTEGRATORI ALIMENTARI

Alimenti mono o pluricomposti in forma di dosaggio, cioè capsule, compresse, sciroppi, ecc. Sono
alimenti a tutti gli effetti, che seguono la legislazione alimentare, ma si presentano con una forma
simile a quella dei farmaci. Sono oggigiorno molto diffusi in tutto il mondo.
Studi di mercato: solo in Italia il mercato degli integratori vale 2,5 miliardi, con una crescita dal
2008 al 2016 pari a quasi il doppio.
E’ importante conoscere la composizione degli alimenti, non solo per fornire conoscenze ai
nutrizionisti che devono fare le diete e conoscere tramite il nostro studio gli alimenti stessi, ma
anche perchè sono ingredienti degli integratori alimentari. Sono nate tante industrie dedicate, che
operano in questo specifico campo.

 BOTANICALS

Piante che vantano proprietà salutistiche e che potrebbero essere impiegate per medicinali vegetali
tradizionali (es. iperico, valeriana) e per legge possono rientrare nella composizione degli
integratori alimentari, oltre nutrienti e componenti bioattivi.
Gli integratori stanno assumendo un ruolo sempre più ‘vicino’ al farmaco pur rimanendo alimenti.

La chimica degli alimenti studia la composizione chimica degli alimenti. Per facilitare scelte
alimentari razionali, il Ministero della Sanità (la suddivisione è stata fatta quando non si chiamava
ancora Ministero della Salute) su indicazione dell’Istituto Nazionale della Nutrizione (1990) ha
suddiviso gli alimenti in 7 gruppi nutrizionalmente omogenei, per quanto riguarda gli apporti
nutritivi specifici. Ciascun gruppo apporta nutrienti specifici. Gli alimenti di ciascun gruppo, pur
diversi, sono omogenei ai fini dell’apporto nutritivo.

Piramide alimentare: alla base gli alimenti che vanno consumati più frequentemente, in testa
consumati più raramente.
PRIMO GRUPPO : CARNE, PESCE, UOVA

Apparentemente diversi, apportano:


- Proteine ad alto valore biologico-nutrizionale : contengono tutti gli amminoacidi essenziali
nelle quantità necessarie per soddisfare il nostro fabbisogno e la sintesi proteica. Questo perché
tali alimenti sono derivati animali.
- Vitamine B
- Ferro : è un elemento contenuto negli alimenti sia di origine animale che di origine vegetale
(es. spinaci). Il ferro della carne è particolarmente biodisponibile rispetto a quello contenuto nei
sali minerali e questo è dovuto al fatto che il ferro si ritrova all’interno del gruppo eme; di
conseguenza questo risulta non attaccabile da agenti chelanti o componenti che possono
produrre con esso sali insolubili (ferro non più assorbibile).
- Omega 3 : acidi grassi con funzione di ridurre fattori di rischio di malattie cardiovascolari,
particolarmente diffusi nel pesce, meno nella carne e nelle uova.

SECONDO GRUPPO : LATTE E DERIVATI

Nutrienti che li caratterizzano e li rendono nutrizionalmente omogenei:


- Proteine nobili, a elevato valore biologico nutrizionale
- Sali minerali (calcio, fondamentale nel trofismo osseo, e fosforo)
- Vitamine gruppo B.
L’assunzione dei diversi derivati del latte si traduce in un diverso quantitativo di nutrienti, ad
esempio il latte, rispetto a un formaggio stagionato, ha un quantitativo di acqua decisamente
superiore  assumo gli stessi nutrienti ma in una forma più diluita o concentrata a seconda del
derivato (calcio in quantità maggiori nei formaggi stagionati).

TERZO GRUPPO : CEREALI E TUBERI

- Carboidrati
- Proteine a medio valore biologico nutrizionale : le proteine di cereali sono carenti di Lisina
(Lys). Visto che nelle proteine sono rappresentati tutti gli AA utili poi per la sintesi proteica,
l’introduzione della Lys, come quella di tutti gli AA essenziali, deve necessariamente avvenire
con la dieta (poiché da noi non sintetizzabili). Le proteine sono componenti del nostro
organismo ad elevato turn over, soggette quindi a continua demolizione e sintesi. La loro
ricostruzione parte dagli AA che assumiamo con la dieta e dagli AA che derivano dalla
degradazione di proteine endogene. La sola assunzione di cereali e tuberi comporterebbe
un’introduzione di Lys non sufficiente a permettere la sintesi corretta delle proteine  ciò
comporta la mancata sintesi di quelle proteine che richiedono la Lys e l’eliminazione degli AA
tramite urea. Oltre ad avere un ruolo plastico, le proteine sono fondamentali in quanto tutti gli
enzimi sono proteine. La mancata sintesi di un enzima comporta la mancata realizzazione di
reazioni biochimiche  condizione che porta all’instaurarsi di uno stato patologico.
- Vitamine gruppo B

QUARTO GRUPPO : LEGUMI SECCHI

I legumi contengono proteine a basso-medio valore biologico nutrizionale ma carenti di AA


solforati.
I vegetariani per non andare incontro a carenze di AA essenziali uniscono nella dieta i componenti
del terzo e quarto gruppo (ad es. pasta e fagioli) in quantità uguali. In questo modo le proteine dei
cereali, carenti di Lys, colmano le carenze di AA solforati dei legumi, e i legumi, carenti di AA
solforati, colmano le carenze di Lys delle proteine dei cereali. L’introduzione di questi elementi da
l’apporto sufficiente di tutti gli AA.
I legumi apportano anche Ferro vegetale, meno biodisponibile rispetto a quello animale e vitamine
B.

QUINTO GRUPPO : GRASSI DA CONDIMENTO

Le membrane cellulari sono costituite da un doppio strato fosfolipidico e gli acidi grassi che
esterificano questi lipidi possono essere acidi grassi omega 3, omega 6, acidi grassi essenziali. Nella
retina ad esempio c’è un’elevata quantità di acido docosaesanoico (DHA), acido omega 3 a lunga
catena, assumibile grazie all’acido linoleico. E’ importantissimo introdurre tutti gli elementi
costitutivi delle nostre strutture cellulari.
I grassi da condimento sono fondamentali come veicolo delle vitamine liposolubili. Es olio scioglie
il beta-carotene, precursore del retinolo, forma attiva della vitamina A. (pool delle 4 vitamine
liposolubili : vitamine E, K, D, A).
I grassi da condimento apportano anche il colesterolo. Una dieta povera di colesterolo (ricordiamo
la presenza di colesterolo endogeno, sintetizzato dal nostro organismo, e di colesterolo esogeno,
assunto con la dieta) comporta una regolazione tramite sistema di feedback negativo secondo cui la
bassa assunzione di colesterolo stimola l’organismo a produrre, sottoforma quindi di colesterolo
endogeno, anche quel quantitativo di colesterolo che non ho assunto con i cibi. Questo fa sì che un
successivo ritorno a una dieta normale, con regolare assunzione di colesterolo, l’organismo
impieghi del tempo a ripristinare la corretta produzione della molecola  ipercolesteremia.

SESTO GRUPPO : ORTAGGI E FRUTTA CON COLORE ARANCIONE, GIALLO E


VERDE

Alimenti che apportano beta-carotene (precursore retinolo), Sali minerali e fibre. Le fibre hanno una
funzione bioattiva anche se non digeribili, non apportano nutrienti all’organismo.

SETTIMO GRUPPO : ORTAGGIA A GEMMA E FRUTTA ACIDULA


Questi apportano:
- Vitamina C
- Sali minerali
- Fibre
11 ottobre 2016

ACQUA

Anche l’acqua è un nutriente e, poiché siamo costituiti da circa il 70% di acqua, è impossibile
sopravvivere per anche solo alcuni giorni senza acqua. Nell’uomo il contenuto di acqua è
attorno al 70%, nella donna intorno al 65% e man mano che si avanza nell’età, il contenuto
continua a diminuire e con la vecchiaia il contenuto di acqua diventa inferiore al 60% (intorno
al 55% nelle persone anziane). L’acqua è un componente fondamentale del nostro organismo,
per questo non se ne può fare a meno per diversi giorni.

Funzioni dell’acqua:

 Plastica: si può infatti notare la differenza tra la pelle di un bambino, quella di un


adulto e quella di una persona anziana. I neonati e i bambini hanno la pelle liscia,
turgida, ma man mano che invecchia, la pelle perde idratazione ed assume una
caratteristica differente ed ha proprio una diversa struttura
 Termoregolazione: sicuramente sarà capitato a tutti di avere la febbre e di assumere un
antipiretico e nella fase di sudorazione che l’antipiretico induce, si verifica una fase di
termoregolazione, quindi l’acqua svolge una funzione di termoregolazione attraverso
la sudorazione
 Solvente: la maggior parte dei nutrienti è idrosolubile, con l’eccezione dei lipidi e delle
vitamine liposolubili. L’acqua, quindi, funge da veicolo per i nutrienti: carboidrati,
vitamine idrosolubili, proteine, amminoacidi etc
 Veicolo di espulsione: attraverso l’urina e le feci, abbiamo la possibilità, grazie all’acqua,
di espellere le sostanze che non vengono digerite, o che comunque non devono essere
all’interno del nostro organismo e che non sono necessarie
Il rinnovo giornaliero è estremamente importante perché ogni giorno noi perdiamo circa il
6% del contenuto di acqua del nostro organismo che oscilla tra i 2000 e i 2500 ml, quindi si
deve reintegrare l’acqua attraverso le bevandee gli alimenti sia di origine animale che di
origine vegetale i quali contengono tanta acqua.
Perdite intorno al 5/6% di acqua possono già portare dei gravi squilibri all’organismo, quindi
se per assurdo non si mangia e non si beve per un giorno, quindi non abbiamo assolutamente
un introito di acqua con gli alimenti, siano essi liquidi o solidi, si manifesta la disidratazione.
Quali sono le condizioni climatiche che possono aggravare la situazione? Se ad esempio ci
troviamo in una situazione in cui la temperatura è molto alta e l’umidità elevata, si può
aggravare la perdita di acqua. Addirittura il 12% di perdita di acqua, che si può manifestare
dopo 2/3 giorni in cui una persona non assume acqua né con alimenti né con bevande, si
arriva alla morte.
Qual è il fabbisogno idrico quotidiano e quindi il bilancio tra le entrate e le uscite? Abbiamo
detto che noi assumiamo acqua attraverso le bevande, gli alimenti, e anche acqua che è
definita acqua metabolica, cioè che il nostro organismo produce attraverso varie reazioni.
Quindi noi produciamo circa 300 ml al giorno di acqua, che ovviamente non sono in grado di
sopperire alle perdite, ma che rappresenta semplicemente il prodotto delle reazioni
metaboliche che avvengono nel nostro organismo. A fronte di che cosa dobbiamo avere questa
disponibilità di acqua? La dobbiamo avere a fronte di urina, cute, polmoni e feci, che sono
responsabili sostanzialmente della perdita di acqua.

Affinché non si verifichi una situazione di disidratazione, le uscite devono essere pari alle
entrate: quindi dobbiamo avere un apporto di acqua intorno ai 2/2.5 litri (senza contare la
poca acqua metabolica che il nostro organismo produce) che ci serve per controbilanciare le
perdite.
Gli alimenti contengono acqua in
quantità elevate, siano essi di origine
vegetale o animale, esattamente come
noi che siamo organismi animali e siamo
costituiti per la maggior parte di acqua.
L’acqua è una molecola che presenta un angolo di legame di 104.45° tra l’ossigeno e i due
idrogeni, questa struttura è responsabile delle proprietà chimico fisiche dell’acqua e delle
proprietà che l’acqua ha all’interno dell’alimento. È una molecola a basso peso molecolare, ha
un’elevata polarità, quindi questo porta alla possibilità di formare legami a idrogeno, ha un
elevato punto di fusione, una bassa tensione di vapore e una costante dielettrica alta. Tutte
queste caratteristiche rendono l’acqua un buon solvente.
Proprio per la sua elevata polarità, l’acqua, si divide all’interno di un alimento in:

 Acqua libera: acqua che non risente dell’influenza dello ione polare e quindi non
orienta più le molecole di acqua
 Acqua legata: acqua che non è monostrato, ma è appena dopo, ed è pur sempre legata,
quindi orientata nella maniera imposta dal nutriente polare (sia caricato
positivamente sia caricato negativamente)
 Acqua monostrato: acqua più vicina ai nutrienti polari
Si deve immaginare che l’alimento contenga aldilà dell’acqua, dei nutrienti polari (esempio
uno zucchero o un sale minerale), se si considera uno ione Na+, come si disporrà l’acqua
rispetto a questo costituente dell’alimento? Si disporrà in modo tale da porre le due parziali
cariche negative dell’ossigeno verso la carica positiva dello ione Na+, e le parziali cariche
positive sui due idrogeni verso la parte più esterna. Quindi, avremo la possibilità di avere il
cosiddetto monostrato: cioè la nostra particella carica orienta le molecole di acqua in modo
tale che tenga la parte positiva o negativa più vicina o più lontana alla nostra particella, a
seconda della carica della particella stessa.

Questo comporterà la formazione di


un monostrato intorno al nutriente;
man mano che ci si allontana, le
molecole di acqua, fintanto che
risentono dell’influenza dello ione
carico, si manterranno ordinate
nello stesso senso. L’acqua intorno
allo ione, alla molecola polare, si
chiama acqua monostrato ed è
fortemente legata allo ione carico.
Si può applicare centrifugazione,
liofilizzazione, essiccamento, ma
non si riuscirà a rimuovere queste
molecole di acqua dall’alimento.
Man mano che ci si allontano, vi
sarà pur sempre l’influenza della
carica dello ione che tiene orientate tutte le molecole di acqua, ma succederà che a un certo
punto, il nutriente polare finirà di svolgere la sua influenza sull’orientamento delle molecole
di acqua; da lì in poi partirà l’acqua libera.
Acqua monostrato: non è rimovibile, interagisce con gli altri gruppi polari attraverso legami
elettrostatici; non presenta mobilità, non presenta potere solvente, non presenta nemmeno
punto di congelamento, è un’acqua non congelabile.
Acqua legata: risente ancora dei gruppi polari, ha una minore polarità, e man mano che ci si
allontana dal nutriente polare, aumenterà la polarità, aumenterà il potere solvente. È chiaro
che le molecole di acqua che costituiscono il monostrato avranno tutte le stesse proprietà,
mentre le molecole di acqua legata avranno proprietà diverse a seconda della lontananza
rispetto alla molecola polare. Più sono vicine, meno c’è potere solvente, meno è congelabile,
meno è mobile.
Acqua libera: non è orientata, non ha nessun legame con il nutriente polare, che invece,
intratteneva legami elettrostatici con le molecole del monostrato. Quindi è acqua normale, che
avrà il suo potere solvente, il suo punto di evaporazione, congelamento, elevata umidità ed è
mobile, ha le stesse proprietà dell’acqua pura.

La presenza di acqua nell’alimento è fondamentale ai fini delle possibili reazioni che


nell’alimento avvengono. Gli alimenti, infatti, non sono sterili, contengono dei microrganismi
che proliferano grazie all’acqua contenuta. La muffa o il batterio che cresce su un alimento
non può utilizzare l’acqua monostrato per crescere in quanto è legata con legame
elettrostatico al nutriente polare, non può utilizzare facilmente nemmeno l’acqua legata in
quanto ha scarsa mobilità e scarso potere solvente. I microrganismi per crescere utilizzano
l’acqua libera.
È importante conoscere quanta acqua c’è nell’alimento e lo stato in cui questa acqua si trova
per capire la reattività dell’alimento.
Nei grissini è presente circa il 10% di acqua, per lo più acqua legata quindi i grissini non
ammuffiscono a meno che non si trovino in un ambiente particolarmente umido. Lo zucchero
non possiede acqua e per questo non si sviluppa alcun tipo di reazione.
Al contrario gli alimenti ad elevato contenuto di acqua come la frutta, i vegetali, carni e pesci si
conservano tanto di più quanto meno è l’acqua libera che è disponibile per le reazioni.
Oltre alle reazioni microbiche, negli alimenti avvengono reazioni di tipo chimico ed
enzimatico. Quindi a seconda del contenuto di acqua e della tipologia di acqua presente
nell’alimento avremo una certa shelf life, cioè periodo di conservazione.
Può esistere acqua libera in assenza di acqua legata o monostrato? No. Prima c’è l’acqua
monostrato, poi l’acqua legata, se la percentuale di acqua continua ad aumentare il resto sarà
acqua libera.
Come si fa a misurare l’acqua all’interno dell’alimento?
Un modo per capire che tipo di acqua c’è nell’alimento è l’activity water (aW).

L’activity water è una misura dell’acqua nell’alimento.


Se affermo che un grissino possiede il 15% di acqua ho una misura dell’acqua monostrato,
legata o libera? Posso immaginare che essendoci così poca acqua ve ne sarà molto poca libera,
ma non so di preciso quale tipologia è presente e quali legami instaura l’acqua con i nutrienti
costituenti l’alimento. La percentuale non permette di ottenere queste informazioni, cosa che
fa l’activity water.
L’activity water è il rapporto tra la tensione di vapore dell’acqua nell’alimento e la tensione di
vapore dell’acqua pura nelle stesse condizioni di temperatura e pressione.
Quali valori può assumere? Nell’anguria è 0.99, ovvero il rapporto è tra due numeri quasi
uguali in quanto possiede pochissimi nutrienti (1%). Diversamente se nell’alimento è
presente una percentuale di acqua più bassa (meno acqua libera) i due numeri saranno
diversi e il loro rapporto tenderà ad andare verso lo zero. Nell’olio e nello zucchero poiché vi è
acqua l’activity water è zero.
L’activity water può assumere valori compresi tra 0 < aw < 1. Tanto più è vicino all’uno tanto
maggiore sarà il contenuto di acqua libera, tanto più è vicino allo zero tanto meno sarà l’acqua
libera. L’activity water quindi è un indice dei vincoli esercitati sull’acqua dagli altri
componenti presenti negli alimenti, a differenza della percentuale che non dice il vincolo che
l’acqua ha nell’alimento. I valori di aw sono ad esempio:

Negli alimenti disidratati c’è solo l’acqua monostrato, l’aw è pari a zero.
Conoscere l’attività dell’acqua di un alimento è importante perché permette di conoscere il
tipo di degradazione cui l’alimento può andare incontro.
Alcune reazioni enzimatiche e chimiche avvengono anche in assenza di acqua libera.
Il grafico in ordinata possiede la velocità di reazione (microbica, chimica, enzimatica) ed in
ascissa l’activity water.
Partendo dall’ultima curva corrispondente ai batteri: la velocità di reazione è pari a zero per
un’activity water pari a 0.9, ciò vuol dire che nell’alimento bisogna avere almeno un’activity
water maggiore di 0.9 affinché la reazione microbica cominci ad avvenire (velocità di reazione
diversa da zero). Per un valore di 0.93 la velocità di reazione è piccola ma diversa da zero, i
batteri cominciano a crescere, questi utilizzano i nutrienti presenti nell’alimento per il loro
metabolismo, degradando così l’alimento. Continuando a seguire la curva, per un activity
water di circa 1 la curva sale in modo esponenziale, infatti tanto più è il contenuto di acqua
libera misurata tanto maggiore è la velocità della reazione batterica, quindi tanto più è la
degradazione dell’alimento.
Un andamento del tutto uguale ma con valori di activity water leggermente più bassi si
riscontrano per funghi e lieviti. Per far crescere dei lieviti è necessario avere un activity
water maggiore di 0.8, mentre per far crescere i funghi almeno di 0.75.
Considerando le reazioni enzimatiche: vi è una separazione tra alimenti che possiedono un aw
minore di 0.6 e che quindi non possiedono acqua libera e alimenti che possiedono un aw
maggiore di 0.6 che invece possiedono acqua libera. Attorno ad un valore di aw di 0.3 la
velocità della reazione è circa uguale a zero, aumentando il valore di activity water
(aumentando il contenuto di acqua legata prima di superare il valore di 0.6 e poi aumentando
il valore di acqua libera superato questo valore) la velocità di reazione aumenta lentamente
fino ad un certo valore in cui sale molto rapidamente.
Esempio: consideriamo le lipossigenasi, enzimi presenti nei vegetali come ad esempio nei
legumi. Questi enzimi catalizzano le reazioni di perossidazione dei legumi. Per un valore di aw
superiore a 0.3 le lipossigenasi perossidano i lipidi. Per questo motivo si effettua la tecnica del
blanching che consiste nel buttare, ad esempio i piselli, in acqua bollente per tempio brevi
prima del congelamento. In questo modo essendo le lipossigenasi delle proteine vengono
denaturate e non avvengono più le reazioni di perossidazione. Qualora mettessi dei piselli a
congelare senza aver effettuato il blanching le lipossigenasi svolgerebbero la loro funzione
anche in assenza di acqua libera nel prodotto congelato in quanto gli enzimi sono in grado di
usare l’acqua legata presente nell’alimento poiché essa non è congelabile.
I piselli che vengono congelati senza prima aver effettuato il blanching, dopo sei mesi sanno di
rancido perché contengono i prodotti della perossidazione lipidica (aldeidi e chetone a basso
peso molecolare) che hanno il caratteristico odore di rancido. Sapendo che le reazioni
enzimatiche avvengono anche ad aw < 0.6, da 0.3 in su, è necessario denaturare gli enzimi
prima di congelare l’alimento, altrimenti questi, anche nell’alimento congelato, continuano a
svolgere la loro funzione. La velocità di reazione ovviamente non è elevata, ma dopo qualche
mese è altamente probabile che le razioni siano avvenute.
L’acqua libera è mobile, congelabile ed evaporabile, l’acqua legata no, è proprio quest’acqua
legata che permette l’avvenimento di alcune reazioni, non di tipo microbico, ma di tipo
enzimatico, che determinano il deterioramento dell’alimento anche durante il periodo in cui è
congelato. Da un valore di aw > 0.6 abbiamo una crescita significativa della velocità delle
reazioni enzimatiche, in quanto compare l’acqua libera.

Imbrunimento non enzimatico


Reazione non dovuta all’azione di enzimi che prende anche il nome di reazione di Maillard:
reazione chimica che avviene tra il gruppo carbonilico di uno zucchero (aldeide o chetone) e il
gruppo amminico di un amminoacido o di una proteina (anche gruppo amminico in γ) quando
sono sottoposti a trattamento termico. La condensazione tra il gruppo amminico e il gruppo
carbonilico porta alla formazione di una molecola di acqua e alla formazione di un composto
detto composto di Amadori.
Esempi: reazione che avviene quando si brucia il latte nel pentolino, esso contiene zuccheri
(lattosio) e proteine (proteine del latte) che quando vengono sottoposte a riscaldamento
spinto danno origine a prodotti bruni.
Altro esempio di un prodotto della reazione di Maillard è la crosticina dorata che si forma sui
prodotti da forno, alcuni prodotti di questa reazione danno appunto la caratteristica
colorazione dorata-marroncina all’alimento, altri prodotti sono prodotti volatili che
conferiscono la profumazione caratteristica (pane appena sfornato).
Altra reazione di Maillard è quella che avviene durante il processo di tostatura del caffè: il
chicco di caffe in origine è di colore verde e dopo la tostatura (trattamento termico spinto)
assume la colorazione bruna e il caratteristico aroma di caffe tostato dato dai prodotti volatili.
Il primo passo della reazione è dunque la condensazione tra il gruppo carbonilico e il gruppo
amminico, con eliminazione di una molecola d’acqua. L’acqua risulta essere un prodotto di
reazione. Nella curva osserviamo che a partire da una aw = 0.2, dove è presente solo poca
acqua legata, all’aumentare dell’acqua legata (perché siamo sotto a 0.6), la velocità della
reazione continua a crescere perché l’acqua svolge una funzione di solvente, facilitando
l’avvicinamento dei nutrienti e quindi tra il gruppo carbonilico e il gruppo amminico. Piano
piano avviene la reazione. Se continuiamo ad aumentare il contenuto di acqua andando a
valori di aw > 0.6 continua a crescere la velocità della reazione, in quanto cresce la capacità
solvente dell’acqua nei confronti dei nutrienti, fino ad arrivare ad un massimo (aw = 0.8).
Essendo l’acqua un prodotto di reazione, per la legge dell’azione di massa, l’equilibrio torna
indietro. Per aw > 0.8 abbiamo una diminuzione della velocità della reazione. Questo perché
l’acqua è prodotto della reazione, quindi sposta l’equilibrio verso i reagenti, la velocità di
reazione diminuisce.

Perossidazione lipidica
I trigliceridi sono esteri del glicerolo con tre acidi grassi. Per reazione di idrolisi si rompono i
legami esterei e si liberano il glicerolo e gli acidi grassi. Se lascio il lipide all’aria succede che
assume odore di perossidato in quanto si ossida per azione dell’ossigeno presente nell’aria e
delle radiazioni della luce. Altri catalizzatori delle reazioni di perossidazione sono i metalli
pesanti.
Vediamo che la curva parte con valori di velocità di reazione molto elevati, in corrispondenza
di un aw = 0. Questo avviene perché i metalli pesanti, presenti nel prodotto lipidico, possono
catalizzare la reazione di perossidazione solo in assenza di acqua (in presenza solo di acqua
monostrato che non può interagire con essi). Quando aumenta il contenuto di acqua
nell’alimento, i metalli pesanti si idratano per cui viene meno l’azione di catalizzatore del
metallo pesante, ciò comporta riduzione della velocità di reazione. In un lipide (nei lipidi vi è
un bassissimo contenuto di acqua) la presenza di acqua ostacola la reazione di
perossidazione. Abbiamo un minimo in corrispondenza di 0.3 dove vi è acqua fortemente
legata. Nel punto di minimo succede che si bilancia la funzione dell’acqua come elemento che
sottrae il catalizzatore e la funzione di acqua come solvente che avvicina i reagenti.
All’inizio, ad aw bassissima, ho elevata perossidazione, pian piano che aumento aw aumenta
l’idratazione dei metalli e viene meno l’azione dei catalizzatori, la velocità di reazione
diminuisce progressivamente fino ad un minimo in cui i due effetti si bilanciano. Aumentando
ancora il contenuto di acqua (sempre acqua legata) prevale la funzione di acqua come
solvente e di conseguenza la velocità di reazione aumenta.
È importante conoscere l’andamento della velocità di una reazione in funzione dell’aw, perché
da questa posso capire la conservabilità dell’alimento. Se sono in presenza di acqua libera
possono avvenire reazioni microbiche, reazioni enzimatiche, non enzimatiche e
perossidazioni lipidiche; se congelo l’alimento e immobilizzo l’acqua libera, le reazioni
microbiche non avvengono, le reazioni enzimatiche avvengono molto lentamente e le reazioni
di perossidazione e imbrunimento non enzimatico presentano un andamento particolare.
Sottrarre l’acqua libera per essicazione, liofilizzazione, congelamento, salagione o
zuccheraggio permette di immobilizzare l’acqua libera rendendola non disponibile allo
sviluppo di reazioni di degradazione.
L’aw fornisce una misura della stabilità dell’alimento, essendo essa misura dei vincoli che l’acqua
ha rispetto agli alimenti.
Lezione 3
COME DIMINUIRE L’ACTIVITY WATER
Abbiamo parlato di come
diminuire l’activity water:
allontanado o immobilizzando
l’acqua.
Questa diapositiva riguarda la
presenza di acqua negli alimenti
ed i legami che l’acqua stringe
con i componenti degli alimenti
stessi, per poi parlare dell’acqua
per uso umano come l’acqua
potabile e delle acque minerali.
Dare la percentuale di acqua in un alimento è importante perché ci dice quanta acqua è presente
nell’alimento, tuttavia la percentuale non ci dice i vincoli che si sono instaurati tra gli elementi
polari presenti nell’alimento, di qualsiasi natura essi siano , organici o inorganici e l’acqua stessa. A
darci un’idea di questi vicoli è invece l’activity water che è il rapporto tra la tensione di vapore
dell’acqua nell’alimento e la tensione di vapore dell’acqua pure nelle stesse condizioni di
temperatura e pressione. Abbiamo visto quel grafico che mostrava come varia la velocità delle
varie reazioni che possono avvenire negli alimenti siano esse di natura chimica, enzimatica o
microbiologica in funzione dell’activity water.
Perché ci interessa sapere questa velocità di reazione? Perché tanto maggiore è la velocità di
reazione, tanto più veloci sono le modifiche che possono intervenire a seguito delle reazioni che
si sviluppano negli alimenti, dunque sono importanti nella definizione della shelf life.
Questo ha anche un interesse che va oltre agli alimenti, per esempio:

- la vitamina C nella patata è massima nella raccolta e poi ovviamente si degrada lungo tutto l’anno
in cui il tubero viene conservata;
- la vitamina C che è sensibile al calore ed alla luce, nelle caramelle o integratori alimentari a forma
di confetti o compresse è stabile pur non essendo le caramelle conservate in frigorifero, perché
giustamente avremo un aw bassissima cui corrisponde una velocità di ossidazione della vitmaina C
molto bassa: non abbiamo acqua libera, avremo acqua monostrato ed un po’ di acqua legata.
L’activity water va conosciuta dunque anche per forme farmaceutiche solide per via orale perché ci
danno un’idea della velocità di degradazione di alcuni componenti ( es : vitamine che oltre ad essere
incorporate in farmaci sono incorporate anche in integratori alimentari). L’aw è fondamentale per
capire la stabilità di un alimento. L’aw dalle prugne fresche a quelle secche diminuisce
notevolmente perché diminuisce l’acqua.
Abbiamo visto allontanare l’acqua con concentrazione, essiccamento e liofilizzazione.

 La liofilizzazione è un processo che qualche tempo fa si è pensato di poter applicare anche agli
alimenti. Oggigiorno gli alimenti liofilizzati sono pochissimi e sono alimenti di alto valore
economico, per esempio la carne liofilizzata per la preparazione delle pappe dei lattanti dopo i
6 mesi durante lo svezzamento. La liofilizzazione non comportando la produzione di calore,
mantiene inalterati i nutrienti termolabili. Quindi per alimenti indirizzati ai lattanti, che è una
fascia protetta, può avere un senso mettere sul mercato dei prodotti di alto valore economico,
perché tanto vengono comunque acquistati, perché abbiano la protezione ed il mantenimento
dei prodotti termolabili. Diversamente oggigiorno che la catena è particolarmente sviluppata e
garantita anche durante la fase logistica, per esempio i trasporti ciò non ha più senso. Una volta
c’erano delle buste di vegetali liofilizzati, difficilmente ammortizzabili. Oggigiorno il vegetale
viene prelevato dal campo, trasportato in camion con celle frigorifere e portato all’azienda,
immediatamente processato e congelato e poi riportato alla grande distribuzione sempre
attraverso camion dotati di celle frigorifere. Non ha senso utilizzare la liofilizzazione se si ha
l’alternativa del congelamento. Oggigiorno si utilizza la liofilizzazione per quei prodotti che
contengono componenti termolabili e che possono essere venduti a costi anche elevati perché il
consumatore è disposto a spendere per avere quel particolare prodotto. Oltre ad eliminare
l’acqua, la si può anche immobilizzare, per esempio attraverso al catena del freddo. L’acqua
libera è sostanzialmente congelabile, quindi immobilizzabile, ovvero acqua non più disponibile.

 Con la salagione, se metto del sale da cucina a contatto con l’alimento esso si comporta come
se fosse l’alimento polare ci cui l’alimento è costituito, quindi estrae l’acqua mobile ( libera )
dall’alimento che è l’acqua che può essere usata per le reazioni microbiche, e la immobilizza.

 Lo zuccheraggio consente nel processo di immobilizzazione dell’acqua che da acqua libera


diventa acqua legata. ( es: sciroppo ).
Oggigiorno esiste ancora la possibilità di utilizzare queste due metodiche che sono state utilizzate
anche nel più passato remoto ( in epoca romana già si conservavano gli alimenti sotto sale), però si
preferisce utilizzare il più comodo metodo del raffreddamento.
 L’affumicatura prevede che l’alimento venga esposto a fumi derivanti dalla combustione di
legni aromatici. Legni di pino, di alloro etc vengono bruciati in particolari camere dove
avviene l’affumicatura. I fumi derivati dalla combustione di questi legni aromatici contengono
delle sostanze che sono ad attività conservante, in particolare delle sostanze di natura fenolica
che vanno ad impregnare l’alimento conservandolo, perché hanno attività antimicrobica.
Peccato che gli insaccati non siano troppo salutari per cui non se debba consigliare un uso
elevatissimo. Ciò perché nei fumi che derivano dai legni aromatici, ci sono anche degli
idrocarburi aromatici ( es: naftalene ), degli idrocarburi policiclici che sono noti avere
un’azione cancerogena. Sono stati fatti degli studi epidemiologici in popolazioni del Nord
d’Europa che mangiano carne e vario pesce affumicati con elevata frequenza, perché fanno
parte della loro tradizione gastronomica e hanno visto una maggiore incidenza di alcune forme
di tumore. Sono stati fatti recentemente degli studi ove valutano la concentrazione degli
idrocarburi nelle varie parti dello speck e giustamente a livello della superficie la
concentrazione è elevata e diminuisce man mano si va verso il cuore del prodotto. Una buona
norma quando si mangiano degli alimenti affumicati è quella di non consumare la parte
superficiale ( speck, formaggi etc. ). E’ un aspetto tossicologico non da poco. L’affumicatura è
una sorta di mix di tecnologie perché c’è da un alto l’affumicatura stessa, poi di solito gli
affumicati sono anche salati e sono anche in parte per lo meno concentrati/ essiccati ( la
temperatura sale con la combustione e comporta l’essiccamento dell’alimento ).

 Congelamento e surgelamento sono due termini tra loro molto simili; questi due termini
differiscono per la temperatura minima raggiunta che è più bassa per il congelamento ed anche
come modalità di arrivo a questa temperatura ( raffreddamento ). L’acqua diventa così solida e
non è più acqua libera. Quando invece si parla di abbattimento della temperatura, si fa
riferimento ad una procedura nella quale c’è un passaggio rapido allo stato solido dell’acqua.
ACQUA COME BEVANDA DESTINATA AL CONSUMO
L’acqua per uso umano è regolamentata dal
decreto legislativo DL 2001 che fa da base alle
modifiche che sono state apportate fino ad oggi
di oggi e che recepisce la direttiva 98/83 CE
relativa alla qualità delle acque destinate al
consumo umano. Il presente decreto disciplina
la qualità delle acque destinate al consumo
umano al fine di proteggere la salute umana
dagli effetti negativi derivanti dalla
contaminazione microbica ( escherichia coli ),
piuttosto che una contaminazione chimica (
atrazina, fitofarmacai, pesticidi, metalli pesanti
). Bisogna garantire dell’acqua che esce dal
rubinetto salubrità e pulizia in assenza di
sostanze tossiche.
L’acqua potabile per uso umano non è semplicemente 1) l’acqua che beviamo, ma viene anche
utilizzata 2) per la preparazione di cibi e bevande in ambito domestico piuttosto che nelle imprese
alimentari, 3) per il lavaggio di alimenti livello industriale e casalingo e 4) per il contatto con il
corpo umano a questo proposito bisogna tenere conto sia della popolazione media, adulta e sana,
che delle fasce sensibili come bambini, anziani ed ammalati. I bambini piccoli per esempio
potrebbero bere l’acqua mentre fanno il bagno ed hanno una pelle molto delicata.
Potrebbe esserci dell’acrilamide ( utilizzata per fare le vernici ) dentro l’acqua del rubinetto perché
alcuni filtri utilizzati a livello di acquedotto sono realizzati in poliacrilamide, che sono il polimero
dell’acrilamide, pertanto ci sarà qualche monomero che può essere rilasciato.

Descrizione delle metodiche e funzioni


per il controllo dell’acqua: livello di
crescita dei microrganismi, quanti
microrganismi, assorbimento atomico
per la determinazione die metalli
pesanti. E’ necessario assicurare
mediante controlli che l’acqua sia
effettivamente salubre.

A volte succede che l’acquedotto limita l’erogazione dell’acqua perché succede un errore ci
qualsiasi natura ( contaminazione da sostanze chimiche, contaminazione microbica, rottura di un
tubo etc. ). Il monitoraggi dell’acqua serve a garantire che la qualità dell’acqua sia garantita nel
tempo. Questo decreto legislativo non si applica alle acque minerali che seguono una diversa
legislazione. I parametri massimi consentiti sono stati stabiliti dall’OMS e su parere del comitato
scientifico e della commissione europea, ed i valori più restrittivi sono stati stabiliti dal Sistema
Superiore di Sanità, ovvero da terzi che sulla base della letteratura scientifica hanno riportato
questi valori massimi e minimi per le varie sostanze.
ACQUE MINERALI NATURALI

L’Italia è uno dei paesi europei nei quali si consuma


più acqua minerale, ovvero acqua in bottiglia che non
viene erogata tramite l’acquedotto. L’Italia è tra i
consumatori procapite con un consumo di acqua più
alto a livello europeo. L’apparato legislativo è in
continua evoluzione pur partendo dalla seguente
direttiva del 2009.
Le fonti e le acque devono essere
riconosciuto dalle autorità responsabili
di tale stato membro come acque
minerali. Perciò un acqua minerale
spagnola che è stata riconosciuta come
tale può essere commercializzata
dall’Italia come acqua minerale, così
come l’acqua proveniente da uno stato
terzo ( che non a parte dell’UE ) arriva
in uno stato membro e può essere
riconosciuta come acqua minerale,
ovvero risponde a determinati requisiti
di purezza e composizione

C’è una falda, c’è un giacimento


sotterraneo, può avere un’emergenza
superficiale naturale, nel senso che
sgorga nella terra naturalmente, oppure
può essere una perforazione del suolo
terrestre che arriva fino alla falda e
preleva l’acqua del giacimento. Quindi
si distingue dall’acqua ordinaria per la
sua natura perché caratterizzata da un
alto valore di minerali, di oligo-
elementi, da altri costituenti e per la
sua purezza originaria ( essendo
un’acqua di falda ha una purezza
sicuramente superiore rispetto
all’acqua dell’acquedotto).

ETICHETTA
L’acqua deve essere riconosciuta come tale. Sulle etichette l’acqua deve riportare:
1. l’acqua di sorgente seguita dal nome della sorgente e dalla località di utilizzazione della
stessa;

2. il volume;
3. il titolare del provvedimento ( chi ha atto domanda di riconoscimento al Ministero );

4. il lotto;

5. eventuali trattamenti ( la dicitura con eventuale aggiunta di anidride carbonica, oppure


degasata, qualora si stata appunto aggiunta anidride carbonica per rendere l’acqua frizzante).
Questa è l’indicazione dell’articolo 26 del DL 2009 sulle etichette dell’acqua minerale. Sulle
etichette può anche essere riportata una designazione commerciale diversa dal nome della sorgente
a condizione che il nome della sorgente sia riportata con caratteri leggibili.
Un’acqua è detta minerale perché ha una certa composizione in Sali minerali. Le acque minerali
vengono classificate in 4 tipologie:

Le acque minimamente mineralizzate sono quelle acque che poste a 180°C presentano un residuo
secco fisso inferiore a 50 mg/L . → evaporata l’acqua a 180°C misuriamo il residuo secco che
rimane da un litro di acqua.
Ogni tipo di acqua ha una sua destinazione, ad esempi:
- Le acque minimamente mineralizzate e oligominerali vengono utilizzate per ricostituire il latte in
polvere dei bambini, perché il bambino ha un emuntorio renale ancora immaturo ed acque ricche di
Sali andrebbero a sovraccaricare troppo l’emuntorio immaturo del bambino che farebbe fatica ad
eliminare i Sali contenuti nel latte. Il latte vaccino (di mucca ) tal quale non si può dare ai bambini a
causa del contenuto elevato di Sali minerali e si va ad aggravare troppo sui reni del neonato,
tantoche il latte di mucca usato come base per i latti formulati viene demineralizzato. Quindi per la
preparazione dei latti per neonati andremo ad utilizzare l’acqua oligominerale che è altamente pura
ed ha un basso contenuto di Sali.
- Può essere importante bere un’acqua ricca di Sali come Mg ++, Ca++ per soddisfare ad alcune
esigenze particolari. Una donna in gravidanza che ha un fabbisogno di calcio maggiore rispetto ad
una donna adulta, potrebbe avere piacere ad assumere un’acqua calcica se per esempio fosse
intollerante al lattosio o alle proteine dell’acqua. La catalunia è un’acqua gasata che vendono nelle
zone circostanti Barcellona è salatissima ed ha un contenuto di sodio molto elevato. E’ ovvio che
un’acqua del genere non la consiglierei se non per soggetti sportivi dopo aver svolto lo sforzo
fisico, perché un’acqua ricca di sodio è necessaria solo nel caso in cui ci sia uno squilibrio tale per
cui si necessiti di reintegrare i Sali persi.
In quella famosa direttiva che regolamentava le acque minerali sono riportati anche i tenori per
ciascun sale, tale per cui un’acqua ha certe caratteristiche. Per tenore si intende la quantità di
ciascun sale espressa in mg/l.
L’acqua come qualsiasi altro alimento non
può vantare un effetto terapeutico, ma è
possibile scrivere sull’etichettale seguenti
indicazioni:
Si possono usare anche parafrasi purchè
non siano ingannevoli o non attribuiscano
all’acqua proprietà terapeutiche.

ACQUE MEDIAMENTE RICCHE DI SALI MINERALI


 Un’acqua ricca di bicarbonato può agire sul processo digestivo e tamponare l’attività
gastrica.

 Le acque solfate possono avere effetti lassativi, aumentare l’escrezione degli acidi biliari e
ridurre il colesterolo. I solfati possono interferire con l’assorbimento di calcio e pertanto non
sono consigliate per i bambini che hanno bisogno di calcio per lo sviluppo delle ossa perché
sono in una fase di crescita.

 Le acque clorurate intervengono con un effetto fisiologico ( non terapeutico ) sull’equilibrio


della funzione epatica, biliare ed intestinale.

 Le acque calciche sono consigliate per i periodo di gravidanza ed allattamento, mentre sono
sconsigliate per coloro che hanno una predisposizione a calcoli.

 Le acque fluorurate contrastano le carie (Hai bambini piccoli si da la compressa di fluoro


per la prevenzione della carie ). Lo smalto è formato di idrossiapatite ( smalto tenero ), che
in presenza di fluoro diventa fluoroapatite. Quest’ultima è assai più dura e resistente
all’attacco degli acidi ( es: acido lattico ) prodotti dal metabolismo di microrganismi
cariogeni che costituiscono la flora microbica orale ( es: streptococco Mutans ) e
favoriscono la demineralizzazione mediante abbassamento del pH. → correlazione
importante con l’eziopatogenesi della carie stessa. E’ indicato anche per la gravidanza e le
nutrici. Alcuni hanno sottolineato anche se ci sono risultati contrastanti in letteratura che
l’assunzione di fluoro in gravidanza fosse in qualche modo condizionale anche la
predisposizione o meno del nascituro alla carie dentale oltre a fungere da prevenzione per la
madre.

Comunque assumere un acqua fluorurata o un integratore di fluoro e un integratore multi


salino contenente anche esso fluoro non va bene, perché ogni sale ha il suo apporto ottimale
e quindi un eccesso di fluoro può portare a: 1) fluorosi dentale → macchie gialle sui denti;
2) fluorosi scheletrica → indebolimento e malformazione delle ossa che non hanno un
trofismo adeguato e possono poi predisporre a patologie a carico dello scheletro.

Nelle esalazioni dei vulcani ci sono concentrazioni di fluoro molto elevate e quando c’è stata
l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C , hanno trovato esaminando gli scheletri delle
malformazioni ossee, perché prima che avvenisse l’eruzione il vulcano comunque emetteva
già esalazioni e la popolazione era sottoposta a respirare un’aria ricca di fluoro. Hanno
anche rilevato con l’eruzione del vulcano in Islanda del 2011 che la popolazione a contatto
col vulcano una maggiore incidenza di fluorosi scheletrica, proprio perché nelle esalazioni
dei vulcani è presente un’aria ricca di fluoro.

 Le acque sodiche sono assolutamente sconsigliate nel caso di ipertensione, ma


assolutamente consigliabili per coloro che svolgendo attività fisica devono re-integrare i Sali
minerali.

 Le acque magnesiache hanno un’azione debolmente lassativa, possono essere anche loro di
interesse come fonte di magnesio. E’ importante per la contrazione muscolare e per il tono
dell’umore.

 Le acque ferruginose sono utili nelle forme di anemia sideropenica, sono invece
sconsigliate per soggetti affetti a gastroduodeniti perché di solito hanno un’azione
infiammatoria. Nei latti per i bambini l’apporto di ferro che pure è fondamentale per evitare
problemi di anemia, è causa di micro-anemie se troppo elevato ed anche di micro-emorragie
a livello gastrointestinale.
CHIMICA DEGLI ALIMENTI
LEZIONE 4 18/10/2016

SALI MINERALI
Nell’organismo umano sono più di 60 elementi che rappresentano il 6% del peso corporeo ( per ogni 100 gr
di peso corporeo vi sono 6 gr di Sali minerali).

SALI MACROELEMENTI

- Ca ( 10-20 g/kg) e P ( 6-12 g/Kg) :oltre ad essere presenti nei fluidi corporei, essi sono presenti
come costituenti nelle ossa.
- Na e K : presenti in quantità più basse, presenti nei fluidi corporei, nel citosol
- Cl e Mg .

SALI MICROELEMENTI

- Fe: Pur essendo presente nel nucleo porfirinico della emoglobina è comunque un componente che si
trova in quantità ridotte ( 70-100 mg/kg)
- Zn: è un cofattore di numerosi enzimi
- Cu, Mn
- I : presente nella composizione di ormoni tiroidei
- Mo: 0,1 mg/kg

FUNZIONI dei Sali nei microrganismi

Tutte le funzioni sono connesse con il metabolismo. ( Ad esempio: sono componenti di enzimi e cofattori).
SCHEMA RIASSUNTIVO DELLE FUNZIONI DEI VARI SALI MINERALI

CONTENUTO DI SALI NEGLI ALIMENTI

Il contenuto di Sali negli alimenti dipende dalla composizione del terreno.

Per i:

- VEGETALI - ANIMALI

Essi crescono nel terreno, tramite Essi sono vincolati alla zona geografica in cui
le radici aspirano insieme all’acqua l’allevamento è presente. I foraggi che consumano,
i Sali minerali presenti nel terreno. derivano dalla terra nella quale crescono ( ad esempio
per animali che vengono allevati in allevamenti che
utilizzano i foraggi dello stesso territorio, hanno una
composizione chimica di Sali minerali connessa con il
terreno.)

Vi sono però allevamenti intensivi, in cui il mangime


non deriva dallo stesso luogo in cui l’animale cresce,
dunque il contenuto dei Sali minerali negli animali
dipende dal mangime di cui si nutrono.

Possiamo dunque trasferire questo discorso all’uomo


con la nascita della GEOCHIMICA MEDICA.
GEOCHIMICA MEDICA
E’ la disciplina che studia la composizione e la natura del terreno e la rapporta all’uomo e al suo stato di
salute.
L’uomo e gli animali, hanno nel proprio organismo rappresentati gli elementi tipici del territorio (Es: fuorosi
scheletrica, è un fenomeno studiato dalla geochimica medica, infatti la composizione chimica
dell’organismo dei pazienti è correlata all’aria in cui vive (vulcanica)).
Dunque la SALUTE UMANA è connessa :
- Alle caratteristiche geochimiche locali ( distribuzione geografica dei problemi sanitari)
(Possono esserci zone con contenuto di Se in concentrazioni normali, oppure zone prive di Se come la
Mongolia, con conseguente morbo di Keshan).
- al l’inquinamento ambientale ( effetti dei fattori ambientali)
( incidenza malattie nella terra dei fuochi,con conseguenti patologie, soprattutto nei bambini, che
proporzionalmente, rispetto all’adulto, sono esposti a concentrazioni maggiori di sostanze tossiche,
relativamente all’organismo del bambino.)

CARATTERISTICHE GEOCHIMICHE LOCALI:


ECCESSI
- FLUOROSI IN CINA : Il Fluoro è emesso dalle industrie, inquinamento ambientale di tipo
industriale.
- AVVELENAMENTO DA AS, anch’esso da inquinamento ambientale, se presente in eccesso può
causare fenomeni di carcinogenesi.
CARENZE
- CARENZA DEL SE ( morbo di keshan, cardiopatie e problematiche a livello cardiaco)
- CARENZA DI IODIO ( ingrossamento della tiroide, con ipotiroidismo, può essere ovviato con
consumo di sale iodato)

Geodisponibilità.
Nel terreno è presente il metallo, le piante crescono su quel terreno, i vegetali crescono e dunque sono
geodisponibili per l’animale.Vi è poi una dispersione del metallo fisica-chimica all’interno del terreno,
perciò piante e animali conterranno quel metallo, che raggiungerà l’uomo.
Nell’uomo si va a valutare la BIODISPONIBILITA’, LA TOSSICITA’ E L’ESSENZIALITA’.

(Ricorda che l’uomo non è in grado di sintetizzare un composto inorganico, perciò deve essere introdotto
con la dieta)
I metalli presenti nelle rocce, sedimenti o suolo, vengono trasportati e assimilati nell’uomo.
Il Pb è considerato un metallo tossico, ( non si conosce ancora il ruolo nell’organismo), esso è presente
nell’ambiente, rendendolo contaminato, con conseguente assimilazione da parte dell’animale e poi
dell’uomo.

Per i Sali minerali vi sono 2 tipologie di indicazioni nutrizionali:

1) LARN ( LIVELLI DI ASSUNZIONE DI RIFERIMENTO DI NUTRIENTI)


( per approfondire i nuovi LARN vedere il file su kiro specifico, nel file LARN, sono presenti le varie fasce:
lattante, adulto , donna in gravidanza, anziani, con un livello specifico)

I LARN sono i livelli di assunzione raccomandati per le diverse fasce di popolazione.

Può essere definito come livello di assunzione:

- Al giorno

Quantità di un certo nutriente che è raccomandabile assumere in una giornata.


Ad esempio per la fascia di popolazione  MASCHIO ( 30-59 anni) : Ca = 800 mg al giorno
(Da acqua anche calcica, da latte e latticini, ecc)
Con assunzione di 4 gr di Ca posso avere la CALCIFICAZIONE DEI TESSUTI MOLLI
Se è assunto in quantità molto diverse dal LARN, posso avere effetti tossici, fino a morte.
Dunque è un metallo fondamentale per la crescita, ma anche per l’adulto per mantenere il trofismo osseo,
per le donne in menopausa per evitare l’osteoporosi e per l’anziano.

2) Non per tutti i nutrienti, i nutrizionisti sono riusciti ad individuare un numero, per questi elementi per
cui non è presente il LARN si ha un:
INTERVALLO DI SICUREZZA E ADEGUATEZZA

È stato calcolato, tenendo conto della sicurezza e adeguatezza, cioè della safety e della non tossicità e
dell’adeguatezza ed efficacia della quantità, sufficiente a garantire il fabbisogno salino.
Mg = da 150-500 mg.

PERCHE’ I SALI MINERALI HANNO DIVERSI LARN?DI COSA SONO ESPRESSIONE I LARN?
Dipende dalla quantità di Sali presente nell’organismo:
MACROELEMENTI: Hanno dei LARN elevati perchè l’organismo ha una composizione di essi elevata, e
dunque l’apporto deve essere elevato.
MICROELEMENTI: ad esempio il Se presente nelle proteine o nel glutatione,con funzione antiossidante, è
richiesto in piccole quantità e dunque ne deve essere assunto poco, ed anche lo I, presente negli ormoni
tiroidei ( la carenza iodica in gravidanza può causare ritardo mentale nel bambino).
I livelli di adeguatezza e sicurezza tengono conto della TOSSICITA’ ( spiegato con il diagramma)
Il grafico importante da conoscere, che cambia in funzione del sale minerale, è il :

DIAGRAMMA DI BERTRAND

Tale grafico ha un andamento a campana, ed ha lo stesso profilo per tutti i Sali minerali.
Cambia la X ascissa, cioè la quantità di sale minerale che può essere apportato con la dieta
La Y è la risposta biologica ( ad esempio per il F: la resistenza all’insorgenza della carie, per il Se: l’attività
antiossidante nell’organismo, per il Ca : il trofismo osseo, per lo I: i livelli di ormoni tiroidei)

Considerando il Se:
 STATO FISIOLOGICO (parte centrale): 55 μg/die ( 50-200) ho una risposta ottimale, con un
apporto sufficiente per la sintesi del glutatione e per le selenoproteine, dunque per soddisfare il
fabbisogno di Se.
Ho dunque una risposta biologica ottimale.
 DEFICIENZA: (10-50 μg/die), ne assumo un quantitativo troppo basso, non riesco a sintetizzare il
glutatione, le difese antiossidanti sono basse, dunque la risposta dell’organismo è deficitaria. Siamo
al limite della SOPRAVVIVENZA
 LETALITA’ : < 10 μg/die con raggiungimento della morte dell’organismo.
 ( Es: problema anoressia: l’organismo sviluppa patologie connesse con la mancata assunzione degli
elementi essenziali, fino al raggiungimento della morte a causa delle carenze conclamate.
Es: malnutrizione paesi sottosviluppati: mancato apporto di nutrienti)
 TOSSICITA’: ( 200- 103) anche qui si arriva alla morte per intossicazione acuta.
 LETALITA’: (103 – 104)

Agli estremi della campana, ho eccesso o carenza, entrambe negative, in quanto entrambe portano a morte.
E’ simile per qualsiasi nutriente e sale minerale, varia solo la quantità che si apporta ( cioè le x)

Ad esempio il Fluoro :
 (2-10) mg/die STATO FISIOLOGICO
 (2-0,5) mg/die fino a 0 CARENZA O DEFICIENZA
 (10-20) mg/die TOSSICITA’
Per il Na e per il Ca sulle x vi saranno gr , per il Mg sulle x centinaia di g, per il Cr sulle x vi sono μg.
POSSIBILE DOMANDA:
SPIEGARE IL DIAGRAMMA DI BERTRAND, DISEGNARLO E SPIEGARE I VARI PEZZI DELLA
CAMPANA.

BIODISPONIBILITA’
Ai fini della biodisponibilità, è importante la FORMA CHIMICA.
La biodisponibilità ci permette di capire che è necessario, un assorbimento e il successivo trasporto verso il
sito d’azione in cui poi svolge la sua azione.
Esempio:
Il SELENIO negli integratori alimentari veniva dato come inorganico, che è poco biodisponibile.
Ora viene dato in quantità più basse come organico.
MERCURIO ( Hg): quello inorganico riversato nelle acque, i pesci poi avranno Hg organico, cioè metilato,
perciò più biodisponibile.
Vi possono essere Sali:
- In cui è necessario migliorare la biodisponibilità
- Con tossicità ( dunque necessario il controllo del contenuto)
La biodisponibilità è connessa con organismo / alimento.
Abbiamo :
 FATTORI ESTRINSECI: legati all’ALIMENTO
Assunzione calcio ( CaCl biodisponibile o CaCo3 non biodisponibile)
Oppure Calcio biodisponibile ma con ACIDO FITICO: esso è un chelante del Calcio, dunque si ottiene il
FITATO DI CALCIO, che è insolubile.
I fattori estrinseci sono noti anche come FATTORI ALIMENTARI.

Forma chimica : se insolubile non è biodisponibile


Stato di ossidazione :Cr III ( è necessario) e il Cr VI ( è tossico).
Solubilità: (importante) : riguarda non solo i Sali minerali ma tutti i componenti che possono essere assunti,
anche i farmaci stessi.
Presenza di chelanti: (Es: gli spinaci contengono l’acido ossalico, che se è presente del formaggio e quindi
del Ca, l’acido ossalico, salifica formando l’ossalato di calcio, più solubile che sottrae il calcio
dall’assorbimento.

Antagonismo competitivo e non con altri metalli:


integratori multi minerale : contenente Ca, Zn , Fe, ecc
Integratori di singoli componenti
Gli ioni bivalenti possono entrare in competizione tra di loro, ( ad esempio: lo Zn ha la capacità di
aumentare le difese immunitarie, è utilizzato in integratori con funzione di protezione dell’organismo nei
confronti dell’influenza e malattie da influenzamento. In America è stato ampiamente utilizzato. L’utilizzo
esagerato nel tempo, ha causato delle carenze di Ca e altri Sali minerali, è necessariadunque l’assunzione in
quantità adeguate, di integratori multi minerali,a causa di una possibile interazione tra i metalli bivalenti
 FATTORI INTRINSECI: legati all’UOMO, ALL’ORGANISMO
Ad esempio lo stato di salute, ad esempio malattie del tratto intestinale come il Morbo di Crohn, con
alterazione dell’assorbimento o la celiachia.
I fattori intrinseci sono noti anche come FATTORI FISIOLOGICI ( connessi all’uomo):

Negli anziani il pH gastrico è meno acido, condizionando l’assorbimento di alcuni nutrienti.

La microflora intestinale: essa può condizionare l’assorbimento dei nutrienti, perché esse stessa utilizza i
nutrienti, ma anche perché il metabolismo per i batteri può essere diverso.

Stati fisiologici particolari: donna in gravidanza, adolescenza in crescita (ad esempio, adolescenti che
affrontano una gravidanza, essendo in crescita, con raggiungimento del picco di massa ossea, che però è
interrotto dalla gravidanza, che essendo a favore del feto, indirizza il Ca che servirebbe per il
raggiungimento del picco, viene dirottato in gravidanza sul feto. Dunque si hanno casi di RACHITISMO di
mamme adolescenti, con conseguenti problemi di osteoporosi negli anni successivi.

Stress ambientale ( presenza di contaminanti)

MACROELEMENTI
( Calcio e Magnesio sono borderline tra macro-micro)

SODIO :
In un organismo di circa 70 Kg, c’è un elevato contenuto di Na,circa 1,5 Kg.
Esso è ubiquitariamente distribuito in tutto l’organismo, in quanto è ubiquitariamente distribuito in tutti i
fluidi e le cellule.

È di fondamentale importanza per equilibrio idro-salino, la pompa Na/K.

In generale l’apporto con gli alimenti, del Na è sufficiente per il fabbisogno, il sale aggiunto ( per la pasta ,
per l’insalata), infatti è detto Na in ECCESSO.

Vi sono due tipi di sale:

- NON DISCRIZIONALE: è il Na presente nei vegetali o nella carne o nell’acqua, tale sodio
contenuto negli alimenti non può essere estratto
- DISCREZIONALE: esso non è necessario, perciò deve essere ridotto il più possibile.(sale nella
pasta) .
CALCIO Rappresenta il 2% dell’organismo umano.
Esso per il:
99% è nelle OSSA-DENTI 1% è nei TESSUTI MOLLI-SANGUE
1,2 kg di calcio nell’adulto

Ha funzione plastica: è la matrice minerale


del tessuto osseo

BIODISPONIBILITA’ DEL CALCIO


E’ influenzata da:

- FATTORI INTRINSECI:

 ETA’

Le donne in gravidanza e allattamento c’è un maggior fabbisogno di Calcio, e dunque un maggior


assorbimento, dovuto alla crescita del bambino.

Negli anziani c’è una riduzione dell’assorbimento di Ca, con riduzione della sintesi della Vitamina D.
(1,25 diidrossicolecalciferolo).
( infatti l’anziano ha una minor produzione di vit D per minor esposizione alla luce, inoltre dalla dieta
assumono pochi micronutrienti)

- FATTORI ESTRINSECI:

 ANTAGONISMO CON ALTRI METALLI

L’introduzione prolungata di Zn (75-300 mg/die) riduce l’assorbimento del Calcio e del Magnesio, a causa
della competizione per i siti di assorbimento a livello intestinale.

Eccessi di Calcio con la dieta sono rari, si possono però verificare in seguito ad inappropriata
somministrazione di Vit D o ELEVATO APPORTO DI CALCIO con la dieta in soggetti affetti da ulcere
peptica ed insufficienza renale, che causa calcificazione dei tessuti molli.
Tale eccesso causa un’inibizione dell’assorbimento di Ferro e Zinco.

 ALTRI NUTRIENTI DELLA DIETA


 PRESENZA DI CHELANTI

Es: Acido ossalico o Acido fitico

Tutti i metalli bivalenti positivi, in presenza di fitati o ossalati possono


essere chelati , formano una forma non assorbibile e dunque non possono essere direttamente utilizzati
dall’organismo.

ACIDO FITICO:

SVANTAGGI:

E’ un agente antinutrizionale perché chela i diversi metalli bivalenti, riduce


infatti l’assorbimento dei Sali minerali

VANTAGGI:

E’ un antiossidante, azione protettiva nei confronti dello stress ossidativo


( dati però non ancora confermati)

 FORMA CHIMICA

MAGNESIO
E’ presente in tutti gli alimenti, ed assunto in modo sufficiente per soddisfare il fabbisogno.
E’ al confine tra macro e micro alimento.

Esso è presente in molti alimenti di origine vegetale come la CLOROFILLA, al centro del nucleo pirrolico,
che lo protegge dall’azione dei composti chelanti come l’acido fitico o ossalati e ne facilita l’assorbimento.
( anche il Fe del nucleo dell’eme è protetto, dunque più biodisponibile)
Il Mg negli animali e nei vegetali non verdi, è meno biodisponibile, in quanto è suscettibile a chelazione.

Il Mg nei cereali è presente nella parte corticale, cioè quella porzione


che viene eliminata durante la raffinazione del chicco. ( alimenti
integrali : importanti per Sali minerali e per fibra)
Lezione 5 24/10/16

FERRO
Il Ferro che è un altro micronutriente che costituisce lo 0,5% del peso corporeo. Si trova sotto forma di
EME ma in piccola % (circa il 25% del totale) come forma di deposito, trasporto. Il suo assorbimento è
influenzato sia da FATTORI INTRINSECI che ESTRINSICI; esiste in natura in due forme

 Fe2+ EME contenuto in carne e pesce. Il 40-50 % del ferro presente e nella forma eme e circa il 20-25 %
viene assorbito  è di gran lunga più disponibile rispetto al Fe non eme e ciò dipende dal fatto che la
sua biodisponibilità e quindi il suo assorbimento è indipendente dalla presenza di chelanti e altri composti;
viene assorbito come complesso porfirinico. La carne rossa ha una percentuale maggiore di ferro ma dire
che il ferro contenuto è più biodisponibile è sbagliato, è solo in maggiori quantità.
 Fe3+ NON EME contenuto in pesce, uova, vegetali latte e derivati in quanto non sono presenti eme-
proteine; è poco biodisponibie (circa 2-12%) e ciò è dovuto al fatto che alcuni agenti chelanti possono
portare ad un mal assorbimento. Ci sono degli accorgimento che possono essere seguiti per avere un
corretto assorbimento come l’ assunzione di vitamina C (fattore estrinseco) essendo un agente riducente
riduce il Fe 3+ a 2+ e lo rende più biodisponibile, negli anziani c’ è una riduzione della secrezione gastrica di
HCl (fattore intrinseco) e ciò porta ad un possibile problema sull’ assorbimento del ferro non eme perché
viene ridotto l’ assorbimento a causa del fatto che il pH non è abbastanza acido. La biodisponibilità del
ferro rappresenta quindi un bilancio tra tutti i fattori presenti. L’organismo ha la capacità di incrementare
l’assorbimento del ferro in stato di carenza.

CARENZE (sideropenia): sono molto diffuse e le fasce di popolazione a maggior rischio sono:

1)Neonati pretermine (fabbisogno doppio) : si definisce pretermine un neonato con un peso inferiore ai 2,5kg
e si tratta di neonati con tutti i sistemi e apparati immaturi. In particolare in questi neonati è presente lo
STRESS OSSIDATIVO -> condizione in cui il soggetto che respira e che quindi ha un’ attività mitocondriale
produce ROS (sostanze reattive dell’ ossigeno) come l’ anione superossido, il radicale perossidico, l’acqua
ossigenata e sono sostanza che sono in grado di interagire con le macromolecole biologiche come DNA, lipidi e
proteine di membrana andandole a degradare o aggiungendo delle modifiche strutturali. Nonostante il nostro
organismo produca ROS (come naturale processo cellulare), la presenza di difese antiossidanti permette allo
stesso organismo umano di sopravvivere. Ci sono due tipologie:

 DIFESE ANTIOSSIDANTI ENZIMATICHE: superossido dismutasi, catalasi, glutatione perossidasi sono


enzimi che hanno una funzione detossificante ossia sono in grado di degradare i ROS trasformandoli in
sostanze meno reattive
 DIFESE ANTIOSSIDANTI NON ENZIMATICHE: vitamina A, E, C, sostanze endogene con attività
antiossidante.

Poiché nei bambini pretermine lo stress ossidativo è particolarmente presente ma il loro sistema di difesa
antiossidante è immaturo, non si riesce a contrastare i ROS e quindi questi bambini sono perciò esposti a
molte patologie. Necessitano anche di un fabbisogno doppio di Fe e cosa molto importante devono nutrirsi
con latte materno di mamme di neonati pretermine in quanto questo latte ha un potere antiossidante
maggiore rispetto al latte materno di mamme di bambine nati a termine -> l’ allattamento al seno è
prioritario in questi casi

2)LATTANTI: latte materno contiene fe altamente biodisponibile e nel caso in cui non fosse possibile l’
allattamento il latte in polvere ha una concentrazione di Fe 2-3 volte superiore a quella del latte materno in
quanto essendo meno biodisponibile si cerca di arrivare comunque all’ apporto necessario al neonato

3)ADOLESCENTI in quanto hanno una crescita maggiore in questa fase e quindi l’ apporto di corretto Fe
permette di condurre una crescita ottimale (maschi12mg/die-femmine18mg/die); nel caso della donna l’
apporto di Fe è superiore in quanto la presenza del ciclo mestruale porta alla perdita di Fe che deve essere
integrato con la dieta.

4)DONNE IN ETÀ FERTILE

5)DONNE IN GRAVIDANZA (30mg/die) sempre nell’ ottica di far crescere in modo ottimale il feto.

CROMO
Il cromo esiste in natura in due forme Cr3+ e Cr6+ (forma tossica). Agisce potenziando l’ azione dell’ insulina
e influenza quindi il metabolismo dei carboidrati, il suo ruolo non è stato comunque completamente
definito. Quello che viene assunto con l’ alimentazione è il Cr 3+, infatti il Cr6+ è tossico e può essere
assunto accidentalmente poichè presente in delle vernici o spray utilizzate in ambienti lavorativi quindi
può procurare cancro ai bronchi o se c’è contatto può procurare dermatiti, lesioni o ulcere cutanee. Il Cr3+
è presente negli integratori utilizzati nelle diete (in dosi massicce è tossico).

RAME
Anche il rame è presente in natura come Cu+ e Cu2+. Svolge numerose funzioni poiché è presente in una
serie di metallo-enzimi che rientrao in diverse vie metaboliche.
Come nell’ uomo, anche negli animali il rame è presente negli stessi organi; l’ assorbimento è del 30-70%
della quantità assunta con gli alimenti, viene favorito in diverse condizioni come pH acido ( quindi negli
anziani dove la secrezione di HCl nel tratto GI è minore, l’ assorbimento di rame diminuisce) , è inibito da
chelanti come ftati, può essere inibito per antagonismo selettivo da Calcio e Zinco, inoltre il Cu 2+ è più
disponibile ma l’ assunzione di acido ascorbico (vitamina C) comporta la riduzione del Cu 2+ a +,
diminuendone la biodisponibiltà (situazione opposta nel caso del Fe)

FONTI ALIMENTARI

 Frutta secca
 Molluschi, cozze, frutti di mare

CARENZE: non sono diffuse ma le fasce di popolazione a rischio sono i neonati pretermine, persone
malnutrite, persone che si nutrono per via parenterale, alta assunzione di Zinco (antagonismo competitivo)
porta al minor assorbimento di rame ( vale anche per calcio e ferro).

TOSSICITA’: attualmente l’ assunzione “accidentale” di rame è poco frequente. La concimazione e il


trattamento delle viti con il cosiddetto VERDERAME viene fatta al fine di evitare la crescita di
microorganismi -> ci saranno quindi quantità eccessive di rame, da qui l’ importanza di lavar bene ortaggi e
affine per evitare un’ ingestione massiccia di rame che darebbe TOSSICITA’ ACUTA. La TOSSICITA’ CRONICA
si manifesta attraverso ingestione con alimenti (max 35mg/die) o ingestione con bevande come solfato di
rame (max 10mg/die)

ZINCO
Le sue funzioni sono collegate al fatto che è presente in metallo-enzimi che rientrano in più cicli
metabolici.
Le fonti sono carne, uova, pesce e latte e l’ assorbimento rispetto alle quantità assunte è del 10-40% a
livello intestinale. Un’ assunzione accidentale di zinco è meno pericolosa risetto a quella di rame perchè in
quest’ ultimo caso l’ assorbimento è più elevato. Ci sono diversi fattori che influenzano l’ assorbimento

FATTORI ESTRINSECI: chelanti e antagonismo competitivo ne diminuiscono l’ assorbimento, mentre


proteine animali ne aumenta l’ assorbimento.

FATTORI INTRINSECI: interazioni con farmaci quali tetracicline, contraccettivi orali e diuretici che
nediminuiscono l’ assorbimento.

IODIO
Presente nell’ uomo in quantità variabile tra i 10-20 mg in quanto componente degli ormoni tiroidei, una
carenza di iodio porta alla formazione del cosiddetto “gozzo”. Gli ormoni tiroidei svolgono diverse funzioni:

La presenza dello iodio è importante per garantire la sintesi degli ormoni tiroidei e una carenza di iodio
può essere molto grave soprattutto nelle donne in gravidanza, in quanto può portare (secondo degli studi)
ad una scarsa predisposizione allo studio nel figlio. Attualmente il problema è stato superato nei paesi
occidentali con l’ assunzione di sale iodato e secondariamente con la globalizzazione dei consumi si può
accedere a degli alimenti che sono ricchi di iodio; la problematica della carenza di iodio rimane per quei
paesi che non hanno sbocchi sul mare e in via di sviluppo. Ci sono dei fattori che influenzano l’
assorbimento di iodio:
SELENIO
È un minerale importante per il sistema antiossidante in quanto è presente in alcuni metallo-enzimi come
la glutatione perossidasi che è un enzima antiossidante, riveste quindi un ruolo fondamentale nel
“combattere” lo stress ossidativo che è causa di malattie croniche degenerative come le malattie
cardiovascolari, quelle neurodegenerative, il diabete di tipo 2 e sembra essere alla base dell’
invecchiamento. Ci sono zone del mondo in cui è particolarmente presente la CARENZA di selenio come le
zone settentrionali dell’ emisfero boreale quali Canda, Finlandia o la Cina (Morbo di keshan) a causa di
alimenti con basso contenuto di selenio, il problema è stato risolto con concimazioni a base di selenio.

FLUORO
Nell’ uomo son presenti circa 5mg ed è presente per il 96% nelle ossa e nei denti, quindi è molto
importante per l’ integrità dello scheletro e la prevenzione delle carie. La principale fonte di fluoro è l’
acqua al di là del fatto che sia fluorurata o meno.

VITAMINE
Le vitamine sono dei micronutrienti essenziali in quanto il corpo umano non è in grado di sintetizzarli; in
realtà sia la vitamina D che PP sono prodotte dall’ uomo ma non in maniere quantitativamente sufficiente
per il fabbisogno. Si distinguono due gruppi:

 VITAMINE LIPOSOLUBILE: A, D, E, K
 VITAMINE IDROSOLUBILI: gruppo B e gruppo C

Dal punto di vista chimico sono molto eterogenee per questo viene fatta questa distinzione sulla base delle
solubilità. Le vitamine liposolubili tendono ad accumularsi nel tessuto adiposo (da qui la difficoltà ad avere
carenze), quindi un’ assunzione massiccia porta ad una tossicità cronica. Una situazione opposta si ha per le
vitamine idrosolubili dove si ha facilmente carenze in quanto eliminabili con le urine. Ci sono diversi gruppi
di popolazioni a rischio di carenze marginali:

 Persone che conducono un’ alimentazione sbilanciata assumendo alimenti sottoposti a raffinazione
(ricchi di calorie e poveri di Sali minerali e micronutrienti in generale)
 Sportivi
 Persone inclini ad abitudini vuluttuarie come gli alcolisti che soffrono di carenza di vitamine B
 Persone sottoposte a terapie farmacologiche
 Persone affette da patologie croniche
 Donne in gravidanza o allattamento

Le vitamine sono termolabili, ossidabili, degradabili in presenza di additivi. I fattori che influenzano la
presenza di vitamine negli alimenti sono:

-Condizioni climatiche e di coltura

-Conservazione

-Mondatura

-Lavaggio

-Cottura (forno, pentola a pressione, microonde tempo di cottura temperatura di cottura recipiente)

Trattamenti:

a) addizione di additivi (NO2-, SO2)

b) scottatura

c) sterilizzazione (UHT)

d) raffinazione (olii, cereali)

Le vitamine liposolubili sono termostabili alla cottura. Le carenze di vitamine si risolvono con l’ assunzione
di integratori multivitaminici o specifici; a seguito sono riportati i larn di alcune vitamine
VITAMINA A
Il 6 gruppo alimentare è il più ricco di carotenoidi contenenti il βcarotene che la pro vitamina A contenuto
in pomodori e ortaggi giallo- arancioni; può essere assunta come retinolo ( forma biologicamente attiva)
presente negli alimenti di origine animale come fegato, uova e latte. Le funzioni che svolge sono:

TOSSICITA’: acuta (300mg/die) e cronica (stoccaggio nel fegato). Nei paesi del mediterraneo è stato
abbondantemente dimostrata la teratogenesi sul feto con assunzioni maggiori di 6 mg/die e infatti la
vitamina A è sconsigliata nelle donne in gravidanza; nei paesi del Nord invece ciò non si riscontra in quanto
qui non sono presenti tutti quegli alimenti ricchi di vitamina A che sono invece presenti nelle zone del
mediterraneo.
VITAMINA E
Questa vitamnina è sensibile all’ ossigeno, metalli pesanti ed è stabile al calore. È naturalmente presente
negli olii in diverse forme, tra cui
Sono presenti vari tocoferoli e tocotrienoli e le proprietà vitaminiche e antiossidanti variano: l’ alfa
tocoferolo è più vitaminico e meno antiossidante, scendendo giù nella tabella l’ attività antiossidante
aumenta e infatti nel delta tocoferolo l’ azione vitaminica è minore e quella antiossidante è maggiore.

La vitamina E essendo un antiossidante naturale è presente come conservante naturale negli olii
prevenendone la degradazione ossidativa.
CHIMICA DEGLI ALIMENTI
25 ottobre 2016

VITAMINA D
È sensibile ad ossigeno e radiazioni mentre è stabile al calore e alle basi. È una vitamina liposolubile.

Essa può essere di origine vegetale o animale:

-ergocalciferolo (vit D2) è presente nei vegetali;

-colecalciferolo (vit D3) è presente nel pesce, nei grassi, nelle uova.

La vitamina D è molto importante perché serve ad aumentare l’assorbimento intestinale del calcio e per il
trofismo osseo. Essa è anche considerata una sorta di ormone presente in tanti distretti dell’organismo.
L’organismo è in grado di sintetizzarla ma non in quantità sufficiente quindi bisogna assumere con la dieta il
7-deidrocolesterolo. A partire da esso nella pelle grazie alle radiazioni solari avviene la sintesi del
colecalciferolo che viene poi idrossilato in posizione 1 e 25: la prima idrossilazione avviene a livello epatico
mentre la seconda a livello renale producendo il diidrossi colecalciferolo che è la forma biologicamente
attiva.

È stato dimostrato che la vit D ha un ruolo anche in patologie extrascheletriche come:


 tumori;
 malattie del metabolismo;
 malattie del sistema cardiovascolare;
 malattie del sistema immunitario.
La vit D infatti contribuisce a regolare la produzione e la secrezione di numerosi ormoni, ha un ruolo nel
controllo della differenziazione e della proliferazione cellulare e anche nella modulazione della risposta
immunitaria.
Sull’azione anti-proliferativa della vit D sono in corso numerosi studi sia in vitro che in vivo sugli animali per
accertare l’attività antineoplatica del calcitriolo (ad oggi non ci sono dati sufficienti).

CARENZA
I gruppi di popolazione a rischio di carenze di vit D sono:

 Soggetti in crescita. I bambini necessitano di calcio, infatti la sua carenza può portare a rachitismo,
debolezza muscolare e deformazione ossea. Sono state fatte delle ricerche storiche in Inghilterra e
si è visto che nella prima rivoluzione industriale, quando i bambini rimanevano molte ore nelle
fabbriche e costretti a un’alimentazione senza varietà di alimenti, ci furono numerosi casi di
rachitismo;
 Anziani. Raggiunto il picco di massa ossea si verifica un costante decadimento della massa ossea
che può portare a fratture. Inoltre negli anziani, sia per l’ispessimento della pelle sia per la scarsa
esposizione al sole, si verifica una diminuzione della sintesi endogena;
 Donne musulmane. Esse essendo coperte da veli espongono meno la pelle al sole diminuendo la
sintesi endogena della vit D;
 Adolescenti gravide. Non essendosi ancora completamente compiuto lo sviluppo osseo bisogna
incrementare l’apporto di vit D sia per la madre che per il feto.

L’integratore di vit D è molto utilizzato in gocce.


Nelle persone che soffrono di diverse forme di malattie reumatiche ci sono bassi livelli di vit D associati
quindi ad un maggior rischio di tumori e di mortalità. I risultati di queste indagini epidemiologiche indicano
che i trattamenti con vit D possono aiutare chi soffre di malattie reumatiche a migliorare la loro condizione
e che la supplementazione potrebbe essere utile a prevenire queste malattie. La carenza di vit D è comune
in numerose condizioni reumatiche: più dell’85% dei pazienti mostra livelli troppo bassi rispetto alla norma
per cui anche l’assunzione della dose giornaliera raccomandata risulta essere insufficiente per normalizzare
i valori ematici.
Tuttavia esistono dubbi riguardo alcuni effetti indesiderati di elevati livelli di supplementazione, che
richiedono ulteriori indagini randomizzate operando secondo uno studio clinico rigoroso con dei placebo
come controllo.

Il deficit è associato anche a malattie cardiovascolari come ipertensione, insufficienza cardiaca, cardiopatia
ischemica. Degli studi hanno dimostrato che il deficit di vit D aumenta il rischio di sviluppare ipertensione
incidente o morte improvvisa per cause cardiache nei soggetti con malattie cardiovascolari presenti. I
risultati di queste ricerche hanno promosso numerosi studi riguardo gli effetti dell’integrazione della
vitamina D in individui già affetti da malattie cardiovascolari e i meccanismi tramite i quali essa agisce sono
ancora poco conosciuti.

TOSSICITA’
In caso di ingestione accidentale si riscontrano nausea, diarrea, perdita di peso. Mentre per ingestione
prolungata si origina ipercalciuria (aumento di calcio nelle urine), nefrocalcinosi (calcificazione del rene) e
calcificazione dei tessuti molli fino alla morte.
VITAMINA K
K deriva da Koagulation in quanto è il cofattore di una carbossilasi necessaria per l’attivazione di diverse
proteine plasmatiche (tra cui la protrombina) necessarie per la coagulazione.
È sensibile alle radiazioni, alle basi e ad agenti riducenti. È stabile ad ossigeno, umidità e agli acidi. Il
quantitativo sufficiente di vit K può derivare sia dalla dieta sia dalla sua sintesi che avviene a livello della
flora intestinale.
Può essere di origine:
 vegetale, detta fillochinone (K1). Presente nelle verdure a foglia verde scura;
 animale, detta menachinone (K2). Prodotta dalla flora microbica intestinale e presente in carne e
latticini.

CARENZA
La vit K ha un elevato turnover quindi tende ad accumularsi meno e quindi può originare problematiche di
carenze.
Le carenze si possono manifestare:
 in soggetti che hanno malattie di malassorbimento dei lipidi che veicolano le vit liposolubili;
 per una terapia antibiotica prolungata perché la vit K viene prodotta in quantità minore in caso di
bisbiosi (squilibrio tra i microorganismi che la producono e i patogeni a favore di questi ultimi);
 neonati, hanno i sistemi enzimatici immaturi e quindi si possono verificare carenze delle vitamine.

TOSSICITA’
Se assunta in quantità elevata si origina alterazione dei sistemi ossidoriduttivi degli eritrociti,
iperbilirubinemia e ittero (anche nei neonati).
VITAMINE IDOSOLUBILI

VIT B1 o TIAMINA

È la vit del gruppo B più stabile al calore. È coinvolta nel metabolismo energetico e quindi l’introito di vit B1
è connesso (deve essere in linea) con l’introito energetico.

CARENZA
L’assorbimento avviene nel duodeno e in caso di abuso di alcol ci può essere un ridotto assorbimento
intestinale e quindi una carenza di vit B1. Gli alcolisti cronici sono a rischio di carenze anche di altre
vitamine.
La carenza di tiamina è dovuta alla scarsa possibilità di immagazzinamento, i sintomi da carenza compaiono
dopo pochi giorni di assunzione di dieta di carenza di vit B1. La sintomatologia però è aspecifica in quanto i
sintomi sono stanchezza, debolezza, difficoltà di concentrazione e quindi è di difficile diagnosi.
La carenza di vit B1 però può portare anche alla deficienza cronica:
 in paesi sottosviluppati: la beri-beri ossia con alterazioni del sistema nervoso, cardiovascolare e
gastroenterico. Tale sindrome è ancora diffusa in alcune regioni dell’estremo oriente dove si
consuma molto riso brillato;
 in Italia associata all’alcolismo, all’uso di droghe, alla carenza proteico-energetica e ai farmaci. Le
deficienze acute legate al consumo di alcol o droghe provocano lesioni del SNC originando una
sindrome detta encefalopatia di Wernicke.

TOSSICITA’
Data la facilità con cui viene eliminata, non sono stati rilevati effetti tossici anche a dosi molto elevate (500
mg/die per un mese).

VITAMINA B2 o RIBOFLAVINA

Le principali fonti sono:


 -lievito di birra
 -latte
 -fegato
 -rene
 -cuore di diversi animali
 -uova
 -vegetali a foglia verde.
Questa vit risente molto della stagionalità: il suo contenuto nel latte prodotto in estate è maggiore di quello
prodotto in inverno in base al foraggio mangiato dal bovino.
Questa vit interviene in diverse reazioni di ossido-riduzione come:
 decarbossilazione ossidativa dell’acido piruvico;
 ossidazione degli acidi grassi e degli AA;
 trasporto di elettroni nella catena respiratoria.
Quindi è connessa alla proliferazione cellulare, alla divisione cellulare e alla fisiologia del sistema nervoso.

CARENZA
La carenza specifica di vit B2 è rara, ed è associata ad una carenza generalizzata di tutte le vit del grupp B. i
sintomi da carenza generalizzata sono:
 arresto nella crescita;
 alterazionei della cute;
 stomatite;
 alterazione nell’assorbimento dei nutrienti.
La carenza di vit B2 è anche correlata alla deficienza di altri nutrienti: provoca carenza secondaria di ferro,
triptofano e vit PP (che è sintetizzata a partire dal triptofano).

TOSSICITA’
Non sono stati rilevati effetti tossici in seguito ad ingestione di quantità elevate di vit B2 perchè un eccesso
di vit B2 viene eliminato con le urine in quanto è una vitamina idrosolubile.

BIOTINA (VIT B8)


È sensibile al calore e deriva dalla dieta o dalla microflora intestinale.
La carenza può essere:
 carenza primaria, è rara e può verificarsi in seguito a nutrizione parenterale;
 carenze marginali possono verificarsi in seguito all’ingestione di elevate quantità di uova crude.
L’albume infatti contiene una proteina che forma un legame termolabile con questa vitamina
rendendola non più biodisponibile e assorbibile. Questa proteina essendo termolabile quandosi
cuoce l’uovo si denatura rendendo la vitamina B8 disponibile per l’assorbimento.
Non sono stati rilavati effetti tossici con livelli fino a 10 mg/die, si elimina con le urine.

ACIDO PANTOTENICO (Vit B5)

È sensibile agli acidi e alle basi mentre è abbastanza stabile al calore. L’apporto avviene tramite la dieta e
per produzione da parte della microflora intestinale. Data l’elevata distribuzione negli alimenti la sua
carenza è rarissima, si verifica solo se c’è una carenza generalizzata delle vitamine del gruppo B.
Non sono stati rilavati effetti tossici, non si accumula e si elimina con le urine.
ACIDO FOLICO

È una vitamina del gruppo B ed è facilmente ossidabile. L’acido folico è essenziale, esso si assume tramite la
dieta ma viene anche prodotto dalla flora batteria intestinale. I folati sono presenti nei prodotti di origine
vegetale e animale ma sono poco biodisponibili. La scarsa biodisponibilità è dovuta alla loro presenza in vari
alimenti che ne riducono l’assorbimento: l’arancia provoca una diminuzione dell’80% mentre i legumi del
20%.
Gli stati carenziali sono abbastanza diffusi: negli anziani circa il 20% degli uomini e il 12% delle donne
presentano una carenza marginale.
L’acido folico è coinvolto:
 nella differenziazione cellulare;
 nei processi di eritropioesi (può originare anemia nell’anziano).
La carenza nell’adulto pota a riduzione nella sintesi del DNA con gravi danni a cellule soprattutto quelle con
elevato turnover come le cellule del midollo osseo.

ACIDO FOLICO IN GRAVIDANZA


La carenza di acido folico nella madre può portare alla spina bifida nel nascituro.
Durante la gravidanza il fabbisogno raddoppia in quanto serve sia alla madre sia per la crescita del feto.
L’acido folico serve nell’atto del concepimento, la carenza di acido folico è subdola perché dopo 30 giorni
c’è la chiusura del tubo neurale, la donna può non sapere di essere nello stato gravidico ma se ha una
carenza di acido folico c’è e una maggiore difficoltà nella chiusura di questo tubo. Quindi è importante
assumere acido folico sia durante la gravidanza sia prima del concepimento per non averne una carenza:
tutte le donne in età fertile che non hanno una terapia anticoncezionale sicura dovrebbero assumere acido
folico. L’incidenza delle patologie del tubo neurale grazie alla supplementazione di acido folico è del 70% in
meno. L’assunzione può avvenire grazie all’assunzione di un integratore.
Le patologie del tubo neurale sono gravissime e molto invalidanti, infatti il tubo neurale è quella parte del
feto che si sviluppa per formare il cervello, la scatola cranica dorsale e la spina. Il tubo neurale si chiude tra
il diciassettesimo e trentesimo giorno dal concepimento, se non si chiude correttamente e completamente
durante le prime settimane di gravidanza il bambino sviluppa gravi malformazioni congenite al SNC. La
spina bifida è il più frequente dei DTN (difetti del tubo neurale) ed è dovuta ad una incompleta chiusura
della parte inferiore del tubo neurale.
La spina bifida comporta gravi disabilità fisiche e mentali come:
 -paralisi degli arti inferiori;
 -difficoltà di controllo degli organi interni (intestino e vescica),
 -difficoltà nello sviluppo e nell’apprendimento;
 -ritardo mentale;
 -idroencefalia;
 -anencefalia (il cervello si sviluppa in modo incompleto o non si sviluppa in seguito alla incompleta
chiusura della parte superiore del tubo neurale). Di solito questi bambini non nascono neanche
perché queste malformazioni sono incompatibili con la vita.
L’80-90% dei bambini con questa patologia sopravvive fino all’età adulta, è una patologia grave perché
questi bambini sono fortemente invalidi.
C’è anche un aspetto di ereditarietà in questa malattia anche se il 95% delle malformazioni si presentano in
bambini nati da donne senza alcuna famigliarità con queste patologie. Se una donna ha avuto un aborto in
seguito alla spina bifida si aumenta ulteriormente il quantitativo di acido folico, agendo quindi sul fattore di
rischio per questa patologia di natura multifattoriale (è dovuta infatti sia a fattori genetici che ambientali).
Negli stati uniti il 40% delle donne statunitensi in età fertile assume quotidianamente un integratore
multivitaminico a base di acido folico.
Inoltre negli stati uniti le farine sono state addizionate di acido folico: in questo modo però si va
supplementare di questa vitamina tutta la popolazione senza andare ad agire esclusivamente sulla donna in
età fertile. Ciò ha originato da una parte una forte diminuzione di questa patologia dall’altra però sono
aumentati i casi di tumore alla prostata o al colon-retto negli uomini. Di conseguenza è meglio
supplementare l’acido folico solo nella donna in età fertile e non estenderla a tutta la popolazione.

La carenza di acido folico è spesso associata a carenza di altri oligonutrienti (zinco, vit B12, vit B6) che sono
ulteriori fattori di rischio teratogeno (difetti del tubo neurale).
E utile l’assunzione di acido folico nei mesi precedenti il concepimento e anche la contemporanea
supplementazione di queste vitamine che sono connesse allo sviluppo del sistema nervoso.

Le donne in età fertile che presentano uno dei fattori di rischio devono essere monitorate con attenzione
perché può essere necessaria l’assunzione di maggiori quantità di acido folico.
I fattori di rischio sono:
 famigliarità con malattie del tubo neurale;
 precedente gravidanza con un DTN;
 presenza di patologie come il diabete mellito, l’obesità e l’epilessia.

Quindi durante una gravidanza bisogna:


 avere una dieta ricca di acido folico. Esso si trova nelle verdure a foglia verde, arance, limoni,
legumi e cereali;
 assumere alimenti fortificati;
 assumere quotidianamente integratori a base di acido folico.
In Italia non esiste l’obbligo di produzione di alimenti fortificati, ma esiste solo una fortificazione su base
volontaria adottata da alcune industrie alimentari. Sono presenti sul mercato solo alcuni cereali da
colazione, succhi di frutta e latte.
Esiste una grossa problematica non ancora divulgata riguardo all’acido folico. Nei cereali conservati nei silos
si possono sviluppare delle muffe come le micotossine [per esempio le aflatossine sono delle micotossine
prodotte da funghi del genere aspergillus, oltre ad esse ci sono anche altre micotossine come quella
presente nei semi del caffè verde che viene eliminata tramite tostatura oppure la patulina tipica delle mele
marce] tra esse c’è la fumonisina. Essa è prodotta da funghi della specie fusarium.

La presenza di questa micotossina riduce la biodisponibilità dell’acido folico assunto con la dieta e questo
può originare una carenza anche con una supplementazione adeguata. In carenza di folati infatti la
sensibilità delle cellule alla tossicità della fumonisina è maggiore in quanto c’è una riduzione della
espressione dei geni che presiedono alla sintesi di due trasportatori dei folati all’interno della cellula,
originando così una minore biodisponibilità. Quindi è importante la qualità degli alimenti.
VITAMINA B6

È abbastanza stabile a calore e radiazioni, mentre è sensibile alle basi. È assunta con la dieta e sintetizzata
dalla flora intestinale. La carenza è rara. In passato si è verificato un episodio in cui per un errore nella
produzione di un latte per l’infanzia la vit B6 risultava in quel prodotto legata alla lisina e quindi non
essendo più biodisponibile causò carenza nei lattanti originando disturbi neurologici e convulsione che
regredirono dopo la reintroduzione della vitamina. Il legame di questa vitamina con la lisina era dovuto ad
un trattamento termico troppo spinto che aveva originato un legame per reazione tra il gruppo aldeidico
del piridossale e il gruppo amminico della lisina in epsilon (una sorta di reazione di Maillard).

VITAMINA B12
Connessa con lo sviluppo del sistema nervoso e la proliferazione cellulare assieme all’acido folico e alla vit
B6. È la vitamina che bisogna consigliare in farmacia ai vegetariani/vegani perché essa si trova solo negli
alimenti di origine animale in quanto essendo prodotta dai microrganismi presenti negli alimenti di origine
animale la si trova come componente dell’alimento come prodotto dei batteri contaminanti. Quindi è
presente nel latte, nei formaggi e nella carne.
Può essere sintetizzata da batteri, funghi e alghe ma in quantità limitata.
Gli alimenti vegetali non ne contengono al meno che siano contaminati da funghi o batteri. L’assorbimento
della vit B12 aumenta al diminuire delle dosi assunte: la percentuale di assorbimento è pari a circa il 75%in
seguito all’assunzione di 0,5 microgrammi/die e circa il 40% con una dose di 1 microgrammi/die (è un
meccanismo di difesa del nostro organismo per cercare di evitare le carenze).
La vit B12 per essere assorbita a livello dell’ileo deve prima legarsi al fattore intrinseco, una glicoproteina
secreta dalle cellule parietali.
Essa è indispensabile in numerosi reazioni biochimiche nelle quali interviene come coenzima. La carenza di
vit B12 provoca:
 disturbi a carico nel sistema nervoso;
 arresto della divisione cellulare;
 anemia macrocitica megaloblastica.
Le fasce a rischio quindi sono:
 vegetariani e vegani;
 anziani che prediligono alimenti vegetali;
 donne vegetariane in gravidanza.

Abbiamo notato che le vitamine del gruppo B sono prodotte a livello della flora batterica intestinale, quindi
spesso agli integratori alimentari sia come prebiotici che probiotici vengono addizionate le vitamine del
gruppo B. Infatti ad un probiotico [sono microrganismi come lactobacillus o bifidobatteri] o ad un
prebiotico [sono carboidrati non digeribili come fibra solubile usati dalla flora intestinale come substrato di
crescita] vengono aggiunte queste vitamine al fine di renderle più biodisponibili per il metabolismo dei
batteri della flora intestinale.

VITAMINA PP
PP significa pellagra preventing, è anche detta nicotinamide o acido nicotinico. E sintetizzata dall’organismo
a partire del triptofano. La carenza porta nel tempo all’insorgenza di pellagra caratterizzata da lesioni a
carico di cute, sistema gastroenterico e SNC. La pellagra è presente solo nei paesi in cui l’apporto proteico è
insufficiente. L’assunzione elevata provoca danni al fegato e ipotensione.

VITAMINA C

L’abbiamo già citata nelle difese endogene non enzimatiche (ossia vit A,E,C e glutatione). La vit C viene
introdotta con la dieta in quanto è presente in molti alimenti (come agrumi e frutti rossi) e viene assorbita
dalla mucosa dell’apparato digerente (stomaco e intestino tenue) mediante un processo di diffusione
passiva. Essa è anche introdotta tramite tanti integratori, spesso è assunta anche in quantità troppe elevate
originando un assorbimento basso. L’assorbimento infatti aumenta al diminuire della dose: esso è completo
a basse dosi mentre è del 16% ad alte dosi. Si tende ad assumerla in caso di malattie da raffreddamento ma
in realtà non ha alcun effetto di prevenzione.
7.11.16

VITAMINA C

Composto particolarmente instabile al calore infatti è tra le vitamine che si degradano più facilmente e
rapidamente negli alimenti.

La particolarità della vitamina C è che il suo assorbimento è variabile sulla base dell'apporto con la dieta:
aumenta al diminuire delle dosi assunte (l'assorbimento è completo a basse dosi e incompleto ad alte dosi),
quindi bisogna fare attenzione in quanto normalmente si tende a eccedere con l'apporto di vitamina C ma
ciò riduce il suo assorbimento. Questo eccesso deriva dalla convinzione che la vitamina C aiuti a superare le
malattie da raffreddamento, ma ciò non ha mai avuto una conferma scientifica.

Le funzioni della vitamina C sono molteplici:


– metabolismo del collagene
– riparazione dei tessuti
– assorbimento del ferro grazie all'azione riducente (riduce il Fe3+ a Fe2+)

In generale delle vitamine non si conoscono tutte le funzioni in modo dettagliato infatti recenti studi ne
hanno dimostrato attività anche mai ipotizzate. Esempio inerente la vitamina C:

Sepsi: infezione sistemica (infezione non più a livello locale); può portare a morte

COMPOSTI ANTIOSSIDANTI PRESENTI NEGLI ALIMENTI


POLIFENOLI
Premessa
Fin'ora abbiamo preso in considerazione i due nutrienti inorganici: acqua (macronutriente, risponde al
fabbisogno idrico) e sali minerali (macro/micronutrienti, rispondono al fabbisogno salino).
Altri micronutrienti degli alimenti sono le vitamine liposolubili e idrosolubili (rispondono al fabbisogno
vitaminico).
Vedremo poi lipidi e carboidrati che rispondono al fabbisogno energetico e le proteine che rispondono al
fabbisogno di AA.
I polifenoli chiudono il capitolo dei componenti minori degli alimenti ma NON SONO NUTRIENTI, in quanto
non rispondono ad alcun fabbisogno nutritivo.

I polifenoli rivestono però grande interesse poiché hanno un effetto benefico sull'organismo e una funzione
protettiva nei confronti dell'insorgenza di malattie croniche, anche se non si conoscono fino in fondo i
meccanismi attraverso i quali svolgono le loro attività.

I polifenoli sono distribuiti in tutti gli alimenti di origine vegetale in quanto sono dei metaboliti secondari
delle piante (metaboliti secondari: composti ottenuti a partire da metaboliti primari ovvero carboidrati es.
amido ecc. che si formano nelle prime fasi di sviluppo della pianta).
I vari polifenoli possono essere specifici di una determinata classe di alimenti oppure possono essere
ubiquitariamente distribuiti. In una porzione di frutta sono contenuti 500 mg di polifenoli mentre in un
bicchiere di vino 200 mg.
La presenza di queste sostanze nelle piante è data dal fatto che i polifenoli hanno funzione di difesa da
stress biotici e abiotici.
Gli stress biotici sono rappresentati da:
– virus
– batteri e funghi, quindi i polifenoli possono essere assimilati a degli “antibiotici” che agiscono in
favore delle piante
– animali erbivori infatti i polifenoli sono sostanze amare
Gli stress abiotici (= senza vita) sono rappresentati da:
– radiazioni solari troppo energetiche infatti molti polifenoli sono colorati e assorbendo radiazioni nel
visibile proteggono la pianta delle radiazioni stesse
– salinità del terreno: in condizioni di aridità il terreno poco idratato presenta una salinità troppo
elevata e la pianta risponde aumentando la sintesi di polifenoli
– temperatura: esistono piante che in risposta a temperature particolarmente rigide producono
polifenoli es. il radicchio rosso di Treviso, che in realtà è verde ma durante il lavaggio a basse
temperature esso produce antocianine rosse che vi conferiscono la tipica colorazione
L'importanza dei polifenoli deriva dal fatto che svolgono funzione di difesa non solo nelle piante ma anche
nell'organismo umano, infatti sono composti ad attività antiossidante.

Principali step nella ricerca sui polifenoli


L'interesse verso i polifenoli nasce da studi epidemiologici che sottolineavano come una dieta ricca di
alimenti di origine vegetale ha un effetto protettivo nei confronti di malattie connesse con lo stress
ossidativo e l'infiammazione cronica. Quindi, sapendo che sali minerali e vitamine sono presenti sia negli
alimenti di origine animale che vegetale, si arriva a concludere che questa azione protettiva era da ascrivere
ai polifenoli, i quali sono presenti solo negli alimenti di origine vegetale.
Inizialmente (dal 2000 al 2005) i polifenoli sono stati studiati per l'attività antiossidante in vitro (mostrano
proprietà di radical scavenger) determinata dalla presenza dei numerosi idrogeni mobili dei gruppi ossidrili.
Successivamente ci si è posti il problema di verificare se questa azione si manifestasse anche nell'uomo, per
cui sono stati fatti studi di biodisponibilità, è stato valutato l'ADME relativo ai polifenoli. E' stato osservato
che i polifenoli vengono assorbiti pochissimo (1/100 della quota ingerita, nel sangue arrivano a una
concentrazione micro/nano molare) e subiscono un estensivo metabolismo → le concentrazioni nel sangue
risultano molto inferiori a quelle a cui si osserva effetto radical scavenger.
Si sono cercati quindi altri meccanismi, che potessero spiegare l'azione dei polifenoli a concentrazioni così
basse.
Si è osservato che A BASSE CONCENTRAZIONI I POLIFENOLI SONO RESPONSABILI DI EFFETTI EPIGENETICI:
agiscono su particolari pathway metabolici condizionando la sintesi di alcune proteine (ed enzimi).
In particolare i polifenoli hanno dimostrato di:
– avere attività inibitoria sugli enzimi pro-ossidanti (lipoossigenasi, cicloossigenasi)
– aumentare l'espressione dell'mRNA di enzimi antiossidanti (superossido dismutasi, catalasi)
→ l'effetto finale complessivo è un'azione antiossidante, che coadiuva le difese antiossidanti endogene e
permette di raggiungere l'equilibrio tra le specie reattive dell'ossigeno prodotte dal metabolismo e i
meccanismi di inattivazione delle stesse.

CLASSI DI POLIFENOLI
Ad oggi si conoscono circa 40000 polifenoli, classificati in:
– acidi polifenolici:
acidi idrossibenzoici e acidi idrossicinnamici
– stilbeni
– lignani
– alcoli fenolici
– flavonoidi, che si dividono in 6 sottocategorie

ACIDI IDROSSIBENZOICI
Sono composti sostanzialmente ubiquitari, presenti generalmente
in basse quantità ad eccezione che in frutti di bosco (more,
lamponi), té e olio di oliva.
– Acido gallico è il capostipite della classe (può essere
presente sia libero che legato alle catechine es. epigallocatechina
gallato)
– Acido protocatechico → a differenza di tutti gli altri
polifenoli, la cui biodisponibilità è bassissima, mostra
concentrazioni in vivo maggiori di quanto ne viene assunto con gli
alimenti in quanto è il principale metabolita delle antocianine.

ACIDI IDROSSICINNAMICI
Contenuti tipicamente nel caffé, a cui conferiscono sapore amaro.
Il caffé deriva dai semi tostati di due piante diverse: coffea arabica e
coffea robusta (quest'ultima è molto più ricca in acidi idrossicinnamici,
infatti non viene mai utilizzata da sola per la produzione di caffè in
quanto è troppo amara, viene se mai utilizzata in combinazione con la
coffea arabica).
Questi polifenoli sono presenti anche nei carciofi (che sono infatti
amari).
In genere non sono presenti in forma libera bensì come glicosidi o
esteri degli acidi chinico, shikimico e tartarico. Un esempio è l'acido
clorogenico (estere dell'acido caffeico con acido chinico): si arriva a
350 mg per tazzina di caffé.
Altri alimenti ricchi di acidi idrossicinnamici sono i mirtilli (2g/kg).

STILBENI
Sono classificati come fitoalessine dal momento che gli
stilbeni sono prodotti di difesa della pianta.
Di solito sono apportati in quantità modeste con la dieta ma
sono molto importanti anche per l'uomo, oltre che per la
pianta.
Sono concentrati prevalentemente nella parte esterna del
frutto ovvero per es. nella buccia dell'uva (50-100 mg/kg) e
quindi si ritrova anche nel vino rosso (7 mg/l), ma non nel
bianco, poiché è solo nel processo di vinificazione in rosso che
si effettua la macerazione delle bucce da cui la soluzione
idroalcolica estrae gli stilbeni (nel frattempo è iniziata la fermentazione la quale produce etanolo, quindi da
una soluzione puramente acquosa si passa a una soluzione idroalcolica). Gli stilbeni sono contenuti anche
nel mirtillo, nel luppolo, nella soia, nel tè e nel cacao.

Paradosso francese
Nasce dal confronto tra le diete della popolazione americana e di quella francese.
La popolazione americana segue una dieta ad alto contenuto di etanolo e grassi saturi (derivanti dal
consumo di superalcolici e alimenti di origine animale) che comporta un'elevata incidenza di malattie
cardiovascolari ovvero ictus e infarto.
La popolazione francese segue una dieta con composizione simile a quella americana tuttavia ha una
longevità elevata e una bassa incidenza delle malattie cardiovascolari.
La differenza sta nel fatto che il consumo di vini rossi (in Francia), al posto di superalcolici, comporta un
certo apporto di polifenoli, in particolare di resveratrolo, che esercitano un'azione protettiva nei confronti
delle malattie cardiovascolari.

Il resveratrolo è stato studiato in vari modelli: n vivo (su animali), in vitro (su cellule) in cui si è osservata
un'azione antiproliferativa sulle cellule tumorali (ma non si può affermare che il resveratrolo sia un
antitumorale!).

NB: Recentemene è stato capito che non è il consumo occasionale di polifenolo ad avere un'azione
protettiva, bensì è il consumo “cronico” che può portare a effetti benefici per l'organismo. La diretta
conseguenza è che gli integratori a base di polifenoli (anche quelli ricchi di flavoni, somministrati in
menopausa), assunti una tantum, non possono avere un effetto. Al contrario sono il tè, la frutta, i vari
ortaggi e il caffè che forniscono un'azione antiossidante, in quanto vengono assunti per tutta la vita.
Lo stesso effetto osservato nella popolazione francese si ha in alcune zone della Sardegna caratterizzate da
una dieta ricca di grassi saturi (formaggi di pecora ecc.) con un forte consumo di vino rosso, che una certa
longevità.

LIGNANI

Sono polifenoli meno diffusi in natura, prodotti per


dimerizzazione ossidativa di due unità di fenilpropano.
Sono presenti in natura in forma libera e si trovano nei semi di
lino.
Particolarità: vengono metabolizzati dalla flora microbica, con
l'ottenimento di composti ad attività simil-estrogenica.
ALCOLI FENOLICI
Sono contenuti nell'olio di oliva extravergine il quale può essere
considerato un alimento funzionale, al pari del vino rosso, grazie
all'azione protettiva che esercita nei confronti di varie malattie.
La concentrazione di tirosolo e idrossitirosolo nell'olio evo dipende
però da tanti fattori: varietà, clima, area di produzione, latitudine,
grado di maturazione delle olive.
Questi polifenoli sono contenuti anche nel vino rosso, bianco e nella
birra.
(probabilmente verrà emanata una legge a tutela della dieta
mediterranea, che è stata dichiarata patrimonio immateriale
dell'umanità proprio per via delle proprietà benefiche per la salute e
di cui l'olio extravergine di oliva è uno degli alimenti fondamentale
oltre a ortaggi, legumi, vino rosso e pesce)

FLAVONOIDI
Classe più numerosa di polifenoli, si divide in 6 subclassi.
Si può individuare una formula generale dei flavonoidi, caratterizzate dalla presenza di due anelli benzenici
(A e B) e un eterociclo al centro (C) variamente sostituiti. Tutti i flavonoidi possono essere ricondotti a
questa struttura.

1) FLAVONOLI
La quercetina è il composto maggiormente rappresentato di questa
classe ed è una molecola di notevole interesse: ha effetto anti-
obesità infatti porta alla riduzione del peso corporeo (osservato in
studi sull'uomo).
Alimenti ricchi di quercetina sono la mela e la cipolla (1,2 g/kg),
oltre che il cavolo, i broccoli, le brassicaceae, il tè, il porro, il vino
rosso e il mirtillo.
La biosintesi è stimolata dalla luce per cui si accumula nelle parti
esterne (buccia) in concentrazione differente a seconda
dell'esposizione. Per questo motivo soprattutto in viticoltura
vengono adottati degli accorgimenti che prevedono per esempio di
eliminare le foglie che la vite produce in presenza di forte umidità e che vanno a oscurare i grappoli.

2) FLAVONI
Sono meno comuni dei flavonoli, sono caratterizzati dal chetone in
posizione 4 e dal doppio sull'eterociclo.
Un esempio è l'apigenina che è presente nel sedano, nel prezzemolo
e nella buccia del mandarino (si ritrova nell'olio essenziale di
mandarino).
3) FLAVANONI
Sono caratterizzati dalla presenza del chetone sull'anello
eterociclico ma sono privi di doppio legame.
Un esempio è la naringenina: si ritrova nel pomodoro e nei
vegetali del genere citrus (agrumi es. pompelmo), nelle piante
aromatiche (menta).

4) ISOFLAVONI
Negli isoflavoni l'anello aromatico B è attaccato in posizione 3
anziché in 2.
Un esempio è la diazeina.
La principale fonte alimentare di isoflavoni è la soia (100-1500 mg
per kg peso fresco), quindi si ritrovano nel latte di soia.
Gli isoflavoni sono presenti sia in forma libera che in forma
glicosilata (con glucosio, fruttosio, galattosio).
Gli isoflavoni sono interessanti in quanto sono in grado di legarsi
ai recettori degli estrogeni grazie al fatto che la distanza tra i due
OH nella diazeina è la stessa che si osserva in un estrogeno. Hanno quindi attività estrogeno-simile agonista
o antagonista.
Gli isoflavoni della soia sono stati molto studiati perché le donne dell'estremo oriente, che consumano
molta soia, non hanno grossi sintomi tipici della menopausa es. vampate di calore. Quindi si è pensato che
gli isoflavoni ne potessero essere i responsabili, data la loro attività estrogeno-simile.
Così sono nati gli integratori a base di isoflavoni da somministrare alle donne occidentali ma non hanno
dato risultati: il motivo è che per contrastare i sintomi tipici della menopausa gli isoflavoni della soia devono
essere assunti in modo cronico nell'arco della vita; l'integratore assunto solo in menopausa non serve a
niente.
Ciò va a suffragare il fatto che l'azione dei polifenoli è di tipo epigenetico, quindi non causa-effetto: per
poter osservare degli effetti devono essere assunti per tutta la vita.

Data la scoperta di questo effetto estrogeno-simile, sono stati fatti degli studi di safety dal momento che il
latte di soia viene utilizzato per i lattanti allergici al latte vaccino. Non sono stati verificati effetti negativi
potenzialmente connessi al latte di soia il quale quindi è da considerarsi sicuro.
E' comunque meglio dare formule idrolizzate derivanti da latte vaccino (in cui l'antigene della caseina è
stato spezzato) piuttosto che latte di soia.
Per i bambini pan-allergici la soluzione migliore è il latte vaccino deproteinizzato addizionato di miscele di
singoli amminoacidi in composizione simile a quella del latte materno.

5) ANTOCIANINE
Pigmenti idrosolubili il cui colore varia a seconda del pH: a pH
acido hanno colorazione rosso intenso, a pH basico tendono
al blu.
Sono i responsabili del colore rosso-viola di molti vegetali:
frutti di bosco (2-4 g/kg), vino rosso, cipolle, ravanelli,
brassicaceae (cavolo rosso e cavolo nero), radicchio rosso,
riso nero, mais rosso, arancia rossa di Sicilia, melanzana.
Nei fiori le antocianine hanno la funzione di attrarre gli insetti
impollinatori.
6) FLAVAN-3 OLI
Sono privi del gruppo chetonico, possiedono un OH alcolico.
Sono presenti sia in forma monomerica che polimerica.
Quelli in forma monomerica sono le catechine, spesso al gruppo OH
è legato un acido idrossibenzoico per es. nell'epigallocatechina
gallato.
La forma polimerica è quella delle protoantocianidine.
Le proantocianidine hanno mostrato proprietà antiadesive:
impediscono adesione di microrganismi al cavo orale, allo smalto
dentale e nei confronti di patogeni che colpiscono le vie urinarie (in
vitro).

Il cranberry americano viene utilizzato per prevenire l'insorgenza di infezioni alle vie urinarie, tuttavia
l'effetto non è da ascrivere alle proprietà antiadesive poiché le proantocianidine sono macromolecole e in
quanto tali sono poco assorbite e non riescono a raggiungere le vie urinarie. L'effetto protettivo nei
confronti delle infezioni urinarie potrebbe invece essere dovuto alle antocianine del cranberry, le quali
hanno attività antinfiammatoria.

E' invece confermato l'effetto delle proantocianidine (di cranberry e vino rosso) nei confronti dell'adesione
di batteri cariogeni allo smalto dentale (poiché a livello del cavo orale l'azione è locale, non richiede
l'assorbimento): in presenza di proantocianidine di vino rosso la quantità di placca depositata sui denti è
minore rispetto che in assenza di proantocianidine.

Le catechine si ritrovano in albicocche, ciliegie, tè verde, cioccolato, vino rosso.


Le proantocianidine si trovano in uva, mele, frutti di bosco, cacao (a cui conferiscono sapore astringente).
Lezione 8 8 novembre 2016

Proseguiamo con il discorso dei polifenoli i quali, come abbiamo detto, hanno un'attività
antiossidante e sono stati studiati proprio per le loro proprietà radical scavenger che possono
essere connesse con il loro effetto protettivo.
Perchè quindi i polifenoli sono antiossidanti?
La risposta è sia per la loro struttura chimica (abbiamo già parlato dell'OH fenolico e adesso
approfondiremo l'argomento) sia per il loro potenziale di riduzione. Infatti la capacità
antiossidante dipende dal pattern di idrossilazione ovvero gli OH che idrossilano i due anelli A
e B che stanno a fianco dell'anello eterociclico centrale C e quindi l’attività dipende dal
numero di OH, dalla loro specifica posizione, dalla sostituzione di questi con specifici gruppi
come OCH3 oppure OH variamente sostituiti con specifici gruppi come acido tartarico,
scichimico ecc. Pertanto è stato importante studiare la loro struttura proprio per cercare di
capire la loro attività radical scavenger a cosa era attribuita.

Ai finiti dell'attività antiossidante e di detossificazione dei radicali, sono importanti le seguenti


strutture:
Lezione 8 8 novembre 2016

Tuttavia questa attività radical scavenger non è poi quella che probabilmente si verifica
nell'uomo e permette ai polifenoli di esercitare l'effetto protettivo sulla salute ma è molto
importante per gli alimenti perchè questi composti hanno una funzione di stabilizzazione nei
confronti dell'ossidazione degli alimenti in cui sono contenuti: un alimento ricco di polifenoli è
un alimento stabile dal punto di vista dell'ossidazione proprio perchè c'è questa attività
antiossidante.
Inoltre questa attività antiossidante può essere anche di interesse a livello del tratto GI quindi
se parliamo di effetto sistemico dobbiamo andare a cercare altri meccanismi ma se
consideriamo l'effetto locale a livello dell'apparato gastointestinale questo può essere
importante. Ricordiamoci che con la dieta assumiamo tante sostanze potenzialmente
tossiche, tante sostanze che possono trasformarsi in sostanze reattive dell'ossigeno o
dell'azoto che, presenti a livello intestinale, sarebbe meglio venissero detossificate cioè
eliminate e in questo contesto l'attività radical scavenger antiossidante diretta dei polifenoli
può essere importante. Dunque io posso pensare a un effetto locale nell'uomo ma non un
effetto sistemico perchè abbiamo detto che l'assorbimento è minimo, la metabolizzazione è
estensiva e quindi dobbiamo andare a cercare altri meccanismi. Per gli alimenti, invece,
l'azione antiossidante dei polifenoli può essere conveniente studiarla.
Anche per il potenziale di riduzione consideriamo più l'alimento che l'uomo perchè vediamo
che il potenziale è la misura della reattività antiossidante come donatore di idrogeni o elettroni
in condizioni standard. Nella tabella di seguito ci sono i potenziali di riduzione di alcuni
polifenoli:
 vit C
 epigallocatechina gallato  flavonoide della subclasse flavantreolo contenuto in
quantità elevate nel tè verde non fermentato che si colloca in mezzo tra vit C e la vit E
 vit E
 teaflavina  prodotto derivante dalla polimerizzazione delle catechine e si trova nei tè
fermentati o semi-fermentati come il tè oolung o nero nei quali la foglia non è utilizzata
come foglia verde semplicemente essiccata ma fermentata ad opera di microrganismi,
ha subito trasformazioni, ha un colore marroncino-rossiccio il quale è dovuto proprio a
queste teaflavine
 acido caffeico  acido idrossicinnamico non ancora esterificato con l'acido chimico
come avviene nell'acido clorogenico (acido caffeico+acido chimico)
 epicatechina  altro flavantreolo presente nel tè, cacao, vino
 acido urico
 glutatione
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Il basso potenziale di riduzione indica una maggiore capacità di donare idrogeno o elettroni e
quindi di ridurre specie reattive con elettroni spaiati. I polifenoli hanno, in genere, potenziali di
riduzione medi intorno al valore della vit E. Questo potenziale di riduzione medio è comunque
più elevato di quello dell'acido ascorbico che è considerato l'antiossidante assoluto di
riferimento (ha notevoli attività riducenti) e quindi se andiamo, per esempio, a considerare
l'epigallocatechina gallato che è circa 430 questa è una sostanza con una buona capacità
antiossidante; se andiamo a guardare la teaflavina questa è comunque una sostanza con
potenziale di riduzione simile a quello della vit E quindi non è un ottimo ma un buon
antiossidante.
Guardando la scala capiamo che effettivamente il potenziale di riduzione della gran parte dei
polifenoli è intermedio ed indica una buona attività antiossidante.
Ciò, però, non basta perchè c'è un altro aspetto da prendere in considerazione: sappiamo
che la vit E ci permette il ripristino dell'acido ascorbico e, analogamente, proprio per i
potenziali di riduzione circa uguali, anche i polifenoli ci permettono di ripristinare l'acido
ascorbico una volta che si ossida. L'acido ascorbico è il miglior punto di riferimento come
antiossidante naturale e i potenziali di riduzione simili alla vit E sono un indice del fatto che
questi polifenoli possono agire anche in modo indiretto: non sono loro stessi ad avere
un’attività antiossidante ma ripristinano la vit C.
I flavonoidi hanno la funzione di rigenerare l'acido ascorbico il quale a sua volta può
rigenerare la vit E e questa capacità è dovuta appunto al potenziale di riduzione di questi
antiossidanti. Dunque abbiamo una sorta di sinergismo che può essere sfruttato per capire
questi potenziali antiossidanti.
La vit E di suo ripristina l'acido ascorbico e in presenza di polifenoli c'è anche il discorso del
ripristino della vit E da parte dei polifenoli che ripristinano a loro volta l'acido ascorbico. Se io
non assumessi polifenoli con la dieta ho solo vit C e vit E (che può ripristinare la vit C). In più
c'è questa funzione cioè vediamo che tra vit C e la E ci sta in mezzo l'epigallocatechina
gallato e poi, sotto di essi, ce ne stanno altri quindi noi possiamo avere varie possibilità: i
polifenoli possono ripristinare la vit E la quale ripristina la vit C e ciò dipende dall'ambiente.
L'epigallocatechina gallato, anche da sola, potrebbe ripristinare la vit C che le sta sopra e
questo dipende dal valore dei polifenoli. In generale i polifenoli stanno anche sotto la vit E e ci
sono composti come l'epigallocatechina gallato che stanno in mezzo tra vit C ed E e questi
possono già avere un'azione di ripristino della vit C che sta sopra.
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Ma se noi dovessimo vedere a che livello agiscono i polifenoli, non tanto per le malattie e
l'invecchiamento ma per il discorso alimenti e tratto GI, vediamo che agiscono a due livelli:
1. a livello delle specie reattive dell'ossigeno dando uno stop alle reazioni di inizio di
perossidazione
2. a livello dell’alterazione dei lipidi delle proteine del DNA fermando le reazioni di
propagazione.

Quindi l'azione dei polifenoli o perchè agiscono contro queste specie reattive dell'ossigeno o
perchè fermano tutta la reazione a cascata della perossidazione cioè la fase di propagazione,
ci permette di capire a che punto della cascata delle reazioni che avvengono durante
l'ossidazione possono agire i polifenoli. Questo è molto importante nel tratto GI dove i
polifenoli si trovano a contatto con le altre sostanze.
Facendo un discorso di carattere più generale vediamo quali sono le proprietà biologiche che
la letteratura scientifica attribuisce a questi polifenoli.

EBM = medicina basata sulle evidenze scientifiche


Si tratta di effetti che possiamo pensare di considerare addirittura farmacologici dei polifenoli.
Ricordiamoci che i polifenoli sono componenti alimentari: considerando l'alimento questo di
per sè non è un farmaco ma, tuttavia, l'estrazione di un composto di origine naturale (es acido
salicilico da Salice) potrebbe anche portare a considerare l'alimento non come farmaco ma
come fonte di sostanze che hanno anche un'azione farmacologica. Non dimentichiamoci che,
per esempio, l'acido folico è presente in farmacia non solo come integratore alimentare ma
anche come farmaco ed è una vitamina. Teniamo quindi presente che l’alimento, soprattutto
di origine vegetale, potrebbe essere fonte di sostanze che hanno anche un'azione
farmacologica. Ad esempio ci sono tantissimi farmaci che contengono caffeina la quale è
presente nel tè, nel caffè ed è un componente di origine alimentare però è anche un farmaco.
I polifenoli potrebbero, se estrapolati dall'alimento, rappresentare una fonte di farmaci qualora
vengano verificate le proprietà nel modo adeguato e secondo criteri scientifici.
Vediamo quindi quali sono gli effetti farmacologici dimostrati scientificamente nell'uomo cioè
quelli EBM:

Ad esempio, sempre a supporto del fatto che un alimento può essere fonte di sostanze che
poi possono essere impiegate come farmaci, esiste un acido grasso omega 3 che riduce le
recidive dell'infarto per il suo effetto antitrombotico. Gli omega 3 li conosciamo come alimenti,
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come integratori alimentari ma esiste anche un farmaco che è a base di omega 3 e serve per
ridurre l'incidenza di recidive da infarto e che viene dato in quantità elevate.

Accanto alla protezione delle LDL dall'ossidazione abbiamo anche un altro effetto dei
polifenoli:
5. aiutare a migliorare il quadro lipidico plasmatico e quindi ridurre i trigliceridi (se sono
elevati sono un fattore di rischio di malattie cardiovascolari), ridurre il colestrerolo LDL
cattivo, aumentare il colesterolo HDL buono.
A titolo di esempio abbiamo le statine che assumiamo come farmaci per la riduzione del
colesterolo; sono comunque di origine naturale e le troviamo negli alimenti: il cosiddetto riso
rosso fermentato dal Monascus Purpureus che è un fungo ed è rosso perchè sintetizza
carotenoidi e questo fungo nel suo metabolismo sintetizza anche la molacolina K che è
esattamente la stessa identica molecola della lovastatina, hanno proprio la stessa formula di
struttura dunque noi troviamo nell'alimento un farmaco.

Tutto ciò per dire che negli alimenti possono essere presenti, così come nelle piante
medicinali, dei composti bioattivi e quindi anche gli alimenti possono essere considerati fonti
di sostanze bioattive anche se l'alimento in quanto tale non ha proprietà terapeutiche e
farmacologiche.
L'attività antiossidante diretta dei polifenoli è massima nel tratto GI perché, a questo livello,
hanno elevate concentrazioni. Nel tratto orofaringeo, nello stomaco e in parte anche
nell'intestino si può trovare la più alta concentrazione di polifenoli assunti con la dieta prima
che inizi il processo di assorbimento metabolismo escrezione che sappiamo essere
abbastanza critico. Quindi un effetto protettivo contro il cancro a livello GI è stato dimostrato
proprio per un'azione detossificante nei confronti dei Ros e dei Rns e quindi nel ripristino delle
difese antiossidanti e anche nella complessazione dei metalli pesanti. C'è da ricordare che a
livello GI quando mangiamo gli alimenti assumiamo anche i contaminanti presenti in essi e
quindi anche piccole quantità di metalli pesanti che possono avere un effetto catalizzatore di
una situazione di formazione di sostanze reattive dell'ossigeno, di perossidazione ecc.
Dunque il fatto di avere proprietà chelanti nei confronti di metalli pesanti da parte dei polifenoli
è anch'esso un meccanismo diretto: sottraggo un qualche cosa che può avere un effetto
negativo sulla salute e sulla mucosa GI. L'intestino è sensibile ai Ros e Rns derivati dalla
dieta e se esistono sostanze che spengono questi Ros o evitano che ci siano catalizzatori
della perossidazione è molto importante a livello della mucosa. Tra l'altro la possibilità di
spegnere, grazie all'azione radical scavenger, già nell'intestino le Rns è interessante perchè
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queste sostanze portano alla sintesi di nitrosammine che sono cancerogene a livello tratto GI
e il fatto di non averle più protegge il sistema dallo sviluppo di patologie. Con questo non si
intende dire che i polifenoli sono sostanze ad attività anti-cancro ma, tuttavia, possono ridurre
l'incidenza, possono avere un effetto protettivo perchè riduco un qualcosa che a sua volta
potrebbe portare a mutazioni o danni a macromolecole biologiche.
Il cavo orale è il primo passaggio dell'alimento quando viene assunto. L'acido clorogenico
(acido caffeico esterificato con l'acido chimico dà l'acido clorogenico) presente nei semi della
coffea arabica e robusta e nel carciofo è stato dimostrato avere un effetto antiadesivo.
A livello del cavo orale è stata presa idrossiapatite, componente dello smalto dei denti che ha
la funzione di rendere difficilmente attaccabile lo smalto stesso dagli acidi prodotti dal
metabolismo dei batteri responsabili della carie dentale, è stata addizionata di microrganismi
responsabili della carie (Streptococcus Mutans) in presenza di un substrato di crescita
specifico per questi microrganismi contenente, ad esempio, saccarosio che è cariogeno
perchè facilmente sfruttabile dai microrganismi per produrre acido lattico. Si è verificato che il
microrganismo, in presenza di acido clorogenico, aderisce all'idrossiapatite molto meno
rispetto a quello che fa il batterio in assenza di acido e così si è dimostrata l'azione
antiadesiva. Trattando lo stesso sistema modello idrossiapatite - streptococcus mutans -
substrato di crescita con il caffè si è visto che quest'ultimo inibisce l'azione adesiva del
batterio sulle palline di idrossiapatite.
Un'attività simile è stata dimostrata anche per le antocianine le quali, sempre in sistemi
modello di questo genere, hanno un'attività inibente l'adesione degli streptococchi e, inoltre,
riducono la produzione della placca dentale. I microrganismi producono dei glucani che sono
polisaccaridi estremamente adesivi e costituiscono la placca: questi glucani aderiscono
all'idrossiapatite del dente e la placca si forma sul dente. Si è visto che alcune antocianine
sono in grado di inibire gli enzimi che portano alla sintesi del glucano e quindi se io riduco il
biofilm, riduco la possibilità di adesione del batterio al dente e quando il batterio si attacca al
dente, nel momento in cui produce gli acidi organici (prevalentemente acido lattico) questo
demineralizza il dente. L'acido lattico prodotto dallo Streptococcus Mutans non adeso non ha
più di tanto un effetto cariogeno perchè si pulisce nella saliva; il problema è appunto quello di
evitare che il micorganismo rimanga intrappolato all'interno della placca, adeso al dente, che
produca l'acido in situ che a sua volta demineralizza il dente stesso. Alcune antocianine
hanno proprio questa funzione anti-biofilm attraverso l'azione inibente di un enzima che porta
alla sintesi del glucano.
Anche altri composti inducono il distacco dei patogeni dal dente quindi anche questo è
importante perchè è un'azione di disgregazione della placca batterica operata da alcuni
polifenoli che fa in modo che non ci sia più l'adesione del batterio.
Queste ricerche sono state condotte in vitro ma anche in vivo. Tra l'altro questo ci dà modo di
sottolineare ancora una volta come sia importante il consumo "usuale" (cronico) dell'alimento
perchè sono stati fatti degli studi sulla microflora del cavo orale e si è visto che nei soggetti
fumatori prevalgono gli streptococchi cariogeni mentre i soggetti bevitori di vino, caffè e tè, al
contrario, presentano una microflora diversa. Gli orientali che bevono tanto tè hanno pochi
problemi odontoiatrici anche perchè, tra l'altro, lo bevono senza zucchero. Le catechine
presenti nel tè hanno modificato la microflora quindi un consumo prolungato nel tempo
modifica la microflora del cavo orale.
Ciò deve stupirci? Non più di tanto perchè questo risultato, dimostrato scientificamente, si
poteva immaginare fosse proprio così perchè composti ad attività antimicrobica, antiadesiva
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ecc, in qualche maniera se assunti ogni giorno condizionano l'ambiente della bocca. Altro
esempio è quello dei bambini allattati al seno che hanno una microflora (che poi si mantiene
anche da adulti) più ricca di lattobacilli mentre i bambini allattati con le formule, anche da
adulti, hanno una microflora più orientata ai bifidobatteri.
Dunque l'influenza degli alimenti non è solo sull'organismo umano ma anche su tutta la parte
della microflora del tratto GI che poi a sua volta condiziona lo stato di salute.
Altro esempio interessante sono gli obesi che hanno una differente microflora intestinali
rispetto al fenotipo della microflora intestinale dei soggetti magri al punto che stanno facendo
delle ricerche sul cosiddetto trapianto di feci che consiste in una iniziale modificazione della
microflora intestinale pulendola e successivamente in un trapianto della microflora tipica del
soggetto magro nell'obeso; così si è ottenuto dimagrimento del soggetto. Ciò sta a significare
che la microflora è fortemente importante ai fini dello stato di salute ma bisogna ricordarsi che
la microflora è a sua volta influenzata dagli alimenti che noi assumiamo già da bambini.
Quando il bambino nasce ha un apparato GI sterile e i primi batteri che ingerisce sono quelli
che trova sulla mammella della mamma quando succhia il latte e questi microrganismi assunti
costruiscono la microflora del bambino.
Poichè i polifenoli hanno attività antibatteriche, antifunginee e quant'altro, sono in grado di
modulare la microflora intestinale e anche quella della bocca.

D: Ma è l'acido clorogenico che fa diventare i denti gialli?


R: No! L'acido clorogenico è naturalmente presente nel caffè. I semi del caffè derivano dalla
coffea arabica e robusta ed è proprio quest'ultima che è costituita da semi di color verde che
vengono tostati con un trattamento termico molto forte (260-280°C per 5-10min a seconda del
grado di tostatura); durante questo processo si formano i prodotti della reazione di Maillard i
quali derivano dalla condensazione del gruppo carbonilico e del gruppo amminico di zuccheri
e AA. Le melanoidine, prodotti della reazione di Maillard, sono di colore marrone quindi
quando noi abbiamo un tipo di caffè che diventa marrone ciò è dovuto proprio a questi
polimeri ad alto peso molecolare (PM dai 5000 in su oppure alcuni ce l'hanno superiore a
300000), di carattere acido, che derivano dalla condensazione di carboidrati e proteine e che
sono proprio le responsabili dell'ingiallimento dei denti. Sono stati fatti degli studi nei quali
hanno trattato l'idrossiapatite con melanoidine isolate dal caffè attraverso dei setacci
molecolari mediante i quali si sono ottenute queste macromolecole (non l'acido clorogenico
perchè esso ha un PM = 350). Quest'ultime hanno il colore marrone e sono in grado di
attaccarsi all'idrossiapatite conferendo il colore giallo allo smalto dei denti. I forti bevitori di
caffè hanno effettivamente uno smalto che tende al giallo, dovuto appunto all'azione di queste
melanoidine.. Dunque non è l'acido clorogenico il responsabile.
Nel tè, invece, non abbiamo le melanoidine e la pianta del tè è la Camellia Sinensis dalla
quale si ricavano le foglie. Le foglie del tè possono subire diversi trattamenti:
- essiccamento  le prendono, le mettono in forni o essiccate all'aria e al sole e così
ottengo il tè verde
- disidratazione  tè bianco che è sempre la stessa pianta ma viene disidratato
- fermentazione  tè nero
Il tè verde e il tè bianco non sono fermentati. Nei tè che vengono disidratati e essiccati tutti i
polifenoli sono mantenuti perchè non vengono in alcun modo attaccati da batteri nè da altro. Il
principale componente è l'epigallocatechina gallato ma ce ne sono anche altre di catechine.
Quando ci sono state le prime importazioni di tè il gusto europeo non era abituato al tè verde
tant'è che il tè maggiormente consumato era il tè nero il quale è nero perchè è fermentato.
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Durante la fermentazione i flavantreoli polimerizzano formando le teaflavine e le tearubigine


che danno colore aranciato/marrone al tè nero. Le teaflavine e le tearubigine sono sempre dei
polimeri di origine fenolica (tante catechine con qualche gruppo funzionale attaccato) e sono
effettivamente colorate ed essendo polimeriche si attaccano all'idrossiapatite e quindi portano
alla pigmentazione del dente.
Dunque mentre nel caffè sono le malanoidine a causare l'ingiallimento dei denti e non i
polifenoli, nel caso del tè sono queste teaflavine e tearubigine le quali sono molecole
talmente tanto complesse che ad oggi la loro struttura non è ancora completamente nota.
Quindi il tè verde teoricamente non dovrebbe pigmentare i denti diversamente da quanto
avviene per il tè nero o il tè oolong che sono semi-fermentati.
Il tè contiene AA che sono sia proteici come acido glutammico e glutammina sia non proteici
come la teanina. Quest'ultima, passando la BEE, agisce come rilassante perchè bisogna
tenere conto che il tè ha lo stesso contenuto del caffè di caffeina ma, tuttavia, il caffè ci tiene
svegli mentre il tè no proprio per la presenza di teanina. Oltre alla teanina abbiamo altri AA in
particolare la glutammina che anch’essa attraversa la BEE e agisce con un'azione
antagonista nei confronti dell'acido glutammico il quale ha un'azione eccitatoria. Quando
assumiamo il tè assumiamo quindi caffeina, teanina, glutammina e acido glutammico che
però è più polare dunque non passa la BEE.
Il tè oolong è particolarmente ricco di acido glutammico quindi ha un sapore cattivo perchè
ricorda il sapore del dado, del glutammato. Nel tè nero il contenuto di acido glutammico e
glutammina è comunque piuttosto basso perchè vengono persi a seguito della fermentazione
e di conseguenza teanina e caffeina rimangono con un'azione una contro l'altra (una
neutralizza l'azione rilassante e eccitante rispettivamente).
Altro tipo di tè che ha una scarsissima diffusione in Europa e nei Paesi Occidentali ma avente
una quantità elevata di glutammina e teanina è il tè GABA (=acido gamma-amminobutirrico)
derivante dall'oscurazione sotto azoto delle foglie di Camellia Sinensis che poi vengono
esposte all'ossigeno; dopodiché fanno altri 3 cicli di oscuramento sotto azoto e ossigeno
arricchendosi naturalmente di GABA. C'è una letteratura contrastante sul fatto che il GABA
assunto a livello orale tramite gli alimenti possa avere la capacità di passare la BEE perchè
ciò dipende dall'animale ecc.
A proposito del tè e delle teanine si attribuiscono effetti benefici sull'osso alleviando
l'osteopenia.
Lezione 8 8 novembre 2016
Lezione 8 8 novembre 2016

Anche il vino, soprattutto il vino rosso, potrebbe avere un'azione pigmentante ed


effettivamente ce l'ha ed è da attribuire a composti di natura polimerica che sono le
proantocianidine che derivano dalle catechine e hanno un'azione astringente: l'azione
astringente dei tannini del vino (proantocianidine cioè catechine polimerizzate) è dovuta
all'azione di chelazione, complessazione con alcune proteine della saliva che hanno una
funzione lubrificante. Quando assumiamo vini tannici molto invecchiati assumiamo anche
questi tannini che precipitano le proteine della saliva quindi noi ne percepiamo l'astringenza.
Oltre a questi ci sono anche altri tannini idrolizzabili (gallotannini che come base hanno l'acido
gallico o ellagitannini che come base hanno l'acido ellagico) che si trovano nel vino
invecchiato nelle botti e che derivano proprio dal legno: il vino, soluzione idroalcolica, estrae i
tannini del legno delle botti e quindi i vini invecchiati in botti di rovere, castagno ecc hanno
questo sapore astringente dovuto al fatto che la soluzione idroalcolica di vino ha estratto i
tannini del legno.

BIODISPONIBILITA' e METABOLISMO
Sono talmente tanti i polifenoli che non sono stati ancora studiati tutti e la biodisponibilità e il
metabolismo di molti di essi non sono ancora stati definiti in modo univoco.
Ad esempio gli agliconi possono essere assorbiti nel piccolo intestino. Tuttavia molti polifenoli
sono in forma glicosilata o di estere (ad esempio la quercetina che si trova prevalentemente
glicosilata con del glucosio piuttosto che trovarla in forma libera).
I polifenoli si trovano nello stomaco, si ritrovano modificati nell'intestino perchè vengono
metabolizzati dalla microflora intestinale: la prima modifica che viene fatta è l'idrolisi del
legame estereo tra il polifenolo e il suo zucchero quindi il suo glicoside. Questo è un aspetto
interessante perchè in genere l'aglicone, a seguito dell'idrolisi, è assorbito meglio del
glicoside perchè nel tratto GI la microflora idrolizza il legame estereo tra il polifenolo e il suo
zucchero determinando la formazione dell'aglicone che è relativamente più facilmente
assorbibile. Pertanto per essere assorbiti il loro legame con gli zuccheri o altri composti
dev'essere idrolizzato e, inoltre, una volta assorbiti, subiscono modificazioni chimiche. Nel
plasma e nei tessuti ritroviamo composti differenti da quelli contenuti negli alimenti (es acido
protocatechico assunto con la dieta se ne trova di più nel sangue perchè questo acido deriva
dal metabolismo delle antocianine).
Pertanto gli obiettivi di questi studi sono stati:
 determinare quale composto viene meglio assorbito
 quale composto assorbito dà metaboliti attivi perché, giustamente, se il metabolita che
si forma non ha più attività antiossidante non serve a niente.
Lezione 8 8 novembre 2016

PRINCIPALI VIE di BIOTRASFORMAZIONE A LIVELLO


GASTRICO

Una parte di assorbimento parte del flavonoide viene assorbito a livello del digiuno, dell'ileo,
una parte a livello del colon dopo la metabolizzazione da parte della microflora intestinale.
Nel fegato avvengono alcune modificazioni ulteriori come avviene per quanto riguarda il
metabolismo epatico di un farmaco e poi abbiamo da una parte l'escrezione renale e dall'altra
parte l'ingresso nelle cellule e nei tessuti.
Se guardiamo questa tabella e per esempio andiamo a vedere la quercetina notiamo che la
biodisponibilità e il relativo assorbimento sono estremamente bassi.
CHIMICA DEGLI ALIMENTI LEZIONE 14 NOVEMBRE

I LIPIDI
I lipidi o oli o grassi come dir si voglia li avete già studiati nel corso di chimica organica e i più importanti
sono i trigliceridi, il colesterolo gli alcol grassi e gli acidi grassi. Adesso li rivedremo, vedremo la loro
nomenclatura e per lo studio di essi usiamo lo stesso approccio già usato per gli altri nutrienti: i lipidi
nell’organismo umano, i lipidi negli alimenti e quindi la parte chimica perché i lipidi si prestano allo studio
della stabilità essendo gli acidi grassi, specialmente quelli insaturi, facilmente ossidabili e poi vedremo delle
applicazioni negli integratori alimentari piuttosto che negli alimenti.

I lipidi nel corpo umano li troviamo dappertutto: i fosfolipidi (la doppia membrana fosfolipidica) sono
presenti in tutte le cellule, in tutti e tessuti e in tutto il corpo, e in più ci sono anche dei distretti particolari
all’interno dei quali c’è il tessuto adiposo che è costituito da una parte di lipidi.

La distribuzione del tessuto adiposo è diversa a seconda del sesso e delle razze del nostro pianeta e la
diversa distribuzione è anche in relazione dell’esigenza termica.

Quali sono le funzioni dei lipidi?

 Dal punto di vista metabolico i lipidi sono precursori di sostanze importantissime per le
infiammazioni e per la produzione di sostanze fondamentali nel nostro organismo come ormoni,
vitamine

Ad esempio: la cascata dell’acido arachidonico (che non è nient’altro che un acido grasso a lunga
catena omega 6) produce sostanze connesse con il processo infiammatorio come trombossani,
leucotrieni prostaglandine e prostacicline.

In modo del tutto analogo ci sono altri grassi come DHA e EPA precursori di prostaglandine e
prostacicline che hanno funzione anti-infiammatoria e non pro-infiammatoria come quelle della
cascata dell’acido arachidonico.

 Noi assumiamo i lipidi insieme a tutti gli elementi presenti nella dieta principalmente per una
funzione energetica: i lipidi sono il nutriente organico più energetico che noi conosciamo (9,3kcal).
Non sono solo fonte e riserva energetica per il nostro organismo ma per tutti gli organismi che
troviamo sulla terra.

 I lipidi hanno la capacità di rendere il cibo più gradevole perché hanno la capacità lubrificante che
rende le proprietà sensoriali dell’alimento più gradevoli.

 L’apporto lipidico ha un’influenza sulla sensazione di sazietà perché la digestione dei lipidi è
piuttosto lunga: le lipasi che attaccano i lipidi della dieta sono enzimi che hanno un’azione più lenta
quindi un pasto ricco di lipidi da l’idea di maggiore sazietà connessa al pasto stesso.

 I lipidi aiutano a veicolare vitamine liposolubili, quindi un pasto privo di lipidi rende meno
biodisponibili vitamine liposolubili.
I fattori estrinseci come l’introduzione di lipidi sono molto importanti per l’assorbimento di
microelementi.

 L’altro aspetto è connesso con la percezione dei sapori: i lipidi non permettono di percepire fino in
fondo alcuni sapori come ad esempio il salato si percepisce molto meno in presenza di lipidi
piuttosto che in assenza di essi e questo è il caso del prosciutto di Parma dove la presenza di lipidi
in quantità rilevante già nella massa muscolare rende l’alimento gradevole nonostante il contenuto
di sale sia molto elevato.

Dove si trovano i lipidi?

 Negli alimenti di origine vegetale come i semi oleosi (noccioli, mais, girasole) e nei frutti (oliva)
 Negli alimenti di origine animale contenuti sia nel tessuto adiposo che nella massa muscolare
 Nel latte (in questo caso parliamo di lipidi emulsionati nella soluzione acquosa che il latte
rappresenta) e in tutti i prodotti lattiero_caseari.

I formaggi sono più concentrati del latte dal punto di vista dei lipidi: l’aggiunta di caglio al latte
provoca la precipitazione delle caseine del latte che inglobano i globulini di grasso che nella
precipitazione del caglio vanno a posizionarsi nel caglio quindi in superficie rimane il siero in cui
sono presenti le sieroproteine che è la parte solubile che non precipita durante il processo di
caseificazione, quindi i lipidi vengono come concentrati durante la caseificazione dal latte da cui
derivano.

Come possiamo classificare i lipidi?

 I lipidi alimentari li classifichiamo dal punto di vista chimico:

1. Trigliceridi: triesteri della glicerina che rappresentano la grandissima parte dei lipidi (97-98%). I
trigliceridi sono costituiti dalla molecola della glicerina e tre acidi grassi legati con legame
estereo all’ oh della glicerina. I tre acidi grassi possono essere tutti uguali o diversi dando
trigliceridi misti, possono essere acidi grassi essenziali o meno, saturi o insaturi.

2. Componenti minori: rappresentano una piccolissima parte dei lipidi (2-3%) e sono composti
chimicamente diversi: pigmenti (clorofille, teofille, xantofille) steroidi (fitosteroli, colesterolo)
alcoli superiori, cere

 Un’altra tipologia di classificazione:

1. Lipidi idrolizzabili: Se facciamo un’idrolisi si rompono i legami esterei e in questa maniera si


possono ottenere glicerina e acidi grassi. Appartengono a questa categoria i trigliceridi e i
fosfolipidi
2. Lipidi non idrolizzabili: lipidi che vanno in contro ad altre reazioni ma non si possono
idrolizzare. Appartengono a questa categoria le catene di acidi grassi, cioè catene
idrocarburiche, gli steroidi e idrocarburi terpenici.

La prof preferisce la classificazione dei lipidi in trigliceridi e componenti minori perché si prende in
considerazione non alle proprietà chimica la funzione che i lipidi hanno nell’ organismo o
nell’alimento e perché vedrem che i trigliceridi sono responsabili della massa grassa mentre i
componenti minori sono ad esempio responsabili del colore, delle proprietà biologiche e così via.

TRIGLICERIDI
La parte caratterizzante della molecola è l’acido grasso e non la glicerina. A seconda dell’acdo grasso che
esterifica la glicerina avremo diverse proprietà: il burro è ricco di acidi grassi saturi qundi è solido a
temperatura ambiente perché gli acidi grassi saturi hanno punto di fusione tale per cui sono solidi
temperatura ambiente, mentre l’olio di oliva piuttosto che quello di semi sono liquidi a temperatura
ambiente e questo è dovuto al punto di fusione degli acidi grassi mono e poli-insaturi che sono liquidi
temperatura ambiente.

GLI ACIDI GRASSI

Il monoinsaturo più importante è l’acido oleico che si trova nell’olio di oliva in percentuali molto elevate
(80%) ma è contenuto anche nella carne di manzo, quindi non si trova solo negli oli.
 La catena deve essere lineare, con un’unica eccezione costituita dall’acido isovalerianico.
 Gli acidi grassi sono sempre nella forma cis e non trans.
Il fatto di essere trans è dovuto:
1) All’azione di un enzima (batterio anaerobico) presente nel rumine dei bovini tale per cui lo
ritroviamo nel latte dei ruminanti in piccolissime quantità e nella carne dei ruminanti o
trans
2) A trattamenti voluti dall’uomo come in seguito alla idrogenazione o in seguito a trattamenti
termici di cottura ad alte temperatura dove abbiamo la formazione di questi isomeri trans

Gli isomeri trans sono responsabili di effetti epato e cardio tossici, quindi sono responsabili della
lipoidosi cardiaca, malattia nella quale c’è un anomalo deposito di lipidi a livello del cuore e il
deposito di lipidi lo rende meno funzionale, oppure del fegato grasso, situazione patologia dove si
perde parte della funzionalità a causa delle infiltrazioni di grasso del fegato stesso.

 I doppi legami in natura sono isolati e i due idrogeni del ch2 compreso fra il doppio legame sono
particolarmente mobili e sono responsabili della grande instabilità alla perossidazione perché
vengono facilmente estratti.
Se noi trattiamo il nostro grasso con elevate temperature possiamo avere la formazione di legami
coniugati.

Acido butirrico è caratteristico del burro e lo ritroviamo negli alimenti derivati dal latte.

Gli omega 9 non sono essenziali, siamo in grado di sintetizzare l’acido oleico monoinsaturo nel nostro
organismo, diversamente gli acidi grassi omega 3 (precursore rappresentato dall’acido linolenico) e omega
6 (precursore rappresentato dall’acido linoleico) sono essenziali al punto tale che si pensava fossero delle
vitame e in passato venivano chiamati vitamina F.

L’acido linoleico omega 6 è precursore dell’acido arachidonico pro-infiammatorio e l’acido linolenico omega
3 anti-infiammatorio è precursore di DHA e EPA, in particolare l’acido docosaesanoico è di particolare
importanza perché costituente del tessuto nervoso e della retina. Se noi con la dieta non abbiamo un
apporto sufficiente di acido linolenico (precursore del DHA) noi non riusciamo a sintetizzare il DHA e la
stessa cosa si verifica con l’acido linoleico: se noi non assumessimo con la dieta acido linoleico in quantità
sufficiente non potremmo produrre acido arachidonico. Però l’acido linoleico è molto rappresentato in
natura, gli alimenti della nostra dieta occidentale sono ricchissimi di acido linoleico, quindi avere carenza di
acido linoleico è praticamente impossibile, mentre l’acido linolenico è presente solo in qualche alimento in
quantità molto piccole quindi possiamo avere carenze di acido linolenico e acido docosaesanoico (DHA)

Omega 3 e omega 6 sono due famiglie distinte e non si possono produrre l’uno dall’altro, ognuno va in
maniera indipendente: gli omega 6 hanno tutto la loro famiglia di acidi grassi partendo dal primo acido
linoleico c 18 fino a produrre tutti gli omega 6, ma da questo non possiamo sintetizzare in omega 3
aggiungendo un doppio legame. Lo stesso vale per l’acido linolenico dal quale produciamo tutti gli omega 3
senza la possibilità di ottenere omega 6.

Alcuni enzimi connessi con l’elongazione della catena e dall’inserimento del doppio legame della catena
sono comuni, ma le due vie sono comunque diverse: dagli omega 3 otteniamo omega 3 e dagli omega 6
otteniamo omega 6.
Esempi:

 Acido butirrico (ch3-ch2-ch2-cooh) C4 : 0


 Acido oleico (ch3 (ch2 )7 ch = ch (ch2)7 cooh)

Se contiamo dal carbossile si usa il delta maiuscolo quindi scriviamo 18 C : 1 DELTA 9

Oppure se partiamo dal ch3 terminale lo indichiamo con la sigla omega (o N) 18 C : 1 OMEGA 9

 Linoleico (ch3-(ch2)4-ch=ch-ch2-ch=ch….) 18 C : 2 OMEGA 6 9 oppure omega 6. Siccome in natura i


doppi legami sono sempre isoltati potrei scrivere OMEGA 6 senza dire 9 perché deve essere per
forza li ed è automaticamente calcolata.
 Il linolenico (ch3- ch2-ch=ch-ch2-ch=ch-ch2-ch=ch….) è indicato come 18 C : 3 OMEGA 3,6,9 oppure
solo con 18 C : 3 OMEGA 3 omettendo il secondo e terzo doppio legame che saranno
rispettivamente in 6 e 9.
Gli omega 3 si trovano nei pesci più grossi perché stanno in cima alla catena alimentare e si mangiano i
pesci di piccole dimensioni i quali mangiano plancton ricco di omega 3 e salendo lungo la catena alimentare
le carni si arricchiscono di omega 3.

Gli omega 6 invece sono contenute nelle piante da semi e per questo molto abbondanti nella nostra dieta.
L’acido isovalerianico ha 5 atomi di carbonio e questa è già di per sé una stranezza in più è ramificato quindi
questo è un acido grasso molto particolare.
Dove sono rappresentati questi acidi grassi? Nella prima colonna vediamo gli acidi grassi con la loro
nomenclatura e nella prima riga i vari alimenti.

Ci concentriamo su tre categorie importanti:

1) Grassi saturi ad esempio c4, c6,c8, c14:0,c16:0; li troviamo in percentuale maggiore nei grassi di
tipo animale o nella margarina, nel cocco e nell’olio di palma. Nell’olio di oliva è presente ma
rispetto all’acido oleico è contenuto in piccolissima parte.
2) Grassi monoinsaturi ad esempio c18:1; ci sono dappertutto: olio d’oliva, carne e grasso animale.
3) Grassi poliinsaturi con 2 insaturazioni ad esempio c18:2 presente in misura molto minore e lo
troviamo negli acidi grassi animali, molto elevato nella margarina e nell’olio di manzo.
Acido linolenico ce n’è un gran poco e necessitiamo di introdurlo con la dieta ed è per questo che ci
sono gli integratori alimentari di omega 3.

MARGARINA HARD E SOFT

Il punto di fusione degli acidi grassi cambia a seconda che siano saturi o mono/poli-insaturi.

Gli acido grassi saturi che sono solidi a temperatura ambiente si possono spalmare o usare nei prodotti da
forno. Se usiamo acidi grassi insaturi possiamo ottenere prodotti untuosi perché il grasso è liquido.

Si è pensato di solidificarli tramite idrolisi e così si è creata la margarina: grasso di origine vegetale
inizialmente liquido costituito da acido mono e poli insaturi idrogenati. Mediante idrogenazione si possono
creare isoforme trans e questi acidi grassi oggi si sa che sono tossici.
Si parla di margarina hard perché l’idrogenazione doveva essere particolarmente spinta per ottenere dei
panetti, simili a quelli di burro.

Per non andare incontro a isoforme trans si è creata la margarina soft spalmabile e contenuta nelle
vaschettine di plastica. Si chiama soft perché il processo di idrogenazione è molto più blando e il contenuto
di acidi grassi trans è molto modesto e relativamente irrilevante

NB: Nei prodotti da forno con acidi grassi idrogenati non si sa quale margarina è stata usata quindi è
sempre meglio diffidare!!

In questa tabella è rappresentato il contenuto di acidi grassi saturi o insaturi in grassi alimentari

C’è un elevato contenuto di acidi grassi saturi nel burro e nello strutto, la differenza è che nello strutto i
monoinsaturi e anche i polinsaturi sono molto di più.

Olio di mais e soia che sono ricchi di acido linolenico e hanno grande quantità di acidi polinsaturi
In questa tabella è mostrata la quantità di acido linoleico e linolenico

Purtroppo le percentuali di acido linolenico sono basse, con qualche eccezione per l’olio di soia.

Ci sorprende che il lardo di origine animale ha comunque un 3% di acido linolenico e questo fa pensare che
il lardo non sia così da demonizzare come è stato fatto fino ad oggi.

Il lardo è stato demonizzato perché ricco di acidi grassi e si pesa che gli acidi grassi saturi se assunti con la
dieta siano un grande fattore di rischio cardio-vascolare, ma in un lavoro recentemente pubblicato hanno
fatto un’indagine epidemiologiche e hanno analizzato la mortalità per tutte le cause e l’apporto con la dieta
di acidi grassi saturi e non hanno trovato correlazione. Questo studio ha suscitato clamore e al momento
non si può dire molto, bisogna continuare a fare altre valutazioni. Probabilmente, da quanto emerge dallo
studio, gli acidi grassi saturi se assunti in quantità troppo elevata possono essere fattori di rischio, ma se
assunti in quantità corretta non è così.
In questa tabella vediamo gli alimenti che vanno oltre i grassi alimentari: abbiamo le noci, mandorle,
nocciole e frutti da guscio che sono alimenti ricchi di grassi con contenuto di omega 3 interessanti quindi
sarebbero da consumare (senza eccedere perché hanno un contenuto elevato di acidi grassi)
frequentemente.

Qua viene fatta una differenza fra le percentuali dei singoli acidi grassi.
Per i polinsaturi è molto importante il rapporto fra omega 6/omega 3. Nell’alimentazione occidentale il
rapporto omega 6/omega 3 è fortemente squilibrato sul 10/15:1 e questo è un problema rilevante perché
omega 3 e omega 6 hanno alcuni enzimi della elongazione e aggiunta di instaurazione comuni e quindi c’è
un agonismo competitivo ed essendoci una prevalenza di omega 6 gli omega 3 hanno la peggio e non
riescono ad arrivare in fondo alla produzione di DHA e acido docosaesanoico che ha azione anti-
infiammatoria, ma abbiamo troppo acido arachidonico pro-infiammatorio. Si instaura così un processo di
infiammazione cronica che non è più un meccanismo di difesa ma sta alla base delle patologia di
invecchiamento o delle sindromi mtaboliche. Quindi dovremmo arrivare a un rapporto omega 6/omega 3
pari a 5:1 per avere condizioni ottimali.

Domanda: cosa potrebbe accadere se ci fosse più omega 3 rispetto a omega 6?

Questo rapporto ottimale è basato su dati scientifici e su quanto sono rappresentati nell’organismo i vari
elementi. Facciamo un’analogia con i sali mineralii: il calcio non è tossico, ma se è troppo mi può andare a
calcificare i tessuti molli, analogamente con un eccesso di omega 3 potremmo avere una sintesi di composti
con attività antiinfiammatoria eccessiva che magari potrebbe dare dei problemi.

Il DHA è un farmaco che viene dato per evitare le recidive dell’infarto perché in quantità elevate gli omega
3 hanno attività antiaggregante. Questa proprietà è venuta fuori quando sono emersi i dati epidemiologici
sugli eschimesi che non soffrono di malattie cardiovascolari perché assumono con la dieta tanti omega 3.

Tornando alla domanda quello che si potrebbe verificare con un eccesso di omega 3 rispetto agli omega 6
sarebbe una difficoltà ad aggregare il sangue e una carenza di omega 6 che (vedi diagramma di Bertrand)
non sarebbe positiva.

IL GRASSO INVISIBILE

Anche gli alimenti apportano grassi, grassi che io non vedo perché contenuti in cibi.

Qual è l’incidenza dei grassi alimentari invisibili in una dieta normale rispetto a quelli visibili? I grassi che noi
assumiamo come grassi invisibili sono il 50% dei grassi totali che noi assumiamo con la dieta, quindi i grassi
alimentari visibili non dovrebbero rappresentare più del 10-12% della quota calorica totale.
Il lavoro di cui parlavamo prima ha trovato una correlazione di morte e eccesso di grassi totali e questo
indica la robustezza dello studio scientifico.
Chimica degli alimenti - Lezione del 21.11.2016 - Foresti

I lipidi sono primariamente dei nutrienti energetici e per questo favoriscono il


soddisfacimento del fabbisogno energetico apportando circa 9kcal/g, un apporto che
risulta essere più alto rispetto a tutti gli altri nutrimenti, etanolo compreso.
Accanto a questo aspetto c’è tutta un’altra serie di funzioni molto importanti, fra cui
l’essere precursori di sostanze che svolgono all’interno dell’organismo importantissime
funzioni e in particolare la funzione dell’infiammazione. Conosciamo bene la cascata
dell’acido arachidonico e sappiamo che da questo, che altro non è che un acido grasso
omega-6 a lunga catena, traggono origine prostaglandine, prostacicline, leucotrieni,
trombossani con azione proinfiammatoria.
Abbiamo già sottolineato come accanto agli omega-6, acidi grassi essenziali il cui
capostipite è rappresentato dall’acido linoleico, ci sono anche degli acidi grassi pur
sempre essenziali, ma della serie omega-3 il cui capostipite è questa volta rappresentato
dall’acido linolenico.

Dall’acido linolenico discendono altri acidi grassi a lunga catena sempre della serie
omega-3 che il nostro organismo è in grado di sintetizzare, questi sono ad esempio l’EPA
(acido eicosapentaenoico) e il DHA (acido docosoesaenoico). Quindi sono in particolare
l’acido arachidonico da un lato (omega-6 a lunga catena) e DHA dall’altro (omega-3 a
lunga catena) che svolgono delle funzioni biologiche all’interno dell’organismo che vanno
ben oltre l’aspetto puramente energetico dei lipidi, perchè sono precursori di sostanze
fondamentali per il nostro organismo.
Quando assumiamo dei trigliceridi, lipidi alimentari di origine animale o vegetale, questi
contengono nella molecola tre acidi grassi che possono essere saturi, monoinsaturi o
polinsaturi quindi con la successiva idrolisi dei trigliceridi che avviene durante la fase
digestiva avremo rottura del legame estereo con conseguente liberazione di acidi grassi.
Oltre ai trigliceridi si possono avere anche lipoproteine (lipidi + porzione proteica),
glicoproteine (lipidi + porzione zuccherina) o colesterolo e questi sono inoltre da
considerarsi dei fattori di rischio per malattia cardiovascolare se assunti in eccesso, in
particolare le LDL e le VLDL, inoltre i trigliceridi di origine animale sono esterificati con
acidi grassi prevalentemente saturi che conferiscono la caratteristica proprietà di essere
solidi a temperatura ambiente oltre alle già citate correlazioni con malattie cardiovascolari.
La ricerca scientifica proprio lo scorso anno ha elaborato un articolo del tutto nuovo che
per la prima volta ha dissociato l’apporto di acidi grassi saturi, dai dati di mortalità per tutte
le cause (mortalità globale della popolazione) e non aver appunto trovato questa
correlazione va contro ogni aspettativa dal momento che negli ultimi 15 anni si era sempre
detto che gli acidi grassi saturi risultavano un fattore di rischio cardiovascolare; il consumo
di acidi grassi saturi veniva associato ad un aumento della colesterolemia e ad un
aumento delle LDL, inoltre gli acidi grassi sauri più attivi risultavano il palmitico, il laurico e
il miristoleico.

L’acido oleico si trova principalmente nell’olio d’oliva, è un omega-9 monoinsaturo e ha


come peculiarità un’azione protettiva, cioè quella di far diminuire il livello ematico delle
lipoproteine LDL e VDL, proprietà che solitamente si attribuiva unicamente ai polifenoli
presenti nell’olio extravergine di oliva.
Gli acidi grassi omega-3 e omega-6 come abbiamo detto sono acidi grassi essenziali
dunque un aspetto molto importante riguarda, non solo il corretto apporto, ma anche la
proporzione (rapporto) fra questi due, c’è infatti un enzima desaturasi comune alle due
cascate metaboliche: come abbiamo detto dal linoleico si ottiene l’arachidonico, dal
linolenico il DHA, la presenza di un enzima comune comporta che nel caso in cui ci sia un
apporto proporzionalmente troppo elevato di omega-6 rispetto a quello degli omega-3,
fondamentalmente una delle due vie prevarrà sull’altra e questo significherà innescare
preferenzialmente la via metabolica dei composti pro-infiammatori a scapito di quella dei
composti antinfiammatori, sviluppando così una forma di infiammazione cronica
unanimemente riconosciuta come causa principale delle malattie cronico degenerative.
Quindi è importante che gli acidi grassi polinsaturi omega-6 e omega-3 non solo vengano
assunti nelle giuste quantità, ma anche nei giusti rapporti.

Un apporto insufficiente di omega-3 è spesso dovuto ad abitudini alimentari discutibili oltre


che scorrette nei confronti degli alimenti che scegliamo di assumere (o meglio di non
assumere): gli omega-3 li ritroviamo nel pesce, in particolari vegetali, nella frutta a guscio
però non sono presenti in natura e sono altresì molto meno diffusi degli omega-6 ed è per
questo che nella dieta comune occidentale si finisce per assumere soprattutto alimenti
contenenti omega-6. Nel momento in cui l’assunzione degli omega-3 diventi
proporzionalmente inferiore a quella degli omega-6, accade che i primi non siano più
sintetizzati in quantità sufficienti ed è proprio per questo che essi vengono considerati
semiessenziali, poichè talvolta il nostro organismo non è in grado di sintetizzarli in quantità
elevata. Questo discorso della semiessenzialità vale ovviamente anche per altri nutrienti
come alcuni amminoacidi semiessenziali, in talune condizioni parafisiologiche o
patologiche l’organismo non è in grado di sintetizzarli in quantità sufficiente quindi c’è
questo concetto di semiessenzialità.

PROPRIETÀ BIOLOGICO-FUNZIONALI DEGLI ACIDI GRASSI OMEGA-3

• Riducono i trigliceridi anche del 40%

• Abbassano la pressione arteriosa: dal momento in cui si tratta di sostanze precorritrici di


agenti che hanno un’attività antiaggregante. Il tutto è finalizzato ad aumentare la fluidità
del sangue il che si rispecchia anche sull’abbassamento pressorio.

• Migliorano la memoria, la concentrazione e l’apprendimento: accettata in tempi più


recenti rispetto ad altre. Gli acidi omega-3 sono presenti nel cervello per il cui sviluppo
risultano fondamentali nel bambino e tramite un progetto europeo si è dimostrato che la
donna in gravidanza carente di DHA, e di acidi omega-3 in generale, partorirà
sicuramente un bambino con peso più basso e con una circonferenza cranica più piccola
dal momento che il suo cervello risulterà meno sviluppato. Questi aspetti pongono ben in
evidenza il fatto che una supplementazione di DHA in gravidanza può fare davvero la
differenza, soprattutto nel caso in cui la dieta non sia tale da apportare le giuste quantità.

• Sono essenziali perchè la pelle rimanga sana, vitale e ne contrastano l’invecchiamento:


non a caso molte creme per i bambini soprattutto piccoli contengono acidi grassi
omega-3, proprio perchè hanno una pelle particolarmente delicata e quindi si fornisce
questo agente protettivo.

• Ostacolano la formazione di trombi (ictus, infarto)

• Diminuiscono i rischi di infarto

• Abbassano il rischio per alcuni tipi di cancro (su questo aspetto esistono meno evidenze)

• Diminuiscono i sintomi di angina pectoris e palpitazioni cardiache


• Sono essenziali nella gestazione

• Riducono il rischio di degenerazione maculare degli occhi: questo aspetto è molto


interessante e si riferisce al fatto che la retina è un ammasso di DHA nella quale
“galleggia” la proteina rodopsina ed è ovvio che nel caso in cui il DHA scarseggi o sia del
tutto assente a questo punto la retina non sarà adeguatamente costituita. Non a caso è
accettata l’indicazione che la supplementazione in gravidanza e durante l’allattamento
può avere degli effetti importanti sullo sviluppo visivo del bambino.

• Rimpiazzano i grassi saturi rendendo le membrane cellulari più fluide, prevenendone


l’irrigidimento e il deterioramento: questa è una questione correlata all’ingombro sterico.
Nel caso in cui ci siano acidi grassi saturi ad esterificare i fosfolipidi , questi daranno una
struttura compatta e poco fluida, costituita da molecole lineari; al contrario, se ad
esterificare i fosfolipidi ci fossero acidi grassi polinsaturi le cui molecole formino angoli
proprio dovuti ai doppi legami presenti, questa volta la struttura sarà complessivamente
più fluida, meno rigida, meno compatta.

• Aiutano il corpo a mantenere la temperatura

• Migliorano umore e forme di depressione (esempio depressione post-partum): come già


detto gli acidi grassi sono costituenti del cervello, allora in qualche maniera andranno ad
influenzare anche le sue funzioni più recondite. La depressione post-partum è una
malattia molto complessa che coinvolge tutta una sfera famigliare, piuttosto che di
situazioni esterne particolari che predispongono a questa problematica gravissima e
drammatica che spesso e volentieri sfocia nella cronaca nera più snaturata.

• Rinforzano il sistema immunitario: bambini nati da madri supplementate con DHA


manifestano meno gravemente dermatiti atipiche e varie forme di sintomi delle allergie.

• Migliorano i sintomi di psoriasi, artrite reumatoide, Alzheimer, morbo di Crohn, Lupus,


schizofrenia, disturbi bipolari, sindrome pre-mestruale e mestruazioni dolorose

Il livello di certezza su queste attività dipende dai vari casi, ci sono attività ormai studiate a
fondo di cui è presente una letteratura scientifica molto corposa con studi fatti in vitro, in
vivo e pure sull’uomo, quindi è stata riconosciuta e in certi casi anche già accettata
dall’EFSA (European Food Safety Authority) che quindi ha dato un parere favorevole sulla
presenza di particolari indicazioni salutistiche in alimenti contenenti acidi grassi omega-3;
ci sono invece evidenze che sono meno robuste perchè sono state meno indagate o
magari in letteratura emergono dati contrastanti, meno provati, seppur questo non voglia
dire che siano falsi, c’è solo da aspettare che anche in quel caso maturi opportunamente
la ricerca scientifica per dimostrare/sconfessare quella particolare attività biologica.
Resta il fatto che di tutte le attività sopra citate non restino più dubbi riguardo alla capacità
di questi acidi grassi a lunga catena di mantenere la normale pressione arteriosa, le
normali concentrazioni di HDL, di trigliceridi e di LDL.

Abbiamo già parlato del fatto che nel corso dell’evoluzione dell’uomo c’è stato uno
spostamento a livello di dieta nei confronti degli acidi grassi omega-6, spostamento dovuto
al fatto che nel passato la carne era un alimento per famiglie abbienti che non veniva
consumato quotidianamente come succede oggi giorno e quindi c’era un apporto minore
di acidi grassi omega-6 che manteneva il bilancio (n-6 : n-3) equilibrato sul valore ottimale
del 5:1 , a differenza dei giorni d’oggi in cui questo verte sul 15:1.
Proprio grazie alle indagini epidemiologiche (ad esempio gli studi sulla popolazione inuit)
si arrivati a capire che l’apporto di omega-3 con la dieta deve essere mantenuto elevato.
Oggigiorno è possibile assumere integratori contenenti acidi grassi omega-3 ottenuti dal
pesce (olio di fegato di merluzzo o altri pesci) che sono poi stati purificati mediante
distillazione molecolare, procedimento che permette di assumere acidi grassi omega-3
privi di metalli pesanti spesso presenti nelle carni dei pesci; il mercurio nelle carni del
pesce è presente come metilmercurio, lipofilo ed estremamente tossico oltre che di facile
assorbimento.

Abbiamo già accennato agli acidi grassi trans, senza citare tuttavia la posizione che
l’EFSA ha assunto in merito alla questione. Gli acidi grassi trans si formano a seguito di
trattamenti tecnologici quali quelli di produzione (es.frittura), quelli che si svolgono ad alte
temperature, quelli che prevedono idrogenazione, ma sono presenti anche nella parte
lipidica del latte e dei formaggi in quanto si formano per azione di particolari enzimi
batterici che sono i batteri del rumine.
Mentre per gli acidi grassi saturi nel 2015 è uscita quella pubblicazione che ha portato
scompiglio, sugli acidi grassi trans oggi è unanime la valutazione che essi siano
assolutamente negativi per la salute. L’EFSA ha preso atto del fatto che essi siano
presenti in piccole quantità nei latticini, il che non lascia molto spazio a soluzioni se non
quella di un consumo moderato, ma ne sottolinea anche la presenza nei grassi idrogenati
ricordando che la percentuale è tanto maggiore tanto più spinta è l’idrogenazione. L’EFSA
in breve suggerisce di minimizzare l’assunzione di acidi grassi trans qualsiasi sia la loro
origine, naturali o meno essi rimangono pur sempre elementi epato e cardiotossici.
Gli acidi grassi trans sembrano provocare un aumento del colesterolo LDL (cattivo)
accostato ad un calo delle HDL (buono), un incremento dei trigliceridi e soprattutto di
triacilglicerolo il quale è associato proprio al rischio di malattia cardiovascolare.
I trigliceridi possono essere ritrovati nel regno vegetale, come già detto i semi oleaginosi
sono ricchi di grassi così come alcuni frutti come l’oliva; anche nel regno animale li
troviamo nel tessuto adiposo, nella massa muscolare e nel latte.

Un altro aspetto importante da considerare è la presenza di lipidi visibili e invisibili, questo


discorso è da tener sempre ben presente giacché nel momento in cui si assume una certa
porzione di grassi alimentari, questi globalmente vanno sommati anche con la porzione
derivante dagli alimenti nei quali i grassi sono più o meno tacitamente contenuti, il che
spesso è più facile a dirsi che a farsi dal momento che non mancano i casi nei quali i
grassi invisibili costituiscano anche il 50% dei lipidi della dieta; quindi nella conta finale i
grassi cosiddetti “visibili”, cioè l’olio, il burro e quanto aggiungiamo agli alimenti nella
trasformazione tecnologica industriale e gastronomica, dovranno essere circa il 10-15%
dell’apporto lipidico globale.

Riguardo alla percentuale di grassi su 100g di alimento, l’olio di oliva non contenendo
acqua si attesta al 100% in grassi (l’acqua di vegetazione che si ottiene dalla spremitura
delle olive viene rimossa per dare origine all’olio di oliva rettificato, quindi l’olio di oliva
extravergine e anche gli oli rettificati non contengono acqua). Il burro contiene circa il 15%
di acqua, infatti si attesta attorno all’83% in grassi, e poi vediamo tutti gli altri alimenti a
scendere, carne di bovino (10.2%), latte intero (3.6%), carni varie e così via fino al latte
scremato (0.2%).

I trigliceridi possono essere classificati in trigliceridi semplici e misti. I trigliceridi semplici


hanno gli acidi grassi esterificati tutti uguali (es. trioleina, trilinoleina, tristearina, …),
i trigliceridi misti posseggono invece acidi grassi diversi tra loro. In laboratorio se si fa
reagire glicerina con acidi grassi, avverrà una distribuzione casuale degli stessi nelle tre
posizioni indipendentemente dal fatto che essi siano saturi, monoinsaturi o polinsaturi.
Diversamente in natura avviene una distribuzione preferenziale, per la quale ad esempio
nella posizione centrale (2) si collocheranno acidi grassi saturi solo nel 2% dei casi, al
contrario degli acidi grassi polinsaturi che occuperanno preferenzialmente proprio quella
posizione. L’eccezione che conferma la regola è rappresentata dallo strutto nel quale,
contro ogni previsione, in posizione 2 ci andranno a finire i saturi anziché i mono e
polinsaturi, questo per ragioni ancora sconosciute.
Nell’olio d’oliva, l’acido oleico (monoinsaturo) e il linoleico (polinsaturo) vanno ad occupare
nell’86-96% dei casi la posizione 2, che è proprio quella in cui vanno preferenzialmente
questi acidi grassi quando c’è l’esterificazione. Questa esterificazione preferenziale che
evidenza la differenza fra natura e sperimentazione consente al ricercatore di discriminare
i trigliceridi di sintesi realizzati in provetta, da quelli naturali .

Proprietà dei trigliceridi


Essendo lipidi i trigliceridi sono solubili nei solventi organici (benzene, cloroformio
(freon20), tetraclorurodicarbonio (freon10), DCM, etere, petroletere ecc ecc), sono solubili
in etanolo a caldo e ovviamente insolubili in acqua.
In relazione ad altre proprietà chimico fisiche, si ricordi che la densità dei lipidi è minore di
1 (d<1), dal momento che i lipidi galleggiano sull’acqua, e il loro punto di fusione dipende
dalla composizione in acidi grassi del trigliceride. La presenza di acidi grassi saturi
piuttosto che di polinsaturi condiziona la solubilità del trigliceride stesso: trigliceridi
esterificati con polinsaturi si presenteranno liquidi a temperatura ambiente, nel caso in cui
siano i saturi ad esterificare il trigliceride esso si presenterà solido a quella medesima
temperatura. Per di più c’è la possibilità che si manifestino diverse forme polimorfe
(gamma, alfa, ß, ß’) che si differenziano per il punto di fusione, oltre che per le proprietà
cristallografiche del grasso.
Un esempio comune è quello del cioccolato che se lasciato esposto alla canicola estiva
arriverà a presentare una patina bianca, questa è dovuta ad una fusione dei lipidi del burro
di cacao, favorita dalle alte temperature appunto, che si sono risolidificate in una forma
polimorfa differente una volta raggiunte temperature più miti; questo passaggio da una
forma polimorfa all’altra è quello che si manifesta con la patina bianca.

Trigliceridi e calore
La prima cosa che si verifica esponendo un trigliceride al calore è l’idrolisi dei tre legami
esterei, con liberazione di glicerina (glicerolo) da un lato e dei tre acidi grassi dall’altro. La
glicerina si disidrata, perde una molecola d’acqua e forma una sostanza che si chiama
acroleina che si forma quando viene raggiunto il cosiddetto punto di fumo: temperatura
alla quale un grasso alimentare riscaldato comincia a rilasciare sostanze volatili che
divengono visibili sotto forma di un fumo, formando acroleina, oltre che eventuali
idrocarburi policiclici aromatici, ammine eteocicliche, formaldeide, acetaldeide, acrilamide.
L‘acroleina è un deprimente del SNC ed è epatotossica, quindi assolutamente da
eliminare; quando si lascia una pentola d’olio sul fuoco e si forma il fumo, anche quando
quell’olio (olio esausto) si raffredda non andrà comunque in alcun modo riutilizzato perchè
in esso vi è avvenuta l’idrolisi del trigliceride e la successiva formazione di acroleina.
Durante il trattamento termico di un lipide è importante quindi rimanere al di sotto del
punto di fumo onde evitare lo sviluppo di questa sostanza che deriva dalla disidratazione
del glicerolo.
Il punto di fumo è diverso per i vari grassi, per un grasso che deve essere sottoposto a
trattamento termico la cosa migliore è che esso sia molto elevato, in modo tale da
scongiurare la formazione di acroleina durante il processo.
Tuttavia non è sufficiente considerare il punto di fumo in funzione della tipologia di
trigliceride con cui abbiamo a che fare perchè ci sono dei fattori che influenzano il punto di
fumo: acidità, stato di conservazione, periodi di riscaldamento, esposizione all’aria e tipo di
alimento.
L’olio extravergine di oliva è poco acido essendo di prima spremitura e possedendo quindi
tutti i trigliceridi intatti, un olio di oliva rettificato invece tende ad avere un’acidità più
elevata dovuta al fatto che l’idrolisi del trigliceride libera l’acido grasso che pur essendo un
acido carbossilico debole, divenendo libero fa comunque aumentare l’acidità, al contrario
di un olio costituito da trigliceridi intatti non idrolizzati che è un invece un olio dalla bassa
acidità. Se l’acidità è bassa, ciò indica una scarsa presenza di glicerina nel prodotto e di
conseguenza consente di prolungare il riscaldamento senza rischiare di arrivare alla
disidratazione.
Lo stato di conservazione è un altro parametro che influenza il punto di fumo e si può dire
che un grasso presenti un buono stato di conservazione nel caso in cui abbia ancora i
trigliceridi intatti.
Anche il periodo di riscaldamento ha un suo peso sul punto di fumo e non basta in questo
senso considerare unicamente quale temperatura si voglia raggiungere, ma anche in
quanto tempo e dunque la durata complessiva del riscaldamento.
Per quanto riguarda l’esposizione all’aria, se la presenza di acqua favoriva l’idrolisi, la
presenza dell’ossigeno favorirà invece la perossidazione, che si rifletterà su una maggior
facilità nel raggiungere il punto di fumo che sarà a quel punto notevolmente più basso.
Infine va considerato il tipo di alimento, alimenti ricchi d’acqua favoriscono l’idrolisi del
trigliceride, alimenti ricchi di acidi grassi polinsaturi (pesci) vanno incontro a
perossidazione cedendo acido arachidonico all’olio di cottura, alimenti proteico danno
facilmente dei complessi lipoproteici polimerizzabili.

Olio vergine di oliva si attesta sui


175 che risulta tutto sommato un
buon valore. Il lardo non viene
bruciato, ma ha un punto di fumo
comunque alto. L’olio extravergine
di oliva potrebbe essere un olio da
utilizzare anche nel caso di
trattamenti termici spinti.

Finora abbiamo visto l’idrolisi o inacidimento, ma c’è anche un’altra reazione interessante
che si svolge negli alimenti e in particolare nei formaggi, quella che avviene sugli acidi
grassi a corta catena, chiamata irrancidimento chetonico il quale porta ad un
dialchilchetone, composto a basso peso molecolare, responsabile del particolare aroma di
alcuni formaggi stagionati. In breve l’irrancidimento, al contrario dell’idrolisi, è un fenomeno
spesso e volentieri voluto che porta allo sviluppo di composti caratterizzanti un prodotto.

LA PEROSSIDAZIONE LIPIDICA
A differenza dell’inacidimento (o idrolisi) e dell’irrancidimento chetonico che pur dando dei
problemi, questi saranno comunque contenibili, nel caso della perossidazione lipidica si ha
a che fare con un evento assolutamente infausto, dal momento che si vanno a modificare
irreversibilmente le qualità nutrizionali (un acido grasso omega-3 completo e funzionante
viene tagliuzzato in piccole molecole, aldeidi, chetoni e in generale acidi a basso
molecolare). Un secondo aspetto è quello tossicologico, le molecole che derivano dalla
perossidazione lipidica sono tossiche, quindi hanno vari tipi di tossicità: epatotossiche,
nefrotossiche, mutagene, modificano reversibilmente anche le proprietà sensoriali
dell’alimento che assume l’odore tipico di rancido che è l’odore di perossidato, derivante
dalle molecole a basso peso molecolare che si formano durante la perossidazione;
possiamo parlare di irrancidimento ossidativo (da non confondere con quello chetonico), di
perossidazione, di autossidazione, è sempre la stessa reazione, che prende origine da un
radicale di provenienza non nota.
La reazione parte come dicevamo da un radicale non noto che innesca la reazione a
cascata tramite induzione, cioè la formazione dei primi radicali, da cui se ne originano altri,
che danno origine ad altre sostanze e così via in questa reazione radicalica a catena
autoalimentata. La reazione si autoalimenta nella fase detta di propagazione in cui la
cascata prosegue velocissima e che sarà seguita da una fase finale in cui queste
sostanze radicaliche reagendo insieme tenderanno ad originare composti più stabili,
tuttavia non essendoci più l’acido grasso di partenza la situazione risulta completamente
irrecuperabile.
La velocità di perossidazione dipende anch’essa da vari fattori e i grassi più suscettibili
alla perossidazione sono quelli nei quali gli atomi di idrogeno risultano facilmente estraibili
per dare origine a dei radicali. Dipende poi ovviamente dalla presenza di ossigeno perchè
il radicale reagisce con esso a formare il radicale perossidico da cui origina poi il
perossido.
Ricordando l’andamento della velocità di perossidazione nel grafico dell’activity water,
inizialmente la curva aveva un andamento discendente per il fatto che anche piccolissime
quantità d’acqua davano l’idratazione dei metalli catalizzatori della reazione; quindi altro
catalizzatore insieme ad ossigeno, temperatura e radiazioni, sono anche i metalli pesanti.
La velocità scendeva nel grafico fino ad un minimo per il fatto che mettendo quel poco
d’acqua legata in più, questa idratava i metalli pesanti che non erano più catalizzatori della
reazione.
La perossidazione determina la degradazione grave delle caratteristiche organolettiche e il
sapore di rancido è dovuto alla formazione di composti carbonilici a basso peso
molecolare, volatili e di facile percezione.

Analizziamo ora le fasi della


perossidazione. Nella fase di
inizio c’è la formazione di
radicali perossidici, alcossidici e
alchilici (ROO., RO., R.).
Nell’acido grasso ci sono
idrogeni particolarmente mobili,
facilmente estraibili che
possono formare un radicale a
questo livello. In presenza di
ossigeno e di eventuali
catalizzatori della reazione, da
questa molecola avrà origine un
radicale perossidico, oppure un
alcossi, o anche un radicale
alchilico.
Con una fase in cui si formano diversi tipi di radicali, in primis il perossidico, questo
tenderà a sua volta ad estrarre idrogeni da altri acidi grassi e dare così il perossido che è
un po’ più stabile del perossidico, pur rimanendo anch’esso molto instabile. In questa fase
successiva c’è la rottura dei vari legami della catena e cominceranno a formarsi sostanze
a basso peso molecolare, dunque i prodotti finali della reazione. La propagazione è dovuta
al fatto che i tre radicali reagiscono con altri acidi grassi presenti nell’ambiente a cui viene
strappato l’H per stabilizzare il radicale perossidico. Nella fase di terminazione si formano i
prodotti a basso peso molecolare stabili ed è una reazione gravissima ed irreversibile, dal
momento che una volta rotte le molecole dei lipidi vanno persi il valore nutrizionale e le
proprietà organolettiche dell’alimento, incrementando per contro gli aspetti tossicologici.

Rappresenta l’energia necessaria per estrarre un


atomo di H dalla molecola. L’energia necessaria per
sottrarre un H, cosa che poi predispone alla
formazione di radicali, è ben più elevata nel caso di
un CH3 (422) piuttosto che nel caso di uno dei due
idrogeni del CH2 (272) che sta in mezzo fra due doppi
legami. Nell’acido linolenico (omega-3) vi sono due
metileni compresi fra i doppi legami quindi la molecola
sarà suscettibile alla formazione di radicali a due
livelli, in seguito alla quale avverrano tutta una serie di
tagli che rompono la molecola. Pensando al DHA che
di doppi legami ne ha quattro, di cui tre fra doppi
legami, esso si perossiderà con estrema facilità, sarà
particolarmente suscettibile alla perossidazione dal
momento che occorre pochissima energia per
sottrargli idrogeni; già a T ambiente in presenza di ossigeno il DHA si perossida, interviene
questo radicale di origine incognita, inizia a sottrarre idrogeni e prosegue tutta la cascata
radicalica.
Prendendo in considerazione un acido saturo un 18:0,
un acido monoinsaturo omega-9 oleico, un acido
polinsaturo linoleico e un acido linolenico. Il periodo di
induzione va da valori bassi come 1.34h nel linolenico,
rispetto a 19h nel linoleico e 82h nell’oleico, c’è una
disparità enorme. Riguardo alla velocità di ossidazione,
posta v=1 quella di un acido saturo, quella dell’acido
omega-3 è 2500 volte superiore quindi veramente basta
niente che si perossida.

Raffronto fra la velocità di assorbimento dell’ossigeno da parte di acidi grassi saturi e insaturi
-Acido stearico 1
-Acido oleico 11
-Acido linoleico 114
-Acido arachidonico 179

All’ossigeno dell’aria si forma OO., radicale perossidico, ponendo pari a uno (v=1) la
velocità di assorbimento dell’ossigeno nell’acido stearico (saturo), quella dell’acido oleico è
11, quella del linoleico 114 (possiede doppi legami), quella del linolenico (o arachidonico
nel caso specifico) 179 poichè aumenta il numero di doppi legami; aumenterà
velocemente non solo la forma del radicale alchilico C. (è venuto via l’H), ma anche la
formazione del radicale perossidico. In breve un grasso ricco di acidi grassi polinsaturi
deve essere un grasso protetto, bisogna proteggerlo da tutti quei fattori che catalizzano la
reazione di perossidazione.

La luce è un fattore che promuove la perossidazione lipidica, si parla di fotossidazione, a


seconda della tipologia di attivatore (fra cui possiamo avere anche l’ossigeno singoletto) la
velocità nella reazione di perossidazione sarà maggiore o minore.

Finora abbiamo parlato di tutti quei fattori che in un modo o nell’altro favoriscono la
reazione, ma nell’olio (semi, oliva) ci sono chiaramente alcuni fattori come la vitamina E
che fungono da antiossidanti. Il loro scopo è proprio quello di ossidarsi al posto dell’acido
grasso (antiossidanti diretti), quindi la vitamina E nel seme oleaginoso e nell’oliva ha una
funzione protettiva del vegetale dalla reazione di perossidazione, spostando l’obiettivo
della perossidazione il radicale che si forma sarà più stabile e quindi non andrà ad
innescare tutta la cascata autoalimentata.
Nel caso dei carotenoidi invece siamo di fronte ad antiossidanti che agiscono con due
meccanismi: impediscono la formazione dell’ossigeno singoletto che è un promotore della
perossidazione e riportano l’ossigeno singoletto a tripletto assorbendo energia. Gli agenti
antiossidanti presenti nei lipidi alimentari sono di fondamentale importanza, non a caso
soprattuto negli oli di semi la vitamina E è addirittura addizionata per incrementare quella
già presente e favorire una maggiore conservazione del lipide.
Altre sostanze che favoriscono la perossidazione lipidica sono le lipossigenasi di cui
abbiamo già parlato in merito all’imbrunimento enzimatico e alla tecnica del blanching,
scottatura rapida dell’alimento che porta a denaturazione dell’enzima perossidasi specifico
che a questo punto non svolgerà più la sua funzione biologica di favorire la
perossidazione.
Dalla reazione di perossidazione si ottengono una serie di prodotti secondari, infatti la
formazione dei radicali, come abbiamo già detto, porta ad una ß-scissione, quindi la
molecola viene spezzettata ed è questa la ragione per cui si formano i già citati composti a
basso peso molecolare. Oltre a ciò può succedere che una chiusura ad anello porti alla
formazione di polimeri, anche questi molto tossici.
COMPONENTI MINORI DEI LIPIDI
Finora abbiamo parlato di lipidi come trigliceridi, perchè rappresentano il 97-98% della
categoria, ci sono però altri componenti dei lipidi che ne rappresentano il 2-3% e la cosa
interessante è che sono costituiti da una serie abbastanza numerosa di composti
appartenenti a diverse classi, responsabili di tante proprietà biologiche: colesterolo
precursore della vitamina D e caratterizzante degli alimenti animali, carotenoidi, clorofille,
xantofille (tutte sostanze colorate e responsabili per lo meno delle proprietà sensoriali del
nostro grasso), tocoferoli (vit.E).

Fosfolipidi
Costituenti delle membrane sono molto simili come formula di struttura ai trigliceridi però in
posizione 3 presentano un gruppo fosfato, poi portano la fostatidilcolina e altri sostituenti.
Il fosfolipide è caratterizzato da due parti: le lunghe catene idrocarburiche apolari e la testa
polare idrofilica che portano ad avere delle molecole anfipatiche, cioè caratterizzate da
questa doppia polarità/apolarità.

Sfingomielina
Ad esempio la sfingosina ha ancora attaccato il gruppo fosforico con attaccata ad esempio
l’etanolammina e sempre caratterizzata da questa doppia polarità/apolarità. Al gruppo
fosfato possono esserci attaccate in posizione 3 della glicerina: fosfatidiletanolammina,
fasfatidilcolina, fosfatidilserina, fosfatidilinositolo, fosfatidilgrlicerolo.

Glicolipidi
Come nei fosfolipidi, c’è sempre glicerina con i due acidi grassi legati con legame estereo
in posizione 1 e 2, tuttavia invece di avere ad esempio un gruppo fosfato ed
etanolammina, abbiamo uno zucchero tale per cui si chiamano glicolipidi. Nel caso in cui
alla base ci sia la sfingosina parleremo di sfingolipidi, se invece v’è attaccato un glucosio o
un galattosio possiamo avere degli sfingoglicolipidi (sfingosina + lipidi + zucchero). Sono
ancora molecole anfipatiche come le precedenti.

Da un punto di vista degli alimenti sostanze di questo genere troveranno impiego nella
stabilizzazione di emulsioni, poichè nell’esempio di un’emulsione composta da una parte
acquosa e da una parte lipidica, quindi completamente apolare, aggiungendo i fosfolipidi
questi tenderanno a stabilizzare l’emulsione andando a disporsi in modo tale da rivolgere
la parte polare verso l’ambiente acquoso e quella apolare verso l’ambiente lipidico.
Nell’uovo ci sono delle lecitine che hanno una funzione di tipo stabilizzante dell’emulsione,
pensando alla maionese essa è composta da olio, uovo e succo di limone quindi una
porzione acquosa, una porzione lipidica e la presenza di molecole anfipatiche stabilizza
l’emulsione proprio perchè favorisce una disposizione della parte polare verso la soluzione
acquosa e di quella apolare verso l’olio.
Analogamente possiamo pensare anche ad altri alimenti nei quali può essere necessario
questo aspetto, uno su tutti il gelato in cui c’è una porzione lipidica costituita dai lipidi del
latte e una porzione acquosa rappresentata dalla parte acquosa del latte ed anche in
questo caso la presenza di stabilizzanti permette di non separare le due fasi.
Per via delle proprietà antiossidanti primarie e sequestranti vengono dunque addizionate
agli oli di semi; per le proprietà emulsionanti vengono addizionate a gelati, grassi
emulsionati, cioccolato ecc ecc
Chimica degli alimenti Lezione 12 del 28/11

DHA
Esiste un enzima comune alle due vie metaboliche (w6-w3) che converte
l’acido Linoleico in acido Linolenico. E’ un enzima presente solamente
nelle piante e prende il nome di “ Δ15 desaturasi ”.

Questo pertanto è un enzima chiave che noi non abbiamo. Esiste un


enzima comune alle due vie metaboliche, una ”Δ6 desaturasi”, per cui se
noi abbiamo un rapporto 15 o 20 a 1 di w6/w3 tipica dei paesi occidentali
rispetto ad un rapporto ottimale 5 o 6 a 1 w6/w3 si ha una sintesi
preferenziale di acido arachidonico a discapito di quella di DHA.

Il DHA ha innumerevoli funzioni, fluidità e permeabilità della membrana


vengono modulate in presenza di DHA. Ha azione sul cervello, sulla retina.
Abbiamo anche una neuroprotettina (NPD1) che ha azione di protezione
sul sistema nervoso. Il DHA in quantità sufficienti quindi porta ad una
diminuzione dell’incidenza di malattie cardiovascolari o autoimmuni e ad
una diminuzione delle malattie associate a processi infiammatori.

Nel 2007 è nato un progetto, il “perinatal intake working group” con lo


scopo di fare alcune ricerche come ad esempio vedere se i grassi totali in
gravidanza e allattamento dovevano essere uguali a quelli delle donne in
età fertile oppure, vedere se un apporto di pesce una o due volte a
settimana poteva essere sufficiente per garantire il giusto apporto di
DHA. Capire l’importanza del DHA a livello del feto e quindi la
correlazione tra DHA e sviluppo cognitivo e visivo. Oppure studi riguardo
l’importanza maggiore o meno nel somministrare direttamente il DHA o il
precursore (acido linolenico). Questo studio doveva anche vedere se
200mg al giorno di DHA in gravidanza erano sufficienti per garantire un
apporto corretto. Sono studi recenti, del 2007-2008-2009… I nuovi Larn
del 2014 infatti hanno cambiato quel rapporto 1 a 1 dei vecchi Larn
riguardo l’assunzione di DHA nella donna in gravidanza piuttosto che in
una donna in età fertile.

Il primo studio fatto riguarda il trasferimento di DHA dalla madre al feto e


si chiama Biomagnificazione. Si sono visti questi rapporti:
I due organismi quindi hanno due concentrazioni diverse, nel feto il DHA è
più concentrato rispetto che nella madre in gravidanza e questo aspetto
ci fa capire la grande importanza che ha il DHA nello sviluppo del feto
stesso. Nel feto si sta formando il cervello, la retina, il sistema nervoso..

67mg al giorno è la quantità incamerata di DHA nel feto nell’ultimo


trimestre di gravidanza.

Altro studio fatto mise in luce che nelle donne in gravidanza con scarso
apporto di DHA si sviluppavano parti prematuri e studi osservazionali
hanno dimostrato che il DHA influenza la durata della gravidanza, la
crescita fetale e neonatale. Correlazione diretta tra diete povere di DHA e
la gravidanza. Hanno misurato come maggiori livelli di DHA portino ad un
maggior sviluppo e peso del neonato alla nascita e ad una maggiore
circonferenza della testa del neonato, indice di sviluppo celebrale
maggiore rispetto ad un minor sviluppo celebrale nel neonato nato
pretermine. Inoltre una maggiore assunzione di DHA fa si che
diminuiscano le complicanze quali ad esempio ipertensione gestazionale.

La depressione post-partum è dovuta a diversi fattori come la


predisposizione genetica o a fattori ambientali sia sociali che dietetici. Un
basso apporto di acidi grassi w3 sembra correlato ad un aumento di
questa depressione. Anche questo è un modello validato da studi
osservazionali su un vasto numero di donne. L’ipotesi sembra essere
correlata a neurotrasmettitori (Dopa ) o ad un fattore neurotrofico di
derivazione cerebrale (BDNF) o alla neuroprotettina (NPD1).
Questa depressione post-partum sembra essere maggiore del 20% nelle
donne con carenze di DHA rispetto a quelle con valori nella norma.

I vantaggi per il bambino:


Dove lo ritroviamo il DHA? Costituisce il 40% dei fosfolipidi di membrana
del cervello. Quando è importante il DHA? Durante la neurogenesi,
durante la maturazione del feto e fino a 2 anni dopo la gravidanza perché
è consigliato l’allattamento per 24 mesi o addirittura fino ai 3 anni. Le
carenze di DHA nel bambino portano a ridotto sviluppo neuronale, deficit
nella neuronale, deficit nella neurotrasmissione e deficit neurocognitivi.

Per quanto riguarda il DHA e lo sviluppo cognitivo si è osservato che:

Per quanto riguarda lo sviluppo visivo:


La retina è costituita interamente da DHA e la rodopsina è immersa nel
DHA. Se il DHA non è sufficiente non si può costruire la struttura visiva,
sarà anomala.

Per quanto riguarda il sistema immunitario invece gli studi non sono del
tutto autenticati, non sono del tutto sicuri e quindi confermati.

Il prik test permette di evidenziare delle allergie. Ad un anno di vita, con


un apporto adeguato di w3, si vede una miglior risposta a questo test e si
evince una dermatite atopica meno severa nel bambino. Si è pensato che
quindi in presenza di quantità adeguate di w3 si riducono gli effetti pro
infiammatori poiché w3 si oppone a w6 e quindi si ha una minor
incidenza di allergie alimentari e dermatite topica. Tuttavia non è così
semplice come sembra, sono stati individuati risultati contrastanti per cui
manca l’unanimità scientifica riguardo questa ipotesi.

Il 6 Maggio 2011 è uscita una legge, un regolamento della commissione


europea che afferma che l’assunzione di DHA contribuisce al normale
sviluppo delle capacità visive dei lattanti fino a 12 mesi. Inoltre l’effetto
benefico è ottenuto con un apporto di 200mg di DHA giornaliero nelle
donne in gravidanza e allattamento in aggiunta alla dose giornaliera
consigliata di acidi grassi w3 nell’adulto. A fronte di questa legge la
quantità di integratori a base di w3 è aumentata notevolmente.

Solo il 2% delle donne in gravidanza assume DHA in quantità elevate!


Questo è dovuto ad una ridotta assunzione di pesce. Questo non vuol dire
che bisogna assumere ogni giorno pesce in quanto questo oltre al DHA
contiene una grande quantità di mercurio che potrebbe risultare tossica
in quanto il metil ed etil-mercurio è molto lipofilo e tossico. Il
suggerimento corretto per aumentare questo 2% è quello di assumere
degli integratori alimentari in quanto non sono contaminati. Non tutti gli
integratori sono uguali! Attenzione! L’importante è che la materia prima
sia purificata e che la purificazione non distrugga la materia prima quindi
il DHA. La FAO raccomanda di supplementare DHA in modalità isolata e
altamente purificata. Le caratteristiche che devono avere i prodotti sono:

La distillazione molecolare è quella che permette l’assenza di


contaminanti quali il metil o etil-mercurio.
Glucidi
I glucidi si possono dividere in disponibili e non disponibili, cioè glucidi che
possono essere utilizzati come fonte di nutrimento, che sono assorbiti e
sono fonte di nutrimento (4Kcal/grammo) e quelli non disponibili che non
passano in circolo e non sono assorbiti perché non sono digeriti. Un
esempio è la cellulosa: polimero del glucosio, non lo digeriamo perché
non abbiamo gli enzimi per digerirlo. E’ un carboidrato non disponibile.
Altro esempio sono le pectine ( si parla di fibra prebiotica) che possono
essere utilizzate dai microrganismi eubiotici come fonte di nutrimento ,
come substrato. Questi, degradandole, portano alla formazione di acidi
grassi a corta catena che possono anche essere assorbiti e quindi
assumere un valore energetico che si attesta intorno alle 2,4
Kcal/grammo. Quindi esiste questa differenza tra fibra tipo cellulosa che
non ha alcun valore energetico e fibra prebiotica che invece comunque
può avere un valore energetico in quanto degradata dai batteri e resa
disponibile ed assorbibile per l’uomo.

I glucidi disponibili possono essere classificati a loro volta in semplici e


complessi. Quelli semplici sono i monosaccaridi, i disaccaridi e gli
oligosaccaridi mentre come complessi abbiamo i polisaccaridi.
Anche per quanto riguarda quelli non disponibili li dividiamo in semplici e
complessi. Semplici come disaccaridi, oligosaccaridi e polialcoli mentre
complessi come polisaccaridi.

In particolare i polialcoli sono dei prodotti di riduzione del gruppo


carbonilico dello zucchero. Si trovano in questa tabella, tra i glucidi non
disponibili, ma non si tratta di zuccheri.

L’amido resistente è una porzione di amido che non si riesce a digerire.


Quindi non tutto l’amido si riesce a digerire.
La reazione di caramellizzazione è una reazione di degradazione degli
zuccheri irreversibile che non va confusa con la reazione di Maillard
(reazione zucchero e amminoacido che porta alla formazione di
melanoidine ). Entrambe le reazioni portano alla formazione di prodotti
bruni in seguito a trattamento termico ma le reazioni sono ben diverse!

Monosaccaridi

Viene chiamato zucchero universale in quanto è il più diffuso in natura.


Si trova principalmente nella frutta e nel miele. Nel miele grazie alle api
che hanno un enzima che si chiama invertasi il saccarosio viene idrolizzato
a fruttosio. Nel miele quindi troviamo piccole quantità di saccarosio e
quantità equimolari di glucosio e fruttosio. La miscela equimolare
glucosio e fruttosio a basse temperature ha un potere dolcificante
maggiore del saccarosio a parità di peso.
LEZIONE 13

Il galattosio è un monosaccaride ed insieme al glucosio


costituisce il lattosio, unico disaccaride di origine animale. Il
galattosio è molto importante nella fase iniziale della
crescita poichè è costituente del sistema nervoso ed incide
sullo sviluppo di quest'ultimo insieme a molti altri
componenti fra cui il DHA. Il galattosio viene utilizzato dalla
madre insieme al glucosio per dar origine a livello della ghiandola mammaria al
lattosio. Il galattosio in natura non si trova solamente nel lattosio ma anche negli
alimenti di origine vegetale a livello dei flavonoidi i quali sono glicosilati con
galattosio o con glucosio. Il lattosio quindi è l'unico disaccaride di origine animale
mentre il galattosio come monosaccaride in natura si trova in forma legata ai
glicosidi costituendo la parte zuccherina di molti agliconi soprattutto flavonoidi che
sono polifenoli, metaboliti secondari delle piante. Il galattosio è presente anche in
numerosi oligo e dioligosaccaridi, trisaccaridi e nei legumi che costituiscono la fibra
prebiotica non disponibile.

DISACCARIDI

Fra i disaccaridi troviamo saccarosio, il cui legame 1-2


rende il legame non riducente. Il saccarosio si trova
nella forma idrolizzata nel miele grazie all' enzima
invertasi che idrolizza questo legame. Esso si ricava
dalla barbabietola da zucchero, dalla canna da
zucchero ed anche da altre fonti quali fibre dove siano
ottenuti glucosio e fruttosio per idrolisi enzimatica
delle stesse .Il problema del saccarosio è la sua
dolcezza ed il suo consumo è in continuo aumento perché è calorico, cariogeno,
viene rapidamente idrolizzato dall' organismo e contribuisce all' innalzamento del
picco glicemico dannoso per soggetti che presentano insulino resistenza, sindrome
metabolica e diabete di tipo II. Favorisce obesità e sovrappeso che costituiscono
fattori di rischio per insulino resistenza, sindrome metabolica e diabete di tipo II. I
dolcificanti alternativi non sono composti di origine zuccherina ma si tratta di
composti di sintesi come la saccarina , composti di origine amminoacidica , proteica
ed i glicosidi (steviolo). L'elevata disponibilità del saccarosio porta ad una limitazione
nella dieta e gli zuccheri semplici dovrebbero rappresentare non più del 10% delle
calorie totali ed il restante 20% dovrebbe essere rappresentato da composti
saccaridici polimerici ad alto peso molecolare.

Il lattosio: l'intolleranza al lattosio non è una forma di allergia perché non è IgE
mediata. Essa è dovuta all'assenza della lattasi che si trova sull'orletto a spazzola dei
villi intestinali e scinde il legame beta glicosidico. Si può avere intolleranza primaria
in se nel soggetto non è presente la lattasi mentre è più frequente un'intolleranza
secondaria ad un' infezione intestinale di origine batterica o virale (enterite) con
manifestazioni diarroiche. Si consiglia l'assunzione di prodotti fermentati come il
latte e formaggi fermentati e latte delattosato a basso contenuto di lattosio in
quanto è stato usato dai batteri lattici responsabili della fermentazione e
trasformato in acido lattico. Il latte delattosato non ha un potere calorico inferiore,
in quanto i monomeri glucosio e galattosio che sono derivati dall'idrolisi del lattosio
rimangono nel latte. Per delattosare il latte si usano enzimi immobilizzati su una
fibra che vengono messi a contatto con il latte e poi rimossi dopo aver rotto il
legame glicosidico in modo tale che sia estratto il lattosio. Il latte delattosato ha una
composizione proteica simile al latte non delattosato ma ha lo stesso contenuto
calorico. I formaggi contengono lattosio perché, quando al latte usato per il
formaggio viene aggiunto il caglio, che è una parte acida che si ottiene dai bovini e
provoca la precipitazione delle caseine, il lattosio che è uno zucchero solubile va nel
coagulo della caseina e non lo troviamo insieme alle sieroproteine. I formaggi
ottenuti dal siero del latte come la ricotta sono a basso contenuto di lattosio proprio
perché il lattosio non è rimasto nel siero. Una particolare malattia metabolica
chiamata galattosemia, come la fenilchetonuria, porta ad avere un' incapacità di
metabolizzare il galattosio.

Abbiamo:

1. latte normale
2. latte delattosato
3. latte idrolizzato: parzialmente idrolizzato ed estensivamente idrolizzato. Nel
latte parzialmente idrolizzato è stata fatta un'idrolisi parziale a livello delle
caseine e è potenzialmente allergenico poiché potrebbe esserci un epitopo
sequenziale che si lega all'antigene e scatena l'allergia. Nel latte
estensivamente idrolizzato, l'idrolisi del legame peptidico è particolarmente
spinta e si hanno peptidi a basso peso molecolare in cui non è presente
l'epitopo sequenziale e sono indicati per i fortemente allergici. Il latte
idrolizzato viene destinato a soggetti allergici alle proteine del latte.
4. latte degalattosemico: è destinato ad usi medici speciali per soggetti
galattosemici. La galattosemia è una malattia rara metabolica ereditaria che
impedisce la metabolizzazione del galattosio che non viene trasformato in
glucosio ma viene trasformato in galattitolo, il quale deriva dalla riduzione del
galattosio e che si va ad accumulare nel SNC e nella retina. I bambini
galattosemici bevono il latte e questo porta a danni al SNC ed alla retina e
causa cecità e ritardo mentale. Ai bambini galattosemici si consiglia un latte a
bassissimo contenuto galattosemico.

OLIGOSACCARIDI

Gli oligosaccaridi sono presenti nei legumi.


Arrivano inalterati nel colon, sono
fermentati dalla microflora intestinale e
danno origine ad acidi grassi a corta catena
ed a gas che inducono crampi. Alcuni
hanno attività prebiotica che favoriscono la
crescita della microflora intestinale
selettiva eubiotica. Essi hanno potere calorico ed azione positiva e trofica sui villi
intestinali che lubrificano essendo essi sostanze apolari.

POLISACCARIDI

Polisaccaridi di interesse alimentare: amido di origine vegetale e glicogeno di


origine animale. Se si parla di polisaccaridi si include anche la cellulosa, la quale
però è più un nutraceutico che un nutriente poiché non la digeriamo ma ha effetti
positivi sull' intestino. Ci sono omo ed eteroglicani . Gli omoglicani sono costituiti
dallo stesso zucchero (amido, glicogeno e cellulosa) mentre gli eteroglicani da
zucchero diverso (glucosio, galattosio, fruttosio e acidi uronici o onici derivanti
dall'ossidazione del gruppo carbonilico e alcolico primario dello zucchero). L'amido
è da considerare il principale polisaccaride di interesse alimentare perché si trova
nei cereali, nei semi dei cereali, nelle radici dei tuberi e dai semi di cereali si
ottengono le farine , dai tuberi si ricavano le fecole (fecola di patate), dalle radici si
ricavano manioca e tapioca. L'amido si trova all'interno di queste parti della pianta
perche ha lo stesso ruolo del glicogeno nell' uomo: è un polisaccaride di riserva e si
trova dove la pianta immagazzina il suo zucchero di riserva (noi immagazziniamo il
glicogeno nel fegato). L'amido a sua volta ha due strutture: lineare (amilosio) e
ramificata (amilopectina). L'amilosio è costituito da catene lineari di glucosio legate
con legame 1,4 alfa glicosidico. L'amilopectina ha catene lineari come l' amilosio
legate con legami 1,4 e ad un certo punto di questa catena più breve rispetto
all'amilosio si inserisce un legame 1,6 che è quello che porta alla ramificazione e si
inserisce su un'altra catena lineare che sta sotto. L'amido nella parte dell' amilosio si
avvolge in forma di elica per l'instaurarsi del legame idrogeno ed è un problema ai
fini alimentari in quanto, essendo in forma così compatta, è difficile l'accesso degli
enzimi amiolitici e comporta la presenza di pezzetti di amido resistente.
L'amilopectina ha una forma dendritica con ramificazioni e brevi pezzi lineari che
mantiene le catene più distanziate fra loro e più facile è l'accesso degli enzimi
amiolitici per l'idrolisi del legame 1,6 e 1,4. Dall'idrolisi dell' amido non si ottiene
solo glucosio le maltodestrine, degli oligosaccaridi; non abbiamo solo degli enzimi
che sono in grado di rompere solo il glucosio terminale ma ci sono enzimi specifici
che agiscono all' interno della catena lineare e liberano maltosio (se sono due unità
di glucosio) o maltodestrine se sono 5-6-10 unità di glucosio. Non tutti i vegetali
contengono la stessa quantità di amilosio ed amilopectina. L'amido può accumularsi
anche in granuli che possono avere forma diversa rispetto all' origine. Il contenuto
di amilosio varia a seconda dei vegetali nel cui è contenuto ad esempio nei cereali il
5% grammi peso, nei tuberi intorno al 20%, nella tapioca 17%, nei legumi più del
60% ma non hanno un amido particolarmente digeribile (aspetto positivo dal punto
di vista glicemico poiché tanto più è agevolata la digestione tanto più è facile
l'innalzamento del picco). Nei cibi poveri di amilosio come il riso non si ha un grosso
innalzamento del picco glicemico e ciò risulta positivo per diabetici, nella sindrome
metabolica ed insulino resistenza. Il granulo, nella gelatinizzazione, esplode per
rigonfiamento del granulo e porta ad un'alterazione della struttura cristallina e le
catene di amido si dispongono ma rimangono sempre amilosio ed amilopectina però
non c'è più il granulo nel prodotto alimentare perché ha subito la gelatinizzazione.
Gli enzimi si differenziano per la specificità del legame alfa 1,4 o 1,6 e per la
porzione della catena su cui agiscono, glucosio terminale o in mezzo ed in questo
caso danno luogo a maltodestrine che poi possono essere idrolizzate. La digestione
dell'amido non copre tutta la molecola, da cui si ottiene l'amido resistente,il quale è
prebiotico. Ci sono diversi tipi di amido resistente perché diverso è il contenuto di
amilosio e di amilopectina nei vari vegetali e diversa è l'entità della digestione dell'
amido di diversa origine.

L'amido dopo la cottura subisce il processo di retrogradazione. La retrogradazione è


la trasformazione nuovamente in stato cristallino dell' amido (pane ricotto) dopo
riscaldamento e raffreddamento successivo. Un amido retrogradato è simile ad un
amido crudo dal punto di vista digestivo, ovvero rende difficile l'attacco delle
amilasi.
5 DICEMBRE 2016

Polisaccaridi
Gi alimenti si possono distinguere in alimenti ad alto contenuto glucidico, come pane, cereali, legumi e
pasta, contenenti prevalentemente polisaccaridi complessi (amido); alimenti a basso contenuto glucidico,
come verdura e alcuni frutti (banane e frutta secca ad esempio sono ad alto contenuto glucidico), composti
da zuccheri semplici; ed alimenti di origine animale, a contenuto glucidico basso, come latte e derivati, che
presentano il lattosio. Con la dieta si apportano prevalentemente carboidrati complessi come l’amido,
seguiti dal lattosio del latto, dallo zucchero (saccarosio) dei prodotti dolciari e dal fruttosio e glucosio di
frutta e miele.

I monosi hanno valore calorico medio di 4 kcal/g mentre per i polialcoli è di 2,4 kcal/g. Il fabbisogno
nutrizinale di carboidrati è di circa 180 g al giorno, comprensivo di amido, glucosio, saccarosio, lattosio e
fruttosio, tuttavia sarebbe da preferire l’assunzione di carboidrati complessi rispetto a quelli semplici.
Infatti questi ultimi, per i quali è prevista la scissione di un unico legame glicosidico per ottenere glucosio,
provocano un picco glicemico rapido al quale l’organismo risponde con una massiccia produzione di
insulina per far fronte al picco glicemico, i carboidrati complessi invece determinano un picco glicemico più
basso perché occorre più tempo per rompere i legami e liberare il glucosio. Si può ottenere glucosio anche
da altre sostanze, diverse dai glucidi, ad esempio dagli amminoacidi e dal glicerolo, quindi non sono
considerati essenziali, tuttavia è molto importante un corretto apporto di glucidi con la dieta. Il loro
metabolismo infatti non dà composti tossici, al contrario di altre sostanzecomei lipidi che generano corpi
chetonici, e le proteine che generano urea con conseguenze sull’apparato epatico e renale in quanto il
processo metabolico è più complesso.
L’apporto calorico dell’EtOH è intermedio tra lipidi (9 kcal/g) e glucidi (4 kcal/g) ed è considerato un
componente della dieta, da assumere in quantità adegute.
Una dieta povera di glucidi porta l’organismo ad utilizzare altre sostanze come fonte di energia: lipidi e
proteine, con conseguente produzione di composti tossici come corpi chetonici e perdita di cationi (sodio).

“Le linee guida indicano che l’apporto ottimale di carboidrati dovrebbe essere quello che fornisce il 55-65%
dell’energia totale della dieta, e che di queste solo il 10% dovrebbe derivare da zuccheri semplici.”

L’apporto ottimale si considera non tanto come quantità assoluta ma come quantità in relazione alla dieta.
La correttta quantità di carboidrati da assumere dipende dal caso specifico: ad esempio una persona che fa
un lavoro sedentario ha una dieta diversa e necessita di un apporto calorico diverso rispetto a quello di una
persona che svolge un’attività che richiede maggiore energia. Comunque gli zuccheri semplici devono
essere in quantità modesta.
EDULCORANTI
Non necessariamente sono di natura glucidica, posso infatti essere proteine, glucidi o polialcoli, ma
vengono usati per dolcificare sostituendo lo zucchero comune (saccarosio).
I responsabili della percezione dei sapori sono i recettori del gusto che si trovano sull’apice delle cellule
gustative disposte sulla lingua e formano i “bottoni gustativi”. Esistono diversi tipologie di papille gustative
con diversa disposizione.
Con quelle gustative ci sono anche le papille che danno la percezione tattile (liscio, ruvido, morbido etc).

La concezione della lingua dell’immagine è ormai superata: le papille non sono selettive per un
deterrminato sapore ma ogni papilla permette la percezione di più gusti. Sono stati identificati 5 gusti:
dolce, salato, amaro, acido, umami (glutammato), inoltre si aggiungerà il sapore del grasso come sesto
gusto. I recettori sono di due tipi: canali ionici per salato e acido; ed i recettori accoppiati a proteine G per i
restanti 3 gusti. Il percorso che una sostanza deve sostenere per dare la percezione del gusto prevede
l’interazione con il recettore, il passaggio di un messaggero, e tramite neurotrasmettitori lo stimolo giunge
al SNC che lo percepisce ed invia la risposta periferica che permette l’identificazione del sapore.
Per la percezione del dolce le subunità T1R2 e T1R3 devono interagire e solo con la formazione del dimero
si percepisce questo sapore poiché è dal dimero che parte l’impulso nervoso per il sapore dolce.

Ricerca nel campo dei dolcificanti


Questo interesse per i dolcificanti alternativi al saccarosio nasce per varie ragioni, innanzi tutto perché
glucosio, fruttosio, saccarosio e altri zuccheri danno i picchi glicemici elevati che i diabetici devono
assolutamente evitare, quindi alimenti e bevande per diabetici devono contenere dolcificanti che non
provochino questo picco glicemico. Il diabete di tipo 2 è una tipica patologia legata all’età e poiché la durata
della vita media sta aumentando, anche l’incidenza di tale patologia è in crescita. Un altro problema sociale
da considerare riguarda i disturbi alimentari che portano all’obesità, ovvero problemi di nutrizione dati da
un eccessivo consumo di alimenti con elevato potere calorico ma basso potere nutritivo, quindi abbassare il
contenuto calorico dell’alimento mantenendone il valore nutritivo è importante. Una modalità per ridurre
tale potere calorico è quella di ridurre o addirittura sostituire la parte glucidica. Inoltre questi zuccheri sono
causa di carie perché i microrganismi (streptococchi orali) utilizzano il saccarosio per produrre acido lattico
che causa la demineralizzazione dello smalto dentale. Anche nell’industria farmaceutica e cosmetica sono
utili questi prodotti alternativi al saccarosio, ad esempio in sciroppi o compresse o granulati, per evitare sia
il problema delle carie, sia il picco glicemico; oppure sono molto diffusi in prodotti per l’igiene orale come i
dentifrici (soprattutto per i bambini), colluttori, spray per la gola che devono essere di sapore gradevole ma
senza attività cariogena. Inoltre ci sono prodotti nuovi, ad esempio a base di alghe, che devono essere resi
di sapore gradevole senza che siano cariogeni o provochino il picco glicemico.

Un edulcorante alternativo al saccarosio ottimale dovrebbe innanzi tutto essere assolutamente non tossico
e la non tossicità deve essere dimostrata con evidenze sperimentali. Gli edulcoranti alternativi sono degli
ADDITIVI alimentari quindi sottostanno a questa legislazione che impone che vengano studiati dal punto di
vista tossicologico e ne venga stabilita la dose giornaliera accettabile (DGA). Lo stesso vale per tutti gli
additivi come i coloranti o i conservanti. Si tratta di una tutela per il consumatore: la DGA è la
concentrazone che assunta ogni giorno per tutta la vita non ha effetti tossici, riguarda cioè sia la tossicità
acuta sia quella cronica.
Inoltre un dolcificante ottimale non deve interferire con i livelli di glucosio nel sangue, neanche in seguito a
metabolizzazione, non basta quindi che abbia una struttura chimica non riconducibile a quella del
saccarosio ma bisogna verificarne il metabolismo. Deve comunque avere proprietà sensoriali simili a quelle
del saccarosio, ciò non sempre si verifica anche perché la percezione è soggettiva. Ad esempio la saccarina
è inizialmente dolce ma successivamente ha un retrogusto amaro, il ciclammato invece ha un sapore dolce
persistente, perciò spesso vengono associati per coprire l’amaro della saccarina con il ciclammato.
L’edulcorante deve anche essere stabile nei confronti di altri ingredienti, ad alte temperature ed in un
ampio range di pH: ad esempio si potrebbe usare per un prodotto da forno ed essere sottoposto ad elevate
temperature, potrebbe essere associato a prodotti proteici oppure utilizzato nelle bibite con pH acido o
basico (in Francia ad esempio si mette lo zucchero nel vino che ha pH=3).
Deve inoltre avere una buna solubilità: l’ambiente in cui viene posto è tipicamente idrofilo e l’edulcorante
deve essere solubile. Può comunque capitare che debba essere impiegato in ambiete lipidico ma
raramente, in ogni caso deve avere una solubilità idonea per la matrice alimentare in cui si prevede
l’incorporazione.
E’ importante che abbia un costo competitivo: il tagatosio ad esempio ha proprietà molto interessanti ma la
sua preparazione è molto costosa quindi la sua applicazione è limitata a livello farmaceutico o cosmetico

dove la quantità utilizzata è limitata.

Questa direttiva sugli edulcoranti, adottata più di 20 anni fa, riporta per la prima volta il livelli massimi di
impiego di un edulcorante ipocalorico in una data categoria alimentare. Mette in correlazione l’edulcorante
con l’alimento in cui può posto: non si può utilizzare un edulcorante instabile al calore in un prodotto da
forno, ma in altri alimenti può essere utile.
Con questo decreto per la prima volta sono introdotte quelle diciture e avvertenze. C’è stata una grande
polemica accompagnata da numerose sanzioni per aziente che sull’etichetta di confetture contenenti frutta
riportavano la dicitura “senza zucchero”, ma nella frutta lo zucchero è presente. La dicitura ora utilizzata è
“senza zuccheri aggiunti” o “a ridotto contenuto calorico”. In più sono state introdotte le 3 avvertenze
tutt’ora in vigore:

IN ETICHETTA DEVONO ESSERE RIPORTATI:


“edulcorante da tavola a base di …” seguito dal nome della sostanza contenuta
“contiene fonti di fenilalanina” per l’aspartame
“un consumo eccessivo può indurre effetto lassativo” per i polioli

L’aspartame, per rottura del legame peptidico, dà origine alla fenilanina che non può essere assunta da
persone con fenilchetonuria, quindi serve la dicitura“contiene fonti di fenilalanina”. Infatti dal nome
“aspartame” non si evince che è una fonte di fenilalanina. Per i polioli è necessaria l’avvertenza sull’effetto
lassativo, infatti si usava la mannite, resina prodotta da una pianta contenente il mannitolo, come blando
lassativo per i bambini.

Più recente (2011 entra in vigore) è il regolamento 1333/2008 chiamato testo unico per gli additivi
alimentari. Il passaggio degli edulcoranti in questa categoria è stato molto importante perché ha imposto le
regole per la commerializzazione e per gli aspetti tossicologici. Ci sono state polemiche su questi prodotti
che sono risultate infondate, almeno per gli edulcoranti più utilizzati. Da alcuni studi, che andrebbero, oltre
che eseguiti, anche valutati con rigore scientifico, sono state evidenziate problematiche di cancerogenicità.
Tuttavia è emerso che gli studi sono stati effettuati da aziende concorrenti del produttore di edulcorante in
questione. Gli edulcoranti oggi in commercio sono stati molto studiati e certificati e sono prodotti sicuri il
cui uso è consolidato.

Il numero E indica che gli edulcoranti sono a tutti gli effetti additivi alimentari dotati del loro codice.

Viene indicato solo in alcuni casi un livello massimo. Per i polialcoli ad esempio non c’è perché non c’è una
vera tossicità; per altri composti invece è riportato questo valore che deriva da studi scientifici. I range sono
molto ampi (da 2mg a 2000mg).
Classificazione
Ci sono varie tipologie di dolcificanti: di alcuni ne basta una quantità molto limitata (mg), di altri invece ne
serve una maggiore come per lo xilitolo o il mannitolo. Ci sono poteri dolcificanti molto diversi. Un
dolcificante è intensivo se ne bastano quantità limitate per avere l’effetto (dolcificre), questi sono impiegati
prevalentemente nelle bevande: non serve aggiungere massa al thè, caffè, o bevande ma serve solo
dolcificare. Alcuni di questi hanno lo stesso potere calorico del saccarosio, ma ne bastano quantità molto
minori. Se invece l’intenzione è preparare una torta la massa è importante, in questo caso si preferiscono i
dolcificanti bulk. Le caramelle,ad esempio, sono costituite da zucchero con aromatizzanti, coloranti, quindi
se si toglie lo zucchero la massa è estremamente ridotta, serve un dolcificante bulk che fornisca massa
altrimenti non avrebbe più le stesse proprietà sensoriali.
Tra gli edulcoranti più utilizzati troviamo l’Acesulfame, l’Aspartame, il Ciclammato, la Saccarina, molto
usata in Spagna. Alcuni di questi dolcificanti, pur essendo autorizzati, non vengono impiegati in Italia, ad
esempio la Taumatina che è di natura proteica.

Sono presenti nei prodotti con la dicitura “ senza zuccheri” o “senza zuccheri aggiunti”.
Il consumo eccessivo può dare problemi, per questo vengono indicate le quantità massime DGA misurata in
mg/kg die.

I dolcificanti bulk sono i polioli e hanno potere dolcificante simile al saccarosio ma basso contenuto
energetico 2,4 kcal/g. Non hanno DGA tranne il mannitolo: 50 mg/kg ma hanno effetto lassativo se assunti
in grandi quantità (20 g/die).
Oltre che nei prodotti da forno, in cui è necessario fornire massa, sono molto impiegati anche in campo
farmaceutico, qualora servissero farmaci senza zucchero, e cosmetico.

Intensivi
SACCARINA: è stata al centro di numerose polemiche perché induce il cancro alla vescica nei ratti, tuttavia
è sicura per l’uomo, infatti viene consumata da un secolo e non è mai stato riscontrato come effetto la
formazione del tumore nell’uomo. Si è visto che l’insorgenza del cancro alla vescica nei rattisegue un
metabolismo diverso da quello nell’uomo. E stata scoperta per sintesi nel 1800in modo casuale: il bancone
era sporco di saccarina e qualcunol’ha assaggiatascoprendone il sapore dolce. Ha potere dolcificante
300/500 volte superiore al saccarosio però ha un retrogusto metallico e amaro. È stabile al calore e in
ambiente acido ed è inerte rispetto ai prodotti alimentari. Non ha problemi di conservazione e spesso è
associata al ciclammato (dolce persistente) oppure all’aspartame. Il problema è la scarsa solubilità se usata
come acido, perciò viene salificata e impiegata come sale di potassio oppure sodico o calcico nei casi di
problemi di ipertensione (dieta iposodica). Essendo un sale è solubile, inoltre se ne usa molto poco quindi
non dà problemi di solubilità in questa forma.La porzione di saccarina che non viene metabolizzata è
escreta con l’urina.
I meccanismi che provocano la comparsa del tumore nel ratto (ad alte dosi di saccarina) non possono
essere applicati sull’uomo, è quindi sicura, tranne che nei rari casi di allergia in cui può dare orticaria,
prurito, dispnea, diarrea, tachicardia, eruzioni cutanee. Sono sempre sconsigliati gli edulcoranti per i
bambiniche manifestano ipersensibilità generalizzata, insonnia e sintomi neurologici (ipertonia, strabismo)

e le donne in gravidanza in quanto può essere trasferito al bambino.

ASPARTAME: è l’estere metilico del dipeptide formato da fenilalanina, acido aspartico e alcol metilico. Ha
potere dolcificante molto elevato ed il sapore persiste nel tempo. Il contenuto energetico è uguale a quello
degli zuccheri (dipeptide) ma se ne usa poco. Risulta stabile al pH acido ma non lo è a temperature elevate,
quindi è impiegato per molte bevande, yogurt, dessert, gelatine, bibite istantanee, succhi di frutta, gomme
da masticare, confetteria, ed in prodotti cosmetici e farmaceutici. Per quanto riguarda la tossicità si nota
che se si rompe il legame estereo, si libera il metanolo che è tossico. Tuttavia il metanolo è il 10% dei mg di
aspartame assunto e viene metabolizzato in formaldeide, acido formico e CO2. Potrebbe essere tossico,
però è un dolcificante permesso perché ne viene usato in quantità piccolissime ed il metanolo che può
essere liberato è in quantità molto inferiore alla dose tossica, inferiore ad alimenti comunemente ingeriti
come il vino.

“Le quantità di metanolo apportate sono inferiori ad alimenti comunemente utilizzati (vino). Per accumulo
di formiati nel sangue (tossicità nervosa) è necessaria assunzione di metanolo in dosi =200-500 mg/kg peso
corporeo (100 volte superiore a dose massima di metanolo apportato da aspartame)”

Per quanto riguarda la fenilalanina, invece, il fenilchetonurico non può assumere aspartame perché si libera
fenilalanina. Tutti i prodotti contenenti aspartame riportano la dicitura: «contenente una fonte di
fenilalanina».

Il consumo di aspartame è elevatissimo: 200 miliioni di persone ed è presente in 6000 prodotti in tutto il
mondo. In media una persona assume 2- 3 mg per Kg di peso corporeo al giorno di aspartame (una persona
di 70 Kg assume tra i 140 e 210 mg di aspartame al giorno), la DGA è di 3500mg al giorno. Quindi si è molto
al di sotto della DGA come consumo giornaliero medio. Gli studi degli anni 70 hanno evidenziato la
sicurezza dell’aspartame, successivamente la fondazione Ramazzini negli anni 90 ha effettuato degli studi
che invece hanno evidenziato effetti tossici: “l'aspartame risultava in grado di indurre tumori maligni nei
ratti, anche alle dosi ammesse per l'alimentazioneumana”, però la quantità che è stata somministrata negli
esperimenti era molto elevata. Quando sono stati pubblicatiquesti risultati l’UE ha per prima cosa
interrogato l’EFSA (autority per la sicurezza alimentare europea) che invece ha sostenuto la sicurezza

dell’aspartame tanto che non necessita nemmeno di variazione della DGA: “l’EFSA ritiene l’aspartame
sicuro per il consumo umano e non ritiene che vi siano basi scientifiche per sottoporre a revisione il suo
impiego a fini alimentari.”

ACESULFAME K: ha una struttura simile a quella della saccarina. Viene utilizzato come sale di K, si presenta
come polvere bianca, cristallina, inodore, è molto solubile in acqua, scarsamente solubile in etanolo, stabile
al calore, anche in ambiente moderatamente acido o basico ed è quindi adatto nella preparazione di
prodotti di pasticceria o a lunga conservazione e di bibite gassate. Ha un potere dolcificante 200 volte
superiore a quello del saccarosio ma anchesso ha un retrogusto amaro, perciò è associato a dolcificanti
conun sapore dolce prolungato. La concentrazione massima di impiego varia da 2,5 g/kg nella
microconfetteria a 350 mg/L nelle bevande analcoliche ipocaloriche. Non è metabolizzato dall’organismo
quindi viene escreto immodificato con le urine. Dagli studi tossicologici è emerso un potenziale effetto
cancerogenico ma sia la FDA sia il Scientific Committee on Food dell'Unione Europea lo hanno ritenuto

sicuro.

CICLAMMATI: sono prodotti di sintesi (1937), ed il loro il consumo si è diffuso negli anni 60 per bevande
analcoliche in miscela con la saccarina. Si utilizzano i sali (di sodio o calcio)per avere un prodotto più
solubile,infatti sono molto solubili in acqua (1g/4-5 ml), ma non in oli e solventi apolari. Sono stabilialla
luce, al calore ed in ampi range di pH. Il potere dolcificante è elevatoed ilgusto dolce persistente, non è
cariogeno e la sua DGA è di 11 mg/Kg. L’impiego dei ciclammati è ancora discusso, tanto che alcuni paesi
ne vietano l’uso alimentare (FDA ne ha vietato l’uso). In parte è escreto immodificato,in parte
metabolizzato e forma la cicloesil ammina che è una sostanza tossica, oltre ad avere effetti sulla flora
intestinale. Ci sono ancora studi in corso ma le due maggiori aree in cui si intravedono problemi di tossicità
riguardano gli effetti cardiovascolari e l’atrofia testicolare.

Bulk
XILITOLO: è molto utilizzato nei paesi nordici dove viene estratto dalle betulle. E il poliolo più utilizzato nel
mondo, soprattutto nei chewing-gum. Può essere estratto da fragole, lampone, prugna, sequoie, grano e
betulla ma la produttrice principale è la Cina. Il potere dolcificante è simile al saccarosio ma ha il 40% di
calorie in meno. Al Nord è usato per dolci tradizionali e aiuta a prevenire la carie perché favorisce la
rimineralizzazione di piccole lesioni dello smalto dei denti oltre a ridurre la produzione dell’acido lattico da
parte dei batteri inibendone la crescita. In più è antibatterico anche per i microrganismi responsabili
dell’otite: con la masticazione c’è una retrodiffusione dello xilitolo verso l’orecchio riducendo l’incidenza
delle otiti, può essere quindi interessante per i babmini con otiti ricorrenti.

Non ha effetti tossici riconosciuti ma può causare aumento di acido ossalico nelle urine promuovendo lo
sviluppo di calcoli, ma è stato rilevato solo negli animali da esperimento.

Non è indicato per i diabetici perché ho comunque carico glicemico significativo per il diabete di tipo 1.

SORBITOLO:
Lezione del 12.12.2016

Dolcificanti promettenti: molecole di interesse ma meno utilizzate perché magari è costoso il


metodo di preparazione e magari verranno utilizzati in futuro quando ci sarà la possibilità di avere un
processo produttivo meno costoso. Tra questi:

1. TAGATOSIO monosaccaride (chetoesoso), è un isomero del fruttosio in posizione 4 (isomero


posizionale). Notiamo quindi una somiglianza chimica tra fruttosio e tagatosio.

Il tagatosio è dotato di proprietà interessanti:


- ha un potere edulcorante pari al 92% del saccarosio (ha un sapore molto simile ad esso);
- non è cariogeno: viene infatti molto lentamente convertito in acidi organici dai batteri della placca
dentaria;
- ha un ridotto apporto calorico;
- non ha retro-gusti;
- è un potenziatore di aromi: può essere impiegato in alimenti che presentano aromi come caramelle,
chewingum;
- vanta effetti prebiotici

Nonostante venga ottenuto per semisintesi a partire dal lattosio, il tagatosio è uno zucchero naturale
presente in piccole quantità nel latte di mucca riscaldato e in vari prodotti lattiero-caseari.

Produzione industriale: è un processo stepwise che prevede che il lattosio venga sottoposto ad un
trattamento enzimatico in modo che venga idrolizzato il legame glicosidico tra glucosio e galattosio per
ottenere una miscela di glucosio e galattosio; inoltre il lattosio è sottoposto a tecniche di purificazione.
Dopodiché il galattosio, separato per cromatografia dal glucosio, viene sottoposto a isomerizzazione in
condizioni alcaline per ottenere il tagatosio. Quest’ultimo viene infine purificato fino ad ottenere un
prodotto puro al 99%. Un metodo di questo genere è tuttavia un metodo costoso perché prevede l’impiego
di un enzima, di una separazione cromatografica e di un’isomerizzazione in condizioni alcaline il prodotto
che si ottiene ha un valore commerciale elevato è complesso il suo utilizzo su larga scala usato se
necessario in basse quantità per esempio in campo farmaceutico o in campo cosmetico (dentifrici per
bambini, collutori).
Metabolismo: come già detto, fruttosio e tagatosio sono simili chimicamente, tuttavia vengono
metabolizzati in maniera diversa dall’organismo umano. Infatti il sistema di trasporto per il fruttosio
nell’intestino tenue, carrier-mediato, è privo di affinità per il tagatosio. È proprio per questo che il tagatosio
ha un basso potere calorico: solo il 20% circa di tagatosio ingerito infatti viene effettivamente assorbito a
livello dell’intestino tenue tramite il carrier del fruttosio (come sappiamo il potere calorico dei carboidrati è
di 4 kcal/g e il 20 % sono quindi 0,8 circa kcal/g che contribuiscono quindi al potere calorico del tagatosio) e
poi metabolizzato nel fegato (con lo stesso percorso metabolico del fruttosio). Invece la % non assorbita
raggiunge il colon dove viene fermentata dalla microflora batterica: qui il tagatosio viene metabolizzato ad
acidi grassi a corta catena (SCFAs) che vengono quindi assorbiti (l’altro contributo al potere calorico del
tagatosio è quindi attribuibile a questi acidi grassi). Ricordiamo che tra gli acidi grassi a corta catena c’è
l’acido butirrico che svolge un ruolo importante sulla proliferazione e differenziazione delle cellule
dell’epitelio del colon, prevenendo lo sviluppo locale di carcinomi. La fermentazione colica del tagatosio
inoltre favorisce l’incremento della flora batterica eubiotica (lactobacilli e acido-lattico batteri) a scapito di
quella putrefattiva.
Il potere calorico del tagatosio arriva in totale ad un massimo di 1,5 kcal/g, poco più di 1/3 di quello del
saccarosio o di qualsiasi altro zucchero (4kcal/g). Il consumo di D-tagatosio non favorisce inoltre
l’innalzamento dei livelli di glucosio nel sangue o dei livelli di insulina e attenua i livelli glicemici quando
assunto prima di glucosio o saccarosio  Il tagatosio risulta utile per persone con sindrome metabolica o
con problemi di iperglicemia (sia post-prandiale che diabete di tipo 2).
Il tagatosio poi, similarmente al saccarosio ma differentemente dal fruttosio, non è igroscopico e dunque
non richiede particolari condizioni di conservazione.
Presenta una solubilità in acqua simile a quella del saccarosio.
Ad alte temperature si decompone (caramellizza) più velocemente dello zucchero.
A pH estremi è instabile potendosi quindi convertire in vari composti (può per esempio isomerizzare).

Alcuni studi, condotti per determinare se il tagatosio ha delle proprietà sinergiche rispetto ad altri aromi e
ad altri dolcificanti, hanno evidenziato come questo edulcorante potenzi l’azione di aspartame e
acesulfame K. Anche questo quindi può essere visto positivamente: infatti siamo al di sotto della loro DGA
ma in tal modo possiamo ulteriormente abbassare il livello di acesulfame K e di aspartameè possibile
consumarli con più alimenti. In simili miscele, il tagatosio velocizza l’innesco della sensazione di dolcezza e
riduce il gusto amaro; migliora inoltre le caratteristiche sensoriali: ridotta sensazione di bocca secca, ridotto
retrogusto dolciastro e amarognolo.

Le proprietà biologiche e le caratteristiche organolettiche del tagatosio ne suggeriscono l’uso come


dolcificante per diabetici, prebiotico ed edulcorante in prodotti dolci non cariogeni e a basso contenuto
calorico (prodotti dolciari, caramelle, chewingum, bevande analcoliche, prodotti per la prima colazione).

Non esistono poi documentazioni contro l’utilizzo di tagatosio: dagli studi non è emerso che il tagatosio
possa essere un potenziale cancerogeno (a differenza di altri dolcificanti per i quali sono stati condotti studi
scientifici sugli animali per valutare l’effetto cancerogeno, mutageno, teratogenico ecc.). Per questo il
tagatosio è considerato sicuro tanto che viene anche impiegato, come visto all’inizio, in ambito pediatrico.
Ed è sempre per questo motivo che nel 1999 la FDA lo ha approvato. Relativamente a tutte queste sue
proprietà, il tagatosio rappresenta uno dei dolcificanti più promettenti del futuro.
2. STEVIA: è un dolcificante relativamente nuovo perché è entrato in commercio in Europa tra il
2010 e il 2011. Tuttavia non va considerato come una sostanza nuova poiché i glicosidi steviolici e la
stevia Rebaudiana, pianta da cui è ottenuto questo edulcorante, sono ben noti nei paesi
dell’America latina dove vengono usati da secoli. È stato ritenuto sicuro dall’EFSA e nel 2011 è stato
aggiunto alla lista degli edulcoranti. È un edulcorante intensivo.

In slide: ADI=DGA
Viene utilizzata, grazie alla legge 1333/2008 entrata in vigore nel 2011, oltre che negli alimenti anche in
integratori alimentari in forma solida, compresse capsule, compresse e pastiglie simili, in integratori in
forma liquida o in integratori sotto forma di sciroppo o di pastiglia masticabile.

FIBRE ALIMENTARI
Negli ultimi anni il mercato
della fibra alimentare
europeo è in crescitail
mercato è più che
raddoppiato nel giro di 8
anni poiché sono aumentati
gli studi scientifici che
depongono a favore delle
proprietà biologico-
funzionali della fibra. Perciò
gli alimenti integrali,
rispetto a quelli raffinati,
sono ritenuti più salutistici:
aiutano a ritardare la
conversione della sindrome
metabolica in diabete.
Quindi la fibra, che un tempo era un elemento di scarto, oggi viene usata per produrre alimenti integrali.
Scoperte scientifiche fatte sulla fibra alimentare:

carboidrati non disponibili: non


possono essere digeriti, assorbiti,
convertiti in glucosio e quindi usati
come fonti di energia e di zuccheri
per l’organismo

 no idrolisi dei legami glicosidici


che legano i carboidrati tipici della
fibra

Nel 2000 la American


Association of Cereal Chemists ha
dato la definizione di fibra alimentare: INSIEME DI COMPOSTI DI ORIGINE VEGETALE, DI NATURA FISIOCHIMICA E
COMPLESSITÀ MOLECOLARE DIVERSE RESISTENTI ALL’IDROLISI DEGLI ENZIMI DIGESTIVI (non sono quindi digeribili) E
ALL’ASSORBIMENTO (non sono quindi assorbibili) E CHE POSSONO ESSERE FERMENTABILI DALLA MICROFLORA
BATTERICA INTESTINALE OVVERO DAL MICROBIOTA (sono prebiotici).

La fibra alimentare può essere:

1. Insolubile:
- alto PM (sono grossi carboidrati);
- sono polimeri;
- si organizza in strutture cristalline;
- espelle l’acqua: l’acqua viene assorbita ma non viene trattenuta in seguito a un qualsiasi stress
meccanico (es. centrifugazione) perché non si forma un gelo (la fibra non è gelificante)questa
cosa si verifica quindi anche all’interno del nostro organismo con i seguenti effetti:
- aumento della massa fecale;
- aumento della peristalsi e della velocità di transito intestinale può essere quindi usata per la
regolarizzazione della funzionalità intestinale
Fibre insolubili sono cellulosa, emicellulose insolubili, lignina, chitina, chitosano.
2. Solubile:
- Basso PM
- Meccanismi osmotici (trattengono l’acqua) aumento della viscosità rallentamento della
velocità di transito intestinale;
- È fermentabile dalla microflora batterica intestinale (azione prebiotica);
- È una fibra gelificante si forma quindi il gelo che ingloba l’acqua, e perciò viene anche inglobato
tutto ciò che si trova in essa come zuccheri a basso PM, grassi, molecole di colesterolo… Questi
componenti vengono dunque sottratti all’assorbimento. Ecco il motivo per qui questa fibra è
ipoglicemizzante e ipocolesterolemizzante. Inoltre, è anche detossificante, perché all’interno del
gelo possono essere inglobate anche molecole cancerogene che vengono assunte (a causa per
esempio dell’inquinamento) oppure che vengono prodotte (es. prodotti della reazione di Maillard).
In seguito a stress meccanico questo gel non si rompe e dunque l’acqua inglobata non viene
rilasciata, se non in minima quantità.
Fibre solubili sono pectine, gomme, mucillagini, emicellulose solubili, fruttani, amido resistente.
PREBIOTICO: (io credo che da qui in poi si parli della fibra solubile)

non è da molto infatti che si


conosce il gut-brain axis, ovvero l’asse
cervello-intestino intendendo per intestino la flora microbica intestinalealcune patologie connesse col
sistema nervoso sono in qualche modo da correlare alla tipologia di microflora intestinale dell’organismo e
spesso alcune patologie infiammatorie del tratto GI sono connesse con lo stato dell’umore

Caratteristiche della fibra prebiotica (punti focali per definire la fibra prebiotica):

- Non dev’essere idrolizzata né assorbita nella parte alta del tratto GI (poiché nella parte bassa, ovvero il
colon, viene metabolizzata dai microrganismi della flora batterica intestinale producendo gli acidi grassi a
corta catena e quindi viene assorbita);
- Dev’essere un substrato selettivo per uno o pochi potenziali batteri benefici presenti nel colon che, quindi,
vengono stimolati nella crescita e/o nell’attività metabolica portando perciò al miglioramento del
microbiota (si è visto che alcune patologie, come l’obesità, sono collegate al microbiotaeventi esterni
come la dieta condizionano il microbiota che a sua volta condiziona le patologie;
- Dev’essere in grado di modificare la microflora del colon a favore di una microflora più salutare per l’uomo;
- Deve indurre nel lume intestinale, o a livello generale, effetti benefici per la salute dell’ospite.

Composti di interesse prebiotico: sono di diversa tipologia, appartenenti a diverse classi:

1. β-GLUCANI

legame β non
possono essere
metabolizzati
2. FRUTTO-OLIGOSACCARIDI (FOS) E INULINA: sono anche chiamati fruttani.

Presentano catene di unità di fruttosio legate tra loro da legami β-1,2 e legate a
un glucosio terminale con legame α-1,1. I FOS e l’inulina sono diversi per il PM (la
molecola è sempre la stessa: glucosio + catena di fruttosio):

- i FOS hanno grado di polimerizzazione basson arriva fino a 7, ossia ho il


glucosio e 7 unità di fruttosio PM piccolo
- l’inulina ha n che arriva fino a 57PM molto più elevato

Esiste poi un enzima, che noi non abbiamo, che è la β-fruttofuronidasi che idrolizza le
unità terminali di fruttosio e agisce come invertasi per il saccarosio.

3. OLIGOSACCARIDI DELLA SOIA

Monosaccaridi che stanno alla base di questi oligosaccaridi: fruttosio, galattosio e glucosio.
Si trovano oltre che nella soia, anche nei legumi.

4. GALATTO-OLIGOSACCARIDI (GOS): sono prevalentemente di sintesi oppure si ritrovano come


componenti saccaridici del latte umano. Tra le numerose
differenze tra i latti formulati e il latte materno (per es. latte
umano contiene grande quantità di DHA, di sieroproteine
mentre il latte vaccino è ricco di caseine, i sali minerali sono più
concentrati nel latte vaccino) c’è anche la componente
prebiotica (nel latte materno ci sono centinaia di molecole di
prebiotici). Lo zucchero principale del latte è il lattosio che
viene metabolizzato dalle lattasi; tuttavia altri importanti
carboidrati del latte sono i galatto-oligosaccaridi (difficilmente
il neonato allattato con latte materno soffre di stitichezza: questo è da attribuirsi anche al
contenuto di fibre, in elevata quantità appunto nel latte materno e in scarsissima quantità in quello
vaccino).
Questi GOS sono oligomeri costituiti da unità di galattosio legate ad un glucosio terminale. La β-
galattosidasi idrolizza legami β-1,4 ma si comporta da galattosil transferasi con alte concentrazioni
di lattosio. Il lattosio però costituisce solo la parte terminale della molecola di GOS.

5. ISOMALTO-OLIGOSACCARIDI:

L’isomaltosio è il trisaccaride.

6. XILO-OLIGOSACCARIDI:

7. LATTOSACCAROSIO, LATTULOSIO, LATTILOLO:

Sono oligosaccaridi semisintetici prodotti per via enzimatica.


Il lattulosio viene spesso usato nei latti formulati come additivo siccome questi contengono lattosio
ma non la fibra (il lattulosio o viene inglobato nella formula oppure viene aggiunto successivamente
separatamente)per sopperire ala mancanza di fibra del latte vaccino e per evitare stitichezza
neonatodato che è usato nei neonati è un prodotto sicuro.
8. AMIDO RESISTENTE: si può ottenere dall’amilosio o dall’amilopectina, è difficilmente attaccabile
dagli enzimi amilolitici essendo avvolto
ad elica (piuttosto compatto)  non c’è
infatti una digestione completa

9. GLUCOMANNANO:

È costituito da molecole di glucosio e mannosio legate da legami β-1,4. Si ottiene dalla radice del
Amorphallaus Konjac. È solubile perché è gelificante (questi prodotti a base di alghe vengono infatti
impiegate per le loro proprietà gelificanti). Assorbe acqua fino a 200 volte il suo peso (1g può gelificare fino
a 200 ml di acqua). Ha il più alto PM e la più forte viscosità tra le fibre, proprio per le proprietà gelificanti.

10. POLISACCARDI DELLE CHLOROPHYTAE (alghe verdi):


sono contenuti nella matrice della parete cellulare delle Clorophitae. In
posizione 6 il gr. OH primario dello zucchero viene ossidato a gr. COOH. Il
fatto di avere nella struttura questi acidi carbossilici(acidi uronici) fa sì che
soprattutto in presenza di cationi bivalenti (es. calcio) si formino dei
legami (sali) si forma una sorta di rete che può inglobare acqua,
nutrienti ecc.

11. LAMINARINA:
è la fibra presente nelle alghe della laminaria (alga
bruna)
Funzioni della fibra solubile nell’organismo:

 Stimolazione del sistema immunitario (maggior resistenza alle infezioni; benefici in pediatria): sembra
che la miglior composizione del microbiota (nel senso che riconosca come estraneo ciò che è estraneo e
come non estraneo ciò che è un alimento altrimenti avremmo l’insorgere di un’allergia) sia connessa con
una migliore funzionalità del sistema immunitario (miglior risposta immunitaria). Stimolano infatti
selettivamente la crescita e/o l’attività metabolica di un numero limitato di gruppi microbici del colon;
 Azione ipoglicemizzante (la soluzione viscosa ritarda l’assorbimento): riduzione dei picchi glicemici e quindi
della risposta insulinica per rallentamento dell’assorbimento dei carboidrati. Questi zuccheri possono
essere intrappolati nel gelo e quindi possono essere sottratti all’assorbimento;
 Riducono rischio di neoplasie, tramite un’azione detossificante, dell’apparato digerente, in particolare del
cancro al colon-retto perché è a questo livello che si vanno a concentrare le sostanze cancerogene (assunte
con alimenti o a causa dell’inquinamento);
 Riduzione rischio di cardiopatie: la fibra alimentare svolge un’azione
protettiva sull’apparato circolatorio migliorando il quadro lipidico ematico
attraverso una diminuzione, rispetto al controllo, di trigliceridi, colesterolo
totale e colesterolo LDL (cattivo)hanno quindi un effetto
ipocolesterolemizzante

 Trattamento dell’obesità poiché aumentano il senso di sazietà (lo stomaco infatti si riempie) e di
conseguenza si ha una riduzione dell’introito calorico ingerito; inoltre parte di ciò che viene ingerito viene
inglobato all’interno del gelo venendo quindi eliminato (i prodotti per la riduzione del peso corporeo a base
di fibra sono forse l’unica categoria di prodotti dimagranti che realmente funziona, aldilà di quelli
contenenti lo iodio che aumenta il metabolismo);
 Le fibre solubili influenzano favorevolmente la biodisponibilità dei minerali: il ferro per esempio viene
assorbito a livello del duodeno dove il pH è tendente al basico (non è fortemente basico perché essendo
vicino allo stomaco risente del pH acido di questo). I minerali vengono assorbiti in modo maggiore a pH
tendenti al pH acido in presenza di fibra questi minerali vengono assorbiti maggiormente perché le fibre
abbassano il pH perché vengono usate dal microbiota per produrre acidi grassi (acidi deboli) che vengono
rilasciati nell’intestino e quindi le fibre aumentano l’assorbimento dei minerali perché tendono ad
abbassare il pH delle parti più basse dell’intestino e quindi questi vengono assorbiti anche in queste parti
più basse di intestino dove invece non sarebbero assorbiti a causa del pH fortemente basico. (L’acido fitico
(anti-nutriente) è un componente della fibra insolubile e tende a chelare i metalli bivalenti positivi 
riduzione del loro assorbimentosi è cercato di selezionare cereali a basso contenuto di acido fitico);
 Trattamento della sindrome dell’intestino irritabile = infiammazione cronica intestinale che porta a
malassorbimento e sintomi intestinali di vario genere. Questa migliora se migliora la composizione del
microbiota perché per esempio viene ridotto il rilascio di citochine pro-infiammatorie;
 Trattamento della stipsi semplice per la formazione del gelo: le feci risultano essere più idratate e quindi
vengono evacuate con minor difficoltà;
 La fibra solubile si lega agli acidi biliari aumentandone la sintesi e l’escrezionemiglior digestione anche
degli altri nutrienti (pool di acidi biliari non varia ma si ha un aumento dell’acido desossicolico);
 Il propionato influisce sul metabolismo dei lipidi;
 Azione anticoagulante: riduzione del fattore VII della coagulazione e aumento dell’azione fibrolitica del
plasma.
Lezione 19/12/2016

La carnitina, come visto, è una sostanza endogena che sintetizziamo da Lisina e Metionina, 2 AA essenziali,
a livello del fegato e dei reni; non è un AA ma per la sua biosintesi endogena e perché spesso è associata
agli aminoacidi la consideriamo in questo contesto. Come già visto, ha un’importante ruolo nell’ossidazione
degli acidi grassi a livello dei mitocondri; infatti si unisce all’ACIL Co-A per dare origine all’ Acil-Carnitina
all’interno del mitocondrio, permettendo l’ossidazione degli acidi grassi con produzione di ATP. Abbiamo
visto che la carnitina oltre che essere una sostanza endogena è anche una sostanza d’interesse alimentare
perché presente nella carne rossa e altri alimenti di origine animale; la carenza nei vegetariani è marginale,
modesta grazie all’assunzione di alimenti di origine animale (latte, uova) mentre è più marcata nei vegani.

SUPPLEMENTAZIONE CON CARNITINA

Nei casi di carenze si ricorre alla supplementazione.

L’uso della carnitina come integratore tra gli sportivi, per migliorare la performance, è abbastanza diffuso
ma a livello di evidenze scientifiche certe ci sono diversi studi ma allo stesso tempo diversi risultati
contraddittori.

Una delle indicazioni, in tempi più recenti, riguarda il trattamento dell’obesità connesso al fatto che la
carnitina è legata al metabolismo dei lipidi; infatti il razionale che sta alla base di quest’uso è quello
dell’aumento dell’ossidazione degli acidi grassi, aumentando il turnover energetico, con riduzione del peso
corporeo per riduzione della massa grassa che è sostanzialmente l’obiettivo finale.

È un particolare derivato presente nell’organismo come costituente


naturale. Non è un AA però ha una struttura che si rifà a quella
amminoacidica (gruppo carbossilico e gruppo amminico).

Abbiamo il 90% della Creatina nelle cellule muscolari e cardiache e la


principale fonte è la carne rossa ed il pesce.

Il ruolo fisiologico è connesso con il ruolo della fosfocreatina che è


una riserva di gruppi fosforici. La fosfocreatina, quando reagisce
con ADP, cede un gruppo fosforico formando ATP e creatina. Il
muscolo in attività richiede ATP, energia; la fosfocreatina tramite
questa reazione permette al muscolo l’ottenimento di energia
quindi avremo un calo di fosfocreatina che viene consumata il che,
a lungo andare, si traduce in un calo di ATP. Se l’attività è intensa
avviene una sorta di deplezione di fosfocreatina e quindi riduzione
della sintesi di ATP; tutto ciò porta ad una stimolazione dei processi
che portano ad ATP e ad una trasformazione del Glicogeno
intracellulare in Acido Lattico perché il muscolo si trova ad “essere
in debito”.
Può essere utile nel caso degli anziani che vanno
incontro, con l’aumentare degli anni, ad
indebolimento muscolare, sarcopenia e problemi, in
generale, di difficoltà di reazione a minimi sforzi; di
conseguenza avere una riserva di creatina, per
innescare il meccanismo di sintesi di ATP e aumentare
la forza e il tono muscolare, può essere fondamentale.

STABILITA’ AL TRATTAMENTO TERMICO DELLE PROTEINE

Possono avvenire diverse reazioni in seguito al trattamento termico delle proteine, reazioni che sono molto
importanti dal punto di vista nutrizionale, ma anche tossicologico, perché gli AA costituenti reagiscono per
formare:

- composti diversi dagli AA che, quindi, non possiamo più utilizzare per la sintesi proteica e di conseguenza
c’è una diminuzione del valore nutrizionale dell’alimento

-sostanze che possono essere tossiche, mutagene, cancerogene e quindi hanno un interesse tossicologico

Sottoponiamo gli alimenti a trattamento termico per

 sanificarli quindi abbattere la carica microbica (batterica, fungina, di lieviti)


 renderli più digeribili per es. la carne

In generale sono trattamenti utilizzati per migliorare le caratteristiche dell’alimento sia in termini di
salubrità che di caratteristiche organolettiche. Questi trattamenti possono essere:

 Pastorizzazione (latte,succhi)
 Sterilizzazione
 Cottura

Le proteine vengono generalmente assunte tramite alimenti cotti.


Le modificazione a carico delle proteine saranno condizionate da:

1. Temperatura applicata -> cottura a vapore a bassa T (100°); cottura su piastra a T più alte (fino a
250-300 gradi)
2. tempo di cottura
3. umidità -> abbiamo visto come l’aw influenzi le velocità di reazione negli alimenti
4. sostanze presenti durante il trattamento -> nell’alimento, insieme alle proteine, potrebbero esserci
altri componenti come zuccheri (Maillard)

La metionina è più disponibile nel pane


a causa della gelatinizzazione
dell’amido che porta ad avere
rigonfiamento dei granuli di questo che
hanno riflessi sulla parte proteica, ad
esempio, della farina.

SVANTAGGI:

 ossidazione di alcuni AA come Cys: può verificarsi che due aminoacidi reagiscano tra di loro per
formare ponti disolfuro (SH libero  S-S)
 rafforzamenti di alcuni legami che ritardano i processi digestivi: non è una negazione del vantaggio
di aumentare la digeribilità ma se il trattamento termico è particolarmente spinto non prevale
l’evento in cui si rompono i legami (ad esempio le proteine perdono la loro struttura quaternaria,
terziaria,ecc..) ma prevale invece la formazione di legami intra e intermolecolari i quali andranno
rotti per ottenere i singoli AA necessari per la sintesi proteica ed il tutto si traduce, quindi, in una
digestione più lunga.
 Formazione di nuovi legami non attaccabili da enzimi digestivi
 Decarbossilazione o deamminazione di alcuni AA  non ho più gli AA di partenza cioè ciò che mi
serve per la sintesi proteica con conseguente diminuzione del valore nutrizionale dell’alimento.
 formazione di nuovi composti di potenziale interesse tossicologico
La precipitazione va contro la digeribilità perché, nel
momento in cui diventa poco solubile, risulta difficile
l’attacco della proteina in soluzione da parte degli
enzimi proteolitici.

Una particolare reazione che avviene tramite trattamento termico è la formazione della lisilalanina:

I formaggi che hanno subito processi di caseificazione non regolari, non adeguati, sbagliati che hanno
portato, quindi, all’ottenimento di prodotti non adatti al commercio (forma non adeguata o processo non
andato a buon fine) vengono nuovamente fusi, quindi viene applicato un doppio trattamento termico e nel
secondo processo di fusione la Temperatura è
piuttosto elevata; si ottengono formaggi fusi
(formaggino, babybel, fontal), che non sono di grande
valore commerciale e sono prodotti di seconda
categoria.

In questo trattamento più spinto, rispetto ai formaggi


di normale caseificazione, succede che la Lisina si
unisce all’Alanina per formare il composto lisilalanina.
Questo composto si forma anche nella normale
caseificazione ma in piccolissima quantità (per esempio
nella mozzarella è presente ma in quantità molto
ridotta). Nel momento in cui il nostro organismo non
riesce a metabolizzare la lisilalanina abbiamo perdita di
Lys (essenziale) e Ala e di conseguenza il valore
biologico nutrizionale delle proteine di formaggi fusi,
che hanno contenuti di lisilalanina anche 50 volte
superiore rispetto al normale valore dei formaggi per
normale caseificazione, si abbassa.

Piccole quantità indicano un processo di caseificazione corretto mentre elevate quantità indicano che si è
dovuti ricorrere al doppio trattamento termico.
Esempi di contenuti di lisilalanina nei vari alimenti:

Si parla di mg per kg.

Da osservare è il contenuto nell’uovo bianco in


polvere spesso utilizzato nei prodotti da forno.
Vengono utilizzate le uova in polvere perché
possono essere sterilizzate e quindi sono evitati
tutti i problemi di contaminazione microbica
come la salmonella, ecc. (che a prescindere non
dovrebbe esserci nemmeno nelle uova fresche
utilizzate a livello industriale) cosa che rende più
salubre l’alimento; perciò in prodotti di scarsa
qualità, con necessità di mantenere costi più
contenuti, si utilizzano uova in polvere, alimento
sterilizzato, sano ma in cui interviene il
problema della lisilalanina e quindi viene
abbassato il valore nutrizionale dell’alimento.
Un altro esempio è il latte condensato che
veniva ottenuto aggiungendo zucchero al latte e
riscaldando, per ottenere un concentrato, quindi
un alimento finale con contenuto elevato di
lisilalanina e perdita del valore nutrizionale
(vengono usati da aggiungere al caffè in casi particolari quando per esempio non è possibile conservare il
latte fresco). È importante che, invece, gli alimenti per neonati abbiano un basso contenuto di lisilalanina,
per mantenere un alto livello nutrizionale per una fascia di popolazione così delicata.

Il gruppo carbonilico di uno zucchero reagisce con il


gruppo amminico di un aminoacido o di una
proteina con AA basici ottenendo un prodotto di
condensazione che prevede l’eliminazione di 1
molecola di H2O. La glicosilammina N sostituita
subisce diversi riarrangiamenti con formazione di
diversi composti. Questa reazione avviene anche a T
ambiente, anche se molto più lentamente, mentre il
trattamento termico promuove la reazione, ne
aumenta la velocità. Il prodotto varia in base allo
zucchero (esoso, pentoso, disaccaride,
oligosaccaride, polisaccaride..) e in funzione
dell’AA/proteina/peptide di partenza; possiamo
avere migliaia di prodotti a causa del numero
elevatissimo di possibili combinazioni tra i vari tipi
di zuccheri e AA/proteine. Ad oggi non si sanno
ancora tutti i prodotti che possono derivare da
questa reazione ed inoltre la reazione evolve in
modo diverso in base a diversi fattori:
1. Temperatura
2. Durata del trattamento termico
3. Forza ionica del mezzo
4. pH (acido, basico, neutro)

Si possono formare composti dicarbonilici come il gliossale o il metilgliossale

La presenza di gruppi aldeidici rende questi composti estremamente reattivi e quindi in grado di reagire
nuovamente con altri AA e proseguire con la reazione di Maillard ottenendo ulteriori prodotti.

Questi composti dicarbonilici possono reagire con AA, Piridina, Creatinina e, a seconda delle varie reazioni
che si sviluppano successivamente alla reazione di Maillard di partenza, si può avere fissione, deidratazione,
degradazione di Strecker e così via che rientrano tutte nell’ampio ambito della reazione di Maillard.

Tra i prodotti terminali ci possono essere le melanoidine di cui avevamo già parlato (composti bruni del
caffè, dei prodotti da forno, del pane, dell’arrosto) che sono composti ad alto PM, solitamente di carattere
acido e presentano una parte zuccherina e una parte proteica che derivano dai reagenti iniziali; quando si
formano nei prodotti di origine vegetale inglobano spesso i polifenoli (ad esempio le melanoidine del caffè
inglobano anche porzioni di acidi idrossicinnamici) e anche questo aspetto rende più complessa la
situazione perché vengono inglobati dei componenti che non hanno a che fare con zuccheri e AA.
e il colore (marrone,bruno). Il sapore può essere positivo
nel caso del pane mentre nel caso del latte bruciato è
sicuramente negativo.

Ci sono alcune proprietà positive come l’attività


antiossidante e riducente  possono essere importanti
per la conservazione del prodotto e ci sono composti che
riducono la velocità di perossidazione lipidica, se non
addirittura la evitano. Anche il potere antibatterico è
importante ed è possibile ritrovare prodotti di questo tipo
nel caffè.

Ci sono proprietà negative di natura


tossicologica come l’attività cancerogena di
alcuni composti  si formano soprattutto negli
alimenti di origine animale in presenza di
creatina ed esempi sono le chinossaline,
imidazochinoline e imidazochinossaline (noti
cancerogeni); sono contenuti in quantità
ridotte negli alimenti consumati (non
consumare tutti i giorni grigliate di pesce e
carne perché potrebbe essere importante
l’apporto cronico di queste sostanze ed inoltre
altri alimenti che contengono imidazochinoline
sono i dadi per brodo di tipo animale: si è
stimato che per avere effetti cancerogeni
sull’uomo bisognerebbe assumere 5 L di brodo al giorno). È importante fare attenzione a non assumere
determinati alimenti troppo frequentemente perché potrebbe esserci un accumulo di queste sostanze e
non si sa fino a che punto si accumulano e continuano a svolgere un’azione negativa sull’organismo. È stato
visto, tramite degli studi, che questi prodotti vengono a contatto con l’intestino umano in qualche modo: è
stata sperimentata una dieta ricca di melanoidine, sono stati dosati questi composti chinossalinici e
valutati successivamente nelle feci il contenuto di questi composti  permangono nell’organismo fino
all’espulsione e l’effetto sull’intestino non è ben noto, anche se si sa che sugli animali hanno provocato la
comparsa di tumori (principalmente colon-retto). È bene quindi limitare il consumo di alimenti di origine
animale che siano sottoposti a trattamenti termici così spinti da indurre la produzione di questi composti
IQ.

Ma essendo migliaia i prodotti della reazione di Maillard ci sono anche composti prevalentemente
melanoidinici con proprietà anticancerogeniche.
Abbiamo già visto il grafico che ci
esprime la velocità di reazione che
avviene nell’alimento (y) in funzione
dell’aw (x). Nel caso dell’imbrunimento
non enzimatico avevamo già visto che
c’è un massimo di velocità e poi
questa comincia a diminuire
all’aumentare dell’ aw; questo è dato
dal fatto che, essendo l’acqua un
prodotto di reazione di Maillard, nel
momento in cui l’acqua aumenta
perché aumenta l’aw , per la legge di
azione di massa l’equilibrio viene
spostato verso i reagenti e quindi la
velocità di reazione diminuisce.

Se il gruppo carbonilico non è libero,


se l’OH emiacetalico non è libero non
può avvenire la reazione di Maillard.

CELIACHIA
Il glutine è una proteina presente in alcuni cereali, particolarmente interessante perché rende elastica la
pasta del pane, della pizza,ecc.. elasticità che è connessa alle proprietà tecnologiche delle proteine del
glutine. La farina di frumento utilizzata è di maggior qualità tanto maggiore è il contenuto di queste
proteine che conferiscono particolare elasticità. Sono proteine positive per gran parte della popolazione
che conferiscono caratteristiche organolettiche positive agli alimenti la cui base sono queste farine e
addirittura la scelta di alcune farine per determinati prodotti (pizza, prodotti da forno..) viene fatta sulla
base del contenuto di glutine.

Ma esistono persone affette da celiachia


che hanno problemi con questo tipo di
proteine: è un patologia piuttosto
complessa che è determinata dalla
copresenza di fattori ambientali esterni,
ovvero l’assunzione di glutine, ma anche di
fattori genetici, ovvero un soggetto sarà
predisposto geneticamente a sviluppare la
patologia nell’individuo sono presenti gli
antigeni che sono i responsabili della
comparsa della patologia. Se questi
antigeni sono presenti, l’individuo
potrebbe sviluppare la patologia o ciò
potrebbe anche non avvenire ma la presenza dell’antigene è un aspetto importante perché permette di
prevenire la conclamazione della celiachia.

Rispetto ad anni fa si sa molto di più a proposito della patologia ma ci sono molti aspetti che ancora non
sono noti.

L’evoluzione della celiachia ha anche seguito i flussi migratori:

Fino a pochi anni fa la celiachia era considerata rara perché non veniva diagnosticata:

È stato fatto un parallelismo con l’iceberg ci sono celiaci in cui la malattia è stata diagnosticata che
corrispondono alla punta mentre la parte sommersa rappresenta la popolazione in cui non è stata ancora
diagnosticata (passando da 1:2000 ad 1:100 individui è evidente come sia aumentata la capacità di
diagnosi)

3 tipi di celiachia:
 Conclamata soggetto con presenza di antigeni HLA e di mucosa corrosa dall’evento
infiammatorio, che è il morbo celiaco. Il soggetto ha tutti i sintomi intestinali che si verificano a
seguito dell’assunzione di glutine e che migliorano nel momento in cui non viene assunto.
 Silente c’è un’alterazione della mucosa, in particolare dei villi intestinali che risultano appiattiti e,
di conseguenza, si presenta un problema di mal assorbimento (si sa che i villi hanno la funzione di
aumentare l’area superficiale della mucosa intestinale per aumentare l’assorbimento); tuttavia nel
soggetto in questione non produce eventi intestinali tipici della celiachia (dissenteria, vomito),
quindi non è presente la sintomatologia tipica, ma solo effetti dovuti al mal assorbimento quindi ad
esempio i bambini risultano particolarmente magri, non crescono.
 Latente  caratterizzata da condizioni intestinali normali ma che potrebbero sviluppare
cambiamenti morfologici in seguito ad assunzione di glutine (Sostanzialmente la celiachia non si è
ancora manifestata). Normalmente è caratterizzata dalla presenza di antigeni che potrebbero
sviluppare una reazione antigene-anticorpo a seguito dell’assunzione di glutine.

Essendoci queste diverse forme è difficile conoscere la diffusione della malattia perché può essere silente o
latente e non essere stata ancora diagnosticata.

Una domanda senza risposta univoca è quando si manifesta la celiachia latente; la celiachia spesso si
manifesta nell’infanzia ma ci sono casi sempre più frequenti in cui si manifesta nell’età adulta ( passaggio
da latente a conclamata).

Questa infiammazione porta


proprio ad un cambiamento
della permeabilità dell’epitelio
intestinale e anche questo è
connesso alla difficoltà di
assorbimento.

Ci sono individui in cui bastano


piccole quantità di glutine per
manifestazioni intestinali e
atrofia quasi completa dei villi
mentre ci sono individui che
hanno maggiore tolleranza.
Le proteine del grano sono importanti
ai fini delle proprietà della farina e
servono per ottenere dei prodotti
alimentari delle gradevoli
caratteristiche sensoriali.

Queste proteine non sono presenti in


tutti i cereali per esempio il riso non
contiene glutine.
PROTEINE
Le proteine rispetto ai nutrienti presi in
considerazione fino ad esso, sono caratterizzate
dalla presenza dell’azoto, che risulta essere
costante in quanto costituente degli AA. Possono
contenere altri atomi tipo Fosforo, Ferro,
Manganese, Zinco, Iodio, che sono generalmente
presenti al livello componente coenzimatica di
enzimi. Composizione elementare delle proteine è
dunque : N(circa il 15%), C, O, H. Inoltre l’azoto
può essere presente anche in catena laterale negli
AA basici.

Che funzione hanno nell’organismo?

Plastica sono presenti in tutti i tessuti , costruiscono e mantengono i tessuti.

Energetica  4 cal/g, in assenza dei nutrienti energetici(carboidrati e lipidi) la


funzione energetica può essere assunta dalle proteine.

Biodinamica  enzimi, ormoni(es. insulina). Gli enzimi sono i costituenti


fondamentali del nostro metabolismo.

Le proteine sono degli eteropolimeri lineari i cui monomeri sono gli AA. Possono
essere proteine semplici (semplice sequenza di AA) e proteine complesse (AA e altri
composti, parte proteica + un parte di natura diversa es. enzima che comprende la
parte coenzimatica).

Negli alimenti che ruoli hanno le proteine?

La funzione principale  forniscono tutti e 20 gli AA per la sintesi proteica,


compresi gli 8/9 AA essenziali. Le proteine sono dei componenti ad elevato
turnover. Dalla degradazione delle proteine nel nostro organismo si ottengono AA
liberi che costituiscono il pool di AA disponibili. Consideriamo il caso in cui non
si introducano proteine per un tempo prolungato(mancano degli AA si parla di
bilancio di azoto negativo): anche se viene a mancare anche sono un AA per la
sintesi proteica la proteina non verrà sintetizzata e gli altri AA che dovrebbero
costituire la proteina vengono eliminate come Urea.
Ruoli positivi:

- contribuiscono alle
caratteristiche
organolettiche(danno sapore e
aroma). Insieme ai glucidi danno la reazione di Maillard(condensazione di
zucchero e AA, che in funzione delle condizioni di reazione es, pH, temperatura,
differenza tra AA e l’altro, o tra Proteina e un’altra proteina, o tra uno zucchero e un altro zucchero,
forza ionica…porta a composti diversi ), dando origine a composti di diversa
natura. Ad oggi non si conosce ancora in modo chiaro la struttura chimica delle
melanoidine, polimeri estremamente complessi. Sono tutti caratterizzanti le
caratteristiche organolettiche degli alimenti.
- Sono precursori di composti aromatici, che potrebbero avere un’attività
biologica funzionale importante (altri es. altri prodotti della reazione di
Maillard alcuni sono antibatterici, antiossidanti, cancerogeni…)
- Contribuiscono a determinare delle proprietà fisiche in quanto formano o
stabilizzano schiume(es. bianco dell’uovo montato a neve), emulsioni(es.
maionese stabilizzata dalla presenza dell’albume dell’uovo; altro es. il
gelato in cui le proteine del latte stabilizzano l’emulsione del gelato e già al
livello del latte stesso si ha un’emulsione stabilizzata dalle proteine del latte) e
gel. Le proteine sono quindi coadiuvanti tecnologici per questa loro funzione.

Ruoli negativi:
- Allergeni: intolleranza al glutine, proteine dell’uovo e del latte , molluschi,
crostacei, noci, arachidi. È sufficiente un piccolissima quantità per scatenare la
reazione allergica.
- Fattori antinutrizionali
- Inibitori di enzimi: antiamilasi  inibiscono gli enzimi che permettono la
digestione dell’amido (frumento, farina cruda tramite il trattamento termico
ottenuto con la cottura si ha la degradazione di queste proteine inibitrici
enzimatiche); fattori antitriptici (ovomucoide presente nel bianco dell’uovo,
solo a seguito di cottura si degrada).
- Fattori emoagglutinanti(L'agglutinazione del sangue, detta anche emoagglutinazione, è un
fenomeno biologico fondato su un processo chimico-fisico per il quale degli anticorpi specifici provocano la
formazione di agglomerati di antigene che precipitano):
sono contenuti nelle leguminose con
la cottura si denaturano le proteine responsabili di questo ruolo.
- Tossine: veleni di alcuni pesci(es. pesce palla); veleni di alcuni vegetali;
tossine di alcuni microrganismi (C. botulinum), veleni di alcuni animali.
“Evitare il glutine fa bene, a prescindere dalla celiachia Una dieta gluten-free migliora il
benessere gastrointestinale e la qualità di vita correlata alla salute. È questa la tesi di uno studio
presentato alla settimana delle malattie digestive di Chicago. Per ora i risultati del trial non sono
stati pubblicati in letteratura, quindi vanno presi con cautela, però Katri Kaukinen, del
Gastroenterology department del Tampere university hospital and school of Medicine in Finlandia
ha reclutato 3.031 persone per la sua ricerca. I volontari sani, imparentati con qualcuno affetto da
celiachia, sono stati sottoposti a screening per la celiachia e 40 sono risultati positivi al test degli
anticorpi anti-endomisio. Indipendentemente dal risultato dei test metà dei volontari, scelti a caso,
hanno continuato a seguire la solita dieta, mentre gli altri sono stati indirizzati a un regime privo di
glutine. «Abbiamo scoperto che la maggior parte dei soggetti ha tratto beneficio dalla dieta senza
glutine» ha detto Kaukinen «inoltre i pazienti positivi al test anticorpale avevano un evidente
disturbo glutine-dipendente e perciò si potrebbe dedurre che il test sia sufficiente a porre la
diagnosi di malattia celiaca». Rilevante comunque il fatto che al termine dello studio l'85% dei
partecipanti volesse mantenere una dieta priva di glutine e il 58% valutasse positivamente lo
screening per la celiachia cui era stato sottoposto.”
Gli essenziali sono
fondamentali, vanno assunti con
la dieta, quindi la quantità
dell’AA essenziale nelle
proteine alimentari è
fondamentale per descrivere e
valutare la qualità e il valore
biologico nutrizionale della
proteina. Ad es. nei legumi gli
AA solforati(tra cui la
metionina) sono poco
rappresentati. I cereali sono
carenti di lisina. Quando
diciamo che sono carenti
intendiamo che l’AA è presente
ma in quantità non sufficienti.
Sono quindi proteine a basso-
medio valore biologico
nutrizionale. Le proteine dei
cereali sono definiti a basso
valore biologico nutrizionale,
quelle dei legumi sono a medio
valore biologico nutrizionale,
mentre quelle di carne(bovina, pollame…pesce) e del latte contengono le giuste
quantità di AA essenziali quindi sono proteine ad alto valore biologico nutrizionale.

In termini di valore biologico nutrizionale delle proteine il latte materno è lo


standard di eccellenza.
AA Semiessenziali  cisteina e tirosina

AA Condizionatamente essenziali Glicina, Prolina, Arginina, Glutamina,


Taurina; così definiti perché in condizioni fisiopatologiche o parafisiologiche (es.
neonato) non siamo in grado di sintetizzare dei determinati AA o possono non essere
sintetizzati a velocità sufficiente.

AA superessenziale  lisina

Gli studi condotti negli ultimi decenni


hanno messo in evidenza come ogni
AA deve essere assorbito in certe
quantità, con particolare attenzione
per gli AA essenziale che non siamo
in grado di sintetizzare e che vanno
introdotti con la dieta. Per quanto
riguarda l’istidina si ritiene che sia
essenziale solo per il neonato, quindi
gli essenziali sono 8, chi indica 9 AA
essenziali estende l’essenzialità
dell’istidina anche all’individuo
adulto. Inoltre a differenza degli altri
AA che hanno un valore numerico
fisso e unico, per l’istidina si ha un
range di quantità per indicarne il
fabbisogno.

Gli AA sono importanti non solo perché partecipano alla sintesi proteica ma anche in
quanto precursori di importanti molecole biologiche.

Triptofano  precursore della vitamina PP e della serotonina. La vitamina PP va


considerata comunque essenziale e va assunta con la dieta perché la sintesi dal
triptofano non è sufficiente.

AA solforati  sono precursori del glutatione, importantissimo componente non


enzimatico delle difese antiossidanti endogene(altri componenti di natura enzimatica :
catalasi, superossido dismutasi, la glutatione perossidasi).

Arginina precursore di NO(sintesi urea) azione vasodilatante.


Possiamo classificarli:
Nella parte alta della tabella abbiamo i formaggi stagionati, in cui le proteine sono più
concentrate perché viene ridotto il contenuto di acqua rispetto al latte. Tra gli alimenti
di origine vegetale abbiamo nella parte alta i legumi. Da sottolineare la consistente
componente proteica del cacao amaro. Nella parte più bassa abbiamo alcuni cereali. I
legumi freschi hanno un contenuto elevato di acqua quindi la % di proteine si
riduce, in quanto meno concentrate per via dell’acqua presente in maggiore quantità.
Ogni istogramma rappresenta il contenuto di ogni AA essenziale in alimenti di
origine diversa, confrontato con il contenuto nel latte materno(che corrisponde alla
composizione AA necessaria per l’essere umano). Nei piselli il contenuto di
Metionina è circa il 60% rispetto a quello che troviamo nel latte materno, nella soia
invece circa il 70-80%, quindi la carenza non è poi così marcata per questo si parla di
proteine di medio valore biologico nutrizionale . Possiamo quindi affermare che i
legumi sono carenti di AA solforati. Per la Lisina il frumento ha un contenuto circa
pari alla metà rispetto al latte materno, quindi la carenza è consistente per questo si
parla di basso valore biologico nutrizionale. Per gli alimenti in cui la quantità è poco
più bassa rispetto al latte materno si
riesce a colmare tramite l’aumento
della quantità dell’alimento a minor
contenuto, a minor livello biologico
nutrizionale. In alcuni alimenti il
contenuto è invece maggiore del latte
materno, ad esempio per l’istidina,
per la fenilalanina. Nel momento in
cui l’alimentazione è variata si
compensano le varie carenze. Ad
esempio i vegetariani vivono perché
assumono una combinazione di
legumi e cereali, compensando le
relative carenze.

Integratori di AA

Sono prevalentemente consumati dagli uomini per aumentare la muscolatura. Si


possono assumere per compensare carenze dovute ad alimentazioni di AA. Possono
essere :
- Miscele di AA : contengono
AA essenziali e non in proporzione
adeguata alle esigenze.
- Combinazioni parziali di AA
- AA singoli non sono destinati
al soddisfacimento delle richieste
azotate ma hanno una finalità mirata.
L’anziano generalmente ha
un’alimentazione prettamente
vegetale, in quanto gli alimenti di
origine vegetale sono più facilmente
digeribili, per via della variazione del
pH gastrico, che risulta essere più alto
e rende dunque la digestione delle
proteine più difficoltosa. Ciò può
portare a carenze di AA nell’anziano,
come nel caso si individui che
seguono diete non variate, scorrette.
AA ramificati  Leucina, Isoleucina e Valina; hanno funzione di favorire la
proteosintesi e sfavorire la proteolisi. Per questo vengono spessi assunti dagli
sportivi.

Se gli AA non vengono incorporati nelle proteine portano a produzione di energia e


gluconeogenesi.

CARNITINA
acido 3-idrossi-4-N-trimetil-amino-butirrico  non di natura AA. È coinvolta
nell’ossidazione degli acidi grassi a
livello mitocondriale, con sintesi di
ATP e produzione di energia. Spesso
abbinato agli integratori di AA o
negli integratori per sportivi. Si trova
in natura in due isoforme L, naturale,
e D, sintetica. Le due forme hanno
diversa funzione biologica e
biochimica: l’isomero L è substrato
della carnitina acetil transferasi.
L’isomero D invece si comporta da
inibitore competitivo, quindi
interferisce nell’ossidazione degli
acidi grassi e nella produzione di
energia. La sua sintesi viene ottenuta
al livello epatico e renale da lisina e
metionina.
L’acilcarnitina si lega al coenzimaA e
penetra nel mitocondrio. All’interno
del mitocondrio avviene l’ossidazione
degli acidi grassi con sintesi di ATP.
Viene spesso somministrata in
combinazione di AA
ramificati(integratori per sportivi) per
favorire la produzione di energia e il
consumo degli acidi grassi come fonte
di ATP. Questo va nell’ottica di
migliorare e mantenere la prestazione
fisica. La sua principale fonte
alimentare è la carne rossa.
09.01.2017
INTEGRATORI ALIMENTARI

Sono alimenti che, in quanto tali, devono rispondere alla legislazione alimentare orizzontale e ad una
legislazione verticale di complemento.
Una LEGISLAZIONE ORIZZONTALE prevede leggi generiche per tutti gli alimenti, l’etichetta deve rispondere
a certi requisiti e devono averla tutti gli alimenti.
Per un alimento particolare, come gli integratori, a questa legislazione orizzontale si aggiunge quella
VERTICALE che invece prevede leggi specifiche che non valgono per tutti gli alimenti ma solo per un
determinato settore (ad esempio baby food o alimenti per galattosemici etc).

DEFINIZIONE DI ALIMENTO
Dal regolamento (CE) del 178/2002 articolo 2: si intende per «alimento» (o «prodotto alimentare», o
«derrata alimentare») qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non
trasformato, destinato ad essere ingerito o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito da
esseri umani.
Non sono compresi:
a) i mangimi
b) gli animali vivi, a meno che siano preparati per l'immissione sul mercato ai fini del consumo umano
c) i vegetali prima della raccolta
d) i medicinali
e) i cosmetici
f) il tabacco e i prodotti del tabacco
g) le sostanze stupefacenti o psicotrope
h) residui e contaminanti
I mangimi ed i cibi per gli animali non venendo considerati come alimenti devono rispondere ad una
legislazione a parte.

Per poter essere definito tale un alimento deve essere sicuro per la salute umana ed il requisito per essere
ritenuto sicuro è la tradizione d’uso.
Qualsiasi sostanza o prodotto destinato ad essere ingerito per poter essere commercializzato deve avere
una storia di consumo significativo in ambito UE tale da deporre a favore della sicurezza altrimenti
bisognerà richiedere una preventiva autorizzazione.
Esempio: il baobab produce dei frutti consumati dalla popolazione africana ma non da quella europea per
diversi motivi tra i quali alcune differenze nel metabolismo, questo alimento è quindi ritenuto sicuro per gli
africani ma non per gli europei.
Qualche anno fa è stata accettata la commercializzazione in UE perché dopo studi tossicologici si è visto che
è sicuro anche per gli europei.
Anche in estremo oriente ci sono molti prodotti non tipici del continente europeo ma che vengono usati
dagli asiatici.
Questi prodotti andranno quindi testati dal punto di vista tossicologico prima di essere messi in commercio
in UE e questa è una legislazione orizzontale.

Gli alimenti si possono distinguere in due categorie:


1- ALIMENTO SICURO PER TRADIZIONE D’USO IN UE: può essere commercializzato.
Esempio: integratori a base di licopene (componente del pomodoro), nel momento in cui però il
licopene viene estratto con un metodo differente da quello classico allora diventa un novel food.

2- ALIMENTO SENZA TRADIZIONE D’USO IN UE: è previsto il REGOLAMENTO (CE) N. 258/97 del
Parlamento europeo e del Consiglio del 27 gennaio 1997 sui nuovi prodotti (“novel food”) e i nuovi
ingredienti alimentari, ora superato da quello dell’ (UE) 2015/2283 che entrerà in vigore nel 2018
dal 1 gennaio.
Questo regolamento prevede che siano considerati come novel food quegli alimenti che non
avevano una storia di consumo significativo prima del 1997 ed afferma che questa assenza può
essere compensata dalla produzione, da parte di un soggetto interessato, di apposite «prove» per
consentire di accertare la sicurezza del novel food alle quantità d’uso proposte.
Le quantità d’uso sono importanti perché anche alimenti ritenuti sani se assunti in quantità troppo
elevate possono causare problemi.
La PROCEDURA DI AUTORIZZAZIONE è complessa perché prevede un’interazione tra Stato membro
che riceve la domanda e fa la valutazione iniziale, Commissione UE e altri Stati membri ed inoltre se
la valutazione iniziale non viene considerata sufficiente si coinvolge l’EFSA.
L’azienda manda l’autorizzazione al Ministero di riferimento che poi la manda alla Commissione
Europea che da l’autorizzazione a patto che sia tutto in regola, in pratica questo non avviene mai
perché la Commissione UE manda tutto comunque all’EFSA.
L’autorizzazione è nominativa quindi l’azienda che chiede l’autorizzazione è l’unica a cui viene
concessa.
Il nuovo REGOLAMENTO (UE) 2015/2283 prevede invece una valutazione centralizzata da parte
dell’EFSA, un’autorizzazione non nominativa (a parte casi particolari) ed una procedura semplificata
con meno prove tossicologiche da dover fare per gli alimenti con storia di consumo sicuro in Paesi
terzi (paesi non appartenenti all’UE).
Col nuovo regolamento si manda direttamente tutto all’EFSA cosi da velocizzare i tempi e quindi si
ha una valutazione centralizzata.

RUOLO DEGLI ALIMENTI

Per il contenuto di nutrienti e altre sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico è il soddisfacimento dei
fabbisogni nutritivi e il sostegno delle funzioni fisiologiche.
Per il suo ruolo «normativo» l’alimento risponde anche alla definizione «comune» di sostanza assimilata da
un organismo vivente per la propria nutrizione ai fini del sostentamento fisico.
Da ormai 10 anni, nel 2006 è uscito il regolamento (CE) 1924/2006 sui claims che riporta le indicazioni
nutrizionali e sulla salute, agli alimenti è riconosciuto un effetto protettivo nei confronti della salute (che
non vuol dire terapeutico) e di riduzione dei fattori di rischio di patologie (ma non della patologia).
Ad esempio i fitosteroli permettono di diminuire il colesterolo che è un fattore di rischio per patologie
cardiovascolari.

Successivamente è uscito il REGOLAMENTO (UE) 1169/2011 sulle informazioni fornite ai consumatori sui
prodotti alimentari che è anch’essa una legislazione orizzontale.

OBBLIGHI DI ETICHETTATURA dall’ ARTICOLO 4:


Le eventuali informazioni obbligatorie sugli alimenti richieste dalla normativa in materia di informazioni
sugli alimenti rientrano, in particolare, in una delle seguenti categorie:
a) informazioni sull’identità e la composizione, le proprietà o altre caratteristiche dell’alimento
b) informazioni sulla protezione della salute dei consumatori e sull’uso sicuro dell’alimento.
Tali informazioni riguardano in particolare:
1) gli attributi collegati alla composizione del prodotto che possono avere un effetto nocivo sulla salute di
alcune categorie di consumatori
2) la durata di conservazione, le condizioni di conservazione e uso sicuro
3) l’impatto sulla salute, compresi i rischi e le conseguenze collegati a un consumo nocivo e pericoloso
dell’alimento (se assunto in elevate quantità)
c) informazioni sulle caratteristiche nutrizionali che consentano ai consumatori, compresi quelli che devono
seguire un regime alimentare speciale, di effettuare scelte consapevoli.

ARTICOLO 30:
Paragrafo 1: La dichiarazione nutrizionale obbligatoria reca le indicazioni seguenti:
a) il valore energetico;
b) la quantità di grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale. Prima del 2011 non era
obbligatorio dichiarare la quantità di sale.

Paragrafo 2: Il contenuto della dichiarazione nutrizionale obbligatoria di cui al paragrafo 1 può essere
integrato con l’indicazione delle quantità di uno o più dei seguenti elementi:
a) acidi grassi monoinsaturi
b) acidi grassi polinsaturi
c) polioli
d) amido
e) fibre
f) i sali minerali o le vitamine elencati all’allegato XIII, parte A, punto 1, e presenti in quantità significativa
secondo quanto definito nella parte A, punto 2, di tale allegato

ll PROFILO NUTRIZIONALE è un aspetto che è stato considerato quando è uscito il regolamento del 2006 per
aiutare il consumatore.
Ad esempio se metto della vit. D per il trofismo osseo nel salame il consumatore potrebbe pensare che
mangiare un salame intero vada bene, il profilo nutrizionale invece mostra che nel salame è presente anche
sale, colesterolo, grassi saturi e quindi va assunto in modo moderato perché ad esempio i grassi sono da
assumere nelle giuste quantità.
Quando si mette un claim salutistico si dovrebbe anche mettere un profilo nutrizionale ma non è sempre
cosi perché il consumatore sapendo che grosse quantità fanno male comprerebbe meno prodotto, ci sono
sotto anche interessi economici.
Il profilo nutrizionale inteso in origine e non obbligatorio dà una composizione più dettagliata rispetto ad
un’etichetta nutrizionale obbligatoria ed inoltre ha anche il ruolo di dire quanto si può mangiare di un dato
alimento in una dieta regolare.
L’unico alimento che ancora oggi non ha un’etichetta nutrizionale è il vino.
Nel cioccolato, nei biscotti ed in alcuni snack viene indicata anche la quantità per porzione, la dose di
prodotto da consumare giornalmente (ad esempio su alcuni biscotti c’è scritto il numero di biscotti da
mangiare a colazione) e le % di quanto si consuma rispetto alla quantità giornaliera.
Riassunto dei REGOLAMENTI e di cosa trattano:
- 1997 : cos’è un novel food e come commercializzarlo in Europa
- 2002: cos’è un alimento, cosa non lo è e come può essere ritenuto sicuro
- 2006: un alimento può vantare una proprietà salutistica (esempio: calcio per il trofismo osseo
oppure DHA da assumere in gravidanza etc.), non considero il valore nutrizionale ma quello
salutistico.
Discorso dei profili nutrizionali
- 2011: ruolo dell’alimento, suo valore nutrizionale e come comunicarlo al consumatore
- 2015: secondo regolamento novel food che entrerà in vigore nel 2018

COSTITUENTI DEGLI ALIMENTI:

- DEFINIZIONE DI NUTRIENTI del REGOLAMENTO (CE) 1924/2006 modificata dal REGOLAMENTO (UE)
1169/2011: le proteine, i carboidrati, i grassi, le fibre, il sodio, le vitamine e i minerali elencati
nell’allegato XIII parte A, punto 1 del regolamento (UE) 1169/2011 e le sostanze che appartengono
o sono componenti di una di tali categorie.

- DEFINIZIONE DI ALTRE SOSTANZE: una sostanza diversa da quelle nutritive che abbia un effetto
nutrizionale o fisiologico e che viene regolamentata da questo regolamento (CE) 1924/2006.

La fibra è citata tra i nutrienti ma la prof non è d’accordo e la citerebbe tra le altre sostanze dato che non
viene assorbita, solo la fibra prebiotica, utilizzata dai batteri della flora intestinale ed avente valore
energetico dovuto al fatto che viene convertita in acidi grassi a corta catena che vengono assorbiti,
potrebbe rientrare tra i nutrienti.
Un altro esempio è quello della cellulosa non prebiotica che ha un effetto solo meccanico e non nutritivo e
quindi non è un nutriente.

Gli alimenti ottimizzano lo stato nutrizionale attraverso una adeguata disponibilità di :


1) Nutrienti (essenziali)
2) Altre sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico (ad esempio elementi terpenici, carnitina, polifenoli
etc)

Comunicazione sulle proprietà dell’alimento del REGOLAMENTO (CE) 1924/2006:


1) informazione sui contenuti e sul tenore di nutrienti e sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico (per la
prima volta è stato introdotto questo concetto di claims nutrizionali)
2) rivendicazione dei loro effetti sulla salute indicandone anche la quantità per un’assunzione corretta

Questo regolamento è però difficile da applicare per i claims salutistici visto che fino al 2006 non c’erano
leggi che li trattavano.
Da quel momento la procedura è stata: tutti i Ministeri dei paesi europei hanno raccolto dalle aziende i
claims che volevano vantare sull’etichetta , in Europa ne sono stati raccolti 40 000 e sono stati mandati
all’EFSA per una valutazione e poi all’UE che ha infine deciso quali accettare.
All’EFSA ne sono arrivati 4400, se aziende diverse propongono gli stessi claims vengono accettati solo quelli
di un’azienda.
In teoria L’EFSA doveva fare il lavoro in 1-2 anni ma in realtà ce ne sono voluti 6 e sono stati ammessi solo
212 claims , su sali minerali e vitamine, nel 2012.
Il problema è stato che i claims mandati non avevano tutti dei fondamenti scientifici o comunque erano
stati proposti in modo non adeguato e per risolvere il problema, anche se dopo il 2012 quando già erano
stati ammessi i claims, sono state fatte le direttive su come presentarli correttamente.
Di conseguenza su alcuni alimenti come il caffè o la propoli non c’è nessun claim perché sono stati tutti
respinti dato che non erano stati differenziati i diversi tipi di piante contenenti anche sostanze diverse.
Per valutare correttamente un claim infatti c’è bisogno dell’elenco di tutti gli elementi costituenti
l’alimento, del loro profilo metabolico e dell’attività che ha effetto salutistico.
C’è stato un intervento da parte di associazioni di aziende che rivolgendosi ad un Tribunale europeo hanno
bloccato alcuni claims, ad esempio sui botanical inseriti negli integratori alimentari, perché sarebbero stati
sicuramente non autorizzati dall’EFSA come quello sul cranberry, utilizzato per le infezioni delle vie urinarie,
che è stato bloccato per prove scientifiche insufficienti.
La prof è convinta che l’attività positiva non sia dovuta alle proantocianidine, macromolecole derivanti dai
flavantreoli, ma alle antocianine che hanno azione antinfiammatoria.
Quando si ha un’infezione delle vie urinarie si deve comunque prendere un farmaco ma si possono fare dei
cicli di cranberry a scopo preventivo.
Anche i claims su alcuni probiotici sono stati bloccati perché non c’era una valutazione sicura del ceppo con
PCR.
C’è anche un claim sull’acqua che dice che fa bene ed uno sulle prugne secche che favoriscono il transito
intestinale.

Sempre dal REGOLAMENTO (CE) 1924/2006


- DEFINIZIONE DI CLAIM NUTRIZIONALE : Rivendicazione della presenza o dell’entità della presenza di
un nutriente o di una «altra sostanza ad effetto nutritivo o fisiologico».
Ad esempio: contiene vit. C , ricco di fibra, contiene licopene

- DEFINIZIONE DI CLAIM SULLA SALUTE: Qualunque indicazione che affermi, suggerisca o sottintenda
l’esistenza di un rapporto tra una categoria di alimenti, un alimento o uno dei suoi componenti e la
salute.
Esempio: prugne secche oppure vit. C che permette una normale sintesi del collagene.
Rivendicazione del contributo al normale svolgimento di una funzione dell’organismo e quindi non
un miglioramento ma un mantenimento delle funzioni normali dell’organismo.
Esempio: Il ferro contribuisce alla normale formazione dei globuli rossi e dell’emoglobina, la fibra di
segale contribuisce alla normale funzione intestinale

- CLAIM SULLA RIDUZIONE DI UN FATTORE DI RISCHIO DI MALATTIA : Qualunque indicazione sulla


salute che affermi, suggerisca o sottintenda che il consumo di una categoria di alimenti, di un
alimento, o di uno dei suoi componenti riduce significativamente un fattore di rischio di sviluppo di
una malattia umana.
Rivendicazione della capacità di ridurre un fattore di rischio, in deroga al divieto vigente di
attribuire agli alimenti proprietà di prevenzione e cura (divieto di attribuire un effetto terapeutico).
Articolo 14: aspetto innovativo della comunicazione sulle proprietà degli alimenti perché introduce
per la prima volta il legame tra salute e riduzione di un fattore di rischio con l’assunzione di un
alimento.
Esempio: l’assunzione integrativa di acido folico aumenta lo stato del folato materno, un basso
stato del folato materno è un fattore di rischio per lo sviluppo di difetti del tubo neurale nel feto.
Il claim è consentito solo per integratori alimentari che apportano almeno 400 mcg di acido folico
per dose giornaliera.

Quando si vanta un effetto salutistico bisogna stare attenti perchè il consumatore, che non ha competenze
specifiche, potrebbe incorrere in un consumo sbagliato nell’ambito di una dieta variata e bilanciata che
costituisce un requisito fondamentale per una buona salute.
I singoli prodotti hanno una relativa importanza nel contesto della dieta nel suo complesso.

CONDIZIONI PER I CLAIMS

 ARTICOLO 3
L'impiego delle indicazioni nutrizionali e sulla salute non può:
a) dare adito a dubbi sulla sicurezza e/o sull'adeguatezza nutrizionale di altri alimenti (ad esempio non è
che se il latte è arricchito di omega 3 devo pensare che il latte normale faccia male o sia peggiore)
b) incoraggiare o tollerare il consumo eccessivo di un alimento

 ARTICOLO 7
Le indicazioni sulla salute sono consentite solo se sull'etichettatura o, in mancanza di etichettatura, nella
presentazione e nella pubblicità sono comprese le seguenti informazioni:
a) una dicitura relativa all'importanza di una dieta varia ed equilibrata e di uno stile di vita sano

 ARTICOLO 12
Non sono consentite le seguenti indicazioni sulla salute:
a) indicazioni che suggeriscono che la salute potrebbe risultare compromessa dal mancato consumo
dell'alimento
b) indicazioni che fanno riferimento alla percentuale o all'entità della perdita di peso
c) indicazioni che fanno riferimento al parere di un singolo medico o altro operatore sanitario e altre
associazioni non contemplate dall'articolo 11

 ARTICOLO 14
Oltre ai requisiti generali stabiliti dal presente regolamento e ai requisiti specifici la presentazione o
pubblicità reca anche una dicitura indicante che la malattia cui l'indicazione fa riferimento è dovuta a
molteplici fattori di rischio e che l'intervento su uno di questi fattori può anche non avere un effetto
benefico.
Ad esempio se tramite latte addizionato di fitosteroli si riesce a controllare il colesterolo ma si è
sovrappeso, si fuma, si consuma alcool e si è sedentari si rischia lo stesso una malattia cardiovascolare
perché se ci sono almeno 3 fattori di rischio la probabilità di insorgenza di patologia è elevatissima.
20 dicembre 2016

Lezione di chimica degli alimenti

Continuiamo con la celiachia che fa parte del capitolo delle proteine perché sappiamo che è una
manifestazione patologica che si identifica in particolare soggetti predisposti al contatto con il glutine.

Abbiamo già visto ieri come ci siano sia dei fattori genetici sia dei fattori alimentari che condizionano la
malattia e come sostanzialmente il problema sia non del tutto un problema identificato sia perché non si sa
bene qual è la motivazione per cui alcuni soggetti hanno queste intolleranze al glutine sia per il fatto che
non si sa neanche bene quanti sono: le più recenti descrizioni indicano una prevalenza della popolazione
intorno all’1:100, 1 :120, mentre fino a 10 anni fa si parlava di malattia rara.

Abbiamo già visto che esistono tre forme:

 la forma conclamata è la forma caratterizzata dai sintomi e da una manifestazione a livello della
mucosa intestinale infiammatoria
 forma silente: là dove c'è una deformazione dei villi, un'atrofia dei villi ma non ci sono sintomi né
intestinali nè extra intestinali e quindi ci sono situazioni un po' borderline
 forma latente dove per latente si intende una forma che non è ancora emersa ma che potrebbe
emergere da un momento all'altro

Queste ultime sono le forme anche subdole perché non vengono identificate e quindi non si
possono curare.

Abbiamo già visto che il processo infiammatorio porta proprio ad una deformazione della mucosa con
alterazioni della permeabilità e abbiamo visto quali sono le proteine dei cereali che sono coinvolte :quindi
sono i cereali dove ci sono queste prolammine cioè queste proteine ricche di proline e glutammine che
sono tipiche ad esempio dell'orzo, dell’avena, del frumento.

Eravamo arrivati al discorso relativo alla digestione di queste proteine del glutine: sembra che sia proprio la
digestione uno dei punti critici per i soggetti celiaci infatti queste proteine contengono aminoacidi che, ad
esempio, a seguito di deaminazione da parte di alcuni enzimi intracellulari possono ionizzare
negativamente ed interagire con le molecole e dare origine al legame antigene-anticorpo che poi scatena
questa reazione che si manifesta con questa infiammazione. Questo discorso delle transglutaminasi, che
sono appunto questi enzimi che deaminano alcuni aminoacidi, si presenta solo laddove questi enzimi sono
attivati: quindi queste transglutaminasi sembrano, ma non è ancora del tutto certo, giocare un ruolo
importante in questo contesto. Avviene quindi la digestione della proteina, si formano i singoli aminoacidi
per la rottura del legame peptidico, intervengono queste transaminasi, ma perché sono attivate nel
soggetto celiaco e non succede a tutti di avere questa reazione? Questo è ancora il punto che non è ben
noto: tutti abbiamo queste transaminasi tuttavia non in tutti i soggetti i prodotti derivanti da queste
transaminasi sono riconosciuti come diverso da sè tale da instaurare il meccanismo che sarebbe di difesa
ma che alla fine si risolve invece in un meccanismo di alterazione della mucosa e quindi di manifestazione
della patologia. Quindi sembra effettivamente che tutto il discorso infiammatorio e di azione di questi
enzimi sia alla base del morbo celiaco. Vedete anche che ovviamente nel momento in cui si instaura un
fenomeno immunitario per cui queste molecole vengono riconosciute come qualcosa di diverso da sé (cosa
che non avviene normalmente ma che in questi soggetti avviene) si scatena tutta una sequela di azioni,
funzioni dell'organismo che poi portano alla manifestazione: c'è un'attivazione dei linfociti T che sono
presenti nella mucosa, questi migrano dalla lamina propria, sede sub-epiteliale, e attivano delle citochine
(sappiamo che le citochine sono delle molecole segnale che possono avere un'azione sia pro che anti
infiammatoria, ovviamente i linfociti T attivano le citochine pro infiammatorie); si parla dell’ interleuchina
2, l'interleuchina 4, il famoso TNF- α, tutti questi favoriscono l’apoptosi, l’iperproliferazione di leucociti e
tutto questo, in particolare l'apoptosi, a lungo andare a livello della mucosa porta a quel famoso
appiattimento visto ieri. Quindi oggi quello che si può sicuramente dire con certezza è che la celiachia è
sostenuta da un processo infiammatorio che è innescato come reazione dell'organismo nei confronti di
quella proteina che viene riconosciuta dal sistema immunitario come qualcosa di diverso da sé.

Dicevamo già ieri che il celiaco è caratterizzato dall’avere una serie di disturbi intestinali tipici quando
assume il glutine: c'è ad esempio il vomito, piuttosto che la diarrea, dolori addominali e quant'altro però
anche in questo caso si potrebbe parlare della punta dell'iceberg perché se i disturbi gastrointestinali sono
molto più invalidanti dal punto di vista anche della qualità della vita del soggetto, la problematica però vera
e importante è il malassorbimento. In genere i celiaci, soprattutto i bambini, sono dei soggetti che non
crescono, che hanno delle disvitaminosi, che hanno dei problemi connessi con il malassorbimento, carenze
nutrizionali.
La celiachia quando è diagnosticata nella prima infanzia è diagnosticata subito nel bambino piccolo intorno
ai due anni, ma come avevamo detto già ieri possiamo avere anche la celiachia che compare
successivamente e sono i casi di celiachia latente che poi si trasformano in celiachia conclamata e allora si
può essere in età più che adulta intorno ai quarant'anni.
Il malassorbimento di microelementi, macroelementi quindi sali minerali e anche vitamine è un problema
grave soprattutto nel bambino perché il bambino deve avere a disposizione tutti i nutrienti di cui ha
bisogno.

Vedete che la gravità dei sintomi non è necessariamente proporzionale alla gravità delle lesioni e questo è
un aspetto strano nel senso che non c'è una reazione simile di tutti al glutine sia per le alterazioni che si
verificano a livello della mucosa sia per la tipologia di sintomatologia: ci possono essere delle persone
asintomatiche o che possono presentare dei sintomi super clinici, così vengono definiti , come ad esempio
la carenza di ferro che però alla fine è dovuta ad un malassorbimento.
Vedete i tipici sintomi intestinali: fenomeni diarroici, disidratazione, shock della crisi celiaca, accompagnate
da anoressia, dolori addominali, vomito, calo ponderale, arresto della crescita e poi i sintomi extra-
intestinali quindi in assenza di diarrea si possono manifestare sintomi come rachitismo, osteoporosi,
displasia dello smalto dentale tutti aspetti connessi con l'appiattimento della mucosa che quindi alla fine
non assorbe.
Quindi tutta una serie di problemi che non sono da poco e quindi spingono i pazienti a fare delle indagini
più approfondite di tipo sierologico piuttosto che strumentale e poi ad avere la vera e propria diagnosi di
celiachia.
Non esiste ancora una vera e propria cura per la celiachia nel senso che non esiste un farmaco che
permetta di far passare tutti questi sintomi extra intestinali o di contrastare il malassorbimento, piuttosto
che i sintomi intestinali piuttosto che ripristinare nel vero senso della parola la mucosa che una volta colpita
così gravemente non torna più ad essere la mucosa con i villi intestinali ben definiti senza infiammazione e
quant'altro anche in assenza di glutine.
Tanti sintomi riportati sono connessi con il malassorbimento per esempio la difficoltà di visione notturna è
causata dalla carenza di vitamine; i sintomi neurologici sono segno di carenze delle vitamine del gruppo B;
sintomi come rachitismo e osteoporosi sono segno di carenze delle vitamine del gruppo D etc. Poi qui
vedete infertilità, nefrite, miocardite, artrite, e così via. È interessante notare come sono spesso
accompagnati, e questo la dice lunga sul possibile meccanismo d'azione di questa malattia, da malattie
autoimmuni quindi c'è qualcosa nel sistema immunitario del celiaco che non funziona ecco perché spesso
alla celiachia si accompagna spesso la tiroidite di Hashimoto che è una tipica tiroidite di tipo autoimmune.
Dicevamo che non c'è un farmaco per la celiachia, ma non solo non c'è un farmaco ma non ci sono
nemmeno degli alimenti destinati a fini medici speciali: faccio un breve inciso sul discorso che poi vedremo
più avanti, sui tipi di alimenti che possiamo trovare in commercio. In commercio ci sono gli alimenti di uso
corrente e sono regolamentati da una legislazione cosiddetta orizzontale cioè tutti gli alimenti, qualsiasi
essi siano, hanno una loro regolamentazione orizzontale: immaginatevi una sorta di cappello che copre tutti
i prodotti alimentari. Ci sono però alimenti che hanno particolari connotazioni salutistiche pensiamo agli
integratori alimentari: sono degli alimenti a tutti gli effetti quindi vale per loro la famosa legislazione
cosiddetta orizzontale ma sono anche degli alimenti particolari perché sono in forma di dosaggio (capsula,
compressa, sciroppo, granulato orosolubile,etc.) quindi alla legislazione orizzontale che serve per tutti gli
alimenti si aggiunge una legislazione cosiddetta verticale che interseca l'orizzontale e che riguarda
specificamente questa tipologia di alimenti. Oltre agli integratori alimentari ci sono ad esempio gli alimenti
destinati a fini medici speciali che sono degli alimenti che servono per una particolare tipologia di patologia:
ne abbiamo già fatto cenno vi ricordate quando abbiamo parlato di galattosemia? I bambini galattosemici
non possono nemmeno bere il latte della loro mamma perché contiene lattosio che idrolizzato dà
galattosio che in assenza degli enzimi adeguati si trasforma in galattitolo depositandosi in cristalli a livello
della retina piuttosto che del sistema nervoso e provocando gravissimi danni. I latti assolutamente privi di
galattosio sono degli alimenti destinati a un fine medico speciale:la galattosemia. Questi alimenti ad
esempio vengono somministrati sotto controllo medico: sarebbe assurdo che noi bevessimo latte
assolutamente privo di galattosio. Anche per questi alimenti particolari vale la legislazione orizzontale e
vale una legislazione verticale specifica di settore. Veniamo al caso degli alimenti per celiaci: che tipo di
alimenti sono? Gli alimenti per celiaci vengono marchiati con il famoso bollino “gluten free”, ma se ci
pensate bene per un celiaco serve un alimento destinato a fini medici speciali? Cioè il paziente ha
un'alterazione del metabolismo tale per cui non può essere alimentato se non con un alimento creato ad
hoc? No, perché può mangiare il risotto anziché la pasta, gallette di riso anziché pane di frumento,etc.
quindi può essere comunque alimentato quindi gli alimenti destinati ai celiaci rientrano in una categoria
particolare ma che non è quella degli elementi destinati a fini medici speciali. Queso perché con alimenti
anche di uso corrente il celiaco può vivere; questo è stato il pensiero, condivisibile o meno, del legislatore.
Pensiamo ad un'altra patologia che abbiamo citato più volte la fenilchetonuria: un fenilchetonurico può
mangiare un alimento di uso corrente? No perché la fenilalanina è in tutte le proteine che siano di origine
animale o vegetale. Quindi mentre un alimento destinato ad un fenilchetonurico è un alimento destinato a
fini medici speciali e in assenza di alimenti particolari questa gente non vive, diversamente un alimento per
celiaci potrebbe essere anche un alimento di uso corrente che non contenga glutine. Anche gli alimenti
cosiddetti senza glutine o a ridotto contenuto di glutine sono degli alimenti che rappresentano una
categoria ulteriore di alimenti presenti in commercio. Fino ad oggi quindi abbiamo visto gli alimenti di uso
corrente quindi alimenti normali, gli alimenti destinati a fini medici speciali, gli integratori alimentari e
adesso vediamo un'altra categoria ancora quella per i celiaci regolamentata dalla famosa legislazione
orizzontale e in più c'è una legislazione verticale di settore per questa tipologia di alimenti.

L'unico modo perché il celiaco possa avere una vita adeguata e non avere questi sintomi gastrointestinali
così marcati è quello di eliminare il glutine dalla dieta e chi ha la celiachia sa quali tipi di alimenti può
assumere per evitare di avere queste manifestazioni gastrointestinali; spesso vedete che i motivi del
mancato miglioramento sono legati alla presenza anche di tracce di glutine perché non tutti i pazienti
celiaci hanno lo stesso modo di rispondere al glutine. Questa è la ragione per cui ci sono due tipologie di
alimenti “ senza glutine” perché ci sono pazienti a cui basta una piccola traccia di glutine per manifestare
subito i sintomi intestinali e c'è chi invece può assumere piccole quantità di glutine e riuscire comunque a
stare bene. L'educazione alimentare del paziente celiaco è fondamentale perché deve sapere cosa può
mangiare, deve sapere che ci possono essere degli alimenti che contengono tracce di glutine quindi il
problema è soprattutto per quelli che hanno una grandissima sensibilità che devono assolutamente
assumere alimenti cosiddetti senza glutine con meno di 20 mg di glutine per chilo perché spesso la cross-
contamination è un problema importante che si può verificare sia a livello domestico sia nella ristorazione
collettiva: usare una posata, usare un tagliere, usare un piatto che non è pulito ma sul quale prima sono
passati degli alimenti che contenevano glutine può portare ad avere delle tracce di glutine nei piatti
destinati ai celiaci e questo può essere causa di problemi per il celiaco, soprattutto per quelli che hanno una
sensibilità elevatissima. È necessario informare anche i pazienti asintomatici per i quali comunque è bene
evitare l'assunzione di glutine anche se questi non hanno delle manifestazioni intestinali importanti. Di
solito il celiaco è un soggetto molto magro, sotto peso però ci sono talmente tante forme anche variegate
che ci sono dei soggetti che possono essere sovrappeso o addirittura obesi.

Vediamo un attimo quali sono gli agenti responsabili della risposta immunitaria: sono sicuramente il grano,
l’orzo, la segale e anche l’avena (un tempo si diceva che l’avena non era responsabile della celiachia, ma
oggigiorno viene annoverata anche lei); invece il riso e mais non contengono le prolammine e quindi sono
gli alimenti per eccellenza dei celiaci. Ricordatevi che purtroppo chi ha una sensibilità molto elevata al
glutine può avere dei disturbi anche per l'assunzione di quantità veramente piccolissime anche in prodotti
non necessariamente alimentari perché ad esempio nel rossetto, nei lucidalabbra potrebbero essere usati
degli agenti addensanti che sono a base di farina di frumento, amido di frumento che potrebbe contenere
anche qualche piccola traccia di proteine; piuttosto che in dentifrici: il problema ad esempio dei dentifrici si
pone soprattutto per i bambini piccoli perché ci sono dei dentifrici che potrebbero contenere queste tracce
di prolammine sempre nell'amido di frumento che spesso è usato come addensante o come additivo di
questi prodotti; vedete anche il colluttorio; gli stessi francobolli nella colla sul retro.

Per quanto riguarda la contaminazione crociata è un problema che riguarda sia la preparazione casalinga
degli alimenti , sia la preparazione a livello di ristorazione collettiva, ma riguarda anche la preparazione
tecnologica a livello industriale: è molto importante che gli alimenti per celiaci abbiano delle linee
produttive dedicate oppure se l’azienda è piccola e non ci sono linee produttive dedicate è assolutamente
necessario che ci sia una pulizia perfetta della linea produttiva nel momento in cui si fa la pasta per celiaci
che non è a base di farina di frumento ma di altre farine. Il discorso della cross-contamination è emerso in
questi anni perché prima non si sapeva che bastassero delle tracce veramente infinitesime di glutine per
scatenare questi sintomi intestinali.

I prodotti sono sostanzialmente due:

 i prodotti cosiddetti gluten free che hanno un contenuto inferiore ai 20 mg/kg. Quindi non è vero
che sono privi di glutine ma hanno un contenuto che deve essere per legge inferiore a questo
valore. Si è visto che con meno di 20 mg/kg di prodotto anche celiaci più sensibili non hanno
problemi.
 Poi ci sono i prodotti che hanno una quantità di glutine leggermente più alta non deve essere
superiore ai 100 mg/kg che sono quei prodotti che possono essere consumati da coloro che
comunque hanno una sensibilità al glutine relativamente meno pesante.

Che cosa succede dal punto di vista dell'erogazione del sistema sanitario? Questi alimenti un po' particolari,
soprattutto quelli gluten free sono erogati dal sistema sanitario nazionale, ma solo se la malattia è stata
diagnosticata con mezzi strumentali. Quindi c'è il soggetto che ha una diagnosi strumentale di celiachia e
con questa può chiedere il supporto per l'esenzione a pagare questi prodotti. I prodotti che hanno un
contenuto non superiore a 100 mg/kg non sono erogati gratuitamente dal sistema sanitario nazionale, solo
quelli gluten free. Sono inclusi nel registro nazionale tutte le marche, tutti i vari prodotti in modo tale che
uno possa assumere questi prodotti gratuitamente. Tra l'altro vengono date anche quantità molto molto
elevate per ogni persona e questo aspetto rappresenta anche un costo per il sistema sanitario nazionale
piuttosto consistente e non è dipendente dal reddito, ma semplicemente dalla diagnosi della malattia.
Vi ho poi riportato questo per il riassunto: … pediatrics è una delle riviste più prestigiose nell'ambito
scientifico a livello pediatrico e vedete questo lavoro che riguarda tra l'altro la sindrome dell'intestino
irritabile e vi invito a dargli una lettura. (sulle slide però non ho trovato né l’articolo, né il titolo)
LEZIONE DEL 10.01.2017
Abbiamo parlato nella scorsa lezione di LEGISLAZIONE ORIZZONTALE. Ma la tendenza è quella di provare a trovare
per ogni settore una legislazione specifica. Si tratta di un processo che ad oggi non è ancora terminato, ad esempio i
prodotti per la riduzione del peso corporeo non sono ancora normati ma verranno normati a breve. Quindi siamo
ancora in una fase in cui esiste un vuoto legislativo per alcuni prodotti. Questo tuttavia non vale per gli integratori
alimentari, che insieme agli alimenti destinati ai fini medici speciali sono stati tra i primi ad avere una legislazione
orizzontale ed una verticale.

Come vediamo nella slide, la direttiva del 2002, recepita in Italia con decreto legislativo 169 del 2004, fornisce la
definizione di integratore alimentare. L’integratore alimentare è un alimento, nonostante si presenti in forma di
dosaggio. Si tratta però di un prodotto alimentare che costituisce una FONTE CONCENTRATA di sostanze nutritive,
es. vitamine e Sali minerali, o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico (es. fibra alimentare), sia
monocomposti (es. integratore di acido folico; integratore di ferro; integratore di vt. D) sia pluricomposti (es
integratore di vitamine del gruppo B;)

RICORDA: le sostanze che compongono un integratore sono dette INGREDIENTI.

Il Considerando 6 (vedi slides seguente) fa riferimento proprio agli ingredienti che possono essere presenti in un
integratore
alimentare.

In questo
Considerando dobbiamo sottolineare due cose:

- Vitamine e Sali minerali sono stati i primi ingredienti ad essere stati normati;
- Estratti di origine vegetale: in Italia nel 2002 è stata emanata la Circolare 3 (l’Italia è stata la prima in Europa
ad esprimersi sulla possibilità di inserire Botanicals in integratori alimentari) che diceva che negli integratori
alimentari ci possono essere anche degli estratti di origine vegetale. Es. l’Ipericum è una pianta medicinale
ma dall’Ipericum può anche essere ottenuto un estratto che può essere impiegato negli integratori
alimentari. Inoltre l’Italia, la Francia e il Belgio sono, tra i Paesi europei, quelli che presentano il maggior
numero di integratori alimentari contenenti estratti di origine vegetale. Mentre ad es. in Germania si
preferisce da sempre portare avanti la commercializzazione di medicinali vegetali tradizionali. Si tratta infatti
di una scelta dettata sia da fattori di tradizione sia da fattori economici perché ad es. in Italia
commercializzare un prodotto medicinale è molto più costoso e richiede tempi molto più lunghi rispetto che
commercializzare un integratore alimentare.

In questa slide dobbiamo notare:

- Avere una storia di consumo significativo equivale a dire avere una storia significativa prima del 1997, anno
di uscita del primo regolamento sui Novel food

Questa slide ci dice che:

Gli integratori alimentari per definizione sono una FONTE CONCENTRATA di una certa sostanza, quindi è molto
importante la safety di questi prodotti: infatti assumendo un integratore, il consumatore non assumerà i suoi
componenti alle concentrazioni comunemente presenti negli alimenti, che di solito sono molto basse, ma lo
assumerà a concentrazioni più alte proprio per la definizione di integratore alimentare. Questo rende gli integratori
alimentari dei prodotti che possono avere anche dei risvolti tossicologici se non preparati adeguatamente. Possiamo
aggiungere allora che:

RICORDA:

Gli integratori non richiedono controllo medico, quindi sono acquistabili senza ricetta medica. È necessario
quindi informare bene il consumatore. Come? Tramite l’etichetta, di cui abbiamo parlato ieri insieme ai relativi
claims, etichetta che deve essere ben esplicativa. Al contrario ad esempio gli alimenti destinati a fini medici
speciali richiedono un controllo medico. Per questa ragione gli integratori alimentari devono riportare come
avvertenza supplementare la quantità/dose giornaliera consigliata da assumere.

Queste due slides messe a confronto ci dicono che:

La direttiva 2002/46 conteneva già indicazioni legislative relative a vitamine e Sali minerali, che infatti sono stati i
primi ad essere normati; invece per le sostanze diverse dalle vitamine e dai Sali minerali ad oggi non è prevista una
armonizzazione a livello europeo, quindi si fa riferimento alle leggi nazionali. Si ricordi infatti che lì dove esista una
norma europea, questa prevale sulla norma nazionale.

La stessa normativa europea 2002/46 riportava indicazione di una imminente legislazione su sostanze diverse da
vitamine e Sali minerali, ma da allora in realtà non è ancora stata promulgata.
cioè ad esempio amminoacidi ramificati,acidi
grassi ecc.

A questi dobbiamo aggiungere anche i Botanicals.

Oggi, chiunque in Italia (ma anche in Francia e Belgio) voglia commercializzare un integratore alimentare contenente
un Botanical, ha a disposizione una lista positiva contenente un elenco di piante, la corrispettiva parte da cui è
possibile ottenere un estratto (es. corteccia, foglia, fiori) ed eventuali avvertenze.

Se la pianta che voglio utilizzare non è inclusa nella lista non la posso utilizzare, anche se magari si tratta di una
pianta utilizzata per allestire un medicinale vegetale tradizionale.

Questa lista positiva si chiama lista BELFRIT, dall’unione delle iniziali dei Paesi Belgio, Francia e Italia.
La lista BELFRIT non rappresenta una armonizzazione a livello europeo, ma rappresenta un primo tentativo di
armonizzazione.

Facciamo prima di tutto un po’ di cronistoria:

Nel 2002, quando viene pubblicata la direttiva 46/2002, seguita poi dal recepimento con Decreto Legislativo e poi
dalla Circolare 3 (sempre del 2002) era a disposizione una lista positiva e una lista negativa. In seguito sono state
apportate modifiche a queste liste, fino ad arrivare al 2012, anno in cui si è mantenuta soltanto la lista positiva in cui
erano riportate le seguenti info: nomi di piante, le parti adatte per ottenerne l’estratto ed anche delle indicazioni
salutistiche prese dalla tradizione d’uso, una sorta di claim per l’estratto vegetale.

In quegli anni (2011-2012) è stato poi finanziato un progetto europeo a dei gruppi di ricerca di Francia, Belgio e Italia
che si sono messi a lavorare per cercare di armonizzare le piante.
La lista BELFRIT è stata presentata e pubblicata nel 2014: essa deriva da un lavoro di selezione di tutte le piante usate
in Belgio, Italia e Francia, scartando piante per le quali la letteratura più recente ha magari dato risultati contrastanti
rispetto che in passato.

LA LISTA BELFRIT TUTTAVIA AVREBBE DOVUTO RAPPRESENTARE IL PUNTO DI PARTENZA PER UNA SUCCESSIVA
ARMONIZZAZIONE EUROPEA DEI BOTANICALS. Questo tuttavia non si è verificato: la Germania ad esempio da
sempre porta avanti la sua tradizione nell’allestimento di medicinali vegetali tradizionali e non si è mai mostrata così
interessata agli integratori alimentari contenenti Botanicals.

Probabilmente, se il progetto iniziale avesse coinvolto più di tre Paesi europei, l’armonizzazione successiva sarebbe
stata più agevolata.

IN PARTICOLARE SOFFERMIAMOCI SU:

- Reg. (EC) 1925/2005


- Reg.(EC) 1170/2009

La direttiva 2002/46 parlava di SALI MINERALI E VITAMINE: dal 2002 ad oggi tuttavia ci sono state delle modifiche,
fatte proprio in questi due regolamenti.

Il Reg. (EC) 1925/2005 tratta dell’addizione di vitamine, minerali e altre sostanze, mentre il Reg.(EC) 1170/2009 parla
delle vitamine, minerali e loro fonti.

Ricordiamo ad es. quando abbiamo parlato dell’addizione di Selenio agli integratori alimentari: il Se, oggi è noto,
deve essere assunto a piccole dosi, e in passato veniva addizionato come Se inorganico, praticamente non
biodisponibile; oggi il Se viene aggiunto in forma di Se organico in piccole quantità, perché il Se è un micro elemento
e quindi deve essere assunto in piccole quantità.

Il regolamento 1170 parla delle fonti di vitamine e minerali: lo sforzo è stato quello di cercare particolari Sali di
vitamine e minerali che fossero, ad es. più biodisponibili o magari più solubili, o avessero proprietà migliori.
Il regolamento 1925, si sofferma sulle quantità, ingrediente per ingrediente (in questo caso riferito a vitamine e Sali
minerali), da aggiungere agli integratori. La definizione di integratore infatti parla genericamente di fonte
concentrata: è necessario tuttavia conoscere sia il limite massimo, per evitare effetti tossicologici, sia il limite
minimo, tale per cui l’alimento proposto possa essere considerato come fonte concentrata, quindi come integratore.
Questo regolamento dice che il contenuto di vitamine e Sali minerali deve essere compreso tra il 15% e il 300% della
quota che i LARN o le RDA mi indicano.

- Se la percentuale è < 15% non ho una fonte concentrata


- Se la percentuale è> 300%  potrei avere rischio di tossicità

Tra gli altri regolamenti da ricordare, sicuramente c’è il REGOLAMENTO CLAIM 1924/2006, che per la prima volta
introduce il ruolo salutistico dell’integratore, e il REGOLAMENTO 1169/2011 che parla delle etichette. Di entrambi
abbiamo già parlato nella scorsa lezione. Gli altri regolamenti sono più specifici e per mancanza di tempo, non li
trattiamo.

Con questa slide vogliamo invece adesso fare il punto della normativa nazionale circa gli integratori alimentari. Il
decreto legislativo 169/2004, come abbiamo già detto, rappresenta il recepimento della direttiva europea del 2002.

Vediamo nello specifico cosa si deve fare per immettere in commercio un integratore in Italia. In Italia si utilizza la
procedura di NOTIFICA DELL’ETICHETTA:

DI CHE COSA SI TRATTA?

Si tratta di una procedura riportata nella direttiva europea del 2002, ma che era stata mutuata, cioè presa in
prestito, da un Decreto legislativo di 10 anni prima, cioè il decreto legislativo 111/1992, che era a sua volta una
attuazione di una direttiva europea, la quale per la prima volta aveva introdotto la procedura di notifica.

La notifica è una procedura per l’immissione in commercio di particolari prodotti alimentari tra cui gli integratori che
consiste nell’invio della fotocopia dell’etichetta in formato A4 al Ministero, accompagnata da una lettera di
accompagnamento (modulo prestampato e scaricabile dal sito) e da bollettino postale attestante il versamento di un
importo pari a 160 euro. La notifica quindi consiste nell’invio al Ministero della suddetta documentazione.
COSA SUCCEDE IN SEGUITO ALL’INVIO DI QUESTA DOCUMENTAZIONE?

L’Ufficio quarto del Ministero analizza la conformità dell’etichetta (ad es. la presenza delle avvertenze, la lista degli
ingredienti, la tabella nutrizionale obbligatoria secondo il regolamento 1169 del 2011), il nome di chi commercializza,
l’indicazione della data di scadenza. In questa valutazione naturalmente il Ministero fa riferimento a tutte le leggi di
cui abbiamo parlato.

ENTRA NEL MERITO DELLA COMPOSIZIONE?

Il Ministero non entra nel merito del razionale e della validità di una particolare associazione di due piante presenti
nell’integratore (es. pianta contro i sintomi del raffreddore associata a una pianta contro depressione). La
responsabilità viene lasciata a chi commercializza. Il Ministero al massimo può chiedere del materiale addizionale di
tipo scientifico, a supporto.

LA NOTIFICA ALLORA NON è DI PER Sé UN MODO PER AVVALLARE L’EFFICACIA, LA VALIDITÀ E LA SICUREZZA DI UN
INTEGRATORE ALIMENTARE, MA SEMPLICEMENTE DICE SE L’ETICHETTA è STATA COSTRUITA SEGUENDO LA LEGGE
VIGENTE.

Il Ministero inoltre non conduce delle analisi quantitative per verificare la corrispondenza tra quanto dichiarato e
quanto effettivamente presente nell’integratore. Succede allora più comunemente che un’altra azienda, magari per i
propri interessi, può chiedere i controlli dei NAS.

Se invece nell’integratore è presente un composto che NON è incluso nella lista BELFRIT o che addirittura può essere
considerato tossico, allora il Ministero, che riceve l’etichetta, può decidere di far ritirare il prodotto dal commercio,
sempre tramite intervento dei NAS.

In assenza di riscontri da parte del Ministero, vale il principio del silenzio-assenso, trascorsi 90 giorni dalla notifica.

RICORDA: La notifica viene fatta contestualmente all’immissione in commercio! Quindi questo è il motivo per cui se
il Ministero ravvisa qualche problema nel corso dei 90 giorni prescrive il ritiro dal commercio del prodotto. L’azienda
fa la notifica e contemporaneamente commercializzo il prodotto.
Fanno però eccezione i latti formulati e gli alimenti destinati a fini medici speciali: devono trascorrere i 90 giorni
prima di immettere in commercio il prodotto.

Per tutti gli alimenti che richiedono la notifica, la procedura è esattamente la stessa, cambia soltanto il modulo
prestampato di accompagnamento alla fotocopia dell’etichetta.

Questa è la normativa precedente a quella che ha portato poi alla lista BELFRIT.

Nel 2014 poi è stata pubblicata la famosa LISTA BELFRIT e questo che segue è uno stralcio del decreto del 27 marzo
del 2014 in cui si parla della lista BLFRIT, che va ad aggiornare il precedente decreto del 2012.
L’allegato 1 rappresenta la lista nazionale che già si aveva dal 2012 e che riporta le indicazioni; l’allegato 2 invece
riporta solo i nomi delle piante ammesse.

Tra l’altro molte piante, di uso comune in Italia in molti integratori alimentari, non erano inizialmente presenti nella
lista BELFRIT e quindi molti prodotti di uso consolidato sono andati fuori legge. Allora si è consentito alle aziende di
vedere reintegrata nella lista BELFRIT una particolare pianta da loro utilizzata a patto però che l’azienda stessa
riuscisse a produrre della consistente documentazione scientifica a sostegno della sicurezza e dell’efficacia della tal
pianta.
In Italia inoltre sono state emanante delle linee guida sull’impiego di documentazione a supporto…(vedi slide
seguente)

Ovviamente anche per gli integratori alimentari vale la legislazione orizzontale. Facciamo allora un piccolo richiamo :
Per i BOTANICALS in particolare, quali sono le prove di efficacia per avere un claim salutistico?

I 212 claims che approvati (di cui abbiamo parlato nella precedente lezione) avevano per argomento soprattutto Sali
minerali e vitamine. Le associazioni dei produttori avevano bloccato la valutazione dei claims per i Botanicals (perché
c’era un difetto di forma: le istruzioni per presentare il claim sono state pubblicate dopo la scadenza di
presentazione dei claims stessi). Per i Botanicals è inoltre successo qualcosa di particolare.

Ad esempio l’ipericum è notoriamente conosciuto per avere proprietà antidepressive. Sali minerali e vitamine hanno
una storia di uso molto consolidata tale per cui in letteratura ci sono migliaia di studi sull’uomo. Per i medicinali
vegetali tradizionali, che sono medicinali quindi non hanno effetto fisiologico bensì terapeutico, per richiedere
l’autorizzazione all’immissione in commercio bisogna produrre una documentazione che attesti la tradizione d’uso,
invece per richiedere l’approvazione di un claim per un Botanical da inserire in un integratore bisogna rispondere a
questo Regolamento 1924 che dice Che è necessario condurre degli studi clinici su soggetti sani. Quindi i Botanicals,
che hanno una tradizione d’uso ma hanno pochi studi clinici, soprattutto su soggetti sani, rischiavano di essere
cassati dall’EFSA per incapacità/impossibilità delle aziende di produrre tali studi clinici. Questa è la ragione per cui si
è chiesto all’EFSA di non valutare le richieste dei claims sui Botanicals, perché un’ opinione negativa da parte
dell’EFSA avrebbe compromesso un grande mercato già affermato, soprattutto in Italia.
PRESTATE ATTENZIONE ALLA DATA: 2008, anno successivo a quello in cui era prevista la deadline per la
presentazione delle richieste di claims.
Lezione del 16/01/2017

Si era parlato ampiamente delle problematiche per gli studi clinici su soggetti sani. Notando bene
la data 2008, si vede che è una data posteriore all’emanazione del regolamento claims 1924 che è
del 2006, dove si davano delle indicazioni sul complesso delle evidenze scientifiche e sul fatto che
servono degli studi sull’uomo, di confronto, nei confronti di soggetti sani.

Per alcune tipologie particolari di nutrienti, fare gli studi su soggetti sani non è un problema,
perché, ad esempio, una leggera ipercolesterolemia non va intravista come una patologia,
eventualmente è un fattore di rischio. Ma se invece dovessimo valutare l’effetto su una
articolazione, per cui viene dato dell’acido ialuronico, oppure della vitamina C che è precursore del
collagene, in un soggetto sano, che non ha nulla che possa ricondurre ad un problema articolare,
come facciamo ad avere un risultato? È una cosa praticamente impossibile. Bisognerebbe
prendere un’amplissima popolazione, farne due gruppi (uno trattato e uno con placebo) e vedere
chi sviluppa, tra 10/15 anni, un problema all’articolazione. È una cosa improponibile per un
integratore alimentare. Stiamo parlando di un prodotto, la cui commercializzazione passa
attraverso la notifica, che consiste nel pagamento di un bollettino di 160€.

Detto questo, hanno bloccato l’utilizzo dell’ ”uso


tradizionale” come prova di efficacia, perché
abbiamo visto che bisogna fare gli studi clinici su
soggetti sani, perché questo è un regolamento
europeo ed è la legge. Quindi c’era il rischio che
tutti i claims sui botanicals venissero bocciati.
Allora, piuttosto che far boccare il claim che poi
non sarebbe più stato possibile riprenderlo, le
aziende hanno chiesto di bloccare questa
Non stiamo parlando di uno sviluppo di un valutazione.
farmaco, che può richiedere 10/15 anni, ma stiamo parlando di un integratore alimentare, nei
confronti del quale è anche un investimento da parte delle aziende produttrici non paragonabile
agli investimenti che si fanno per i farmaci.
Allora, piuttosto che far boccare il claim che poi non sarebbe più stato possibile riprenderlo, le
aziende hanno chiesto di bloccare questa valutazione. Diventano claims pending, sono in attesa di
una valutazione che per il momento non viene fatta. Quindi c’è l’idea di pensare per il futuro
all’uso tradizionale come prova di efficacia. Al momento il legislatore non si è ancora espresso e
quindi non sappiamo altro.
Che cosa è ammesso per gli integratori che sono a base di botanicals, come tipo di claim? Più del
50% del mercato degli integratori in Italia è costituito da integratori alimentari che contengono
almeno una pianta, se non molte di più. Cosa si dice di questi estratti? Perché se i claims che erano
stati presentati all’EFSA sono pending, non si possono usare, quindi si usano questi claims che si
vedono riportati nell’immagine seguente.

La parte in grigio è il decreto del 9 luglio 2012, che era stato emanato dal nostro ministero della
salute (la possiamo usare come norma nazionale). È il decreto legislativo che riporta tutta la lista
delle piante. Questa lista è precedente alla lista Belfrit pubblicata nel 2014. Di fianco, si vedono le
linee guida ministeriali di riferimento per gli effetti fisiologici applicabili ai vari estratti. Quindi se
ad esempio guardiamo “abies fraserilindi” della quale si usa il balsamo, troviamo scritto che facilita
la fluidità delle secrezioni bronchiali, il drenaggio dei liquidi corporei e la funzionalità delle vie
urinarie. Se noi facciamo un integratore e mettiamo quella pianta in particolare, possiamo scrivere
questi claims. Lo possiamo fare perché i claims all’EFSA sono pending, è una fase transitoria e in
questo caso vale una norma nazionale, visto che la norma europea non c’è. Quindi non possiamo
farci niente se la norma europea è bloccata. Noi usiamo la norma nazionale. Gli altri paesi fanno lo
stesso. Se hanno la norma nazionale, bene. Se non hanno la norma nazionale non possono fare
niente.
Avere un integratore, nel quale poter dire che c’è dentro una pianta particolare, che ad esempio
facilità la fluidità delle secrezioni bronchiali è una cosa importante, perché da un’informazione al
consumatore. È chiaro che un integratore silente non se lo prende nessuno. Questi sono i claims
che vengono apposti sulle etichette, utilizzando la normativa nazionale, che è quella delle linee
guida ministeriali di riferimento. Come risolvere la questione sui botanicals in sospeso?

È venuto fuori il regolamento, si è visto che era applicabile ai botanicals e nel primo semestre del
2016 sono stati raccolti dei dati sullo stato attuale della situazione ( ad esempio quante piante
della lista Belfrit sono state utilizzate, che tipo di claims si vuole attribuire a queste piante) con un
questionario, che è durato 12 settimane. Poi c’è stata una consultazione con gli stati membri, con
piccole/medie imprese dalla durata di 8 settimane e infine si cercò di proporre al legislatore l’uso
tradizionale. Del resto, i medicinali vegetali tradizionali, che vantano effetti terapeutici, li vantano
sulla base dell’uso tradizionale. Quindi perché non poter vantare sulla base dell’uso tradizionale
anche dei claims di effetti fisiologici? Questa è la strada più semplice e corretta da intraprendere.

Il ministero della salute ha emesso delle linee guida a supporto dell’impiego di questi integratori a
base di botanicals, dato che non c’è una regolamentazione europea, per aiutare le aziende a
produrre degli integratori che abbiano una qualità in termini di efficacia e sicurezza migliore.
Qui abbiamo due estratti di lampone.
Il lampone è una pianta che è
ammessa nella lista Belfrit, che era
ammessa ancora nel decreto
legislativo del 9 luglio 2012 e
l’estratto di lampone come
ingrediente alimentare è ammesso.
Al contrario, questi chetoni di
lampone, che sono stati ottenuti con
un metodo specifico, sono novel
food.

Un prodotto alimentare che ha un uso consolidato può comunque essere considerato un novel
food, perché se il processo di estrazione o purificazione è differente, può portare ad avere un
ingrediente comunissimo, ma novel food, che sarà quindi un prodotto da autorizzare, previa
definizione delle eventuali proprietà tossicologiche.

Sono dei siti riconosciuti a livello


internazionale. Ad esempio il “the
plant list” è connesso al Kew Garden,
un esteso ortobotanico di Londra e
sono punti di riferimento per la
comunità scientifica internazionale per
l’identificazione delle piante.

PIANO DI AUTOCONTROLLO

I botanicals rappresentano un mondo importante per gli integratori alimentari. Se ad esempio


abbiamo delle difficoltà in partenza, perché magari non abbiamo quello che pensiamo di avere,
perché c’è un problema di identificazione della pianta, sono stati messi a punto dei veri e propri
piani di autocontrollo, su base volontaria, che le aziende possono utilizzare proprio per identificare
i punti critici in funzione del tipo di botanical impiegato per la produzione di un certo integratore.
Ci sono delle vere e proprie linee guida sulla valutazione della sicurezza dei botanicals:
Ci sono dei discorsi sulla parte utilizzata, poiché di un botanicals possiamo utilizzare tante parti,
ma non tutte le parti hanno lo stesso contenuto in composti attivi. Non tutte le parti possono
essere usate per fare degli ingredienti di integratori alimentari e in questo la lista Belfrit ci viene
incontro. Nella lista Belfrit c’è scritta la parte di pianta che può essere usata.
Ci sono altre informazioni sull’origine geografica ed è molto importante anche il periodo di
raccolta, perché c’è un periodo in cui il contenuto di attivi è maggiore o minore.

Bisogna tenere in considerazione la legislazione in materia di prodotti fitosanitari e contaminanti.


Ovvero tutto ciò che è utilizzato per produrre queste piante. Tutto deve essere conforme alla
legislazione vigente.
Poi c’è tutta la parte sul processo produttivo. Possiamo avere una caratterizzazione, ma non tutte
le aziende sono dotate di laboratori tali per poter fare una caratterizzazione. Alcune aziende si
appoggiano a laboratori esterni per il profilo metabolico delle piante.

Ci sono alcune piante per cui c’è un dato di letteratura molto vecchio o non ci sono delle linee
guida chiare, allora si fa ricorso alle farmacopee perché riportano dei metodi di preparazione
ufficiali. In presenza di un vuoto legislativo si va ad attingere laddove è possibile.
Con il termine di metabolita, non stiamo parlando di un metabolita dell’organismo, stiamo
parlando di metabolita della pianta.

APPLICAZIONE DEL MUTUO RICONOSCIMENTO


Una volta che abbiamo prodotto (con le norme nazionali) il nostro integratore alimentare, che
contiene un certo botanical, magari lo vogliamo commercializzare all’estero. Potrebbe essere
destinato solo al mercato italiano ma se si fa un investimento si pensa ad una commercializzazione
più ampia. C’è l’applicazione del mutuo riconoscimento. Va fornita un’attestazione dell’autorità
competente dello stato membro di provenienza che dica che l’integratore è legalmente in
commercio. Se è legalmente in commercio in Italia, perché in altri paesi in altri paesi europei non si
dovrebbe accettare un prodotto che è commercializzato nel territorio europeo? Questo è il
concetto del mutuo riconoscimento. Un integratore alimentare, prodotto in Italia, seguendo la
legislazione nazionale, in assenza della normativa europea, può essere riconosciuto anche da un
paese europeo purché si metta in atto questa procedura del mutuo riconoscimento. L’attestazione
che il prodotto è regolarmente commercializzato in Italia non viene fatta dal produttore, ma dal
ministero della salute.

INFORMAZIONI SUL PRODOTTO FINITO


Un aspetto che è irrisolto è quello relativo alle quantità del botanicals. Quanto possiamo
assumerne per non avere effetti negativi? Se andiamo a prendere sali minerali, vitamine e altro
abbiamo tutti i limiti del caso. Per i botanicals non ci sono dei limiti. Bisognerebbe andare a
studiare la letteratura. Scaricare tutto quello che esiste su una certa pianta, vedere in primis gli
studi clinici più recenti, vedere i risultati sull’animale e infine fare degli opportuni fattori di
conversione. Sapendo nell’animale cosa non ha provocato tossicità, fare la conversione e capire la
dose che potrebbe teoricamente essere impiegata nell’uomo. Da li, infine, tirare fuori un numero
che abbia un razionale scientifico.
Anche qui ci potrebbe essere una grande difficoltà ad individuare la quantità di prodotto. A meno
che non ci sia un uso consolidato (ad esempio piante ampiamente utilizzate come camomilla o
finocchio), bisogna fare uno studio sui dati di letteratura scientifica andando a capire come
muoversi in questo contesto.

Noi abbiamo detto che i claims sui botanicals sono pending, qualcuno però c’è. Se andiamo a
vedere i claims del regolamento 432 (i famosi 212 claims), sappiamo che un claims lo vantiamo per
una certa quantità e una certa condizione d’uso.
Nelle linee guida del 9 luglio 2012, nella parte bianca non c’erano scritte le quantità e questo è un
problema. Quindi si capisce che: o c’è una tradizione d’uso, o ci sono dei dati dalla letteratura
scientifica (allora ho qualche indicazione), oppure non c’è niente. Un claim dovrebbe avere le
quantità e le condizioni d’uso. In questa situazione ci si trova in una fase di transizione. Non
abbiamo dei dati certi. Questo è un problema al punto tale che l’istituto superiore di sanità ha
predisposto una sorta di procedura per la segnalazione degli affetti avversi. Se assumendo un
integratore a base di botanicals emerge un effetto avverso, si può procedere segnalandolo
all’istituto superiore della sanità. Quest’ultimo divulga a tutti questa allerta e quindi dice che c’è
un problema di questo genere. Però è su base volontaria. Mentre la farmacovigilanza è un reparto
fondamentale all’interno di un’azienda, la nutraceuticovigilanza non esiste come istituzione
strutturata all’interno di un’azienda. Però, a fronte di piante che per certe dosi potrebbero avere
un effetto fisiologico, a dosi superiori un effetto terapeutico e a dosi ancora superiori un effetto
tossico, avere una nutraceuticovigilanza potrebbe essere una cosa molto importante.
Tuttavia è molto difficile da applicare. Un farmaco è legato a una persona, si utilizza una ricetta
per prendere il farmaco. Un integratore alimentare non ha un monitoraggio. Ed è un ulteriore
problema se si vuole fare una nutraceuticovigilanza.
RAZIONALITÀ DELLE ASSOCIAZIONI

Alcuni farmaci possono avere tra loro delle interazioni che non ci permettono fare determinate
associazioni. In questo caso però parliamo di una o poche molecole, mentre con gli integratori
abbiamo a che fare con un insieme di qualche centinaio di molecole.

Di solito i sinergismi sono negativi. Le piante hanno degli effetti migliori se somministrate da sole,
piuttosto che in combinazione. Moltissimi dati scientifici evidenziano sinergie negative.
Questo è il famoso documento che bisogna compilare per la fito-nutrivigilanza che citavamo
precedentemente.

SORVEGLIANZA POST-MARKETING

Gli ultimi regolamenti (ad esempio 1169 del 2011) hanno cominciato a porre a carico dell’OSA,
cioè dell’operatore del settore alimentare, il monitoraggio e la sicurezza dei prodotti con
botanicals fabbricati e immessi sul mercato. L’OSA ha l’obbligo di andare a vedere cosa succede ai
suoi prodotti e di non abbandonarli. Deve sapere dove sono per poter essere in grado di ritirarli in
qualsiasi istante nel caso in cui se ne ravvedesse la necessità.

Gli integratori devono rispondere al decreto legislativo 169, che era il famoso recepimento della
direttiva europea 2002/46, con tutte le successive modificazioni che riguardavano le quantità,
l’etichettatura e tutte le disposizioni della legislazione alimentare applicabili alla tutela della
sicurezza.
Il regolamento n.609 del 2013 è molto importante ed è come il decreto legislativo 111 del 1992, nel senso
che introduce una nuova categoria di alimenti. Nel 1992 era uscita la categoria degli alimenti destinati ad
una alimentazione particolare (ad esempio i lattanti, i galattosemici, gli sportivi ecc. che hanno bisogno di
alimenti particolari), e quindi era stata individuata questa categoria che è rimasta in vigore fino al 20 luglio
2016. Gli alimenti destinati ad una alimentazione particolare (codificati dal decreto legislativo 111 del 1992)
sono stati abrogati e sostituiti dagli alimenti per gruppi specifici di popolazione, gli FSG (foods for specific
groups). È un cambiamento sostanziale dal punto di vista legislativo, ma non altrettanto dal punto di vista
dei contenuti. E ciò perché i latti formulati di inizio e di proseguimento, prima si chiamavano alimenti
destinati ad una alimentazione particolare, avevano una legislazione orizzontale e una legislazione verticale
di settore ed erano destinati ad una alimentazione particolare (altresì detti prodotti dietetici), ora si
chiamano FSG, ma sempre latti di inizio e latti formulati sono. Ad essi si applica la legislazione orizzontale di
tutti gli alimenti in termini di sicurezza (residui di fitofarmaci), in termini di etichettatura, di comunicazione
completa, precisa e non ingannevole al consumatore; in termini di pubblicità, che non deve idealizzare i
latti formulati rispetto al latte materno (non devono riportare sulle confezioni immagini di bei bambini
altrimenti la mamma, che potrebbe essere un consumatore medio senza competenze specifiche in materia,
potrebbe essere tentata a pensare che sia meglio dare un latte formulato piuttosto che allattare al seno per
crescere un bel bambino). Quindi l’etichettatura è importante per far capire che questi FSG, cioè alimenti
per gruppi specifici, sono ideali per una certa popolazione che ha esigenze nutrizionali particolari, che ha
una vulnerabilità nutrizionale (come nel caso di un galattosemico, chi ha intolleranza al lattosio che non
mangia prodotti contenenti lattosio e vive lo stesso o qualcuno con celiachia che mangia alimenti diversi),
ma può vivere lo stesso modificando la propria dieta. Quindi la modulazione di una dieta comune permette
comunque di rispondere ai fabbisogni nutrizionali del soggetto che presenti una patologia.
Quindi, gli alimenti con ridotto contenuto o senza glutine, o alimenti con ridotto ( o senza) contenuto di
lattosio, non sono FSG, perché coloro a cui sono destinati sono persone che hanno un problema, ma che
possono risolverlo dal punto di vista nutrizionale , attraverso la modulazione della dieta (non mangiando ad
esempio vegetali del genere triticum che contengono glutine(orzo, segale), ma mangiando del riso e quindi
nutrendosi anche in modo adeguato e soddisfacendo tutti i fabbisogni nutrizionali. Ma per i galattosemici, il
galattosio non è presente solo nel latte sotto forma di lattosio, ma in quasi tutte le piante c’è il galattosio
cioè un monosaccaride che va a glicosilare i polifenoli. Quindi soggetti che hanno questi problemi, come
fanno a mangiare alimenti senza galattosio? Devono assumere alimenti FSG, cioè alimenti appositamente
preparati al fine di rispondere ad esigenze nutrizionali particolari, per soggetti cioè che modificando la dieta
non possono vivere. Cioè soggetti che non possono che assumere questi alimenti. Quindi questa
regolamentazione è più importante dal punto di vista legislativo che dal punto di vista dei contenuti, perché
ha finalmente messo ordine negli alimenti.
Quali sono gli alimenti FSG? I latti formulati per inizio e di proseguimento, gli alimenti destinati a fini
medici speciali e i prodotti per la riduzione del peso corporeo.
Quindi, mentre un tempo noi avevamo gli alimenti destinati ad una alimentazione particolare (i latti, gli
alimenti destinati ai fini medici specifici, i prodotti per celiaci, i prodotti senza lattosio), nel 2013 è uscito il
regolamento 609 che ha introdotto questo concetto della vulnerabilità nutrizionale non risolvibile
attraverso una modifica della dieta comune e ne fanno parte i latti formulati, gli alimenti destinati ai fini
medici speciali che mantengono il loro nome, ma cambiano categoria: non più alimenti destinati ad una
alimentazione particolare, ma FSG.
Le etichette dovranno riportare delle norme obbligatorie (il famoso 1169) e delle indicazioni volontarie (i
famosi claims (nutrizionali, salutistici, di riduzione dei fattori di rischio di malattie etc…) del 2006 n. 1924.
Quindi gli FSG risponderanno sicuramente alle norme obbligatorie, ma non necessariamente alle norme
volontarie. Esempio: gli alimenti destinati ai fini medici speciali oggi fanno parte degli FGS. Essi sono una
tipologia particolare di alimenti per vulnerabilità nutrizionale per gruppi di popolazione specifica che hanno
una determinata patologia (i galattosemici, i fenilchetonurici, quelli con la malattia delle urine allo sciroppo
d’acero ecc.). Sull’ etichetta dovrà essere scritto: questo alimento è indicato per il trattamento nutrizionale
dei pazienti affetti da una determinata malattia. Altra avvertenza importante è: questo alimento deve
essere consumato sotto il controllo medico. Quindi vale sia la legislazione orizzontale (il 1169 con
l’etichetta con tutti gli elementi) che quella verticale per alimenti destinati ai fini medici speciali.
Ad oggi vale ancora il decreto del presidente della repubblica n.57, mentre nel 2019 o 2020 entrerà in
vigore un altro regolamento uscito nel 2016. Quindi questi alimenti per fini medici speciali sono regolati
anche dalla legislazione verticale, che li obbliga ad avere per la malattia per la quale sono indicati , la
dicitura “sotto controllo medico” ed essi non devono vantare dei claims salutistici (cioè quei claims che
sostengono che aiutano ad esempio a mantenere l’idratazione, il trofismo osseo, la fisiologia dell’apparato
urinario ecc.), perché non hanno senso per pazienti con problemi patologici gravi, che hanno bisogno di
questi alimenti per vivere.
Diversamente, se noi parliamo di latti formulati, di latti per bambini sani, possiamo vantare effetti
salutistici, con tutte le limitazioni del caso. Limitazioni che però non sono connessi con l’applicazione, ma
sono connessi con la protezione dell’allattamento materno. Quindi il discorso delle indicazioni di tipo
volontario si adegua alla categoria di alimento.
Il regolamento del 1924 fa parte della legislazione orizzontale, quindi potrebbe valere come anche non
farlo: negli alimenti ai fini medici speciali non vale perché non ha senso.

All’articolo 4 del regolamento 1169 abbiamo tutta la parte dei principi che disciplina le informazioni
obbligatorie sugli alimenti. Si parla di informazioni sull’identità, la composizione, le proprietà, e altre
caratteristiche dell’alimento. Informazioni sulla protezione della salute, sull’uso sicuro. Gli attributi
collegati alla composizione, la durata, la conservazione ecc. Il regolamento n.609 restringe sostanzialmente,
ma persiste lo spazio per gli alimenti con una destinazione selettiva.
questo significa che ha sbattuto
fuori gli alimenti per celiaci, gli alimenti senza lattosio, ma rimangono all’interno degli FSG una famosa
destinazione selettiva (pazienti, neonati, bambini da 6 a 12 o 24 mesi, baby food cioè da 6 a 24 mesi ecc.).

Ad esempio soggetti che non riescono a deglutire un alimento, quindi bisogna essere formulato per avere
una specifica liquidità sufficiente per essere assunto da un soggetto con un problema di questo genere.

Gli alimenti per la prima infanzia sono i baby foods: le farine-latte, la farina di tapioca e di manioca per fare
le pappe, la carne liofilizzata, gli omogeneizzati liofilizzati di carne, di pesce, di pollame ecc.
Qui non ci sono gli alimenti per sportivi, che non hanno una normativa verticale. Non ci sono nemmeno gli
alimenti per la riduzione del peso corporeo che non comprendono una normativa verticale. Gli FSG sono
per coloro che non riescono a vivere senza assumerli, quindi queste tre categorie riportate nella slide sono
sensate.
Il latte vaccino non deve essere dato ai bambini di 0-6 mesi e 6-12 mesi e si può dare eventualmente dopo i
12 mesi, ma è meglio il latte di crescita; dato che ci sono fasce di popolazione povere, è meglio che ci sia un
latte formulato che abbia una composizione essenziale base che costa poco piuttosto che non ci sia (oltre al
latte di qualità ad alto prezzo) per non incentivare la mamma con poca disponibilità economica a prendere
il latte vaccino.

Qui c’è un riferimento specifico per i prodotti per obesità e sovrappeso.


Gli allergeni devono essere riportati in etichetta in modo diverso dagli altri ingredienti (gli allergeni sono
riportati in grassetto).
Invece di mettere dentro una componente proteica si mette dentro una miscela di amminoacidi oppure si
adatta specificamente la componente proteica togliendo la fenilalanina (più semplice rispetto al fare
miscele).

I latti di crescita (latte 3) si prendono dopo il dodicesimo mese di età.

A questa domanda non c’è una risposta.


Questa è una legislazione verticale su latti formulati per lattanti e bambini di 6-12 mesi.

Ad oggi vale ancora la direttiva numero 141 del 2006 che è quella per i latti, dove i latti di inizio e di
proseguimento erano ancora considerati alimenti destinati ad una alimentazione particolare, come da
Decreto Legislativo num.111 del 1992.
L’articolo numero 128 del 2016 è quello che regola gli alimenti destinati a fini medici speciali.
CHIMICA DEGLI ALIMENTI LEZIONE DEL 17/01/17

Gli alimenti che fanno parte della categoria degli Alimenti a fini medici speciali sono i latti
(formule di inizio e proseguimento, ma non le formule di crescita che ad oggi non sono
regolamentate perché sono considerate alimenti di uso corrente e, al massimo, possono essere
addizionate di vitamine e sali minerali e quindi essere soggette al regolamento 1925, quindi con
legislazione orizzontale). Diversamente accade per gli alimenti destinati a fini medici speciali che
sono quelli per i quali maggiormente si capisce l’inserimento nella categoria degli alimenti per
persone vulnerabili dal punto di vista nutrizionale. La direttiva 2016/128 entrerà in vigore nel 2019
per alcuni alimenti e poi nel 2020.

La direttiva 127 è invece il nuovo regolamento per i latti che entrerà in vigore nel 2020 e nel 2021.
Per gli Alimenti destinati a fini medici speciali per le persone adulte, non per l’allattamento
esclusivo o in aggiunta all’alimentazione complementare (svezzamento) si parla del 2019, mentre le
norme per gli alimenti che sono volti a soddisfare le esigenze nutrizionali di lattanti malati
entreranno in vigore nel 2020. Le formule di inizio e proseguimento per bambini sani rientrano
nella normativa 127, mentre quelle per i lattanti malati nella 128, anche se entrambe le categorie
rientrano negli FSG.
Esempi di alimenti destinati a fini medici speciali:

- Soggetti che non riescono ad assumere alimenti solidi e che necessitano di alimenti liquidi o
semiliquidi per via orale e non di uso corrente. Questa è una dieta enterale per via orale o
tramite sondino;
- Alimenti destinati ai bambini malati, o anche latti per bambini pre-termine , quindi per
bambini potenzialmente sani ma che in quel momento sono vulnerabili dal punto di vista
nutrizionale.

Questi due tipi di alimenti sono completi dal punto di vista nutrizionale perché un soggetto che
assume l’alimentazione tramite sondino deve assumere tutti i nutrienti e lo stesso vale per le
formule per i bambini pre-termine o malati. Rientrano nella categoria degli AFMS anche altri
alimenti, per esempio i sali iposodici o asodici. Questi sono sali utilizzati da coloro che hanno
problemi di ipertensione e che necessitano uno scarso apporto di sodio. In questi sali al posto del
sodio è aggiunto del potassio. La differenza con gli altri due alimenti è che sono incompleti dal
punto di vista nutrizionale. All’interno degli AFMS completi si può avere un’ulteriore suddivisione:

- Specificamente formulati, per esempio liquidi, in modo che possano essere somministrati
con un sondino;
- Formulazione standard.

Riassumendo, negli AFMS si possono individuare 3 categorie: 2 di alimenti completi (formulati in


modo specifico o con una formulazione standard) e 1 di incompleti. Questa definizione era stata già
pensata nel 2002 quando c’è stato il recepimento di una direttiva europea da parte dell’Italia con il
Decreto del Presidente della Repubblica numero 57 (ancora in vigore fino al 2020) che li chiama
alimenti destinati ad un’alimentazione particolare. Questa definizione è stata poi abrogata nel luglio
2016 con l’entrata in vigore del regolamento 2013/609. Gli AFMS però, sono degli FSG nuovi ma
ancora regolamentati dalla normativa vecchia del 2002. Questa è la discrepanza presente oggi.

C’è una normativa in sospeso per gli alimenti a base di cereali, i quali entrerebbero nella categoria
del regolamento 609 (vecchia legge) ma in questo caso non è ancora uscita la sotto
regolamentazione verticale che dovrebbe regolamentarli. Quindi questi alimenti continueranno a
essere chiamati alimenti destinati ad un’alimentazione particolare ma sono in sospeso perché la loro
regolamentazione verticale specifica non è ancora uscita ma c’è solo una proposta di regolamento.
Sono ancora quindi regolamentati dal regolamento 609.
Analoga situazione per gli alimenti presentati come sostituti totali della dieta per la riduzione del
peso corporeo. Si hanno due categorie di prodotti: low calorie diet e very low calorie diet; per low
si intende tra 1200 e 800 calorie per porzione e per very low si intende meno di 800 calorie per
porzione. I very low sembra che li vogliano mettere sotto il cappello degli FSG, perché sono a
molto basso contenuto calorico e quindi possono essere definiti alimenti destinati a popolazione
specifica come obesi o in sovrappeso. I low invece no, sono in sospeso (come gli alimenti per
celiaci o intolleranti al lattosio). C’è una direttiva del 1996 che è la direttiva che regolamenta i low
calorie diet, mentre i very low calorie diet sono regolamentati dal 609 e anche loro eventualmente in
attesa di una direttiva verticale specifica. C’è una direttiva in predisposizione sulle base del parere
EFSA del 2015. Non stanno nel gruppo degli FSG gli alimenti addizionati di vitamine e Sali
minerali.

Questi alimenti sono fatti per dare la possibilità alla popolazione di integrare nutrienti senza l’uso di
integratori multivitaminici o di sali minerali ma solo con alimenti di uso corrente. Non sono
indispensabili per la vita, quindi non sono per soggetti vulnerabili dal punto di vista nutrizionale.
Sono regolamentati con il regolamento 432 (quello dei 212 claims).
Il regolamento 609, già entrato in vigore nel 2016, dava delle indicazioni per quanto riguarda quello
che bisogna scrivere nelle etichette:

Gli alimenti devono essere utilizzati sotto controllo medico. Questo tutela sia i pazienti sani che non
devono accedere a questi alimenti, sia i soggetti malati che devono accedere a quello specifico
alimento e non a un altro. Questi punti sono in parte comuni agli FSG (soprattutto l’ultimo punto).

Nel regolamento 128, mutuato dal DPR del 2002 numero 57, abbiamo:
Gli alimenti sali iposodici e asodici sono diversi dagli alimenti di uso corrente, per questo sono
definiti nella categoria degli AFMS, secondo l’idea del legislatore. È il ministero che nelle sue linee
guida (aggiornate al dicembre 2015) li ha inclusi nel 609 nel capitolo degli AFMS. Nella categoria
di AFMS completi ci sono:

Tra gli incompleti ci sono i fortificanti dei latti per nati pre-termine o a basso peso alla nascita, gli
alimenti speciali per bambini fino a 3 anni, moduli per diete enterali (si aggiunge un qualche
componente alla dieta base enterale, come ad esempio l’olio di Lorenzo usato per una malattia
neurodegenerativa, il quale è un olio ad alto contenuto di acidi grassi polinsaturi aggiunti alla dieta
enterale specifica per quella patologia), supporti nutrizionali da usare in caso di malnutrizione,
soluzioni reidratanti in caso di diarrea, prodotti aproteici o ipoproteici, prodotti per il trattamento
della disfagia (persone che non riescono ad alimentarsi),

sali iposodici (tenore residuo di cloruro di sodio compreso tra il 20 e il 35%, cioè 7/13% di sodio) e
asodici (tenore residuo di sodio non superiore a 120 mg/100g). Per questi Sali l’indicazione è:
trattamento dietetico dell’ipertensione arteriosa e altre condizioni mediche richiedenti una marcata
contrazione dell’apporto alimentare di sodio.
NB: queste linee guide non le carica ma si possono scaricare facilmente in PDF da qualsiasi motore
di ricerca.

Confronto con integratori alimentari

Gli integratori alimentari possono rientrare anche loro in qualche modo nel 609? No, perché hanno
effetto nutritivo o fisiologico. Possono essere destinati anche a persone con patologie, anzi,
volendo, probabilmente, il trend futuro dividerà gli integratori alimentari in due categorie: ci sono
quelli come il multicentrum, assunti anche dai soggetti sani, e altri integratori alimentari che
possono essere dei coadiuvanti per il trattamento di patologie. Sempre più gli integratori alimentari
vengono presentati agli specialisti e non solo ai farmacisti. L’idea sulla quale ci si basa è che,
innanzitutto, migliorare lo stato nutrizionale di un paziente lo pone nella condizione di rispondere
meglio alla terapia, ma poi ci si è spinti più in là, cercando si supportare il paziente con dei nutrienti
specifici come coadiuvanti che lo possano aiutare nel trattamento terapeutico della sua patologia.
Negli integratori alimentari abbiamo come costituenti:
Slide di confronto fra AFMS e integratori alimentari:
In etichetta deve essere riportata la seguente dicitura:

Gli AFMS possono vantare claims salutistici? No, non possono perché sono una categoria
differente. I claims sulla salute devono essere vagliati dall’EFSA e consistono soprattutto in studi
sull’uomo.

Per gli AFMS non ci sono claims ma deve essere fornita una documentazione adeguata a riguardo
quando se ne fa uno nuovo. Devo dimostrare che in un paziente con una determinata patologia,
effettivamente il mio nuovo alimento a fini medici speciali apporta dei benefici, oppure devo
portare dei dati scientifici di letteratura a supporto del fatto che quel nutriente funziona per quel
paziente.
Allora si chiede l’immissione nel mercato e c’è una valutazione da parte degli enti competenti
nazionali (scritto nel regolamento 609 all’articolo 9)

Si hanno anche delle linee guida ministeriali riguardanti gli studi condotti per valutarne la sicurezza
e la funzionalità. Esistono outcome primarie che riguardano i parametri nutrizionali, e outcome
secondarie, le quali si occupano di indagare effetti particolari come, ad esempio la glicemia o
l’abbassamento di pressione.

Bisogna anche vedere se ci sono risultati favorevoli dal trattamento dietetico di questa malattia. Per
gli integratori alimentari possiamo avere degli effetti fisiologici, cosa complessa perché bisogna
fare studi clinici su soggetti sani, per gli AFMS si fanno solo su pazienti specifici (esempio olio di
Lorenzo, per cui gli studi clinici sono stati fatti solo su malati di quella specifica malattia
neurodegenerativa) . Per gli AFMS non si può parlare comunque di finalità terapeutica perché sono
degli alimenti.
Le linee guida ministeriali sugli AFMS sono le seguenti:

NB: Ultimo file caricato su Kiro è da leggere ma non c’è nell’esame.


20 dicembre 2016

Tutorato per la prova in itinere

Volevo fare un riassunto di quello che abbiamo fatto in questi mesi di lezione in modo tale che sappiate che
cosa venga chiesto. Poi avremo degli argomenti molto diversi da quelli che abbiamo trattato finora e quindi
volevo fare un ricapitolo dei nutrienti. Ci saranno nella prova (vale sia per la prova di vivere che per
l'esame) circa 20/25 domande a seconda della lunghezza che copriranno tutto il programma visto da
svolgere in un'ora e mezza.

Alimenti dei sette gruppi


Partiremo dall’inizio con gli alimenti presenti nei sette gruppi alimentari quindi dagli alimenti
nutrizionalmente omogenei. Quindi potrebbe esserci una domanda del tipo:

 Gli alimenti del gruppo x che alimenti sono?


 Quali sono i nutrienti tipici che apportano latte e latticini? Prevalentemente apportano calcio e
proteine ad elevato valore biologico nutrizionale; se parliamo di legumi apporteranno proteine a
medio valore biologico nutrizionale.. etc.

quindi una domanda su uno dei sette gruppi perché sono la base di quella che dovrebbe essere una dieta
variata che deve contenere un alimento per ogni gruppo.

Poi abbiamo affrontato i vari nutrienti organici e inorganici.

Nutrienti inorganici
Come nutrienti inorganici abbiamo due tipi: l'acqua e i sali minerali.

L’acqua
Per quanto riguarda l'acqua ci saranno 2-3 domande ad esempio:

 la definizione di activity water e il suo significato quindi che cosa rappresenta cioè i vincoli che
l'acqua ha all'interno degli alimenti
 definisci l’activity water, che valori può assumere e cosa si intende per acqua libera, piuttosto che
acqua monostrato, piuttosto che acqua legata
 perché è importante conoscere l’activity water? Ci fa dire i vincoli che l'acqua ha all'interno
dell'alimento ai fini della conservazione dell'alimento stesso
 ci sarà sicuramente una domanda sul famoso grafico che ci fa vedere la relazione che esiste tra
l’activity water e la velocità delle reazioni che avvengono negli alimenti; quindi per esempio ci sarà
da descrivere una curva: si disegna il grafico relativo alla correlazione tra activity water e
imbrunimento non enzimatico/perossidazione lipidica/crescita dei batteri/attività enzimatica
 altro discorso potrebbe essere quello sul bilanciamento idrico perché voi sapete che noi rinnoviamo
il 5/6% di acqua tutti i giorni che quindi va assunto tramite gli alimenti e le bevande ( non
dimenticatevi le reazioni metaboliche perché una piccola parte di acqua la sintetizziamo noi) e che
abbiamo delle perdite attraverso l'intestino, l’emuntorio renale, la sudorazione. Quindi la domanda
può essere quanta acqua perdiamo, quanta ne dobbiamo reintegrare, quali sono le cause delle
perdite e come si reintegra.
 L'altro aspetto riguarda le acque per uso umano: abbiamo parlato sia dell'acqua potabile e della
legislazione che la regolamenta sia dell'acqua minerale. Delle acque minerali abbiamo detto che ci
sono delle particolari acque minerali quindi una domanda può essere: fare un esempio di un'acqua
che può avere un’indicazione per il lattante, piuttosto che per le donne in gravidanza etc. es.
un'acqua calcica per persone che non possono assumere latticini.

Sali minerali
Gli altri nutrienti inorganici sono i sali minerali: anche per i sali minerali abbiamo visto i vari macro elementi
e microelementi.

 Ci saranno 2-3 domande di cui alcune di carattere più generale es. sul diagramma di Bertrand ,
biodisponibilità e quindi i fattori intrinseci ed estrinseci
 e poi ci saranno 1-2 domande su sali minerali particolari: i fattori intrinseci ed estrinseci che
regolano l'assorbimento del calcio piuttosto che del ferro che sono molto importanti;
 ci potrebbe essere un discorso sulla geochimica medica: esempi di carenze piuttosto che di eccesso
di alcuni sali minerali che portano poi ad avere delle patologie(iodio, selenio).

Nutrienti organici

Vitamine
Un discorso del tutto analogo verrà fatto per le vitamine. Anche per le vitamine ci saranno due domande:

 una su una vitamina idrosolubile


 l'altra su una vitamina liposolubile.

Carboidrati:
[ Apro una piccola parentesi che riguarda tutti i nutrienti: noi abbiamo visto sempre delle tabelle con la
quantità di nutrienti che abbiamo nei vari alimenti ora io non vi chiederò il contenuto di carboidrati nelle
banane o di vitamina D nel burro però sapere almeno l'ordine di grandezza con cui i nutrienti si trovano
all'interno degli alimenti questo ha un senso. Ci potrebbe essere a questo proposito una domanda sui LARN
quindi per esempio che cos'è il LARN?; Cosa sono i livelli di adeguatezza e sicurezza?]

Per quanto riguarda i carboidrati. Una domanda potrebbe essere:

 i monosaccaridi di interesse alimentare: ne abbiamo visti sostanzialmente tre che sono il fruttosio,
il glucosio e il galattosio
 disaccaridi di interesse alimentare che sono il saccarosio, il lattosio e il maltosio come porzione
derivante dall'idrolisi dell'amido
 e poi l'amido e la cellulosa; nello specifico sull'amido potrebbe essere una domanda anche più
aperta nella quale potrete scrivere parecchio oppure una domanda più specifica come la digestione
dell'amido piuttosto che la struttura dell'amido che tira in ballo il discorso dell’amilosio con la sua
struttura ad elica e dell’amilopectina con la sua struttura dendritica e i tipi di legami coinvolti.

C'è tutta la parte dei carboidrati non disponibili quindi:

 il concetto di prebiotico e i carboidrati non disponibili che sono molti


 conoscere l'origine di questi carboidrati( legumi, latte materno, alghe brune e alghe verdi)
 quali sono le quattro caratteristiche che un carboidrato non disponibile deve avere per essere
considerato prebiotico.

Quindi ci potrebbero essere 1-2 domande sui carboidrati disponibili e 1 sui carboidrati non disponibili.

Nel discorso dei carboidrati abbiamo inserito i cosiddetti edulcoranti alternativi al saccarosio, anche se ne
abbiamo visto solo uno di carboidrato( tagatosio). Anche di questi vi verrà chiesta una domanda di
carattere generale e poi una più specifica:

 in quale categoria alimentare rientrano? Rientrano nella categoria degli additivi


 definizione di edulcorante intensivo piuttosto che bulk
 caratteristiche che deve avere un edulcorante per poter essere immesso sul mercato
 ci sarà una domanda sulla saccarina, piuttosto che sullo xilosio, piuttosto che sulla stevia, piuttosto
che sui ciclamati.

Lipidi
Il capitolo sui lipidi è piuttosto complesso perché considera diversi aspetti. I lipidi nel nostro organismo
quindi le loro funzioni nel nostro organismo e questo vale per tutti i nutrienti; ad esempio:

 elencate almeno cinque funzioni degli omega 3.

Avremo dunque una parte sui trigliceridi compresa delle loro proprietà chimico-fisiche, una parte sugli acidi
grassi compresa la nomenclatura:

 ad esempio scrivere la formula dell'acido linolenico, scrivere la sigla e il significato.

Un capitolo approfondito sugli omega 3 sia per la loro funzione cardio-protettiva nonché per tutti gli
aspetti connessi alla riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare ad esempio azione antiossidante, azione
antiinfiammatoria, azione antiaggregante piastrinica, ma anche il DHA in gravidanza.

Poi la reattività: abbiamo visto l'idrolisi del trigliceride e la formazione dell’acroleina e poi la reazione di
perossidazione.

Proteine
Per quanto riguarda le proteine:

 la domanda che c'è sempre è la definizione di proteine ad alto/medio/basso valore biologico


nutrizionale e cosa significa cioè per esempio di cosa sono carenti le proteine dei cereali, di cosa
sono carenti quelle dei legumi e così via;
 un discorso a parte sulle funzioni delle proteine nell'organismo e sugli svantaggi e i loro aspetti
tossici.
 Infine il discorso sulla celiachia: quali sono le proteine coinvolte e una domanda ad esempio sugli
alimenti per celiaci.

Polifenoli
Ci saranno ovviamente anche i polifenoli:

 ad esempio quali categorie di polifenoli ci sono nell'olio d'oliva?


 I flavantreoli sono i polifenoli di quali elementi? Cacao e the.
Nelle prossime lezioni vedremo la legislazione sugli integratori alimentari, i loro ingredienti (vengono
proprio definiti ingredienti perché gli integratori alimentari sono degli alimenti) e la loro filiera produttiva;
la legislazione degli alimenti destinati a fini medici speciali; faremo anche una lezione sulle etichette: le
etichette di alimenti, integratori etc. deve seguire particolari criteri. Nella legislazione aggiungeremmo
anche il famoso regolamento claims di tipo orizzontale.

Per quanto riguarda le formule vanno conosciuti quelli di:

 acidi grassi,
 aminoacidi essenziali,
 zuccheri quindi i monosaccaridi, disaccaridi e conoscere almeno i componenti delle varie fibre
prebiotiche,
 le vitamine no ma conoscere la loro stabilità,
 le formule degli edulcoranti se possibile,
 per i polifenoli solo le classi ma niente formule, giusto la struttura generale dei flavonoidi.

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