Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
LETTERATURA ITALIANA
PORTAFOGLIO DI
LETTERATURA ITALIANA
appartenenti a:
Ramón Contreras
Professoressa
QUARTO SEMESTRE
Giorno
AULA : A - 1
2017
Ramón Juan Contreras Riofrío
LETTERATURA ITALIANA
DEDICA
UNIVERSITÀ DI GUAYAQUIL
MISSIONE
VISIONE
MISSIONE
VISIONE
La Facoltà di Filosofia, Lettere e Scienze della formazione, concentra la sua visione per la formazione
integrale della formazione professionale secondo il sistema nazionale di istruzione, di contribuire
efficacemente allo sviluppo del Paese, con un senso di giustizia sociale, democrazia sostenibile , la
pace, i diritti umani e il rafforzamento dell'identità nazionale con il contesto multiculturale di
integrazione latinoamericana come un mondo con una altamente pluralistico e aperto alla
conoscenza del pensiero universale e socio-economico, di carattere cambia scientifico-tecnologico,
come le realtà del loro ambiente per promuovere il miglioramento istituzionale e di leadership nei
cambiamenti paradigmatici necessari formazione ecuadoriana.
MISSIONE
É il centro del sapere delle linguistiche, che forma gli insegnanti in lingua straniera, con attitudine
alla ricerca e di gestione dei solventi, e sostenuta da processi responsabili per l'apprendimento, la
formazione, la valutazione olistica e continue nell'insegnamento della lingua spagnola, inglese,
italiano, tedesco, contribuendo alla trasformazione del settore educativo attraverso la diffusione
della cultura, con i valori morali, etici e civici.
VISIONE
ORARIO
TEMPO LUNEDI MARTEDI MERCOLEDI GIOVEDI VENERDI
07h : 08h
08h : 09h
09h : 10h
10h : 11h
11h : 12h Letteratura
Italiana
12h : 13h Letteratura Letteratura
Italiana Italiana
CURRICULUM VITAE
DATI PERSONALI
STUDI
S.E.C.A.P
Corso manipolazione degli alimenti e della scuola barre di
nutrizione
ESPERIENZA DI LAVORO
Riferimenti personali
INDICE
1. CARATULA
2. DEDIZIONE
3. VISIÓN
4. MISSIONE
5. ORARIO - ELENCO DEGLI STUDENTI
6. CURRICULUM VITAE
7. QUESTIONI
Ramón Juan Contreras Riofrío
LETTERATURA ITALIANA
Linguistica
Le Origini
Le Origini sono il periodo in cui si colloca la nascita della letteratura in volgare in Italia, durante l'età
comunale nel Duecento. Si è trattato ovviamente di un percorso lento e graduale, iniziato con la fine
dell'Impero Romano d'Occidente e la rottura dell'unità del mondo latino, attraverso l'emergere delle
lingue volgari sino al loro utilizzo per esprimere contenuti letterari non più legati solo ad esigenze
pratiche. La nascente letteratura volgare ha subìto varie influenze dalle altre tradizioni esistenti,
dalla letteratura latina medievale legata al mondo ecclesiastico, alla letteratura franco-provenzale,
senza dimenticare il sistema dei valori mercantili del mondo comunale dove essa si è di fatto
sviluppata. Ciò spiega sia il ritardo con cui la letteratura italiana si è formata (a causa della
frammentazione linguistica e politica dell'Italia del XIII sec.), sia la varietà di filoni e generi letterari
cui essa ha dato vita nel primo periodo (con un filone di poesia religiosa, un altro di poesia comica,
fino alla lirica amorosa nella quale sono nate le prime scuole vere e proprie tra cui lo Stilnovo).
Rientra pienamente in tale periodo l'opera del primo grande poeta italiano in volgare, Dante
Alighieri, ancora profondamente legato a schemi culturali e letterari del Medioevo, mentre Petrarca e
Boccaccio appaiono più moderni e proiettati verso la rivoluzione umanistica che, iniziata nel tardo
Trecento, proseguirà nel XIV sec.
Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente nel 476 d.C. l'antica unità linguistica dell'Europa
venne meno e il latino, che fino ad allora aveva accomunato gran parte delle regioni occidentali, si
frantumò in una pluralità di lingue dette "volgari", perché parlate dal "volgo" (il popolo non istruito).
In realtà già nella tarda antichità il latino parlato dalla popolazione aveva subìto un processo di
regionalizzazione, differenziandosi nella pronuncia e nella morfologia da zona a zona, per cui quando
il fattore di unificazione politica rappresentato dall'Impero decadde fu naturale che le varie forme di
latino "regionale" accentuassero la loro diversità, dando origine a delle parlate nettamente diverse.
Questi volgari sono oggi definiti "neolatini" o "romanzi" e i più importanti nel Medioevo furono
l'italiano (in realtà un insieme di molti linguaggi, diversi da città a città), la lingua d'oïl (parlata nella
Francia del Nord), la lingua d'oc o provenzale (Francia del Sud), il castigliano, il gallego-portoghese
(Penisola Iberica), il rumeno. Il latino non esisteva più come lingua parlata in modo naturale, ma
sopravviveva come lingua scritta e nella cosiddetta letteratura latina medievale (o mediolatina),
ovvero l'insieme di testi prodotti dalla Chiesa occidentale e di argomento prettamente religioso e
filosofico. Tale letteratura si distingueva da quella classica di Roma antica e proseguì sino almeno al
XV sec., affiancandosi alla letteratura volgare e venendo infine soppiantata dalla cultura umanistica,
che tentava di restaurare il latino classico dei tempi di Cicerone e Virgilio (il latino medievale era
infatti alquanto diverso nella morfologia e nel lessico). La letteratura mediolatina aveva carattere
europeo, in quanto accomunava gli ecclesiastici di tutto il continente che erano in grado di capirsi
scrivendo e parlando all'occorrenza in latino, mentre essi parlavano normalmente il volgare nell'uso
quotidiano; essa esprimeva i valori della Chiesa e non era legata a nessun popolo in particolare,
essendo in realtà la letteratura del "popolo di Dio".
Fino al IX sec. il latino era l'unica lingua usata nella scrittura ed era la lingua dei dotti, ovvero i
chierici (membri della Chiesa) che erano i soli a saper leggere e scrivere, mentre il volgare era la
lingua dei laici (gli illetterati non facenti parte delle gerarchie ecclesiastiche, tra cui anche i membri
dell'aristocrazia militare germanica) ed era usato unicamente nelle esigenze di vita pratica. La netta
separazione tra chierici e laici spiega perché in Europa per molti secoli l'unica letteratura esistente
sia stata quella mediolatina, espressione dei valori della Chiesa, dal momento che i laici erano
esclusi dalla parola scritta e non potevano inizialmente essere oggetto di una comunicazione
letteraria (essi venivano istruiti tramite le arti figurative, soprattutto scultura e pittura). I monaci
erano perciò i soli depositari del sapere scritto nell'Alto Medioevo e per questo i monasteri erano dei
centri culturali molto importanti in Europa occidentale, dotati spesso di ricche biblioteche dove erano
Ramón Juan Contreras Riofrío
LETTERATURA ITALIANA
conservati i manoscritti e i codici della tradizione latina classica. Monaci specializzati nella
trascrizione manoscritta dei testi, detti copisti o amanuensi, lavoravano senza sosta negli scriptoria, i
laboratori di scrittura annessi alle biblioteche dei conventi, e grazie alla loro opera è stato possibile
conservare e trasmettere gran parte delle opere della letteratura latina classica, destinate altrimenti
ad andare in gran parte perdute (► CINEMA: Il nome della rosa). Tra i monasteri più importanti in
questo senso vi è quello di Bobbio, fondato da S. Colombano nel VII sec. e che arrivò a conservare
circa settecento codici, mentre notevole fu anche l'attività libraria dei conventi benedettini sparsi in
tutta Italia (la Regola di S. Benedetto venne fondata nel VI sec. e diede un forte impulso al
monachesimo occidentale). Petrarca viaggiò molto in Europa alla ricerca di manoscritti della
letteratura latina classica e ritrovò molte opere in varie biblioteche di importanti monasteri, tra cui
l'orazione di Cicerone Pro Archia (a Liegi) e parte dell'epistolario ciceroniano (nella biblioteca
capitolare di Verona).
Il volgare fu usato per molti secoli solo come lingua orale, finché cominciò ad essere utilizzato anche
nella redazione di alcuni documenti scritti per finalità pratiche e non ancora letterarie: il primo
esempio scritto di una lingua che pare una transizione dal latino al volgare è il cosiddetto indovinello
veronese, un'annotazione a margine di un codice ritrovato a Verona e risalente all'VIII-IX sec., una
sorta di indovinello che allude all'opera di scrittura della mano che regge una penna d'oca e lascia
l'inchiostro sulla pagina bianca. È evidente che la struttura sintattica è già quella del volgare, anche
se il lessico è ancora molto simile al latino:
La prima vera testimonianza scritta in Europa di un volgare romanzo risale invece all'842 ed è il
Giuramento di Strasburgo, ovvero la solenne cerimonia con cui Carlo il Calvo (re dei Franchi) e
Ludovico il Germanico (re di Germania) si giurarono reciprocamente fedeltà nella lotta comune
contro il fratello Lotario: i due re giurarono ciascuno nella lingua dell'altro e i rispettivi eserciti
ripeterono la formula nei loro propri volgari, ovvero la lingua d'oïl e l'antico tedesco. L'evento venne
registrato da uno storico dell'epoca che trascrisse le parole in antico francese nella sua opera in
latino, costituendo così il più antico documento scritto di quel volgare. Risale invece al 960 il primo
esempio scritto di un volgare italiano, il cosiddetto placito capuano pronunciato da un giudice della
città campana (il placito era una sentenza emessa per dirimere una controversia): un laico aveva
rivendicato il possesso di un terreno appartenente al monastero benedettino di Montecassino e il
giudice ascoltò una testimonianza che appoggiava la difesa dell'abbazia ("Sao ko kelle terre, per
kelle fini que ki kontene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti", ovvero "so che quelle terre,
in quei confini di cui qui si parla, furono possedute per trent'anni dal monastero di S. Benedetto"). La
sentenza riportò le parole in volgare del teste e tale documento fu il primo a testimoniare l'uso
scritto di un volgare che ormai col latino aveva poche similitudini; la formula venne poi riportata in
altre sentenze emesse per casi simili, dette tutte insieme placiti cassinensi (perché tutte attinenti al
monastero di Montecassino).
Ramón Juan Contreras Riofrío
LETTERATURA ITALIANA
Dell'XI sec. è poi l'iscrizione di S. Clemente, ritrovata nella basilica di S. Clemente a Roma che fa da
"didascalia" a un affresco che raffigura la passione del santo: ai personaggi laici (Sisinnio, i servi)
sono attribuite frasi in volgare, mentre il martire parla in latino e ciò sottolinea la distanza tra le due
lingue, poiché il vogare era sentito proprio di uomini rozzi e incolti. L'iscrizione non è un vero e
proprio testo letterario, ma è presente un intento artistico che era invece assente nei "placiti"
destinati a un uso giuridico e pratico.
Intorno all'XI-XII sec. il volgare inizia ad essere usato in testi con caratteristiche propriamente
letterarie e i primi esempi di opere poetiche sono le chansons de geste, ovvero i poemetti epici in
lingua d'oïl prodotti in Francia del Nord: la letteratura antico-francese fu tra le più antiche dell'Europa
romanza ed era favorita dalla presenza della monarchia capetingia che fungeva da fattore unificante,
il che spiega anche il forte ritardo della letteratura volgare in Italia (dove era presente una
frammentazione politica e linguistica). La poesia epica in lingua alto-francese nasceva nell'ambiente
dell'aristocrazia militare post-carolingia, i cui membri non erano più illetterati come in precedenza
(Carlo Magno aveva cercato di favorire in tutti i modi la formazione di una classe dirigente "laica",
per sottrarre alla Chiesa il monopolio della cultura) e nutrivano interesse per una letteratura che
celebrasse i propri valori, ovvero la prodezza in battaglia, il coraggio, il valore e la devozione
religiosa. Tale sistema di valori, detto cavalleria in quanto proprio dei cavalieri, veniva espresso in
poemetti di argomento epico che raccontavano le imprese leggendarie dei paladini di Carlo Magno in
Spagna, nella guerra contro i Mori della fine dell'VIII sec.: scritte in versi raggruppati in strofe di
diversa lunghezza (le lasse), le chansons de geste avevano come protagonisti i personaggi del
cosiddetto ciclo carolingio (il conte Roland, italianizzato in Orlando, Gano di Maganza, Rinaldo...) e si
ispiravano alla tradizione epica della letteratura classica, soprattutto all'Eneide e, in parte, ai poemi
omerici il cui testo era noto indirettamente (il greco non era conosciuto in Europa nell'Alto
Medioevo). I testi delle chansons ci sono giunti anonimi e risalgono all'XI-XII sec., ovvero il periodo di
massima espansione della società feudale che questi poemi intendono celebrare, mentre è forte
l'elemento religioso rappresentato dalla lotta dei guerrieri cristiani contro gli "infedeli" musulmani, in
un contesto storico che vedeva le prime Crociate verso la Terrasanta. L'opera più celebre è la
Chanson de Roland, in cui il protagonista Orlando - descritto come perfetto guerriero e uomo di fede -
cade in un'imboscata sui Pirenei, a Roncisvalle, tesagli dai Mori a causa del tradimento di Gano: il
testo risale al XII sec. e distorce in parte un fatto storico, poiché il conte Roland morì in effetti in
quella località nel 778, ma durante uno scontro con i Baschi e non con gli Arabi. Nel poemetto
Orlando combatte strenuamente alla testa della retroguardia dei Franchi e suona il corno (olifante)
per chiamare rinforzi, che però giungono troppo tardi (► TESTO: La morte di Orlando). L'influenza di
questo episodio e, in generale, della tradizione del ciclo carolingio sarà grande anche in Italia, dove
già nel Trecento nascerà il filone dei "cantari" in ottave e nel XV-XVI sec. inizierà la stesura dei primi
poemi epico-cavallereschi, come il Morgante di Pulci, l'Orlando innamorato di Boiardo e l'Orlando
furioso di Ariosto (protagonista di tutti e tre sarà proprio Orlando).
Tra XII e XIII sec. la società feudale francese diventa più raffinata ed elabora un nuovo sistema di
valori detto cortesia, in parte diverso da quello dell'epoca precedente poiché il cavaliere non
dev'essere solo un prode guerriero, ma anche un perfetto uomo di corte in grado di scrivere versi e
ben figurare alla presenza delle nobili dame, per cui l'amore diviene un valore tanto importante
quanto la guerra. Tale evoluzione storica si riflette nella letteratura e nascono, sempre in Francia del
Nord, dei nuovi poemetti in lingua d'oïl chiamati romanzi cortesi (non perché scritti in prosa ma in
quanto stesi in lingua volgare romanza), i cui protagonisti non sono più i paladini di Carlo Magno ma i
personaggi del cosiddetto ciclo bretone, ovvero re Artù e i cavalieri della tavola rotonda. Rispetto alle
chansons de geste, i guerrieri bretoni oltre a dare prova di valore militare sono anche impegnati in
una quête, la ricerca di un oggetto simbolico (spesso il sacro Graal, la coppa dove venne raccolto il
sangue di Cristo) che diventa percorso di perfezionamento morale, ma sono anche protagonisti di
Ramón Juan Contreras Riofrío
LETTERATURA ITALIANA
vicende amorose in cui fanno la loro comparsa figure femminili, prima escluse dalla tradizione epica
francese. Il cavaliere intraprende la quête per dare prova di coraggio alla dama e ottenerne così
l'amore, nell'ambito di una relazione quasi sempre adultera e secondo i dettami del cosiddetto amor
cortese: tra il cavaliere e la dama si crea una sorta di "vassallaggio amoroso", un rapporto di
sottomissione dell'uomo alla donna che di solito è socialmente superiore e sposata, la quale può
concedersi o meno al suo amante alla fine del suo percorso; sono inoltre presenti elementi magici e
favolosi, come ad esempio la lotta dell'eroe contro mostri e creature mitologiche (draghi e simili) per
dimostrare il proprio valore (► SCHEDA: La concezione dell'amor cortese).
Tra gli autori principali di romanzi cortesi ricordiamo Chrétien de Troyes (XII sec.), che ha dedicato le
sue opere soprattutto a Lancillotto (amante della regina Ginevra, moglie di re Artù; ► TESTO:
Lancillotto e Ginevra) e a Perceval (il Parsifal della tradizione alto-tedesca). Collegata al romanzo
cortese ma indipendente dai personaggi del ciclo arturiano è la leggenda di Tristano e Isotta, oggetto
della trattazione di numerosi scrittori. L'argomento di questi poemi ha conosciuto una vasta
diffusione anche in Italia del Nord e molti vennero trascritti in opere in prosa e volgarizzati (Dante ne
parla nel De vulgari eloquentia), finendo per influenzare anche i poemi del ciclo carolingio con
l'inclusione dell'elemento amoroso, della quête e degli incantesimi.
La stessa idealizzazione della nobiltà e dell'amor cortese sono anche al centro della produzione
poetica in lingua d'oc in Francia del Sud, dove tra XII e XIII sec. fiorisce un ricco filone di poesia lirica
di argomento amoroso che esprime i valori della società aristocratica delle corti dei grandi feudatari
(specie in Provenza, per cui questa poesia viene anche impropriamente definita "provenzale"). Gli
autori, signori feudali essi stessi o cavalieri-poeti che vivevano nell'ambiente di corte, erano detti
trovatori (dall'occitanico trobar, "poetare") e al centro delle loro liriche vi era la celebrazione del
vassallaggio amoroso verso una dama di maggior grado sociale - non di rado la moglie del proprio
signore - verso la quale la produzione dei versi rappresentava il "servizio", cui poteva corrispondere
un "beneficio" talvolta coincidente con l'amore fisico (erano i gradi della fin'amor, le "tappe" del
servizio amoroso). La poesia trobadorica era destinata al canto e aveva un accompagnamento
musicale, venendo spesso eseguita dai menestrelli o giullari nelle corti, a differenza della poesia
italiana che invece solo occasionalmente verrà musicata. Nei testi il cavaliere-poeta non si rivolgeva
mai all'amata chiamandola col suo vero nome, ma usava un nome fittizio (senhal) per proteggerla
dalle maldicenze del pubblico essendo lei sposata con un altro (► SCHEDA: La concezione dell'amor
cortese).
La lirica in lingua d'oc, pur essendo di tema prevalentemente amoroso, poteva toccare anche altri
argomenti (la politica, la guerra...) e lo stile, solitamente elevato e "tragico", talvolta diventava basso
e "comico", specie quando trattava di amore tra persone di basso livello sociale. Molti i generi poetici
elaborati dai trovatori, tra cui spicca la canzone (canso), il componimento per eccellenza destinato a
celebrare l'amor cortese, mentre di stile meno elevato erano la ballata e il sirventese (quest'ultimo di
argomento per lo più politico). Altri generi interessanti erano la tenzone (scambio di componimenti
tra poeti che discutevano di questioni amorose, talvolta polemicamente; ► SCHEDA: La "tenzone"
come genere poetico), il planh (il compianto funebre per le virtù di un signore feudale appena morto,
del cui cuore talvolta i lettori erano invitati a cibarsi per acquisirne il valore), la pastorella (sorta di
dialogo tra un nobile cavaliere e una timida pastorella che alla fine gli si concedeva), l'alba (il
commiato degli amanti al termine della notte), il plazer e l'enueg (rispettivamente l'elenco di cose e
situazioni piacevoli e sgradevoli legate al mondo della corte, di stile comico). La poesia provenzale
distingueva poi uno stile facile e cantabile, detto trobar leu, e uno difficile e oscuro, con rime rare e
lessico ricercato, detto trobar clus (entrambi influenzeranno molto la lirica amorosa italiana).
Fra i trovatori in lingua d'oc più importanti si possono ricordare Guglielmo IX d'Aquitania (XI-XII sec.),
considerato il fondatore della scuola; Bernart de Ventadorn, Bertran de Born, Jaufré Rudel, maestro
del trobar leu (► TESTO: Amore di terra lontana), nobili e vissuti nella prima metà del XII sec.;
Folchetto di Marsiglia e Peire Vidal, di origine borghese e vissuti tra XII e XIII sec.; Arnaut Daniel,
maestro del trobar clus e che influenzerà molto Dante, vissuto anche lui nel XII-XIII sec. (► TESTO: Su
Ramón Juan Contreras Riofrío
LETTERATURA ITALIANA
quest'arietta leggiadra). La poesia trobadorica fiorisce sino agli inizi del XIII sec., quando viene
bandita la crociata albigese contro i catari della Provenza che porterà alla sottomissione della Francia
del Sud da parte della monarchia capetingia, con il declino della civiltà feudale che della poesia
occitanica era stata il centro. I testi dei trovatori ebbero una notevole diffusione anche in Italia, dove
il metro e i temi delle loro poesie vennero presi a modello da parte delle principali scuole liriche del
Duecento (ciò avvenne soprattutto in Sicilia e in Toscana), mentre agli inizi del XIII sec. vi furono
alcuni poeti dell'area settentrionale che scrissero liriche in lingua d'oc e secondo i moduli della
poesia provenzale, che furono detti "trovatori italiani" (tra essi spicca la figura di Sordello da Goito: ►
PERCORSO: La lirica amorosa).
In Italia la letteratura volgare nasce nel XIII sec. e dunque con notevole ritardo rispetto a quella
franco-provenzale, da cui subisce tra l'altro una forte influenza: la situazione italiana era molto
frammentata politicamente, specie al Nord dove nel XII-XIII sec. si sviluppa la civiltà comunale, e
anche culturalmente, non essendovi una lingua di "corte" che potesse unificare gli scrittori della
penisola (a differenza delle lingue d'oïl e d'oc, largamente diffuse in Francia e in Provenza). In Italia
mancava anche una vera corte simile a quella francese o a quelle dei signori feudali di Provenza, se
si eccettua il caso di Federico II in Sicilia, per cui l'emergere di una letteratura volgare che si
rivolgesse a un pubblico di laici fu parallelo allo sviluppo della società comunale e dei suoi valori
mercantili e borghesi, dunque in un ambiente "cittadino" profondamente diverso da quello dell'epica
francese o della lirica trobadorica. Diversa fu anche l'estrazione sociale dei primi scrittori in lingua
volgare, i quali furono spesso uomini politici impegnati a vario titolo nelle istituzioni comunali
(talvolta notai o uomini di legge, come Guido Guinizelli) oppure al servizio di un sovrano e operanti in
una corte, come i poeti siciliani della scuola di Federico II che erano tuttavia di origine borghese e
molto diversi dai cavalieri-poeti della poesia provenzale. Nonostante il suo carattere comunale, in
ogni caso, la letteratura volgare delle Origini subì un forte influsso dei modelli francesi e provenzali e
se anche si rivolgeva in prevalenza a un pubblico alto-borghese di mercanti, espresse anche valori e
ideali propri della società feudale più antica, specie nella lirica amorosa che si rifece strettamente
alla concezione dell'amor cortese e al vassallaggio amoroso (sia pure in un ambiente cittadino e non
di corte, come lo Stilnovo a Firenze). In alcuni scrittori il sistema di valori del mondo mercantile
veniva condannato e paragonato polemicamente a quello più elevato dell'aristocrazia, come nel caso
di Dante, in altri era celebrato come innovatore e portatore di ricchezza e sviluppo, come più tardi
nella novellistica di Boccaccio (in cui il mercante veniva esaltato per le sue virtù, tra cui l'industria e
l'astuzia). Benché si rivolgesse a un pubblico di laici, la letteratura italiana delle Origini fu sempre
ispirata a elementi di profonda religiosità, dando vita a un filone di poesia religiosa (S. Francesco,
Jacopone da Todi...) che si diffuse in parallelo con il movimento di rinnovamento spirituale della
Chiesa e la lotta alle eresie del primo XIII sec., lo stesso clima in cui nacque il capolavoro della poesia
volgare del XIV sec., la Commedia di Dante Alighieri (► PERCORSO: La poesia religiosa). Notevole,
infine, la varietà linguistica, poiché i primi testi letterari si espressero in volgare umbro (specie la
poesia religiosa), in siciliano (i poeti alla corte di Federico II), in toscano (la lirica amorosa e la poesia
comica), senza contare il veneziano del Milione di Marco Polo e il lombardo della poesia "didattica" di
Bonvesin da la Riva. Il volgare toscano sarebbe poi diventato la lingua letteraria per eccellenza della
nostra tradizione, attraverso il modello illustre dei principali scrittori del Trecento (Dante, Petrarca,
Boccaccio) e dell'Umanesimo, sino alle discussioni in campo linguistico del Rinascimento.
Ramón Juan Contreras Riofrío
LETTERATURA ITALIANA
LA LETTERATURA ITALIANA
HA 4 FASI
L’Indovinello veronese.
Il cosiddetto "Indovinello veronese" è un testo in corsiva nuova vergato da un ignoto copista tra l'VIII
secolo e l'inizio del IX in forma d'appunto, a margine di una pergamena contenente un codice più
antico.
È forse il più antico testo pervenuto che usi lingua romanza (i Giuramenti di Strasburgo sono
datati a cinquant'anni più tardi) e rappresenterebbe un possibile atto di nascita del volgare in Italia,
ma non tutti gli studiosi sono concordi e alcuni ritengono che si tratti ancora di latino (pur se con le
evidenti aberrazioni, come dimostra il fatto che il testo ha bisogno di una traduzione in italiano.
Ramón Juan Contreras Riofrío
LETTERATURA ITALIANA
Il codice originale fu redatto in Spagna all'inizio dell'VIII secolo e giunse a Verona non troppo
tempo dopo. Le due postille furono individuate nel 1924.
Fu Vincenzo De Bartholomaeis a scoprirne per primo il senso, con l'aiuto di una studentessa
universitaria del I anno.
Interpretazione
Traduzione
Significato
È una testimonianza autoreferenziale, vale a dire la descrizione dell'atto dello scrivere da parte dello
stesso amanuense. Si tratta di un indovinello comune alla letteratura tardo-latina, e rimanda a
quattro diverse interpretazioni, delle quali la prima è la più diffusa e condivisa. Le interpretazioni
partono dal significato del primo sintagma se pareba:
Se da SIC latino: una variante a tale traduzione del Bruni et al. fu presentata da Migliorini, secondo
il quale il "se pareba" sarebbe da rendere "ecco, si vede", sul modello di autori medievali come
Dante (quando egli dice: "qui si parrà la tua nobilitate" | "qui si vedrà la tua nobiltà" ecc.). Questa
interpretazione parte dall'osservazione del se clitico e dall'infrazione della cosiddetta legge Tobler-
Mussafia (un testo volgare non presenta mai la successione del clitico al verbo ad inizio periodo):
secondo la legge infatti il testo dovrebbe cominciare con Parebase.
In realtà l'Indovinello non segna un punto di svolta epocale nella trasformazione del latino in volgare,
nonostante la caduta delle desinenze latine e il vocalismo schiettamente volgare di negro.
Fenomeni analoghi abbondano nei documenti coevi d'area veneta o più genericamente
settentrionale, anche con frequente intrusione di barbarismi lessicali.
Solo nel Placito capuano e negli altri Placiti cassinesi, che risalgono al 960-963 d.C., la
coscienza distiva tra latino e volgare emerge nitida in una scrittura quasi del tutto libera da
declinazioni e condizionamenti della sintassi latina. Nell'Indovinello il volgare è certo in gestazione,
ma è ancora nella fase embrionale.
Dopo un entusiasmo generale per il ritrovamento, i critici si sono divisi sull'ipotesi che affiderebbe a
questo documento la nascita della lingua italiana. Responsabili di questi dubbi, avanzati già da
Migliorini, sono i caratteri tardolatini che non mostrerebbero ancora un volgare "maturo" affrancato
Ramón Juan Contreras Riofrío
LETTERATURA ITALIANA
dalla vecchia lingua. Si pensi alla declinazione in -eba e in -aba, in cui la b non è ancora diventata v,
al semen che è un nominativo/accusativo latino. Ciò che induce a guardare al volgare è la mancanza
della -t finale nei verbi (si dice appunto pareva, arava ecc. in italiano), l'aggettivo negro (e non
nigrum come vorrebbe il latino), in pratica già italianizzato per la -o finale e la trasformazione di i
breve > e (é chiusa), mentre la -es di boves sarebbe da attribuire non direttamente al latino, bensì
ad influenze ladine, data la collocazione geografica di Verona. Albo è precedente all'introduzione del
Germ. blank > it. bianco fr. blanc ecc. nel mondo tardo-latino e può essere considerato un volgare
molto arcaico. Notiamo ancora albo versorio in -o, come appunto vuole l'italiano ovvero il dialetto.
Carlo Tagliavini, in Le origini delle lingue neolatine, ipotizza un'origine dotta con connotazione
semivolgare, proveniente da ambienti scolastici ecclesiastici, nei quali gli alunni chierici utilizzavano
come mezzo di comunicazione una lingua latina sgrammaticata e con molte incertezze lessicali. Ciò
spiegherebbe perché nello stesso testo convivono latinismi e volgarismi. Arrigo Castellani, in I più
antichi testi italiani: edizione e commento, ritiene anch'egli che il testo abbia un'origine dotta, ma
che quella giunta sino a noi sia una testimonianza del latino medievale e non del volgare. Un altro
studioso che avalla la tesi del semi-volgare è Vincenzo De Bartholomaeis. Giovanni Tamassia e
Michele Scherillo, invece, ritengono che la lingua adoperata sia il latino volgare. Giulio Bertoni
ipotizza che la lingua sia latino rustico, mentre Pio Rajna sostiene l'ipotesi dello schietto volgare.
Perché una lingua possa essere definita tale, deve essere presente nel parlante una chiara
coscienza linguistica. Ciò significa che se il copista che ha scritto l'indovinello fosse stato cosciente
del suo uso del volgare in contrapposizione alla lingua latina, l'attestazione potrebbe essere
considerata senza ombra di dubbio volgare. Secondo alcuni studiosi, prova di questa coscienza
linguistica sarebbe la benedizione in latino scritta a margine dell'indovinello, la quale dimostrerebbe
come nello scrivente fosse chiara la diversità tra la lingua latina e il suo volgare. Alcuni paleografi,
però, sostengono che la terza riga del codice contenente la benedizione sia stata scritta da altra
mano e in epoca più tarda rispetto a quella dell'indovinello. Ciò farebbe, se non cadere, quanto meno
traballare ogni ipotesi di coscienza linguistica del copista e di conseguenza l'indovinello si
collocherebbe non tra le prime attestazioni dell'italiano volgare, ma tra quelle del tardo latino.
Soluzione dell'indovinello
L'indovinello istituisce forse un'analogia tra l'azione del contadino con l'aratro in un campo e quella
dell'amanuense con la scrittura sulla carta.
et albo versorio teneba e aveva un bianco aratro La penna d'oca, con cui si era soliti scrivere
et negro semen seminaba e un nero seme seminava L'inchiostro, con cui si scrivono le parole
Ramón Juan Contreras Riofrío
LETTERATURA ITALIANA
La lingua di cultura per eccelenza fu a lungo tempo, il latino, lingua de la chiesa, el tribunal e la corti,
la scuola e la universitá.
iL DUECENTO
LA POESIA
COMICO-REALISTICA
IL DOLCE STIL NOVO
Nasce in Toscana, dove si sviluppa LA PROSA
Nasce in Toscana una cultura borghese.
Racconti e romanzi che
Realistica: parla di argomenti della vita copiano i due cicli narrativi
E Dolce: musicale
quotidiana, Si usano spesso più famosi del medioevo:
modo di poetare
le invettive. il ciclo bretone
Amore solo spirituale
(Re Artù) e
Cuor gentile
Comica: si lodano spesso il ciclo carolingio
i divertimenti, il gioco, il denaro. (i cavalieri di Carlo Magno)
Le persone non occorre
essere nobili di stirpe.
Il linguaggio non è alto Nasce la novella:
La nobiltà vera
e raffinato ma vicino è un racconto breve
è nel cuore di ognuno
a quello che vuole insegnare
di noi
popolare, basso e volgare una morale.
Donna-angelo: la donna
Letteratura di viaggio: molti
ha il potere di elevare
mercanti viaggiano in terre
l’uomo fino a Dio
lontane e scrivono un
resoconto di ciò che vedono.
Ramón Juan Contreras Riofrío
LETTERATURA ITALIANA
LA SCUOLA SICILIANA
SCUOLA SICULO-TOSCANA
La SCUOLA siciliana non sopravvive alla fine
del dominio Popo la battaglia di Benevento.
La ricca esperienza poetica si trasferisce al nord
nell’area emiliana e toscana.
LO STILNOVO
Dante Alighieri e il sommo poeta della letteratura italiana e della letteratura mondiale.
“Nell mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura che la diritta via era
smarrita”
Durante Alighieri degli Alighiero, meglio noto come Dante Alighieri, nasce nel 1265 a Firenze e muore
in esilio a Ravenna nel 1321.
Nei primi 10 anni di vita, Dante perde la madre Donna Bella degli Abati e vive con il padre, Alighiero
di Bellincione, guelfo, e la matrigna Lapa di ciarissima Cialuffi.
Nel 1277 all’ettà di 12 anni, secondo la usanza del tempo, viene destinato al matrimonio con Gemma
di Messer Maneto Donatti, in parti guelfa, di cui poi ebbe 3 o 4 figli, Pietro, Jacopo, Antonio a cui si
aggiunge forse Giovanni.
Ma approfondiamo nella sua formazione, sapiamo che introno al 1283 nostro poeta era gia dedito
all’arte del “dire parole con rime”.
In questo periodo stringe amicizia con un altro poeta fiorentino, Guido Cavalcanti, e si giova degli
insegnamenti di Brunetto Latini, di cui avrà un ricordo affettuoso de profonda riconoscenza.
Al centro del suo interese troviamo la poesia volgare italiana, la poesia provenzana e la poesia latina,
e di questo periodo, la sua prima probabile opera “il Fiore” anche se l’attribuzione e la data di
composizione non sono certe.
Nel 1274 a solo 9 anni, Dante incontra per prima volta Beatrice e la incontra nuovamente nel 1283
all’ettà di 18 anni e dalla “Vita nouva” opera dedicata proprio alla fanciula che ricaviamo
informazione precise sul loro rapporto.
Dante parla di un unico incontro dopo quello dei 9 anni e di un gesto di saluto, del fatto che non si
scambiarono mai parole, Beattice era in fatti sposata con Simone de Bardi, potente banchiere
fiorentino.
Nel 1290, anno della morte di Beatrice, Dante si dedica anima e cuore agli studi filosofici per cercare
conforto al suo dolore, legge il “De consolationae Philosophiae” di Boezio e “Di amicia” di Cicerone,
l’opera che riasumme il lavoro di questo periodo è “la vita nuova” composta tra il 1292 e il 1293.
Nel 1289, Dante combate negla battaglia di Campaldino, in ciu i guelfi si assicurano la vittoria contra
i ghibelini, l’evento segna il suo ingreso nella vita pubblica fiorentina.
Vediamo che dal 1295 era possibile candidarsi agli alti ufici dei communi iscrivendosi a una delle
arti, Dante sceglie quella dei medici e di speziali e dunque inizia la sua vita politica.
Il potere era all’epoca nelle mani dei guelfi, essi erano a loro volta scissi in guelfi bianchi capeggiati
da Vieri del Cherchi e guelfi neri capeggiati di Corso Donatti, Dante si schiera con i guelfi bianchi,
meno fascinerosi.
Da questa sua sperienza nascera “Il convivio” la cui data di stesura e collocabile tra 1303 e il 1308.
Durante la sua carriera politica, Dante insieme a gli altri priori e costtreto, nel 1300, a mandare in
esilio al suo amico Guido Cavalcanti, risponsabli con altri di disordene tra guelfi neri e bianchi.
Questo evento suscito grande diffidenza da parte de suoi amici e dunque accelera inevitabilmente il
declino della sua carriera politica.
Nel 1301, Dante viene inviato a Roma da Papa Bonifaccio VIII che aveva a sua volta inviato a Firenze
Carlo di Valois, che aveva richiamato i guelfi neri dall’esilio e aveva destituito el governo dei guelfi
bianchi, il suo vero obbietivo era la conquista della città toscana.
Ramón Juan Contreras Riofrío
LETTERATURA ITALIANA
Dante viene condannato all’esilio perpetuo da Firenze, il 17 gennaio 1302, viene acussato di essere
un falsario e un barattiere ma si tratava di scuse avanzata senza nessuna prova.
L’etape dell’esilio non sono note con presizione, il ,primo refugio sembra essera stata la città di Forli
e la casa de Scarpeta Ordilatti, si sposta poi a Verona presso Bartolomeo della Scala e intorno al
1306 e alla corte da Malaspina in Lunigiana.
La vita di corte non è soddisfadante ma in gradi gli permette di vivere, lei in fondo sogna di potere
ritornare a Firenze, le opere di questo periodo sono “Di volgare eloquentia” scritta provabilmente tra
il 1303 e il 1304 e più tardi “la monarchia” scritta nel 1308 ma secondo alcuni tra il 1301 e el 1303
o dopo il 1318.
La lontananza di firenze e dai piblicci uffici permette a Dante scrivere l’opera più importante della
sua vita “La divina commedia” in un periodo compresso tra el 1304 el il 1321, grazie a la figure guida
di Virgilio e Beatrice, il poeta intraprende un viaggio di spiritualità cristiana a traverso i 3 regni
dell’oltratomba che colmina nella visione di Dio e che rappresenta anche un grande paso avanti nella
elaborazione della lingua volgare italiana, gia auspicata di Dante in altre sue opere.
Nel 1312 Dante si sposta a Verona insieme a suoi figli presso Cangrande della scala al qual
dedicherai “Il paradiso”.
Dal 1328 forse dal inzio del 1320 e ospitea Ravenna del signore guido Novello de polenta.
Al ritorno da una ambasciata a Venezia, Dante moure a Ravenna difendere el 14 di settembre 1321.
Viene sepulto a Ravenna nella chiesa di San Fancesco, I suoi resti non saranno mai riportati a Firenze.
Certamente negli ultimi istanti finalli della sua vita, Dante avrà ripensato ai versi che chiudono la sua
commedia mentre marcaba la solia storia delle olimpo dei poeti tra i più grandi di tutti tempi.