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Pier Cesare Rivoltella

L’analisi dei testi audiovisivi in


situazione formativa

“La gente è affamata di piani, se gliene offri


uno ci si getta sopra come una muta di lupi. Tu
inventi e loro credono. Non bisogna suscitare
più immaginario di quanto ce ne sia”.

Umberto Eco, Il pendolo di Foucault

“Era una casetta piccolissima, senza finestre, con una sola porticina.
Sul tetto aveva un’enorme antenna televisiva, con un’infinità di bracci
metallici puntati in tutte le direzioni, come i tentacoli di una piovra.
In quella casetta abitava un omino che non usciva mai: dalla mattina a
notte inoltrata, seduto davanti al televisore, guardava ogni genere di
trasmissioni. Grazie a quell’enorme antenna riceveva i programmi di
tutte le stazioni televisive del mondo. Per questo non metteva mai il naso
fuori dell’uscio.
- Perché dovrei uscire di casa? - si diceva. - Ho tutto il mondo in casa.
Posso vederlo, sentirlo, sapere tutto ciò che vi succede.
L’abitudine di guardare la televisione l’aveva presa da piccolo. Infatti,
per farlo star buono, i genitori gli dicevano sempre: - Guarda la
televisione! E lui, buono buono, la guardava.
Se chiedeva di uscire, i genitori rispondevano: - Non abbiamo tempo
per accompagnarti, guarda la televisione! E lui, buono buono, la
guardava. Così era cresciuto sempre in casa, senza amici,
appassionandosi sempre più alla televisione. - Che m’importa di uscire, -
diceva ormai divenuto grande, - il mondo lo conosco bene, ce l’ho in
casa.
Un giorno sentì bussare alla porta. Aprì, e si trovò di fronte qualcuno
che disse: - Permette, posso entrare? - Scusi, lei chi è? - Come, non mi
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riconosce? - rispose quello - Sono il mondo! Era proprio lui, in persona.


- Non dica sciocchezze, - ribattè l’omino e gli sbattè la porta in faccia.
Infatti era così diverso da come appariva in televisione, che non lo aveva
riconosciuto”.
Il mondo in casa si intitola questo racconto per l’infanzia di Marcello
Argilli. Titolo emblematico che funziona da compendio per il contenuto
che è una sintesi di un po’ tutte le certezze raggiunte dalla pedagogia in
materia di educazione del minore al consumo televisivo: il rischio di una
presenza troppo massiccia del televisore nella giornata del bambino, il
ruolo spesso irresponsabile dei genitori, l’isolamento progressivo dal
sociale del piccolo teledipendente, la tendenza dell’immaginario televisivo
a sovrapporsi a quello reale. La ragione per cui lo si è scelto per
introdurre questo volume è però un’altra e cioè il fatto che indichi tre
elementi assolutamente importanti da considerare nel momento in cui si
elabora - come si vorrebbe fare qui - un discorso sull’analisi dei testi
audiovisivi in contesto formativo.
Il primo elemento è che comunque sembra essere sempre il bambino,
più in generale il soggetto in età evolutiva, a dover essere educato a un
approccio corretto con i media: infatti, l’analisi viene pensata per lo più
come strumento efficace per difendere un soggetto ritenuto debole dagli
attacchi di agenti (i media) i cui effetti sono invece giudicati forti.
Oltre a rivolgersi al minore, l’analisi del testo audiovisivo è
tradizionalmente diventata quasi soltanto analisi del testo televisivo. La
ragione va cercata nel fatto che la televisione di tutti è sicuramente il
medium più pervasivo, soprattutto nel tempo sociale del minore, in virtù
della sua disponibilità domestica e delle sue comode condizioni di
consumo.
Infine, il problema di dover distinguere tra il mondo così come esso è e
il mondo così come la televisione ( i media in genere) lo rappresentano,
costituisce uno degli assiomi fondamentali della Media Education1: quello
della non trasparenza dei media, cioè del loro carattere di messaggi
costruiti per soddisfare precise intenzioni comunicative.
1Questo termine ricorrerà spesso in queste pagine e verrà quindi abbreviato in
ME. Nato in area anglosassone, come il suo sinonimo Media Literacy indica
l’intervento di educazione ai media in contesto scolastico e la riflessione teorico-
metodologica su di esso. L’accezione con cui qui lo si intende procede a una sua
estensione di significato fino a ricomprenderlo in una logica ampia di
formazione permanente, nella scuola come nell’extra-scuola, nel caso dei minori
come in quello degli adulti.
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L’analisi dell’audiovisivo in situazione formativa

Queste tre attenzioni, lungi dall’essere punti fermi condivisi,


funzioneranno da precomprensioni del nostro percorso. Esso avrà per
oggetto di riflettere, sull’asse storico, teorico e metodologico, intorno al
significato e alle possibilità dell’analisi del testo audiovisivo in contesto
formativo. Riteniamo di poter anticipare che in conclusione di questo
itinerario saranno state indicate le vie per superare ciascuna di esse.

1. L’asse storico: l’incontro tra semiotica, ideologia e ME. Il contributo della


pragmatica

Len Masterman in un recente rapporto su problemi e prospettive della


ME negli anni Novanta2 ha indicato nell’incontro con la semiotica e con
la riflessione dei Cultural Studies sull’iscrizione ideologica dei media
l’evento decisivo che, negli anni Ottanta, ha costituito una sorta di
rivoluzione di metodo all’interno della didattica dei media, almeno in area
anglosassone. In questa rivoluzione di metodo stanno le ragioni di fondo
che giustificano la presenza dell’analisi del testo all’interno del corredo
teorico-metodologico del media educator.

1.1. La semiotica: l’insostenibile trasparenza dei media


Libri come Mithologies3di Roland Barthes, La struttura assente e Lector in
fabula di Umberto Eco4, hanno giocato un ruolo fondamentale nell’ottica
della ME fornendole almeno due indicazioni di considerevole
importanza.
Anzitutto hanno contribuito a mettere in discussione la presunta
“naturalezza” delle rappresentazioni mediali, una naturalezza di fronte
alla quale Barthes denuncia la sua insofferenza: “... soffrivo di vedere
confuse ad ogni occasione, nel racconto della nostra attualità, Natura e

2L.Masterman, A rationale for Media Education, in: L.Masterman, F.Mariet, Media


Education in 1990s’ Europe, Council of Europe Press, Strasbourg 1994; tr.it. A
scuola di media. Educazione, media e democrazia nell’Europa degli anni ‘90, La Scuola,
Brescia 1997.
3R.Barthes, Mithologies, Editions du Seuil, Paris 1957; tr.it. Miti d’oggi, Einaudi,

Torino 1994.
4U.Eco, La struttura assente, Bompiani, Milano 1968; Id., Lector in fabula,

Bompiani, Milano 1979.


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Storia, e volevo ritrovare nell’esposizione decorativa di ciò-che-va-da-sé


l’abuso ideologico che, a mio parere, vi si nasconde”5. Matura così l’idea
che i media siano opachi, cioè che la rappresentazione del mondo cui essi
mettono capo non sia una semplice restituzione fisica delle cose come
stanno, ma il risultato di una mediazione simbolica. I media costruiscono
la realtà delle loro immagini in virtù del loro carattere linguistico: il
concetto di codice diviene la nuova categoria-base attorno alla quale
organizzare il lavoro teorico. È attraverso l’apparato dei codici, infatti,
che l’enunciazione iconica, il “dire qualcosa” dell’immagine, diviene
occasione di elaborazione semantica, aggiunge qualcos’altro che non è
implicitamente già contenuto in quanto viene mostrato: in questa zona
interstiziale, tra la cosa rappresentata e il modus della sua
rappresentazione, si apre lo spazio di intervento dell’intenzionalità
enunciativa.
La seconda indicazione operativa viene fornita alla ME dalla tendenza
della semiotica a rapportarsi in termini analoghi a qualsiasi sistema di
segni, a prescindere dal valore culturale tradizionalmente attribuito a detti
sistemi. Si tratta, qui, di una sensibilità condivisa dalla comunità
scientifica dei semiologi e ben espressa da Juri Lotman6 quando definisce
il testo nei termini di una qualsiasi comunicazione espressa in qualsiasi
sistema segnico. È in virtù di questa concezione larga del testo che
Barthes può mettere sullo stesso piano, come oggetti di attenzione
semiotica, uno spettacolo di strip-tease, un incontro di wrestling, o una
bistecca con le patatine e Umberto Eco programmaticamente affermare
nella introduzione a La struttura assente: “Che siano messaggio la
comunicazione linguistica, un testo in Morse o un segnale stradale, e che
si riferiscano a codici convenzionali, non costituisce oggetto di
discussione: ma la ricerca semiologica si trova sfidata da quelle
comunicazioni che sembrano naturali, immotivate, analogiche e
spontanee, come il ritratto di Monna Lisa o l’immagine di Franchi e
Ingrassia; e — più ancora — da quei fatti di cultura il cui fine primario
non sembra la comunicazione, come una casa, una forchetta o un
sistema di rapporti sociali”7. In questo modo la semiotica da una parte
interrompeva il monopolio teorico sulla testualità per decenni
appannaggio della filologia e della critica letteraria, dall’altra sanciva

5Barthes,Miti..., p.7.
6Cfr.J.Lotman, Testo e contesto, Laterza, Bari 1980.
7Eco, La struttura..., p.7.

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L’analisi dell’audiovisivo in situazione formativa

anche per fatti culturali che non fossero opere letterarie il diritto a
rivendicare per sé lo statuto di “oggetti d’analisi”.
Queste due prospettive di lavoro costituiscono per la ME suggestioni
di straordinario interesse.
La demolizione del mito della trasparenza dei media, infatti, fornisce ai
media educators un valido spunto per considerare ormai superata
l’ingenua metafora della finestra sul mondo a lungo utilizzata per definire
la funzione rappresentativa della televisione ma facilmente esportabile
anche agli altri specifici — la stampa, in particolare. Scoprire il carattere
di costrutti dei testi mediatici significa, allora, doversi porre
necessariamente il problema pedagogico di come abilitare i soggetti a
relazionarsi criticamente con essi. L’analisi del testo trova qui la sua
prima fondata ragion d’essere: infatti, nessuna strumentazione
metodologica meglio dell’analisi può consentire quell’azione di filtro e di
certificazione delle diverse dimensioni comunicative del testo che risulta
essenziale al fine di produrre atteggiamenti di consumo “smaliziati”.
Quanto, poi, alla promozione a oggetto di studio scientifico delle
telenovelas, del fumetto o di altri prodotti dell’industria culturale cui la
semiotica, come abbiamo visto, contribuisce, va registrato come essa
produca l’istantaneo superamento della classica dialettica tra low e high
culture. Di provenienza teorica francofortese8 e alimentata dalle riserve di
un sistema scolastico ancora in larga parte arroccato in una difesa snob
delle humanae litterae, questa dialettica discriminava (e discrimina) i testi
della cultura bassa in favore di quelli della cultura alta, per cui se leggere
Dante è impresa in sommo grado culturale, essere tra i fan di Star Trek
sarebbe solo un comportamento di consumo. Superare una simile
impasse comporta una nuova attenzione ai linguaggi, la consapevolezza,
oseremmo dire, che proprio nell’attenzione ai linguaggi consiste lo spazio
fondamentale per l’educazione in una società dell’immagine come quella
presente9. In quest’ottica l’analisi funziona da strumento potentissimo di
8Si pensi ai contributi di M.Horkheimer e T.W.Adorno (Dialektik der Aufklärung.
Philosophische Fragmente, Querido, Amsterdam 1947; tr.it., Dialettica dell’illuminismo,
Einaudi, Torino 1966) o di W.Benjamin (L’oeuvre d’art à l’époque de sa reproduction
mécanisée, “ZfS”, V, 1, 1936; tr.it. L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità
tecnica, Einaudi, Torino 1966).
9Si veda al proposito il bel saggio di Neil Postman, Language Education in a

Knowledge Context, “Et cetera”, Spring 1980: “What I am saying is that to study a
subject is to enter a particular language environment. What students need to
know are the rules of discourse which comprise the subject, and among the
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verifica trasversale delle strutture e delle strategie discorsive,


consentendo, ad esempio, di rilevare come, in fondo, dal punto di vista
narrativo, tra l’Odissea, Torna a casa Lassie ed E.T. non esista alcuna
differenza.

1.2. L’ideologia: il fascino discreto dell’egemonia


Gli anni ‘70, proprio come per la semiotica, sono stimolanti anche per
quanto riguarda la genesi della teoria critica e dell’ideologia. Sono in
particolare la prospettiva del neomarxismo, soprattutto di Althusser e
Gramsci, e dei Cultural Studies a promuoverla con esiti che, come ci
accingiamo a verificare, non sono meno rilevanti di quelli già registrati in
ordine al campo semiologico.
Intellettuale cattolico convertito al comunismo, Louis Althusser è
abitualmente citato come colui che nella filosofia del Novecento ha
favorito l’incontro tra il marxismo e lo strutturalismo. In questa sede non
ci interessa né questo aspetto del suo pensiero, né i momenti altrettanto
significativi della sua rilettura antiumanistica e antistoricistica della
filosofia di Marx o della critica dell’hegelo-marxismo; è l’ultimo
Althusser su cui va fermata l’attenzione, in particolare quello di
Sull’ideologia10. In quest’opera il filosofo francese torna sul concetto di
ideologia, già in precedenza sviluppato11 e sicuramente centrale nel suo
pensiero. Con esso Althusser intende un insieme di “oggetti culturali
percepiti — accettati — subiti che agiscono sugli uomini attraverso un
processo che sfugge loro”12: dunque schemi di giudizio, quadri di valore
che si impongono ai soggetti senza che la loro coscienza possa fare da
filtro rispetto a essi. Socialmente necessarie al mantenimento dello status
quo, le strutture ideologiche sono parte integrante di qualsiasi realtà
sociale e inscindibili dalla natura dell’uomo che per questo viene ritenuto
da Althusser un “animale ideologico”. È su questa piattaforma teorica
che si fonda la concezione althusseriana dello stato. Esso, attraverso il
suo apparato repressivo (governo, amministrazione, giustizia, ecc.)
controlla la riproduzione delle condizioni che gli permettono di
sopravvivere, cioè la forza-lavoro e la sua integrazione all’ordine

most central of such rules are those which govern what is and what is not a
legitimate question” (Ibi., p.29).
10L.Althusser, Sull’ideologia, tr.it., Laterza, Bari 1976.
11L.Althusser, Pour Marx, Paris 1965; tr.it. Per Marx, Roma 1967.
12Ibi., p.208.

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L’analisi dell’audiovisivo in situazione formativa

costituito. Ma questa funzione di controllo può essere anche esercitata in


maniera non repressiva attraverso l’ideologia. Questo compito spetta agli
apparati ideologici di stato, cioè a quelle istituzioni come la chiesa, la scuola,
la famiglia, ecc., il cui compito consiste nella riproduzione culturale dei
rapporti sociali. Tra questi apparati sono anche i media che dunque
rivelano nei loro discorsi una innegabile dimensione politica facendo in
modo che le classi subalterne interpretino il proprio ruolo sulla base degli
stereotipi che attraverso di essi vengono forniti loro dai gruppi egemoni.
Proprio il concetto di egemonia è il contributo di Antonio Gramsci al
dibattito sull’ideologia nella ME. Tale concetto è sicuramente centrale nel
pensiero del filosofo italiano e costituisce uno degli aspetti più originali
del suo ripensamento del marxismo. Come per Althusser anche per
Gramsci il controllo repressivo (il “dominio”) non è l’unica forma di
autolegittimazione cui lo stato può ricorrere: esso può essere affiancato o
sostituito dalla capacità del gruppo dominante di dirigere il consenso
delle classi subalterne (la “direzione morale e intellettuale”). Tale
direzione viene esercitata da istituzioni di carattere sovrastrutturale come
la chiesa, la scuola, la stampa, il cinema: gli “apparati” di cui parlava
Althusser. Tuttavia, mentre il filosofo francese pensava questo rapporto
ideologico in termini rigidi e unidirezionali, in Gramsci tutto è più
sfumato e pensato in prospettiva dinamica. La conseguenza è che i media
da strumenti del consenso divengono lo spazio entro il quale il gruppo
egemone e quelli a esso contrari giocano sempre di nuovo la partita per
l’egemonia.
Questa idea dei media come area di negoziazione socio-politica sta alla
base del lavoro teorico di Raymond Williams, Stuart Hall e degli altri
studiosi afferenti alla scuola dei Cultural Studies. Se l’egemonia è un
processo fluido e le società il risultato di logiche socio-culturali
antagoniste, il ruolo della comunicazione, in particolare dei media, in un
simile contesto non potrà che essere estremamente importante. Di qui
l’urgenza dell’intervento media-educativo e in particolare dell’analisi alla
quale viene assegnato un nuovo compito, quello di studiare nei singoli
testi massmediali il rapporto tra codifica e decodifica (encoding/decoding):
“Hall è in particolare interessato alle diverse situazioni in cui la decodifica
conferma e riproduce l’ideologia codificata, non la conferma e di
conseguenza le resiste, vengono creati nuovi significati attraverso la

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negoziazione tra codifica e decodifica”13. Dunque attraverso l’analisi


viene rafforzata (enpowerment) la consapevolezza critica delle audiences, non
solo sul piano culturale della interpretazione dei significati, ma anche su
quello sociale e politico delle visioni del mondo simbolizzate, nel senso
di un invito “a sfidare le rappresentazioni giustificate dal “buon senso”, a
cominciare a porsi le domande su quali interessi i media servono, su
come sono costruiti e su quali rappresentazioni alternative ad essi sono
state ignorate”14.

1.3. La pragmatica: una finestra sul cortile del testo


Se c’è una rivoluzione di metodo, una rottura epistemologica nelle
scienze umane e sociali, tra la metà degli anni Ottanta e l’inizio di questo
decennio essa va cercata nell’avvento del punto di vista pragmatico, cioè
nel passaggio dall’attenzione alla comunicazione come informazione
all’attenzione alla comunicazione come atto comunicativo in contesto.
Preparata da antefatti teorici eterogenei — la semiotica di Peirce e
Morris, le teorie dei giochi linguistici di Wittgenstein e delle implicature
conversazionali di Grice, le ricerche psicologiche della scuola di Palo
Alto15— la pragmatica nel caso delle scienze del testo porta in gioco
almeno due elementi di grande interesse per la ME: la costruzione dello
spettatore e il piacere della lettura.
Il dato da cui partire è il superamento dell’idea che il testo sia solo
l’oggetto di una comunicazione fra noi e il suo autore e l’assunzione di
un nuovo punto di vista che consente di cogliervi anche precise
istruzioni per il proprio uso: come a dire che un testo non ci dice solo
qualcosa, ma ci suggerisce anche come questo qualcosa vada letto.
Lasciamo spiegare questo punto a Umberto Eco: “Se vi è accaduto di
vedere un film comico in un momento di profonda tristezza, saprete che
difficilmente si riesce a divertirsi; non solo, ma potrebbe accadervi di
rivedere lo stesso film anni dopo, e di non riuscire ancora a sorridere,
perché ogni immagine vi ricorderà la tristezza di quella prima vostra

13S.W.Littlejohn, Theories of Human Communication, Wadsworth Publishing


Company, Belmont 1992, p.254. La traduzione è nostra.
14Masterman, A scuola di media, cit., p.55.
15Per un quadro di tutte queste prospettive: M.Bertuccelli Papi, Che cos’è la

pragmatica, Bompiani, Milano 1993; P.C.Rivoltella, L’analisi pragmatica dei testi


audiovisivi. Appunti di metodo, in: R.Giannatelli, P.C.Rivoltella, a cura di, Le impronte
di Robinson. Mass media, cultura popolare e educazione, LDC, Torino 1995, pp.225 ss.
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L’analisi dell’audiovisivo in situazione formativa

esperienza. Evidentemente come spettatori empirici stareste “leggendo”


il film in un modo sbagliato. Ma sbagliato rispetto a che cosa? Rispetto al
tipo di spettatore a cui il regista aveva pensato, uno spettatore disposto
appunto a sorridere, e a seguire una vicenda che non lo coinvolge
direttamente. Questo tipo di spettatore (o di lettore di un libro) lo
chiamo Lettore Modello – un lettore-tipo che il testo non solo prevede
come collaboratore, ma che anche cerca di creare. Se un testo inizia con
“C’era una volta”, esso lancia un segnale che immediatamente seleziona il
proprio lettore modello, che dovrebbe essere un bambino, o qualcuno
che è disposto ad accettare una storia che vada al di là del senso
comune”16. Mentre il Lettore Empirico, un lettore fisico, in carne e ossa,
può scegliere di fare del testo l’uso che crede, il Lettore Modello, un
lettore virtuale, è il risultato del programma d’uso che nel testo è iscritto.
Se il Lettore Empirico fa esattamente le mosse che il testo gli suggerisce
di fare allora il suo profilo tenderà a coincidere con quello del Lettore
Modello. Una situazione, questa, che trova una emblematica
rappresentazione in quella straordinaria metafora metacinematografica
che è Rear windo (La finestra sul cortile) di Alfred Hitchcock17. Jeff,
fotografo immobilizzato da una ingessatura, assiste dalla sua finestra a
tutto quanto avviene nel cortile del suo condominio e in virtù di questo
voler vedere indiscreto si trova coinvolto in una vicenda criminosa: è la
storia di ciascuno di noi che, proiettato nella vicenda attraverso la
finestra del proprio sguardo, si ritrova accompagnato per mano dal testo
nel percorso che per lui ha predisposto.
Strettamente legato al rapporto tra lo sguardo spettatoriale e gli
ammiccamenti ad esso lanciati dal testo è il piacere della lettura. Ancora
Umberto Eco precisa come questa dimensione sia fondamentale nel
rapporto con il testo e prenda corpo sostanzialmente in due aspirazioni
da parte del lettore: al piacere dell’enunciato e al piacere dell’atto
dell’enunciazione. Il primo piacere è quello più scontato: si tratta del
piacere del cosa, del “piacere per il Mondo Possibile disegnato dalla
storia che il testo racconta”18. Nel caso della Finestra sul cortile questo

16U.Eco, Sei passeggiate nei boschi narrativi, Bompiani, Milano 1995, p.10-11.
17Una bella analisi del film è quella di G.Milazzo, Narratori e narratari: La finestra
sul cortile. Lettura pragmatica, in: S.Arcagni et alii, a cura di, GSE, Santhià 1997,
pp.17-28.
18U.Eco, Il testo, il piacere, il consumo, in: Id., Sugli specchi e altri saggi, Bompiani,

Milano 1985, p.106.


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primo tipo di piacere si esprime nella curiosità per scoprire un assassino,


le ragioni del suo gesto, nella suspence che prende lo spettatore quando
Jeff e Stella entrano nella vicenda e mettono a repentaglio la loro stessa
vita: è il piacere del giallo, del thriller, il gusto che si prova nel vedere
come “andrà a finire”. A questo piacere se ne può accostare un altro di
tipo completamente diverso, cioè il piacere del come, il “piacere per la
strategia del racconto”19. È questo il tipo di piacere in cui consiste la
scoperta dell’architettura del racconto, la ricerca del progetto di lettore
che nel testo viene predisposto: solo in questa seconda prospettiva si può
leggere il film di Hitchcock come una metafora metacinematografica e
apprezzare il clima di complicità che il film istituisce con il suo
spettatore. Sarà compito dell’analisi promuovere questo sguardo di
secondo livello che, come vedremo meglio nel prossimo paragrafo,
costituisce un aspetto importante della coscienza critica e quindi del
ruolo attivo che lo spettatore esercita nei confronti del testo.
Proviamo ora a comporre in sintesi (Tabella 1) quanto rilevato fino a
questo momento.

Discipline Suggerimenti Apporti alla ME Spunti per


teorici l’analisi
Semiotica Non trasparenza dei Carattere costru- Funzione di filtro
media ito dei media Verifica trasversale
estensione del rivalutazione della di strutture e
concetto di testo low culture strategie
Ideologia Funzione ideologica Carattere Verifica delle
dei media negoziato dei logiche politico-
i media come spazio significati culturali in gioco
di lotta per simbolici
l’egemonia
Pragmatica Costruzione dello Ruolo attivo del Verifica delle
spettatore lettore strategie
piacere della lettura comunicative in
gioco
Tabella 1 — Le matrici teoriche dell’analisi testuale nella ME

19Ibidem.

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L’analisi dell’audiovisivo in situazione formativa

2. Livelli e modelli dell’analisi

Le tre grandi istanze che abbiamo appena descritto hanno sicuramente


influenzato e influenzano tutt’ora l’approccio della ME ai testi
audiovisivi. Certo non ogni intervento prevederà la compresenza di tutte
le dimensioni che solitamente, nella loro declinazione, risentono anche
della tradizione culturale dei singoli paesi. Così, ad esempio, il momento
ideologico risulta essere particolarmente forte in contesto latino-
americano per evidenti ragioni storiche ed economiche, mentre in paesi
come la Francia e l’Italia l’analisi tende decisamente a privilegiare gli
aspetti semiotici.
Storicamente queste attenzioni (tranne forse quella pragmatica, troppo
recente per essere metabolizzata dalla pedagogia) sono state perseguite
attraverso l’applicazione di metodologie molto eterogenee tra loro, sia
per profondità e carattere scientifico dell’approccio (livelli), che per
specificità culturale e metodologica (modelli). Occorre prenderne visione
perché la panoramica sia completa prima di passare alla messa a punto di
una proposta operativa.

2.1. Livelli di analisi


Oliveira Soares20 parla di tre livelli nell’analisi del testo che facilmente è
possibile riscontrare anche nei nostri contesti formativi. Non si tratta di
piani progressivi, che procedano dal più superficiale al più profondo,
quanto piuttosto di possibili “stili” da conferire all’intervento analitico.
L’ottica a partire dalla quale li si presenta non è dunque modellizzante,
ma semplicemente fenomenologica, inventariale (cfr. Tabella 2).
Un primo livello si può definire come asistematico. Esso consiste in
interventi non metodologicamente fondati che sono volti esclusivamente
alla discussione spontanea di pellicole o programmi televisivi. Non si
tratta in questo caso di analisi vera e propria, ma solo di attività di lettura
dell’immagine di solito finalizzate al raggiungimento di obiettivi didattici
ed educativi esterni all’interesse per i media. Rientrano in questo livello di
analisi l’uso che abitualmente viene fatto di video didattici in contesto
formativo e il ricorso alla visione di un film, documentario o altro

20I.de Oliveira Soares, Manifiesto de la Educaciòn para la Comunicaciòn en los Paises en


Via de Desarrollo, Comunicazione al IV Congresso Internazionale di Pedagogia
dell’immagine, La Coruña 1995, mimeo.
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sussidio audiovisivo. Quest’ultimo caso è abbastanza frequente, anche in


contesto extrascolastico, perché l’audiovisivo ben si presta a fornire
spunti per il dibattito su temi di attualità o per introdurre items didattici
favorendo il brain storming dei partecipanti. Si tratta qui di quella che,
parafrasando Umberto Eco, è possibile definire lettura pretestuale ingenua.
Sono casi di lettura pretestuale di un testo, ad esempio, la
decostruzione in Derrida o il pragmatismo interpretativo di Richard
Rorty, cioè atteggiamenti ermeneutici che intendono la lettura come un
“uso spregiudicato, per mostrare quanto il linguaggio possa produrre
semiosi illimitata o deriva. In tal caso la lettura pretestuale ha funzioni
filosofiche...”21. Ora, nel caso del livello di analisi di cui stiamo parlando
vanno escluse ragioni teoretiche così impegnative. Con esse la lettura
pretestuale in questione ha in comune il fatto di rapportarsi al testo nei
termini di un uso libero da preoccupazioni di rispetto della coerenza
testuale, ma tale libertà d’uso è assolutamente ingenua e va imputata,
piuttosto che a intenti programmatici, alla volontà di trovare nel testo
delle conferme per ciò di cui si sta discutendo.
Diverso il tipo di lavoro previsto al livello sistematico. Si tratta qui di una
lettura non occasionale, ma motivata e sostenuta da un adeguato
impianto metodologico con cui si tende solitamente a esplicitare la
geografia tematica del testo. Tradizionalmente questo tipo di analisi ha
riguardato il cinema allargando in tempo più recente il suo spazio anche
ai programmi televisivi. In essa è facile riconoscere all’opera quelle che
Eco chiama interpretazione semantica e critica: “L’interpretazione semantica
o semiosica è il risultato del processo per cui il destinatario, di fronte alla
manifestazione lineare del testo, la riempie di significato.
L’interpretazione critica o semiotica è invece quella per cui si cerca di
spiegare per quali ragioni strutturali il testo possa produrre quelle (o altre
alternative) interpretazioni semantiche”22.
Il passo in avanti rispetto al precedente livello di analisi è rilevante.
Anzitutto, su questo piano di analisi, il lavoro di reperimento del senso
prodotto dal testo non passa solo attraverso analogie d’esperienza,
intuizioni sporadiche, capacità di coglierne le suggestioni, ma viene
sostenuto da un apparato scientifico vero e proprio. Inoltre, e proprio
per questo, in gioco non c’è quel che vogliamo far dire al testo, ma ciò

21U.Eco, I limiti dell’interpretazione, Bompiani, Milano 1990, p.38.


22Ibi., p.29.
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L’analisi dell’audiovisivo in situazione formativa

che esso dice in rapporto alla propria coerenza testuale e ai sistemi di


significazione cui rinvia.
Va infine registrato un ultimo piano dell’analisi, il livello processuale. Dalla
prospettiva individuale, anche se guidata, si passa qui a una prospettiva di
gruppo, dove il gruppo viene pensato come uno spazio in cui si
organizzano interessi comuni e la lettura viene contestualizzata. Tipico
ancora una volta della realtà latino-americana, in cui forte è la tradizione
dei gruppi di base23, questo tipo di intervento prevede la presenza di un
animatore il cui ruolo è di facilitare il lavoro del gruppo: per programma
lontana da funzioni direttive, la sua competenza più che specifica sui
media e la televisione dev’essere relazionale e prevedere una buona dose
di creatività, la conoscenza del contesto socio-culturale in cui opera,
grande flessibilità. Il tipo di interpretazione che ne risulta può essere
definita un’interpretazione sociale, essendo il risultato di una cooperazione
critica e attiva tra più individui che giungono a condividere un
determinato punto di vista come risultato di una costruzione comune del
senso24.
Ciascuno di questi livelli di analisi dimostra la propria “spendibilità” in
relazione ai differenti contesti formativi entro i quali l’analisi viene
utilizzata. L’approccio asistematico può funzionare particolarmente nei
contesti educativi informali (gruppo giovanile, luoghi di aggregazione)
come nell’educazione degli adulti (scuola-genitori, formazione aziendale).
In maniera diversa, invece, il livello sistematico dell’analisi si presta a
essere perseguito nell’ambito dell’educazione in sede istituzionale
(educazione ai media in scuola) e nella formazione di esperti, animatori,
formatori (nelle università, nei corsi di aggiornamento, nei master e nei
corsi di perfezionamento). L’interpretazione sociale può essere invece
applicata in tutti quei contesti formativi in cui la realtà del gruppo, come

23In un contesto come quello latino-anericano, fortemente culturalizzato da


modelli di importazione, soprattutto statunitensi, la strada per la democrazia da
tempo si è declinata nel senso di un movimento della base il cui obiettivo è di
sviluppare forme di resistenza culturale e di contro-cultura. Nel caso dei media
questo ha significato un grande sviluppo delle radio e delle televisioni popolari,
alternative ai grandi networks nazionali, e di media “poveri” come il diaproiettore,
la lavagna luminosa, ecc. (medios grupales) che tuttavia consentano di raccogliere il
gruppo, la microcomunità, per renderla soggetto di un intervento formativo non
omologante ma liberante.
24Cfr. V.Fuenzalida, a cura di, Educaciòn para la Comunicaciòn Televisiva,

CENECA/UNESCO, Santiago 1986.


15
Pier Cesare Rivoltella

dato di partenza o come risultato da conseguire, è particolarmente


importante (comunità socio-educative, carceri, determinati contesti-
classe).

Livello Metodo Ambito educativo Lettura


Asistematico Discussione spontanea Informale Pretestuale
Sistematico Lettura scientifica Istituzionale, Semantica,
formazione critica
Processuale Lettura negoziata Speciale Sociale

Tabella 2 — I livelli dell’analisi in contesto formativo

2.2. Modelli di analisi


La seconda variabile mediante la quale si può mettere ordine dentro
l’esistente è quella dei modelli. Qui i differenti approcci vengono distinti
non più in riferimento al piano del loro intervento (scientifico o non
scientifico, individuale o collettivo, autonomo o guidato), ma sulla base
di una precisa ipotesi teorica, con i suoi presupposti, i suoi obiettivi, le
metodologie idonee a conseguirli25(cfr. Tabella 3).

2.2.1. L’approccio alfabetico


Questo primo modello di analisi risponde a una delle formulazioni più
tipiche della ME: quella che la intende come un intervento di
alfabetizzazione dei soggetti al linguaggio dei media.
Il presupposto teorico che gli fa da sfondo è decisamente culturale: in
quest’ottica, moralistica ed elitaria, i media svolgono un’opera di
acculturazione (sebbene la maggior parte dei loro prodotti sia di taglio
popolare e di basso rilievo estetico) e il compito del ricettore consiste nel
risalire al pensiero che l’autore ha inteso trasmettergli.
Obiettivi dell’analisi saranno pertanto: l’individuazione dei contenuti
che il testo trasmette; la valutazione della sua dimensione estetica; il

25Per la struttura di questa parte e molte delle informazioni relative ai diversi


modelli si è fatto riferimento a: J.Martinez, Desarrollo de una metodologia y de un
instrumento multidimensional para evaluar la eficacia de los principales enfoques de educacion
para los medios, Tesi di Dottorato, Università Gregoriana, Roma 1996.
16
L’analisi dell’audiovisivo in situazione formativa

coglimento dei valori che esso propone. Senso critico, gusto estetico e
sensibilità morale sono pertanto i risultati che pedagogicamente
l’applicazione di questo modello si propone di conseguire nei suoi
destinatari.
Metodologicamente, questo tipo di analisi prevederà almeno tre tipi di
rilievi:
a) analisi tematica — nel tentativo di cogliere il “messaggio” insito nel
testo si tratterà di riflettere sulla vicenda dell’autore, la sua poetica, i suoi
temi ricorrenti, le ragioni per cui ha prodotto il testo in esame. Oltre a
questo sarà fondamentale riconoscere gli elementi del linguaggio
audiovisivo (colore, luce, piani, montaggio), così come la funzione nel
testo di stereotipi, metafore e altre figure retoriche;
b) analisi estetica — il problema è in questo caso quello di distinguere
testi dotati di valore estetico e testi che ne sono privi. Gli elementi del
linguaggio audiovisivo sono fondamentali anche qui, ma diversamente
che in precedenza questa volta è lo stile a interessare l’analista, cioè il tipo
di uso che di quegli elementi viene fatto da chi detiene la comunicazione;
c) analisi valoriale — la valutazione degli elementi linguistici in gioco, la
loro capacità di sostenere il discorso tematico del testo, la dimensione
estetica del testo stesso, introducono infine al rilievo delle sue
componenti di valore, attingendo alla dimensione morale che è
sicuramente una delle attenzioni preferenziali di questo tipo di approccio.
Il risultato dovrebbe essere un soggetto capace di riflessione, cioè di
valutare testi in senso tecnico, estetico e morale.

2.2.2. L’approccio critico


Anche questo modello è molto frequentato in ME, anzi, si può
probabilmente affermare che esso costituisce il tipo di approccio più
diffuso ancor oggi, almeno in contesto scolastico.
Dal punto di vista teorico i suoi presupposti vanno cercati nelle teorie
sociologiche degli effetti forti (Laswell), nella teoria dell’apprendimento
di Bandura, in prospettive come quella di George Gerbner o di Elisabeth
Thoman molto preoccupate soprattutto degli effetti della violenza e del
sesso sulla audience.
Proprio perché i media contengono violenza, stereotipie sessuali e
razziali, contenuti ideologici, che facilmente si impongono sul pubblico
producendo, soprattutto sui minori, effetti di tipo persuasorio o
emulativo, gli obiettivi di una analisi critica saranno: lo sviluppo della

17
Pier Cesare Rivoltella

consapevolezza critica, l’attitudine a relativizzare l’impatto delle scene di


sesso e di violenza, la costruzione del cittadino. Pedagogicamente,
dunque, questo modello pensa l’analisi in termini terapeutici, come uno
strumento per contro-condizionare il soggetto, diseducato dall’intervento
antisociale dei media, riconvertendolo a un comportamento sociale.
Sul piano metodologico lo strumento da sempre utilizzato dentro
questa tradizione di ricerca è l’analisi del contenuto, che attraverso la
registrazione sistematica della ricorrenza dei termini, del loro significato,
della aggettivazione che a essi viene riferita, consente di ricostruire le
intenzioni dell’emittente e i suoi obiettivi strategici. A essa viene
affiancata l’analisi semiotica intesa come mezzo per risalire ai significati
implicitamente sessuali o razzisti dei messaggi mediali (emblematico il
ricorso a questa strumentazione per l’analisi della pubblicità finalizzata al
rilievo di stereotipi o simbolizzazioni erotiche).
Il risultato dovrebbe essere un soggetto cosciente, capace di
relazionarsi con i prodotti dei media senza rimanere vittima dei loro
inganni, un soggetto “vaccinato” contro gli eccessi della pornografia e
della violenza e proprio per questo non manipolabile. Tutto questo si
risolve nella dimensione della cittadinanza la cui formazione è uno degli
obiettivi storici della ME.

2.2.3. L’approccio ideologico


Identificabile con il punto di vista di Len Masterman e frequentato nei
paesi anglosassoni e in America Latina, dove ha dato origine al
movimento della “lectura critica”, questo approccio risente più degli altri
degli aspetti politici e ideologici. I suoi presupposti teorici, del resto, lo
confermano, integrando, nella proposta elaborata negli anni Settanta dal
British Film Institute, il marxismo (Althusser), la psicanalisi (Lacan) e la
semiotica strutturalista (Barthes, il primo Eco).
A partire da questo retroterra, fortemente connotato in senso
“dietrologista” (sia il marxismo che la psicanalisi si sono sempre proposti
come strumenti di sospetto e demitizzazione dei fenomeni socio-
culturali), gli obiettivi dell’analisi ideologica possono essere: la
ricostruzione dell’implicito della comunicazione, la costruzione di
atteggiamenti di consumo opposti a quelli dominanti autorizzati dal testo,
l’individuazione dell’iscrizione economica, politica e ideologica propria di
ogni comunicazione. Il risultato pedagogico che si intende raggiungere è
l’autonomia critica del soggetto che passa per l’acquisizione di una

18
L’analisi dell’audiovisivo in situazione formativa

identità di classe e per la maturazione della capacità storica di porre in


relazione passato, presente, futuro.
Il metodo cui si ricorre, soprattutto nella tradizione latino-americana, è
il metodo dialettico-induttivo-popolare: dialettico perché prevede l’interazione
del ricettore con il testo in analisi; induttivo perché l’apprendimento si
basa sul confronto stesso con il testo; popolare perché tiene presenti i
contesti socio-culturali cui i ricettori appartengono e opta
preferenzialmente per i ceti popolari. Con questa triplice attenzione si
affronta l’analisi che procede in tre passaggi:
a) analisi denotativa — con strumentazione semiotica di tipo
strutturalista si tratta di evidenziare la grammatica e la sintassi
dell’immagine per far emergere il dictum del testo;
b) analisi connotativa — riflettendo sui dati fatti emergere nella fase
precedente si interviene piuttosto sul modus dell’enunciazione, per
verificare se dietro immagini apparentemente innocenti non si possa
invece leggere una diversa intenzionalità di significazione (celebre al
proposito l’analisi di Paperino condotta da Dorfman e Mattelart, nella
quale il noto personaggio disneyano veniva interpretato come emblema
del capitalismo);
c) analisi ideologica — è il termine naturale in cui questo tipo di
approccio confluisce e consiste nel rilevare l’ideologia implicita nel testo
attraverso il riconoscimento di marche espressive ideologiche e la
decostruzione delle rappresentazioni pregiudiziali della realtà. Il
momento finale del processo consisterà nel confronto dei risultati
dell’analisi con i modelli economici e politici dominanti per verificarne la
coerenza.
Il risultato che si auspica di raggiungere è la costruzione di un soggetto
critico, dotato di un considerevole capitale culturale (Bourdieu) e quindi
capace di confrontarsi dialetticamente con i prodotti culturali.

3. Un’ipotesi operativa

Muovendo dal quadro di riferimento tracciato, vorremmo provare ora


ad avanzare una proposta operativa. Essa terrà presenti spunti e
prospettive che come abbiamo visto sono patrimonio consolidato della
ME facendo lo sforzo di comporli in un unico quadro teorico che abbia
il pregio di enfatizzarne i pregi e marginalizzarne i limiti.

19
Pier Cesare Rivoltella

Approccio Ipotesi teorica Obiettivo Metodo Risultato


Alfabetico Critica letteraria Contenuti, Analisi tematica, Soggetto
valori estetici, estetica, alfabetizzato
valori etici valoriale
Critico Effetti forti Costruzione Analisi di Soggetto
del cittadino, contenuto, cosciente
senso critico analisi semiotica
Ideologico Marxismo, Autonomia Analisi Soggetto
psicanalisi critica del denotativa, critico
soggetto connotativa,
ideologica

Tabella 3 — Modelli di analisi del testo in contesto formativo

Il profilo che ne scaturirà distinguerà obiettivi, metodi e ambiti. Nel


descriverli l’intenzione è di fornire una piattaforma di lavoro per il
formatore che si voglia accostare all’analisi e non una griglia rigida cui
attenersi. Starà ai singoli, sulla base delle proprie esigenze ed enciclopedia
culturale, di optare per l’uno o per l’altro obiettivo, di scegliere una
metodologia invece che un’altra, di metterne a punto di nuove che
risultino più efficaci per il loro intervento.

3.1. Obiettivi
In un’ottica modellizzante proveremo a indicare per l’analisi in
contesto formativo degli obiettivi che tengano presenti insieme tutte e tre
le dimensioni — semiotica, ideologica, pragmatica — da cui l’analisi
stessa scaturisce. Per ogni obiettivo saranno indicati la prospettiva teorica
entro cui va contestualizzato, i momenti e i tipi di sapere che esso
richiede vengano messi in gioco.

3.1.1. Schermi, non finestre: smontare la rappresentazione


Un primo obiettivo, classico, dell’analisi è il découpage, la scomposizione
del testo nelle sue parti elementari. Essa consiste da una parte nel
visionamento, cioè in quel processo di scansione frame by frame che

20
L’analisi dell’audiovisivo in situazione formativa

culmina nel lavoro di trascrizione grafica26, dall’altra nel rilievo delle


strutture narrative e del funzionamento dei codici cui viene fatto ricorso.
Lavoro di tipo sostanzialmente semiotico, il raggiungimento di questo
obiettivo richiede e attiva necessariamente delle competenze (sapere)
linguistiche, narratologiche e di teoria dei codici e prescrive abilità (saper
fare) specifiche: il riconoscimento degli elementi di linguaggio, la
distinzione dei diversi codici, la capacità di rilevare le modalità del loro
funzionamento, ecc. Come suggerisce Michel Marie27 questo significa
assumere un atteggiamento (saper essere) completamente diverso da quello
che abitualmente si assume nel consumo. Si tratta della capacità di vedere
il testo in maniera diversa, di sottoporlo a uno sguardo disincantato che
ne metta a nudo l’anatomia.
Proprio in questo sta la valenza formativa di questo tipo di intervento.
Esso promuove: l’attitudine a riconoscere gli elementi di linguaggio nel
loro funzionamento in contesto (piano cognitivo), come quando si
individua la funzione di una dissolvenza incrociata o si identifica un certo
tipo di angolazione dell’immagine; la capacità di rapportarsi a un oggetto
di studio in termini analitici (piano operazionale), come quando si disarticola
il testo in scene e sequenze; il discernimento tra i diversi elementi e i
diversi usi dello stesso elemento (piano valutativo), ad esempio la
distinzione tra un quadro angolato e un quadro inclinato o il diverso uso
dello stesso tipo di illuminazione in scene o testi diversi.
Il risultato è quello di smontare la rappresentazione restituendola nel
suo carattere di montaggio culturale, di costrutto simbolico.

3.1.2. Filtri, non spugne: ricomporre l’interpretazione


Il secondo obiettivo dell’analisi è la ricomposizione in funzione
interpretativa delle parti elementari precedentemente individuate nel
testo attraverso il lavoro di scomposizione. Si tratta in questo caso di
procedere oltre la superficie significante del testo per guadagnarne i
diversi piani del significato, sia nel senso della sua organizzazione
tematica (dal momento che ogni testo audiovisivo si può intendere come
il luogo in cui si sedimentano ossessioni più o meno ricorrenti), che del

26Cfr. in questo stesso volume il contributo di Aroldi, Mosconi, Rivoltella.


27M.Marie, Descrizione/analisi. Riflessione sulla nozione di descrizione di un testo filmico in
vista della sua analisi, in: P.Madron, a cura di, L’analisi del film, Pratiche, Parma
1984.
21
Pier Cesare Rivoltella

suo funzionamento in senso proprio simbolico, cioè la sua apertura a


idee e valori storicamente determinati o addirittura archetipici. È chiaro
che qui la strumentazione semiotica deve essere integrata entro un
orizzonte ermeneutico più largo che coinvolge l’enciclopedia di
riferimento di chi esegue l’analisi. Di essa dovranno far parte
competenze (sapere) storico-culturali, psico-sociologiche, filosofiche e,
come per il precedente obiettivo, sarà necessario attivare abilità
specifiche (saper fare), tra cui la capacità di identificare i temi portanti del
testo e di riconoscere gli sfondi mentali e i contesti socio-culturali e
ideologici cui esso rinvia.
Spiegano bene questo tipo di intervento le parole di Pierre Sorlin che,
nella parte introduttiva della sua Sociologia del cinema, si sofferma sui
concetti di ideologia e mentalità per fondare la sua categoria del visibile:
“Lo schermo mostra il mondo, evidentemente non come esso è, ma
come lo si suddivide, come lo si comprende in un’epoca determinata: la
macchina da presa cerca quel che appare importante a tutti, trascura quel
che viene considerato secondario; giocando sulle angolazioni, sulla
profondità, essa ricostruisce le gerarchie e fa cogliere in che punto corre
immediatamente lo sguardo”28. In questa capacità di intuire quale sia il
lavoro della macchina sta l’atteggiamento critico (saper essere) che la
ricomposizione del testo dovrebbe contribuire a costruire e in cui sta
anche la valenza formativa di questo tipo di intervento. Esso promuove:
l’attitudine a riconoscere i riferimenti culturali, politici, ideologici
implicati nel testo (piano cognitivo), come quando dalla scelta di non
mostrare qualcosa si deduce l’iscrizione ideologica di un film29; la
capacità di ricomporre gli elementi individuati nel lavoro analitico in un
disegno composito (piano operazionale), come quando dal funzionamento
dei codici si inferiscono determinati modi di organizzazione del

28P.Sorlin, Sociologie du Cinéma, Aubier Montaigne, Paris 1977; tr.it. Sociologia del
cinema, Garzanti, Milano 1979, p.30-31.
29Penso, ad esempio, alla categoria del non visibile proposta da Marc Ferro che

analizzando opere cinematografiche di regime nella Russia sovietica dopo la


Rivoluzione di Ottobre prova a farle funzionare come strumenti per una contro-
analisi della società, cioè come opere che dietro un contenuto apparente ne
lasciano intuire uno latente che attinge alla loro struttura ideologica profonda:
“La macchina da presa ne rivela il funzionamento reale, dice più di quanto
ciascuno vorrebbe mostrare. Svela il segreto, mostra il rovescio di una società, i
suoi lapsus. Ne colpisce le strutture” (M.Ferro, Il film: contro-analisi della società?,
in: F.Braudel, a cura di, Problemi di metodo storico, Laterza, Bari 1973, p.610).
22
L’analisi dell’audiovisivo in situazione formativa

significato; infine l’atteggiamento critico (piano valutativo) che si esplica


nella maturazione della tipica distanza dal ruolo che solo consente al
lavoro di analisi di manifestare il funzionamento ideologico del testo
“framizzandolo”.
Il risultato è quello di riassemblare gli elementi costitutivi della
rappresentazione evidenziandone l’appartenenza a un determinato
contesto storico-culturale, gli obiettivi di tipo ideologico, le
caratteristiche tematiche.

3.1.3. Partners, non vittime: evidenziare le strategie


L’ultimo obiettivo dell’analisi in ME è la verifica del funzionamento
pragmatico del testo, della sua capacità di offrirsi al lettore come terreno
di scambio e di contrattazone simbolica. Essa consiste da una parte nel
rilievo del percorso che il testo suggerisce allo spettatore di compiere
(punto di vista generativo), cioè nella identificazione dello Spettatore
Modello, dall’altra nello studio in contesto degli usi che del testo fa il
ricettore (punto di vista interpretativo). Riflessione di tipo squisitamente
pragmatico, quella richiesta per il raggiungimento di questo obiettivo
richiede e attiva competenze (sapere) ancora una volta linguistiche —
anche se in questo caso l’attenzione è più al funzionamento che agli
elementi strutturali — cui si aggiungono quelle retoriche e comunicative
in genere. Tra le abilità (saper fare) specifiche che vanno previste si
possono indicare: il riconoscimento dei meccanismi pragmatici attivati
dal testo (punto di vista, focalizzazione, rilievo) e l’individuazione del
mandato che esso rivolge allo spettatore30. Questo apre lo spazio per
l’interazione dello spettatore con il testo: “Un audiovisivo non contiene,
quindi, soltanto un universo semantico che intende trasferire allo
spettatore, ma anche un progetto di rapporto comunicativo, un
programma di svolgimento dell’interazione con il pubblico: d’altra parte,
lo spettatore non si limita a ricevere il sapere comunicatogli dal testo, ma
si atteggia a sua volta con un programma di comportamento fruitivo, con
un progetto di interazione con le articolazioni semiotiche che il discorso
testuale gli propone”31. In questo disporsi dello spettatore a interagire

30Per un’indagine più approfondita delle operazioni da compiere in vista di una

ricognizione pragmatica del testo si può vedere: F.Casetti, F.di Chio, a cura di,
L’analisi del film, Bompiani, Milano 1990.
31G.Bettetini, L’audiovisivo dal cinema ai nuovi media, Bompiani, Milano 1996, p.49.

23
Pier Cesare Rivoltella

con il testo sta l’atteggiamento (saper essere) che il momento pragmatico


dell’analisi richiede.
Rileviamo, infine, ancora una volta, la valenza formativa di questo tipo
di intervento. Esso promuove: l’attitudine a riconoscere nel testo le
articolazioni semiotiche — tipi di inquadratura, punti di vista,
focalizzazione — che predispongono per il lettore un determinato
tragitto (piano cognitivo); la capacità di negoziare significati attraverso
l’interazione (piano operazionale), che significa prevedere di giocare con il
testo, spesso accettando le regole che da esso vengono dettate; la
consapevolezza di secondo livello che consente di trarre dall’interazione
con il testo il piacere che nasce dallo sguardo compiaciuto che è possibile
gettare sulla articolazione interna che serve a realizzare il suo progetto
comunicativo (piano valutativo).
Il risultato è quello di ricomprendere la rappresentazione restituendola
nel suo carattere di arena simbolica, di spazio di contrattazione
comunicativa.
La Tabella 4 compone in sintesi gli elementi fatti emergere in questo
paragrafo.

3.2. Il metodo
Geneviéve Jacquinot, che dirige il GRAME (Groupe de Recherche sur
les Apprenitissages, les Médias et l’Education) all’università di Paris 8, ha
recentemente indicato32 come strada da percorrere per il futuro un
approccio pluridimensionale alla ricerca in Media Education. Tale
approccio dovrà farsi carico secondo la studiosa francese di tre
dimensioni: quella testuale, quella istituzionale e quella del consumo.
Nelle brevi indicazioni di metodo a seguire ho provato a raccogliere
questo spunto facendolo interagire con gli obiettivi appena esposti: il
risultato è un’ipotesi di lavoro che non si chiude dentro il campo
metodologico del testo, ma entra in relazione proficuamente sia con il
contesto istituzionale che con quello ricettivo, entrambi costitutivi del
processo di comunicazione entro cui esso si trova.

32G.Jacquinot, Rapport conclusif au Forum International des chercheurs “Les jeunes et les
médias, demain”, Paris, 21-25 aprile 1997, mimeo.

24
L’analisi dell’audiovisivo in situazione formativa

Tipo di sapere Valenza formativa


Obiettivo Competenze Abilità Atteggiamenti Cognitiva Operazionale Valutativa
Découpage Linguistiche, Riconoscere e Sguardo disincan- Riconoscere Saper analizzare Distinguere gli
narratologiche, distinguere tato gli elementi di un oggetto di elementi di
teoria dei codici elementi di linguaggio in studio linguaggio e il
linguaggio, contesto loro uso (stili)
rilevare il
funzionamento
dei codici
Interpretazione Storico-culturali, Identificare i Atteggiamento cri- Riconoscere i Saper ricomporre Atteggiamento
socio-psicologi- temi tico significati gli elementi di un critico,
che, filosofiche Riconoscere gli culturali, oggetto di studio distanza dal
sfondi mentali, politici, ecc. ruolo
culturali, ecc.
Funzionamento Linguistiche, Riconoscere Complicità con il Riconoscere le Negoziare Piacere della
pragmatico retoriche, meccanismi testo articolazioni significati, lettura
comunicative pragmatici, semiotiche del giocare con il
identificare il testo testo
mandato

Tabella 4 — Gli obiettivi dell’analisi testuale in contesto formativo


25
Pier Cesare Rivoltella

3.2.1. La dimensione testuale


Esistono ormai alcuni punti fermi che la ricerca semiologica ha fissato
e da cui occorre quindi partire.
Anzitutto il superamento del punto di vista strutturale ha comportato
la revisione dell’idea secondo cui il testo sarebbe qualcosa di fisso, di
dato una volta per tutte, e l’analisi testuale lo strumento per individuare
le sue occorrenze. A questa prospettiva, ben restituita dall’ipotesi
metziana di una grande sintagmatica, si sostituisce un nuovo scenario in
cui il testo viene ripensato come lo spazio di una negoziazione con il
lettore — questa trasformazione è ben evidenziata nel modello della
conversazione testuale di Bettetini33.
In secondo luogo si trasforma anche l’idea della lettura del messaggio
audiovisivo, che da semplice processo di decodifica (come autorizza a
intenderla, ad esempio, il modello di Shannon e Weaver) viene ricalibrata
nei termini di una produzione di senso cui il lettore concorre a partire dal
messaggio e in riferimento al contesto che entrambi li determina. All’idea
della reversibilità della codifica si sostituisce così quella nuova di un
lettore attivo protagonista della semiosi — come il modello della
cooperazione testuale di U.Eco34 pionieristicamente anticipava.
Con questa duplice attenzione è possibile strutturare l’intervento di
analisi. Dato che la specificità del messaggio audiovisivo è nel suo
carattere composito, la comprensione del testo che nell’analisi si realizza
non potrà che essere un atto complesso. Ne indichiamo di seguito le
tappe essenziali organizzandole nei due percorsi — diairetico e
sinagogico — che già Platone nel Fedro indicava come momenti
essenziali della dialettica e che poi a partire da Cartesio (regole seconda e
terza del metodo) sono diventati patrimonio condiviso del lavoro
scientifico: la scomposizione dell’oggetto di analisi in parti elementari e la
loro ricomposizione in un quadro sintetico.

La scomposizione riguarda il testo nelle sue componenti sia linguistico-


strutturali (microprocesso) che narrativo-comunicative (macroprocesso).

33G.Bettetini, La conversazione audiovisiva, Bompiani, Milano 1984.


34U.Eco, Lector in fabula, cit..
26
L’analisi dell’audiovisivo in situazione formativa

L’analisi strutturale è finalizzata alla segmentazione del testo e viene


sostenuta metodologicamente dalla strumentazione della trascrizione
grafica35.
A questo livello occorrerà anzitutto individuare, all’interno del
continuum diegetico di cui il testo audiovisivo è costituito, un numero
opportuno di macro-unità narrative (nuclei, sequenze, episodi),
individuabili o mediante espliciti indicatori contenuti nella superficie
stessa del testo (cartelli, sovraimpressioni, dissolvenze con funzione di
marcatori di unità narrative) o facendo riferimento alla logica dell’azione,
all’unità di luogo e di tempo. Queste grandi unità narrative andranno
identificate (con una breve titolatura e l’indicazione dello spazio di
inquadrature entro cui sono contenute) e descritte quanto al loro
contenuto diegetico. Il risultato così ottenuto ― lo si può definire per
comodità albero del racconto 36 ― costituirΰ una partitura generale del testo
che funzionerà da utile sfondo per le tappe successive dell’analisi (Figura
1).

Parte quinta (da 100’ a 125’)

1 inq. 2-7 Hidetora e il Buffone tra le rovine del


castello di Sue e Sunomaru. Pazzia di Hidetora
2 inq. 8-24 Kurogane ritorna dalla missione comandata
dalla principessa. La metafora delle volpi

3 inq. 25-26 La principessa Sue e suo fratello


Sunomaru tra le rovine del loro castello.

Figura 1  Esempio di albero del racconto  Nel caso del film in


oggetto, Ran (1985), di Akira Kurosawa, l’albero del racconto è stato costruito
segmentando la vicenda in cinque parti. La scelta è stata dettata dal fatto che il
film proietta nel Giappone medievale dello shogunato la tragedia shakespeariana
King Lear, in cinque atti, appunto, secondo la struttura classica del genere.

35Per lo studio dei problemi e delle operazioni della trascrizione grafica si può
vedere, come già indicato, il contributo di Aroldi, Mosconi, Rivoltella in questo
stesso volume.
36 Cfr. il saggio di Manuele Cecconello.

27
Pier Cesare Rivoltella

Dentro questa partitura l’analista potrà individuare una o più unità da


sottoporre a trascrizione grafica. La scelta andrà operata sulla base della
significatività, del carattere, per così dire, esemplare che quella sequenza
assume nell’economia generale del testo. Saranno queste sequenze,
opportunamente trascritte, a costituire il materiale di riferimento per
l’analisi nella tappa successiva del lavoro.

L’analisi linguistica ha per obiettivo il rilievo del funzionamento dei codici


operanti all’interno del testo. Dispositivo fondamentale ai fini della
produzione di senso perché funzionale a introdurre relazioni tra l’ordine
dei significanti e quello dei significati, il codice si presta a svariate
possibilità di articolazione tipologica. Facendo sintesi tra di esse pare di
poterne individuare due grandi categorie nei codici della sfera visiva e nei
codici della sfera auditiva.
È possibile sottoarticolare i codici della sfera visiva in: codici iconici, che
riguardano l’organizzazione tecnica del visibile (luce, colore, campi e
piani, angolazione, inclinazione, profondità di campo) e la composizione
del quadro (cioè i rapporti tra i diversi elementi della rappresentazione
all’interno di ogni singola immagine); codici cinesici, che comprendono sia
la dinamica della realtà rappresentata (i movimenti dei personaggi, la loro
mimica e gestualità) che della rappresentazione (cioè i diversi movimenti
di macchina: la panoramica, il carrello, lo zoom e altri movimenti di
macchina complessi come il dolly o lo steady-cam); codici dello spazio, che
comprendono sia le determinazioni ambientali della rappresentazione (la
scenografia, l’organizzazione del set, gli effetti speciali) che la prossemica
dei personaggi (cioè i loro reciproci rapporti fisico-spaziali); codici grafici,
ovvero tutti quegli elementi che nel quadro traducono un’esplicita
informazione scritta per lo spettatore (titoli, didascalie, sovraimpressioni,
cartelli); codici sintattici, che fanno riferimento al montaggio, cioè alle
regole di associazione delle singole immagini (tipo di stacco, piani-
sequenza, condensazioni temporali, rapporti di analogia, contiguità, ecc.),
delle singole unità narrative (montaggio alternato, in parallelo),
dell’immagine con il sonoro (funzione della voce off, sincronia e
asincronia, ecc.).
I codici della sfera auditiva a loro volta possono essere distinti in: voci, che
possono essere articolate (come nel caso dei dialoghi) o inarticolate
(gemiti, lamenti, grida. bisbiglii, ecc.), e di cui è utile registrare i tratti
sovrasegmentali (tono, timbro, altezza, altre possibilità modulatorie) e il
tipo di formulazione (in, off, over); rumori, da verificare nella loro tipologia
28
L’analisi dell’audiovisivo in situazione formativa

(naturali, non naturali) ed esposizione sonora (rilevando la loro


esposizione normale o le eventuali sotto e sovraesposizione); suoni, per i
quali valgono gli stessi rilievi già effettuati per i rumori, cioè tipologia
(tappeto sonoro o brano musicale, sua eventuale riconoscibilità) ed
esposizione.
Elemento fondamentale per attingere alla riserva semantica del testo,
l’apparato dei codici è anche strumento essenziale per i rilievi di carattere
estetico, dipendendo dalla loro concreta declinazione la riconoscibilità
dello stile.

Con l’analisi della struttura narrativa si passa dal micro al macro-processo.


Se si definisce la narrazione come il succedere di qualcosa a qualcuno è
facile individuarne gli elementi strutturali nelle tre categorie del
personaggio, degli eventi e delle trasformazioni37. Queste tre categorie
possono essere studiate ad altrettanti differenti livelli di astrazione.
A un primo livello (fenomenologico) si tratterà di verificare come delle
persone, cioè individui psicologicamente e socialmente connotati, possano
mettere in atto dei comportamenti (un determinato tipo di azione, dotata di
una sua rilevanza nell’universo sociale del racconto) per produrre un
cambiamento, cioè una trasformazione significativa, in negativo o in
positivo, della loro situazione di partenza.
Al livello successivo (formale), il personaggio viene ricompreso a partire
dal suo ruolo all’interno della vicenda (protagonista/antagonista,
agente/paziente); in ragione di questo ruolo esso svolge nel racconto una
funzione attraverso la quale mette capo a un processo che consiste nel
produrre un miglioramento o un peggioramento della propria condizione
iniziale (Bremond).
L’ultimo livello di analisi, quello astratto, consente di formalizzare i
rilievi portati fino a questo punto. Il personaggio viene qui ripensato
greimasianamente nei termini di un attante, cioè di una struttura narrativa
del racconto che, perse le sue caratteristiche psico-fisiche, viene
riconosciuto soltanto in virtù della funzione che esso svolge
(soggetto/oggetto, adiuvante/opponente, destinante/destinatario). Il suo

37Le indicazioni che forniamo di seguito circa l’analisi della narrazione si rifanno
a: F.Casetti, F.di Chio, a cura di, L’analisi del film, cit.. Una mediazione didattica
di questo modello si trova nel contributo di chi scrive: L’analisi della narrazione:
aspetti teorici e di metodo, in R.Giannatelli, P.C.Rivoltella, a cura di, Teleduchiamo.
Linee per un uso didattico della televisione, LDC, Torino 1994, pp. 227-248.
29
Pier Cesare Rivoltella

agire configura degli atti che altro non sono se non rapporti possibili tra
attanti (giunzione/disgiunzione38). Il risultato che tali atti conseguono è
una variazione strutturale, cioè la formalizzazione del passaggio da uno
stato a un altro del racconto39.
Riproduciamo in Tabella 5 la griglia con i diversi livelli dell’analisi del
racconto.

Livello/elemento Personaggio Evento Trasformazione


Fenomenologico Persona Comportamento Cambiamento
Formale Ruolo Funzione Processo
Astratto Attante Atto Variazione

Tabella 5  L’analisi della narrazione

L’ultimo intervento della fase di scomposizione è l’analisi della


comunicazione, cioè di tutti quegli elementi che nel testo non sono
funzionali tanto all’organizzazione del senso, quanto al dialogo con il
destinatario, alla comunicazione che esso mette in gioco. L’attenzione, in
questo caso, va soprattutto all’uso della macchina da presa, al punto di
vista, alla focalizzazione, cioè a tutti quegli elementi del testo che
facilmente possono essere intesi come spie di un determinato
atteggiamento comunicativo. Le proposte di analisi in questa direzione
sono veramente molte: è sufficiente operare una scelta in rapporto al tipo
di rilievo che interessa fare.

38Se si indica la giunzione con l’operatore logico ∧ (et) e la disgiunzione con


l’operatore logico ∨ (vel) si potranno descrivere i diversi atti del racconto nei
termini del possesso di un oggetto da parte di un soggetto (S ∧ O), o della
perdita di un oggetto da parte del soggetto (¬S ∧ O), della mancanza (S ∨ O) o
del venire in possesso (¬ S ∨ O) di esso.
39Sono variazioni strutturali: la saturazione narrativa, in cui, dato uno stato iniziale

A, al termine della narrazione si perviene allo stesso stato iniziale (A→A);


l’inversione narrativa, in cui l’intreccio rovescia simmetricamente lo stato iniziale
da cui la vicenda ha preso le mosse (A→ ¬A); la sospensione narrativa, in cui il
finale rimane aperto a tutte le soluzioni (A→?); ecc.
30
L’analisi dell’audiovisivo in situazione formativa

La ricomposizione del testo non può prescindere da tutti questi rilievi e


consiste in un momento tematico e in un altro più propriamente
ermeneutico.

L’analisi tematica prevede l’integrazione del discorso testuale attraverso


la individuazione di topics e isotopie. Il topic è un tema, cioè, come
suggerisce Umberto Eco, “un’ipotesi su una certa regolarità di
comportamento testuale. Questo tipo di regolarità è anche quello che,
crediamo, fissa sia i limiti che le condizioni di coerenza di un testo”40: in
altre parole è ciò di cui parla un testo e che fornisce un orizzonte di
attesa generale a partire dal quale sarà possibile ogni successiva illazione
sul significato del testo medesimo. A partire da questo orizzonte di attesa
sarà possibile individuare le isotopie di cui il testo è costituito, cioè dei
livelli di coerenza interpretativa garantiti dagli elementi testuali in gioco.
Evidentemente più un testo è complesso e semanticamente ricco, più
topics e isotopie può suggerire al lettore nel suo percorso di lettura. Di qui
la necessità di ordinare i diversi temi rintracciati nel testo, individuare il
principale (tema-guida), stabilire tra di essi le opportune relazioni. In
questo modo si compirà un decisivo passo in avanti verso la definizione
del funzionamento semantico del testo consentendo all’analisi di
giungere alla propria fase conclusiva.

Se è vero che la lettura è un processo di tematizzazione del senso di


tipo progressivo, nel momento ermeneutico, quello finale, sono presenti i
risultati di un po’ tutte le fasi precedenti. Si tratterà allora di recuperare i
rilievi operati ai diversi livelli (strutturale, linguistico, narrativo,
comunicativo, tematico) e comporli in un quadro interpretativo generale
a cui non dovranno essere estranei neppure i riferimenti paratestuali,
contestuali e intertestuali, e cioè: tutti i materiali (recensioni, dichiarazioni
dell’autore o degli attori, saggi, ecc.) prodotti “attorno” al testo in
funzione di commento (paratesto), gli aspetti storico-culturali in senso
largo che appartengono sia al tempo della produzione che al tempo della
ricezione del testo (contesto), il dialogismo intertestuale tra il testo in
analisi e altri testi (intertesto).

40U.Eco, Lector in fabula, p.90.


31
Pier Cesare Rivoltella

3.2.2. Le dimensioni istituzionale e ricettiva


Essendo la nostra attenzione in questa sede concentrata soprattutto
sull’analisi del testo eviteremo di dilungarci su aspetti che non siano
strettamente pertinenti a essa. Tuttavia il lavoro educativo sui media ha
di recente evidenziato con tale vigore le dimensioni istituzionale e
ricettiva della comunicazione che sarebbe un limite della analisi non
pensarle entrambe come interventi ad essa complementari

Il primo aspetto, quello istituzionale, è un chiaro riflesso sulla ME di


quel tema importantissimo della sociologia attuale che è la globalizzazione.
Di esso vanno compresi subito almeno due aspetti per capire il tipo di
ricaduta pedagogica che può comportare. Anzitutto la globalizzazione è
un nuovo ordine economico del mondo caratterizzato dalla concentrazione di
capitali in un numero ristretto di multinazionali. Questo vale in modo
particolare per il settore dei media e delle telecomunicazioni nel quale
cinque-sei grandi gruppi controllano la quasi totalità del mercato. La
conseguenza di questa planetarizzazione dell’economia ― ed è il secondo
aspetto che la ME tiene a sottolineare ― è il rischio che si costituisca un
“pensiero unico”, cioè che la concentrazione economica si traduca in
controllo culturale e quindi politico.
Nasce da questa consapevolezza la necessità di un’estensione dello
spettro dell’analisi a comprendere anche gli aspetti economici, politici,
pubblicitari, l’uso della conoscenza che i media favoriscono. Essa diverrà,
quindi, anche analisi del discorso politico, dei rapporti con le industrie e
con i responsabili delle imprese mediatiche. Concretamente, quando ad
esempio si analizza un programma televisivo, non è sufficiente lavorare
sulla testualità, ma occorre interrogarsi sul palinsesto entro cui essa si
ritaglia, sulle logiche che hanno presieduto al suo allestimento, sulla
proprietà della rete e sulla sua linea politica, sulle intenzioni che hanno
mosso i produttori nel momento in cui hanno deciso di mandarlo in
onda.

Il secondo aspetto, quello del consumo, è altrettanto importante. In altra


sede41abbiamo indicato come proprio l’analisi del consumo, insieme

41P.C.Rivoltella, “Ospiti”, “Invasori” e altri animali. Gli effetti della televisione sui minori,
tra realtà e discorsi sociali, in: C.Ottaviano, P.C.Rivoltella, a cura di, “Arrivederci
ragazzi”. Studi sul rapporto tra televisione e minori, “Comunicazioni Sociali”, XVIII,
2-3, prile-giugno 1997, pp. 218-219.
32
L’analisi dell’audiovisivo in situazione formativa

all’analisi del testo, costituisca uno strumento di intervento privilegiato


per l’educatore che si occupi di media, e di televisione in particolare. La
metodologia che in questo senso è utile applicare è l’etnografia del
consumo42, che si avvale di dati raccolti tramite l’osservazione
partecipante, le interviste in profondità, le interviste di gruppo (focus
group). L’osservazione partecipante prevede la presenza di un ricercatore
all’interno della situazione che si sta studiando e consente di rilevare
atteggiamenti, posture, pratiche discorsive, modalità di visione dei
soggetti monitorati durante il consumo. Le interviste, nelle due forme
sopra accennate, permettono la verifica e l’approfondimento delle
indicazioni emerse durante l’osservazione.
Poco rappresentativi delle medie delle tendenze (limite dichiarato,
quasi perseguito, della ricerca qualitativa), i dati che ne risultano hanno il
pregio di disegnare i contorni di singole comunità interpretative segnate
da specifiche condizioni storiche, culturali, psicologiche. Di qui l’utilità
del tipo di rilievo in contesto formativo, dove l’etnografia del consumo
può essere applicata prima (consentendo di individuare quadri di valore
che agiscono dietro ai comportamenti di consumo), durante (come
strumento di diagnosi psico-sociale favorendo l’individualizzazione della
didattica e l’attenzione educativa) e dopo l’intervento formativo (come
forma di valutazione dell’efficacia dell’intervento medesimo). In Tabella
6 si può osservare l’insieme di tutte le operazioni cui abbiamo fatto
cenno ai tre livelli del testo, dell’istituzione, del consumo).

42Nell’ambito dei Media Studies, in particolare dell’analisi del consumo televisivo,


i principali riferimenti teorici si trovano nei lavori di David Morley in ambito
europeo e di James Lull in area americana. Recentemente anche la ricerca
italiana si è confrontata con questo approccio come testimoniano i lavori di
Paolo Mancini e Francesco Casetti e le ricerche coordinate da Gianfranco
Bettetini per l’Istituto Gemelli-Musatti per la comunicazione di Milano.

33
Pier Cesare Rivoltella
Dimensioni Fasi Momenti Obiettivo Interventi
Testuale Scomposizione Analisi strutturale Segmentazione Albero del racconto
del micro- Trascrizione grafica
processo
Analisi linguistica Funzionamento dei codici Analisi dei codici
Scomposizione Analisi della narrazione Struttura narrativa Analisi dei personaggi, degli
del macro- eventi, delle trasformazioni
processo
Analisi della Strategie comunicative del “Sguardi” della macchina, fo-
comunicazione testo calizzazione, punto di vista
Ricomposizione Analisi tematica Integrazione del discorso Topics, isotopie, tema-guida
testuale
Analisi ermeneutica Interpretazione generale del Riferimenti di paratesto, di
testo contesto, di intertesto
Istituzionale ------ Analisi economico-politica Ricostruzione degli impliciti Rilievo degli aspetti
ideologici, dell’iscrizione economici, politici,
economica, degli aspetti pubblicitari, uso della
politici conoscenza, ecc.
Consumo ------ Analisi etnografica Modalità di consumo Focus group, osservazione
partecipante, intervista in
profondità
Tabella 6  Tavola delle operazioni previste dall’analisi

34
L’analisi dell’audiovisivo in situazione formativa

3.3. I contesti
Un ultimo accenno va fatto agli ambiti all’interno dei quali l’analisi può
costituire metodologia efficace di intervento formativo. È questa una
precisazione necessaria poiché il concetto di formazione, soprattutto
nella nostra realtà socio-culturale, si è allargato fino a configurare un
panorama talmente diffuso e articolato nell’offerta da rendere
problematica la definizione stessa del concetto. In seconda istanza  e
questo interessa maggiormente il nostro discorso  risulta evidente che
il compito della mediazione didattica si ridefinisce in relazione a pubblici,
età, competenze diverse.
Quali contesti, dunque, possono essere interessati dall’analisi del testo?
Vanno distinti, anzitutto, i due grandi ambiti della formazione
scolastica e di quella extrascolastica43. Nel primo caso ci si riferisce a un
profilo istituzionale e burocratico della formazione, caratterizzato da
serietà di approccio culturale, impostazione metodologica coordinata e
coerente, ben precise finalità alfabetizzanti e socializzanti. Diversamente
l’extrascuola dice di un approccio formativo non istituzionale ma certo
improntato a un processo di apprendimento più libero, relazionalmente
connotato, caratterizzato da grande flessibilità e capacità di integrare le
risorse ambientali e personali volta a volta disponibili. Consapevoli della
necessità di pensare le due realtà come integrate e complementari,
proviamo a riflettere sulle possibilità che l’analisi può trovare aperte in
entrambe.

3.3.1. L’analisi dell’audiovisivo in scuola


Una sperimentazione condotta in Francia da Masselot e Girard su soggetti di
12/13 anni che provenivano da due anni di ME e su un campione di studenti
della Facoltà di Lettere non media-alfabetizzati ha evidenziato nei suoi
risultati come la lettura dell’immagine degli universitari fosse decisamente
“ideologica”, spesso addirittura soggettiva, mentre quella dei ragazzi
nettamente più referenziale. Può essere una indicazione di metodo per
differenziare gli approcci di analisi all’audiovisivo nella scuola. Supponendo
di poter lavorare sull’intero ciclo dell’istruzione preuniversitaria, sarà

43Per una sintetica impostazione del rapporto tra formazione scolastica ed

extrascolastica cfr. C.Scurati, Educazione extrascolastica, in: M.Prellezo, C.Nanni,


G.Malizia, a cura di, Dizionario di scienze dell’educazione, LDC - SEI - LAS, Torino -
Roma 1997, pp.352-353.
35
Pier Cesare Rivoltella

opportuno differenziare, in ragione dei profili cognitivi diversi delle età


coinvolte, l’istruzione primaria dall’istruzione secondaria.
Fare analisi del testo audiovisivo nel primo caso significa soprattutto
far lavorare i soggetti sulla riconoscibilità degli elementi dell’immagine,
sulla capacità di distinguere l’immagine dalla realtà, sulla individuazione
delle strutture narrative del racconto. Evidentemente la strategia didattica
non potrà consistere in un approccio fortemente modellizzato: occorrerà
piuttosto eliminare gli aspetti astratti a vantaggio della dimensione ludica.
Il gioco didattico, da questo punto di vista, può costituire una forma
efficace di mediazione dei contenuti e delle abilità.
Quanto all’istruzione secondaria, a questo livello si tratterà di
guadagnare progressivamente gli obiettivi ulteriori dell’analisi facendo
lavorare le classi di volta in volta sugli elementi linguistici, comunicativi e
tematici fino ad affrontare i problemi più complessi, quelli relativi
all’interpretazione globale del testo e alle sue implicazioni istituzionali.
Metodologicamente, se il gioco didattico potrà funzionare ancora nei
primi anni della Scuola Secondaria, occorrerà sostituirlo gradualmente
con esercizi di analisi sempre più formalizzati promuovendo, oltre alle
abilità analitiche, anche la consapevolezza metacognitiva di obiettivi,
metodi e tecniche dell’analisi.

3.3.2. L’analisi dell’audiovisivo nell’extrascuola


Come già visto per il caso della scuola, anche la formazione
extrascolastica si può articolare in due ambiti ulteriori, diversi questa
volta non per le età differenti dei soggetti, ma per la specificità dei loro
contesti: la formazione diffusa e la post-alfabetizzazione.
È soprattutto la prima che, a nostro avviso, può costituire un
interessante spazio di applicazione per l’analisi del testo audiovisivo
contribuendo, tra l’altro, a estendere il concetto di Media Education oltre
i limiti della formazione istituzionale strettamente detta. Pensiamo, in
particolare, a quattro livelli di intervento: la famiglia, i soggetti di disagio
(sociale, psichico), la formazione degli educatori, la formazione aziendale.
In almeno due di queste categorie l’analisi può diventare per i soggetti
coinvolti un valido strumento di intervento pedagogico: è il caso della
famiglia e degli educatori (insegnanti, animatori, ecc.) che, a loro volta e
dopo opportuna mediazione didattica delle metodologie, potrebbero
servirsene nei loro specifici educativi. Quanto ai soggetti di disagio e alla
realtà aziendale, il ruolo dell’analisi è probabilmente molto più marginale

36
L’analisi dell’audiovisivo in situazione formativa

e comunque non tematico, bensì solo funzionale o al perseguimento di


particolari obiettivi formativi (discutere insieme su un film o sulle
posizioni che si profilano in un talk-show può costituire un’interessante
opportunità di aggregazione e di riflessione in una comunità) o alla
introduzione di un’attività di formazione (così si potrà analizzare L’attimo
fuggente di Peter Weir o Zero in condotta di Jean Vigo per introdurre un
corso di aggiornamento sulla funzione docente, oppure muovere da
Impiegati di Pupi Avati per “rompere il ghiaccio” all’inizio di un corso di
formazione aziendale).
Evidentemente, in rapporto al tipo di contesto e di soggetti
partecipanti, si tratterà di privilegiare l’uno o l’altro momento dell’analisi,
optando per un approccio sistematico o asistematico, più attento al
portato ideologico del testo o alle sue funzioni comunicative, ecc. Starà al
singolo analista adattare taglio e ritmi del proprio intervento perché siano
più efficaci nella situazione che si dovrà trovare a fronteggiare.

4. Conclusioni

“... noi abbiamo inventato un Piano inesistente ed Essi non solo lo


hanno preso per buono, ma si sono convinti di esserci dentro da tempo,
ovvero hanno identificato i frammenti dei loro progetti disordinati e
confusi come momenti del Piano nostro, scandito secondo
un’inconfutabile logica dell’analogia, della parvenza, del sospetto”.
È Casaubon a riflettere così a voce alta verso la fine del Pendolo di
Foucault. Commenta la morte di Jacopo Belbo, vittima di una
interpretazione che lui stesso aveva contribuito a proporre fino a farla
diventare realtà. Una metafora straordinaria del rischio etico insito
nell’analisi: la deriva incontrollata del senso, la proiezione nel testo del
proprio vissuto, delle proprie aspettative, la confusione della verità con le
interpretazioni. Ci piace riportarla in conclusione del quadro che
abbiamo tracciato, perché ci sembra che suggerisca almeno due
indicazioni di grande rilievo per chi fa analisi in contesto formativo ma,
più in generale, per chi fa educazione.
La prima: “... hanno identificato i frammenti dei loro progetti
disordinati e confusi come momenti del Piano nostro, ...”. Chiunque
abbia guidato un gruppo di lavoro sull’analisi del film o animato un
cineforum avrà fatto l’esperienza di svolgere la funzione di colui che
facilita le impressioni e i giudizi dei partecipanti a comporsi in sintesi
37
Pier Cesare Rivoltella

organiche, in “letture” coerenti. Si tratta di una sorta di itinerario in cui


chi viene guidato impara a comporre le proprie idee, i suoi “progetti
disordinati e confusi” in visioni organizzate: l’acquisizione dell’autonomia
di giudizio e del senso critico dovrebbe passare di qui.
Ma proprio in questo tutoraggio si cela il rischio della dipendenza,
piuttosto che il valore dell’autonomia: “... si sono convinti di esserci
dentro da tempo...”. Fino a che punto la lettura non è quella orientata
dall’analista? E in che misura l’analisi non consente in fondo di trovare
nel testo quel che ci si vuole trovare? Sarebbe l’occasione di una lunga
riflessione di tipo ermeneutico, ma in questa sede non è il rapporto tra
soggettività e oggettività nell’interpretazione a interessare: è l’oscillazione
tra plagio e libertà, dipendenza e autonomia.
Molti media educators latino-americani hanno provato a dirimere il
problema drasticamente dichiarando la necessità di superare l’idea stessa
di analisi del testo audiovisivo come forma di rapporto formativo cripto-
direttivo: il formatore, affermando di produrre l’autonomia dei suoi
allievi, di fatto riaffermerebbe il proprio controllo su di loro. È una
tendenza che trova conferme nel dibattito odierno sull’educazione,
animato com’è dai temi dell’apprendimento (letto come alternativa
all’istruzione) e della necessaria marginalizzazione del formatore. La si
può condividere, perché è giusto che il rapporto educativo venga
ripensato in termini diversi da quelli asimmetrici della lezione frontale e
dell’autorità del docente. Ma questa asimmetria potrà mai essere
equilibrata? E se lo fosse, sarebbe giusto?
In fondo, il fascino dell’analisi, come dell’educazione, sta anche nel
non essere molto sicuri di non rimanere vittime dei propri maestri:
“SOCRATE: Sta attento che non sia più sicuro per te farti educare da
qualcuno di quelli che sono in grado di controllare l’utilità che offrono
agli uomini, piuttosto che rischiare, venendo con me, di affidarti al caso -
TEAGETE: Mi pare che si debba fare così, Socrate...”44.

44Platone,Teagete, 131A, in: G.Reale, a cura di, Platone. Tutti gli scritti, Rusconi,
Milano 1991, p.681.
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