Il modo in cui il rapporto tra la presenza sempre più massiccia delle nuove tecnologie di
comunicazione (NTC), in particolare la multimedialità1, e l'educazione2 viene oggi affrontato
segue alcuni schemi teorici standard (più o meno consapevoli) e prescrive corrispondenti
atteggiamenti educativi.
Gli schemi teorici in questione sono almeno tre:
1) quello determinista, per il quale i media e tra essi le NTC, producono cambiamenti
consistenti nel modo in cui i soggetti modellano il proprio pensiero e lo condividono con i loro
simili3 (tipica l’idea che la multimedialità produca la genesi di un nuovo pensiero “parallelo”
che va a prendere il psoto di quello “sequenziale” coltivato dalla scrittura e dalla stampa);
2) quello tradizionalista che considera l'informatizzazione e l'avvento della cybercultura
come un fattore negativo perché comporterebbe la rinuncia ai valori della cultura tradizionale,
letteraria innanzitutto4 (in quest’ottica la multimedialità viene recepita come svalutazione
commerciale dei valori della cultura e sostituzione di un approccio ludico alla doverosa “fatica
del concetto” di hegeliana memoria);
3) infine, quello apocalittico che nella diffusione della comunicazione in rete legge una
minaccia seria sia per l'individuo (come i temi della pedofilia e del raggiro telematico
sottolineano) che per il sistema sociale, sottoposto a un processo di lenta erosione e di
indefinita deriva individualistica5.
Ciascuno di questi tre modi di pensare le NTC trova in una metafora, in una espressione
contratta, in uno slogan, il condensato della propria prospettiva:
1) il determinismo si riconosce nella metafora dell'impatto. Essa rende bene l'idea di un
nesso di causa-effetto tra l'avvento delle NTC e il risultato che esso produce. Parlare di
impatto significa evocare l'immagine di qualche cosa che interviene su una situazione
1
In questo contributo assumiamo il termine “multimedialità” facendo riferimento a una tipologia di prodotti
caratterizzati a livello tecnologico dall’integrazione digitale dei linguaggi, dal punto di vista testuale dall’impiego
di una molteplicità di sistemi rappresentativi (scrittura, immagini, suoni) e dal punto di vista culturale dalle tre
istanze dell’immersione, dello scambio e dell’interazione. Inoltre, faremo riferimento contestualmente tanto alle
modalità off line della multimedialità (quelle che comportano il ricorso a un supporto fisico, di solito un CD-Rom)
che a quelle on line (editoria web, siti internet). Per approfondimenti e una discussione critica, cfr. Rivoltella,
2000.
2
Nel corso dell’articolo i termini “educazione” e “formazione” ricorrono spesso in maniera intercambiabile. Non ci
è parso il caso qui di aprire una digressione al riguardo: si è semplicemente assunto che quando si parla di
formazione del soggetto, nel senso forte della Bildung, di fatto si sta sempre parlando già anche di educazione.
3
Questo modello si rifa al punto di vista di McLuhan e viene addebitato anche al suo successore al McLuhan
Project presso l’Università di Toronto, Derrick deKerkhove (1991)
4
In questo caso l’origine teorica va cercata nella riflessione della teoria critica francofortese, in particolare
Horkheimer e Adorno.
5
Si riconoscono in questa posizione, oltre alle idee più popolari diffuse dai quotidiani e dai media, le tesi di tutti
quegli studiosi che, come Sherry Turkle (1996), individuano una relazione tra i caratteri costitutivi della società
postmoderna (fine delle grandi narrazioni, deriva individualistica, indebolimento della prospettiva valoriale) e le
strutture portanti della comunicazione telematica.
consolidata alterandola, producendovi scompensi: esattamente quello che le NTC, in questa
prospettiva, producono a livello di abitudini individuali e sociali;
2) l'analfabetismo (di ritorno) è invece la parola d'ordine in cui si compendia il modello
tradizionalista. "Imparare" le tecnologie significa disimparare a legge e scrivere, non riuscire
più ad esprimersi in maniera adeguata. Variante dell'ipotesi determinista (cui in certi casi si
può ricondurre) questo modello ha già avuto una fortunata applicazione con la televisione e,
prima ancora, con i fumetti: in sostanza si tratta del tentativo della cultura alta di resistere al
rischio della propria liquidazione da parte della cultura di massa. Internet e la multimedialità,
di questa (sotto)cultura rappresenterebbero solo l'ultima e più aggiornata manifestazione;
3) infine, rischio è il termine più ricorrente nelle analisi di chi si riconosce nella prospettiva
apocalittica. Anche in questo caso si tratta di una paura solo rinnovata ma già conosciuta:
come nel caso precedente gli apocalittici si erano, infatti, già esercitati con la televisione (si
pensi in particolare al tema della violenza). Il computer rievoca gli stessi spiriti sia in relazione
al consumo di videogiochi (in cui il dibattito sulla violenza si ripropone con maggior vigore in
ragione del fatto che l'interattività amplifica l'identificazione dell'utente con gli avatar, i suoi
doppi sintetici, che egli muove sullo schermo) che, sopratutto, alla comunicazione in rete (che
sostituisce all'esperienza simulata del televisore e del videogioco, quella in presa diretta con la
realtà della chat).
Dal punto di vista educativo diverse sono le "ricette" che ciascuna di queste ipotesi
prescrive:
1) nel primo caso l'idea è quella che vi sia un gap da colmare, che si sia in ritardo sulla
penetrazione delle tecnologie, che ci sia da rincorrere (è questa, ad esempio, la
consapevolezza più diffusa tra i professionals dell'educazione, nella scuola e nell'extra-
scuola);
2) nel secondo, occorre invece muoversi in due direzioni, da una parte riproponendo i
valori della cultura alta, dall'altra minimizzando gli spazi delle NTC (vi si riconosce chi, nella
scuola, ritiene troppo faticosa la rincorsa e si attesta pertanto su ciò che meglio conosce);
3) l'ultima posizione, infine, presuppone che ci si arrocchi in difesa e si presti attenzione
soprattutto alla protezione dei soggetti più deboli, come i bambini (si possono inserire qui gli
psicologi della carta stampata, le associazioni non profit, le agenzie istituzionali).
Tecnologia
Individuo Società
Sulla base della prospettiva integrata, sistemica, a partire dalla quale abbiamo incorniciato
la multimedialità, è possibile ora passare più specificamente a verificarne la spendibilità
formativa.
Ricorrendo a un modello intuitivo si possono ipotizzare almeno cinque scenari:
- formare con la multimedialità;
- formare alla multimedialità;
- formare attraverso la multimedialità;
- formare nella multimedialità;
- formare sulla multimedialità.
Ciascuna di queste prospettive attiva delle motivazioni pedagogiche, prevede delle
intelaiature didattiche, presenta vantaggi e svantaggi.
1. Formare con la multimedialità significa ricorrere alla multimedialità come a un tool per
l’intervento formativo. Da questo punto di vista ci si colloca nella tradizione della didattica che
ha sempre previsto tecniche e strumenti come supporto della comunicazione formativa: la
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La rimediazione di un medium tradizionale da parte di uno nuovo può avvenire in 4 modi: 1) quando, come in
un CD-Rom di fotografie artistiche o di una collezione libraria, il nuovo medium rende disponibile una nuova
modalità di accesso a risorse già disponibili in altri formati; 2) quando, come nelle enciclopedie multimediali, la
logica di confezionamento del prodotto trasforma completamente l’uso delle risorse (uso di link, ricorso a video,
ecc.); 3) la terza modalità è costituita dall’utilizzo di media preesistenti (come vecchi filmati o fotografie storiche)
all’interno di un nuovo contesto testuale (come avviene nei CD-Rom di alcuni gruppi rock); 4) infine, si può
verificare il tentativo di assorbimento integrale del vecchio medium da parte di quello nuovo (è quel che succede
per la televisione nel caso delle web television).
voce, il gesto, la lavagna, il foglio, ora la multimedialità. Pedagogicamente la prospettiva cui
si viene rinviati è quella strumentale di chi riflette sulla tecnologia come veicolo dell’istruzione.
Questa istanza si traduce didatticamente nell’uso di oggetti multimediali (il CD-Rom come il
sito internet) come supporti per la lezione. I vantaggi che ne potrebbero derivare vanno
cercati soprattutto nella possibilità offerta dal multimedia di operare attraverso una
molteplicità di linguaggi: questo si traduce in una rottura della monotonia della lezione
frontale, in un innalzamento dei livelli medi di attenzione, in una moltiplicazione dei punti di
accesso ai problemi.
I punti di accesso a un problema, nella prospettiva gardneriana dell’intelligenza multipla
(Gardner, 1999), sono gli approcci alle questioni che è possibile articolare a partire dal ruolo
che si riconosce alle diverse tipologie di intelligenza di cui ciascuno è dotato.
All’apprendimento della lingua è possibile accedere secondo prospettive formali (modello
grammaticale deduttivo), esperienziali (apprendimento in contesto), emotive (uso di input
filmati o di canzoni), ecc. Moltiplicare questi punti di accesso è garanzia di maggior successo
formativo poiché si ottiene di venire incontro a profili cognitivi differenti parlando a ciascuno
secondo i suoi sistemi di attesa e le sue competenze. Gli oggetti multimediali, integrando i
diversi linguaggi, autorizzano questo tipo di lavoro presentando il vantaggio di poter gestire
tutte le possibilità “in parallelo” all’interno dello stesso percorso.
I problemi possono venire nel caso di questo tipo di impiego della multimedialità dalla
dissonanza cognitiva che potrebbe prodursi tra oggetti, come i CR-Rom ipermediali, pensati
per una navigazione non sequenziale e l’uso (questo sì sequenziale) che di essi si deve fare
all’interno della lezione. Di solito l’usabilità dipende o dalla perfetta conoscenza dell’oggetto o
dall’allestimento di presentazioni ad hoc attingendo alle risorse archiviate nel supporto
multimediale; in tutti e due i casi occorre una discreta disponibilità di tempo che non sempre
il formatore in contesto riesce a trovare.
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Cioè di applicativi che, come Toolbook e le sue interfaccia facilitate (la più diffusa è Amico, della editrice
Garamond di Roma, per la costruzione di ipertesti nella scuola elementare) che consentono di assemblare
oggetti multimediali gestendo testo, immagine e suoni.
dell’integrazione. Promuovere una pedagogia della diversità significa fare in modo che la
differenza rispetto allo standard non sia uno svantaggio ma un valore aggiunto per il gruppo.
Questo producendo multimedialità si può ottenere gestendo le consegne in relazione con le
competenze: non tutti devono saper scrivere; in compenso chi ha difficoltà ad esprimersi dal
punto di vista testuale potrebbe avere attitudini al trattamento delle immagini o alla
interazione con gli ambienti informatici. Certo non sarebbe educativo limitarsi solo a porre
l’enfasi sulle competenze individuali minimizzando le difficoltà. Qui interviene quella che
abbiamo definito pedagogia dell’integrazione e cioè la possibilità di promuovere
l’apprendimento di “tutto da parte di tutti” proprio attraverso l’allestimento di un ambiente
dove sia possibile imparare reciprocamente gli uni dagli altri.
Anche in questo caso non si possono non segnalare i problemi che vanno cercati nel rischio
di sopravvalutare il prodotto rispetto al processo (in altre parole nel far contare
maggiormente il risultato finale – un bell’ipertesto – rispetto al cammino compiuto per
arrivare a produrlo). I concorsi scolastici sono pieni di ipertesti bellissimi che sono frutto del
lavoro degli insegnanti e non hanno inciso minimamente sugli apprendimenti delle classi.
4. In tutti i casi analizzati fino a questo momento la multimedialità rimane per così dire
esterna rispetto all’intervento educativo. Infatti, nel primo e nel terzo caso risponde a una
logica di tipo strumentale (diventando ora veicolo, ora pretesto per l’intervento formativo),
nel secondo è confinata ad alcune ore all’interno della settimana scolastica o a un periodo
specifico all’interno dell’attività dell’anno. Esistono, invece, usi della multimedialità in cui essa
non funziona né solo da strumento, né da catalizzatore dell’attività didattica sul breve
periodo, ma rappresenta il vero e proprio ambiente all’interno del quale l’attività di
insegnamento/apprendimento avviene.
Dal punto di vista dell’impostazione pedagogica, dietro a questo modo di intendere la
multimedialità stanno sicuramente le riflessioni del costruttivismo socio-culturale (Varisco,
2002) che, gettando radici nell’attivismo di Dewey e nel movimento delle scuole attive, giunge
sino ai più recenti contributi di Winograd, Guba e Lincoln, Jonassen. L’idea di fondo che in
questa prospettiva prende corpo è quella secondo cui l’apprendimento è un’attività sociale e
situata, da cui consegue che la conoscenza si può pensare come il risultato di un lavoro di
negoziazione intersoggettivo.
Didatticamente, due sono i casi a cui si può pensare.
Il primo caso è rappresentato da quella che Calvani ha chiamato qualche anno fa
“iperscuola”, presentandola come una tappa successiva rispetto a quella attuale della
evoluzione del sistema scolastico. Cosa dovrebbe essere l’iperscuola? Una scuola in cui la
multimedialità è il contesto naturale di tutte le attività e cioè: la classe viene ripensata nei
termini di una comunità di apprendimento; il computer è un oggetto d’uso comune non
relegato a spazi deputati (l’aula informatica) ma distribuito nelle singole aule; la
scrittura/lettura multimediale è il tipo di attività standard attraverso cui il processo di
insegnamento/apprendimento passa. Insomma, come fino ad oggi la produzione culturale
dell’occidente è passata attraverso la scrittura, in questa nuova prospettiva essa passa
(dovrebbe passare) attraverso la multimedialità che diviene il nuovo ambiente entro cui fare
conoscenza e scambiarla con altri.
Mentre questo primo scenario è ancora in cammino non consentendo di vedere
nell’immediato le sue materiali applicazioni, il secondo sta diventando uno standard quasi
obbligato della formazione. Facciamo riferimento a quella modalità particolare della
formazione a distanza che viene oggi indicata come on line education. In questo caso la
multimedialità è realmente l’ambiente “in cui” si fa formazione: la piattaforma telematica,
l’aula virtuale o il corso on line, infatti, costituiscono per degli studenti che non condividono lo
stesso spazio l’unico habitat all’interno del quale seguire il loro corso di studi. Nel corso on
line si possono fare diversi tipi di attività: si possono scaricare documenti, si può partecipare a
dei forum di discussione su temi inerenti il corso stesso, si può gestire la comunicazione ai
diversi livelli (uno-a-uno con la posta elettronica, molti-a-molti nella chat), si possono
svolgere attività di simulazione, esercitazioni, test di valutazione. Soprattutto, nel corso on
line, si modificano radicalmente gli equilibri caratteristici della formazione presenziale: è
maggiore lo spazio dell’apprendimento rispetto a quello dell’insegnamento, prevalgono le
attività di tipo collaborativo rispetto a quelle di tipo trasmissivo, il docente assume più la
funzione del facilitatore che di colui che detiene le informazioni.
Vantaggi e svantaggi di questo modo di fare didattica nella multimedialità sono stati messi
a fuoco bene dalla letteratura: da una parte gli apprendimenti si radicano ai contesti, posso
diventare significativi, si aprono nuovi spazi per l’individualizzazione dell’insegnamento,
diventa molto più facile diversificare l’offerta didattica grazie alla forte quota di
personalizzazione che viene garantita agli apprendimenti; dall’altra, però, il rischio di una
deriva sociale di tutto il sistema è sempre in agguato con quel che ne consegue sia dal punto
di vista del rispetto delle soggettività in formazione che da quello del venire meno della
significatività dei modelli magistrali.
5. L’ultimo significato della formazione multimediale non è il meno importante, anzi, nel
nostro contesto socio-culturale risulta essere probabilmente quello pedagogicamente più
indispensabile. Formare sulla multimedialità vuol dire assumere la multimedialità ad oggetto
della riflessione educativa per promuovere nei soggetti in formazione degli atteggiamenti di
consumo corretti e, possibilmente, una consapevolezza critica al riguardo.
L’idea pedagogica che muove questo tipo di approccio è quella che attraversa il campo di
ricerca oggi finalmente noto anche nel nostro paese come Media Education (Rivoltella, 2001).
Essa fa riferimento alla riflessione e alla sperimentazione didattica riguardo ai media intesi
come risorsa integrale al servizio dei processi formativi e, in particolare, guarda alla
promozione del senso critico dei soggetti come al proprio più auspicabile risultato.
Didatticamente parlando, una multimedia education può tradursi in un doppio percorso
educativo.
Sul primo versante si collocano le attività di lettura critica della multimedialità. Questo
significa mettere in condizione chi apprende di analizzare CD-Rom e pagine web dai diversi
punti di vista: tecnico (come sono costruire, che architettura suppongono), grafico
(navigabilità, usabilità dell’interfaccia), contenutistico (valore conoscitivo, attendibilità delle
informazioni), etico (accettabilità sociale, valori portati in gioco). L’obiettivo è di suscitare
domande, favorire la riflessione, in un’ottica che è quella dell’educazione alla cittadinanza,
della promozione del senso civico.
Sull’altro versante, invece, si trovano le attività di analisi critica del consumo. In questo
caso non si tratta di promuovere modalità corrette di lettura, ma di partire dalle modalità reali
di consumo per promuovere riflessione proprio su queste pratiche. In sostanza occorre
verificare cosa consumano i soggetti, invitarli a sondarne le ragioni, aiutarli a
problematizzarle. L’obiettivo è di disegnare una mappa delle sub-culture di appartenenza,
smascherare gli stereotipi, far emergere convinzioni e ideologie e poi favorirne la elaborazione
attraverso il confronto e la discussione.
Il rischio che in queste attività si corre è quella della riproduzione culturale: in sostanza
non si è mai sicuri di avere promosso realmente l’autonomia critica o semplicemente fatto
acquisire i propri parametro di giudizio e le proprie modalità di lettura. Un rischio che tuttavia
va corso perché l’intervento educativo al riguardo è troppo importante per giustificare il fatto
di astenersene.
4. Conclusioni
Bolter, J. D., Grusin R. (2000), Remediation. Understanding new media, MIT Press,
Cambridge-Massachussets.
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Utrecht, trad.it. Brainframes. Mente, tecnologia e mercato, Baskerville, Bologna 1993.
Gardner, H., (1999), The Disciplined Mind, Simon & Schuster, New York, trad. it. Sapere per
comprendere, Feltrinelli, Milano 1999.
Gonnet, J. (1997), Éducation et Médias, PUF, Paris, trad. it., Educazione, formazione e
media, Armando, Roma 2000.
Rivoltella, P. C. (a cura di) (1998), La scuola nella rete. Temi e problemi di cooperazione on
line, GS, Santhià.
Rivoltella, P. C. (2000), La multimedialità, in C. Scurati, (a cura di), Tecniche e significati, Vita
e Pensiero, Milano.
Rivoltella, P. C. (2001), Media education. Modelli, esperienze, profilo disciplinare, Carocci,
Roma.
Turkle, S. (1996), Life on the Screen, Simon & Schuster, New York, trad. it., La vita sullo
schermo. Nuove identità e relazioni sociali nell’epoca di internet, Apogeo, Milano 1997.
Varisco, B.M., (2002), Costruttivismo socio-culturale, Carocci, Roma.