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Domenico Vera
1. Per inquadrare meglio l'argomento che vorrei trattare, sono opportune due
brevi osservazioni preliminari. La prima osservazione si riferisce allo stato del
l'arte degli studi di storia agraria dell'antichita. Presentando nel 1976 il volu
me Studies in Roman Property, Moses Finley segnalava un grave ritardo sto
riografico: <<E posto dominante occupato dalla terra nell'economia e nella so
cieta dell'epoca classica e un luogo comune. Eppure, oramai da mezzo seco
lo, non e stato tentato, rispetto a questo argomento, alcun panorama sinotti
co, nulla per la sola Roma ormai da piu di ottant'anni>>?.
Nessuno, attualmente, avrebbe motivo per condividere questo pessimismo, vi
sto che sono comparse diverse sintesi di storia agraria greca e romana2 insie
me a una massa imponente di contributi d'ogni tipo. Semmai, si deve pren
dere atto che la crescita esponenziale di ricerche su aree ed epoche specifi
che, la conseguente specializzazione degli studi e soprattutto la consapevo
* L'origine di questo saggio risale aile giornate di studio su I segni della memoria: quadri
generall e contesti locall. Istituzioni, societ? e terrritorio, 1-4 ottobre 2003, Donnafugata, M?
dica, Ragusa Ibla, organizzate da F. Elia (Universit? di Catania), che ringrazio vivamente
per avermi invitato a partecipare. Alia vigilia della consegna, una versione sint?tica ? stata
esposta in un seminario nell'Universit? di Foggia. Sono grato a quanti sono intervenuti nel
la discussione, in particolare a M. Silvestrini, M. Turchiano e G. Volpe, animatore infati
cabile dell'archeologia tardoantica nel Meridione.
1 M.I. Finley, Studies In Roman Property, Cambridge, 1976, p. 1. L'arretramento della sto
ria agraria greca era lamentata nel 1967 da S.C. Humphrey, Archeologia e storia econ?mica
e sociale della Greda classica, trad, it., Bologna, 1979, pp. 215-269, particularmente p. 221.
Si veda ora il pregevole saggio di U. Fantasia, Per una storia degli studi sull'agricoltura e la
storia agraria della Grecia antica, in ?QS?, LVII, 2003, pp. 101-145. Un'analisi della pea
sant economy nell'area greca ? stata svolta da T.W. Gallant, Risk and survival in Andent
Greece. Reconstructing the rural domestic economy, Stanford, 1991; si veda anche P. Car
tledge-E.E. Cohen-L. Foxhall, eds., Money, Land and Labour. Approaches to the Economies
of Andent Greece, London, 2000.
2 D. Flach, R?mische Agrargeschichte, M?nchen, 1990; A. Marcone, Storia dell'agricoltura
romana, Roma, 1997; S. Isager-J.E. Skydsgaard, Andent Greek Agriculture. An Introduc
tion, London, 1992; cfr. C. Witschel, Neue Forschungen zu r?mischen Landwirtschaft, in
?Klio?, LXXXIII, 2001, pp. 113-133.
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438 Domenico Vera
3 A. Momigliano, Max Weber dl fronte agil storici dell'antlchit?, in M. Weber, Storia econ?
mica e sociale dell'antlchit?. I rapporti agrari, trad, it, Roma, 1981, pp. VII-XIII, particu
larmente p. XIII (ora in Settlmo contributo alla storia degli studi classlcl e del mondo anti
co, Roma, 1984, pp. 245-251).
4 Notazione alia riedizione nei Gesammelte Aufs?tze zur Sozial- und Wirtschaftsgeschichte,
T?bingen, 1924: ?Questo saggio fu scritto per lo Handw?rterbuch der Staatswissenschaf
ten (3a ed. 1909). La sua collocazione all'interno del "dizionario" determino fra Taltro la
scelta del titolo: questo appare oggi fortemente restrittivo rispetto all'ampiezza della trat
tazione, ehe ? una vera e propria storia econ?mica e sociale delTantichit?? (Weber, Storia
econ?mica e sociale, cit., p. 2). In effetti, nella prima versione del 1898 il saggio era parte
della voce gen?rale Agrargeschlchte, che nel 1909 divenne Agrarveh?ltnisse. Sull'opera, si
veda L. Capogrossi Colognesi, Economie antiche e capitalismo moderno. La sflda dlMax We
ber, Roma-Bari, 1990.
5 Si veda per Tagricoltura greca M.I. Finley, Probl?mes de la terre en Gr?ce ancienne. Re
cueil de travaux publi? sous la direction de M.I. Finley, Paris-La Haye, 1973.
6 Un profilo intellettuale di Finley ? proposto da I. Morris, The Ancient Economy. Updated
Edition. With a Foreword by I. Morris, Berkeley-Los Angeles, 1999, pp. IX-XXXVT. Sulla
?peasant mentality? che, secondo Finley, caratterizzava il comportamento dei ceti possi
denti delTantichit?, si ? svolta di recente una discussione in ?Topoi?, XII-XIII, 2005,1, pp.
259-314 (Autour de la rationalit? antique); per una discusssione pi? ampia sulla sua visione
dell'economia antica, si veda W. Scheidel-S. Von Reden, eds. The Ancient Economy, Edin
bourgh, 2002.
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439 La societd contadina nella Sicilia di Gregorio Magno
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11 R.J.A. Wilson, Changes in the Pattern of Urban Settlement In Roman, Byzantine and Arab
Sicily, in C. Malone-S. Stoddart, Papers In Italian Archaeology IV, BAR Int. Ser. 246,
Oxford, 1985, pp. 313-344; Id, La Sicilia, in Storia di Roma, Torino, 1993, III/2, pp. 279
298; G. Bejor, Gil Insediamentl della Sicilia romana: distribuzione, tipologle e svlluppl da un
primo Inventario del datl acheologlcl, in A. Giardina, a cura di, Societ? romana e Impero tar
doantico, Roma-Bari, 1986, III, pp. 463-519.
12 S. Jacini, I risultati dell'lnchlesta agraria, rist. a cura di G. Nenci, Torino, 1976, p. 85: ?Ma
intanto la nuova Italia ricevette intatti quei possessi [...] affittati a grandi appaltatori anzi
ehe ad affittuari, sfruttanti, con poco capitale, quelle sterminate estensioni pascolative, e an
che arative, ma alternativamente in poca parte, sulla base dei maggesi?; si veda A. Carac
ciolo, L'inchiesta agraria J acini, Torino, 1993.
13 G. Salvioli, Le Latifundium sicilien et son mode d'exploitation, in ?Le devenir social?, I,
1895, pp. 449-464; cfr. Gr. Magn, Reg. ep. I, 42.
14 Rimando soprattutto agli studi di A. Giardina, LTtalla romana. Storie di un'identit? in
compluta, Roma-Bari, 1997, pp. 337 sgg, e di G. Galasso, Sicilia in Itaila, Roma, 1994, pp.
44-77.
15 Sulle variazioni degli sviluppi regionali dellTtalia nel tardoantico, si veda la comparazio
ne di F. Cambi, Paesaggi tardoantichi dellTtalia penlnsulare. Etruria e Apulia a confronto, in
Storia di Roma, cit., ?II/2, pp. 229-254. Ho cercato di individuare le ragioni della precocit?
della crescita siciliana in D. Vera, Aristocrazia romana ed ?conomie provinciall nellTtalla tar
doantlca: Il caso siciliano, in ?QC?, XIX, 1988, pp. 115-172; Fra Egltto ed Africa, fra Roma
e Costantinopoli, fra annona e commercio: la Sicilia nel Mediterr?neo tardoantico, in Ruolo
mediterr?neo della Sicilia nella tarda antichlt? (Palermo 9-13 aprile 1997), in ?Kokalos?,
XLIII-XLIV, 1997-1998, pp. 33-73.
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441 La societd contadina nella Sicilia di Gregorio Magno
cheologica di RJ.A. Wilson'6, che anche per i secoli del principato la condi
zione dell'isola fu assai piu florida di quanto non si fosse pensato, e che dun
que la prosperita notevole della fase tardoromana deve considerarsi come una
discontinuita positiva all'interno di una continuita complessiva: <<Uno svilup
po continuo che semmai subisce un'accelerazione>>7 e che solo la conquista
araba modifico definitivamente.
In questa evoluzione, va segnalato, in particolare, il saggio di Lellia Cracco
Ruggini, pubblicato nel 1980 nella Storia della Sicilia"8, che al mondo rurale
dedicava una per aliora inusuale attenzione assumendo fra gli autori-guida
Gregorio Magno e il suo Registrum epistolarum, in cui la Sicilia occupa un
posto di assoluta prevalenza fra le diverse aree del patrimonio petrino'9. Che
si fosse in un momento di transizione storiografica, lo si puo cogliere da una
notevole diversita di atmosfere fra le sezioni di quella Storia relative ai primi
secoli dell'impero, ancora aderenti all'idea di Biagio Pace20 secondo cui la pax
augustea segno per l'isola una fase secolare di marginality2', e la trattazione in
novativa sul tardoantico, animata a tale riguardo da una prospettiva assai di
versa, nella quale le riforme amministrative della Tetrarchia, che avevano uni
to la Sicilia all'Italia, sono viste come la sanzione della recuperata centralita
mediterranea dell'isola, confermata dai rapporti che fra IV e VI secolo la Si
cilia sviluppo con aree nevralgiche del sistema imperiale: soprattutto con I'A
frica da un lato e con Roma e Costantinopoli dall'altro22. Subito dopo, nel
16 RJ.A. Wilson, Sicily under the Roman Empire. The Archaeology of a Roman Province, 36
B.C.-A.D. 535, Warminster, 1990.
17 Id., La Sicilia, cit., p. 287.
18 L. Cracco Ruggini, La Sicilia fra Roma e Bisanzio, in Storia della Sicilia, Napoli, 1980, III,
pp. 1-96.
191 dati in E. Caliri, Per la storia della Sicilia nell'et? di Gregorio Magno, Messina, 1977, pp.
31-49; la letteratura in Id., La mediterraneit? della Sicilia nell'et? di Gregorio Magno, in Ma
gna Greda e Sicilia. Stato degli studi e prospettlve di ricerca, Messina, 1999, pp. 471-482,
particolarmente pp. 474-475. Ancora utile P. Fabre, De patrimoniis Romanae Eccleslae
usque ad aetatem Carollnorum, Paris, 1892, pp. 53-93.
20 B. Pace, I barbarl e i bizantlnl in Sicilia, in ?ASS?, n.s., 1910, pp. 3-88; 1911, pp. 1-76,
293-324; Id., Arte e civilt? della Sicilia antica, IV, Roma-Napoli, 1949; ma questa linea pes
simistica si pu? far risalire alla Storia dei Musulmani in Sidlla di M. Amari, cos? come alla
Geschichte Siziliens Im Altertum di A. Holm; cfr. M. Mazza, La Sldlla fra Tardoantico e Al
tomedloevo, in Atti VI Convegno Internazionale sulla civilt? rupestre medioevale nel Mezzo
giorno d'Italia, Galatina, 1986, pp. 43-84, particolarmente pp. 47-48.
21 G. Clemente, La Sldlla nell'et? Imperiale, in Storia della Sicilia, cit., II, pp. 465-486; cfr.
Id., Conslderazlonl sulla Sicilia neu'Impero romano (III sec. a.C.-V sec. d.C), in ?Kokalos?,
XXVI-XXVII, 1980-1981, pp. 192-221. Ma il panorama archeologico offre uno scenario
assai meno depresso: RJ.A. Wilson, Towns of Sicily during the Roman Empire, in ANRW,
II, 11, 1, Berlin-New York, 1988, pp. 90-206; Id., Trade and Industry in Sicily, ivi, pp. 207
305.
22 Cracco Ruggini, La Sicilia, cit., pp. 7-9. In questa prospettiva si ? mosso il convegno su
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1982, in occasione della pubblicazione completa dei materiali della villa del
Casale - arricchita e stimolata dal dibattito del ventennio anteriore sulle eco
nomie schiavistiche antiche - si riapri una discussione rinnovata sulle ville e
suile strutture terriere23. Discussione che era gia iniziata in quello stesso anno
con il colloquio su un tema per quei tempi inedito: Cittd e contado in Sicilia
tra III e IV secolo d. C.24.
Ru?lo mediterr?neo della Sicilia nella tarda antichit? (Palermo 9-13 aprile 1997); si veda no
ta 15.
23 A. Carandini-A. Ricci-M. De Vos, Filosoflana. Immagine di un aristocr?tico romano al tem
po dl Costantino, Palermo, 1982; cfr. Fra archeologia e storia sociale: la villa dl Piazza Ar
merina, in ?OPUS?, II, 1983, pp. 532-602; G. Rizza, a cura di, La villa romana del C?sale
dl Piazza Armerina, Catania, 1988.
24AttldelColloqulo (Palermo 2-4 dicembre 1982), in ?Kokalos?, XXVIII-XXIX, 1982-1983,
pp. 315-543.
25 Si veda D. Bonneau, Communaut? rurale en Egypte Byzantine?, in ?Rec. de la Soc. J. Bo
din?, XLI, 1983, pp. 505-522.
26 A. Giardina, Esplosione di tardoantico, in ?Studi Storici?, XL, 1999, pp. 168 sgg.
27 Ch. Wickham, Framing the Early Middle Ages. Europe and the Mediterranean 400-800,
Oxford, 2005, particularmente il cap. Ill, Peasantries.
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beri, vincolati, inquilini ecc.) e piu per la convivenza di autarchia e mercato che
per la contrapposizione fra piccola proprieta autosufficiente e grande proprieta
speculativa. La contrapposizione dei due settori, introdotta nel dibattito sulle
economie premoderne da un celebre lavoro di W. Kula3" ove si sottolineava il
netto dualismo della proprieta feudale polacca, nell'epoca che ci interessa non
sussiste o, per meglio dire, e stata risolta. I ceti possidenti avevano infatti ab
bandonato la conduzione centralistica dei fondi schiavili senza contempora
neamente riservarsi una pars dominica a gestione diretta contrapposta a una pars
colonica. fl processo di conciliazione di autoconsumo e mercato non avvenne
pertanto fuori, bensi dentro I'azienda contadina, risultante dal frazionamento
delle proprieta in unita autonome: in fundi medi o in parti di fundi.
La peasant farm tardoromana per un verso produce per se e per un altro pro
duce, oltre che per il fisco, dei microsurplus in natura per la rendita, mentre
l'accumulo parcellare di grandi quantit'a di derrate alimentari di base e la suc
cessiva gestione commerciale sono curati dalla grande proprieta; quest'ultima,
abbandonata la produzione, si concentra primariamente sulla gestione della
rendita e sui rapporti con il mercato. Nonostante l'abbondanza di cifre in oro
per i canoni colonici che la documentazione tarda contiene, continuo a rite
nere che si tratti prevalentemente di contabilita, che nella prassi la rendita fos
se esatta in natura e che il rapporto fra contadini e mercato fosse scarso: sia
per debolezze intrinseche alla produzione contadina, sia (e forse ancor piu)
perche questo settore fortemente redditizio era ambito dalle varie categorie
possidenti e mercantili. Sarebbe erroneo pensare che gia prima del tardoan
tico questi meccanismi non esistessero. Basta leggere diversi lavori di M. Cor
bier per ritrovarli in azione nella tarda repubblica e nell'alto impero32. Ma cer
tamente in eta tarda essi assunsero, in Italia come nelle province, un ruolo as
solutamente dominante, di asse dei rapporti sociali, che prima non avevano.
Se non ho errato nella costruzione del modello, questi fattori economici con
sentono di parlare di un <<sistema agrario tardoantico>>" e di utilizzare empi
31 W. Kula, Teor?a econ?mica del sistema feudale. Proposta di un modello (Varsavia, 1962),
trad, it., Torino, 1970.
32 Ringrazio l'illustre studiosa che ha voluto di recente comunicarmi preziose osservazioni
sulle tematiche del presente lavoro e segnalo alcuni suoi importanti saggi: Propri?t? et ge
stion de la terre: grand domaine et ?conomie paysanne, in E. Fran?ois-R. Kirchoff, hrsg. v.,
Aspekte der historischen Forschung in Frankreich und Deutschland. Schwerpunkte und
Methoden, G?ttingen, 1981, pp. 11-29; Salaires et salariat sous le Haut-Empire, in Les ?D?
valuations? ? Rome. Epoque r?publicaine et imp?riale, Roma, 1980, pp. 86-95; Propriet? e
gestione della terra: grande propriet? fondiaria ed economia contadina, in A. Giardina-A.
Schiavone, a cura di, Societ? romana e produzione schiavlstica, I, Roma-Bari, 1983, pp. 441
443; Grande propriet? fondiaria e piccole azlende: la Gallia settentrionale In ?poca romana,
in Sodet? romana e Impero tardoantico, cit., III, pp. 701-702.
33 Fra i contributi che ho dedicato a questi problemi, bast? segnalare D. Vera, Forme e fun
zioni della rendita fondiaria nella tarda antichit?, in Societ? romana e impero tardoantico, cit.,
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nomiche da Aureliano a Costantino, in Storia dl Roma, cit., III/l, pp. 286-301; Id., L'eco
nom?a e le flnanze, ivi, pp. 761-762; E. Lo Cascio, a cura di, Terre, proprietari e contadini
dell'Impero romano. Dall'affltto agrario al colonato tardoantico, Roma, 1997.
37 Su villula, si veda Infra, testo corrispondente alie note 46-54; sugli altri termini, si vedano
E. Migliario, Terminolog?a e organlzzazlone agraria tra tardoantico e alto Medioevo: ancora su
?fundus? e casalls/?c?sale?, in ?Athenaeum?, LXXX, 1992, pp. 371-384, e D. De France
sco, La propriet? fondiaria nelLazlo, sec?lo IV-VII, storia e topograf?a, Roma, 2004, pp. 9-10
(ma, senza negarla In toto, ho qualche dubbio sull'equivalenza costante casa-fundus).
38 M. Kaplan, L'?conomie paysanne dans l'Empire byzantine du Veme au X?me si?cle, in ?Klio?,
LXVIII, 1986, pp. 198-199.
39 Sulla forte espansione dei vid tardoantichi nell'area di Segesta, si veda F. Cambi, Segesta.
I villaggi dl et? imp?riale, in Paesaggt e insediamenti rurall, cit.
40 Si veda nota 43.
41 Carandini, Fllosoflana, cit., pp. 22-26; contra RJ.A. Wilson, Luxury retrait. Fourth cen
tury style. A millionaire aristocrat in late Roman Sicily, in ?OPUS?, II, 1983, pp. 598-599.
Successivamente A. Carandini ha proposto, pi? plausibilmente, un vicus dominicale (Il la
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metri e nel IV secolo in forte decadenza (ma e assai piu verosimile un villag
gio annesso alla villa)42. D'altra parte, se villaggi e vile sono piu facilmente
rintracciabili, le abitazioni contadine, ben testimoniate nei documenti, hanno
lasciato assai labili segni sul terreno. Per fortuna, ora, nelle campagne meri
dionali, da prospezioni consapevoli delle problematiche economiche stanno
cominciando a emergere le case contadine sparse, <<l'elemento di maggiore no
vita e maggiormente caratterizzante il paesaggio tardoantico>>. Come da re
gola, si trova cio che si cerca. E come era da aspettarsi dall'entita dei canoni
colonici, oscillanti mediamente fra 2 e 4 solidi, si tratta sia di consistenti fat
torie medie e piccole sia di assai piu modeste abitazioni (peraltro imparago
nabili ai tuguri della fase della <<transizione>>)4.
E questa la dimostrazione che un piu stretto contatto dell'indagine sul terre
no con le fonti scritte darebbe indubbiamente un grosso aiuto alla costruzio
ne dei modelli insediativi. Cosi, sarebbe interessante verificare con qualche ri
cognizione la descrizione della vasta proprieta di Melania Giuniore nel terri
torio messinese: sessanta villulae, secondo la redazione latina della sua bio
grafia, coltivate da quattrocento servi agricultores44. La natura agiografica del
la fonte consiglia prudenza e la localizzazione in Sicilia e solo probabile45; e
tuttavia, almeno per quanto concerne le villulae (epoikia nella redazione gre
ca), il racconto raffigura una realta. I termini villula/epoikion sostanzialmen
te equivalgono a un fundus attrezzato con fattoria e terreni, mentre la media
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fra schiavi e villulae d'a unita poderali di taglia familiare, provviste ognuna di
sei-sette coltivatori46. Questa tenuta composta di ben sessanta fattorie rispon
de perfettamente alla tipica struttura frazionata della grande proprieta tar
doantica, la massa fundorum. L'ipotesi, oltre che nell'abbondante documen
tazione siciliana sulle massae, trova riscontro in una serie di cifre incrociabili
relative alle cellule produttive componenti una massa, e non deve suscitare
troppi sospetti l'altissimo numero di fondi riferito dal biografo, visto che
un'altra ereditiera di rango assai inferiore a Melania possedeva una massa com
posta di trentaquattro poderi47. Cosi, una fattoria di Lilibeo attestata da Gre
gorio Magno possedeva una dotazione di forza lavoro analoga - cinque schia
vi adulti e tre garzoni - rendendo al netto delle imposte 10 solidi annui48. Ora,
tale importo non si discosta grandemente dai canoni netti di tre fundi della
massa Pyramitana, sita nel territorio di Siracusa, coltivati da liberi e schiavi49.
Da questi dati, in cui si combinano due elementi che quasi mai le nostri fon
ti riportano congiuntamente - rendita e manodopera - si ricava che il reddi
to verosimile per la massa di Melania, doveva aggirarsi intorno ai 600 solidi
(10 solidi per 60 villulae). Anche questa cifra globale rientra perfettamente
nei rendimenti della grande proprieta siciliana, quali risultano sotto Costan
tino dal Liber Pontificalis, da un documento conciliare del 433, dalle lettere
del cubiculario ravennate Lauricius, datate intorno al 445, e dalla donazione
della massa Pyramitana al comes Pierius, eseguita nel 4895?.
E quasi superfluo aggiungere che nell'isola l'agricoltura era l'attivita econo
mica dominante. Cosi come e evidente la netta prevalenza dell'azienda fami
46 Hier., Ep. 66,14; H.A. Tac. 6,8; decisiva la combinazione casa/villula di Hier., Chron. 249c:
l'imperatore Valente, ferito nella battaglia di Adrianopoli, ?ad cuiusdam villulae casam de
portatus est?. Infatti, Ammiano, a proposito della medesima notizia, dice ?ad agrestem ca
sam relatas? (31, 13, 14), ed Eplt. Caes. 46, 2 riporta ?in casa deportatur?. Il fatto che Ago
stino (Ep. 10*, 3) usi villula per indicare (probabilmente) un villaggio africano non implica
che questo sia il significato nella Vita Melaniae (cos? invece C.R. Whittaker, Les fronti?res de
l'Empire romain, Paris, 1989, pp. 123-124; Id., Land, City and Trade in the Roman Empire^
Aldershot, 1993, cap. V). D'altra parte, Agostino usa villa con il significato inusuale di pic
colo fondo (Sermo 15,2; 345, 2; cfr. T. Kotula, ?Modlcam terram habes, id est vlllam?. Sur
une notion de ?villa? chez Saint Augustin, in ?L'Africa romana?, V, 1987, pp. 339-444).
47 Si veda P. Ital. 17 (donazione di Flavia Xantippes, figlia di un notarlus, della massa Pa
ganicensis [Segni] alla chiesa romana di Santa Maria Maggiore).
48 Gr. Magn., Reg. ep. 9, 233. Anche un fundus della massa Furiana (Tindari) dava 10 soli
di netti per anno (9,180-181). Si traita di cifre di tutto rispetto equivalenti al mantenimento
annuo di dieci bambini (Lex Visig. 4, 4, 1; CI. 1,7, 4) e di cinque suore a Roma (Reg. ep.
7, 23); si veda D. Vera, ?Massa fundorum?. Forme della grande propriet? e poterl della citt?
in Italia fra Costantino e Gregorio Magno, in ?MEFRA?, CXI, 1999, pp. 991-1025, parti
cularmente pp. 1014-1017.
49 P. Ital. 10-11 (Tj?der).
50 Vera, ?Massa fundorum?, cit., pp. 1000-1003.
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56 Ivi, 1, 42.
57 Ivi, 4, 28.
58 Ivi, 13, 37.
59 Paul. Noi, Carm. 20, 312-317.
60 S. Mazzarino, Aspetti sociali del quarto sec?lo. Rlcerche di storia tardo-romana, Roma, 1951,
p. 313.
61 P. Ital. 10-11 (Tj?der), 292.
62 Symm, Rel. 28; Vita Mel. (L) 18; Pall, H. Laus. 61; Gelas, Fr. 28 Thiel; Pel, Ep. 64 (Gas
so, 167-170); Cass, Var. 2, 18; P. Ital. 13 (Tj?der).
63 Pr. Sanctlo 45.
64 Gr. Magn, Reg. ep. 9, 30.
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derato tuttavia che nell'ambito della schiavitu rurale in eta tarda in Italia pre
valgono decisamente le tipologie familiari, e considerato che in situazioni com
parabili alla Sicilia lo schiavo deracinee doveva essere un'eccezione', e assai
probabile che si trattasse di contadini con moglie e figli installati, sembrereb
be, su poderi autonomi o che, comunque, coltivavano appezzamenti di terra
in sostanziale autonomia. In un caso di fuga, Gregorio dispose che lo schiavo
diretto verso il Salento fosse riportato a Roma insieme ai congiunti&. Invece,
gli schiavi di un monastero di Napoli catturati in Sicilia non furono restituiti,
ma furono sistemati insieme alle loro famiglie sulle terre della Chiesa romana
con le seguenti istruzioni: <<Di tutti i frutti che produrra il loro lavoro, sottratta
la parte necessaria al loro sostentamento, il resto sia trasmesso al suddetto mo
nastero>>67. Un destino analogo, la quit-rent farm, e prescritto per gli schiavi pa
stori siciliani dopo la chiusura degli allevamenti equini: <<Siano distribuiti nei
fondi della Chiesa, affinche rendano qualcosa coltivando la terra>>68.
I domini sanno che la parentela conferisce forza a queste cellule produttive (le
quali d'altra parte si sentono tutelate dall'appartenenza a solide strutture pa
trimoniali, come indica l'atteggiamento emblematico delle migliaia di servi-co
loni di Melania e Piniano che rifiutano la manumissione)69 e percio le proteg
gono. Ecco perche il divieto di Costantino di scomporre le famiglie servili del
le terre imperiali di Sardegna divenne norma generale nel Codice Teodosiano70,
perche la fantasiosa Historia Augusta puo raccontare che Aureliano progetta
va di ripopolare le campagne della Tuscia con famiglie di prigionieri barbari71,
perche in nuclei familiari furono effettivamente insediate nella pianura pada
na le tribut germaniche sottomesse da Valentiniano I e da Graziano72.
Riunendo i dati della documentazione, si delinea in Sicilia l'immagine sociale
ed economica della <<azienda contadina che produce rendita>>, sia nella forma
del podere, sia in quella, solo teoricamente ipotizzabile ma niente affatto im
probabile, di una famiglia residente in un villaggio che coltiva le terre circo
stanti spostandosi pendolarmente fra il vicus e la campagna.
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452 Domenico Vera
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454 Domenico Vera
81 Si veda ora sul personaggio l'importante messa a punto di A. Giardina, Casslodoro pol?
tico, Roma, 2006.
82 Var. 8, 31, 2: ?vivunt illic rustid epulis urbanorum?; si veda C. Lepelley, Un ?loge no
stalgique de la cit? classique dans les ?Varlae? de Cassiodorus, in Haut Moyen-Age. Culture,
?ducation et soci?t?. Etudes offertes ? Pierre Riche, ?d. par M. Sot, Paris, 1990, pp. 33-47.
83 Si veda K.R. Bradley, Slaves and Masters In the Roman Empire. A Study In Social Control,
Bruxelles, 1984, pp. 117-118.
84 Var., 8, 33, 4; sulla questione, si veda da ultimo C. Lorenzi, ?Si quls a sanguine Infantem
...comparaverit?. Sul commerclo delflgll nel tardo Impero, Perugia, 2003; M. Garc?a Morcil
lo, Las ventas por subasta en el mundo romano: la esfera privada, Barcelona, 2005, pp. 237
240.
85 Var. 8,31,2.
^Proc?. Goth. 3,22,20.
87 Var. 1, 45.
88 Ivi, 13, 5, 4.
89 Ivi, 6, 9, 2.
90 Ivi, 8, 32, 4; cfr. Ennod, Ep. 6, 10 (rustica temeritas).
91J. Le Goff, I contadini e ll mondo rurale nella letteratura dell'alto Medioevo (secoli V e VI),
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stato che cio rappresenti una novita rispetto alla precedente letteratura clas
sica e ha sostenuto, al contrario, che si assiste al fenomeno ?dell'emergere im
ponente della societa contadina nella cultura>>, testimone primario di questa
tendenza essendo il manuale di agricoltura di Palladio, rivolto si ai domini co
me lettori diretti, ma composto in modo che essi ne potessero comunicare i
contenuti ai rustici <<non necessariamente tramite lettura, ma piuttosto attra
verso una fruizione che dobbiamo immaginare piu ampia e complessa>>. Tut
to cio nel contesto di quella forte integrazione sociale, culturale ed economi
ca fra ceti possidenti e ceti rurali che caratterizza le strutture del latifondo tar
doantico92.
Basterebbe la sequela dei pregiudizi di Cassiodoro per dimostrare che la cul
tura dell'epoca non ignora di certo il mondo rurale - in questo senso, la no
zione di occultamento risulta fuorviante - ma ne parla con andamenti e stili
fortemente variabili facendo prevalere i propri valori in funzione delle pro
prie finalita. Cosf, la figura del contadino, soggetto passivo nel Registrum, ri
compare in veste di protagonista nei Dialogi, che ambiscono a dare una de
scrizione piu realistica, seppur spesso caricaturale, dei paesaggi umani delle
campagne93.
Fra le posizioni dei due studiosi sussiste comunque una dissonanza, nel sen
so che Le Goff si riferisce <<al piccolo contadino libero>> ben distinto dagli
schiavi rustici e dai coloni, ma la sua trattazione poi coinvolge anche queste
figure - e pour cause! - nella nozione di mondo contadino: <<Libero o non-li
bero, il contadino dell'alto Medioevo e profondamente disprezzato>>. Giardi
na, invece, si riferisce essenzialmente ai contadini dipendenti, i coloni, che po
tevano essere indifferentemente liberi o schiavi senza che cio modificasse l'or
ganizzazione della produzione agricola. Ma quanto le diverse componenti del
l'universo rurale fossero intrecciate lo rivela proprio Palladio, il quale fra i
precetti basilari del suo trattato agronomico sconsiglia di affittare campi ?a
un contadino che possiede terre confinanti>>94.
Se, inoltre, come pare di capire, al centro del dissenso stanno i valori dei ce
ti dominanti, <letteratura>> appare una categoria terribilmente ambigua. Si po
trebbe distinguere fra una rappresentazione del contadino intenzionalmente
letteraria, come la commedia Quaerolus, e una rappresentazione non inten
zionalmente letteraria, come una epistola privata di Simmaco95, o un sermone
ora in Tempo della Chiesa e tempo del mercante, trad, it., Torino, 1977, pp. 99-113, parti
cularmente pp. 104-105.
92 Giardina, L'Italia romana, cit., pp. 302 sgg.
93 Sulla questione della autenticit? dei Dialogl, si veda R. Godding, Tra due anniversari: Gre
gorio Magno alla luce degli studi recenti (1991-2003), in Gregorio Magno nel XVI centena
rio della morte, Roma, 2004, pp. 99-102.
94 Pall., Op. agr. 1, 6, 6.
95 Per esempio Symm., Ep. 3, 23.
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98 Gr. Magn., Reg. ep. 2, 38; 5, 7; 9, 10; 43; 233; Vita Mel. (L) 18; P. Ital. 10-11 (Tj?der).
La connessione fra operae e colonato ? attestata anche in Italia settentrionale (P. Ital. 3, Tj?
der) e in Sardegna (Reg. ep. 9, 203).
99 Ambr., Ep. 2, 12 e 31; De Tobla 92; Paul. Noi., Carm. 20, 312-313; Petr. Chrys., Sermo
170; cfr. W. Scheidel, Grundpacht und Lohnarbeit in der Landwirtschaft des r?mischen Ita
lien, Frankfurt am M., 1994.
100 P. Dipl. 120; Cod. trad. Eccl. Rav. (Bernhardt) 38, 60, 61, 72; Pel., Ep. 64 (Gass?, 167
170).
101 An. r. bell. 2, 5.
102 Aug., Ep. 20*, 20, 2.
103 Si veda su queste cat?gorie nella Pars Ocddentis V. Neri, I marginali nell'Ocddente tar
doantico. Poveri, ?Infames? e criminali nella nascente sodet? cristiana, Bari, 1998 (Mu?era,
12); per l'Oriente rimane fondamentale ? classico libro di E. Patlagean, Pauvret? ?conomi
que et pauvret? sociale ? Byzance (4e-7e si?cles), Paris-La Haye, 1977.
104 Oltre al saggio importante di D. Grodzynski, Pauvres et indigents, vils et pl?b?iens (une
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prietario terriero che non rientri nella fascia alta dei <<ricchi>> e per definizio
ne, rispetto a questi, un <<povero>>05.
Ancora una volta, Gregorio Magno, certi suoi comportamenti, certe sue ter
minologie si rivelano preziosi. Cosi, se la tassa di matrimonio non potra su
perare il limite di un solido per coloni che lui definisce <<ricchi>>, i coloni <<po
veri>> verseranno una cifra inferiore'". In un'altra occasione, nel decretare un
rimborso compensativo di ingiuste esazioni effettuate dagli affittuari generali
delle massae, il papa prescrive all'amministratore del patrimonio siracusano
di individuare prima i fittavoli <<poveri e indigenti>> e di indennizzate questi
<<piu poveri>> con denaro o col dono di pecore, maiali e vacche appositamen
te acquistati, ma poi delibera che il rimanente denaro sia distribuito <<a ognu
no in proporzione della sua poverta'>>07. E dunque: solo <<poveri>> e <<piu po
veri dei poveri>>. In base a questi criteri, le distinzioni del ceto contadino fi
niscono quasi per annullarsi e tendono a configurarsi come le tonalita di un
indistinto, deprimente, colore bigio.
E evidente, invece, che, come in ogni societa rurale, all'interno del contadi
name siciliano esistono graduazioni non irrilevanti. Alcuni fattori, quali la di
sponibilit'a di parcelle di terra (come il colono del Siracusano, Argenius, che
ricevette in usufrutto un campetto)108, o di animali da lavoro109, o di uno schia
vol1o, o di una figliolanza abbondante - meglio se maschilel1 - fanno una gran
dissima differenza e determinano le vere gerarchie interne nel mondo rurale.
Nell'impero bizantino dominato dall'azienda autosufficiente (autarkikos), la
quantita di terra lavorata e meno importante degli strumenti agricoli, e la ge
rarchia fra i paysans si misura in coppie di buoi. <<Ricco>> e chi possiede due
coppie (digeuzitos), una coppia (zeugaratos) <<evita di morire di fame>>12; un
?tude terminologique sur le vocabulaire des petites gens dans le Code Th?odoslen), si veda da
ultimo J.-M. Carri?, ?Nlhll habens praeter quod Ipso die vestlebatur?: comment d?finir le
seuil de pauvret? ? Rome, in ?Consuetudlnls amor?. Fragments d'histoire romaine (IIe-VT si?
cles) offerts ? Jean-Pierre Callu, Roma, 2003, pp. 71-102. Sul significato dilatato di pauper,
rimando alle illuminanti osservazioni di P. Brown, Power and Persuasion In Late Antiquity.
Towards a Christian Empire, Madison (Wise), 1992, pp. 99-100, poi sviluppate in Poverty
and Leadership In the Later Roman Empire, Hanover-London, 2002.
105 Mi limito a citare tre casi emblematici riferibili, rispettivamente, a Italia, Gallia, Africa:
Ambr, De Nab. 1; Salv, Gub. Dei 5, 8, 38-44; Aug., Sermo 15, 2.
mReg.ep. 1,42.
107 Ivi, 13,37.
108 Ivi, 9, 37.
109 Ivi, 13,35.
110 Gr. Magn, Dial. 1, 1; ILS 1455, Dig. 9, 2, 27, 9-11; 19, 2, 30, 4; Edict. Theoder. 150; Te
stamentum Remigii (MGH. SS. RR. Merov. 3, 338).
111 Ambr, De Nab. 20; Gr. Magn, Reg ep. 9, 43 (caso siciliano che sembra rientrare nella
casistica contemplata da CL 11, 48, 22, 4-5).
112 Vita dlSan Fllarete (BHG 1511z), 125; cfr. Kaplan, L'?conomie paysanne, cit., pp. 205-207.
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bue solo o nessun bue segnano la caduta nella poverta vera per i bordatoi e
per i ?nullatenenti>> (aktemones/aporoi).
113 Si veda A.V. Chayanov, On the Theory of Peasant Economy, edited by D. Thorner, B. Ker
blay, R.E.F. Smith, with a foreword of Th. Shanln, Manchester, 1966, particularmente pp.
17, 82.
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460 Domenico Vera
114 Chayanov, On the Theory, cit., p. 2; ma si veda Thorner, L'?conomie paysanne, cit.
115 Plin., Ep. 3, 19, 7, e 9, 37; cfr. D. Kehoe, Allocation of risk and investment on the estates
of Pliny the Younger, in ?Chiron?, XVIII, 1988, pp. 15-42.
116 Chayanov, On the Theory, cit., p. 17.
117 K. Hopkins, Rents, Taxes, Trade and the City of Rome, in E. Lo Cascio, a cura di, Mer
cati permanenti e mercatl periodici nel mondo romano, Bari, 2000, pp. 257-259.
118 Si veda nota 113.
119 Vera, Propriet? ternera, cit., pp. 151 sgg.
120 Hered. 24.
121Ambr., Off. min. 3,47.
122 Gaud. Brix., Sermo 13; cfr. Max. Taur., App. Sermo 26.
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