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Claudio Bonati
25 febbraio 2015
Indice
1 Verifiche sperimentali della dilatazione temporale relativistica 2
1.1 Esperimento di Rossi-Hall [1] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
1.2 Limpulso efficace p . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.3 Lesperimento di Hafele e Keating [2, 3] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.4 Vita media di agli anelli di accumulazione [4] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
7 Bremsstrahlung 28
9 Effetto M
ossbauer 33
Bibliografia 42
1
200g/cm2 Fe
S
196g/cm2 Pb
B
115g/cm2 Pb
2
(S) potere assorbente equivalente a 200g/cm2 di ferro
(blocco centrale) potere assobente equivalente a 196g/cm2 di piombo (lo strato direttamente sopra
il rivelatore A serve per schermare la componente soffice dei raggi cosmici)
() potere assorbente equivalente a 115g/cm2 di piombo
Sono presenti anche schermi laterali per limitare langolo di incidenza dei : idealmente si vorrebbe
che langolo di incidenza fosse tale che, se non fossero presenti gli schermi orizzontali, tutte le
particelle passanti attraverso A arrivassero anche a B e C.
Si `e interessati a studiare i seguenti eventi:
(coincidenze) rivelazione simultanea del passaggio di una particella nei rivelatori A, B e C (chia-
ramente simultanea per la risoluzione temporale dellapparato, che nel caso in esame era
di circa 105 s, quindi due eventi con t . 105 s sono considerati come contemporanei)
in quento il secondo termine della differenza `e dovuto interamente ai sistematici. Nel seguito
quando si parler`
a di anticoincidenze si intender`a sempre la differenza .
modalit`
a di misura coincidenze anticoincidenze
E. Lake con S N1 n1
E. Lake senza S N10 n01
Denver senza S N2 n2
Le misure sono state effettuate a Denver ed a Echo Lake, essendo questa ultima localit`a pi` u
elevata di 1624m rispetto a Denver (differenza di altitudine corrispondente a 147g/cm2 di aria). I
dettagli delle misure sono riportati, insieme alle notazioni, in Tab. (1).
Alle energie considerate in questo esperimento si ha che 147g/cm2 di aria hanno una capacit`a
di schermaggio analoga a quella di 200g/cm2 di ferro, quindi se i muoni fossero stabili si dovrebbe
avere N1 = N2 e n1 = n2 , mentre sperimentalmente si ottiene N1 > N2 e n1 > n2 , fatto spiegabile
3
tramite il decadimento dei muoni nei 1624m di dislivello che separano le due localit`a in cui `e stato
realizzato lesperimento.
Se indichiamo con 0 il tempo di vita medio di un muone a riposo, il tempo di vita medio di
un muone che si muove con velocit`a `e, a causa della dilatazione relativistica dei tempi,
0
=p (1.2)
1 2
quindi le particelle pi`
u lente decadranno prima. Questa previsione `e supportata dal fatto che
sperimentalmente si osserva
n01 n2
> (1.3)
N10 N2
cio`e la frazione di muoni lenti cresce con la quota. Bisogna tuttavia notare che il valore sperimentale
di n/N non `e completamente affidabile, in quanto le misure di N e n sono affette da errori siste-
matici diversi, che non si semplificano generalmente nel rapporto, come invece ci si aspetterebbe
accadere per rapporti del tipo di n2 /n1 .
Per procedere oltre `e necessario sapere a che intervallo di impulsi corrispondono i mesoni in
anticoincidenza, cio`e quelli che riescono ad attraversare 196g/cm2 di piombo ma non 311g/cm2 .
La perdita di impulso di un muone dovuta alla sua interazione con la materia `e ben descritta dalla
cosiddetta formula di Bethe-Bloch, che `e una equazione differenziale della forma
dp
= funzione nota di (1.4)
dx
e dallintegrazione numerica di questa equazione si ottiene che un muone rivelato in anticoincidenza
ha un impulso p compreso nellintervallo
Denotiamo ora con w12 la probabilit`a di sopravvivenza di un muone tra due quote z1 e z2
(z1 > z2 ) cio`e la probabilit`
a che un muone presente alla quota z1 non si disintegri prima di arrivare
alla quota z2 . Il rapporto n2 /n1 `e allora il valore sperimentale di w12 per i mesoni tra le due quote
dellesperimento aventi allarrivo un impulso compreso nellintervallo (1.5).
Consideriamo dapprima il caso ideale in cui si possa trascurare la perdita di impulso del muone
nella sua discesa. Allora la sua lungezza media di sopravvivenza `e data dallespressione
p0
L = = (1.6)
m
e w12 sarebbe data da
z1 z2
log w12 = (1.7)
L
Nel caso in cui sia presente perdita di impulso, lequazione Eq. (1.7) continua ad essere vera,
dove per` o ora si ha
p0
L= (1.8)
m
e p `e un impulso efficace, la cui espressione `e ottenibile con alcune ipotesi semplificative (vedi
seguito). Per ora notiamo solo che allintervallo Eq. (1.5) corrisponde
4
1.2 Limpulso efficace p
Denotiamo con y la profondit` a atmosferica, cio`e il rapporto pressione/g (dove g `e la accelerazione
di gravit`
a e chiaramente y cresce con il decrescere della quota su livello del mare). La probabilit`a
per un muone di arrivare senza decadere alla profondit`a y + y `e (z `e come in precedenza la quota)
z mz my
w(y + y) = w(y) 1 + = w(y) 1 + = w(y) 1 (1.11)
L 0 p 0 p
a atmosferica alla profondit`a y e si `e usata la relazione y = z. Quindi la
dove `e la densit`
funzione w(y) soddisfa lequazione differenziale
1 dw m
= (1.12)
w dy 0 p
Se si suppone che la perdita di impulso sia lineare nella profondit`a
y = y exp(z/z0 ) z0 y/ (1.15)
Integrando lequazione Eq. (1.14) tra y1 e y2 con la condizione iniziale w(y1 ) = 1 (cio`e la particella
arriva sicuramente in y1 ) si ottiene quindi
m 1 y2 p2 + a(y2 y1 )
log w12 = z0 log (1.16)
0 p2 + ay2 y1 p2
5
Figura 2: Figura originale dellarticolo di Hafele e Keating in cui si confrontano i valori attesi con
la precisione di misura.
v2
d 1 2 dt (RR) (1.19)
2c
Poich`e gli aerei voleranno a quote diverse `e necessario tenere in considerazione anche un effetto di
relativit`
a generale: nel limite di campo gravitazionale debole la previsione di relativit`a generale `e
data da
v2
d 1 + 2 2 dt (GR) (1.20)
c 2c
dove = GM/r `e il potenziale gravitazionale.
Lorologio rimasto fermo al suolo ruota con velocit`a v = R, dove `e velocit`a angolare di
rotazione terrestre e R il raggio terrestre e quindi il tempo proprio da lui misurato sar`a dato
dallespressione (si supporr`
a per semplicit`a che tutti i moti avvengano sul piano equatoriale; la
generalizzazione `e banale ma le formule si complicano notevolmente)
Z tf
R 2 2
GM
0 = d = 1 2 t0 (1.21)
ti c R 2c2
dove t0 `e la differenza della coordinata temporale, che chiaramente non `e osservabile direttamente.
A questo punto si deve considerare il caso degli aerei, in moto con velocit`a v rispetto al suolo.
Poich`e siamo interessati solo al termine dominante in uno sviluppo in potenze di 1/c e v compare
in Eq. (1.20) moltiplicato per 1/c2 , si pu`o utilizzare la regola di somma galileiana delle velocit`a,
quindi laereo avr` a, rispetto ad un osservatore inerziale, velocit`a u (R + h) + v dove h `e la
quota di volo, quindi la sua differenza di tempo proprio `e data da
6
Poich`e i voli percorrono rotte diverse ma i punti iniziali i finali sono gli stessi, si ha nelle equazioni
Eq. (1.21) e Eq. (1.22) t = t0 , quindi si ottiene per il rapporto /0 la predizione
GM [R(1+h/R)+v]2
1 c2 R(1+h/R) 2c2
= GM R2 2
(1.23)
0 1 c2 R 2c2
gh 2Rv + v 2
=1+ 2 (1.24)
0 c 2c2
dove `e stata introdotta la accellerazione superficiale di gravit`a g = GM/R2 R2 .
est west
esperimento 59 10 273 7
teoria 40 23 275 21
e + + nu
e + e+ + + nue (1.28)
quindi uno studio del tempo di decadimento dei pu`o procedere nel seguente modo:
1. si iniettano dei muoni nellanello di accumulazione
2. si studia landamento nel tempo del flusso degli elettroni uscenti
7
In un caso ideale il numero di elettroni emessi seguirebbe esattamente lespressione N = N0 et/ ,
dove N0 `e il numero dei muoni iniziali e la vita media dei muoni. In realt`a sono presenti alcune
difficolt`
a pratiche quali ad esempio:
1. alcuni muoni possono sfuggire dallanello di accumulazione prima di essere decaduti
2. alcuni degli elettroni di decadimento possono sfuggire alla rivelazione
3. `e necessario verificare che i segnali rivelati corrispondano effettivamente al decadimento dei
muoni e non ad un fondo che eventualmente andrebbe sottratto
Il risultato fondamentale dellesperimento `e il seguente: il valore di `e stato stimato essere
= 29.327(4) ed indicando con + la vita media misurata dei + e con + 0 la vita media di un
muone a riposo (nota da altri esperimenti), si `e ottenuto
0+ + /
+ = 64.419(58)s = 64.368(29)s = (2 9) 104 (1.29)
0+
Il risultato riportato per la verifica della dilatazione dei tempi `e quello per + in quanto il corri-
spondente tempo di decadimento a riposo era conosciuto con maggiore accuratezza e quindi il test
`e pi`u significativo.
Questo esperimento `e particolarmente significativo per il fatto che i muoni nellorbita circolare
sono sottoposti ad una accellerazione di circa 1018 g, quindi i risultati pongono limiti molto stretti a
possibili violazioni dipendenti dalla accellerazione della legge relativistica di dilatazione dei tempi.
Altro risultato importante `e che le vite medie dei risultano compatibili; dal punto di vista teorico
`e infatti un risultato fondamentale (legato fondamentalmente allinvarianza di Lorentz delle teorie
fondamentali) che le vite medie di particella ed antiparticella risultino eguali.
8
Integrando Eq. (2.1) in p0 si ottiene
M p0
dn = |hn, p0 |U |0, pi|2 do0 (2.5)
4 2 ~4
dove do0 `e lelemento di angolo solido relativo alla particella uscente e p0 `e dato da
p2 p02
= En E0 (2.6)
2M
Sostituendo in questa formula le espressioni esplicite per p e p0 date in precedenza si ottiene
2
M 2 p0
Z
iqr
n 0 d dr do0
dn = Ue (2.7)
4 2 ~4 p
dove ~q = p p0 `e limpulso trasferito, d = dr1 drZ e n , 0 sono gli orbitali atomici (quindi
funzioni di r1 , . . . rZ ). A causa dellortogonalit`a di 0 e n (n > 0), il termine coulombiano del
nucleo nellinterazione Eq. (2.2) non contribuisce allelemento di matrice e si ha quindi
Z Z 2
M 2 p0 X ze2
iqr
dn = e n 0 d dr do0 (2.8)
4 2 ~4 p |r r |
a=1 a
Lintegrazione in dr pu`
o a questo punto essere effettuata utilizzando la nota espressione per la
trasformata di Fourier del potenziale coulombiano:
eiqr
Z
4
dr = 2 eiqra (2.9)
|r ra | q
ottenendo * Z +2
2
ze2 M 4p0
X
iqra
dn = n e 0 do0 (2.10)
~2 pq 4
a=1
` ora conveniente riscrivere questa sezione durto differenziale in termini della variabile q invece
E
dellangolo solido: da
~2 q 2 = p2 + p02 2pp0 cos (2.11)
si ottiene, per una data perdita di energia (cio`e fissati p e p0 ), lespressione
pp0 0
~2 qdq = pp0 sin d = do (2.12)
2
(avendo usato linvarianza assiale del problema) e quindi Eq. (2.10) diventa infine
2 * Z +2
ze2
dq X
iqra
dn = 8 n e 0 (2.13)
~v q3
a=1
dove v `e la velocit`
a della particella incidente.
Si vuole ora calcolare il rallentamento efficace (q1 ) dato da
X Z q1
(q1 ) = (En E0 )dn (2.14)
n qmin
cio`e la perdita totale di energia dovuta agli urti con trasferimento di impulso ~q1 . Notiamo subito
che lintegrale e la sommatoria non possono essere scambiati di posto, in quanto qmin dipende da
n: considerando il caso di piccoli trasferimenti di impulso, cio`e p p0 p, allora
p2 p02 p
En E0 = (p p0 ) = v(p p0 ) = ~vq (2.15)
2M M
9
e si ottiene quindi
En E0
qmin = (2.16)
~v
Per procedere oltre `e conveniente spezzare lintegrale nellequazione Eq. (2.14) in due termini:
Z q1 Z q0 Z q1
= + (2.17)
qmin qmin q0
dove q0 `e scelto in modo che q0 a0 1, dove a0 `e una scala di lunghezza tipica atomica.
Consideriamo ora il primo dei due integrali, quello con qmin q q0 : poich`e in questo
intervallo di momenti si ha tipicamente qra 1, nellequazione Eq. (2.13) si pu`o effettuare una
approssimazione di dipolo, cio`e si sviluppa lesponenziale e si considera solo il primo termine non
nullo. Scriviamo
eiqra 1 iqra = 1 iqxa (2.18)
dove si suppone lasse x orientato lungo q. A causa dellortogonalit`a di |ni e |0i, sostituendo questo
sviluppo in Eq. (2.13) si ottiene
ze 2 dq
dn = 8 |hn|dx |0i|2 (2.19)
~v q
PZ
dove dx = e a=1 xa `e loperatore di dipolo elettrico. Il contributo dato al rallentamento efficace
da questo intervallo di momenti `e quindi uguale a
ze 2 X Z q0
2 dq
(q0 ) =8 |hn|dx |0i| (En E0 ) =
~v n qmin q
ze 2 X (2.20)
q0 ~v
=8 |hn|dx |0i|2 (En E0 ) log
~v n
En E0
Per effettuare le somme presenti nelle equazioni Eq. (2.20) e Eq. (2.21) si utilizza una regola
di somma che dedurremo ora: consideriamo un generico operatore, che indicheremo con f . Le
equazioni del moto delloperatore f sono date da
i
f = [H, f ] (2.22)
~
dove H `e la hamiltoniana del sistema, quindi si ha in particolare la relazione tra gli elementi di
matrice
i i
h0|f|ri = h0|(Hf f H)|ni = (E0 En )h0|f |ni (2.23)
~ ~
da cui si ottiene
X X
(En E0 )|h0|f |ni|2 = (En E0 )h0|f |nihn|f + |0i =
n n
X (2.24)
= i~ h0|f|nihn|f |0i = i~h0|ff + |0i
+
Nel caso particolare in cui le funzioni donda sono reali (come per gli orbitali atomici) si ha h0|f |ni =
hn|f |0i e quindi (vedi Eq. (2.23)) h0|f|ni = hn|f|0i. Di conseguenza la seconda riga dellequazione
Eq. (2.24) si pu`o anche scrivere
X
= i~ hn|f|0ih0|f + |ni = i~h0|f + f|0i (2.25)
n
10
quindi si ottiene la regola di somma
X i~
(En E0 )|h0|f |ni|2 = h0|[f, f + ]|0i (2.26)
n
2
PZ
Utilizziamo ora la regola di somma con loperatore f = a=1 eiqra : non `e difficile verificare
che si ha
Z Z
X X i~
f= eiqra f + = e+iqra [f, f + ] = q 2 Z (2.27)
a=1 a=1
m
dove m `e la massa elettronica, che compare nel termine cinetico dellhamiltoniana. La regola di
somma diventa allora (regola di somma di Bethe)
* +2
Z
X X
iqra ~2 q 2
(En E0 ) n e 0 = Z (2.28)
n
a=1
2m
Zz 2 e4 2mv 2
= 4 2
log (2.34)
mv I
Questa `e lespressione della perdita media di energia di una particella di massa M e carica ze
dovuta allurto con un atomo con Z elettroni di massa m. Consideriamo ora il caso di un mezzo
invece di un singolo atomo: se si suppone che la densit`a del mezzo sia sufficentemente piccola da
11
poter trascurare gli effetti collettivi del mezzo, allora la perdit`a di energia per unit`a di lunghezza
in un mezzo con densit` a numerica N `e data da
dE Zz 2 e4 2mv 2
= 4N log (2.35)
dx mv 2 I
che `e il corretto limite di bassa energia dellequazione 13.14 di J. D. Jackson Clasical electrody-
namics
dE Zz 2 e4 n 2 2 2 mc2 2
o
= 4N log (2.36)
dx mc2 2 I
Vediamo infine la condizione affinch`e sia sensato trascurare gli effetti collettivi del mezzo: con-
sideriamo un sistema con una frequenza caratteristica 0 , allora i tempi di risposta caratteristici
del sistema sono dellordine di 1/0 e tutte le perturbazioni con scale temporali maggiori risultano
adiabatiche (e quindi non generano eccitazioni del sistema e perdita di energia del proiettile). Una
carica elettrica in moto uniforme con velocit`a v e con parametro di impatto b genera un campo
elettrico con tempi scala caratteristici dellordine b/(v) (vedi seguito), quindi il parametro di
impatto massimo che genera eccitazioni atomiche `e dellordine di
v
bmax (2.37)
0
Ek0 = Ek 0
E = (E + B)
(2.39)
Bk0 = Bk 0
B = (B E)
quindi in particolare b + vt = r r 0 = b + vt e
b + vt
E 0 (r 0 ) = Ek0 (r 0 ) + E
0
(r 0 ) = Ek (r 0 ) + E (r 0 ) = e (2.41)
(b2 + v 2 2 t2 )3/2
da cui si vede che il tempo caratteristico per cui il campo agisce `e b/(v).
12
3 Deduzione macroscopica della formula di Bethe non rela-
tivistica e il caso di piccole velocit`
a
Si vedr`
a in questa sezione come dedurre la formula di Bethe non relativistica macroscopicamente
seguendo aprossimativamente la sezione 113 di [6]. Indicando con E, B i campi nel vuoto, le
equazioni di Maxwell nel mezzo di scrivono come
1 D 4
B =0 H = + j
c t c (3.1)
1 B
D = 4 E =
c t
ed in trasformata di Fourier si ha
B(k, ) = (k, )H(k, )
(3.2)
D(k, ) = (k, )E(k, )
Consideriamo il campo generato da una carica ze in moto con velocit`a v non relativistica: le
equazioni che servono sono
D = 4 E 0 (3.4)
con = ze 3 (r vt). Considerando la trasformata della prima equazione si ottiene
mentre dalla seconda si ottiene E = e quindi E(k, ) = ik(k, ). Unendo questi due
risultati si ottiene
8 2 ze( vk)
(k, ) = (3.6)
k 2 (k, )
e quindi per il campo elettrico
k( vk) i(krt)
Z Z
2ze
E(r, t) = i dk d 2 e =
(2)2 k (k, )
Z (3.7)
2ze k
=i dk 2 ei(krkvt) =
(2)2 k (k, kv)
13
A questo punto supponiamo lasse x diretto lungo v ed introduciamo la notazione
q
= vkx q = ky2 + kz2 (3.11)
2
quindi vk = e dk = dkx 2qdq = v dqdq e lequazione Eq. (3.10) diventa
(ze)2
Z
dE q
=i ddq (3.12)
dx ( 2 + v 2 q 2 )(k, )
(ze)2 +
Z Z q0
dE q 1
= d dq 2 = (3.14)
dx 0 ( + v 2 q 2 ) ()
` un fatto generale che la parte immaginaria di 1/ `e dispari nella frequenza (un esempio si vedr`a nel
E
seguito), quindi si pu`o limitare lintegrale in al solo semiasse positivo (chiaramente moltiplicando
per 2). Lintegrazione in q pu` o a questo punto essere effettuata esplicitamente, ottenendo infine
(per la scelta di q0 si ha q02 v 2 + 2 q02 v 2 )
2(ze)2 + q v
Z
dE 0 1
= d log = (3.15)
dx v 2 0 ()
+ x + 02 x) = eE
m(x (3.16)
14
e se supponiamo il campo E un campo monocromatico con frequenza e indipendente dalla
posizione, si ottiene allora per la polarizzazione indotta
2
e E
p ex = (3.17)
m 02 2 i
Se consideriamo un mezzo con N atomi per unit`a di volume e supponiamo non siano presenti effetti
collettivi (lipotesi fondamentale della formula di Bethe), allora si ottiene
4e2 N 1
(k, ) = 1 + 2 (3.18)
m 0 2 i
Un caso pi`
u realistico si ottiene
P nel caso in cui siano presenti diverse frequenze j ed i vari modi
abbiano intensit`
a fj , con fj = Z (f sum rule). In questo caso
4e2 N X fj
(k, ) = 1 + 2 (3.19)
m j
j 2 ij
1 4e2 N X fj
1 2 2 i (3.20)
(k, ) m j
j j
1 1
lim+ = P i(A) (3.21)
0 A i A
per calcolare la parte immaginaria di Eq. (3.20), ottenendo
4 2 e2 N X h
1 i
= = fj (j2 2 )() (j2 2 )() (3.22)
(k, ) m j
che soddisfa le ipotesi precedentemente usate: `e dispari in e non dipende dal vettore donda.
Usando questo risultato nellequazione Eq. (3.15) si trova
+
8e2 (ze)2 N
Z
dE q v X
0
= d log fj (j2 2 ) (3.23)
dx mv 2 0 j
1
Poich`e lintegrale `e esteso solo al semiasse positivo, (j2 2 ) `e equivalente a 2 (j ) quindi
4e2 (ze)2 N X
dE q0 v
= fj log (3.24)
dx mv 2 j
P
Ricordando che fj = Z si ha
P
X q0 v fj log j ~q0 v
fj log = Z log(q0 v) Z = Z log(q0 v) Z log(I/~) = Z log (3.25)
j Z I
dove si `e introdotto P
fj log j
log(I/~) = P (3.26)
fj
Quindi infine
Zz 2 e4
dE ~q0 v
= 4N log (3.27)
dx mv 2 I
15
che corrisponde al (q) dellequazione Eq. (2.32) della sezione precedente (moltiplicata per N , la
densit`a numerica del mezzo) nel caso in cui q = q0 ~/a, ovvero alla parte di pertida di energia
dovuta agli urti con piccolo trasferimento di impulso.
Consideriamo ora il caso in cui la velocit`a della particella incidente sia molto pi`u piccola delle
velocit`a atomiche tipiche: in questo caso la lunghezza donda di de Broglie della particella incidente
sar`a molto pi`
u grande delle dimensioni tipiche atomiche e quindi non si possono trascurare gli effetti
collettivi. In questo caso le perdite di energia non sono dovute alleccitazione di singoli elettroni
atomici ma ad eccitazioni del mezzo. In questo limite il mezzo pu`o essere approssimato come un
gas quasi-degenere di elettroni stabilizzato dalla presenza delle cariche nucleari statiche e non esiste
una frequenza tipica come nel caso delle eccitazioni nucleari.
Quasi-degenere significa che la funzione di distribuzione delle velocit`a pu`o essere approssimata
da (vF v) dove vF `e la velocit` a di Fermi, cio`e tutti gli stati con v < vF sono popolati e tutti
gli stati con v > vF sono liberi e vF `e determinata dal fatto che in numero totale degli stati deve
essere uguale al numero totale di elettroni.
In queste condizioni la forma espilita della funzione dielettrica non `e banale e dipende esplici-
tamente dal vettore donda (vedi dopo), ma `e semplice ottenere una stima [7] semi-quantitativa
di dE/dx: in una collisione tra la particella incidente di massa M e velocit`a v ed un elettrone,
a dellelettrone risulta tipicamente v. A causa del principio di Pauli gli
la variazione di velocit`
unici stati che possono contribuire allo scattering anelastico sono quelli con velocit`a inferiore a vF
di una quantit` a . v, in modo che lo stato finale abbia velocit`a maggiore di vF e non sia quindi
occupato. Il numero per unit` a di volume di questi stati `e
p2 dp
n (3.28)
~3
con p mvF e dp mv, quindi
m3 vF2 v
n (3.29)
~3
Daltra parte un valore tipico per la sezione durto `e (collisioni con angolo di deflessione apprezza-
bile)
2 2
e
(3.30)
mvF2
e lenergia trasferita ad un elettrone in un urto `e sempre positiva (sempre per Pauli) ed `e tipicamente
dellordine di grandezza
pp
E mvF v (3.31)
m
si ottiene quindi
dE 1 dE 1 m 2 e4 v
= EnvF = (3.32)
dx v dt v ~3
quindi lineare nella velocit`a della particella incidente.
Un calcolo pi`u accurato si pu`
o ottenere utilizzando la funzione dielettrica di Lindhard, per la quale, nel limite
di piccole velocit`
a, si ha
e2 m2
1
= = 2 3 (3.33)
(k, ) k ~3
La funzione dielettrica di Lindhard `
e data da (vedi ad esempio [8, 9])
4e2 dp fp 12 k fp+ 12 k
Z
(k, ) = 1 + (3.34)
k2 4 3 ~2 pk/m + ~ + i0+
16
dove `
e il potenziale chimico, quindi
4e2
Z
1 dp 2 pk 2 pk
= 2 ~ f p ~ + ~ =
(k, ) k 4 3 m m
e2
Z
pk cos pk cos
= 2 p2 dpd cos 2 fp ~2 + ~ = (3.36)
k m m
2e2 m
Z
= p fp dp
k3 ~
Usando Z
m
f p = 2
p fp p fp dp = 1 (3.37)
~ p 0
si ottiene Eq. (3.33). Utilizzando lespressione Eq. (3.33) in Eq. (3.10) si ottiene
(ze)2 e2 m (kv)2
Z
dE
= 2
dk =
dx ~v k5
(ze)2 e2 m k2 v 2 cos2
Z
= k2 dkd cos 2 = (3.38)
2 ~v k5
4 z 2 e4 m2 v
Z
dk
=
3 ~3 k
La determinazione degli estremi di integrazione viene effettuata in questo modo: il valore massimo di k ` e dellordine
~2
dellinverso di a0 = me 2 (raggio di Bohr, dimensione tipica atomica), altrimenti la descrizione macroscopica non `
e
pi`
u giustiificata, il valore minimo `e dato dallinverso dalla lunghezza
q di screening del plasma di elettroni degeneri:
a0 ~
una carica elettrica e viene schermata ad una distanza D = mvF
, quindi kmin 1/D . In questo modo si
ottiene s
dE 4 z 2 e4 m2 v e2
= log (3.39)
dx 3 ~3 ~vF
ottenendo Z r
(ze)2
dE (+ )a 1 2
= < i e () d
dx a v2 0 ()
(4.3)
2
2 = 2 [1 2 ()]
v
17
da cui si vede che, a causa dellesponenziale, il limite a pu`o essere non nullo solo se + = 0,
cio`e se 2 < 0, ovvero se
c2
v2 > (4.4)
()
q
Limitandosi al caso in cui 1, dallequazione Eq. (4.4) segue che = i e quindi
(ze)2
Z
dE 1
= 1 d (4.5)
dx rad c2 ()>1/ 2
2
()
18
j k
p2 X fj 4N Ze2 X
() = 1 + 2 p2 = fj = Z (4.17)
Z j 2 ij m
e nuovamente supporremo
1 p2 X fj
1 2 (4.18)
() Z j 2 ij
ed utilizzeremo il limite j 0+ . I poli positivi delle due equazioni Eq. (4.17) e Eq. (4.18)
soddisfano lequazione
r
ij i j i
j = 1 + 1+ = + j (4.19)
2 2
quindi i loro valori sono
i
= j j (4.20)
2
ed il cammino di integrazione pu` o essere deformato come in Fig. (3). Questo integrale pu`o essere
convenientemente effettuato utilizzando il terema di Cauchy: poich`e le uniche singolarit`a dellin-
tegrando sono in corrispondenza dei valori j , lintegrale esteso al percorso mostrato in Fig. (4)
`e nullo, quindi lintegrale sullasse reale pu`o essere scritto tramite un termine integrato sullasse
immaginario ed uno su un quarto di circonferenza.
Verifichiamo che il contributo alla perdita di energia dovuto allintegrale su 3 (asse immagi-
nario) risulta nullo: ponendo = i||, si vede subito che
1
(i||), 1, 1 (i||) R 1 (i||) < 0 (4.21)
(i||)
e ricordando che
zC log z = log |z| + i arg z (4.22)
19
=
j k <
Figura 4: Cammino di integrazione lungo cui lintegrale in Eq. (4.16) risulta nullo.
ed utilizzando la convenzione arg z [5/4, 3/4) (inusuale ma in questo caso comoda) lintegrale
in Eq. (4.16) risulta essere
reale
z }| {
Z n
1 c1 c 1 o
< (||) 1 log log 1 (i||) id|| = 0 (4.23)
0 (i||) i||a 2| {z }
realei
| {z } | {z }
reale realei/2
quindi Z Z
< = < (4.24)
1 2
(ze)2 p2
dE c1 c
= log (4.29)
dx >a c2 ap
20
mentre da una trattazione relativistica microscopica che trascura leffetto del mezzo si otterrebbe
(vedi Eq. (4.13))
(ze)2 p2
dE ~c1 c
= log (4.30)
dx >a c2 aI
quindi leffetto del mezzo `e di eliminare il dallargomento del logaritmo e sostituire la frequenza
caratteristica atomica ~I con la frequenza di plasma p .
BD D B
HE E H
jm je je jm (5.4)
m e e m
21
dove g `e la carica magnetica del monopolo ed a `e una lunghezza che per i nostri scopi pu`o essere
posta uguale alle dimensioni tipiche atomiche.
Se si considera il caso di un materiale non magnetico ( 1), allora `e reale
= (5.6)
v
e lequazione Eq. (5.5) si riduce a
2 g2
Z
dE
= aK1 (a)K0 (a)= () d (5.7)
dx >a c2 0
e la dipendenza 1/v 2 scompare. Se si sviluppano le funzioni di Bessel per piccoli valori della
variabile usando
c 1
1
x1 K0 (x) log c1 1.12 K1 (x) (5.8)
x x
si trova
2 g2
Z
dE c v
1
= log = () d (5.9)
dx >a c2 0 a
Se ora si considera la funzione dielettrica data da Eq. (4.17), considerato che lintegrale in Eq. (5.9)
`e esteso solo a > 0, si vede che
2 2 e2 N X ( )
j
= () fj (5.10)
m
e quindi
4g 2 e2 N X
dE c1 v
= fj log (5.11)
dx >a mc2 aj
Ricordando che P
X fj log(j )
fj = Z log(I/~) = P (5.12)
fj
si ottiene infine magn
Zg 2 e2
dE c1 ~v
= 4N log (5.13)
dx >a mc2 aI
che `e la analoga della equazione Eq. (4.13) (ottenuta trascurando leffetto densit`a)
el
Zz 2 e4
dE c1 ~v
= 4N log (5.14)
dx >a mv 2 aI
Un modo intuitivo [12] per passare dalla Eq. (5.14) alla Eq. (5.13) `e il seguente: la forza
esercitata da un monopolo di carica g in moto con velocit`a v su un elettrone fermo `e
e v 1
F = v B eg 2 (5.16)
c cr
mentre la forza esercitata da una particella di carica elettrica ze su un elettrone fermo `e
ze2
F = eE (5.17)
r2
22
quindi le formule magnetiche posso essere ottenute dalle corrispondenti formule elettriche con la
sostituzione
gv
ze (5.18)
c
Questo stesso metodo pu` o essere applicato anche al caso di velocit`a molto piccole: in questo
caso si deve considerare la forza esercitata da un monopolo fermo su un elettrone con velocit`a vF ,
quindi
e vF 1
F = v B eg (5.19)
c c r2
e quindi la regola di sostituzione `e in questo caso
gvF
ze (5.20)
c
quindi dal caso elettrico Eq. (3.39)
el s
4 z 2 e4 m2 v e2
dE
= log (5.21)
dx 3 ~3 ~vF
e quindi magn
dE
dx >a g 2 vF2
= (5.23)
dE el (ze)2 c2
dx >a
Vediamo ora quali sono le limitazioni poste dalla meccanica quantistica sulla carica di un
monopolo: a livello classico le equazioni del moto si scrivono in termini dei campi elettrici e
magnetici e lintroduzione di un monopolo magnetico non crea problemai. A livello quantistico
nellequazione di Schrodinger compaiono il potenziale scalare ed il potenziale scalare A (nel
seguito considereremo per semplicit` a sempre il caso = 0) e la hamiltoniana di una particella di
massa m e carica elettrica e si scrive come
2
= 1 p eA
H (5.24)
2m c
quindi loggetto fondamentale `e il potenziale vettore. Daltra parte da B = A segue che
B = 0 e quindi non possono esistere monopoli magnetici. Lintroduzione dei monopoli magnetici
si basa su un allentamento delle condizioni di regolarit`a del potenziale vettore: consideriamo ad
esempio il campo
g y x p
A(x, y, z) = , ,0 r = x2 + y 2 + z 2 (5.25)
r rz rz
`e semplice vedere che, se si effettuano le derivate senza particolari attenzioni alle singolarit`a, si
ottiene
r
B naive = g 3 (5.26)
r
cio`e esattamente il campo del monopolo. E ` quindi chiaro che `e necessario analizzare con cura le
singolarit`a. Un modo per regolarizzare le singolarit`a `e utilizzare la sostituzione r R = r2 + 2 ,
effettuare il calcolo e nel risultato finale mandare 0. Il calcolo completo non `e difficile, tuttavia
`e pi`u semplice procedere come segue: il potenziale Eq. (5.25) `e singolare solo nellorigine e sullasse z
positivo, quindi lontano dalle singolarit` a il risultato naive deve coincidere con il risultato corretto.
Oltre al campo naive pu` o per`o essere presente una singolarit`a della forma f (r)(z)(x)(y). La
23
funzione f (r) si determina imponendo che il flusso totale del campo magnetico sia nullo (questa
a `e vera per ogni > 0 e deve quindi sopravvivere al limite 0). Calcolando il flusso su
propriet`
una sfera di raggio del campo
r
B=g + f (r)(z)(x)(y) (5.27)
r3
ed imponendo che il risultato sia nullo si ottiene subito
r
B=g 4g(z)(x)(y) (5.28)
r3
che `e il campo magnetico corrispondente al potenzile vettore Eq. (5.25). Il termine singolare del
campo magnetico `e noto come stringa di Dirac ed il campo Eq. (5.28) non `e evidentemente il campo
magnetico di un monopolo. Tuttavia si vedr`a che per alcuni valori della carica magnetica g, la
stringa di Dirac non ha alcun effetto sulla dinamica quantistica di una particella carica, quindi il
campo Eq. (5.28) `e, per alcuni valori di g, equivalente al campo di un monopolo magnetico.
La condizione da imporre su g si chiama condizione di quantizzazione di Dirac e pu`o essere
dedotta in molti modi diversi (vedi ad es. 2.6 di [14] e [15]). Vediamo preliminarmente come
una soluzione dellequazione di Schrodinger associata alla hamiltoniana Eq. (5.24) con A = 0
possa essere ottenuta senza difficolt`
a dalla soluzione corrispondente al caso A = 0: introduciamo
la funzione Z r
i e
(r) = 0 (r) exp S S= Ads (5.29)
~ r0 c
dove 0 `e una soluzione dellequazione di Schrodinger con A = 0 (il fatto che A = 0 serve per
fare in modo che la funzione non dipenda dal cammino di integrazione). Verifichiamo ora che
`e soluzione dellequazione di Schrodinger associata allhamiltoniana Eq. (5.24):
e
p = eiS/~ (i~)0 + AeiS/~ 0 (5.30)
c
quindi e
p A = eiS/h p0 (5.31)
c
e procedendo analogamente si ottiene
e 2
p A = eiS/~ p2 0 (5.32)
c
quindi da p2 0 = 2mE0 segue
1 e 2
p A = E (5.33)
2m c
Applichiamo ora la formula precedenta al caso di due particelle cariche che passano una a si-
nistra ed una a destra della stringa. Queste due particelle acquisteranno fasi diverse, secondo la
Eq. (5.29) e la condizione di Dirac si ottiene imponendo che la differenza di fase dovuta esclusiva-
mente alla stringa sia nulla, cio`e la stringa sia invisibile in un esperimento di interferenza. Questa
condizione si scrive I
ie
Astring ds = 2in nZ (5.34)
~c
Utilizzando il teorema di Stokes ed il termine singolare del campo magnetico Eq. (5.28) si ottiene
la condizione di quantizzazione di Dirac:
eg
2 =n (5.35)
~c
cio`e il prodotto eg `e quantizzato. In particolare lesistenza di un monopolo magnetico sarebbe in
grado di spiegare la quantizzazione della carica elettrica in multipli interi della carica elementare
elettronica.
24
Per avere una idea dei numeri che compaiono a secondo membro delle equazioni Eq. (5.15) e
Eq. (5.23) consideriamo il caso base n = 1, nel qual caso si ottiene
g ~c 137
= 2 (5.36)
e 2e 2
quindi la perdita di energia per ionizzazione di un monopolo con velocit`a v c `e attesa essere circa
4 ordini di grandezza maggiore di quella di una particella carica con la stessa velocit`a. Nel caso di
a questa sproporzione `e bilanciata dalla presenza del termine vcF 103 102 .
piccolissime velocit`
25
allora dal teorema di Parsefall segue che
Z + Z +
dE 2
= |C(r, )| d = (|C(r, )|2 + |C(r, )|2 )d (6.9)
d 0
inoltre, poich`e E `e reale, si ha C(r, ) = C(r, ) , quindi per lenergia irraggiata per unit`a di
angolo solido e di frequenza si ottiene lespressione
dE
= 2|C(r, )|2 (6.10)
dd
Utilizzando per il campo elettrico lespressione Eq. (6.4), il vettore C si scrive esplicitamente nella
forma " #
r Z +
e2 it n (n )
C(r, ) = e dt (6.11)
8 2 c (1 n)3
ret
cambiando variabile da t a tret ed usando
dt = 1 n(tret )(tret ) dtret (6.12)
questa equazione si riscrive nella forma (dora in poi, non essendoci possibilit`a di confusione,
indicheremo per semplicit`
a tret semplicemente con t)
r Z +
e2 i[t+R(t)/c] n (n )
C(r, ) = e dt (6.13)
8 2 c (1 n)2
Poich`e per valutare la perdita di energia per irraggiamento si deve avere |r| |s|, si pu`o supporre
il vettore n indipendente dal tempo ed approssimare R(t) con
n (n )
d n (n )
= (6.17)
(1 n)2 dt 1 n
Nel caso in cui si sia interessati solo allenergia irraggiata con una data polarizzazione del
campo elettrico si pu`o usare, invece del vettore C definito dallequazione Eq. (6.16), lo scalare C
definito da r
c
C(r, t) = Rret | E(r, t)| (6.19)
4
26
in modo da eliminare tutte le componenti con polarizzazione ortogonale ad . Notando che la
polarizzazione deve sempre essere ortogonale al vettore di propagazione n (n = 0 = n poich`e
n `e reale), lespressione Eq. (6.18) diviene quindi (ricordiamo che a (b c) = (a c)b (a b)c)
2
e2 + i[tns(t)/c] d
Z
dE
= 2
e dt (6.20)
dd 4 c
dt 1 n
ei[tns(t)/c] 1 (6.21)
e quindi 2
e2 1 2
dE
= (6.22)
dd 4 2 c 1 n1 1 n2
dove 1 e 2 sono i valori di rispettivamente a t = e t = +.
Un modo pi`u diretto di arrivare a questo risultato `e il seguente (tratto 69 di [16]): se utilizziamo
come punto di partenza lespressione Eq. (6.5) nella versione magnetica, si ha
dE c
= 2 R2 |B B(r, )|2 (6.23)
dd 4
dove B `e la polarizzazione del campo magnetico (il 2 `e lo stesso di Eq. (6.10)), inoltre a grande
distanza il potenziale vettore `e localmente una onda piana, quindi si pu`o usare
1
B = A = ik A = ikn A = i n A = A n (6.24)
c c
quindi, nel limite 0, si ha
Z + Z +
1 it 1 1
B(r, ) = e B(r, t)dt B(r, t)dt = (A2 A1 ) n (6.25)
2 2 c 2
Utilizzando per A lespressione Eq. (6.1), notando che da Eq. (6.4) segue che B = n e che
(n )( n) = si riottiene Eq. (6.22).
Consideriamo ora una applicazione fisica particolarmente immediata della formula Eq. (6.22):
il caso in cui una particella passa istantaneamente da velocit`a nulla a velocit`a v. Questo caso si
verifica ad esempio in un decadimento debole, in cui un nucleo di numero atomico Z decade come
segue
()
Z (Z 1) + e + (6.26)
Trascurando il rinculo del nucleo, il processo precedente `e equivalente, dal punto di vista elettro-
magnetico, allaccellerazione di un elettrone (o positrone) da velocit`a nulla alla sua velocit`a finale
nel tempo 0 del decadimento. Le energie caratteristiche di questo processo sono dellordine del
MeV, quindi il tempo caratteristico in cui avviene il decadimento (questo non `e il tempo di vita
medio, che `e il tempo medio da attendere prima che il decadimento avvenga) `e 0 = ~/E con
E 1MeV, quindi
fm 1015 m
0 200 200 1021 s (6.27)
c 3 108 m/s
Per questo processo 0 E/~ e Eq. (6.22) si riduce a
2
e2
dE
= (6.28)
dd 4 2 c 1 n
27
Ricordando che `e ortogonale alla direzione di osservazione n, si vede che affinch`e il secondo
membro dellequazione precedente non sia nullo la radiazione emessa deve essere polarizzata li-
nearmente nel piano contenente la velocit`a di emissione e la direzione di osservazione n. In
coordinate sferiche la distribuzione dellenergia irraggiata `e data da
dE e2 2 sin2
= (6.29)
dd 4 c (1 cos )2
2
e2 1
dE 1+
= log 2 (6.30)
d c 1
7 Bremsstrahlung
Una descrizione accurata della perdita di energia di una particella carica per emissione di radia-
zione in elettrodinamica classica `e esposta in [10] cap. 15; questa trattazione risulta non banale e
comunque richiede alcune correzioni ad hoc per ottenere i risultati dellelettrodinamica quantisica.
In vista di queste difficolt`
a ci si limiter`
a ad un approccio semi-quantitativo, seguendo la trattazione
di [17] II.3.
Considereremo il caso dello scattering di un elettrone su un nucleo di carica Ze e ci limiteremo
al caso di un elettrone ultrarelativistico, con v c. Per effettuare il calcolo si seguir`a il seguente
schema:
si passer`
a al sistema in cui lelettrone `e inizialmente in quiete
si calcoleranno le caratteristiche del campo elettromagnetico corrispondente al nucleo in moto
si otterr`
a la corrispondente densit`a di fotoni
si calcoler`
a la probabilit`
a di scattering (Thompson) di questi fotoni sullelettrone
si ritorner`
a al sistema di laboratorio
e considereremo per semplicit`a il caso di un nucleo infinitamente massivo. Questo metodo `e chia-
ramente approssimato, tuttavia permette di descrivere in modo semplice un processo in cui ce
creazione di radiazione tramite un altro processo in cui ce solo diffusione di radiazione.
Si vedr`
a tra breve che, nel limite ultrarelativisco, il campo elettromagnetico generato da una
particella carica in moto `e analogo a quello di una onda elettromagnetica. Il motivo per cui si
28
passa al sistema di riferimento in cui lelettrone `e inizialmente in quiete `e che si vuole effettuare il
calcolo nella approssimazione particella incidente = onda elettromagnetica e bremsstrahlung
= radiazione diffusa dalla altra particella: nel sistema in cui lelettrone `e inizialmente in quiete,
il nucleo si muove di moto rettilineo uniforme, quindi il processo pu`o essere pensato come
dove lelettrone finale `e in moto, la componente non scatterata dellonda elettromagnetica rap-
presenta il nucleo che si allontana in moto rettilineo uniforme e la componente scatterata `e il
bremsstrahlung. Questa descrizione non sarebbe consistente nel sistema di riferimento in cui il
nucleo `e fermo poich`e la traiettoria dellelettrone non `e rettilinea, quindi non si potrebbe interpre-
tare la componente di radiazione non diffusa come la particella che si allontana. A questo si deve
aggiungere che la sezione durto Thompson `e proporzionale allinverso del quadrato della massa del
centro scatteratore, quindi nella approssimazione di nucleo infinitamente massivo non ci sarebbe
diffusione.
Indichiamo con un asterisco i valori calcolati nel sistema di riferimento di quiete dellelettro-
ne. In questo sistema di riferimento il nucleo ha velocit`a v e considereremo uno scattering con
parametro dimpatto b. I campi elettrici e magnetici sono dati dalle espressioni (vedi (2.39)-(2.41))
b + vt eZ bv
E = eZ B = (7.1)
(b2 + 2 v 2 t2 )3/2 c (b + 2 v 2 t2 )3/2
2
|E |2 + |B |2 Z 2 e2 2
(7.5)
8 b4
e quindi lenergia incidente per unit`
a di superficie `e
Z 2 e2 2 Z 2 e2 2 Z 2 e2
X = cT = (7.6)
b4 b4 b3
Questa energia `e distribuita tra le varie frequenze della radiazione. La trasformata di Fourier
dei campi Eq. (7.2) pu` o essere scritta esplicitamente, in termini di funzioni di Bessel, tuttavia per i
nostri scopi `e sufficiente notare che le componenti dominanti saranno quelle dellintervallo [0, max ],
con
1 c
max = (7.7)
T b
R T R T
1 La parte trasversale contribuisce con T 2 dt 2 T , la parte longitudinale con T 2 t2 dt
2 (T )3 . Vedi poi (7.4).
29
ed approssimare la distibuzione spettrale dellenergia incidente con una funzione a gradino. Ricor-
dando che lenergia di un fotone di frequenza `e data da h , il numero di fotoni per unit`a di
superficie con frequenza nellintervallo d centrato in pu`o essere approssimato con
( 2 2
Z e
b3 max d h1 < max
N ( )d = (7.8)
0 > max
Il numero medio di processi di scattering per fotoni con frequenza con parametro di impatto
b `e dato dal prodotto della sezione durto Thompson per il numero di fotoni con frequenza e
parametro dimpatto b, cio`e (usando Eq. (7.8) e Eq. (7.7))
Z 2 e2 d
T ( ) (7.9)
chb2
Il numero totale di fotoni scatterati per unit`a di frequenza `e quindi
Z bmax
Z 2 e2 d Z 2 e2 d
1 bmax
( )d T (
) 2b db = 2 T (
) log (7.10)
ch bmin b
2 ch bmin
A questo punto `e necessario determinare i parametri di impatto massimo e minimo. Una prima
limitazione su parametro massimo viene dalla espressione Eq. (7.7): per b > b0max = c/ , la
frequenza non `e presente nel pacchetto e quindi non pu`o contribuire allo scattering. Un secondo
limite `e che b deve essere minore delle dimensioni tipiche atominche, altimenti la carica del nucleo
`e schermata dagli elettroni e la carica efficace `e nulla; questa condizione impone b00max a0 /Z 1/3
(approssimazione di Thomas-Fermi, vedi ad esempio [5] 70). Poich`e siamo interessati al caso
ultrarelativistico 1, tipicamente b0max b00max , quindi il corretto limite superiore `e bmax =
b00max .
La condizione su bmin `e che il parametro di impatto deve essere maggiore della dimensione
h
elettrodinamica tipica dellelettrone, che `e la sua lunghezza donda Compton c = mc , quindi
bmax a0 ~2 mc 1 ~c 1 137
1/3
2 1/3
= 2 1/3 1/3 (7.11)
bmin c Z me ~ Z e Z Z
La sezione durto Thompson `e data da
8 2 e2
T = r re = (7.12)
3 e mc2
ed inserendo queste espressioni nellequazione Eq. (7.10) si ottiene (a meno di alcuni fattori
numerici)
2
183 d
2e 2
( )d = 4Z r log (7.13)
c~ e Z 1/3
Il cambio di riferimento finale si ottiene usando la legge di trasformazione delle frequenze:
1 + cos
= p (7.14)
1 2
e quindi
d d
= (7.15)
Notiamo ora che luso della sezione durto Thomson `e giustificato se h . mc2 . Usando
Eq. (7.14) si ha e quindi h . mc2 corrisponde a h . mc2 , cio`e al fatto che lelettrone
non pu`o irraggiare pi`
u della sua energia. Utilizzando Eq. (7.15), si ottiene infine
e2
183 d
()d = 4Z 2 re2 log (7.16)
c~ Z 1/3
30
La perdita di energia per unit`
a di lunghezza in un mezzo con densit`a numerica N `e quindi data
da Z E/h 2
dE 2e 183
=N h()d = 4Z re2 N E log (7.17)
dx 0 c~ Z 1/3
dove E `e lenergia dellelettrone. Quindi la perdita di energia `e lineare nellenergia, proporzionale a
Z 2 (e non Z come per la formula di Bethe) e proporzionale a m12 , dove m `e la massa della particella
che perde energia.
dove g `e una costante. Poich`e le funzioni donda nucleari sono localizzate lintegrale `e praticamente
esteso al volume occupato dal nucleo. Lelemento di matrice Hif , essendo elemento di matrice della
hamiltoniana, ha le dimensioni di una energia, MeV, mentre le dimensioni del secondo membro di
Eq. (8.2) sono [g]/fm3 , quindi la costante g `e dimensionata con dimensioni
quindi 1/k `e grande rispetto alle dimensioni tipiche nucleari. Si possono quindi sviluppare gli
esponenziali
eikr = 1 + ikr + (8.6)
e tenere solo il primo termine con contibuto non nullo. In questo modo si ottiene una gerarchia di
processi a seconda di quale `e il primo termine che contribuisce: se questo `e 1 si parla di processo
permesso, se `e kr di processo primo vietato e cos` di seguito. I processi vietati non sono
chiaramente rigorosamente vietati, sono solo soppressi da potenze pi` u alte in 1/k (analogamente a
come accade per la radiazione di dipolo, quadrupolo, ottupolo).
Considereremo ora il caso di un processo permesso, per il quale si ha quindi
g
Hif = Mif (8.7)
V
31
w(pe )
m = 0
pe
m 6= 0
Figura 5: Cambiamento dellandamento di w(pe ) vicino allend-point dovuto alla massa del
neutrino.
dove Mif `e lelemento di matrice nucleare (numero non dimensionato). Si vuole ora calcolare la
probabilit`
a che lelettrone finale abbia un dato impulso. Se si trascura il contributo allenergia del
rinculo del nucleo, lenergia totale si scrive
p
E = E + Ee = cp + m2 c4 + c2 p2e (8.8)
V V
dNe dN = 4p2e dpe 4p2 dp (8.9)
(2~)3 (2~)3
dNe dN (4)2 V 2
= 3 (E Ee )2 p2e dpe (8.10)
dE c (2~)6
e la probabilit`
a di produrre un elettrone con impulso pe `e
2 2 (4)2
w(pe )dpe = g |Mif |2 3 (E Ee )2 p2e dpe (8.11)
~ c (2~)6
Se si vuole ottenere la probabilit`a totale di decadimento , questa espressione deve essere integrata
nellintervallo 0 pe pmax
e , dove pmax
e `e limpulso massimo possibile per lelettrone. La forma
esplicita di non `e particolarmente trasparente, tuttavia permette di ottenere per g il valore
2 2 (4)2 p 2 4 p 2
w(pe )dpe = g |Mif |2 3 m c + c 2 (pmax )2
e m2 c4 + c2 p2
e p2e dpe (8.13)
~ c (2~)6
ed `e semplice vedere che per p 0 si ha w(p) p2 e che per p pmax si ha w(p) (p pmax )2 .
Fino ad ora si `e considerato il caso in cui lantineutrino avesse massa nulla. Il caso massivo
pu`o essere trattato in modo analogo e la principale differenza che si ottiene `e landamento di w(p)
vicino a pmax : nel caso di un neutrino massivo, w(p) si avvicina allasse x con derivata infinita,
come mostrato in Fig. (5). Questo `e dovuto alla seguente modifica della Eq. (8.10)
q
(E Ee )2 (E Ee ) (E Ee )2 m2 c4 (8.14)
32
Figura 6: Stime della massa quadra del e ottenute dallo studio del decadimento del trizio in
vari esperimenti degli ultimi 20 anni, da Ch. Kraus et al. Eur. Phys. J. C 40, 447 (2005).
gli stati eccitati del nucleo di 3 He hanno energie di eccitazione molto alte e possono quindi
essere trascurati
Daltra parte restano notevoli difficolt`a sperimentali: poich`e leffetto cercato `e legato ad ener-
gie . 10eV , sono importanti anche le eccitazioni atomiche, inoltre la coda della distribuzione `e
chiaramente il punto pi` u difficile da studiare a causa della bassa statistica (pochi eventi).
In pratica tutti i tentativi di misura della massa del neutrino tramite decadimenti deboli hanno
sempre portato solo a limiti superiori per la massa stessa (il pi` u preciso attualmente, del 2005, `e
me < 2.3eV), non escludendo quindi la possibilit`a che il neutrino elettronico possa avere massa
nulla.
Un chiaro indice della difficolt` a di questo tipo di esperimenti `e dato dalla figura Fig. (6). Da
notare che i valori medi della quasi totalit`a degli esperimenti cadono nella zona non fisica m2 < 0.
9 Effetto M
ossbauer
Per fluorescenza di risonanza si intende il processo nel quale la radiazione emessa nel decadimento
di uno stato eccitato S , che decade nello stato fondamentale S, `e assorbita da un sistema nel
fondamentale, che viene quindi portato allo stato eccitato S . Questo processo pu`o avvenire sia a
33
livello atomico sia a livello nucleare e la fluorescenza di risonanza nucleare viene tipicamente usata
per effettuare misure di estrema precisione sugli spostamenti dei livelli energetici (ad es. il red-shift
gravitazionale).
Consideriamo dapprima il caso in cui i sistemi che emettono ed assorbono radiazione siano due
nuclei di un gas o di un liquido: in questo caso le scale di energia rilevanti sono
E0 : la differenza di energia tra lo stato eccitato ed il fondamentale
E E0 : la differenza di energia che si vuole misurare
Affinch`e lo spostamento dei livelli risulti osservabile deve essere naturalmente soddisfatta la
condizione
E = E0 & (9.1)
da cui si vede che nel caso atomico non c`e speranza di osservare leffetto del red-shift gravitazionale,
mentre nel caso nucleare si.
Per procedere oltre passeremo ora al calcolo di ER : consideriamo un atomo in uno stato eccitato
di energia Ee in moto con velocit` a v che decade nel fondamentale (energia Eg ), allora si ha
E
mv = + m(v vR )
c (9.2)
1 1
Ee + mv 2 = Eg + E + m(v vR )2
2 2
dove E `e lenergia del fotone emesso e vR `e la velocit`a di rinculo. Si ha quindi
E = E0 ER + ED (9.3)
dove
1 2
E2 E02
ER = mvR = (9.4)
2 2mc2 2mc2
e
v v
ED = mvvR = E E0 (9.5)
c c
Nellequazione (9.3) ER `e lenegia dellatomo che rincula, mentre ED `e lo spostamento Doppler.
Consideriamo per un momento il caso in cui la velocit`a iniziale si nulla: affinche vi sia fluo-
rescenza di risonanda le distribuzioni di emissione e di assorbimento devono essere parzialmente
sovrapposte, quindi deve essere soddisfatta la condizione
2ER . (9.6)
Per un caso tipico nucleare si ha E0 100KeV e A 100, quindi ER 101 eV, quindi la
condizione Eq. (9.6) non potr`a mai essere soddisfatta. Un modo per ovviare a questo problema `e
quello di considerare una sorgente in moto (globale o termico), per bilanciare leffetto di ER con
34
ED , tuttavia `e presente anche un secondo problema, non risolubile in questo modo: a causa della
agitazione termica si avr`a una distribuzione di velocit`a di larghezza
r
kB T
v (9.7)
m
quindi la larghezza della distribuzione di energia del fotone non `e la larghezza naturale , ma
r
E0 kB T
D (9.8)
c m
ricordando che 300K 1/40eV, si vede che ad una temperatura di 1K, per un atomo con A = 100,
si ha v c/108 e quindi per un caso nucleare tipico D 103 eV rendendo assolutamente non
vera la relazione Eq. (9.1)
Nellesperimento originale di Mossbauer si us`o un cristallo di iridio 191, il cui nucleo ha uno
stato eccitato con E0 = 129KeV, 5 106 eV. Per questo processo si ha D 102 eV
e ER 0.05eV, quindi la condizione Eq. (9.6) non `e soddisfatta (neppure con la sostituzione
D ). Cionostante una frazione apprezzabile dei fotoni ( 1%) generava fluorescenza di
risonanza. Due altri aspetti sorprendenti furono che
la frazione di fotoni che generavano fluorescenza aumentava diminuendo la temperatura
(ovvero diminuendo D )
considerando una sorgente in moto con velocit`a v, il numero dei fotoni risonanti era massimo
per v = 0 e aveva una larghezza v corrispondente a una larghezza in energia 2.
Usando il modellino cinetico precedente, tutti questi risultati sono spiegabili assumendo che per
qualche motivo il nucleo non rinculi: vR = 0, motivo per cui leffetto Mossbauer viene talora
indicato come recoilless emission/absorption. La spiegazione di questo fatto risiede in un effetto
collettivo del cristallo.
Una spiegazione intuitivamente semplice ma non accurata consiste nel considerare il cristallo
come un corpo rigido in cui tutti i nuclei sono completamente fissati. In questo caso il calcolo
precedente vale con la sostituzione m M 1023 m, dove M `e la massa del cristallo, quindi
vR 0 in quanto viene soppresso dal fattore 1023 . Questo modello appare tuttavia completa-
mente irrealistico nella descrizione di tutti i processi fisici dello stato solido, senza considerare che
prevederebbe il 100% di probabilit` a di realizzare la fluorescenza di risonanza usando cristalli.
Un modello realistico consiste nellapprossimare il cristallo come un insieme di atomi ognuno
soggetto ad una forza armonica di richiamo. Poich`e lemissione del fotone coinvolge un solo atomo,
si pu`o usare, per una descrizione intuitiva delleffetto Mossbauer, una versione ultrasemplificata:
un atomo di massa m collegato tramite un potenziale elastico ad una massa M che rappresenta
il resto del cristallo. Se consideriamo il caso in cui entrambe le masse sono inizialmente ferme,
Eq. (9.2) diventa
0 = M v1 + mv2 + E /c
M 2 m 2 k (9.9)
Ee = Eg + E + v1 + v2 + (x2 x1 a)2
2 2 2
Dividendo il moto del centro di massa dal moto relativo
x = x2 x1 X = (M x1 + mx2 )/(M + m)
(9.10)
Mt = M + m = mM/(m + M )
0 = Mt V + E /c
Mt 2 2 k (9.11)
E0 = E + V + v + (x a)2
2 2 2
35
quindi si ha
E2 k
E0 = E 2
+ Eint Eint = v 2 + (x a)2 (9.12)
2Mt c 2 2
Il termine di rinculo `e trascurabile a causa della presenza di Mt a denominatore, mentre Eint `e
lenergia di eccitazione interna del sistema. Se si fosse partiti da un sistema macroscopicamente
ma non microscopicamente fermo, al posto della equazione precedente si sarebbe ottenuto
E2
E0 = E + Eint (9.13)
2Mt c2
da cui si vede che la caratteristica fondamentale delleffetto Mossbauer non `e la assenza di rinculo,
ma il fatto di non cambiare lenergia interna del cristallo. Nel caso classico analizzato, appare
chiaro che questo non potr` a mai succedere: lemissione del fotone cambia lenergia interna, in
quanto subito dopo lemissione di un fotone di energia E si avrebbe x 1 = 0 e x 2 = E /c, quindi
v 6= 0. Il caso quantistico `e pi`
u interessante in quanto i livelli energetici delloscillatore armonico
sono quantizzati e vi `e una probabilit` a non nulla che in seguito ad una perturbazione il sistema
rimanga nello stesso stato in cui era in precedenza, ovvero leffetto Mossbauer.
Un calcolo quantistico della probabilit`a di un assorbimento senza cambiamento di energia
interna conduce alla formula
f = exp(ER /~) (9.14)
nel caso del modello di Einstein, in cui cui tutti gli oscillatori armonici hanno la stessa frequenza
, ed alla formula
f = exp(3ER /2~D ) (9.15)
nel caso del modello di Debye, dove D `e la frequenza di Debye. Questi risultati sono semplicemente
interpretabili: ~ (o ~D nel caso di Debye) `e lenergia caratteristica di una eccitazione elementare
del cristallo e ER `e lenergia data dal rinculo dellatomo. Se ER ~ `e molto probabile che
eccitazioni vengano prodotte, mentre se ER . ~ la probabilit`a di lasciare inalterata lenergia
interna diventa apprezzabile.
Per ottenere lequazione Eq. (9.14), consideriamo un sistema legato, con funzioni donda dei vari
livelli energetici n (x) e supponiamo di applicare una forza impulsiva che trasferisce un impluso k.
Il primo passo `e vedere la forma delle funzioni donda dopo la perturbazione. E ` comodo passare
in trasformata di Fourier, in quanto nello spazio degli impulsi e nella approssimazione impulsiva
baster` a sostituire p p + k. Quindi
Z
1
n (x) n (p) eipx n (x)dx (9.16)
2
dopo lurto n (p) n (p + k) e quindi la funzione donda finale nello spazio diretto risulta essere
Z
1
(f )
n (x) eipx n (p + k)dp = eikx n (x) (9.17)
2
La probabilit`a di effetto Mossbauer corrisponde alla probabilit`a che dopo lurto il sistema
rimanga nello stesso stato, quindi
Z 2
Pnn = |hn |n(f ) i|2 = |n (x)|2 eikx dx
(9.18)
Se si considerano funzioni donda tali che |(x)| = |(x)| allora per piccoli trasfetimenti di
o sviluppare lesponenziale, ottenendo (lintegrale di x|n (x)|2 si annulla)
impulso si pu`
Z 2 2
1 1
Pnn ' |n (x)|2 1 k 2 x2 dx = 1 k 2 hx2 i =
2 2 (9.19)
= 1 k 2 hx2 i + o(k 2 )
36
Nel caso dello stato fondamentale di un potenziale armonico |n (x)|2 `e una gaussiana e Eq. (9.18)
pu`o essere calcolato esplicitamente. Un modo pi` u veloce `e ricordare che la trasformata di Fourier di
una gaussiana `e ancora una gaussiana, quindi Pnn deve essere una gaussiana in k ed i coefficienti
si fissano imponendo che per k piccoli sia soddisfatta Eq. (9.19):
2
hx2 i
P00 = ek (9.20)
Il teorema del viriale per un potenziale armonico dice che il valor medio del temine potenziale
e quello dellenergia cinetica sono uguali e coincidono con la met`a dellenergia totale, che per il
fondamentale `e E0 = 12 ~, quindi
1 1 ~ ~2
M 2 hx2 i = ~ = hx2 i = = (9.21)
2 4 2M 2M (~)
e quindi infine
k 2 ~2 ER
k 2 hx2 i = = (9.22)
2M (~) ~
i
= [H,
s s] (10.3)
~
ed usando [
si , sj ] = iijk sk si ottiene subito
2
=
s s B (10.4)
~
Se prendiamo ora il valore di aspettazione sullo stato (che in rappresentazione di Heisenberg `e
indipendente dal tempo) ed introductiamo la notazione s = h si per denotare il valor medio dello
spin nel sistema si riferimento in cui la particella `e (istantaneamente) ferma, allora s soddisfa
lequazione
2
s = sB (10.5)
~
cio`e s precede intorno a B con velocit`
a angolare 2/~. Nel limite non relativistico lequazione del
moto di una particella in un capo magnetico `e
e
v = vB (10.6)
mc
e dal confronto con Eq. (10.5) si vede quindi che se 2/~ = e/mc (cio`e g = 2), nel limite non
relativistico langolo tra la velocit`
a e lo spin della particella rimane costante. Un modo equivalente
di dire ci`o che risulter`a utile nel seguito `e che la proiezione (del valor medio) dello spin sulla
direzione del moto `e costante. Nel seguito si utilizzer`a per semplicit`a la convenzione c = 1 e ~ = 1.
37
Consideriamo ora il caso di una particella relativistica. Per effettuare questa generalizzazione
appare naturale promuovere il vettore tridimensionale s a quarivettore, che sar`a indicato con e
lequazione cercata sar`a quindi della forma d /d = . . .. Notiamo subito che il quadrivettore
`e in realt`
a soggetto ad un vincolo: nel riferimento di quiete s `e puramente spaziale, quindi si deve
imporre che una trasformazione di Lorentz al sistema di quiete annulli la componente temporale
di , ovvero
0 = ( 0 )0 = ( 0 v) = u (10.7)
dove u `e la quadrivelocit` a. La forma dellequazione del moto di `e fortemente vincolata dalla
covarianza relativistica e dal fatto che deve essere lineare nei campi elettromagnetici (quindi in F )
ed in , inoltre lunico altro ingrediente che pu`o comparire `e la quadrivelocit`a (se comparisse il
vettore posizione sarebbe rotta linvarianza per traslazioni, se comparissero derivate superiore alla
prima ci sarebbero problemi di causalit`a). Ricordando che F `e antisimmetrico e che u u = 1
si vede facilmente che lunica forma permessa `e
d
= F + u F u (10.8)
d
dove e sono due costanti.
Lequazione (10.8) si deve ridurre, nel limite non relativistico (0, s), u (1, 0), t a
Eq. (10.5). E` comodo a questo proposito ricordare che il campo magnetico `e legato a F dalla
relazione
1
B i = ijk Fjk (10.9)
2
e quindi si ha
1
(s B)` = `mn sm Bn = `mn sm njk F jk =
2 (10.10)
1 ` m 1 1
= (j k k j )sm F = sm F `m F m` sm = F `m sm
` m jk
2 2 2
Usando questa relazione `e immediato verificare che il limite non relativistico di Eq. (10.8) `e
s = s B (10.11)
e quindi si deve avere = 2. Per determinare il valore di si devono usare le equazioni del moto
du e
= F u (10.12)
d m
ed il fatto che u = 0 (Eq. (10.7)), per arrivare a
d du e
u = = F u (10.13)
d d m
Daltra parte, moltiplicando per u Eq. (10.8) ed usando u u = 1 si ottiene
d
u = F u F u (10.14)
d
quindi si deve avere e/m = , ovvero
e
= 2 20 (10.15)
m
Notiamo che se g = 2 allora = 0. Lequazione finale cui si giunge `e quindi
d
= 2F 20 u F u (10.16)
d
38
che `e nota come equazione di Bargmann-Michel-Telegdi [18]. Si vuole ora vedere la forma che
lequazione (10.16) assume quando scritta in termini di s e dei campi elettrico e magnetico. Come
primo passo serve mettere in relazione s e . Per un quadrivettore generico V le trasformazioni
di Lorentz si scrivono nella forma
V0 = V
Vk0 = (Vk vV 0 ) (10.17)
0 0 0
(V ) = (V vVk )
dove Vk = v vV
v 2 e V = V Vk . Nel caso particolare del quadrivettore , il sistema primato
0 0
corrisponde al sistema fermo, quindi V = s e V = . Ricordando che s = 0 si ha (Eq. (10.7))
0 = v (10.18)
e dunque
v v
s=v + v v(v) =
v2 v2
(10.19)
1
= v(v) +
2 2
2 1
ed usando 2 = 2 si vede che
s= v(v) (10.20)
+1
Per ricavare la formula inversa basta usare in Eq. (10.17) v v e ricordare che s0 = 0, quindi
sv sv
=sv + v 2 =
v2 v
1 2 (10.21)
=s+ v(sv) = s + v(sv)
v2 +1
2 2 2 v2
0
= v = vs + v vs = vs 1 + = vs (10.22)
+1 1+
dove si `e usato
2 v2 1 ( + 1)
1+ = 1 + + 22 2 + 2 = = (10.23)
1+ +1 +1
La riscrittura del secondo membro di Eq. (10.16) in termini di E e B non presenta serie
a: ricordando Eq. (10.10) e che E i = F0i = F i0 si ha infatti (indici latini indicano le
difficolt`
coorsinate spaziali)
ed analogamente
u F = u0 F 0i i + ui F i0 0 + ui F ij j =
= u0 E i i + ui 0 E i + ui ( B)i = (10.25)
= (E) (vE)(v) v ( B)
e quindi
2 2
= ( B) + (v)E 20 v(E) + 20 v(v ( B)) + 20 v(v)(vE) (10.26)
39
Per ottenere le equazioni scritte in termini di s si deve scrivere s usando Eq. (10.20), sostituire per
la derivata di il risultato Eq. (10.26) ed altrove le espressioni Eq. (10.21), in cui le derivate della
velocit`
a vengono scritte usando le equazioni del moto
d d e
m (v) = eE + ev B = vE (10.27)
dt dt m
Il risultato finale che si ottiene `e (vedi ad es. [10])
e g 1 g g
s = s 1+ B 1 (vB)v vE (10.28)
mc 2 2 +1 2 +1
Particolarmente interessante `e lequazione che si ottiene per la componente dello spin parallela
alla velocit`
a nel caso in cui E = 0, che pu`o essere dedotta facilmente: scomponiamo lo spin in una
componente parallela ed una ortogonale alla velocit`a
s = nsk + s n = v/v (10.29)
Ricordiamo che 0 = sv = vsk inoltre se E = 0 sia v che sono costanti, quindi
d 0 dsk dsk
= v = v 2 (10.30)
d d dt
Daltra parte sviluppando lequazione Eq. (10.16) in termini dei campi elettrico e magnetico usando
Eq. (10.24)-(10.25) si arriva subito a
d 0
= 20 2 v ( B) (10.31)
d
e quindi (usando anche Eq. (10.21))
s k = 20 n ( B) = 20 B (n ) = 20 B (n s) =
(10.32)
= 20 B (n s ) = 20 s (B n)
Lequazione finale per la componente longitudinale `e quindi (ripristinando le unit`a fisiche)
e~ 2 g
s k = 2 s (B n) (10.33)
2mc 2
quindi se g = 2 la componente longitudinale dello spin `e costante (analogamente al caso non
relativistico) mentre se g 2 `e lentamente variabile. Utilizzando questo fatto si pu`o misurare
sperimentalmente il fattore g del muone: il muone `e una particella instabile e la direzione dei
prodotti di decadimento dipende fortemente dalla direzione dello spin nel sistema di riposo della
particella. Facendo girare dei muoni in un anello di accumulazione e vedendo lo sfasamento tra
la frequenza di rotazione dei muoni e la frequenza di precessione dei prodotti di decadimento si
pu`o risalire a g.
Dal punto di vista sperimentale il valore meglio misurato `e quello dellelettrone. La prima
misura in cui si osserv`o uno scostamento significativo dal valore 2 `e una misura di precisione
delleffetto Zeeman del 1947 che dava
e
g2
= 0.00115(4) (10.34)
2 exp 1947
valore ben riprodotto dalla teoria: un calcolo perturbativo ad un loop in QED predice (risultato
dovuto a Schwinger) e
1 e2
g2
= 0.0011614 (10.35)
2 1loop 2 ~c
Il valore attuale `e e
g2
= 0.00115965218076(27) (10.36)
2 exp
che `e ancora in buon accordo con le previsioni teoriche (`e necessario un calcolo al decimo ordine
in teoria delle perturbazioni).
40
11 Il cut-off GZK dei raggi cosmici
Nelluniverso `e presente un fondo di radiazione cosmica (CMB, cosmic microwave background) in
equilibrio alla temperatura di approssimativamente 3 K. La presenza di questo fondo comporta
una limitazione dellenergia massima dei raggi cosmici intergalattici (protoni), limitazione nota
come limite o cut-off GZK, dai nomi degli scopritori del fenomeno [19, 20].
Se si considera il moto di un protone di alta energia in un ambiente in cui siano presenti fotoni,
diversi meccanismi di perdita di energia sono possibili, ad esempio
p+ p+
p + p + e+ + e
(11.1)
p + p + 0
p + n + + p + e + e + +
(anche 0 e sono instabili ma una conoscenza precisa dei loro decadimenti non sar`a necessaria
nel seguito). Il principale vincolo da imporre alla perdita di energia del protone `e la conservazione
del numero barionico, quindi nello stato finale della reazione p + X devono necessariamente
essere presenti un neutrone o un protone (escludendo i barioni pi` u pesanti, che entrano in gioco ad
energie ancora pi` u alte), inoltre il neutrone `e instabile e decadendo ricrea il protone. Si studier`a
ora in dettaglio il caso della reazione p + p + 0 , si argomenter`a poi che il caso della reazione
con il neutrone `e analogo mentre il contributo delle prime due reazioni alla perdita di energia `e in
prima approssimazione trascurabile.
Calcoliamo innanzitutto la soglia della reazione p + p + 0 , supponendo un fotone tipico
per una temperatura di 3 K. La condizione di soglia `e s (mp + m )2 , quindi
2mp m + m2
Ep (11.3)
2E (1 cos )
dove E(x) `e lenergia della particella nella posizione x, E(x + dx) `e lenergia nella posizione x + dx,
`e la sezione durto, n la densit`a numerica dei bersagli e E `e lenergia persa in ogni impatto
(0 1 `e spesso chiamato inelasticit`a). Dallequazione precedente si ottiene
1
= E(x) ex/ (11.6)
n
41
Il numero medio di fotoni per unit`a di volume nello spazio delle fasi si ottiene dalla formula di
Planck (il 2 `e un termine di degenerazione dovuto alle due polarizzazioni del fotone):
2 d3 pd3 x 2 4p2 dpd3 x
dN = = (11.8)
eE/(kT ) 1 (2~)3 eE/(kT ) 1 (2~)3
Usando E = pc si ottiene quindi per la densit`a numerica di fotoni in equilibrio a temperatura T
Z 3 Z 2
E 2 dE
dN 1 1 kT y dy
n= = 2 3
= 2 =
dV (~c) 0 e E/(kT ) 1 ~c 0 ey 1
3 (11.9)
2(3) kT 8 3
= 5 10 /m se T = 3 K
2 ~c
dove (3) 1.202056.
Il calcolo dellintegrale si effettua come segue:
Z
Z 2 Z 2 x Z !
x dx x e dx 2 x
X
kx
X
= = x e e dx = x2 ekx dx =
0 ex 1 0 1 ex 0 k=0 k=1 0
Z
(11.10)
X 1 2 y
X 1
= y e dy = 2 2(3)
k=1
k3 0 k=1
k3
La formula generale `
e Z tx1
dt = (x)(x) (11.11)
0 et 1
42
Riferimenti bibliografici
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Review 59, 223 (1941).
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Gains Science 177 166 (4044).
[3] J. C. Hafele, R. E. Keating Around-the-World Atomic Clocks: Observed Relativistic Time
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43