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n. 36 anno 4
Genova
Fischi di carta
LETTERE DI GIOVANI FISCHIANTI
IN QUESTO NUMERO
Planetario| Entre le vide et l'vnement pur - L. Calpurni
E. A. Poe - Oltre le ali del corvo - P. Palermo
Le poesie dei lettori | Il pagliaccio - S. Massa
Elementi | Men - C. Calabresi
Diario di scuola - D. Porcheddu
Il fascino del fuori tempo - P. Martino
Migrazioni | poesia di Erwin Hurenkamp - A. Denaro
Prossa Nova | Rachele - A. Moro
Prossa dei lettori | Viaggio di ritorno - T. Caldana
Infischiatene | recensione - G. Erriu
www.fischidicarta.it
di Amelia Moro
di Alessandro Mantovani
EDITORIALE
difficile da attuare: come strutturare una mente fornendole strumenti, senza condizionarla con il proprio
modo di vedere le cose? Socrate insegnate per eccellenza, ma sappiamo bene che egli non insegna alcunch, aiuta a tirar fuori ci che dentro il discipulus, le
sue, diremmo oggi, capacit innate. Ci che bene che
i docenti di oggi ricordino, per, che non si deve confondere leduzione di tali capacit con laccondiscendenza alla faciloneria, e qui entriamo nel caso petaloso. Il bambino-prodigio, se ricordate laccaduto,
che ha inventato il neologismo, ha ricevuto un pessimo
insegnamento: cio che per essere dei geni basta seguire una capacit tutta innata la quale si professa cos
gioiosa e libera da non aver bisogno di alcun canale
che la indirizzi, da non necessitare di regole. Eppure
se lartista colui che conosce cos bene i dettami da
poterli sovvertire, ci si rende conto di come questa modalit sia errata. Linsegnamento che si dovrebbe professare che valori utili sono dedizione e conoscenza,
che dietro lallettante rapidit del baro esiste la morale. Il nostro caro Eco non diventato un genio scrivendo un neologismo (chiss quanti ne ha inventati), ma in
una ricerca lunga una vita. C gusto nellapprendere
progressivamente e c un gusto nellimpegno fruttifero.
Questo bisognerebbe imparare
MONDELLO
di Alessandro Mantovani
Non domandarti se le stelle marine
appiccicate al molo
siano un pezzo residuale
delle speranze che conduciamo
di guinzaglio come ciechi
tra le spazzature gettate in strada
nella luce scarsa delle notti.
I bambini pi distanti, se li vedi,
al centro della piazza
fanno la ruota e le capriole
si tirano cartacce, bisunte di merenda
(qualche arancina da due soldi o il fritto
di casa propria)
sapendo che ancora il crepuscolo.
Fermati e ascolta qui il loro grido vigoroso
alle falde di questo monte che tutto
ci vorrebbe dire
ma non ha imparato a sillabare.
Digliela tu qualche parola
su come siamo piccoli sciami di genti
su come Palermo
un ammasso di rovine
discorri del latte verde e dei parcheggiatori bengalesi
del rifugio per cui non c' mappa
a cui tornare e di noi qui
a rammendare le gomene
delle barche future
o qualche filo che tenga
forte nella stessa rete
ci che questo vento strappa
a tutti: i tavolini del bar,
le palme sempreverdi, lo spazio intero.
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PLANETARIO
Non c poesia senza catene scrive il verso lo stato puro, ripreso per
selezione, coltivato senza mescolanza di
errori, di una propriet del linguaggio.
Paul Valery nasce a Ste nel 1871. Si
avvicina alla poesia con brevi spunti stesi
su svariati taccuini. Nel 1892 la vocazione
letteraria di Valry subisce un duro contraccolpo: scosso da una crisi personale,
ripudier la scrittura come forma
di vanitosa autoaffermazione. Il malessere lo coglie nella notte tra il 4 e 5 ottobre del 1892 mentre si trova a Genova.
Come egli stesso afferma in un saggio su
Poe, sono i dubbi e le incertezze dei suoi
ventanni ad aver determinato quella che
senza mezzi termini chiama la crisi dello
spirito. Decide allora di annotare tutte le
riflessioni successive a quella notte in un
diario, con lintento di raggiungere il massimo grado di conoscenza e di controllo
del suo intelletto. Nonostante la decisione
presa nella famosa Nuit de Gnes Paul
Valry non abbandona del tutto la poesia, piuttosto se ne tiene a debita distanza. Nel 1894 si trasferisce a Parigi e trova
un impiego come redattore al Ministero
della Guerra. La carriera poetica, invece,
riprende quota grazie allintercessione di
Gide che gli permette di pubblicare, presso la casa editrice Gallimard, la raccolata
La jeune Parque. La raccolta un grande
successo e seguono altre due composizioni: Le cimitire marin (1920), incentrato sulla figura e significato del mare e Charmes,
Fischi di carta
BIBLIOGRAFIA
Paul Valry, Opere Poetiche, a cura di G. Pontiggia, Guanda Editore, 1989.
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[da Alone]
Fanciullo, io gi non ero
come altri erano, n vedevo
come gli altri vedevano. Mai
derivai da una comune fonte
le mie passioni, n mai,
da quella stessa, i miei aspri affanni.
N il tripudio al mio cuore
io ridestavo in accordo con altri,
tutto quello che amai, io lamai da solo.
[]
Estremamente toccante, se si considera il difficile approccio alla vita avuto da
questautore, che in questi versi prende coscienza della sua diversit che lavrebbe poi
portato verso le strade pi oscure dellalcool e della follia.
Le poesie di Poe, svariate oltre agli stralci
qui proposti solamente estratti da composizioni pi corpose e complesse sono
la pura testimonianza di una grande padronanza stilistica e gusto nella scelta delle
parole, due qualit sottovalutate di un pezzo di bibliografia ricco di sorprese, capace
di regalarci un diverso punto di vista per
comprendere al meglio la poetica dellautore statunitense, che, nonostante il passare
degli anni, continua a essere un punto di
riferimento importante per tutti gli scrittori
contemporanei: chiss, magari anche per
qualche poeta
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LE
POESIE
DEI
LETTORI
IL PAGLIACCIO
di Sara Massa
Nascondo
questa oziosa frustrazione
di non essere altro
che me.
In quegli amari sorrisi
che mi dipingono il volto,
come tracce di un male espiato,
io vedo il nulla
e quella folle sensazione
di impotenza
mi preme il petto.
E credo,
nel tremolio del tedio,
in te, amore mio,
unica risata sicura
in questa vita di ciottoli scuri,
di mari celati
in un mare d'angoscia.
Cancella,
su di me,
questo volto tumefatto
dalla gioia,
questa commiserazione umana
che chiamiamo
ironia.
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ELEMENTI
MEN
di Claudia Calabresi
insegnare v. tr. [lat. *insgnare, propr. imprimere segni (nella mente), der. di signum segno,
col pref. in-1] (io insgno, ... noi insegniamo, voi
insegnate, e nel cong. insegniamo, insegniate).
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a. In genere, far s, con le parole, con spiegazioni, o anche solo con lesempio, che qualcun altro
acquisti una o pi cognizioni, unesperienza, unabitudine, la capacit di compiere unoperazione, o
apprenda il modo di fare un lavoro, di esercitare
unattivit, di far funzionare un meccanismo, ecc
[]
Cos dice la Treccani, e io le credo. Tra
le molte cose che accomunano ogni persona a qualsiasi altro suo simile, di certo una
quella di aver avuto, prima o poi, qualcuno
che ha fatto s, con le parole, con spiegazioni, o anche solo con lesempio, che essa
acquistasse etcetera.
Fin qui, tutto chiaro. Questo il significato pi comune, e infatti sfoggia una sostanziosa a a supporto della sua tesi. Questa a, a dire il vero, talmente succulenta
e appetitosa che chiunque dia unocchiata
allenciclopedia si ferma a lei: non va avanti. Non legge quello che c dopo.
Non mangia anche la b, insomma. Che,
per, altrettanto nutriente, e ve la servo
subito.
b. In senso morale, far contrarre a una persona,
con discorsi, con lesempio, con la persuasione, unabitudine o una disposizione buona o cattiva []
Ogni volta che qualcuno si ferma alla
a di un lemma, la b muore. Ed un vizio molto comune quello di fermarsi alla
prima lettera dellalfabeto allinsalatina
dellantipasto, per intenderci.
Quante persone hanno incontrato, nella loro vita, un insegnante che prima di insegnare avesse pasteggiato con la a? Tutti,
fino a prova contraria.
Quante persone hanno incontrato, nella loro vita, un insegnante che prima di insegnare avesse pasteggiato con la b?
Sapete gi dove voglio arrivare. Ma
questa non una polemica: la mia una
domanda molto articolata di circa cinquemila battute a chi ha insegnato, a chi
insegna e a chi vorrebbe insegnare: quali
sono i segni che necessario imprimere
nella mente dei propri studenti? Numeri e
lettere sono sufficienti?
Oh, avanti. La lectio facilior non ha mai
convinto nessuno.
Il punto che nessuno conosce la risposta. Siamo finiti, io e voi, in quel prodigioso
universo astratto chiamato boh.
Miriadi di insegnanti anoressici sono
andati avanti ad a per tutta la loro carriera,
senza mai chiedere al cameriere il resto del
men. Ulteriori miriadi lo stanno facendo
ora e lo faranno domani. E dopodomani.
Tra dieci anni.
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DIARIO DI SCUOLA
di Diletta Porcheddu
Diario di scuola la fantasiosa traduzione italiana del titolo delliperfamoso Chagrin dcole di Daniel Pennac (2008).
Fantasiosa perch la parola francese chagrin
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Tendenza comune a tutte le storie letterarie il tentativo di tracciare linee, di identificare correnti e luoghi comuni per dar
vita a un discorso organico, in cui le connessioni fra momenti e figure soddisfino la
necessit umana di catalogare i saperi. Ci
sottost allidea che la letteratura di un determinato periodo possa tracciare il profilo
di quellepoca, le sue tensioni, le sue coordinate ideologiche, e viceversa che la congerie degli eventi ci restituisca il senso dei
testi letterari che la tradizione ci ha lasciato.
Uninterpretazione che si concentri
solo sul valore storico una limitazione
allopera artistica; rischia di sminuire il ruolo dellautore, il suo modo di vedere il mondo che unico per una questione naturale:
ogni individuo imbrigliato in una fitta ragnatela di parentele, ma non ne esiste un
altro che gli sia del tutto identico. Questo
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MIGRAZIONI
Poesia di Erwin Hurenkamp, dalla raccolta Dit is huid (Questa pelle), 2011.
Traduzione di Anna Denaro
LIJF
CORPO
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PROSSA NOVA
RACHELE
di Amelia Moro
Erano mesi che non vedeva Rachele.
Le capitava di ripensare a lei soprattutto la
sera: allora immaginava di veder spuntare
da qualche vicolo le sue gambe da ragno,
la sua sagoma cos nera e cos lunga, che
culminava con lo stretto manico della chitarra. Avrebbe riconosciuto ovunque la
voce di Rachele: abitava tutte le strade,
i marciapiedi, i gradini della sua citt e
della sua vita. La sentiva ancora cantare,
sempre le stesse strofe, struggenti, ossessive
(e chiss poi perch quelle, e perch proprio quella canzone, tra le centinaia che le
aveva sentito cantare): I couldnt resist him/
His eyes were like yours /His hair was exactly the
shade of brown/You are everything he means
nothing to me/I cant even remember his name/
Whyre you so upset?/Baby, you werent there
le capitava di pensare che se fosse stata il
suo ragazzo tradito, come nella canzone,
non avrebbe potuto fare a meno di crederle. Guardava le sue gambe quelle gambe
da ragno il suo polso cos sottile e bianco, con le vene azzurrine, che sosteneva
il manico della chitarra con fermezza, il
corpo ossuto e sgraziato infagottato in una
vecchia tuta da casa: eppure era bella. O
era affascinante. Insomma, era Rachele,
tanto bastava.
Emma riteneva che Rachele fosse invincibile. Poteva suonare in strada per ore,
anche sotto Natale, quando una folla urlante e stizzosa si spintonava e lottava tra
borse e pacchetti senza neanche vederla.
Aveva fatto amicizia con tutti i negozian-
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cuore, al ritmo del respiro lento della macchina. Si diceva poi che la scrittura era
unarte differente dalla musica, che lei non
poteva mettersi a urlare storie per strada
come Rachele faceva con le sue canzoni. E
invidiava lamica quando suonava a scuola, nel cortile, con un gruppo di ragazzi
che si stringeva attorno a lei e la ascoltava
muto, o si univa cantando, tutti partecipi
di una stessa emozione, che da lei arrivava
fino a loro. La invidiava quando suonava
con altri, spiava i loro sguardi dintesa, la
complicit che traspariva dai loro movimenti, da come avevano imparato con fatica e passione a capirsi e coordinarsi. E in
quel momento creavano qualcosa che era
loro solo per quel momento, irripetibile,
diverso un poco ogni volta.
Sebbene fosse passato molto tempo,
Emma ancora non poteva credere che lamica, la sua migliore amica (con tutto quello
che di dolce, infantile e possessivo questo
titolo comportava) se ne fosse partita cos,
da un giorno allaltro. Laveva chiamata
una mattina vado via, dammi una mano
con le valigie o Cristo non ce la faccio e
Emma laveva seguita come un facchino
fedele, divisa a met tra la tristezza e lammirazione mentre guardava lamica che
sfidava il mondo con la chitarra in una
mano e la gabbia col gatto nellaltra. Nessuno pu fermare Rachele, aveva pensato
Emma, mentre gatto, chitarra e valigie
finivano sullo scompartimento del treno.
Che tra tutti i ragazzi che le erano morti
dietro Rachele avesse scelto di raggiungere proprio il pi brutto, il pi viscido di
tutti, era una conclusione tanto squallida
quanto prevedibile. Emma lo disprezzava
perch aveva lunghi capelli unti e una lunghissima unghia del pollice che limava con
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chiedevo: se non stessi dormendo avresti voglia di consolare una vecchia amica?
C di mezzo un ragazzo, ovviamente. Se
mi richiami ti spiego. Ma tanto so che stai
dormendo. Emma era sveglia, ma non le
rispose. Era offesa. In seguito si disse che
era stata tutta colpa sua, che Rachele era
in difficolt, che doveva cavarsela da sola
in una citt nuova e che avrebbe dovuto
essere lei, Emma, ad insistere, a cercarla,
a starle vicino. Del resto, era mai andata
a trovarla? Anche senza invito, cos saltare
su un treno con uno zainetto e via aveva accarezzato lidea, ma nulla di pi. E
adesso era passato talmente tanto tempo
che non avrebbero pi saputo cosa dirsi.
Per molti mesi Emma continu ad essere
offesa con Rachele, senza neppure sapere
il perch. Era partita, ma era suo diritto.
Avevano smesso di scriversi, ma era stata
colpa di entrambe. Eppure Emma si sen-
VIAGGIO DI RITORNO
di Tommaso Caldana
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INFISCHIATENE
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