Maggio 2015
Genova
Fischi di carta
POESIA DI CINQUE GIOVANI FISCHIANTI
IN QUESTO NUMERO
www.fischidicarta.it
LO STATO ATTUALE
(DI PARADOSSO)
EDITORIALE
do editoriale, nel quale si muove come un
corpo fatiscente, un cadavere che lotta per
rimanere in vita e che finisce per accontentarsi della posizione che si ritagliato (o che
qualcuno ha ritagliato per esso). Che oggi la
poesia si trovi in una situazione di impotenza ed improduttivit economica un dato
fermo ed indiscusso, dato per scontato e nel
peggiore dei casi (e nei peggiori ambienti)
unanimemente accettato: ma proprio per
questo che il paradosso salta agli occhi con
forza ancora maggiore. Scrive Bertoni: Va
da s che se ciascuno di coloro che ogni giorno scrivono poesia (non in modica quantit
per uso personale, ma bramando di pubblicarla e di venir lodati dalluniverso mondo)
avvertisse il dovere ovviamente elementare
di acquistare anche un solo libro di un altro
poeta, il mercato della poesia diventerebbe
immediatamente appetibile anche per lindustria editoriale e Magrelli produrrebbe
bestseller da far impallidire il gi pallido
Giordano, Patrizia Cavalli irriderebbe tutti
insieme Faletti, Volo e Mazzantini e Gianni DElia sarebbe riconosciuto pi civile e
mordace di Saviano e di Erri De Luca.... In
queste parole si trova una verit che davvero
indiscutibile: lItalia, nonostante le apparenze, rimane uno dei paesi mondiali dove
la produzione poetica pi viva e frequente.
In altri termini, di poeti ce ne sono, e tanti.
Ma allora com possibile questa stasi economica, questa afasia di mercato? Tralasciando
le eccellenze sparse per il nostro Paese e per
la citazione di Bertoni, la mia riflessione si
rivolge e cerca risposta soprattutto da parte
di coloro che si situano in una sorta di limbo
tra chi scrive versi per uso personale, in
privato, e chi invece ha un certo margine di
Emanuele Pon
IL GUARDIANO
PIAZZA VERDI
II
Sui gradini li scruta paziente e interloquisce
la barba folta di chi non so ma vedo sempre
intimidatorio forse vate
di allocuzione pomeridiana, di visioni da dopopasto,
di un futuro di passaggio.
Mi guarda monocolare,
mi branca mafferra arranca e dice
-Ah le piume dei gabbiani
che mi intoppavano la giacca
quando salso tra i flutti
irretavo le code dei pesci
pizzicavo il riccio scoglioso
catramavo lanziana chiglia-
Emanuele Pon
Fischi di carta
Federico Ghillino
Fischi di carta
LA
POESIA
DEL
MESE
nonostante tutto e tutti penso
once doro del cielo
mani di madre
crisalide delleterno
gente che entra in negozi-gabbia
[per non uscirne pi
dentro la canonica il sabba cosmico
gente che parla e con parole forgiano spade
ho il cuore di mia madre
al di l del fiume che barrisce
etereo grigioargenteo sangue del mio sangue
mestruo cosmico
placenta lunare
cadono gi corpi sfitti al sole
dun luglio che non luglio
dun ritrovarsi che poi morire
macchine che vanno verso citt perverse
ove banchieri sbucati da bugigattoli oscuri
svendono lanima al miglior offerente
once calde del cielo
che nome ha questo dio?
Ho le lacrime di mia madre
poeta che fuimarinaio dellAde
meglio farsi in vena
che lassuefazione tossico-economica
cervelli connessi
polvere pesante
smog allucinogeno
il trip dei benpensanti!
Il mio sentire una stella
luce, lacrime
bagnate, profumate
addormentandomi nellaria della vita
triste bambino
limpidi istanti che annullano ci che non
solo come un astro color rossa rosa
che innaffiano il cielo con il fuoco
tutto immensamente segreto
segreto che quasi non si vive!
Per coloro che ancora invece vivono
a goccia a goccia il loro sangue
Jacopo Catozzi
Bianca Abrate
Leucantemum volgare
Le vibrano intorno incantati fili derba
Mossi dal vento, inebriati del suo profumo.
Sbocciata dalla schiuma di un mare in tempesta.
Mi scompone il suo orizzonte,
Nel riverbero della luce bianca.
Venere in cui mimmergo
Fluttuando
Di tra i tuoi petali
Tra le tenebre di un palmo
Chiusa nella stretta della notte.
Perla rara, dal fluire lambita
Persa fra linfinit numerabile
Dei granelli di sabbia componenti il fondale.
Fondale di un pensiero
Irrisorio e terreno.
MARGARITA
idea di Le poesie dei lettori nata dalle richieste di collaborazione che abbiamo ricevuto da
amici, conoscenti e sconosciuti che ci hanno fatto pensare ad uno spazio dove raccogliere tutte le loro
poesie. Quindi, ringraziando coloro che senza timore si sono mostrati e si mostreranno, speriamo che
la nostra idea possa farvi piacere ed invitiamo chiunque sia interessato a scriverci!
L
LE
POESIE
DEI
LETTORI
Mi chiamo Bianca Abrate e sono nata il 15
ottobre del 1992 nel grigio di Alessandria.
Ho coltivato fin dai primi anni di scuola la passione per la
lettura trasformatasi poi in unamore per la letteratura in
genere. Da allora vivo su un altro pianeta, uno tutto mio!
Parallelamente i miei studi mi hanno portata ad iscrivermi alla facolt di Economia quale attualmente sono
iscritta, facendomi approfondire, quasi paradossalmente,
le relazioni e spinte che compongono un universo assai pi
terreno del mio.
PISTARDS
Un volo di pistards
al velodromo Vigorelli di via Arona
dove avevano suonato i Beatles
e dove nel ricordo i velocisti
sfrecciano ancora
Gambe dacciaio nelle sfide di fantasmi
e mondi capovolti
quando vinceva chi partiva dietro
e quando chi faceva landatura
dopo un giro si piantava sul legno
della pista o sul cemento
la ruota piegata, il corpo teso
nel surplace lungo a volte una mezzora
e il lampo, il colpo di reni o di coda
valevano molto meno
del guizzo di quei muscoli da fermo
erme metafisiche capaci
dimmobilizzare anche te e tuo padre
nel retro dei bar poveri di allora
il campari allungato se pioveva
ma col bel tempo invece la gazosa
sintomo gi dautunno
il video lampeggiante in uno stremo
di bianco e nero
E dalla maglia iridata
solo a tarda sera conquistata
lultima scia darcobaleno
Alberto Bertoni
Inedito tratto dalla serata di poesia Recordare, Teatro delle Passioni, Modena, 14 aprile 2015
Fischi di carta
Fischi di carta
gatura senza uno straccio, e appena fuori, nellangolo, i pennelli da barba i thermos le chiavi e
lenti - alla fine - stanghette o custodie degli occhiali
XII
Fisionomia, fotografia cucita in valigia, ad ogni controllo sfuggita
XIII
Unarancia mezza secca, forse spagnola, la mente vuota, davanti a uno slancio di betulla, taglio
di bianco nel nulla: oggi non lo pulisco, sta tranquilla, lo schizzo di fango sulle ciglia
XIV
Unora al giorno in pieno prime time, sul computer portatile e lo smartphone, ad ogni tedesco, ogni
giorno di questanno, settantesimo anniversario, ogni giorno oggi compreso, ripeto: ad ogni madrelingua tedesco, somministrare una ad una le foto di figli e madri, dei seni strozzati, degli sguardi
XV
Per ultimo, ricordo il numero del gancio dove giace il mio vestito, in fila fiduciosa verso il forno,
gusto di pane buono e labbandono
XVI
Una vita anche le morti che contiene, le procedure e le violenze che cambiano i ricordi nella
mente
Alberto Bertoni
sfalsato e irrimediabilmente cambiato da ci che nella vita si subisce, fino addirittura ad arrivare allestremo della deformazione (Che strana la memoria: ci
consente di ricordare ci che non abbiamo vissuto.
scrive Juan Gabriel Vasquez nel suo ultimo libro, Le
reputazioni), che, in quanto tale, non deve mai avvenire al fine di non perdere la verit insita nel vissuto, e
proprio per evitare ci nasce la scrittura. Ecco come
emerge potente il senso aforismatico: dire seccamente ci che stato, ricordare il segno del dito del
capo, parte per il tutto, che sia per memoria pulita
ed aderente al vero e al visto, essenziale condizione
che fa del poeta un chroniqueur dalla negata visione
totale (il male troppo grande, impossibile da essere
abbracciato o concepito da umana mente), ma ben
saldo negli scorci di cui testimone.
Ci che infatti traspare dalla forma scelta una scrittura episodica, non fluente, continuamente interrotta da buchi di afasia che pesano nelleconomia della
comunicazione tanto quanto il detto, assumendo la
funzione di boccate daria: il poeta cetaceo riemerge
al silenzio musicato per sfiatare quel male impraticabile annidato nei suoi occhi e poi sul foglio, di cui,
per, bisogna dire. La struttura polimerica perci
s aggregante sul piano del tema, ma pare continuamente balbettata, sforzata, non finita. La parola di
Bertoni negli Aforismi di Birkenau quella parola che
risponde alla domanda sullesistenzialit della poesia, implicita nellaffermazione di Adorno nel 1949
(fare poesia dopo Auschwitz un atto di barbarie e
dunque: ancora possibile fare poesia?), in maniera
affermativa, ma sente su di se tutto il peso del tragico che questa scelta comporta. una lingua che
lotta per sillabare, per affermare una verit indicibile, rimasta aggregata come materia ai resti tangibili dello scempio, le stanghette o custodie degli
occhiali. Perci il favellare non ha il tempo di soffermarsi lungamente, di concedersi sollazzi recitativi
o divagazioni; lorrore da indagare a fondo costringe
allimpossibilit di indugio: il linguaggio si condensa,
assume il concetto stretto perdendo le eccedenze e
diventando acuto, afferrando il senso perfetto delle
cose; una vista conica e precisa, ma circoscritta ad
una lente dal diametro modesto che non permette
alla visione dinsieme di esprimersi compiutamente:
la cosa pi agghiacciante/ camminare nel fango/
come se niente fosse/un passo dietro laltro. Questa
logomachia volta allimposizione del verbum, opposto
allhorror vacui del silenzio e quindi della dimenticanza, oltre ad essere contrastiva rispetto al tempo
odierno della beata ignoranza, figlia dellegoismo e
del soddisfacimento -peraltro al ribasso- dei propri
bisogni (i pensieri oggi sono fermi: non marciano,
marciscono), spinta in primo luogo da una necessit umana di tramandi che il poeta sente come necessari da accogliere e ritrasmettere, sapere secolare di
imperdibile importanza, e, in secondo luogo, essa
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