Sei sulla pagina 1di 8

RELAZIONE SUL CONVEGNO DI STUDIO

Le "borie" vichiane come paradigma euristico.


Hybris dei saperi umanistici fra moderno e contemporaneo
Tra il 22 e il 23 novembre 2012 il Palazzo Cavalcanti di Napoli, sede dell'Istituto Italiano di Scienze
Umane, ha ospitato un convegno di studi incentrato sulle borie. Il concetto, euristicamente
inquadrato per la prima volta da Giambattista Vico nella sua "Scienza Nuova", nonstante i tre secoli
di distanza dalla sua formulazione, riuscito ad innescare interessanti interpolazioni tra i campi
umanistici pi svariati.
Nel corso dei lavori si sono susseguiti pi di venti relatori, distribuiti in ciascuna delle due sessioni
in cui ogni giornata era suddivisa.
La prima sessione della prima giornata di studio ha affrontato il tema: Hybris e boria. Il ruolo della
critica e dellimmaginazione.
Moderatore della sessione il prof. Fulvio Tessitore (Universit degli Studi di Napoli "FedericoII"),
il cui intervento d'apertura pu essere considerato a tutti gli effetti una relazione come quelle che lo
hanno seguito, per i molti fermenta seminati e poi germogliati nei successivi discorsi, sia come
critiche che come semplice riferimenti.
Egli ha mostrato perplessit di fronte all'espressione "paradigma euristico", intendendo la boria
come una "violenza euristica", in ogni caso da estirpare e sostituire con un atteggiamento pi umile
e aperto nei confronti del passato, che egli stesso abbraccia con una passione personale sfociante,
per sua dichiarazione, in uno storicismo ai limiti del passatismo. Con l'espressione "Buona parte
della fortuna di un autore costituisce la sua sfortuna", Tessitore condanna le interpretazioni di eventi
lontani (finanche "eventi filosofici") strumentalizzati in base a ci che viene dopo, e non piuttosto
prima di essi. Il professore ha inoltre sottolineato l'importanza in Vico del Critone di Platone e dei
capitoli 12 e 13 delle lettere ai Romani di San Paolo, testi nei quali si identifica l'umilt come
saggezza, e la saggezza come il rispetto a Dio e l'ubbidienza all'autorit. Il male visto come un
turbamento della calma determinata dall'assetto politico degli uomini, regolamentato attraverso
leggi, e dunque come la pi diretta conseguenza dello spavento. A questo e al Critone collegato il
tema del dolore, che Vico riprende a piene mani dall'interpretazione paolina della persona come
"individuo", radicalmente solo.
Il primo speaker ufficiale del convegno stato Andrea Battistini, dell'Universit degli Studi di
Bologna, che ha aperto la sua indagine sul mito di Prometeo, tenuto come uno dei pi eloquenti
esempi di hybris ("Il mito di Prometeo in et moderna: dal peccato di hybris alla virt della
curiositas"). Semidio ribelle, dio terrestre, antidio, Prometeo stato differentemente considerato nel
corso della storia. Nella parentesi protocristiana, per esempio, stato associato a Satana, il Lucifero
portatore del fuoco-conoscenza. Questo personaggio colmo di hybris ( il caso di dirlo, "borioso"),
stato sempre pi rivalutato, fino a una sua completa restaurazione in periodo rinascimentale e poi
illuminista, in cui la curiositas dello scienziato (precedentemente definita da Tertulliano "torbida")

veniva giudicata addirittura pia, e sommamente benefica per l'umanit: "Prometeus est nobis
imitandum!", esclamava Erasmo di Rotterdam, per non citare il ben pi popolare "Sapere aude!"
kantiano.
Moltissime altre testimonianze mitologiche connotano il viaggio conoscitivo come malvagio. Basti
pensare a Fetonte, a Icaro, nonch all'Ulisse dantesco, che viene risucchiato da un gorgo nelle
prossimit del Purgatorio. Il Dante precorritore di tempi, spartiacque tra Umanesimo e Medioevo,
qui tutto manifesto: Ulisse annega, perch mosso da una curiosit impertinente, in cui ad andarci di
mezzo sono altre persone, come la paziente moglie che affligge con la sua assenza, seppure
indirettamente. Dante invece, egli stesso viandante, destinato a sorte ben diversa, perch il suo
obiettivo non la conoscenza bens la redenzione, che otterr in un andare ascendente sempre pi
illuminato dalla luce della rivelazione divina.
La pena di Prometeo intesa come autoflagellazione, suicidio epurante: secondo il Gassendi
l'aquila rappresenta la volont dell'uomo alla ricerca, che lo divora lentamente senza ucciderlo mai.
Come gi accennato, a partire dall'Umanesimo la verit verr de-apriorizzata, e mondanizzata,
interpretrata come una preda sfuggente, che tuttavia lascia delle tracce attraverso cui possibile
stanarla (1666: Accademia della Traccia). Altro mito offerto all'auditorio quello bruniano di
Atteone: "l' apprension de la belt divina" trasforma il cacciatore in preda, che diventa morta al
volgo.
L'intento della scienza diventa la liberazione dagli idola, atteggiamento positivo, pregno di
curiosity, in cui "sono pi gli ammiratori della salita che gli schermitori della caduta".
Lintervento del prof. Battistini si poi concluso con il richiamo alla contemporaneit dove ancora
viva la dialettica "plus ultra- non plus ultra" del mito di Prometeo.
La seconda relazione ("Tra borea e boria: logica poetica di una variazione grafica") di Paolo
Cristofolini della Scuola Normale Superiore di Pisa, si soffermata sulle cause celate dietro alla
sostituzione del termine borea, presente nelledizione del 30 della Scienza nuova, nella boria
delle edizioni successive.
Borea una parola italiana che non ha corrispettivi in altre lingue. Ricorda la Bora, il vento di
tramontana. E' probabile che cos come la Bora gonfia le vele, allo stesso modo il borioso si d
delle arie.
Il termine "Borea", nonch il mito che il termine custodisce, lo troviamo in primis nel Fedro di
Platone: Eretteo, sesto re d'Atene, durante la guerra contro gli Eleusini apprende dall'oracolo di
Delfi che per conseguire la vittoria avrebbe dovuto sacrificare una delle sue figlie. Decide di
sacrificare Ctonia, ma anche le sue sorelle, strette da un patto segreto in cui giurarono di morire
insieme, si tolsero la vita. Solo Orizia, rapita nel frattempo da Borea, non si suicid, in quanto
all'oscuro della morte della sorella.
Se si tiene anche che il dio Borea, personificazione del vento del Nord, raffigurato come un uomo
barbuto, alato e bifronte, il mito non pu che prestarsi alle pi svariate letture, tutte per concordi
sulla sua accezione negativa di perturbatrice dell'ordine precostituito (simboleggiato nel mito dal
patto di sangue fra le sorelle). Sempre stando al Cristofolini, quando Vico parla di "boria delle
nazioni" parla in primo luogo di boria dei greci, e successivamente della boria dei dotti. Quello che

si viene a creare dunque un problema semantico: quando "borea" non pi calzante, gli si cambia
la vocale per riportarlo fuori dal suo etimo, e farne un neologismo di pi preciso significato.
L'intervento del prof. Giuseppe Cacciatore, dal titolo "Contro le borie ritornanti. Per un sano uso
della critica", concentrandosi molto sul valore dell'etica e della filosofia della storia, si scagliato
contro il borioso razionalismo, che opera senza tener conto dei limiti della mente umana, sempre
perfettibile e fuorviata dagli idola, erigendola invece a misura di tutte le cose. La logica viene
ampiamente disprezzata perch priva l'ingegno dei suoi liberi voli, (affermazione per altro
diametralmente opposta a quella di B. Russell).
Secondo il professore la "Scienza Nuova" di Vico un'opera che ha fatto la storia, non solo per i
suoi molti e poderosi contenuti ma anche perch al suo interno si teorizza che l'arte sia non
l'espressione, bens l'impressione stessa della storia; non un modo alternativo di raccontarla ma la
sua pi vera ed essenziale manifestazione fenomenica.
Oltre alla riformulazione della boria come un dispositivo etico, e all'auspicazione della deideologizzazione di ogni velleit di primato di popoli e culture, Cacciatore si soffermato sulla
comune tendenza a proiettare Vico nel futuro, facendone addirittura un precorritore di Kant ed
Hegel. L'erroneit di questa teoria suffragata, oltre che dal buon senso, anche dalle pi recenti
direzioni storiografiche come quella dell'iniziatore della storia dei concetti (Begriffsgeschichte)
Reinhart Koselleck, che non intende la storia come uno studio puramente linguistico dei termini
avulsi dal loro contesto sociale e politico ma, al contrario, atto a cogliere il significato reale che al
di sotto del linguaggio: condizione questa essenziale per una vera comprensione degli avvenimenti
storici. Il metodo della "semantica storica" sviluppato da Koselleck privilegia l'identificazione della
direzione spirituale (Geisteswissenschaftlich) e filosofica della storia sociale piuttosto che l'analisi
marxista e statistica che si fonda sui meccanismi economici nello sviluppo della societ.
Non sono mancati nell'esposizione riferimenti a Cassirer e Dilthey, secondo i quali la storia un
processo aperto e ascendente, le cui periodizzazioni convenzionali costituiscono sempre un
presupposto al modo di considerarla. Preferibile al metodo razionale quello basato sull'intuizione,
che privo di un forte sistema su cui poggiare ha per il vantaggio di penetrare pi a fondo la realt.
A tal proposito Cacciatore citer il filosofo vitalista Ortega y Gasset: "Ragionare collegare visioni
irragionevoli".
Lintervento si concluso con una citazione di Enzo Paci contro la logica dei boriosi, citazione che
stata oggetto di critica del presidente della sessione, Fulvio Tessitore.
La relazione di Manuela Sanna, "Borie e immaginazione di cose lontani e distanti", ha concluso la
prima sessione della prima giornata di lavori. Il campo di indagine aperto da Sanna ha interessato
notevoli concetti filosofici, come quello di sensus communis, posto come rimedio alla tracotanza dei
dotti. La boria vista, riprendendo l'immagine del Cristofolini, come la distorta conseguenza di una
conoscenza che gonfia, anzich semplicemente soffiare sugli uomini, i quali tendono piuttosto ad
adattare ci che non conoscono a modelli precostituiti, in mancanza dei quali ricorrono alla propria
natura. L'andamento della relazione alquanto preciso e geometrico. Delle molte schematizzazioni
proposte a pi chiaramente spiegare la funzione della boria nella conoscenza del passato, si propone
la seguente,

SENSO<<<<<<<< MEMORIA >>>>>>>>>> FANTASIA


IMMAGINAZIONE<<<<<<<< BORIA>>>>>>>>> RAGIONE
in cui la boria costituisce un ibrido conoscitivo, fatto di mostri cronologici e geografici (deformis
antiquitas), che riempie i vuoti in un modo innaturale.
La seconda sessione della prima giornata, presieduta dal prof. Fabrizio Lomonaco, si svolta nel
tema "Libero arbitrio, mito, nazioni".
Francesco Piro (Universit degli Studi di Salerno), in "Illusioni e delusioni del libero arbitrio
nella trattatistica sullazione umana del XVII secolo", ha affrontato il tema del libero arbitrio,
indagandolo sotto i riflettori della disputa intra e trans-confessionale tra molinisti e baneziani,
ripescando molti temi della disputa antropologica secentesca sulla grazia.
La boria, intesa come una sotto-tassonomia dell'orgoglio, viene interpretrata da Molina come
un'ostacolo all'abbraccio del bene, atto volitivo necessario per innescare l'intervento della grazia
divina sull'uomo. In questo scenario l'uomo conserva la sua libert, mentre Dio sfugge al ruolo
dello spettatore, in cui come gli uominiera immerso in un contesto temporale, riassumendo la sua
facolt di prescienza, la conoscenza di tutte le cose passate e future senza la necessit di aspettare le
scelte dell'uomo.
Secondo Banez Dio invece concede la grazia alluomo sapendo gi in partenza che quella grazia
verr da quelluomo accettata, predestinando quindi la libera volont allaccettazione: la grazia non
efficace perch luomo vi corrisponda, ma perch Dio predetermina la volont di abbracciarla.
Molina, insofferente a qualunque filosofia che limiti la libert umana, non riesce a tollerare la teoria
baneziana, secondo cui inoltre Dio capace di muovere ogni natura assecondandola, senza forzarla.
L'intervento ha toccato anche il pensiero di Cartesio, che definisce la libert non come un libero
arbitrio d'indifferenza, ma come una mirata e concreta ricerca della verit tramite l'esercizio del
dubbio.
Il secondo relatore, Marco Vanzulli (Universit degli Studi di Milano), ha confrontato alcune
concezioni contemporanee del mito con quella vichiana ("Il sacro, il mito e il mondo civile. Vico
versus il modello archetipico").
Come gli uomini del Settecento, Vico denomina i miti "favole", ma parla di favole vere e severe,
approfondendo lo studio dello statuto epistemologico (vere) e della normativit etica (severe) del
mito in una direzione originale, che lo differenzia da qualsiasi concezione strumentale delle favole
e gli consente di elaborare la questione dellorigine, del significato e dellinterpretazione del mito in
termini che, pur risentendo di diversi e importanti influssi, sono per molti aspetti nuovi.
Il mito viene sottoposto a una perenne risignificazione, in quanto "altro della storia", epoca
atemporale in cui l'interpretazione pu protrarsi fino al delirio.
La ricerca vichiana insegue un processo totale che tenga uniti tutti gli aspetti del mondo socioculturale, tenendo conto che esso qualcosa di costituito, non di dato. Un grande esempio della
pregnanza teorica della filosofia vichiana si ritrova nel capitolo della "Scienza Nuova" intitolato "Le

sconcezze e le inverisimiglianze dell'Omero finor creduto divengono nell'Omero qui scoverto


convenevolezze e necessit", nel paragrafo 16 : molti elementi del neokantismo fenomenologico del
sec. XX sembrano essere ivi anticipati.
L'esperienza delle origini un arcano tutto-pieno che si disperde nella storia, in cui spesso e
volentieri i vuoti sono colmati da elucubrazioni di non-verit.
Numerosi sono i filosofi che si sono cimentati in questo campo. Per citarne uno dei pi influenti
Schelling, nella sua "Filosofia della mitologia", afferma che se il mito viene colto nel suo lato
essenziale e non giudicato a prima vista come un insieme di credenze antiche e superate, pu
riuscire a svelare i segni e le forme in cui si articola la storia umana. Mentre il pensiero logico
rimane incapace di afferrare la particolarit e la concretezza della realt in divenire, quello
mitologico ne consente una conoscenza pi appropriata. Il mito infatti tautegorico, non allegorico,
nel senso che non va spiegato sulla base di presunte verit ad esso pregresse, ma esprime solo se
stesso come nodo particolare di sviluppo del lungo e travagliato cammino della coscienza umana.
Anche Ernst Cassirer d molta importanza al mito, facendone addirittura l'essenza dell'uomo, che
definisce animal symbolicum, piuttosto che rationale.
Il discorso si sposta presto dal mito alla religione, tirando in ballo Rudolf Otto e la sua concezione
di "Razionale e Sacro": la religione per lui la spiegazione meno intellettualistica dell'assetto
sociale.
Secondo il crociano De Martino invece il mondo della magia, di cui le societ "primitive" offrono
imponenti manifestazioni ch'egli assume a documento, ha una sua realt precategoriale ed visto
come una primordiale rappresentazione del mondo, funzionale al bisogno (per usare i termini da lui
adottati) di "garantire la presenza". Sensibile fin da quest'opera l'influenza dell'esistenzialismo di
Heidegger, da cui egli mutua alcuni concetti-base e in parte il linguaggio, introducendo nel campo
dell'antropologia religiosa nozioni quali quella di "crisi della presenza" e quella di "riscatto dalla
crisi": un riscatto attuato, secondo il De Martino, per il tramite del rituale magico-religioso, inteso
come tecnica di superamento della crisi e dell'"angoscia della storia".
Secondo Dilthey le scienze dello spirito si fanno determinare da un tipo di ricerca nella quale
prevale una nuova idea di empiricit, attraverso un'espressione che in lingua tedesca si scrive
Erlebnis, cio vissuto d'esperienza. Ci in realt significa qualcosa di pi profondo, perch predica
una sorta di comunione con la storia, un nuovo sapere che nasce dall'interno della storia stessa.
Essere dominati dall'oggetto, in questo senso, significa rivivere il sacro della storia, e dunque il
mito.
Secondo Vanzulli, finalmente, la religione ha fatto vivere la societ, che l'ha fatta a sua volta
rivivere (funzione civile). Senso e fantasia non sono l'epifenomeno della ragione, n tanto meno la
fondano: lo scopo della religione conservare lo strato ontocategoriale da cui sorta.
Il terzo relatore, Enrico Nuzzo (Universit degli Studi di Salerno), nel suo contributo "La boria
delle nazioni alla prova della natura e della storia. Teorie climatiche, caratteri delle nazioni,
identit patrie nella cultura meridionale settecentesca" ha invece esposto una fenomenologia delle
borie delle nazioni caratterizzando il suo intervento con citazioni di autori della cultura meridionale
settecentesca. Un esempio chiave portato in testimonianza del borioso riduzionismo

nazionaleggiante quello della pelle di Cam, che sarebbe diventata nera in seguito alla maledizione
di No: l'inferiorit della razza africana suggellata da questa strumentalizzazione del mito biblico.
La Tavola rotonda (intitolata "Prima e dopo Vico") seguita a questa seconda sessione stata
presieduta dal prof. Cacciatore. Essa ha visto intervenire quattro ricercatori: Mariella De Simone
(ISPF-CNR), che nel suo intervento Alle origini del paradigma di borie in una fonte vichiana: la
philotimia di Diodoro Siculo, ha trattato questioni di carattere filosofico e antropologico;
Raffaelo Carbone (Universit degli Studi Di Napoli Federico II), che nella sua relazione ha
analizzato gli Essais di Montaigne soffermandosi in particolare sulle impressioni del filosofo
francese riguardo il Nuovo Mondo, il quale per i suoi interessi esotici e i suoi illuministi
cosmopolitismo e apertura mentale, "ha sferrato un attacco al cuore della boria europea" (cit.
Carbone); Roberto Evangelista (ISPF-CNR), che si concentrato sulla figura di Ernesto de
Martino e sulla critica che questi muove in molte opere (come Il mondo magico) alla boria
culturale delloccidente che, a causa della sua mentalit scientifica, relega la magia, il magismo, e
lopera degli sciamani nel mondo dellirrealt; Stefania Tarantino (Universit degli Studi di
Napoli Federico II) che ha puntato lattenzione su due figure dello scorso secolo, Simone Weil e
Hannah Arendt, evidenziando come il cammino delle due pensatrici non sia mai stato caratterizzato
dallambizione all'esaustivit.
La prima sessione della seconda giornata del Convegno (Con Vico, oltre Vico), presieduta dal prof.
Cristofolini, si aperta con la relazione di Geri Cerchiai (ISPF-CNR): Lingegno di Vico e
tradizione vichiane. Oggetto di dissertazione per Cerchiai la polemica generale scoppiata nel '900
sul ruolo interpretato da Vico nel rinnovamento della filosofia, e in primo luogo l'interpretazione
vichiana del Buonaiuti in polemica con la lettura neo-idealistica di Croce.
Buonaiuti confutava Croce muovendo sulla metodologia e sull' anacronismo/anti-storicismo:
secondo il suo parere Vico doveva essere interpretato a partire dai filosofi a lui precedenti, e non in
forza della a lui futura filosofia idealista.
Andando oltre la disputa tra i neoidealisti e i neotomisti, sotto critica anche la
strumentalizzazione di Vico durante il periodo fascista, in cui si faceva leva sulla sua "italianit" per
porlo nella schiera dei filosofi precursori o quanto meno simpatizzanti dell'ideologia fascista. Per
Cerchiai non si tratta di una generalizzazione azzardata troppo, bens troppo poco: Vico eretto a
paradigma euristico di una memoria e una spiritualit mediterranea, essendo l'escatologia e
l'etimologia i nuclei fondanti del suo pensiero.
Subito a seguire Giuseppe DAnna (Universit degli Studi di Foggia), con un saggio intitolato
"David Hume: su alcune borie dellOccidente". A quanto detto David Hume pu a buona ragione
considerarsi un "distruttore di borie", in quanto critica il filosofare borioso dei suoi tempi che
pretende di conseguire per teoresi l'essenza della realt e la costruzione di sistemi formali esaustivi.
I dispositivi teoretici di Vico vengono da Hume semplicemente portati sul piano esperienziale; per
questo motivo quando asserisce "Non c' sapere oltre l'impressione", egli non sta dicendo nulla di
pi rivoluzionario di: "Verum ipsum factum".

Poggiandosi su un'interpretazione di Hume secondo Popper, D'Anna sostiene che l'azione smussante
di Hume sulla boria intesa come amor proprio stata cos intensa da riuscire a scardinare anche il
concetto stesso di ipseit, intesa come boria identitaria: l'Io plurimo , finito, influenzato dalle
relazioni in cui si discioglie. L'identit non che un aggettivo delle percezioni, un feticcio. Ogni
cosa sia individuo che parte di qualcosa.
La totale distruzione di quell'io monolitico sempre posto alla base del sostrato sociale fa s che la
vera matrice dell'individuo, il principium individuationis, diventi la memoria.
I due interventi successivi, quello di Roberto Mazzola e di Alessia Scognamiglio (ISPF-CNR)
hanno analizzato rispettivamente due figure, quella di Buffon e di Ferdinando Galiani.
La boria indagata da Mazzola in "Buffon e la lotteria della vita" quella dell'immortalit, inseguita
da sempre e inutilmente dall'uomo. L'indagine si focalizzata su alcuni scritti di Buffon, che
stronca tali vaneggiatori con dati empirici e riflessioni morali, dettagliatamente riportati,
prodigandosi nel primo esercizio apotropaico della sua scienza.
La relazione di Scognamiglio ("Borie, antiquaria, veteroclassicismo:
la risposta di Ferdinando Galiani al moderno filosofare") ha invece analizzato i concetti di pigrizia e
curiositas in Galiani, interpretati come criteri ermeneutici (e dunque antitetici alla boria). Lopera a
cui la relatrice si maggiormente ispirata il Socrate immaginario, dove emerge la critica e
l'insofferenza di Galiani nei confronti del pedante ambiente accademico napoletano. All'interno
dell'ossessione filosofica del protagonista, oltre la noia e il disgusto per la sua citt, si fanno largo
degli espedienti per vivere bene e non perdere il sorriso della ragione, come l'ironia e il filosofare
disinteressato.
La prima studiosa a conferire nella seconda sessione della seconda giornata stata Rossela Bonito
Oliva (Universit degli Studi Napoli LOrientale), con "La melanconia del distacco: soggetto e
saperi al confine tra modernit e contemporaneit", imperniato sul grande tema della modernit.
Partendo dalle tre famose domande kantiane, la relazione ha affrontato il problema della
soggetivit, attraverso brani di pensatori del calibro di Freud e Heidegger.
Successivamente Rosario Diana (ISPF-CNR), in "Boria e tracollo dellio. Samuel Beckett e Arnold
Geulincx", si soffermato sullopera del filosofo occasionalista Arnold Geulincx e in particolare
sulla sua Etica. Lintervento stato accompagnato anche da un ampio corredo testuale, a
evidenziare la lettura che Beckett ha compiuto su questo autore.
Lultima sessione delle due giornate del Convegno di studio, presieduta da Manuela Sanna, si
chiusa con quattro relazioni.
La prima stata quella di Matteo Palumbo (Universit degli Studi di Napoli Federico II),
intitolata "Larroganza della teoria: il dottor S. nella Coscienza di Zeno". Anche se la struttura del
racconto, che mediante un punto di vista univoco ("formalit informale" in Svevo) induce
sotterraneamente il lettore a sospettare della validit dei suoi contenuti, l'inefficacia della
psicoanalisi in confronto alla potenza del dialogo con s stessi e della scrittura, vista come una
difesa della vita e una resistenza contro la sua vuotezza e caducit, una dimostrazione
dell'arroganza della teoria.

L'intervento di Anna Donise (Universit degli Studi di Napoli Federico II) si soffermato sulla
figura di Edmund Husserl e in particolare sulla lunga conferenza che il filosofo tenne nel 1935: La
crisi delle scienze euoropee. La relazione dal titolo "Husserl e gli Eschimesi. La Crisi delle scienze
europee e lumanesimo eurocentrico", ha toccato temi di notevole entit come quello della verit, e
dellimportanza dellEuropa nella ricerca: luomo europeo (ha detto la Donise citando Husserl) ha
un atteggiamento mitico-pratico, con cui si apre al mondo come totalit, consapevole che il proprio
modo di pensare uno tra molti. La verit in s dovrebbe essere l'unico telos a cui tendere, ragion
per cui occorre un universalismo sia religioso che morale.
Di importanza decisiva stato il richiamo alla ragione pigra di cui il filosofo parla riferendosi a
Kant, che non da intendersi come sinonimo di stanchezza, ma come atteggiamento di chi spezza il
legame ragione-prassi e si crogiola nella propria impotenza.
Le trasformazioni politiche del secondo dopoguerra e le pretese dei diversi campi del sapere sono
stati oggetto delle analisi di Stefania Achella dell'Universit degli Studi di Chieti G. DAnnunzio
in "Le trasformazioni politiche del secondo dopoguerra e le pretese dei saperi", mentre Armando
Mascolo (ISPF-CNR), con la sua relazione "Lossessione dello scheletro.
Decadenza ed egolatria nelle riflessioni di Ganivet, Unamuno e Ortega" ha tentato una penetrazione
di una suggestiva declinazione ispanica della boria.
Volendo tirare le somme il convegno, ponendo l'accento su molti aspetti umili della filosofia, e sui
loro benefici effetti, ha assestato un duro colpo a quel filosofare "avanti tutta", semplicistico
liquidatore degli antiqui, nichilista distruttore di quei grandi sistemi teorici che si sono permessi di
esistere senza il suo permesso o contributo: la nuova boria che pone nel resettare e nell'innovare
scriteriato il senso (unico) della ricerca del vero.

Cosimo Palma
23/02/2013

Potrebbero piacerti anche