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/^'

C\J

343

Testi orientali inediti sopra

Sette Dormienti di Efeso,

pubblicati e tradotti dal Socio

IGNAZIO GUIDI.
20
aprile 1884.

Memoria

letta nella

seduta del

Molti autori dal Baronio in poi hanno scritto sulla famosa leggenda dei Sette

Dormienti di Efeso
ricordare solo
il

sarebbe agevole

il

noverare qui
io

loro scritti,

ma mi

restringo a

libro pili recente

che

conosca sopra questo soggetto, quello cio


ihr

del Koch, intitolato: Die SiebensckUiferlegende,

Ursprunq unti ihre Bechutung,

cine initliologsch-literaturgcscliichtliche Studio


struire la primitiva forma del meraviglioso

(').

In questo libro l'autore cerca ricoe

racconto,

ragiona delle variet colle

quali narrato tanto nell'Occidente quanto nell' Oriente, e cristiano e

musulmano.

Non

mia intenzione, nel pubblicare

la presente

Memoria

di tornare a discutere

questo

quel punto della leggenda, la cui importanza, qualunque essa sia nella storia

religiosa, certo
filologia

grandissima nella storia letteraria orientale


in

a questa

appunto ed alla

ho avuto

animo

di giovare innanzi tutto,

dando in luce parecchi antichi


cio

testi in tutte

quasi le lingue letterarie dell'Oriente cristiano,

nel copto, nel


;

siriaco, nell'arabo, nell'etiopico

e nell'armeno. I quali testi sono tutti inediti

anzi

qualcuno di

essi

ci

conservato in manoscritti che sembrano essere


gradita
agli

unici,

per
se

modo che

la loro

pubblicazione sar doppiamente


e
le

orientalisti.

Ma

ho avuto in mira la filologia


stessa, nutro

letterature

orientali

piuttosto che

la

leggenda

nondimeno certa

fiducia che anche per quest'ultima la


i

mia raccolta

avr qualche valore, poich noto che fra


si

pi antichi documenti letterari di essa

noverano appimto
I testi

le

versioni orientali.
e dei

che pubblico

quali terr pi specialmente proposito derivano tutti,

pili

meno immediatamente,
di

dai primitivi
si

Acta

o storia dei Sette

Dormienti.

Non

cos

la

menzione che

questi santi

fa nell'ofiiciatura e

negli inni che ad essi s'inti-

tolano,

ne'^quali la relazione cogli antichi Acta

pii lontana.

Di questi luoghi
-copti)

pii

liturgici che storici,

non mi occuper (ad eccezione

di

due inni

di

proposito,

ma
pi

piuttosto m'intratterr alquanto sopra una parte dei testi arabi, quelli cio che
si

avvicinano

alle

versioni siriache; ai testi


il

arabi

come

dir appresso, deriva

importanza anclie da ci che


recensione di essi.

racconto etiopico nasce

certamente

da una

antica

(')

Leipzig, C. Reissner, 1883.

Il
I.

344

Testi copti.
e che

frammento copto-saidico, che qui segue,


Zoega

sembra essere
N. CLVI.

inora sfuggito a
si

coloro che sonosi occultati della leggenda, tratto da

un codice che

conserva nel
pagi-

Museo Borgiauo
lides,

dal

descritto cos

(')

Folia quiiiquc

nae ?\e-JUX. characteres classis VI.

De VII Dormientibus. Nobiles

pueri, Arche('),

Diomedes, Eugenius, Probatius, Sabbadius, Stephanus, Ciriacus


;

tempore

persecutionis sub Decio, in speluncam sese abduut ibiqiie obdormiimt


rante Theodosio,
elapsis

postea impe-

qui ad

cum Ecclesiae Ephesi praeesset Marinus Episcopus, expergefiunt, anuis CLXXXII. Epistola Marini hac super re ad Theodosium imperatorem, eos videndos Ephesum proficiscitur . Questo codice al giorno d'oggi in
che non fosse
al

istato peggiore
il

tempo del Zoega;


pii,

numeri

delle pagine (eccettuato

7\^
Il

il

^H)

non

si

vedono

come anche alcune

lettere pii

non

si

leggono,

sebbene possano quasi sempre e con sicurezza essere

restituite.

frammento Borgiano, che verosimilmente forma appena


comincia
al

la quarta parte del-

l'intera narrazione,

punto che uno dei Sette Dormienti,


di

Archelides

Achillide preso

come sospetto

aver trovato un tesoro,

ma

l'ordine del racconto

alquanto diverso da quello generalmente seguito nelle altre versioni, nelle quali
alla

nominatamente

domanda

di Achillide, se Decio fosse ancor vivo,

seguono alcuni
)

periodi che invece la precedono nel copto: quest'ultimo comincia cos:

7\^

... *nxp^^^

rfEg.

KA-XA e iTepe
rtA^nni

rt^i

KATHropei
rte.

jujmoi.

^7\7\A. 'f-coovrt 2ce rteigojmrtT

rtrt^eioTe

^ycju evxi.

evi" grt rreigojuirtT git Temo^sic rtc^q. ayuj ht^s. neinip^kcjuioc


TA.goi
Tcjurf H'i'cooYrf jSjuioq A.it
''
:

nexe nA.rfevnA.TOC
rtA.q

rtA.q

xe

TOK oviRo?\
ef.o?s grt

TCJurf.

nexe A-p^h^^ithc

xg XnoK oxX
tnxs.

Teino?\c:

nexe nA.rteYnA.Tajc
Roma 1810,
pag. 241.

r(A.q

xe epe

coovn

(')
(')

Catalogus codic.

copUcor. etc.

Nella versione copta (come anche nell'etiopica) la serie dei nomi quella stessa che occorre in Teodosio De silu terrae sanctae, in L&ni Anecd. Ili, 96-97 etc. cio: Achillides, Diomedes, Eugenius, Stephanus, Probatius, Sabatius, Cyriacus. Cfr.

Koch, 85, 86, 116,

etc.

a)

Ho

conservato in generale l'interpunzione

e l'ortografa del codice

anche quando

vi occorrono

alcuni errori nella scrittura di parole greche, non rari del resto anco in buoni mss. p. es.

eTei,
cf.

(hi)

nA.rfevnA.T(juc, nA.rfeHnA.Toc
lesti

(rfluVorof),

cnY^A.iorf

(raj/Xmor)

-,

Rossi,

Trascriz. di

copti, 7. Nelle poche correzioni ortografiche che ho fatto, ho posto in nota la scrit-

tura del ma.


p. e.

pi forte ragione conservata la scrittura apparentemente inesatta di altre parole,


(naXcinot'),

nA.?\?sA.2s.lOrt

c2vpA.TeYAJlA.
15, 20 ecc. Sopra

{btqutiv/ihc],

K7\UJCiX}YUJXt.a}ti
il

(yXtoa-

<rxO|Uoi'), cf.

Stern, Kopl.

gramm.

AA, ff

ecc.

codice scrive spesso un puuto


linea.

in

luogo della linea orizzontale, ma, per ragioni tipografiche, nella st.impa posta sempre la
ras.

b) 11

oveeRoTs (ova. eRoTs?).

jijJUioK

345

^rt

nejjui\.

JUApoYei TOYpjuffTpe
'

g^poK. TifnicTeve
5s.e

'i

coi. ii.

rt4\K.

AVcju T-ffTng,oYT
jmrt

rteKcyiS.re.

^p^h^n^nithc

AqT^OYO

JunpAft rtfteqeioTe.

fteqcrfHv:

nexe n^tiBXUA.TUJC rtAq

X6

rfCKixjAsce ^BtiSo7\ rte. aycxj rteqKou tpuuq ne.

eqA^gepATq epe

neqgo

n^gT
.

inecHX.

rtepe

oYort

ffjjui

rtA.v

epoq 6qXg,Gp.\'rq

EqKou pouq

nexAY

rtrtevepHY xe A^pHV eqnotyc. h nArtTUJC


ti^'K^no) Itjuioc

oYJmujpoc ne

gertKoovi 2^e

xe

JSjnort

a.^?\\
?nh.

eqn?\ArfA. itJiiort eqovtxjty np&oTs') grt rfernx: r(JuiJUiA.q

TOTe
extrt
:

A.qcy^x6
')

r(6t

n<^rtOY^^T0c. eqxcxj

jSjuioc

rt \q

xe

AnjcTeve

AK

rtAty rtge/J.

xe uAnHi rtneKeioTe

rre rfeigojiJirtT

KAirAp
ecye n-

necgAi ETgiujoY ceovcxjrtg jSjuiooy eKo?\. xe


poAjine gjui neYgcjuK
:

eie

govo

Avou cecyoon
t ngepu^ipe

xm ^eKioc

nppo. aycju jrtcourt:

novtyjRe enTHpq.

^pHV
-*

eKovojcy iccxj&e

Tenov
epooY
eqxcu

tfe

'frf.^'TA.A.K

igertiUACTi'rF- **" gert&ACArtoc. tyA.rtTeK:

TAjmort xe rtTA.Krg'e erteixpHJuiA. Tojrf


tiSi

n^i Xe rtxepeqcojTJui

toi. ir.

ApxH^^iTHc ^qnAgTq
xe
rr
:

g,ixl

neqgo A.qoYujcyT
')

r(^.Y

Xijuoc.

Axjcoove 'frtAxrtOYTHYTrt
a!

evtyAxe. XeKioc

nppo

gt

Temo^ic JunooY
Itjuioc.
jurt

nneTOYAAjS, rtenicKonoc ovuJcyK

rr^q eqxcju
rtqtyoon ^rt.

xe n^^cyHpe. XeKtoc nppo eTeKcy^xe ipoq

rteTortg. ^k^?sA. ^^qjiioY eie gs.g rtpojuine:

jui.

^p^H^^^iTHe
Aioc xe.
A.VUJ
')

2^e

nepe neqgo

n^gT enecHT
epe nov*!

eqpjjue eqxcju

npoujuie ne n<M.
JLneqg,o

jijiner(rfs.Y

enAi erceg

grt T6ino?\ic

* 30.

nevqei

ig,pA.i

novA

(TujtyT igovrt

epoq. rcxoq :^6 rteq^^gep^xq. eqKou npcjoq.

juneqtfTf

06 ncyAxe

a)
p. es.

Il

ms. chiaramente

TOYepJUirCTpe
Peyron.ecc).
per

mentre parrebbe pi corretto

MeepiUrfTp6;
TA.,
cos

(cf.

PM/m. LXVII,

1, ed. Bern.

Come

T6

per

Te, TA.
si

per

sembra

essere qui adoperato

XOY

r(TOV:

il

che sarebbe, se posso dir cos, un boheiricismo, come


avvicina talvolta a quella

ne occorrono in eodici saldici meno antichi; anche l'ortografia del cod.


dei mss. boheirici
(cf.

Steindorff,

Gesios

und hidorus (kZ)


e)

139, A, 142, 157).


il

b)

Il

ms.

TEffforse

nie-reVe

e poco appresso
la

TertTWgOYT.

Cos

cod. invece di

Teff geT; ma

l'amanuense ha omesso
lettera
e)

ft dell'oggetto avanti la parola seguente,

che comincia culla medesima

(cf. p. es. v.

Lemm,

Bruchst. d. Sali. liibdubers.

XX,

penult. ecc.).

d] Ms.

ttepf.O?\.
in

Ms.

eTeOYe.

f)

Ms.

eitge.

^r)

Cos

ll

ms. colia forma pronominale

luogo dello

slat. conslr.

h]

Sembra che qualche parola

sia qui stata

omessa;

v.

appresso.

Classi: di scienze moeaij ecc.

3lEMni;iE

Vol. XII."

44

ffJiiui<\v:

346

A.rf

oYort

2i.e

uisn ixrtHV <=yApoq rfeY<fujty'T g,ovrt ^Jx

neqgo. evxuj

xiijuioc

xe

itTrtcooYrt

juini grf

Tcmo^ic:

rtToq 2^6 rteqtfojcyT iRo?\ gii nxiHHtye xe


neqcrfHV. eie iteqcvrrertHc.
1*.-

qrf5.rfAY

ovX

gir

eie

neqpjSrfcoovn

THpov

a-yo) jS-

col. II.

neqitA.v eoYort:
TsJXioti.

- KAir^p
jmrt
'^)

ite

ov*. ne

eRo^

git rtertofi"') sjltj^Ts-

rtToq

neqeiTe. ayju rteq^^gepA^T-q gt TeYJHHxe


eitqcy^xe ^it
.

rtee itrteie^ix^juc.

avcju

neqcoeiT nujg
rt'TA.q(rrrf6
2s.e

cy*.

nenicKonoc.

xe AVtJuune

rtovpcxjjuie

ilnooY
<^cuJaJ^6

novA.g,o

Hxpw***'
ffoJLHA.
Juinrf<3k.Y

""T"^

nppuuoY

rt^pX'^-'o"-

ka.ta. oyoikojurt

HTe nrfOYTe. epe nA.rfHnA.TOc gjuooc


tjuajiay
*

neniCKonoc

eneiXH epe nitovre OYujcy inrpe njmvcTHpiort


rt6T nMt-

* 40.

m-A.nA.CTACic ovujMg eKo^. AqovegcAgite nTeviTOY

ovnA.TOC.

jut

nenicKonoc eT-pevercrq itAq


a.vcujk iijuioq

Juiit

itegoJuiriT

eTe

it-

TOOTq: ^Ycju Teige


nenicKonoc rtgHTC
uieeve gii
jmit

AvenTq eT6KK^HciA

epe

n^rfeYnATOC.
evx:! iijuioq

neqgHT xe

^p^H^^^iTHc ^e neqepATq rt2i.6Kioc nppo: %xa)


ayco
rtepe

rreqtfuotyT eneicA. JUtM nA.1 2C6 n^rfTcxjc qn^itA^v evpcxjxie encxjq


ne.
*
cui. II.

AYuu iineqff^Y

e?s.s.AY npuuAie eqcoovit juumoq.

nJLtHHtye

THpq

cojfiie

ncouq. xe rteqo rtee rtneicofi^ eqgrt

Tevitepe

UIHT6.

Avuj

nevRcxjtJupe

iijmoq

grt

ovAnei^sH.

ty^rt-rovem-q

^e ine neqp^n ne jui-^pmoc. a.xuj nArtevnA.TOc gjmooc gAgT-nq iinn^v eTijuiA.Y: ner^q
eTeKK?\HciA;. IlenicKonoc

it^p.

XH^^iTHc xe A^ic epoi uj ngeptyipe xe MT^KiTme nrfeigoAiftT TCiurf. AVO) eqTuurt nAgo txpHAAA H'T^.Kge epoq. ^qovcxjtyS 6T
*
41.

nncTOV-^-^f.

ApxH?\^n"Hc

eqxcju jujuioc.

xe iineige

eA^go.

^-co-

nc iijuoK
jmtt

n<5.xoeic. en6i2>.H ^s^vrro^iincxjcyc

gHT

cycone gixuji.
grt

ovito"" ng&A..

^YUJ juiR^sa^v

nicTeve mai

neTccxjT-ii

enAcy<s.xe: a^?s\ ovegTHVTrt

iTccjui

TA.TCAf.uuT-r( er(4\KecyRHp

evgii necnv^sAiort
eRo?\

gii

n-TOov nex^^J.

aycxj

TeTrtnAeiAAe
A.rt
:

giTooTov
'i

rtffertTAixooY rtHxrf. xe rt'fxitfoTs

Anort

rAp
*
col. II.

Tito

rtcA^iq rtcynpecyHJUt. ayoj Artort necyape rtrteitofi^riTei-

no^ic

ecj>ecoc A-itnouT enjuiA

ctjuiay e-rKe ^ckioc nppo

r?A-

a) Ms.

rtTeit".

Cos

il

ras.

qui e in seguito con Ite per ti

e)

^;/o??

rf)

Ms.

TeMO.

ccRhc A.VU
porge. AYuj
"i-cooYrf
A^rtoK

347

ovuupx xe ^qei igovn eTcrno?\ic g ayco A.qAm\v epoq HgHxc g porge:


grt
.

tyme
ceene

court experfovuucyf nrreqrtovTe 6TXA.giui


itrtertotf^

^nort utrt

nKe-

n'Tno?\ic.

cne?\Aiorf eTJiJUi4S.Y
ic

eTRe hai ^rtnouT" ^ngonert gxt neeTKHHTq. re ^non gertgJIgA?s rtxe nxoeic
gaj?\oc
:

tai T6 Tno^Mc ecjjecoc TOTe nneTOYA^AR nenicKonoc xiApmoc. a. nenrA! junnovre kiaa c<n.-

nexc

itycjune

* ^2.

rtgovrt

ijjuioq.

nexAq xe ^pHY ta nrtovre OYuuty


:

eT^Viuiiorf

eYtfaj?\n eKo?s iiinooY. giTrt neigeptyipe

?\oinort

xa^pnox-

gew

rtcujq. rtTrtKcjUK rfiJiiui^q. rtTrtrf^Y

xe epe ov rtAcytone:

NT6Yftov Xe A.qxojovrt rt^n" nneTovA^A.K renicKonoc juApirtoc. jmit nArtoYnATOc. xm ovrto<r'jLAJiHHtye Rtc Tno^^xic. A^rnouT ^p^h^^nithc 2^6 egovrt enToor epe necnr^NAiort gHTq
:

AqnouT gOYff

enecnY!^\A.iorf eqjuotye

gA TevgH.

aycju

*.

ne* foi !

niCKonoc AAOocye

gmAgov

Juijuioq :-^

^qKe?\eYe n6i neniCKonoc

fxn n^s.rteYnA'Toc eTpevK^eApi^e


?\Aiort.

rtrteojrfe

eTgA* npo juinecnvgrt OYJUioTrtec:

nceKA TegiH iinJUHHuje rtcenuuT igovrf

6T6I

^e eveipe nTeige X nenicKonoc i"gTHq


r(cc|>pA.Tic
.

^qrf4^Y

evKovi

nK?\ujcuuKujJuiuurt

ngoiuitT eqgipxi npo junecnY^N^ion.

ca. 0YrfA.AA
rt-

jujmoq ecTOo&e rtcA.tyq


rteuJrre

rtgAX. eqgan git TAXHTe


rt6T

eTgli npo

jtxnecnv^vAiorf

ayuj 4S.qxiTq rtTevrtoY


xirt
^)

ne*
43.

nicKonoc J^qjmovre in Art YnA^TOc.


ujrr

rferto6^mrno^JC A.qoYA^vco

jLjin6K?\uucujrujJna)rr

SineYiJtTO

.&.o7\

A^vAme gpAi

evcHg 6T&e rteityHpeiyHix iTOYA^-K. jurt ee nTA^Yei enecnv^sA^iorf e-rRe eoTe i2s.6kioc nppo A.rtojuioc. AArt ee nTAq2s.iuJKei rtcuuov iTpevoYuJcyx rtrfeqrtOYTe aycju Av^Irte rtrterp-^rt iinciS.cyq evcHg gii n^ix"nfiiOTe Kuurt evcHg rtTeige xe. 5^pxH?\^n"Hc ncyHpe AinenAp^oc
ttgH'Fq Sln^Lixi^'K^ff cr(A.Y rtTA.gT.
. : . .

AJirt

^lIuujuhthc
. .

jmrt

evrertioc
.
.

xirt

npc/jKA^Tioc
.
.

xin cAfi.-

col. II.

A.TJ0C

JUrt CTecjJA.rfOC

XXU KYpiA.K0C

^YCXJ

eT&e taitia.

nnenpocTAFJuiA. juinppo r?Arfoxtoc 2l6kioc rtTAqcyTAui ipujoY xnKeceene 2s.e m-eYAAA-pxvpiA! A.vge epoq npo juineicnv^N-Mort:
rtTertKuJK
ttT^tittJt.-b)

a)

Ms. JuiA^pert'

poco dipoi

Ms.

nneveAiTO.

-y

348

eqcHg gi nXix^'Kourt HgojunT : ^voi MTepovA^eyq ) AYpcynHpG ^) 6XiA.Te. ^Ycju AY-^eooY JutnnoYxe gixrt g,u)& rtiAx eTeqeipe
iijuitjuoY

JuR rfepojjue. Avojty iKo?s grt ovrr 06"" rtcjuH ev'i'eoY


ic:

nnnoYTG ne^c
* 44.

a.vuu a^yKcxjk egovn


*

enecnYL^A.jiort.
itec

a^yh^y

[6rfjeTOYA^& GYLgJuiooc epe rtevgo poovT

rtoYHpT gju nc-

&OT
HtyG

n-^pjuiovTG

IlGnicKonoc Xg jum n^rteYnA.'roc. xxn nxxHA.nroYcjQcyT- rt<^Y

THpq AvnAgTOY

GYtyGngjmooT rtTOTq

jmnnoYTG nGffTAqXAv

rtjanty^').
tfi

^vrr^v'leTGmotf rftynHpG. a^you

rtTGige A.YtyA.XG njuiAi^Y

rrGineTOVA^^K Juuu^s.pTvpoc ^y^co;

epooY nrfGrtT^YtjujnG THpoY xinGovoGity 2^6KIOc nppo rt^nouioc


*
col. II.
:

ncniCKonoc

2lG jmrf

nArteYnATOC ^Ycg^i rtoYnicTO?\H


jSjuiiOC nTeig,G:
ei

yjW nppo

eeo2i.aj[cio]c

gyxuj

Jui^pc

tgk-

hHtxogic ke^ngyg. Ttg TGKJufcrrfofi^rtppo


Gcl>GCOc

cyAport eTnoT^ic

HrfiAY GTemofi^rscynHpG

GCAJiGg,

rtGoov Fita. nrtovTG

oYortgc e&o!^ grt rtGgooYrtTGKJUiri'TEpo:


uurfg 6&o?\
g,rf

^vrfo^T'Movoem oy-

"

rtegooY MTEKniiTGpo:
tiJxXL^^K:

X6 rtTOK oYppo rtXiKAiTAft ACTACIC nffGTJUlOOYT"


a.

oc ipG

HG^C UJOOn

5\Y(JU

AcoYiJurfg iKo?s

g,rf

rfGgooY rtTGKiuiiiTppo. aycju

nrtoYTG

* 45

TpGrtn<^Y grt

nGrf&<s.?\

GgGrtxi^pTYpoc gtoy^aK. mai rcr^YJUirfffCA.

TOJOYff 60?\ glt fiGTJUOOYT.


AJirtTCrfOOYCG
fTA.Y

cyG cyqG npOJLinG.


C
'j^

fJLtl

GYGftKOXic
gft

EYAJlOOYT.

GA HGXC

JUtncOMg
A^rtCgA.!

"

r(KGCOn

rfGgOOY rtTGKJmrtTppO. GIC

gHHTE

ujuooy ti^K. 0YX4S.1 grt T(Soiui

me hg^c

nGrfxoGic.

Ilppo

2i.e

eEo2i.(jucioc

nTGpGquucy ttTGnicToTsH Aqp^tye ajuiatg. ayuj Aq-

TuuoYft gli nrfo6


AJinGnrt^s.
-*.-

ngHHKG iTGqtyoon ng,HTq <^q5jui.5oJui g,rf TtfoAA gtoya^aK. s.qi'GOOY iinrfOYTG ne^c ic. nGTGipe rfrtGmo(r'

col. II

fttynHpG

JUi<5.YA.A.q:

^qcoYTojff ') TGq<nx: Ggp^i gthg Gqxcxj

xt-

0)

Cosi

il

ms. invece di

Otyq,
h)

forse

per errore dell" amanuense e secondo


ci

1"

analogia di

inulte altre radici in Ji); se la lezione fosse

buona bisognerebbe modificare


e)

che dice Stern, Kopt.


il

Or. 170.3; cfr.

anche 337.

Ms.

AYGp".

XG
vero

A-ytiA-X'-)

Ci. Gcsiiis v.fsidorus,

154,1.

Ms.
t)

ffGAJintyA.
il

d) Cos

ms. (ftft

AY

'

Cos

ms. in luogo di
cf.

A.qCOYXrt
.

(ov'

^^.qCOOYTM HTGqtfrX:)
e,

come spesso

in mss. boheirici;
corretta,

Stern, K. Gr.

336; Lagarde.

Acgypt. 47,22, not.

61,
dell'

13, 23,

not,

rf, e.

La forma non

ma non

crederei che fosse dovuta

solamente ad errore

amanuense..


jmoc xe

349

ntyHpe rn-e nrtoYTe.


rt^rt

nxoeic

Te

ne^c-

njuiorforerfHc

nppo n-rne xxn nK^g. npH nTS^iKAtbcvrfH. nertTAqtyA

iinoYoem

HT6qA;ns.cT-^cic eTov^^li. gJTJui


'

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. . .

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ma

rteY
io

[nou ho trovato alcuu] tesoro mai siccome questi m'accusano,

so beue

clie

questo danaro

di

nostra casa paterna

in questa citt,
il

ne so

donde mi

sia

ieri con queste monete si mercanteggiava piombata addosso questa tribolazione. Gli disse
;

proconsole:

ma

tu donde sei? gli disse Arcbelide: sono di questa citt; dissegli

il

ti

proconsole: cbi qui conosceti? che et venga per far testimonianza di te; allora crederemo e darem fede alle tue parole. Allora Archelide pronunci il nome dei
il

suoi genitori e dei suoi fratelli. Gli disse

proconsole

le

tue parole sono menzo-

gnere

e Archelide

non parlava
:

e stava a viso basso.

Tutti lo vedevano star cosi silen

zioso, e dicevano l'uno all'altro

forse

uno stupido, ovvero

pazzo affatto

altri

tut-

Allora tavia dicevano; no! ma e' c'inganna, desiderando scampare dalle nostre mani. di tua sia danaro che questo come potremo crederti il proconsole gli parl dicendogli
:

a)

Ms.

rtegTHq.
e

b)

Smbra

mancare qui tiStche


la

nel periodo che segue appresso


sia

il

senso nou

mi

pienamente chiaro,

e dubito

lezione non

corretta.

e)

Il cod.

rtjt -

nerteiOTE

eTepoYem.

(/)

Ms.

AxnEqEAiTO.


cento anni ed esistere
forse
fin

350

casa paterna, poich le lettere che vi sono sopra lo rivelano esser fatto da pi che
dal

tempo

di

Decio imperatore,

non
ai

affatto

cambiato?

Tu

giovinotto, vuoi burlarti di noi;

ma

ora

ti

porremo

tormenti ed alle prove,

finche tu non ci manifesti dove hai trovato questo tesoro.


cose, cadde prono sulla sua faccia e
li

Udendo Archelide queste

d'una cosa: l'imperator Decio trovasi oggi in questa citt? Kisposegli


dicendo
:

vener dicendo: o miei signori, vo' interrogarvi il santo vescovo


piti fra
i

figliuol

mio, l'imperator Decio, di che tu parli, non

vivi,

ma

morto

gi da molti anni. Archelide stava col viso basso piangendo e dicendo

('):

chi que-

st'uomo? non abbiam mai veduto costui in questa citt e sollevavano il viso di lui come parlare e ciascuno lo rimirava, mentre egli se ne stava silenzioso, n trovava conoloro. Tutti quelli che venivano presso a lui lo rimiravano in faccia dicendo non
:

sciamo costui in questa citt, ed egli riguardava fra la moltitudine, se vi scorgesse


alcuno dei suoi fratelli o parenti o qualunque suo conoscente,
alcuno; imperocch Archelide era fra
e
i

ma
ed

non ve ne vide
i

nobili della corte,

esso

suoi genitori,

stava

immezzo
la

a loro

come

gli

stolti,

senza dir nulla.

Intanto infine al vescovo

ne giunse

fama:

hanno preso oggi un

uomo

che ha trovato tin tesoro di deil

nari degli antichi imperatori .

Avvenne per divina Provvidenza che

proconsole
far

fosse seduto insieme col vescovo in quel

momento

imperocch Iddio volea


il

ma-

nifesto

il

mistero della risurrezione.

11

proconsole ed

vescovo comandarono immedia-

tamente

di portarlo {Archelide) colle


il

monete che avea.

cos lo trassero e portarono

alla chiesa ove era

vescovo insieme col proconsole, mentre Archelide reputava in se

stesso che lo menassero al cospetto di Decio imperatore; guardava di


se

qua

e di l

mai avesse potuto scorgere alcuno

dei suoi,

ma

ninno vide che

lo conoscesse.

Tutta
e
lo

la moltitudine lo derideva

perch a guisa dei pazzi stava in mezzo a lora,


Il

cacciavano innanzi con minacce, finch non l'ebber condotto alla chiesa.

vescovo,

per

chelide

nome Marino dimmi o


:

('),

al

cui lato sedeva

in quel

momento
monete
e

il

proconsole, disse ad Ar
il

giovine, ove hai trovato queste


?

dove
:

tesoro di denari
te-

che tu hai rinvenuto


soro
;

Kispose

il

santo Archelide e disse

non ho trovato verun

or io

ti

supplico o signor mio, poich un grande stupore ed un grande con-

turbamento di animo mi ha invaso, n alcuno mi crede di coloro che ascoltano le mie parole; ma seguitemi affinch io vi mostri gli altri miei compagni che sono
nella caverna del

monte Ekhlo

('),

da loro saprete

le cose

che vi ho dette; che

io

non mentisco. Poich noi siamo


citt di Efeso;
io so

sette

giova*

siamo

figliuoli di

magnati

di questa

fuggimmo

a quel luogo per cagione dell'empio imperatore Decio, ed


citt,

certissimamente che iersera egli entr in questa

ed

io iersera

ve l'ho ve-

duto.

ricerc di noi perch adorassimo

suoi Dei impuri; noi

e gli altri grandi

(')

Mi par chiaro che

inesattaiiunte (come vedesi anche Ja quello che segue) queste parole siano

qui messe

in bocca ad Acbillide,

mentre negli

altri testi

vengono dette in riguardo

di lui stesso, dalla

moltitudine, rrubabilmente l'amanuense ha qui omesso un inciso che terminava forse colle medesime
parole JU.JU10C 2t6, e tanto
(') pii
il

facilmente perch qui terminava la pagina del ms.

Cf.

Koch, 119; anche

Marimis

di

Gregorio di Tours non indubitato che sia un di-

minutivo di Mares, Marcus, etc; nella scrittura siriaca Maris e Mar[i]nos possono facilmente
biarsi, ed noto
(')

scam-

che Gregorio di Tours riferisce la leggenda Syro quodam interpretante


E,;i.

Cf.

Koeh,


della citt.

351

in quella caverna per

Perci fuggimmo e

ci

nascondemmo
agit

timore di lui

poich noi siamo servi di Gesii Cristo Signore; tut:o ci se pure codesta la citt
di Efeso.

Allora lo

Spirito

divino

interiormente

il

santo vescovo

Marino;
;

disse

forse Iddio ha voluto farci oggi una rivelazione per mezzo di questi giovani
lui e

seguiamolo dunque per andar con


Incontanente sorse
il

vedere ci che sar.

santo vescovo Marino col proconsole ed una grande mol-

titudine della citt vennero nel

monte ove era


mentre
il

la

caverna; Archelide corse dentro la


Il

caverna,

camminando innanzi

a loro,

vescovo gli teneva dietro.

vescovo

ed

il

proconsole comandarono di tor via le pietre che erano sulla bocca della caverna,

per far la via alla moltitudine, affinch potessero entrare comodamente. Mentre ancora
stavano facendo cos,
il

vescovo pose mente e vide una cassettina di bronzo che tro-

vavasi sulla bocca della caverna, alla sua destra, sigillata con sette sigilli di argento
e
il

nascosta in mezzo alle pietre, che erano sulla bocca della caverna.

La prese

subito pre-

vescovo e chiamato
si

il

proconsole ed

grandi della
le

citt, apri la cassa in loro

senza e vi

trovarono dentro

ambedue

tavolette di

piombo

('),

ove era scritto di

questi giovani santi:

come vennero
li
i

nella caverna per timore dell'iniquo imperatore


s

Decio, come
si

questi

perseguit per far


di loro sette,

che adorassero

suoi Dei abominevoli;

trovarono altres

nomi

scritti sul dittico a

questa guisa: Archelide


e Ciriaco.

lglio dell' eparco,

Diomede, Eugenio, Probazio, Sabazio, Stefano

Ed

cravi

scritto della cagione del comando dell'iniquo imperatore Decio, che chiuse loro la

bocca di questa caverna


tavoletta di bronzo.

e tutto

il

resto del loro martirio lo trovarono scritto nella

leggendolo,

si

meravigliarono assai e lodarono Iddio in ogni cosa

che opera inverso gli uomini, e gridarono ad alta voce dando gloria a Cristo Gesx
Iddio.

Ed

entrati nella caverna scorsero


Il

santi,

seduti e co' volti

ilari,

simiglianti a

rose nel mese di aprile.


e,

vescovo,

il

proconsole e tutta la moltitudine caddero a terra,


li

venerarouli benedicendo Iddio che


e cos

avea

fatti

degni di vedere questo grande mira-

colo,

quei santi martiri parlarono con loro, narrando tutto ci che era avvenuto
iniquo imperator Decio.

al

tempo

dell'
il

Quindi

vescovo ed

il

proconsole scrissero una lettera


clie
l'

all'

imperatore Teodosio

dicendo in questo

modo

comandi la tua Signoria

imperiai tua Maest venga

presso noi nella citt di Efeso, affinch veda questo grande miracolo pieno di gloria,

che Iddio ha rivelato nei giorni del tuo regno.


giorni del tuo regno, poich tu
sei

Una grande
e

luce

si

manifestata nei
!

Imperatore giusto e Cristo sta con te

la risur-

rezione dei morti

si

rivelata nei giorni del tuo regno

Dio
i

ci

ha fatto vedere dopo cen-

coi nostri occhi alquanti santi martiri che sono risorti d' infra

morti,

settanta e dodici anni ('),

che han dormito morti,

che Ges Cristo ha tornati


ti

a vita un' altra volta nei giorni del tuo regno. Ecco queste cose
salve nella virti di Gesi Cristo nostro Signore.

abbiamo

scritte

L'imperatore Teodosio leggendo la lettera


tristezza nella quale giaceva
;

si

alliet assai e sorse dalla

grande

si fortific della forza dello Spirito Santo e diede lode

a Gesti Cristo Dio, che solo opera codeste grandi meraviglie.

Stese le mani verso

(')

Questo press'a poco deve essere


Cf.

il

senso

ili

^IJC^'KOrt ma
,

la parola

mi

affatto nuova.

(=)

Koch, 70.

il

352

figlio

cielo diceudo

Signore Gesi Cristo,

unigenito di Dio
risplendere

Re

del

cielo e

della terra, Sole di giustizia che ci ha fatto

la luce della

sua santa
si

risurrezione
estinse la

nella

possanza

della sua risurrezione e della sua

misericordia, n

lampada della nostra confessione,


;

ma

la conservasti nella

lampada splendente

dei nostri padri che non si spense

poich custodirono intatta la

gemma

(il

sigillo)
ti

preso dalla corona di Costantino


ringrazio, o

(')

come un suggello
alla
citt

come

un'eredit. Perci
il

Ges

Cristo, Iddio dei nostri padri, che hai creato


sal

cielo e la terra .

Dopo

ci

r imperatore Teodosio

di

Efeso insieme con una grande

moltitudine e coll'esercito.

E mentre
e gli

avvicinavasi alla citt di Efeso, uscirongli in;

contro una grande moltitudine della citt


col vescovo e col proconsole,

grandi e piccoli, uomini e donne insieme

camminarono innanzi guidandolo, finch l'ebbero


santi martiri.
i

condotto a quel monte. .Una grande moltitudine camminava con lui e col suo esercito,

finch giunsero alla caverna dove giacevano

E mentre

il

pio im-

peratore Teodosio giunse alla bocca della caverna,


gli incontro all'ingresso della caverna,

santi martiri uscirono e venuer-

mentre

loro

Fin qui
in fine

il

frammento Borgiano

della versione copta, della quale non


:

mancano

probabilmente se non due sole pagine

che essa sia tradotta dal greco cosa,

mio giudizio, certissima.

questo frammento che risale certamente a tempo abbastanza antico, fo qui


(')

seguire due inni che fanno parte del Difmiri

della chiesa copta e (come di con-

sueto nei manoscritti non antichi)

hanno

allato la versione
J.

araba.

Essi sono

tolti

da un codice del Museo Borgiano segnato

V,

14.
io

indicatomi

da Mgr. Bsciai,

vescovo e Vicario Apostolico pei Copti, al quale


e per
il

rendo grazie per questa' notizia


della

costante aiuto datomi nei miei


strofe di ciascuno dei

modesti studi

lingua

letteratura

copta. Le prime Museo Borgiano


di

due inni trovansi

altres nell' altro codice del

L. IV,

3,

ma

in esso la scrittura tanto scorretta che

ho tralasciato
di

notarne

le

varianti le quali in

massima parte consistono


nell'altro codice.
i

in errori

ortografia

comuni del resto


anche,

in codici boheirici recenti, per es. e per A., ecc. e

che trovansi

ma

in assai

minor numero,

L'importanza di questi inni non


di tal

certamente grande,

ma

scarsi

essendo

testi

copti

genere che siano

stati

stampati, non

mi

parso inutile di qui pubblicarli e dare cos tutto quello che io


ai

conosca esistere nella letteratura coptica relativo

Sette

Dormienti. Nella parte


;

araba occorrono parecchi errori propri generalmente del volgare


tal

io l'ho

pubblicata

quale sta nel ms.

(')
il

Il senso di

questo periodo, come gi ho detto, non mi in ogni parte chiaro;

cf.

pi sotto

periodo corrispondente della narrazione siriaca.


(')

Il

Bifilari attribuito

ad

Amba
de

Gabriel b. Tarlk, settantesimo patriarca

di

Alessandria

fiorito nel

XII

sec.

Cf.

Vansleb,

llist.

rijl. d'Alex.

62

325 (Rcnaudot,

Ifist.

Palr. Alex. 513).

353

I>6rf

nicHov eT6JUiuiA.v
.

rfAqoi rrovpo

itxe 2i.6Kioc

niovpo rrAceRHc

N^Ytyujn

rtxe

^
.

itA^oY rrevceRHC
XIIJUIA.TOI
rfejui
")

rf^P^CTIAffOC
6TAqcyeA*JiJ'
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EYOl
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i^y"-**^

XIX AYep2^iA&A?\m
5\qA.JUorfi jjukjuoy
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A.qoTnoY ^ert ni-

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.

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.

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.

Ovog Avuje

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.

eovcne^seort

ovog
U,^
\y*Uy

Avecuxi npujc

A.YgmiJU rf^HTC.
.

fV:^

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.

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.

5\

gArfOYort xoc

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*>->

0^3

A-Ytye rtuJoY

6YCon
. .
.

erfiiLiArirjiTorf

^iTew itieYXH

a) Ms.

^IA&6?\m
di

/))

Ms.
ecc.

epCKA.nA^m. e)

Sembra doversi aggiungere


45

IlE.

Classe

scienze morali

Memokie

Vol. XII."

rteoq o
")

354

h^ Ratoc
eT6JUlJUlAY
. .

NgpHI ^Eff niCHOY


rrovpo rrxe Xekioc

rtA.qoi

eTA.qEpgHxc
.

riEp-

^icjuKm
2Ce girtA.
tyEJuicyi

rrcA.

rfixpecTiAitoc

trroTX^
.

^^
.

rfccjuov
rt^i

ittoy-

rrrfn2s.cju^ort

ET^qT^JLIAXE-

gCXJOY EpA.TOY

^Efi TEqrfltyi-

Ne

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.

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.

U\>.dI

^^J^ f\Ay^iM

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.

^PXE^^HTHC
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^KJUJHETIOC CA&RA.CTIOC
.

AWErtioc

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.

^_jiULX*o\ ^_^UL3l ^^>\^^\

KVpJAKOC niKOYXI EpOJOY


.

Ha.1

^e rfE gAffujHpi HE *) rtTE rfmicyjTE novpo. itAYujEJLtuji rfiHc nxc ^Ert ov^con eoRe 'fgo'fNAVEpScf- VAp ^<\XgH JLtnOVpo JtA.

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^Eff OYcnE^ECJurr
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N oY2co?\ JLinxc eRo!^ eoKe


EpcXJOY
.

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2^E A^pEg,

')

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T^HlRl AqEpcKEnA^m H jli.

^A.

JHOJOY. JinE

g^I JLinETgCJUOY TAgCJUOY.


.

GT^qi rtiCE nicHOY te Gecju^ocioc niOYpO AYTOJOYrtOY ritXE OYCOUXIA.


.

l_yJ^-W*0_j^^L>
A ^^isl A

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i^lf

Jj

ii^

^ U<i**^.\

A.YOY(JUrfg

.'i')

eR0?\ Jt"^A.rtA.CTACIC
Ms. ffE,

a)

^ Off.
Ms.

h)

cf.

Gisius

xi.

Trid. 150,

noi

1.

Ms

e)

Cos corretto;
.

prima
Ms.

scritto

OYKO&. d)
OYOffg.

A.YXOYnOY.

e)

Ms EpEg.

/)

CKA-HA^m y)

A.Y-

Xe
gtrtA rtTOVtnajini
. .

;355

^i^v\ i_ia.\^\
I^U^ JXJ\
\5jiv.

rrxe rtigepeTiKOc

,^^
c.-?.^*

GTCOJq

eTAYTAKO JLingHT
^^"^

JLinlOYpO

.^'

^5^>i'

xe

jJLXXon

^rf^cTACic tyconi

8,iTrt

rtovevx"
.

^ "^

'l^'^

"^"~

^^^ .^ ^'^^^ H-'^y-^ f^^^* ^^^^J^iu^ Uji=-\ U-^x^, U<J\

ccjuTHp

ApJTert ejLinty^ itTeKTOY-

20

di

Giovinetti di Efeso. Mesori (Agosto). Eiposo (morie) dei Sette

Inno: tono

(jy^oc)

Adam

imperatore empio, In quel tempo era l'imperatore Decio, che erano della sua milizia. cristiani, pii, eranvi sette fanciulli,

Ed

Adorando

egli

demonii
e li

e le

opere di

mano umana, furono


,

accusati questi beati.

L prese Decio,
tro luogo.

chiuse nella prigione

ma

poi li rilasci,

andando ad

al-

esterna (la divisa) della milizia Questi sette fanciulli abbandonarono la forma

per non adorare gl'idoli.

dormirono. caverna, ne chiusero la porta ed in essa stettero trecento e settantadue Iddio amante degli uomini li protesse, e

E andarono ad una
(').

anni
j

completi

Mori Decio
Alcuni

dell'imperatore Teodosio. molti altri imperatori insino al tempo erano dei Sadducei. dicevano: non ha luogo la risurrezione dei morti;
e

andarono dentro la citt di Efeso. Questi sette giovanetti sorsero dal sonno, [degli eretici) credenza e Annunziarono loro la propria vita, distrussero la loro
resero manifesta la risurrezione.

Quindi riposarono (morirono)


polcri).

tornarono

insieme

ai

luoghi

del

riposo

{se-

Per

le

preghiere ecc.

Lo

stesso;

Tono Vtos.
quale cominci a perseguitare
i

In quel tempo era imperatore Decio


stiani.

il

cri-

Perch abbandonassero Iddio,


nella sua grande stoltezza.

prestassero

il

culto agl'idoli, che aveva eretti

a)
(')

Ms.

MT-eKTOvnoYcerf
questo

si

i)

=6gpHi
servito
di

extort.

Da

numero

degli anni

versione scorge che l'autore degli i.mi non ha attinto alla


si

copta sopra pubblicata,


la

ma

probabilmente

qualche testo arabo-cristiano, onde anche


es.

furma corrotta

di alcuni dei

nomi

dei Sette Dormienti (p.

lIUJAAETJOC).


Efeso, ed erano saldi nella fede.

350

dell'altro,

Eranvi col sette giovinetti, compagni uno

che stavano nella citt di

Archelide, Diomede, Sabazio, Probazio, Eugenio, Stefano e Ciriaco,


di loro.

il

minore

Questi erano

figli

dei grandi dell' imperatore e prestavano culto a Gesi Cristo

secretamente per timore.

Imperocch temevano dell'empio imperatore, che venissero accusati


toponesse ai tormenti.

li

sot-

Sorsero e andarono al deserto (alla campagna) e

si

nascosero in una caverna

perch non avessero a rinnegar Cristo, per paura dei tormenti.

Ma

Iddio

li

custod sotto l'ombra delle sue

ali,

li

protesse

onde nulla in-

colse loro di

male.
il

Poich giunse

tempo

di Teodosio imperatore, sorsero

loro corpi, e rivela-

rono la risurrezione.

Perch fossero svergognati

gli

impuri

eretici che

avevano alterato

{attristato)

l'animo dell'imperatore dicendo non aver luogo la risurrezione.

Per
tu
ci

le loro

sante preghiere o Cristo Dio, nostro Salvatore, rendisi degni che


vita.

risusciti, alla risurrezione di

Pregate

il

Signore per

noi.

Fra
i

II.

Testi

.siriaci.

testi

orientali pii importanti

e pii
i

numerosi per

la

leggenda dei Sette

Dormienti debbono certamente annoverarsi


pubblicati. Essi sono di due specie

siriaci,

che tuttavia solo in parte iurono

ben

distinte: vale a dire o traduzioni pi o

meno

Di esatte e compendiate del racconto primitivo, o trattazione libera della leggenda. celebre del seconda specie appunto il testo datato pi antico, l' omelia cio
questa

Giacomo vescovo
mancano

di

Batnae o Balnn, nel Sarg, nella quale

si

trovano circostanze che

in altre versioni, e

che, in parte almeno, poteano essere aggiunte dall'autore


si tralascia

per abbellire la narrazione, come viceversa vi


contato
(').

ci che dagli altri rac-

seconda specie dir poco appresso, mentre qui comincio col pubblicare l'omelia di Giacomo di Sarug. Essa contenuta nel cod. vat. siriaco 115, ne sembra che le biblioteche di Europa, almeno quelle delle quali sono pubblicati

Dei

testi della

(')

Il

caso pi

l'omelia sopra S.
(cfr.

Schroter, Z.

men simile per varie altre omelie di Giacomo e di altri autori, p. Tommaso eJ il palazzo da lui fabbricato nelle Indie, confrontata cogli Ada d. l). M. G. XXV, 329), per l'omelia sul Battesimo di Costantino, recentemente
,

es.

per

Tiomm:
pubblipalazzo

cata dal dott- Frotbingam


costruito nell'India da S.

confrontata cogli
i

Ada

Silvestri ecc.

quanto all'omelia sopra

il

Tommaso,

dubbi mossi sopra

la sua autenticit nulla

cambiano a quanto

bo affermato

mi
in

modo poicb sia essa o no, composizione di Giacomo di Sarg, mostra sempre ad ogni ben come in somiglianti composizioni il materiale liberamente trattato dagli autori. Del resto se Borgiano, Museo nel anche quest'omelia sopra S. Tommaso, tradotta in arabo, trovasi
; ,

ricordo,

diun ms. recentemente acquistato, nel quale parimente attribuito a Giacomo di Sarg. Questa

da tenere versit dell'indole. degli Atti dei sette dormienti e quella deiromclia del Sarugense bene
a

mente nel trattare

la storia della

leggenda.

357

Ma
un secondo manoscritto
(')
il

catalogi,
ilo

posseggano

altri

esemplari di questa omelia.

no

discoperto nella stessa biblioteca Vaticana,


titolo

quale dagli autori del Catalogo

non fu riconosciuto, forse perch senza


il

esatto ed

in codice miscellaneo, cio

vat. siriac. 217.

Nel detto catalogo


,

registrato semplicemente con queste parole:


e

De

pueris EjAesi syriace

metro dodecasyllabo

sul

codice
;

stesso

una mano
il

pi recente ha scritto oratio super pueros Ephesi, syriace

ma come

lettore

potr scorgere di leggeri, questa oratio non altro che l'omelia di Giacomo di

Sang, sebbene in una recensione assai ditferente da quella del codice 115.

ci

deve recar meraviglia

nei libri di racconti e leggende ed in iscritti di indole pi posi

polare che dotta, spesso

formano due o pi recensioni,

di cui l'una differisce noteil

volmente

dall'altra.

Della qual cosa basti citare ad esempio

libro di Calila e

Dimna

del quale presso gl'Indiani,


sioni diversissime

come presso

gli

Arabi ed

altri popoli

correvano pi recen-

una
es.

dall'altra.

Ci avvenuto altres per le omelie di Giacomo,

come

si

vede

p.

in quelle che poco sopra ho ricordato, del palazzo costruito in


e nell' altra

India da S.

Tommaso

sul

battesimo di

Costantino
i

imperatore.

Ninna
pi anla

meraviglia adunque che anche di quest' omelia sopra

Sette

Dormienti corressero
la

due recensioni, una pi breve ed una pi lunga.


tica e

Ma

quale di esse sar

genuina ? La brevit di una dovuta ad omissioni posteriori, o non piuttosto

lunghezza dell'altra deriva semplicemente da tarde aggiunte? Una risposta sicura


difficile,

non essendovi che un solo

ras. di ciascuna recensione e

mancando

altri punti

di

confronto, e se le aggiunte del cod.

217 non sono sempre

felici,

certamente non mi
il

paiono indegne di codeste omelie di Giacomo di Sarg. Certo mentre

codice 217

pu

dirsi

relativamente recente, l'altro,

il

115, bello assai ed antico, cio del VII


la

od Vili secolo, onde forse pi genuina dovr reputarsi

sua recensione

ma

pur

vero che l'antichit del codice non sempre sicura guarentigia della bont della lezione; aggiungasi che se
il

ms. 217 ha molte mende, anche

il

ms. 115 non

sempre

corretto, anzi in alcun punto guasto certamente da qualche


tale coudizione di
ci

errore ed omissione. In

cose,

finch

un caso fortunato, ma

forse

poco probabile, non

faccia trovare pi altri manoscritti dell'omelia, io credo


le

meglio divulgare sepaciascuna di essa


si

ratamente

due recensioni quantunque, com' naturale,


(').
i

di

debba
il

tener conto per istabilire la lezione dell'altra


testo dell'antichissimo cod.
lieti

Comincio adunque col pubblicare

115

spero che

cultori della letteratura siriaca saranno

che
il

io

qui per la prima volta lo dia in luce, avanti che la scrittura del detto

codice

quale in cattivo stalo, non isvanisca sempre pi, e vada perduta, forse

(')
(')

Manuscr. Cod.

Blbl. Apost.

Vat.

Calai.

IH,

p. 504.

Nelfoificio ra.aronita per la

festa dei Sette

Dormienti (Cod. Vat.

siriac.

235,

f.

130, seg.
versi

Calai. Ili,

519

il

rinvio nell" indice del catalogo citato non esatto)


di

sono

riportati alcuni

(Ifll'oraclia di

Giacomo

Sarg,

ma

niun argomento se ne pu trarre per

la questione.

La

lezione

quella della recensione pi prolissa

contenuta nel cod. 217


dall'

ed notevole che la parte narrativa


,

uolla detta officiatura

sembra derivare interamente

omelia

senza

die

vi

abbiano

influito gli

Ada;

questa porzione del codice 235 scritta nel 1425.

La parte

relativa ai Sette Dormienti

manca
il

nell'officio

maronita stampato a

Eoma

nel 1657 per ordine di Alessandro VII; probabilmente

giu-

dizio sfavorevole del Baronie sulla verit del racconto contribu a


l'oflicio

non fare ammettere nell'edizione

dei Sette Dormienti.


il

858

Fo
poi seguire
testo
il

irreparabilmente, questa recensione della famosa poesia del Sarugense.


testo del
cod. 217,

accompagnandolo

di

un volgarizzamento;

del primo

gesuita Siro-Maronita P. Benedetti o Mobrak, fece una traduzione che stampata


negli Arta

Sanctor.

la quale essendo

generalmente esatta, ho creduto inutile dare

qui una seconda traduzione, restringendomi solo a qualche osservazione di non grande

importanza. Ecco pertanto

il

testo siriaco dell'omelia:

I.

Testo del codice valicano siriaco 115. )

fui. 7i>,a.

oo00aL&T<':i

t^A^^

X^

crAan jndhy

col.

II.

TSatK'

"f

vy^i^

>.i

.jjv^

.cn\ r^iii.il

oa2k.i>

.jju>v^.i

r^cnir^

t=

* 5

ri^i'wi (SOI r<''i^r'

vyis
vAS.i

*'

'

.^oocni

ctai:^.i

K'.tso.i

r^\*^= ...CUK' jci&o

Aa.

rre'^CVAlbo

rtfjj*

-iaki-rda

^air'

J-ilo

.col

t^^:^ r\i*

* 10

Q9CUI3.1*

rcvj^T ,cncu3

k^xzscul. oi.sa\o raJLa.

oo^

rd^^osnx.

* 15 r<'"3Jt,c\
"J.iJj.

kSo
:

pdii.H

Jtiiw

pS'wiIk'

^.td

t<i>3Qfl3

^QoJO

(<'\r<^

jui^.i

urcVv

i.-iire'

i-"^

i<i.'-4>

t r<isal^ rfeooa oocn cvsoooo

.r^.iojL.

Are'

a)

affatto perduta, o
vs.

Alquante parole sono state ripassate recentemente, eJ in alcune di esse la prima scrittura non ne restano che piccole traccie. Queste .sono specialmente le parole se2 iJls ]i2iaM. yc)
v,oj)
; ;

guenti:
fcs.*s

vs. 3

)oJ

cJ.i>.

\^

v.=.

7
vs.

^?

)Q^

"^>S^;

vs. 8

a<^ ]^ [^i] oNNyi-oS vs.


;

vs. 4 e

5;

vs.

C '*>>)o
ol-Oj')

9"

^.oiajj
>

opofo

vs.
vs.

10 )IP

US
oo>va^
;

12 U>-ol

oSDJjo;

vs.

13

s]

vs.

17

)>:*^r^

VMTn->

ooot QiOjo;
29 ^^i.
si (il

20 otwji>; vs. 25 i3o; vs. 26

\liy. )tfo)

.a^o

ociot ei^ot; vs. 27 fcjcjcio; vs.

('ocx

yc)

vs. 30

'^>>^

).,Nj.

Dei punti diacritici ho messo solamente quelli che


si

Quant' all' interpunzione, quando piii o men chiaramente nel codice. che accade quasi sempre ogni due versi) ricorre per solito nel cod. un doppio punto, in caso contrario uno semplice; ho restituito questa interpunzione anco in quei pochi luoghi nei quali non si

vedono

compie

il

senso

vede pi, o che sono stati malamente ritoccati da

mano

recente.

35a

.i^nx.

<^.iac\^ a^. ossa.T r^i\^' reifico v.K'


t^%i*w .To^o *

K'cn.i

.^^^
j^io
:

a\Oi^ia
*

p^i

\^

^..oAui.t

.KLsaiai A*> ^\\oi


r^Jitr^^

rcC^iss Ktoen

25

.ri2fc.

a\^

fJsn

r^xsnr^ CVA^^cx
r^io*
:

oocn cileni
rtiiLA.

^.ttiri'

r^wuJO

Kl^JLso
:

rctoen

^.^-Jt<'

cvA.^r<

xsn.icui

Ktacniooaao

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O.ML3.-1

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.oocn ^T>cnM ^^ocoisaciiiA


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.^.ToO .^o\^ia^.

A^ts

tr^'iA^

>1

oisar^*
r<Clx*H

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sof

tul. II.

rf^iT.o rCl&i^ocn.i cni-a cnsaoa ocn ^\^


o<T3

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snv.

rctL-iu rClsaX^i
"^

^n^oo

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* 30

^^

>cu^.i

^is\nsn colo ^.i\jio colo

.^ iisrq ocno
<!:\23

r<!=jp<'

Kl^iso

AtipS'

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1*71^ k*

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.^al^K'o eoo
:

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r<LDQ-i T-io r^.^3bq Ktacn xna,


' :

t<L3L.:ia_o.'i

r^oio K'iso
r<'oco

rstacn .aooioosa

t<lJr<' r<'f\K'

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.

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"^

40

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A^

Ao^J vvo^oruo
A.s.

r<'ui'.T2ao
rt^^lsq

rcJ^i^ io^Oali

i*^

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.cmi^k.OQo

qsoqo^K'

^
:

Kbcn

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**'<- i

.niiaK':! rda.Vk ^jn^^so jiov^J jsO^J


r<'A\'U.3

^..oca^xurj f rcisn 1 'i r<!i\^


rCrt^

oocn ^

80,a.

r^faco

v.K'

"^J

^o.vo rc^^A rdaiso

rd.-u.*

* 45

:^..OJU^^ ms.i

rCl::^!''! (<!iJui^

oocn O^xjj^rc'o
Klacoi^ ocn

.K'io^i cr2Z>is r<^(<l&.i

^_ocq1 Ktacni ocn.i


.*^x."i
r<'\'\

.^^ocnjcoare's

^_ ^ocnsa^ oocn

cvlnz.
*

r^o Kiii^ t^uxi

^..ocrtsa^. cvlnx.

r^'

:icnaOJUO rtl^ii^cuAo

50

Kl^laj.i r^s.-a.^ ocn ^50

r^=\

K'vijj jllzx^.i rCJjK'

.^i^vso

r^A.i

ctA ocn rd^^i!^ojs ir^sny^ ocn

^ Any.i

Kltit^n

.^.^cnsa^ oocn cvlnx.


* 55
col.

re^^SoX

oioo

'

.^h\ oocn o^uao

r^>iik5>iX

a\vo oocn cuAoo K'ioi^


axsar^
ocn

f .,cnas'-UA r<b\i ns^ p*i.i voai osi-i r^T-SO


:

^cno r<^l>i rdLia


Kr\u^^%sa

"f

IL

Kfacn

K't*

^.-u

ri'cn^.i

rCCar^:!

^jsi

\\
* 60

.^ocoil^ioon rda!^ rS'i^K'Au.T


K'ixiA onn-T o
.rSxSora

f<'A\r<'o

.risax4'i re'isoK's K'CUSO.crA

r<'oorU.1

AiA ^K"

jicerCo _ocnv*o*"i Aaz. *

n)

Da

pronunciare in 4 sillabe.


.Ktaen Ar<:iS30

3(30

rctoen

woaiaK'A

.V-o

re'jklso

vAeo

:,^ocrx.=)9.icr>

i^

* 65

aai\a
pA
* 70

")

.^oeovscvK'A

rtUsaoK* oxKto
\^r^
:

.aox

rctaen

.viao

,^cur^

alloco

,-.1^1 ,i>3\

Kben
;r'*f"

cosnOA

1^

asaooo r^^ocaaar^ra rC^rS'A


aziXMrc'a
K'ax.i ii=

[o] i-f^

n*

fc^r^

riiisa :t*Au>.a

oocn

80,b.

.^oca*a5aJE\

.oc ooeo cxau^O

..j>ca*.ir^

OMOoo ^ K'isK'

^ r^ol
^=a.T

K'.^iu
*

re!iii.i

rdii3\

Ktocn iis.

:oon acii^

k'-^ts

qocubs -pM

75

^w<
:

Prtnco Awri"

:r<'icnoj ;ial .^JK" lJm


r

rii K*^*
.ooooo^K'

..^ocfiu\\cut.O
Cli>,=>

pficOL.T
') ^

cat.3
^-\\j

ow\

'')<'i..T

retiru.i

K'j?-a

K'AvS- .1

,OCO
* 80
")

rSL2kr:ji

K'u

.p3*^

coi^

r''u\ rdlso riar^ JOTiO

o.vo

.r^icr)Cu;iaLX

^aJK"

iiiwrc'a K'^ioocu ritoco

li^

*/')

^IiK' i^ooa

aXpcTjo
tcol.II.

rCbA

K'AK's

ocoiK'K'uxi ^AjjJ
,JbJ3^.t

casrj.l

..^crXiAuss KJsujjH

*85 r^O.jjJpe'rdi^i^Ar^dK'a
rciJrC'K'aeo isoK'Klion

ooQiK"

..^A^AA^ Ktocn saSk t K'-iso f^WwJ


^ocoisa :u> ,ii< Ktoco iurC
:

.T<l^*!ba* cnaii,

^.^i

.^.jA^
* 90

oi^

X K'JK' Ariti..

rdi-JkOa-sa

v^K"

rdiK" .ali K^ipib


:txiSi

rK' uJ

piliaicvi- CDQJ coA

^iwKto cu^*

:,^dii,S3 K'oco

r^sa K'vi ^sdio

xeni
T

i^rsaxwre'

KlAo r<iauA

retocn icu.-t niltSJji

pa

K'cn.i

.rclSiwA K'uK'a

^\^itf rilas rciisoA K'iiao

.K'vi.tsaA
rStri^:!

rdA^

reToA, Jt.i (=o rcilA^ Ktoco

* 95

v\AvLj>.=J -ioA^*

..cnoavA
-

KlA^

ril2.--i

v>4=n ,j^.^
pS'co^.t

.'tsarV^eno

^
t

81,a.
:

^^^

^-'

r^vao

eniuj

rid\D

pa.-^A

rtf'^K'a

ocn

(=3

K'soa ,co
T

reliss.i oriiij.-i

ai,^ vareiii t W-0


.t<'^<^sa

.rtfCao*.

pi jur^ ,ctr.vwS
^aa

100

f*)

\=>3

^A>^
il

reCisoa* K'cno

p rc*iA^ >z^^ riwi


le

a) Cosi

ms.

forse

yOo.UliOo)J

ovvero

yOoilwotJ secondo

loro

classi

anche

^oetUiolo.
in 4 sillabe.
e)

colle loro pale


b) Il

Ms. > ng>rN^ T


Il

(? cf. Thes. 230) nelle altre versioni. P. Benedetti traduce tectum ; meglio ovile come della a dire che demol le pietre messe da Decio all'imboccatura

ma

queste due ultime parole sarebbero da pronunciare

d) Vale

caverna.

disposuit . P. Benedetti ha tradotto cosque (lapiJes) ordine

e)

Il

ms.

OjSo

(?).


.KCjtmK' K!:.iv
Ktiisa.i
isaK'J.i

3(jl

rc'ocn

Acu>a AlrA.t
:

r<U^

v^co

:t<'.ik.'^>

AiA

['t]x.o

rls>.i>

AjA

r^->i\^ k'vmo coxlm kA^o

tsisn asi K'vunsa osooa^K'tCO K'.Tcn ala*

ov.K'

r<llx.c\

|A

f^uix.

105

Ktoco

^^cni

*^

CTii,.'^ rcii23i

cnii\

-i

cv^^ Ktoco
^)

is^iA\r<'o

.toooiS^K'

HO

rUMT^i

r^iA

rc'uuo

^\ "vN rCl^

ao.T>r<'

rtAo Klocir. u.ia rdiV

^Vta.i
>."Ur<b

oco K'iai^
:

Ann
')

cn<Y>i%-i

ptfacn

v.r^'s

rC^aia:^

"f

^cnj,ct ^

col. II.

eoa rtira^

... acn Ar^i co-im\ caaooaO*

.eoa nar^'o * 115

^j^^<l2a*xi i

arjcfs

.TSirCo <Cl5wO
'0

oocn

^xssA=73.i

rrti^ r^UCS
ore*

cnAV-So
*

cn^^o

Ktoco ^v=n.i r<'T.a^ rsfaen


:

.rsin *

AtK*

^ur<' ^^aco.

120

^<'^=a.ooo

vomire* co r^x^r^a upi" pCia^K'

^
:

t<!A\

xxr^

.r^ii^

TqIsso

a ^A^
redo

L"^ jKte

.KlaQjt,

Oria

[vv]5a[^]

Kbcni

Af.vy

^^

.[pS'i.iJr.

ri'aoo [r<'o<D] rtf[l] t<il5l^ iajpC'


:cti=j

rL^s urs cvi^

vA

[k'.Jjk'

Kdu

rCaco Aai

rdJK' iii^j r^lc\

kIvm r^ ^ovsiso

K'xiaiOo.t *

* 125

cn\\^^

.-tx.o

.r<^^iiQa^r<' .t>^ (<:z..i<\ii

\.vA

rCxl^TS

xi^

>cna^A\
*

.v^K' >cn
riUA^ T=3f^

pc'.TaK'o

uK'K^aLiri',^ rCjA!^

A isar*'*

col Aksjso .^coi.tiW

130

AujAi.K' ^jTsok's K'Avsx.oo cn

rCtaarSto

vi^ono!^ OX.K'o

coooii^^ .MK'

K'wmJ.'? ocniri's*

.oocvi^rtf'

cnla^ ^^\yi. oen irCU >ix.o

135

tODCU^ox

^='3[o]

jcnaa^io
:

^o

,cn<xs3[4'"i]

^ OK*

aiMcncv!^

^isa

OK'

rclA ptftocn K'v* rdiTo]


r<lajaJ.T

^..ooii.tir^
KCiJai.i

^ ,cnQ>^i

r<'\ri^o

cocuarfA rciaJ.i

,^x.a cnxiia

,ocn >^l.

.cosgcncA^

p3

kAo

coQai\_^^

a]
Nfilil.

Cos

il

ras. e

cui rettamente, perch )i^, lia

senso indeterminato cio

un uomo.

Cf.

St/r.

Grani. 141.
d) Ms.

b]

Ms. ?oo!.).
il

e)

Forse da su|)plirc otS-ifi o pi protiabilraente

otiJa-.

asi*, ma

o sembra

esser cancellato.

Cl.vsse ni s(iem;:e .morali ecc.

Memohik

Vol. XIi.

46


t
col.

3(32

K'^^oa^ooo Sa
")

II.* 140

Ar^Sflo t'"*^^\^ "*^^^*^


:

.rClz-scLo <.v>.rj

(=>3\

Ktocn v.ni'*

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pA
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K'xi.ix- >eo

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\lr<' rdrLiK' ^S3

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* 145

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* 150 r!Ux,0
Piix.

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* 165 osQCXfl *

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:t^
fi

>\i^ cnSUk. CUJ^ oocn <

^Kta AKo

rcl^uQaare'o rC^uQaarco

>ca

col. II.

,^2aK' .1^
.tti*a>.icu\

-f

^ocrtsalxa

cArslx,

.r^^ir^

AiA oocd

Ki^A

K'.aiaA pJ'inc ooeo a=A riHjxsno

:,^ji2aii. risali, .i^eol

* 175

_jvy^ '>
nS'sL

rd-sili.

K'ocn irsK' Ai^SJ

.t^

,^ocnsalx=s \ri.'

..^oir^ k'vaio vmJo


crAni,

^A

cA^

rdisq

.rCini.l

j-U-O rS'iar^S ocb rS'jjcAX

a) Cos

il

ras.

che fa terminare questo verso

colle parole

wi^ >a*3
(*iiw{

dopo

le quali

mette

due
s)

punti
:

ma

probabilmente devesi supiUire qui una paiula,


fcsj)

p. es.

e leggero "Ot

Ui^^

ui.
(?).

woao

U^l Uo
si

U-)

-^

^1*3 -i:^

-1^)

e)

Nel ms. non

distingue pi se sia scritto

^.

^^ ^*^
d)

)J.t*^
Curv
oooi
le

l>}

Ms. j*2)
(il

dita e le stese

pii?no)

e parl con lui.


qui,

La

traduzione di questo verso

stata

omessa dal P. Benedetti.

e)

Il

ms. oLj?
le-

come

pi sotto al vs. 173, )L).

f) Il ras. cuojso

)^

q^^.

Il

ms. 217 ha la

zione die ho seguita.


coai5kr<' oi>^
.cassaio

363

.^oAujJS ^euK'oaAaf^'rci^isa [oo]oq*sA\

r^h\\^sa=>

^.v

re' ("

...v\A\^
:

ri'ooai rei^ioDl

jvn^ O^ocn
u.\o

^-ai<S rdiJ^i

.^^Uj

K'oen jAx.

v.rc^vix.

rcisa*(M

uK':i

p'vmA^S

.,._
')

nittxTM
f,-].-iAa
* 185

,m

rc'Avixa o^aA.1.0

.^OJK' n-iT.o*

..^cuK' ,00^0 K-ooo .OflAsas

rsisaoi

\<xa.\=3o

K'u^cv triica^^ ,^cur^

.aan^fc

II.

Tc^to

rfc^

codice vaticano siriaco 217.

e)

fol.

182,n.

Kia'TX.

iron:'."!

vr^'i>

*ova

.crA f^ia^ cnSk-A ax*A\a..l rS'col r^" i=

ooco rciicu^i ,oncu=> K'^osi. >svi cAAsnaA

e)

iv*rS' ri'avt.

.ooooo^p^

cviK' AL^.l ni:x.lCVj3

jjoiXo

r^vAo

rC^reA

.reSkxnOz. TSStnr'.t riL2k

* 1

a) Forse da supplire )ot.


lettere
si

b)

La

lettura di questa parola incerta,

ma

delle quattro

prime

distinguono ancora

le tracce; cf.

Payne Smith

Tiesaur. 530. Il cod.

217 pone an^saio.

quasi esclusivamente secondo il sistema e) Il cod. in sorta e le non rare vocali che scrive sono e scrivendo p. cs. i due punti occidentale sistema il segue orientale, mentre nei punti diacritici
nella 3' ps. fem. ecc.;

talvolta poi difficile determinare se


il

il

punto che sta pi

meno

precisa-

mente sotto o

sia

proprio segno della vocale


i

no. Nella

stampa sono conservati (ad eccezione


Sopra
il

naturalmente delle vocali) tutti


seguenti:

punti diacritici, ecc. del ms.

titolo

trovansi le parole

ooti- yo? U*t.

L'interpunzione simile a quella del codice 115,

ma

invece di

quest'interpunzione che non di due punti viene posto un grosso punto rosso; anche qui ho corretto sequali il codice mette il punto minore dove io, nei versi nei nominatamente inesatta e r.ido

guendo
d)

il

senso e spesso

'So^ao?
filli

e)

concordemente all'altro codice 115, ho messo il punto maggiore. |ii^ >-^ oUj questi due versi 9 e 10, risponde nel cod. 115 il solo verso

)joj^^
laudom

Maia

)uiOjk.
.
I

o;^(o

thalarai

|.^S.=>

che il P. Benedetti traduce auscultate mihi operarli et psallite sono a mio credere gli iQychca dulia vigna evangelica (Giacomo di
y^ols-o.?

Sarg dice altrove


omette questi due

^{
versi.

b.i>3

oCi.

)o)J
il

Ussi-.), mentre la lezione del cod. 217 sembra


|i>i3 vi preso in altro significato. Il cod.

una cattiva amplificazione

del verso primitivo, ed

235

364

<Xi:^

O coX

r<^r<' jiQiSkSa

^scn

^."icn

r<'f>r^

K^SO

.ri'cnlri'

yirin

^QalO

* 20

r.ToOA

'')

o!^O^

.r^L>i >!=

KLsxu

r<ili^

^h\

(-^ocn up<'

r^i.Tri'.i...

is2,b.

Cti^'sax.

O t

'<'-"i^^'^

ya:ia

riS\^ fd^cs oocr .^O^iOoi

rdi.T

.Q.ix^^r'

* 25

.-^ja^O

.p<liiA<

vwr^ cDV^^i jAcpo nd^lso


cC!^cn

x^Qcn
r<'vjjJO

.-^gaT.

kC-I.ixjO.^ A.^
^oAxri'J.l

CV^\^0

'')

kSk'.I oocn

.air^

rii^"

reC^is

* 30

..Ocn.'sai^

A._\.5)3

r^Caeoiooano
.^.o^O^x,

.ooon ^vxi.>.i .^ocoiao^'i^

rfit^isa

rs'oco
.\Sk

rd\o
rdls.i

.>J:ixioA

riClss

A!^^
}

r<i\iy

>\

oisaK"
r^coCCfU

r<'oco

trc'

^O

O.jijb.10

...cv^oin

AsQ,a.Vrg3

f\."iii^s

vyr^

...OdUA=S

rl'5i\^i

^.T^Q kAs
.A j3^ 0030

'

.,cno"iaj ri^s-vT.O

'0

rd^iaocn

=j oas>3CL2k
'")

ktoco
rlx.H*

v>Ao

r<i2QX=j

AjA r^XSi

up^
")

r^.''K' .vii.

rfvao
* 10
rdikVtss

r:=ji<' jA

uK* oeo ,Ao O oa2a!^K' Api"

r^nV-sn

...olar^'o osoi
'

vA

v*f^ ^.1

.^j:91X.O
")

^
*

^
^s

ptf'-.'^'pao

^
/')

jai oqsi

.r<!i.:t 0.13.1

kImOto

,.^OJr<'

."^^ r<ia.nas30
f^ii.

rs'ocn .ifL^O

.r^.il^ viv.K'

cnv\oi jalooo

O.aAax.1 .taSo .ao^


*

K'cralnj'

^.ia

Kia^rd^aJQas
~

^j^a^c."? pt^.n^a

45

.kIi'jjK' t<l^H^

10:^^3 j30j^ ii^pS'oco cscniooss

.rtliK' K'K'.'u. ..ojt^"

T<:^H^
a)
sir.
il

ict^Qii.i

.r^iur^ p^ii^peA
,

ooooo^pc'

p<l^\=a

pstaera

jiaj

Nel margiue .aosof


scrive
Ila
l;i

fcon un

^^ <^'^) " nome


Ms. y-iN.'=)o.

scritto appresso
e)

anche ^aaiso

il

cml.

235

egualmente oiaooj.

b)

Ms. waaja^j)Jo

ma

il

coj.235, come
nel
eoil.

115,

lezione che lio seguitn. Qui


Jjjaao

otX^^QAS? /LosaaX
f]

o!^o.

manca evidentemente alme.io un e) Il coil. 205 d) Ms. )oi-.

verso

clic
il

115 :

a^,

115

a^?.

Ms.
al

Cos sembra che fosse la prima scrittura; ora corretto: oi;-fso.

il

g) Ms.

|l^).

il

t)

Ms. tso).
).'\\v

/;)

Ms. ).9io).

v^^.

h)

/)

Il cod.

235 aggiunge

seguente verso: ^-.^.:i*a.i^o

^ijn] ^Jot
0001

^JOtcto.
0)

p)

!)

Ms. )oix.

n)

Ms (=

coil.

235)

yfiS*q|o
Il

e poco

dopo

vs. seg. jiisjo.


;

Cos sembra la lezione originaria del ms.; ora

o.^j.

codice 235

^Oj^^ko

115 ycu) Oj.^

Il

cod.

235 U^f.


.^jaciii^\Xxs

?,l]

^cn

rf'iW^'

oocrj

O^JtMrSta
rsiQaiAr;':^
|'

oni^o.s.

us.-^

r<M^xsnQ
*

cono

rcf^^A rtlalso r^nr^

p^.t^" O

K'Apc'

...cn^^ jaoi^ jiCV^.I

50

"f

183,a.

O rc'v^oi
r^aca

)o.axi

^
*

...OJtl^u CTi=.i
...Ooal'.t.r^

oocn a.ax>r^
a.

.r<'ici,^:?

cnx.iri rAS^r^^n

o^S"-t

\nt.

,^_Qcn^sr^n

r<LAQa^
'^

ocn

^n"

* 55

.rdtir^z.

trdo rla2^

rc'vijj .C>crtsas^ cvlaz.

rdk KT^yi^jOiAo
:b^i\.i

K'cutdCV.A.t

^..OcQycarjre's

rci^Qa^ Ocb

pcl^a.^ p<'vii.i

"JUr^ -\^]^^u pds


...cicnl'.i*r:^

crai

om

p<!^,i^cui rd^oor^

om

^ ^is^n
rfxiv.'sA

k^k*.!

a13^
'

rdi-sA oino
'0

.^t oocn ovao


rexik.i

q\vo ooco

evalo

t<'ia5^1

* 60

>cno:tns\ r<I^^^ K^a.^

vosa y>vn OTr<'

^mo

p^^ti

T<!\n-i

T^-s^

pi'i_^j<'

AuJ.T

K'K'o

'^^

.r<t

i^H=

r^H-Ssr^.T

..ocn\o,_iJ2a*m * 65

K'its. i.is-O
.r^tooa

.rtoa.i.\

ASkA

^r^H

^qoK'o ,.^oenvoi AnT ^oiii^.'io^."!


kJsA
..ocqj23."jo3

ArC!aS90
rctoco
'')

r<i'vi*:%2a\ Jl:u.o rtli-lsg r^oen

^A^ \cv.j&2.i
''

.^JK*

v<^

'

>

rtC.iJaCVA. A.N.

XMisarsto ois^-.i
.^..OJr^
r<'or3.i

rl*lA^'

...oorJ'is

70

'

>.Ti30^

A^. OTaj^a

r^lA^

^OouK's
rt't'i:^.::'!!

.t^O
crA

...Oorx.oQ3r<^i

K'ooni

.sjustr^o

.a.i^^fr<'o

Ojaiis.

^'i~^r<'o 0-U>>.

.r<'Ar<;^
..'i^

ojeA^O

rld30r^

A^

oi^pi'O .-voj&o

..^UK' vtSU
rs'^isJSia

cna.i

f<:\A

rili^lrsj

JShy p<'ocn virs*

9 Otiaaiip^s vyr^'')

cal^.i crcsO^

oi^ooo'*

* 75

')

O.tJx^ t ^.Qjri'^iM p^isQ .lix^i ooco cxnzM^rC'o


.._oca.7i^

.k'jx.H

r^Sii^a-a

I83,b.

a^ocTiicnsA cnrj oocn ct3v&.o


ri'om jjJO
rsLaiii
.r'Ai4 r<;^5i3.t rJiL

v.K's
r<'A=j\

r<''i=)r<'

^n KtucA oocn
*

,ocn

>''i.=x2w

ixrso* ^.ootixiT^oooo
K'.lxX.

SO

rSL^'SS.T

r.l=i\

i 7*^0 cfi_\_^ riLwili-l

r^ocno KH-N^oi

^h\

Ktoen v.?< ni'icnOJ >AiA

^^irf

)q.j*11

rciisa '<'-=>^o

..^coxA^so

a)

In due sillabe.

b)

Il

coJ.

235

)oi.)

t^-^.
e)

e)

11

ms. 115
f)

"csjfcii.0

dj Forse orig)

ginariamente i.o(aitf>^ come nel cod. 115.


furse

Ms. |>^]?.

vs.

Ms.

i'."fim)o.

Cos

il

m<

yool)?
il

= yoL)j,

i)

cf.

NoUeke

babilmente
II)

verso non ora in

Gram. 262, ma origine che una ripetizione del


Syr.
e

la lezione

non sembra

corretta, e pro-

71 la cui lezione altres dubbia

Ms. fiT-^N

Originariamente sembra che fosse scritto l^aJSaS. Nel margine stanno


,_ysL>, (sic)

le se-

guenti parole in karsn


forse

Aiua-JI ^-^ senza

indicazione precsa ove

si

riferiscano,

ma

ad un

che in

fine della lnea.

/e;

Nella parte narrativa deirofBciatura

nel

cod.

2%

(derivata tutta dall'omelia) sta:

"V? soa3 o^o ojajoo,

Ms. ai..


* 85

36

K'icCL:! cax*=i

K'xi.i .t? >>>.1

Kboa .sjuj^K'o

.oooofl^re'

K'iA, rdi=C\ reCaK*^ Ktooo Arioo


(<'icna,>
* 90

.Ktoco a.XjjAxrC' r^crAr^


>c\co

^ ^
ft

K'Tu>- T*a

pe'.ioo

AK*

.1^

Klocn A:^o
cv.r>uo

Jjrc''*)

i^ooo

^^i\^
*

K^areii, rCvjiC

criL..T

ni'.ulA

^acnla.

cxiri^cv

re'ui.

^)

o:tio

a re'icncu >a:aA ^COK'


K'i^il oocn ^m-icgo

'')

iiJk.ps'o

ooen ctaiii^K'a

-CUr!' i^i^re':^

ri-sacvi
tXJin.T

.sjAr<'

rs'.a.isa ri'xK's cvod

.j<^r^u ivJ

.oocn ^.iaoK'

.V^

'')

..oeix.iu.i3
'')

95

A siAJS Tai*Ao

Tov^.-^^^'^'^r'' K'mi* ..nxu\S)

OfV.^^^ vi^

r<!isS

rc'irsto \cujr<' r^irC' isjri' re'-icn

.kCxiso cosix. K'.iox. .t ^in^ tacn rurtf

Ktlin p<'vtVo
*

^nfo

.r^llACaSO

yyr^

t'\^^

*^^

Ao.Sk.n:' re^irC'o

r^VMt^

100

p3

rS'm.i

.rdaijjA r^Av^pS'o K^lAOSi-

^a>

orA ^^taJrC'o CVi^* ...x^^ .-rnA

r^iaX,
ri'j^

vi

KiiV
^.akono

Alm-IO

,J=axwr<' r<Ao

K'JMjA
'^

rc'ocn

icws^i

i^^xsoi

S3'

kI^U* Ktiri= rfli-aA r^'ioa


i5^*

.rc'vu.-tsil

kA^o
/^)

* 105

m^^^
pa
Ai.l

,h\ccstS>^

..cncx^VA

rcJa^i
T<!\\

r^j\

r^^-i p^is3
t ri'co^S
"'

rilirs'

18t,a.

r^a.A-, r^'uMO ,CTCu'. Ktaeo


.aJC4*>t<'cv

kLsjs.-A

rS'.rjrS'a

ocn K'oro

r<'<cua.*s

cai .t\< K'aso cax.i ^irc'o

.r'.i..ii

110

^^^ra r^\^= Ktisrjcu K'coo


f<:\>o
rr^.<T
r>

.K'^vcv^ij*

^ Ktaal- >2^^
rc'oco rcli

K^x.'wi

^'sa

ri'cna*

.caisn

Ao^.t r^lir^ p<!^iA rdi^^


rtflixsa

ri'ia.i

cnajl^
>a30,lL>.

A
A

AuAx.

(<i2l

isaK* KLiSasfl vyrS' re^aj\^ r<Vo

* 115 ocra K'ooo ^arelo .^^o


isari'

nn r^lK* :uV."l ooOQoaK''') ,cb >cp r<'3cn

cAo*

.r^r^

Ari'Jt.sao i-is.,.i

r^A}^ (^jloatra Ktoco

r<'v- .')...

i'sosvwo rC'aaL

asas. K'u^TSa
* 120

pS'sco

r<A5^ -cJar^

.ri.v.ri' k'.tk' K'vli.'vSJa

K'soa pdAj^

re'vjjo

^Aiy\'\\

f^\'7a

.isa^oa

.t2k

rstucuc

Au^=

rcili,

ujJo' a

ooOQQirer

^p^.^
* 125

nibajA Ktooo
')

v^en

rdi^aiA fuen^

psTxcuirsT K'soa.l
.cnani>.

riA^i

^'

'^

\^

acaii..a

.VJis

r<'A\o\f<'

A^

>cno'i-nA K'uJcv'
Ms. c^l^u..^.

ArsCUa rdsxwA
come
sta

o)
in

M^. ojkvjxso.
i

b)
si

Ms. ;-^o.

e)

ambedue

testi

quando

richiedono quattro sillabe.

dj

Ho scritto Usoo?
resto.

la parola
e)

sempre
f) h>

aggiunto dopo,

agg. ot.

ma

forse dalla stessa

mano

die ha scritto

il

Ms. j^U^f^o. Ms. Uy)?-

'0

3)

il

! "i^-

i)

Il

ms. aggiunge qui \j]; forse


altrimenti

invece da aggiungere (Oot.

A)

Cos

ms. forse

]j>m; ovvero

^U*

Ko ni S.
i


ocb K'iaX
colsLoo
^nn.'w-.

3(i7

\^r^:

K'oen

rC'.^Qa^

ocb

jiSkP^*

Aax-O

K'oxiO) ri''ia^p^ien.i
>x.O

'

...acfL.A\iv3 rc'.i^cn .=]o>

ooon

^-i-axuvsoo

.con *
an

l:W

AviK^^^i
^^zicnl

A Ar^

^1

vA= jOOCuXr^.xl.T o\
')

.cnA
na^

r^TU^O

Nl.K'
'84,b.

.^oAuK'

J<^t r<5sxuA

>\

oann.i

.orai

r<*i^

K'.io.IL.

ocb Vsor^ f
*

T^.\V ,X S3K"
Oria

.col Ak'jcsjo ^\Sa.l cveb ^-a rJ'ocn


V3-2-

>.ia>r<'o

\\r^ r^\r^a

135

V^>1^.

A A

AxjiAJt.K'

f<'\M^Q3

^Am^

AIK*

VyOV.K' AlM.l

isK'.i

vyK'

rxi^kS-r^ K'A ^ovsiso rCvaiiOoo

.K'i.ix. r<do p^.tco K'oen


')

t<'vsa*c riii!^

y\

:*!

.rQQxare'.i rt'iAiK' ca\A.=i


A\.T

r^ssS^ ji%lo

'

uK'
jjA.i.r*'

* 140

.rCCacujOijLaK'l
cTiAso

rc'jc.iCUj

%\
.t^

r<Av\so ifiL^O

,cnOJ^=A rit^iooo

^kCii
''

col

ArCtxsn

uK'IAn

^^ocoiTir:'
r<l\!^

cnia.i Tix-O
'

ctA xp<x>

v\i\r' CViirilo

v^uK" COSOM

A
i.-tx.

:?><'

.K'i.ii, * ii5

a)

sn=j

.T^Aus

ctA rdrxcn

/i

Ai;?]

^A^\^o

.cnirj.t

riC^ijj

Kt^lsos re'A^
.2>.t*

Vv~^ pCx.v^

ai^o

.ct&n:^ K'oen v.K'

KWjkq
*

k*33 K'oen

kAo
* iso

.^o\S3sa K!W.en r^saV

"A

crA K'oen K'vm Kti


via.i

eoa jj^Au.i ctA K'oen

kI^Ox^m

.Tu ^^^ K'oen

uK* K'ctAk'
cnl

K'vxix.i\ >cria

kIm tV-o
^v-si

kAV^

mK'

v.K'.^ia.i

Ak'jcwo enia.i ^^x.a


V'^K'*^

.k'.x-.tcxo

9 QjooiaK
K.^cv.!*

,uK'
>ix.o

CTiosa

K'A^

.v^^A^K'

ox.Ko vyAuK'

aisa.i

* 155

oen

Ki

.'*)

nilTi'i

^_S30 k1.a\s73 ooOoi.i Kt_K' cnvao

r^inio
^so

.orasjcno.^^
K'vi

cnQal\^ ^so tJK' K'vi pdioi." ctAa K^SiiiLa


'

KlA K'oen
i.o

klI s^o

...octiV.tjK' ^sa

cn!\^\^J

K'^K^i

,cna=iKA

* I60

Kt^
,cno.T>^

cnxiia

K'Av.is^

"ii,s.

.cnsoenol^
crA

K'Ao enooi^
Klisa K'yo

-l*

i85,a

KAxrdi.i

.ToA

K'ino

cnA\^^n

fui^

a-^o

jbod*

.vA

Kiia, .^\|aA

K'in^ vA Kl3

.-uo.i

uK' o

K'oen

Oon-nVio
2^s^ Also

* i65

Kt^QoiOQo

Tu ^h\

K'oen ^K'

vA

K'i^ K'Ao

K'i\cuij.TV3

a]

Ms. wOy^di< obt;

il

coil.

115: o^
d) Ms.

kas&o

[~,j-... ?] oot >s]> o>i*i.S


e)

ooouo.
m.

ooM?.
dal
II.)

154.

e)

Ms. dsos/lo.
f)

6J

Ms.

I>:>)l^.

Questo verso sembra qui interpolato e ripetuto


121 ^^.^S^
fera. (cf.

vs.

Ms. "^vliio.
i)

tj)

Auclie sopra

vs.

^D^S

fcm.).

Ms, a-..

oiaSjo.


p-ilV,

3G8

.r?'A.iao
\.ii=.=j

vy3T< o cfA

xs3r^

:ia.

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)
/i)

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fi)

6)

Ms.

^aoo*. e) Ms i^jo.
pui Q.^.n )
;

d) Ms.
il

yaaX):^.
e

Ms )bi3o).
Il

f)
(in

M.s.

a*.a^Xo.
^;ic)
i

Il

ms. iiiw
cf.
i

cf.

vs.

196

nota.
>=>

ms. 115 CI.U

e poi

ost-J;

vs.

203

scg.

Forse da leggere

come

poco appresso

ambedue

testi

fy^oX

masc.).

369

,03

pCui,

cv,ai^O

.^OJK' juajco

..^cu<'

.oorwo

Ktocn

.coa^i

oa^sA^

Item: l'omelia sepra

giovinetti di Efeso.

io

Figlio di Dio, la cui porta aperta a chi l'invoca, aprimi la tua porta perch scelse dica la storia dei figliuoli della luce; o Pastor buono che dal gregge si
e
li

gli.aguelli,

ascose nell'ovile dell'amore e della fede; benedetto l'Agricoltore che


scelse
il

dalla

zizania si
i

grano, e lo semin nel campicello di vita del regno celeste.

Sopra

fanciulli figli di magnati, di Efeso, ora

ho a narrare la

storia, avanti

agli

uditori.

Figliuoli

del talamo

{abilalori del

Paradiso), siatemi aiuto perch io dica

lode al Padre al Figlio ed allo Spirito santo

che

li

incoron.

L'imperator

Decio

dominio. Enusc dal suo ad altro paese, per visitare le castella e le citt del suo Apollo e ad Zeus, ad a una festa celebr terrore, e grande gitt tr in Efeso e vi

Artemis

(')

(e

scrisse
li

una
i

lettera ai prncipi del

suo dominio), perch tutti porlo tagliere

tassero incensi e

offrissero agli

Dei;
i

chi non venga

pezzetti. Si

assembrarono
ai

magnati,

vecchi ed

nobili insieme coi fanciulli, e offrirono incensi


figli

muti Dei

fabbricati colle mani.


il

Eranvi alcuni cari giovani

di

magnati, che
Alla

disprezzarono

comando, ne
si

si

sottomisero insieme coi loro compagni.


si

Casa

del Signore fuggirono e

rifugiarono, ed in essa
agli Dei. I loro

nascosero, perch non avessero


ci,

ad

offrire gl'incensi
li

eletti

compagni udirono

ed

al

cospetto delil

l'Imperatore

accusarono, dicendo: avvi qui dei giovinetti che trasgredirono


e

co-

mando. Ud l'imperatore
venissero
il
i

shufjd per l'ira sua che saliva


li

come fumo,

comand che

giovinetti ed egli

vedesse. Corsero

lupi e rapirono gli agnelli da entro

gregge, e prontamente l'introdussero innanzi all'imperatore. Vide l'imperatore i loro volti venerandi, e studiosamente parl con loro dicendo ditemi, o giovinetti, per:

ch avete disprezzato

il

mio comando,

non avete

sacrificato,

siccome

Ja

legge che la

o) Quest'ultimo verso certamente un'aggiunta jostprioru

di

tali

aggiunte e di

rpctizi ,ni

liavrene senza dubbio parecchie in questa recensione, in parte almeno,

pii

recente dell' altra.

(')

Giacomo menziona queste

tre divinit quasi avessero


e

un culto spsciale in Bleso, -ma, come

credo, senza nessun fondamento reale

storico.

Lo

stesso culto di Arteinis o

Diana Efesina,

gli

do-

vette esser noto, pi ch'altro, dal


idoli,

XIX
!).

capo degli Atti degli Apostoli. Kidl'omelia sulla caduta digli

pubblicata dal Martin

[Z.

d.

M.

G-,

XXIX.

110) Artemis

attribuita

aJ Efeso, Zeus a

Roma,

e Apollo ad Antiochia.

Classe

ni

sueni-.e

MorALi

ecc.

Mesiokik

Voi..

XII.

47


mia
real
;

37L

e sacrificate,

maest ha comandato? Avvicinatevi

ed
fra

io vi far del
i

numero

dei

magnati
il

ma

se

non sacrificherete morrete amaramente


ed
i

tormenti. Apri la bocca

figliuolo del prefetto,

suoi sette compagni, dicendo: noi non adoreremo gli

idoli muti,

fabbricati colle mani.

Noi abbiamo un Signore, su nel

cielo,
il

ed egli

ci

liberer.
rito
l'ira

Tu

hai Zeus e Apollo e Artemis,


ci

ma

noi

abbiamo

il

Padre,

Figlio e lo Spi-

Santo; egli

liberer e ci salver da detrimenti. Ud l'imperatore e sbuff per


e

sua che saliva come fumo

comand che fossero con battiture

{scliinffi)

percossi
:

finch non ott'rissero eletti incensi agli Dei.


sciateli

Ma

poi prese a dire e


e

comand

cos

rila-

finche io venga;

poich

si

affrettava ad uscire

visitare

altre

castella.

L' imperatore usc di Efeso verso

un

altro paese, per visitare le castella e le citt del


:

suo dominio; oiide quei giovinetti deliberarono fra loro, dicendo

usciamo

fuggiamo
ci

da questa terra degli Efesini, prima che giunga l'imperatore maledetto ed in essa
tragga in giudizio, e
sassosa, sulla
ci

divida dall'unione che noi manteniamo. Ecco, qui una caverna


:

cima del monte

in essa pensarono nascondersi fugtjendo dall'ira. Tol-

sero del denaro dei loro genitori, che fosse loro di gloria e di accusa.

Non

presero

seco le vesti preziose e seriche, poich non viene accusato chi vestito di vesti elette.

Del danaro

di loro famiglie

tolsero nelle loro mani, poich colui che porta di quel

denaro, gli sar di accusa. Saliti al monte, entrarono nella caverna e col pernottarono,

ed invocarono

il

Signore con voce gemebonda, e dissero cos


i

ti

preghiamo

o Pastor

buono che scelse


di sangue.

suoi servi

('),

custodisci

il

tuo gregge da codesto lupo sitibondo


e

Vide

il

Signore la fede di quei benedetti agnelli,


ricompensa. Prese
i

venne a dar loro

la

buona mercede
e

di loro

loro spiriti e

li

fece salire su nel cielo,


l'

mand un angelo perch scendesse


il

a custodire le loro

membra. Torn
i

imperatore,

ed entrato nella citt, interrogava dicendo:

vengano
li

giovinetti che trasgredirono

audacemente
rono e

comando

Cattur
il

loro genitori e

flagell,

dicendo
:

conducetemi

giovinetti che trasgredirono


si

mio comando. Eisposero dicendogli

alla

caverna fuggi-

nascosero. Il maledetto imperatore fece disegno di farli morire in essa, e


artefice venisse, e tagliarono pietre, e chiusero la

comand che ogni


verna,

bocca della cai

come era
il

stato loro comandato. Eranvi col


li

due

savi, dei magnati,

quali repu-

tarono che

Signore

avrebbe

un

giorno risuscitati. Apparecchiarono una tavola di


i

piombo che avevano,


furore

scrissero in essa
gli

loro

nomi

le

gesta loro.
(');

Dopo alquanto tempo passarono


il

anni dell'imperatore pagano (Decio)


pass
il

cess
e il

fu pace in tutto
il

il

mondo;

tempo degl'imperatori pagani

loro dominio, e volle

Signore risuscitare quei figliuoli della luce. Eravi col un

uom

ricco di Efeso,

il

quale pens di fare un ovile in cima al monte; essendo a quee costru e le

sto pensiero spinto

da Dio, port pietre

un

ovile al suo gregge. Vide] le

pietre (alla bocca della caverna)

ben tagliate

distrusse, onde la luce entr e

dest quei figliuoli della luce. Si svegliarono dal sonno e dirizzaronsi e sedettero tutti

insieme, lodando

il

Signore del cielo che


l'

li

avea destati.

pensavano fra loro dicendo

chi scender a vedere se

imperatore

venuto, e qual cosa ha comandato, o mac-

china in nostro riguardo? poich ieri minacciava indignato di batterci. Eravi col un

{') {')

Forse Forse

le

sue pecore
il

v.

sopra, pag. 365, not. d.

da porre

plur. e tradurre degli imperatori pagani .

Sembra

ripetizione del vs. 82.

giovinetto per

nome Giamblico;

questi dice:

io

scender e vedr; entrer nel palazzo

come {in arnese di) mendico, ed apprender


riguardo. Risposero dicendogli
era poco
il
:

vedr ci che ha comandato in nostro


;

prendi del danaro e portaci del pane


il

poich ier sera


e

cibo e non
cittJi,

cenammo. Scese
il

giovinetto

dalla

cima della montagna


:

giunse alla

ed invoc

Signore con voce gemebonda, e cosi disse


le

ti

prego o

Signore, o Pastor

buono che scelse

sue

pecorelle

conserva la mia integrit da


al

codesto lupo sitibondo di sangue. Alz gli occhi e


porla, onde pieg
il

vide la croce
;

disopra

della

capo e

1'

ador con animo penitente


ci,

quel cristiano pensava

nella sua

mente: che cosa

che la croce posta e stabilita al di sopra della

porta?

Che

ier sera la croce era tenuta nascosa ai pagani, ed oggi

apertamente

stabilita la croce del Figlio di Dio ?

Volse

il

giovinetto verso un' altra porta, per enla

trare da essa, alz gli occhi e vide

una croce come

prima. Dice

il

giovinetto

io

sono

impazzito

matto!
cos

e (ocvero)
il

questa non
si

la citt di
,

Efeso nella quale sono nato.

mentre stava

giovinetto e

meravigliava

vide nella

piazza un giovinetto

che passava, e l'interrog:


netto: questa citt ha
ravigliato
;

dimmi

o giovinetto, quale questa citt?


il

Dice
i

il

giovi-

nome

Efeso. Scese

giovinetto {Giamblico) per

mercati me-

cosa

giunse alla reggia e ne vide le porte chiuse. Pensava che mai fosse questa straordinaria, che cio erano chiuse le porte di questa leonessa sitibonda di
il

sangue. Torn al mercato per comprare

pane

e recarlo seco,

riportare ai

comdiede

pagni

portenti che avea veduto co' suoi occhi. i che era nella sua borsa; lo prese colui che vendeva d pane e lo rimirava;
suoi compagni perch essi ancora lo rimirassero.

Tolse e trasse fuori di quel denaro


e lo

ai

pensavano fra loro

cos:

que-

st'uomo ha trovato un

tesoro, e lo custodisce presso di se; venite, interroghiamolo

cos fra noi lenemente. Allora cominci a dire quel giovinetto, essendo triste:
il

datemi

pane se volete darmelo, o che se no,

io

me

n'andr. Voltosi quello che


il

vendeva

pane l'interrog: dimmi hai trovato un tesoro, fanne con


il

o giovinetto, di chi sei tu figlio e qual

tuo paese?

Tu

te di esso partecipi, affinch la citt tutta


il

non

se n'av-

vegga, e tu non abbia a perdere


vero; niun tesoro ho
Efesini, che cio
io trovato,

tesoro

(?).

Dice

il

giovinetto ci non esiste e non


il

come tu

dici.

Usc la fama per lutto

paese degli

un giovinetto ha trovato un

tesoro, e qui l'han preso. Penetr la

nuova

nella chiesa santa insino al vescovo, e

mand

a condurlo dalle lor

mani prestamente,

interrogandolo per apprendere da lu la verit;


e

dimmi

o giovinetto di chi sei tu figlio

qual

il

tuo paese? Credette

il

giovinetto che l'imperatore infedele avesse mandato


al

a farlo

menare,

e l'introducesse

Palazzo per esser

ivi

flagellato; n sapeva che

Cristo Signore era con lui, e entro la clyesa l'avea introdotto perch fosse glorificato

per esso. Quel giovinetto non aveva mai visto alcun tempio, e cominci a rimirare santa e mand a conil servizio divino della chiesa. Era col un savio nella chiesa
durlo
e

l'interrog con dolcezza:


il

dimmi

o giovinetto, di chi sei figlio e qual

il

tuo

paese? Dice
i

giovinetto: io son proprio di Efeso, e son figliuolo di Rufo re, e sono fra

cominci a guardare quel giovinetto fra tutta la gente, se mai vedesse alcuno di sua stirpe o di sua famiglia, onde chiamasse il suo padre, perch venisse a salvarlo dalle lor mani. Non vedendo alcuno di sua stirpe e di sua

magnati di

essa.

famiglia, scendevano
il

sospiri {le lagrime) dai suoi occhi, e cominci a piangere.

Vide

Signore e molto gli dolse per sua cagione, e chiam

David perch venisse presso


cinati e parla

372

nomo, perch
Era col un
sei afflitto?

a lui e gli desse coraggio. Dice David: che bai o

Avvi-

meco con
fin

giustizia,

ti

attristare.

sofista uella chiesa

santa;

mand

a condurlo e l'interrog dicendogli:

dimmi
e

o giovinetto la verit, perch


il

vnoi morire?

ad ora tu hai parlato con vari pretesti! Disse

giovinetto: se io
io
ti

ti

manifesti veramente ci che tu chiedi, manifestami

spiegami ci che
il

dir.

Dice

il

giovinetto: l'imperator
il

Dukos (Decio)

ov'?

Ud

sofista

che

il

giovinetto

menzionava
e

nome

di

Dukos

(Decio), e pieg le dita e poi le distese dicendo: vile


ti

pazzo e reo di morte, di

me

prendi giuoco? io veggo che tu hai un quindici anni

di et,

mentre
ed

ci che tu dici stato


il

da molto tempo

e diuturno,

secondo

il

com-

puto
cio).

(l'era)

calcolo dei Greci, 350 anni sono trascorsi dall'imperatore Dukos (De:

Dice

il

giovinetto
io

da lui fuggii
sette

io

ed

miei compagni

alla caverna

salimmo
ed

ci

nascondemmo,
e

compagni.

Celebr una festa a Zeus, ad Apollo


lui e ci
io

ad Artemis,

per non sacrificare


i

fuggimmo da
compagni ed

nascondemmo; ed ecco che


sceso.

nella caverna ho lasciato tutto


il

miei

sono

Usc

la

nuova per

paese degli Efesini,

un tesoro

di vita ci

venne manifestato nella cima


('),

della montagna . Si raccolsero


e

magnati, vecchi e nobili insieme col fanciullo


vita sulla cima della montagna.
i

salirono a vedere

il

tesoro di

Udirono

giovi-

netti che erano nella caverna e si conturbarono

loro animi, perch pensavano


il

che
e

l'imperatore avesse mandato per farli perire. Apr la bocca


fece lor coraggio dicendo: sorgete,
fede.
coi
siate forti,
il
,

figlio

del prefetto

e rivestite la forza e

[siate forti) della


,

Mentre
,

egli parlava

entr

giovinetto
ritrov

stette

fra

loro

ed

il

vescovo
la

magnati
Li

entr presso a loro

quelle buone
voi;

pecorelle
tavola
d'i

entro

ca-

verna.

salut

dicendo

loro:
i

sia

pace
le

prese
e

la

piombo che
scrisse

era presso a loro e lesse

loro

nomi,

loro

gesta;
il

prestamente

una

lettera a Teodosio dicendo:

vieni o signore e vedi

tesoro di vita che ci e stato


il

rivelato. AftYettossi e scese l'imperatore prestamente, per vedere


statosi in cima alla montagna. Entr l'imperatore e
li

tesoro

manifeli

trov entro la caverna, e

salut dicendo
e

sia pace a voi

Prese quella tavola di piombo che era presso a


geste;
li

loro,

vi lesse

loro

nomi

le loro

esort a scendere
i

con lui in Efeso,

ed

un tempio veracemente avrebbe


qui piace al Signore che
ci

costruito sopra

loro corpi. Kisposero dicendogli:


di qui stare, in essa caverna.
li

ha

eletti,

ed egli

ci

comand

Vimperulorc
sue pecorelle
nel

tolse la clamide della quale era ricoperto, e di essa

rivest;

li

la-

sci e giacquero nel sonno


d' infra
il

del riposo

(morte).

Benedetto
il

il

Signore che elesse le


(paradiso)

gregge,

e fece loro

ereditare

talamo di vita
tempo.

Eegno

Celeste.

lui gloria e a noi misericordia in ogni

Come
di
essi si

sopra stato notato, alla seconda specie dei documenti siriaci appartengono

quelli che consistono in traduzioni pi o

meno compendiate
(')

della primitiva storia;

conoscono due recensioni principali. L'uua quella inserita nel cos detto
e

Zaccaria di Mitilene e pubblicata dal Land


(') (')

contenuta altres nel codice del


17, ecc.
il

Forse da poi-re

il

plurale coi fanciulli

cf. vs.

Anecdot. IH, 87, seg. Il Wright ha avuto la bont di confrontare un'altra volta
nis.,

testo

stam-

pato col

ed ecco

risuUameiiti della sua collazione. Pag. 87,

1.

8.

Ms.

U^Xxaii..

ii.

Ms.

^^'

British Miiseum add. 14, 641,


f.

373

di

150

(');

l'altra quella inserita nella cronica

Dionigi di Tellniahr e pubblicata in parte dal Tullberg, ed a cui


del Br.

simile

il

cod.

Mas.

14, 650,
f.

f.

81

(').

Ma

anche un altro antichissimo codice del Br. Mus.

addition.

12, 160,

147, a,

{"}

appartiene a questa seconda recensione. Esso cone

tiene la seconda meti del racconto dei Sette Dormienti,

dal

mio amico Wright

fu per

me

copiato insieme
sir.
il

con

altri testi dei quali dir a


f.

suo luogo. Finalmente an-

che del codice di Parigi


alla cortesia del
all'altra

235

326

(')

lio

potuto avere esatta conoscenza grazie

Duval;

testo Parigino

uon appartiene decisamente ne all'una n


terza,

recensione, e

sembra formarne una


di

ma

non ha variet
{').

di circostanze

importanti che lo rendano degno

speciale attenzione

Il

un tratto qualunque

\)Qr

riempire

l'estremit
P. 88,
1.

della

linea.

M. Ms. sembra
6.

l'i

io.

Ms.

J^-^-i..

U^aai^o.
1.

18.

Ms. sembra
12.

nota su pag. 87,


tale nel ms. 25.
13.

il.

Ms.

k^-. '^>" 16.


1,

l.

Ms.

JiAmi.
il.

Ms. ^.jI;

cf. .qui

sopra, Li

Ms. |.l^j).

21. Il

punto sopra eoo


Ms.
Il

meramente; acciden-

Ms.

.)lioi.

P. b9,

s.

Ms. ^*^J^, Ucl-oj.

Oi^
punto

.U*=.

Ms

Ntiv )

i*li.

..-.-^vi (senza

punto sotto).

15.

Ms. yOc-J-i.. i6.Ms.Uiii.

una macchia accidentale.

Ms.
23.
21.

)JqX con punto


Ms.
Ms.

sotto l'dlaf e

'\

Nv>.

P.

Uat.

P. 91,

.^tio)o. io. Ms. .Ij^ans. 21. M.^. .)|i>.l). 23. Ms. .oio^. ^>^" con punto sotto Vdlaf. 3. Ms. )-i-(l?. h. Ms. )*.:^?. 90, 1. ?. Ms. f P. 92, 1. 1. ]. 12. Ms. .^,^^. 20. Ms. )Ji-^U (senza punto). 26. Ms. j->.^.
.

Ms. jOiaD con punto sotto Vdlaf.

4.
1.

Ms.
3.

.^.
in

11.

yH'O^?
Ms.

(senza punto).

15.

Ms.

)20
-

il

punto

una macchietta accidentale. P. 93,


5.

Il

-!^i-o
24.

piuttosto
Ijosts^,,

un tratto

per riempire la

linea.

Ms.

25.

-I^U. Ms. \ P.
punto).
'iG.

18.

Ms.
1.

-^
1.

-MftK-^ e
L"
i'

Ijq QJ^.

con punto sotto Vdlaf.


1.

Ms. .C^.
13.

94,

in
;

(senz.i
21. 28.

Ms. }-^
22.

r-

jn-!^(' ^ " ed il punto sopra


il

segnato fuori. P. 95,

10.

Ms. .j^j-^^o.
17.

Ms.

^
1.

c.inccllato.

Ms. HI (senza punto).


(senza punto). P. 96,
6.

Ms.

Mf-^.
f'-l

Ms. . con punto sotto

ddlalh. 23. Ms. iiLaslo. =6. Ms.

Uaajo)o

Ms. originariamente >.o)oN,-^..

ma

il

cancellato. - Ms.
11.

1*=^ con punto


il

sotto Vdlaf.

Ms. )"
1^
24.

con punto sopra

il

1 dluf

Ms. fol)o con punto sotta


I8.

2 ddtath. i3.Ms.

a*^o.
10.

MMs,

i-'v'^ isenza punto), n. Ms.

.\oo>'

Ms.

.att^oU^lJo.

Ms. wO)0>)j (senza punto).

-si^ol^Jo.

26.

Ms.

wo^JO
Ms.

(con punto).
(il

P. 97, 1.4. Ms.

woiocis) (con punto).


22.
o>....
1

Dopo
5.

)l^.jUs aggiungi ^>la).

14.

..ii.

secondo punto
24.

accidentale).
(sic).
26.

hoi con punto sotto

Vdlaf e *^^- con un sol punto sopra V'ain.

Ms.

))^o
j.ai.

Ms.
1'

^ 'l
1.

(sic).
lil

P. 98,

1.

Ms. )1S..^>

16.

Ms.
4.

)>-;>>a.

i;i.

:\l3.

i^X).
5.

20.

Ms.

>^
6.

con un punto sotto

'ain.

P. 99,

Ms. yOopJ^:^.
blli

(senza punti).
sotto
il (')

Ms.

q>.o.

Ms. ,ol.

Ms.

con due punti, uno sotto

e l'altro

ddlalh.
Cf.

Wright,

Calai. 0/ Syr. Mss.

1045, 1048. Di questo secondo codice

il

Land non ha tenuto

ragione, An. III.siv.

() Diowjsii Tclimhhavemis etc. ed. Tullberg, Uasi e 33. Wright, Gal. 1104.
(')
(')
(')

Wright,

Calai.,

loao.
col. 1.
si

Zotenberg, Calai, p. 187,

In un punto questo codice di Parigi


i

discosta notevolmente da

ambedue

le

principali recen-

sioni siriache, allorquando cio


agl'idoli (Koch, 6, lin. 12).

giovinetti
il

si

ritirano a pregare

mentre l'imperatore

e la turba sacrifica
e

Ecco

tenore del codice parigino:

con lagrime

e sospiri

con pre-

ghiera innanzi a Dio supplicavano e mentre nel tempo dei


era con lui sacrificavano, quei santi offrivano a Dio
il

saciiflcii

l'imperatore e la moltitudine che

sacrificio della confessione del loro cuore,

sup-

plicando e dicendo: Cristo che per la redenzione degli uomini scese e rivesti
santa, Dio da Dio,

corpo

dalla

Vergine

lume da lume, consustanziale

al

Padre per cui mezzo tutto fu ci che


popoli fiano addotti ad adorare

in cielo e

ci che in terra; poich volontariamente rendesti lo spirito sul legno della croce, riduci tutti alla

conoscenza della verit, e per tuo mezzo,

Signore,

il

Tuo Padre

Te

e lo

Spirito Vivificante e Santo; Trinit imperscrutabile ed incomprensibile; tu,

Signore, per tua


Della parte pubblicata
di

374

il

queste versioni siriache ha tenuto ragione

Koch

nella

ricostruzione degli Atti primitivi, e sarebbe inutile darne qui la traduzione.

Onde passo

piuttosto a pubblicare e tradurre la parte inedita della seconda recensione che quella
seguita,

come ho

detto, negli add.

12,160

14,650 del British Museum, ed inserita


noto, dal solo codice

da Dionigi di
sir.

Tellmahr nella sua cronica conservataci, come


(').

162 della Biblioteca Vaticana

mio giudizio questa recensione

pi antica

dell'altra, ed

ha avuto maggior importanza nella letteratura siriaca; poich assai


di

probabilmente Giovanni
ove trovavasi
il

Efeso la inser per iutiero nella sua Storia Ecclesiastica


potersi dedurre da Elia Nisibeno
(').

racconto,
di

come sembra
Dionigi
di

Perci

esso sta nella Cronica


nigi

Tellnvahr;
di

che

il

trovarsi esso presso Dio-

conferma che facesse parte della storia


in uno,
e

Giovanni
si

(').

Passato questo squarcio

prima

poi da questo in altro autore,

produssero facilmente quelle va-

riet di lezione che occorrono presso Dionigi di

Tellmahr,

ne rendono
(').

il

testo

meno genuino
Il

primitivo che non sia quello dei codici di Londra


io

testo

che

seguo

generalmente quello
del

dell' add.

12,160 che designo


di

con

B, adducendo

in nota tutte le varianti

codice
di

vaticano

Dionigi Telle le

mahrense (designato con D) eccettuate quelle


differenze
d'ortografia.

niuna

importanza

semplici
esso

Senonch
1'

il

principio

della narrazione
().

mancando

nel

detto

codice B, dato secondo

addit. 14,650

volont fosti sacrificio


i

anco ora, o Signore, perdona agli uomini redenti col tuo sangue prezioso, che

loro corpi sono contaminati co' sacrifici degli idoli; distruggi o Signore, dalle tue creature l'errore, e
ti

concedi ai cristiani cbe liberamente

adorino e

ti

glorifichino. Cos facendo

santi ogni giorno ecc.


ecc. -

Sono queste, come vedesi, amplificazioni


(')

posteriori, con frasi tolte dal

simbolo Niceno

La prima met

incirca di questo
il

prezioso ms.

trovasi
le

disgraziatamente in pessimo stat,


si

ma

per ci che riguarda

racconto dei Sette Dormienti,

parole incerte o mancanti

restitui-

scono facilmente coll'aiuto dei due codici del Br. Mns. poco sopra menzionati.
(')

Cf.

GreyorU Darhebrafi Chronic.


E. Mgr. Khayyt,

Ecces. ed.

Abbeloos et

Lamy

I,

145, not. (Secondo un appunto

favoritomi da S.

la citazione di Elia nel

Barhebr. non sarebbe esattissima. Questo

luogo non fra quelli pubblicati dal Baethgen).


(')

Dionigi di Tellmahr

(fol.

122) dice che fino a Costantino la sua fonte Eusebio,

ma

par-

lando della persecuzione di Decio egli ha tolto, a mio credere, da Giovanni Efesino ed inserito in
quel punto la prima parte della narrazione della quale non trovava traccia presso Eusebio
;

lo stesso

contesto di Dionigi (pag. 167,13) fa sospettare un'inserzione da diversa fonte. L'altra met poi trovava

naturalmente luogo sotto

il

regno di Teodosio giuniore, dal quale fino a Giustiniano, Giovanni Ef.


la narrazione fosse divisa in

la fonte di Dionigi. Se anche presso Giovanni Ef.

due parti, non

si

pu congetturare:
che essa storia

dalla sua stessa testimonianza (ed. Cureton, 2) noto che la sua storia cominciava
(/?.

da Giulio Cesare, ed inesattamente Assemanni


si

Or. Il, 83) ingannato dalle parole di Dionigi, dice

stendeva da Teodosio ginn, a Giustiniano.

role la storia
(ediz. cit.

sua storia, ricorda appena con poche paCj Quanto a Barhebr. egli nella parte profana della dei Sette Dormienti; un poco pii a lungo ne tiene proposito nella seconda parte
141, seg.)
;

senza dubbio egli

si

valso dei

medesimi

testi

che noi abbiamo,

ma ha

mol-

tissimo abbreviato la narrazione.


(')

Anche

di questo squarcio

debbo

la

copia al Wright. Questo testo quasi identico a D.


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375

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K'.ioo.tso

i^i-O^l QcuQoico

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Bnt. Mus Add. U,fi50,


fol.

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K'ia:!^

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rCAcstuxi.T
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gue ancora.


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cui. II.

K'oco ^-'"

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T^h\x*xsn^ r^is^^y

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rclaA^n

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rdxu r<'v0

a)

om.
;

b]

D
78

no].

e)

T>

Ui.

J)

D
;

om.

col seg.

o; L
;

scrive

auoo
,

k^-^-2>

{jiohTcm^ueyot)

cf.

5ecun(/.
(cf.

Synocl. Ephcs. ed. Perry

3.3,4

(traduz. 59 t)

Hoffmann

Kirchenvers.

Dion. Tellm. oti>^,io e SG) nel nostro testo non sembra che la paD om. e) determinata magistratura munioipale (decuriones). una rola abbia il i) D Uj-a=. Land UJ')? h) D /") D agg. ^?. L). g) V> ^J-^-lsX. (Land In D queste parole non si leggono pi. B). /) k) T) ^^-^ k^-i (sic) (Land )Iq-jo. Ua^ (?) (forse: U^^aa? U^saa e")o) D l->i^. ]lo. 7i) D a>\^

zu Ephao!

89

not.

significato di

m)

p)

D agg. D ^2oo

UU.

^_l,
y)

2)

^-.l^-i.?-

r)

o^-ooi.

u)

|l?fi.S.

D UiN

(sic).

i)

'^^i^.

D cj-S^i^o, Land c^^j-so. v) D ood ^=>o-<_-. rtc) D <JO?.

i)

D ^s&L? MiM> )U a;) D ("^-u-fio?.


48

Classe

di

scienze mokali

ecc.

Memoeik

Vol. XII."


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378

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termine del racconto,


In

in

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om.
e)
T>

ts-.).\.\

v^ootJo,

D non si distingue se sia U LL>s>o )lcuai=>. s) D ^-

^.

p]

I)

ho;a=> (Land

L).

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In questo tempo

un' eresia
,

di

errore

turbamento, produsse deliramenti

e
;

conturb ed agit la Chiesa


voleasi render vana la

volendo oscurar la promissione del rivivere dei morti


di coloro che giacciono

promessa della risurrezione

nel se-

polcro, data da Nostro Signore alla sua Cliiesa.

Le novelle conturbatrici giungeerano


,

vano agli orecchi dell'imperatore fedele;


lazzo
,

anco gli idolatri che


falsi

nel suo pa-

producevano apertamente degli

scritti

al

suo cospetto

ed

vescovi

amanti dell'abominazione, che pi vantavansi a quel tempo, scandalo nella Chiesa


cagionarono.
lus ('),

Capo

in questa perturbazione era


i

Teodoro vescovo della

citt di

Ga-

cogli altri

cui

nomi non

si

conviene che ricordiamo in questa storia di

confessori, poich agitarono la Chiesa di Dio, e perturbarono la purezza della fede


colle perverse investigazioni di loro discorsi.

L' imperatore Teodosio pertanto stava

tutto

il

giorno

coli'

animo conturbato
e
l,

in

pianto, ed in molti dubbi era caduto, ve-

dendo spinta e agitata qua

la fede della Chiesa.


i

Imperocch alcuni
il

eretici dicesi

vano non esservi risurrezione per

morti

altri

poi dicevano che

corpo che

era

corrotto e guasto e disperso, non risuscitava gi,

ma
il

solamente l'anima riceveva la


di falsit;

promessa della'
dal

vita.

Ma

erravano codesti parlatori

n intendevano che
esce

ventre

non nasce gi alcun bambino senza


Senonch

corpo,

dall'utero

il

corpo senza l'anima, lo spirito vitale.

la loro

mente era assordata, n

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(')

Dionigi di Tcllm. Gis.


saranno destati
e

385

porsero ascolto alla promessa che ha detto Nostro Signore, cio

morti che sono

nei sepolcri udranno la voce del Figliuolo di Dio e vivranno ('); e sta detto altres:

daranno lode coloro che giacciono nei sepolcri


i

(')

sta

detto

anche: ecco
gli

io aprir

vostri sepolcri,

e vi

trarr fuori dai vostri sepolcri


la

(').

Ma

eretici

vuoti

di

vita,

avevano cambiato
dei
fedeli

dolcezza della vita nella loro amae

ritudine

e le

menti terse

conturbavano

scandolezzavano.

La mente
e nella

dell'imperatore Teodosio ne era

afflitta,

ne fu infermo ed egro; nel sacco


Allora Iddio misericordioso,
volle
il

cenere giaceva nella stanza del suo

letto.

quale non

vuole che alcuno


alle

si

perda fuori dalla via della verit,


e

procacciar guarigione

menti inferme,

che

si
(')
il

manifestasse la verit della promessa di vita colla ri-

surrezione di quei morti

che

insino a questo

tempo erano

custoditi per la sua


e

Prescienza;

gittar via

veleno

infermante

dalla

purezza della sua Chiesa,

sostenere l'ediicio di essa contro le onde tempestose dell'errore che lo percotevano.

volle altres far risplendere


i

la luce

della consolazione sull'imperatore Teodosio,


il

affinch con

?uoi padri,

si

compisse

suo vivere nella corona di sua purezza.


di

Pertanto Iddio suscit a un tratto nell'animo


ov'era la caverna nella quale giacevano
i

Adolio,

il

signore del pascolo

confessori, di costruire

premurosamente col
e vol-

im

ovile al suo bestiame

onde servi ed operai per due giorni col lavoravano


;

tolavano le pietre dalla bocca degli altri sepolcri

ed anco dalla bocca di quella ca-

verna portavano

giti

pietre per la costruzione.


;

Alla notte del secondo giorno, fu peril

forato l'ingresso della porta della caverna


vita ai

allora
e

comando

di

Dio

vivificatore infuse
il

morti che in essa caverna giacevano,

Colui che al bambino rinchiuso d

soffio di

vita nel ventre che lo port; quella volont che nella valle le ossa sparse rie

compose

vivific

(');

quella possanza che Lazaro sepolto e legato chiam

e trasse

fuori vivo dalla tomba, col suono del suo

comando diede

il

soffio di vita

anco a quei

confessori che eransi addormentati {morti) uella caverna. Si drizzarono e sederono lieti
e risplendenti del volto, e

siccome

al

mattino di ogni giorno


;

si
,

salutavano a vicenda,

niun segno di morte apparendo in loro

poich le vestimenta

come

le

indossavano
;

quando

si

furono addormentati, nel medesimo

modo

erano sulle loro persone

il

loro

corpo e la carne erano splendenti ed integri. Essi credevano come se solamente dalla
sera alla mattina avessero dormito e poi fossersi svegliati, e reputavano

come

se la

cura

e la sollecitudine

della sera che si addormirono, dovesse ancora essere ne'loro

animi, e

come

se l'imperatore

Decio

di loro pensasse.

Tristi, afflitti e cogli occhi


,

piangenti, volser lo sguardo a Giamblico loro procuratore

e l'interrogavano
citt.

e s'in-

formavano da
a loro:

lui su ci che la sera innanzi dicevasi

nella

Disse

Giamblico
e

siccome vi ho riferito ier sera,

eravamo

coi magistrati cercati

richiesti

per sacrificare agli

idoli dinanzi a lui {Decio),

ed egli pronto {zelante) al suo intene

dimento

u so qual cosa sar di noi.

Rispose Massimiliano

disse loro

miei

(')

loh. V,
Isai.

25 (28).

()
{'j

XXVI, 19. Ezech. XXXVII,


Qui comincia
Cf. Ezechiele,
il

12,
cod. B.
1, seg.

(')
(')

XXXVII,

loh. XI,

-14.

Classe

nt scien-^e

Mf)r,.\i,i

ecc.

MriioriK

Vni,.

xr:.

49


fratelli,

386

ma
del tri-

noi tutti

dovremo

stare innanzi al tribunale terribile di Cristo,

bunale di giudici umani


fede del Figliuolo di Dio.
or prendi
il

non temiamo,

rinneghiam

l'

la vita

che abbiamo nella


il

disse

aGiamblico: ormai

giunto

tempo

del cibo;

danaro,

va alla citt ed informati di ci che


,

imperator Decio ha coman-

dato

vieni poi e portaci altro cibo

oltre quello che ier sera ci hai recato, poich

era scarso ed ecco che abbiam fame;

credevano essi di aver dormito

il

sonno di

una sola notte e poi essersi svegliati.


Surse Giamblico
dalla borsa, della
al al

mattino come era uso fare tutti


di

giorni,

prese

il

danaro

moneta del valore


quale

62

e di quella di 44, (') di

quel secolo, coniata ed era prima di

tempo dell'imperatore, che


fino al giorno nel

di poco era anteriore ai confessori,


si

372 anni,

destarono
e

confessori.

Al mattino mentre ancora


si

era oscuro, usc Giamblico dalia caverna,


gli

vedendo delle pietre col poste,

meravi-

ma

non pose mente che cosa fossero. Sceso dalla montagna, cammin per venire

alla citt,

ma non
,

pass per la strada batluta, poich temeva non forse lo riconoe lo

scesse qualcuno

conducesse

al

cospetto dell'imperator Decio

ei

non sapeva

che

le ossa di

quell'impuro erano

distru'.te e gittate nell'orco.


il

Avvicinatosi Giamblico
[la croce),

alla porta della citt, alz gli occhi e vide

segno della croce


e

che sulla

porta al disopra era infisso


furtive di qua e di
l,

scorgendo ci stup

dava tacitamente delle guardate

e dal di fuori

della porla veniva dentro e poi andava fuori, e


e

pensava
la

e si

meravigliava nei suoi pensieri. Gir


,

venne ad un' altra porta,

vide

medesima cosa

onde

si

meravigli
il

gir tutta la citt per tutte le porte, e vide

che sopra tutte era infisso


la citt in altri edificii

segno della croce.

Parevagli altres

di

veder mutata

da lui non mai veduti, e camminava stupefatto come


e

uomo

colto

da
e

vertigine.

Venne

stette

presso

la

porta

ove era

ristato

(appoggiato)

prima,

meravigliato, fra se

medesimo diceva: che mai

ci,

che questo segno

della croce che alla sera era colatamente posto nelle stanze, ecco che al mattino

messo apertamente
e
si

sulle porte della citt tutto intorno

raccoglievasi nella mente,


si

palpava la persona,
il

dicendo: forse gli un sogno! Dopo ci

fece

animo

copertosi colla tunica

capo,

entr nella citt; entrando nel mercato udiva molti

che parlando tra loro, giuravano nel

nome

di

Cristo

onde tanto

pii

temette,
io

e si
lo

conturb nell'animo,
so
;

e ristette

diceva fra se:


il

ma

che cosa codesta,

non

che ier sera non v'era alcuno

quale apertamente parlasse nel nome

di Cristo,

ed ora al mattino tutti lo

hanno continuamente sulla lingua.

Poi

diceva

fra

se

(')

Anche

nel

Metafraste

(ed.

Migne

II,

440) n

tijs fxot'irdg rijg

^i^ovei&v[ivtjg reaactQ. . .

xo'ta vov^luiv, xc rjg (TUr,s fioi'ltag

iii'jxoi'Tc

vovfiioiv eco.

(Surio

moneta

quae partiin
sia occorso

qita-

draginta parlim sexaginta

mmmortim
il

prolio pendcbalnr).

Io inclino a credere che

uno

sbaglio nei numeri, e che invece di 62 e 44 debbasi forse leggere 72 e 24. Nella riforma della

netazione fatta da Costantino,


di
1/72 di libbra, e tutti
i

solidiis oltre

ad esser

di oro fino,
il

non dovea, per

il

peso, essere

momeno
let-

numismatici sanno che questo


di

significato
'

pressoch

certo

delle

tere

OB

sui solidi
il

la

moneta

argento poi, la siliqua {auri), era


Ili,

j^^

del solidus..

Ora, come ha
le

mostrato
dei conti,

Momrasen (Momms.-Blac.
lira e

83) nel

VI

secolo, sotidus e siliqua erano

monete
testi,

come
Rm.

centesimo, Mark e Pfennig ecc.; onde non improbabile che in questi


si

appartenenti press'a poco a quei secoli,


Grieci.

alluda a queste due monete coi numeri 72 e 24. Cf. Hultsch


ss.

u.

Melrol.

zw. Bearh. 32G,


medesimo:
e

:;87

forse

uoii

questa la

citti

di Efeso; poich diversa nei suoi edifici

alcun' altra citt mutata nel parlare della lingua; senonch io ignoro che siavi meravigliato fra se e se. L'incontr a noi vicina, n l'ho mai veduta; onde stette o giovinetto, che nome ha dimmi, dicendogli: un giovinetto ed egli l'interrog

questa citt?

quel giovinetto

gli

dice:
forse

Giamblico disse fra se


la

medesimo:
in fretta

nome Efeso. Meravigliandosi qualcosa mi avvenuta, ed ho perduto


il

suo

mente

vo'

uscirmene

da questa

citt

perch

non abbia a smarrirmi


narr Giamblico
(')

e perire,

poich sono

colto
ai

da vertigine.
suoi

Tutte

queste

cose

poich

sali

alla caverna,

rezione,
dalla

furono
si

poste

in
ai

iscritto.

compagni dopo Allora Giamblico


di

che fu manifesta la loro risuraffrettandosi


di

ad uscirsene
e

citt,

avvicin
il

venditori

pane, in arnese

mendico;

tratto
il

fuori dalla borsa

danaro,

lo diede ai venditori di pane.

Coloro mirarono
se
la

da-

naro e l'impronta della moneta,

com'era grande f)
e

e stupirono;

passavano
fisso
il

l'uno

all'altro sul banco del pane,


:

sommessamente parlavano mirando

giovine e dicendo

Giamblico miravali
della

anni. costui ha trovato un tesoro che antico di molti e molti temette, e e guardarlo, parlare fra loro sommessamente di lui e

paura tutto

il

suo corpo tremava;

poich credeva che lo avessero ben rico-

gli si facevano sotto la nosciuto, e pensassero condurlo all'imperatore Decio. Altri vi prego ; disse loro timore di pieno guardavano fisso, oud'egli sorgendo e

faccia e lo

or io vi lascio

il

danaro, n chieggo di prendere


:

il

pane.

Ma

quelli sorsero e gli misero

le mani addosso, e presolo gli dissero

doade

sei

che hai trovato un tesoro degli an-

mostralo a noi affinch teco ne siamo a parte, e ti terremo celato; o quegli si meravigliava in che altrimenti sarai consegnato a giudizio di morte. Ma io non temeva si aggiunto a se medesimo e disse: Ohim! anche ci da cui
tichi

imperatori?

spaventarmi

Gli dicono quegli uomini

non pu essere che

resti nascosto

un

tesoro,

giovinetto, come tu credi;

n Giamblico sapeva che cosa dir loro su

tal proposito.

torno al collo. Mentre

tunica e gliela gittarono atquelli vedendolo tacere e non parlare, tolsero la sua egli stava in mezzo al grande mercato e^davangli spinte, corse

preso la voce per tutta la citt, e dissero che era stato lui, la gente trasse tutta e si raccolse attorno a

un
e

tale ritrovatore di tesori.


lo

Onde
e

riguardavano in viso

dicevano: questo giovinetto

uno straniero,

poich

non l'abbiamo mai veduto.

alcun tesoro, ma poiVoleva Giamblico parlare e persuaderli che non avea trovato poich egli parlare dal ristette si stup e ch ciascuno diceva di non conoscerlo
,

era sicuro
sapia

in

se,

stimando

di

avere
citt

nella
di

citt

genitori

ed

fratelli,

pro-

grande

ed illustre

nella

Efeso.

ed al o conoscenti, ma pazzo, guardava nella folla se vedesse alcuno dei suoi parenti Crebbe pernon ve n'era; e preso da tremore stava in mezzo alla moltitudine. al santo della citt, e corse la fama alla chiesa, dove la fecero udire
innanzi egli conosceva tutti,
tanto la folla

mattino

Sapeva sicuramente che la sera neppur uno riconobbe; onde siccome

Maris vescovo

governatore della citt

anche Augusto proconsole trovavasi in quel

(')

Dionigi

di

() Di modulo maggiore come erano

Tellra. aggiunge a noi ma ci manca negli altri testi. le monete pi antiche; cf. appresso pag. 399,30.


momento presso
il

388

li

il

vescovo.

Poich

il

volere divino

fece trovare insieme, affinch

tesoro della risurrezione dei morti per loro

mezzo

si
il

manifestasse a tutti
giovinetto,

popoli.

Comandarono ambedue loro colla moneta in mano. Trassero adunque Giamblico per condurlo
che fosse tenuto in custodia

e venisse

presso

alla chiesa,
di

mentre
e di
li,

egli credeva esser condotto presso l'imperatore

Decio;
e

guardava

qua
vio-

mentre
lo

la

moltitudine lo derideva come un pazzo,


Il

strascinandolo
il

lentemente
dalla sua

condussero entro la chiesa.


e

proconsole e Maris presero


il

denaro

mano
io

se ne meravigliarono: disse
,

proconsole a Giamblico: ove que-

sto tesoro che hai trovato

poich tieui nelle mani del danaro tolto da esso. Disse


di

Giamblico:
danaro
il

non ho trovato alcun tesoro come dicono

me, ma

io

so

che

il

quale in mia mano, tratto dal danaro de'miei

genitori e della

moneta

ma io non sj qual cosa sia intervenuta alla mia mente. Il prodonde sei? Kispose Giamblico: sono di questa citt, come io credo. console disse: Dissegli: di chi sei figlio e chi ti conosce? che ei venga e faccia di te testimodi questa citt,

nianza

Disse loro
lui.

il
il

nome

dei suoi genitori,

ma

non

li

conoscevano,

niimo rico-

nobbe

Disse

proconsole:

tu sei menzognero,

u in te verit.

Ma

quegli
pazzo.
lo

stava a capo chino,


Altri dicevano: no!

silenzioso e cogli
si finge
:

occhi

fissi,

onde dicevano: forse egli


Il
ti

ma

pazzo per iscampare da quest'angustia.


ti

proconsole

rimir adirato
il

dissegli

come

reputeremo pazzo, ovvero come

crederemo che
moneta,

danaro che

hai,

sia della borsa dei tuoi genitori, poich l'impronta e la

dalla scrittura che vi sopra, appar fatta da pi che 370 anni innanzi, ed di poco n mescolata con altra moneta anteriore a quella del tempo di Decio imperatore
;

(pi recente), u assomiglia alla moneta odierna colla quale ora tutti mercanteggiauo. Forse i tuoi genitori son anteriori a molte generazioni e molti anni fa ? mentre che
tu sei fanciullo, vorresti ingannare
i

vecchi e savi della citt di Efeso.

Adunque

io

comando che venga posto

in ceppi ed ai tormenti, finch

non confessi ove

il tesoro

che tu hai ritrovato. Giamblico allora, udite queste cose, cadde prono innanzi a loro
e vi

disse: io vi prego p miei signori,

una cosa che


;

io

vi

domander ditemi, ed
ciie

io

manifester tutto ci che nel mio animo

l'

imperator Decio
figliuol mio,

era in questa

citt,

ove trovasi

Allora

il

vescovo Maris disse

non havvi alcun im

peratore oggi

sulla terra che chiamisi Decio, se

non un solo che

gi morto

da

molti anni e generazioni.


e

Kispose allora Giamblico, col viso a terra dinanzi a loro,


,

disse

adunque

mio signore
;

io

sono colto da vertigini

e la

mia parola non


che che

creduta da alcun

uomo

venite con

me
;

ed io vi mostrer

miei compagni che sono


io
;

nella caverna che nel

monte Anchilos

da loro apprendete voi ed

io so

l'uggendo dall' imperator Decio,

noi l siamo stati parecchi giorni, e

ier sera vidi

che r imperator Decio era entrato nella citt di Efeso; se questa poi la citt di

Efeso

io

non
il

lo

so

Allora
oggi Iddio

vescovo Maris consider ci e disse:

codesta

una rivelazione che


e
e

ci

ha mostrato per mezzo di questo giovinetto;


il

andiamo ora
i

vedia-

mola.
i

Sorse Maris ed

proconsole con

lui,

siederono sopra

giumenti,

con loro

nobili e grandi della citt e la moltitudine tutta della citt, e salirono alla

monporta

tagna.
dietro

Giunti
lui

alla
il

caverna,

entr

Giamblico innanzi a loro presso

confessori, e

entr

vescovo

Maris.

E avvenne

che

mentre

entrava

nella


della caverna, trov a destra, in

389

della porta,

un angolo

una cassettina

di

bronzo
,

con sopra due


chiamati
quei
esse
:

sigilli
i

di argento.

La prese
al

su, e ristette sulla porta al di fuori

nobili e
;

grandi della citt,

cospetto

loro

del

proconsole,

tolse

sigilli

aiir

e trov

due tavolette di piombo.

Le

lesse e cos stava scritto in

Dall' imperator

Decio fuggirono Massimiliano


,

figlio

del prefetto, Giamblico,

Martelos, Dionisio, Giovanni, Serapione

Exacustadianos

Antonino confessori

per

ordine dell' imperatore fu turata loro in faccia questa caverna con pietre, e la loro
confessione scritta nelle tavolette qui sotto.

E
dei

poich lessero quella


portenti

scrittura,
agli

stupirono

lodarono

Iddio

delle

meraviglie

che mostra

uo-

mini, e tutti diedero in voci di laudi.


splendenti, ed console, e
li
i

Entrati, trovarono

quei confessori seduti e

loro volti somigliavano a rosa primaverile.


i

Caddero Maris ed

il

pro-

venerarono fino a terra ed insieme con essi


essere stati

grandi e tutta la mol-

titudine, laudando Cristo Signore per

degni

di

vedere questa visione


ed

meravigliosa;
scovo

ed
il

anco

martiri che
i

con
i

loro

parlarono,
della

informarono
delle

il

ve-

Maris,
dell'

proconsole,

giudici ed

grandi

citt

cose

avvenute
all'im-

ai giorni

imperator Decio.

Incontanente furono spedite

delle

staffette

peratore Teodosio, con una lettera dicendogli:


e vegga le grandi maraviglie che nei giorni

Venga prestamente
tuo

la tua

Maest

del dal

regno
ci

Iddio ha manifestato.

Imperocch

la luce

della

promessa

di

vita

sepolcro

rifulsa,

la risur-

rezione dei morti dalle tombe ci spuutata,


nosi
dalla
fic,

nei gloriosi corpi dei

santi

che sosacco
si

rinnovellati

Udito

ci

l'imperatore

Teodosio

sorse

subito

dal

cenere
e

nella quale giaceva avvilito, l'animo dell'invitto imperatore


di gioia,

forti-

splendette

stese le

mani a Dio

disse

Ti ringrazio o Figlio,

Cristo, re del cielo e della terra, che dal sole di tua giustizia spuntata a

me

la luce
le

della tua misericordia, n

si

spenta la lucerna della mia confessione


si

d' infra

lampade dei miei padri,

non

oscurata n cadde la

gemma
Udirono

della
i

mia fede
i

dalla corona vittoriosa dell' imperatore fedele Costantino .


o-raudi
dell'

vescovi ed

imperatore e prestamente con lui sopra giumenti, e carri, e cocchi ven-

nero di Costantinopoli alla citt di Efeso, la quale tutta usc incontro all'imperatore, coi vescovi e
nel
i

grandi della
I

citt,

e salirono presso

confessori, alla caverna che

monte Anchilos.
si

confessori

vennero

alacremente
dei

incontro

all'Imperatore,

ed alla sua vista

fece splendente la cute


a;

loro
e

volti.

Entr l'imperatore e
sui
loro
colli e

cadde prono
incontro

dinanzi
essi

loro

piedi,

li

abbracci
terra.

pianse
e

sed

ad

sulla

polvere
e

della

Li

mirava,

lodava

Iddio

procla-

mando
re che

la

sua confessione
il

dicendo:

mi

i)are

nel vedervi

chiam Lazaro,

quale usc dal sepolcro, e gi

come se vedessi Cristo mi sembra udire la sua voce


i

nella sua venuta gloriosa,


senz' indugio.

mentre dai sepolcri usciranno


all'

morti

incontro

a lui
della

disse Massimiliano

imperatore

salve

omai

nell' integrit
il

tua fede,
dalle
il

Cristo Gesti
del

Figliuolo

di

Dio custodisca nel suo nome


fede

tuo regno

perturbazioni
ci

demonio

abbi

che

propriamente per tua cagione


il

Signor nostro

ha destati dal sepolcro, innanzi


il

grande giorno della risurre-

zione.

Poich noi eravamo come

bambino,

il

quale per quanto tempo giace nel

ventre della madre, non sente n onore n disprezzo, u grandezza n vilt, e pur

vivendo non ha senso o di morte o di vita

cos ancor noi

giacevamo

riposavamo


siccome sopiti
e
i

390

e
i

senza veruna cura

(').

Queste cose dissero,

mirandoli l'imperatore
i

nobili ed

vescovi, s'addormentarono e

dormirono, appoggiando

capi sulla pol-

vere,

e resero le
e sui loro

anime per comando

di Dio.

L'imperatore stette loro sopra piansi affrett

gendo,

corpi stese le vestimenta reali, e


i

perch fossero apprestate


in
i

otto casse di oro per

loro corpi.

Ma
si

in quella

stessa

notte apparvero

sogno
nostri

all'imperatore, e cos gli dissero:


corpi e non dall'oro e dall'argento

dalla

polvere che

sono risuscitati
nella
ci

ed

anco adesso

lasciano

stessa

caverna

nel luogo dove eravamo, sulla polvere, poich da essa Iddio

risusciter. Allora
essi
,

comand subito
dov'erano
li

l'

imperatore di porre delle capse di oro sotto

di

e nel

luogo

lasci fino al giorno di oggi; e con


i

grande

riunione di vescovi fuvvi

grande festa di commemorazione per


a tutti
i

confessori. L'imperatore fece grandi limosino

poveri del luogo, e fece grazia ai vescovi che erano in esilio.


i

nella gioia

della sua fede andarono con lui

vescovi a Costantinopoli lodando Iddio.

Amen.

finita la confessione

dei fanciulli di Efeso.

III.

Testi arabi.

La

legtrenda dei Sette Dormienti ritrovasi tanto nella letteratura arabo-cristiana,

quanto in quella arabo-musulmana, dappoich

Maometto ne ha

fatto

alquanto dif-

fusamente menzione nel Corano


{')

(sur.

XVIII). La versione arabo-cristiana ha maggior


anime nel tempo che
sembrano
i

Anche nel

testo armeno, sebbene con qualche variet, lo stato delle

corre fra la morte e la risurrezione assomigliato ad un sonno.


stare in relazione con quelle di antichi eretici

Le
i

idee qui espresse (che non


BftjToipvxrcti di

come

gli Arabici,

masceno,
tes
(ed.

ecc., e col

Chiliasmo) hanno, se non erro, una somiglianza notevole col


cf.

Giova nn Da,passo di Af raader Araber ecc.

Wright, 170; Sasse, Prolegom., 21;

Ryssel,

Eiii

Brief Georgs

Bischofs

332) ove detto fra altre cose (do la traduzione del Sasse) Insti dormiunt et somnus eorum dulcis
est die ac nocte,

totamque longam noctem non

sentiunt...

des autem nostra docet homines

bonum

quum malo non distinguere

iaceant hoc somno oppressi, esse


etc.

Verum somnus iniquorum gravis est... i'ialienatos mentibus,


Queste somiglianze che difficilmente sono

il

sonno tormentoso dei malvagi sembra indicato anoltre.

che nel testo armeno della leggenda, che traduco pi


casuali, mostrano,

credo, la diffusione di tali opinioni fin da

tempo relativamente
anime, dopo

antico, poich stante

la pochissima influenza di

Afraates

sopra la letteratura siriaca posteriore, una relazione diretta


le la

fra

due luoghi non

probabile.

Del resto la credenza che

morte, restassero

prive di senso fino alla risurrezione, era

comune

fra

nestoriani, almeno fin dal

IX

secolo; ed altre

credenze analoghe, siccome quella che le anime dei giusti dimorassero fino alla resurrezione nel Paradiso terrestre
Or. II, 130, 165,
Ili, 2'I2
s.
,

erano tenute anco dai Giacobiti fino dal medesimo secolo almeno

(cf.

Assera. Bibl.
p. es.
(cf.

HI,

II,

CCCXLII
i

etc.

Sono anco da confrontare alcuni luoghi


etc.).

di S.

Efre m;

Zingerle Chresl. SIS, vs. 2, 14, 37-38, 87-88

Giacomo

di

Sarg

dice invece

sopra

p. 359,28)

che Iddio tolse

loro spiriti e

li

poit su in cielo, ne credo che possa sospettarsi la nota

distinzione fra tpvxij e nveSfia.

Una

certa somiglianza scorgesi altres colle idee

musulmane

sul sonno dei

trapassati, nel periodo fra la morte e la risurrezione: dei quattro

modi
fino al

di esistenza nel detto periodo,

uno

quello di coloro che

dormono senza avere alcuna coscienza


ed. Gautier, pag. 28.

giorno della risurrezione

cfr.

Gazali

ad-Durra al-fdkhira,

Ma

basti l'aver accennato ci, che non possibile in

una nota trattare questo punto

e le molteplici relazioni colla letteratura

giudaica e giudaico-cristiana;

si

confronti del resto Muratori, De Paradiso etc. 61, 63, 249.

poi degno di nota che


JesCui',

Georgi

o Giorgio
Sijr.

vescovo degli Arabi, nel 3 capitolo della nota lettera al prete


p.

pubblicata dal Lagarde [Anal.

117) e dal

Wright

[llomil. of

Aphr. 19 seg.) e itradotta ed illustrata dal Ryssel, non faccia alcuna


noto, fior sulla fine del settimo e nella

menzione dei Sette Dormienti; Giorgio, come

prima met

dell'ottavo secolo, e la lettera stessa ha la data del

1025 dell'era

dei Greci, o

714 dell'era volg.

".01

il

importanza di quello che potrebbe a prima giunta credersi, perch


deriva assai probabilmente da essa, che forma in
tal

testo etiopico

guisa un anello nella storia

letteraria della leggenda e della sua propagazione nell'Oriente.

Di questa versione

arabo-cristiana

io

non conosco se non un solo manoscritto


7209,
Io
f.

conservato nel British

Museum,

l'

addit.

96,b, del quale

il

Wright ha copiato per mio uso buona


e

parte del principio.

mi

restringo

divulgare

tradurre

qui appresso questo

saggio; rinunziando a pubblicare l'intero racconto, nella speranza che col

tempo

di-

venga noto qualche altro manoscritto

di

esso

(').

Imperocch

il

testo etiopico rende

probabile che dell'arabico-cristiano abbia esistito una recensione migliore di quella

che trovasi nel ricordato codice del British Museum,

il

quale pecca altres di non


testo

poche scorrezioni. Ecco adunque

il

principio
io

di

questo

che

in carattere

kar sfin
le

ed in arabo volgare, e che


la

pubblico conservando, come naturale, tutte


e

sgrammaticature che per

maggior parto del volgare sono proprie,


al

che agal

giungono una qualche importanza

testo stesso,
If.

il

quale appartiene almeno

XVI
i

secolo C);

come
J-XiiI

p. es. l'accusativo in

sostituito,

come sembra,
:

agli altri casi,

passivi

^^1

ecc.

La

stessa

prima parola del racconto


(').

^^^.IJo,

\m esem-

pio

dell'imperfetto indicativo usato in senso imperativo

(sic)

^V^=i}l Ja\
&>Jt,\.*J

'i^'i

^k^=x'ij s^iji (j^ =-j


LL.^1
Ov..^

&l^^

^^J^

^^"^
le

"""'
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(sic)
(_r^^-=-

Us^j^x^lj

(sic)

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j;^...>>J^

i^jUi-JI

,_^jX.o,

Jjii. eUi\ J\^


8_jsLkl

^.UiU jL:4lt3

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pJi

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J-St^ f

97, ;i.

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C*^ cr^ '^^ 05^

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C^
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^.;,i,^_Jl
-^

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-*
I

C^
-^

>

'l^>-JI
*

rji-

(')

La narrazione araba che

trovasi nel cod. vatic. siriac. 199, fol. 163,b.

165, a,
(j

brevis-

sima, e per la storia letteraria non ha quasi alcuna importanza,

essa principia cos:

^1

^\j^
(')
(')

c>^

U-l

|4^lslj

_*4r^3

->^

C'S',

JOJLl

iUiwI

*j!.^l iVyb

lylr

^LU.1

^_^b c^i

Cai. Cod. Or. I, 109.

Cf. Spitta,

Gramin.

d. arab.

Vulgrd.

v.

Aeg. 343.

a]

Forse UJ^.
k-
;

b)

Forse ^Lil.

e)

Di questa parob
(d;i

si

leggono solamente

le

due prime

lettere

paro che l'ultima lettera sa xm

i^X-o?).

(sic)
.

392
^^1

f^j-^\ CXX^i\ yt\^


>!<.<
-.l
.

,^^]\

(_J.e1-=^-^

|^^_^L^JI >L*0^1
f>li

ji-^r-J

(sic)

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L-*wJl

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^-^

^JjjV^a

CoU'aiuto e la
di quei della

buona protezione
,

di

Dio

cominciamo a scrivere

il

racconto
infedele

caverna

ci che loro

accadde

per opera dell' imperatore

Deqjns, nella citt di Efeso.


Sappiate o fedeli,
di
clie

quando l'imperatore Deqjns venne


i

e stette nella citt

Efeso

la
,

domin, prese a raunare

cristiani

che erano nella citt di Efeso e


;

nei dintorni

perch sacrificassero vittime agli idoli impuri


le chiese dei Cristiani, e
i

ed ordin che fossero

demolite e distrutte
vittime agl'idoli.
e
si

venissero essi uccisi, se non sacrificassero

Quando

cristiani furono certi di ci, si spaventarono

grandemente

nascosero nei monti

nelle
e

caverne.

L' imperatore

prese

fabbricar tempi
li

agl'idoli nel

mezzo della

citt,

faceva venire innanzi la gente perch


i

adorassero.
col

La maggior
delle vittime

parte della gente l'obbedirono e macchiavano

loro corpi

sangue

impure per essere riconosciuti


il

(');

tutta l popolazione della citt si

riuniva a questo culto degli idoli, ed

fumo

delle loro vittime ricopriva la faccia

del sole; la citt putiva per gli odori delle sue vittime; adoravano gl'idoli in luogo di

Dio, ed

cristiani e costanti nella fede

temevano grandemente. Quando fu


quanti cristiani
(?) e

il

terzo

giorno l'empio imperatore comand di condurre

erano

nella citt,
li

onde

servi di lui cominciarono ad entrare nelle caverne

nelle case, e

cac-

(')

Io non saprei dire se in queste parole s'abbia a riconoscere una tii-da ed incerta allusione
lapsi della persecuzione di Decio Traiano
,

a quelli apostati

chiamati
ali"

piii

specialmente libdlalicii

perch compravano un libelUn' che attestava della loro obbedienza


sacrificato a;;!! idoli.

imperatore,

come

se

avessero


rinnegava Cristo Signore ed adorava
nella propria fede, era crocifisso
Il
i

303

e chi sosteneva le pene ed era


il

ciavano fuori conducendoli all'imperatore. Chi non avea forza da sopportare le pene,
gl'idoli,

saldo
citt.

(?)

ed ucciso, ed ed
il

suo corpo gittato fuori della

sangue dei fedeli scorreva per

le piazze;

maledetto imperatore comand che

corpi degli uccisi fossero eretti sopra le mura; e gli uccelli del cielo mangiavano

corpi dei santi. I cristiani furono presi da grande


il

tristezza

e le

mura stavano
(?)

per cadere per


dei
santi;
i

peso dei corpi dei santi, ed


le

cani erano tenuti lungi

dai corpi

cristiani innalzavano

mani

al cielo verso
il

Cristo
il

Signore,
figlio,

perch
il

li

salvasse da quell'infedele, ed in quel


il

tempo

padre rinnegava

ed

fratello

fratello.

Eranvi

in

questa citt sette giovani robusti e freschi; questi sette giovani

erano tutti pieni di fede e d'amore per Cristo Signore, ed erano ai servigi dell'imperatore, e stavano apparecchiati alle pene.

Essi erano fra

figli
,

dei magnati della citt, e


essi

per

grandi toimenti in che giaceva la gente ogni giorno

piangevano assai

e si
si

attristavano continuamente, tanto che ne smagrirono le carni, e la loro carnagione

guast. Passavano in preghiere la notte e

il

giorno, supplicando

Iddio perch salalle genti

vasse

il

mondo

dall'imperatore infedele,

quando l'imperatore comandava


non
si

di venire a sacrificar vittime agl'idoli, que' sette giovani

lasciavano pi vedere
:

con

loro.

Qualcuno degli

ufficiali

si

present all'imperatore e gli disse


e
l'

costoro

si

tengono lontani dall'adorare gl'idoli,


essi fanno

sono nascostamente

cristiani,

queste cose
?

sotto

il

tuo potere. Disse

imperatore

chi sono coloro di cui tu narri


L' imperatore si

Disse

sette giovinetti che stanno ai tuoi servigi.


alla

adir forte, e
a lui,

comand che venissero

sua presenza,
le

quando furon presenti entrarono

scorrendo dagli occhi loro

lacrime, e colle teste basse che avevano voltolate nella


li

terra al cospetto di Dio, perch

aiutasse.
e

Quindi disse loro l'imperatore Deqjnos:


?

perch non avete adorato gl'idoli

sacrificato loro vittime

Poich

tutta la gente

venuta

li

ha adorati
quale era

andate ora voi, e ad essi sacrificate vittime. Gli rispose

Giamblico

il

il

minore

di essi, e gli disse: noi

abbiamo un Dio

del quale

tutto ci che sta nel cielo e in terra lui adoriamo e veneriamo, a lui sacrifichiamo;

ma

quanto
. .

ai
.

tuoi Dei, noi

non macchiamo

la

purezza dei nostri corpi colla loro

impurit

Passando ora

alla letteratura

arabo-musulmana,

io

credo che debbansi in essa

distinguere due classi di testi relativi alla leggenda dei Sette Dormienti; la prima

di

quelli

che,

come

il

Corano, hanno notevolmente alterato la primitiva versione,

la seconda di quelli che derivando pii

immediatamente che non

primi da qualche

testo cristiano, sono, per cos dire,

una narrazione cristiana


influito

in veste

musulmana
al

(').

sebbene, com' naturale,

il

Corano abbia
,

su parecchi luoghi di questi


subito
in

testi,

codeste che chiamerei interpolazioni

si

riconoscono

mezzo
il

resto del

racconto. Della prima classe ha parlato a lungo ed eruditamente

Koch

nel para-

grafo V, e quantunque potrebbero farvisi delle aggiunte, tuttavia io non m' intratterr

che sulla seconda classe, e spero che ci possa anche mostrare la ragionevolezza e

(')

Stranamente alterala
Biblioteca di Vienna;
Cl.'\s.se

la
cf. il

leggenda in un i-^nXJl
catalogo del Flugel
ecc.

jjjtil

JUjy^a-

contenuto nel cod. 787

della

I.

II, 23.

hi scienze

modali

Memokie

Vo:,.

XII."

50


r importanza
appena in
di

394

ho fatta delle due specie


di testi.

questa distinzione

clie soi^ra

La ver-

sione adunque che non

saprei se dover chiamare cristiana o

musulmana, accennata
f) che ne riporta (') e da altri (').

V isndd ad

Baidw Ikrima

(')

vien data assai brevemente in

(m. 105 o 106) e meglio da

Tabari Zamaksar
(").

Ma

il

testo di gran
e

lunga

pi importante quello attribuito a

Muhammad

b.

Ishfiq

riportato da

a'

labi

(')

da

Dami ri
testi,
lio

Pertanto ho stimato utile


di

di dare qui appresso

una traduzione di questo racconto, che


leggenda; fra
i

uou lieve peso per


e quello

la storia letteraria della

due

quello di

T a' labi

di

D amiri,
nota, solo

corrono piccole differenze, delle quali

brevemente tenuto proposito in


resto,

quando presentano una qualche importanza. Del


s

mancando tuttora
se le dift'ereuze cui

edizioni critiche

di

T a labi

che di

Da mi ri,

non

si

pu dire

ho accennato, siano

reali o apparenti,
(').

cio dovute solamente all'imperfezione del

ma-

noscritto seguito nell'edizione

La

relazione che passa fra questo testo arabo attri-

buito a Muli. b.

Ishaq

ed

il

siriaco a

me

pare assai stretta; anzi, avuto riguardo alle

inevitabili alterazioni che doveva subire

un simile racconto d'indole popolare, nel suo


io

passaggio dalla letteratura siriaca, neirarubo-musulmana,

non sarei alieno

dall' affer-

mare che
(')

il

testo di

Ibn Ishaq
559.
il

deriva poco

meu

che direttamente dal testo siriaco

Ed. Fleischer,
I,

I,

()

781.

Malamente

Kocli, a pag. 120 e parla di

Tabari

e di

Mnhammad
...

b.

Garir

come

di
(')

due persone diverse.


Kasidf, ed. eg. 1
,

469

1.

33.

Ecco

la tiaduzione di questo fratto

prima che Iddio

li

risuscitasse regn nella loro citt

un

uom

pio e credente, mentre


la

il

popolo del suo regno era, in


(Poco sopra dice
i

riguardo della risurrezione diviso in due parti, chi

credeva
i

chi la negava.

Zamaksar:
anime). Onde
cenere, e preg
di (f.emolire ci

alcuni affermavano risorgere le anime senza

corpi,

ed

altri

risorgere

corpi colle

l'imperatore entr nella sua casa, e chiusane la porta, si vest di cilicio, giaci^ue nella
il

suo Signore di manifestargli la verit. Allora Iddio ispir ad uno dei loro pastori

con che era stata chiusa la bocca della caverna, per farne

un ovile

al

suo gregge.
,

e Quando entr nella citt quegli che i sette dormienti avevan mandato per comprar cibo fuori la moneta che era del conio di DeqjnOs, lo ebbero in sospetto che avesse trovato un e lo condussero all'imperatore al quale narr la

trasse
tesoro,

sua storia, onde l'imperatore

il

popolo della citt

andarono con

lui e

li

videro

(i

sette

dormienti], e lodarono Iddio del prodigio che dimostrava la risurti

rezione. I giovinetti dissero quindi all'imperatore: che Iddio


farsi) degli spiriti

custodisca e guardi dal male (che possa

mcdigni

e degli
le

uomini. Poi tornarono

ai loro giacigli e

Dio raccolse

loro spiriti;

l'imperatore gilt lor sopra

sue vesti, ed ordin di porre a ciascuno una cassa di oro,


le fece
{le
si

ma

viJeli iu

sogno che non amavano l'oro, onde


(')

casse) di ebano, e sopra la caverna costru


riferisce,

una moschea.
e

La

citazione di Sale (Koch, 135)

come

io credo al

noto tafsir al-GeUilein,

non

ha nulla che fare con Gelai


(')

ad-Dn ar-Emi.
1.

'Ardis al-maljlis,

ed. egiz. 369,

8,

seg.

Ab

Isl.iq

.Alimad b. Muli.

nel 427. Probabilmente questo testo trovasi altres nel libro

congenere di

at-Ta'lab mor Al-Kisi, ma io non


si

ho potuto constatarlo, perch l'esemplare della Biblioteca Vaticana incompleto. (') Haydt al-haiwdn, ed. egiz. Ili, 395, seg.; come anno della morte di Dami ri
neralmente rsOS. Questo squarcio di
blicata dai

assegna ge-

Damir

stato stampato altres nella nota Crestomazia pubII,

PP. Gesuiti

in Beirut;

Magni al-adab,

236, seg.,

ma

in

una recensione assai abbre(Wiistenfeld,

viata, e che forse quella

ieW edizio7e minore


Off'.,

dell'opera di

Dami ri

Gesch. d. Ar.
e intitolato

Acrzte ecc. n. 265) o possibilmente anche dell'altro compendio

men noto generalmente,

Udivi al-hisdn etc. (Loth, Catal. Imi.


(')

n 1004).
(IV, 195) delle 'Ardis, sebbene

Le poche parole che reca

Hgi Khalifa

non lascino dub-

bio suU'iJenlit dell'opera, non corrispondono tuttavia perfettamente al testo stampato.


Ecco pertanto
la traduzione:

305

che noi abbiamo, e nominatamente dalla recensione seguita in Dion. di Tellm., ecc.

Dico Muliammad
cati

b.

Ishq:

seguaci del vangelo erano pervertiti; molti pecessi ed


i

e grandi delitti si

commettevano da

loro re erano empii per

modo che

adoravano
seguivano

gl'idoli e agl'idoli sacrilcavano.


la

religione di Gesi figlio di

Era tuttavia rimasta della brava gente che Maria (su ambedue sia pace), e stavano saldi
per

nell'adorare Iddio altissimo e professarne la unit. Fra quelli dei loro re che adope-

rarono come

si detto,

eravi

un

re dei

Rum

nome Deqjnos, che adorava

gl'idoli

e agl'idoli sacrificava, uccidendo chi contrariamente a lui sentiva dei seguaci della

religione di Cristo; veniva a stare nelle citt dei Rim ed in nessuna delle citt ove

veniva, lasciava alcuno che professasse la fede di Cristo, che non l'uccidesse; finch

venne alla

citt di quei della


i

Caverna, che
si

Efeso.
lui
si

E quando
e

vi

stette,

fu ci

grave cosa per

fedeli

onde

nascondevano da
citt,

fuggivano
i

ad

ogni parte:

Deqjnos avea comandato, entrando nella

che

ricercassero

fedeli ne' luo-

ghi ove erano, e fossero tutti riuniti presso


degli infedeli del popolo di essa ciu,
i

lui.

Form

a se una guardia composta


i

quali presero a ricercare


;

cristiani nei luoghi

ove erano, e

li

traevano fuori conducendoli a Deqjn6s

questi

portava

al

tempio

nel quale sacrificava agl'idoli, e facea loro scegliere fra l'essere uccisi e l'idolatria

ed

il

sacrificare agli idoli.

Alcuni preferivano rimanere in vita, mentre

altri

ricu-

savano di adorare se non Iddio glorioso, onde venivano uccisi. Quando


quelli che erano costanti nella fede
(')
,

ci

videro
ai

cominciarono a consegnare se medesimi


,

supplizi ed alla uccisione

onde venivano uccisi

poi tagliati

ci che veniva

tagliato dei loro corpi era appeso sulle


e sopra tutte le sue porte, per
i

mura della citt da tutti i lati (tutt'intonio) modo che la tentazione (la calamit) fu grande per
onde vennero uccisi. Vedendo ci
giovinetti

fedeli; onde furonvi alcuni che confessarono l'idolatria, e quindi furono lasciati in
i

libert; altri stettero saldi nella fede,


(('

Sette

Dormienti)

si

attristarono fortemente, pregarono e digiunarono e stavano


;

semed in
il

pre recitando laudi e benedizioni e preghiere

essi erano fra

nobili dei
il

Rum

numero

di

otto e piansero e supplicarono,


e della terra,

presero a dire

('):

Signor nostro
lui,

Signor del cielo

n invocheremo alcun altro Iddio fuori di

altrimenti

diremmo una grande menzogna.


strino che te adorano.
in

Signore! togli dai tuoi servi credenti questa tribo-

lazione, tieni lontana la calamit, e fa grazia a' tuoi servi che in te credono perch

mo-

Mentre erano
li

in ci,

li

sorpreserj) le guardie, che erano entrati

un

loro oratorio, e

trovarono adoranti sulla loro faccia, e che piangevano e sup,

plicavano Iddio altissimo

pregandolo di

salvarli da

DeqjanSs
li

e dalla
,

tribolazione
:

{tentazione) da lui suscitata.

Quando

quelli infedeli

videro

dissero loro
lui
!

qual

cosa vi ha ritratti dall'

o/^fte'/Zre /?

comando dell'imperatore? andatone a


:

Quindi
ci

uscirono di loro casa, e ne riporlarono l'affare a Deqjnos dicendogli

noi tutti

rauniamo per adorare gridoU,


si

quei giovinetti che pure appartengono alla tua casa,


ci, li fece

ridono di te e

ti

sono ribelli. Quando l'imperatore ud

condurre, mentre

le

lacrime scorrevano dai loro occhi e le facce aveano voltolate nella polvere. Disse
(')

Dami ri
Cor. 18,13.

Quando

gli abitanti di questo paese preferirono la costanza nella fede ecc. .

(=)


que:
di

396

o che io vi uccida
(').

loro r imperatore: qual cosa vi ha impedito di assistere al sacrificio degli Iddii che noi adoriamo sulla terra, e di comportarvi come gli altri hanno fatto ? scegliete adunsacrificare ai nostri
,

Dei come
di loro

fa la gente,
:

Disse

Maksalmin
empie
il

che era

il

maggiore

noi

abbiamo

un Dio

la cui

grandezza

n invocheremo mai alcun altro Dio in sua vece, ne mai confesseremo ci a che tu c'inviti: ma noi adoriamo Dio Signor nostro cui si conviene lode e onore e glorificazione puramente dalle nostre anime in perpetuo ; lui adoriamo e
cielo e la terra,

da lui imploriamo salvazione

bene
ti

ma

quanto
Allora

agi' idoli noi


i

non

li

adoreremo mai, e
dissergli

tu fa pure di noi quello che

piace.

compagni

di

Maksalmin

cose simili a quelle dette da lui.

E quando

gli dissero ci,

comand che

fossero loro

tolte le vesti proprie dei magnati, di che erano rivestiti; quindi disse loro: voi avete fatto quel che avete fatto,
le

ma
ho

tuttavia io vi dar tempo, e vi aspetter


fatte
;

prima

di

compire

minacce

di

pena che

vi

n mi distoglie altro che

io

m'

aft'retti

a ci farvi,

se non che veggo che

siete giovani di tenera et,

ne vo' farvi perire prima di avervi

posto
tere.

un termine, nel quale possiate prendere insieme consiglio e tornare a rifletComand quindi che fossero tolti gli ornamenti di oro e di argento che avecomand che
si

vano, e COSI fu fatto; poi

facessero
citt,

uscire

dal

suo cospetto. And'

Deqjns per un
a loro.
il

suo affare ad un'altra

diversa da quella ov' erano e vicina


era uscito dalla loro citt, antivennero
alla loro citt, si ricordasse di loro.

Quando videro i giovinetti che Deqjns suo ritorno, temendo che ove fosse venuto
presero consiglio fra loro,
e col

Onde

che ciascuno togliesse del danaro della casa paterna,

ne facesser limosina con parte di esso,


sero ad

rimanente

fornitisi di provvigioni,

andas-

una caverna vicina alla citt in un monte chiamato Ngls ('); ivi dimorerebIddio altissimo, finch tornato Deqjns, sarebbero andati al suo adorerebbero bero ed cospetto, perch di loro facesse ci che voleva. Poi che si ebber detto ci a vicenda,
ciascuno and alla casa paterna
,

presa una

somma

ne diede

per limosina

poi

andarono col denaro rimasto loro, e li segu un lor cane ('), finch giunsero a quella caverna che era nel monte e col dimorarono. Dice Ibn 'Abbs fuggirono da Deqjns
di notte

ed essi erano sette; passarono accanto ad un pastore, che aveva un cane, ed era di loro religione. Dice Ka'b C): passarono accanto ad un cane che li segu, finch il cane e che discacciato da essi, abbaiava loro. Ci fecero parecchie volte,
disse loro: che volete da
di

me? non temete

che

io vi faccia

male, poich

io

amo

gli

amici

Dio; ed addormitevi, affinch


Isl.iq.

io vi faccia la

guardia.

Torniamo
il

alla tradizione di

Ibn

E restarono
('),
il

in quella caverna vicino alla citt,

non d'altro occupati che

di fare orazioni,

digiuni e laudi; e

consegnarono

il

denaro ad uno di loro per nome


cibo, ed era de' pi

Giamblico

quale dalla citt comprava loro nascostamente

robusti e belli di loro. Ci faceva Giamblico, e quando entrava nella citt, deponeva

(')

Invece delle
di sacrificare

parole

scegliete adunque ecc.

Ta'labi

dice:
li

Quindi

fu loro

data

_la

scelta
(')
(')
(')

come avean
e

fatto gli altri, o che l'imperatore

uccidesse.

Dami ri ^^^^^
Ta'labi
La
il cane

cos appresso.

di

uno

di

loro.
precede in

tradizione di Ka'b

al-ahbr,
che avea

D amiri

quella di

I.

Abbas.

Questa parte

musulmani. relativa al cane appartiene propriamente all'altra classe di testi, a quelli cio strettamente
(')

Damlr

aggiunge

la cura del loro cibo.


le vesti

397

come quelle
e,

belle che avea sulla persona, e prendeva vesti


il

dei meudioi colle


citt,

quali van chiedendo

cibo;

prendeva quindi

la

moneta,

venuto nella

comprava

da bere
in alcun

da mangiare, e porgeva orecchio

e spiava le notizie
i

per loro, se venissero

modo
poi

menzionati; tornava poi presso

suoi compagni. Stettero cosi alquanto


ai

tempo
torn

venne
i

Deqjns

alla

citt

comand

magnati che sacrificassero

agli idoli, onde


e
ai

fedeli si spaventarono, tiamblico era in citt


e

comprando

il

cibo

compagni piangendo
in citt e

recando con se poco cibo


erasi fatta

e die loro notizia

che

Deqjns era entrato

che di loro

menzione ed erano
li

ricercati

insieme coi magnati della citt per sacrificare agl'idoli. Quando


di ci temettero e caddero proni

ebbe informati

adorando ed invocando Iddio altissimo, supplicandolo


o miei

ed

in

lui

cercando rifugio dalla tribolazione. Quindi Giamblico disse loro:


e

fratelli alzate la testa

cibatevi,

confidate nel Signore:


il

ed alzarono

le

teste e

dagli occhi scorrevano le lacrime per la tristezza e


di se

timore che aveauo in riguardo

medesimi

gustarono del cibo,


e

ci fu vicino al
all'altro
i

tramontare del
libri santi e
{-per

sole,

quindi
a

sederono favellando insieme

leggendo uno

ammonendosi
che

vicenda. Mentre erano cos, Iddio colp le loro orecchie


tissero

modo

non senalla

pi nulla), ed

il

loro cane stava colle

zampe

anteriori stese sulla soglia,


('),

bocca della

caverna, accadendo ad esso quello che accadde ai giovinetti


il

ed eran

veri fedeli, e

danaro era posto presso

le loro

teste.

Quando fu

il

mattino,

De-

qjns

li

cerc e ricerc,

ma

non

li

ebbe trovati, onde disse a qualcuno dei suoi:

mi duole

di codesti giovinetti che sono andati via; essi stimarono che io fossi adiil
i

rato contro di loro, perch hanno misconosciuto

mio comando

ma
i

io

non sono

adirato contro a loro, se


citt:

si

pentano ed adorino

miei Iddii. Dissergli


di

grandi della

non

si

conviene a te di aver misericordia

gente inobediente e ribelle, che

persistono nella loro iniquit e ribellione; tu loro hai assegnato un termine; che se

avessero voluto, sarebbero tornati dentro questo termine, senonch essi non
pentiti.

si

sono
loro

Quando
li

gli

ebbero detto ci

si

adir

fortemente

mand quindi

ai

genitori, e

interrog in loro riguardo dicendo: informatemi

dei vostri figliuoli ribelli

che

si

sono ribellati a

me

Gli

risposero

ma
il

noi
ti

non
si

ci

siamo ribellati a
?

te

perch vuoi uccidere noi in cambio di coloro che


sentito contrariamente a noi,

son ribellati
e

Essi hanno

hanno portato via

nostro denaro

l'hanno sperperato

per le piazze della


dissero ci,
di
li

citt,

poi sono andati al

rilasci liberi, u

sapeva che fare


la caverna.

monte che chiamasi Nagls. Quando gli ai giovinetti, quando Iddio g' ispir
Volle Iddio altissimo onorarli
loro che
la
e porli

comandare che fosse loro ostruita

a portento ad un popolo

avvenire, e mostrar

risurrezione avr luogo

senza dubbio veruno, e che Iddio risusciter chi giace nei sepolcri.

Comand DeqjReputava

ns

(')

che fosse loro ostruita la caverna dicendo: lasciateli stare nella caverna, che
di

muoiano

fame

di sete,

e la

caverna che

si

scelsero sia

il

lor sepolcro.

che fossero desti ed avessero notizia di ci che loro faceva,


colti gli spiriti,

ma

Iddio ne aveva rac-

morendo

essi della

morte del sonno, mentre


bocca della
caverna,

il

cane stava colle zampe

anteriori distese sulla soglia, alla

essendogli intervenuto ci

(') (')

Cf. Coran.

XVIII, 10

etc.

Nell'ediz. egiz. di

Dami ri

qui evidentemente stata omessa qualche parola.


che
ai

398

(').

giovinetti era intervenuto, ed erano rivoltati a destra ed a sinistra


dell'

Quindi
la loro

due

fedeli che stavano nella casa

imperatore Deqjns, tenendo celata


l'altro
,

fede, per

nome Tandrs
,

l'uno, e Ribas
la loro prosapia

(*),

presero consiglio di scrivere


la

intorno a quei giovinetti

nomi
e

storia

in

una tavola

di

piombo,

porla in una cassettina di bronzo,

quindi mettere

la

cassettina nella

costruzione; deliberarono cos dicendo:

forse Iddio

prima del giorno della risurre-

zione far conoscere l'esistenza di quei giovinetti a un popolo fedele, e chi avr tal grazia

da

Dio, sapr la loro storia

quando legger questa tavola

(")

cosi fecero e la
i

mu-

rarono dentro. Sopravisse Deqjns alquanto tempo, poi mor e morirono

suoi con-

temporanei
tori
(').

molte altre generazioni dopo a

lui e si successero

imperatori ad imperapio per


si

Poscia regn sulla popolazione di quel paese un

uom

nome

Teodosio,

e poi che regn, stette


titi;

regnando 88 anni. Nel suo regno

la

gente

divise in varii par-

alcuni credevano in Dio e sapevan bene che la risurrezione una verit; altri la
e ci riusc

negavano,

grave

al pio

imperatore.

Il

quale ne volgeva lamenti verso Dio,


i

e lo supplicava e si attristava

grandemente, vedendo che


;

seguaci della falsit erau

pi numerosi e vincevano
quella di questo mondo,

seguaci del vero


solo gli spiriti

dicendo che non havvi altra vita se non


risuscitati e

vengono

non

corpi,

che

il

corpo consumato dalla terra; e dimenticavano ci che sta nella Scrittura. L'imperatore Teodosio

mandava a
,

coloro
essi

di

cui

avea buona opinione, credendoli antesila

gnani della verit


sedussero
il

mentre
dalla

negavano
e

risurrezione

tanto che per poco non


Apostoli.
si

popolo
ci,

verit

dalla

religione

degli

Quando

il

pio

imperatore vide

entr nella sua stanza, e chiusane la porta,

vest di cilicio,

pose sotto se la polvere sulla quale sedette, e giorno e notte continuamente suppli-

cava Iddio altissimo, piangendo nel vedere

in

qual condizione era

il

popolo, e dicendo:
loro mostri
la-

Signore! tu vedi

il

dissentire di

costoro;

manda un miracolo che


il

verit. Allora Iddio misericordioso e clemente,

quale non vuole la perdizione dei

suoi servi,

si

compiacque mostrar loro

giovinetti della caverna, e far nota alla gente

la loro storia e condizione, per porli loro a portento ed

argomento

perch conoscessero
il

che la risurrezione avr luogo senza dubbio veruno; inoltre per esaudire
servo Teodosio e colmare
i

pio suo
e la
lui,

suoi benefci ver.-o di lui, n toglier da lui

il

regno

fede che gli avea dato, perch non adorasse se non Iddio, e niun altro insiem con
e per riunire
i

fedeli che si erano sbandati

(').

Ispir Iddio ad

un uomo

del

monte nel

quale trovavasi la caverna, e qnest'


costruzione
clie

uomo chiamavasi Auljs

C^),

di distruggere quella

era sulla l^occa della caverna, e con essa costruire


i

un

ovile al suo

gregge

onde prezzol due operai

quali cominciarono a togliere di quelle pietre, e

(')
(')

Cor.

XVIIL

17.

In

Dami ri;

ManJrs

Diuiis; nel ms. del Br. Mus. 7209, AntoJurs


cf.

Arabijs;

questi

nomi sono certamente corruzione


(') (')

di un solo iirototipo,

Kocli,

118.

Darai

ri scrittura.
inserisce qui

Dami ri

uno squarcio che appartiene

alla classe dei testi strettamente


1.

mu-

sulmani, e riprende poi la versione cristiano-musulmana a pag. 399,


(') (')

12.

In quest" ultimo tratto la lezione

dell' originale

non sembra del tutto corretta.


lo

Questo nome manca in


v

Dami ri;

esso,

specialmente per

scambio

facile nella scrittura

araba

di

e d,

si

riconosce facilmente per corruzione di Adolis.

noo

ma
il

costruire cou esse quel!' ovile, finch sbarazzarono ci che era sulla bocca della ca-

verna ed aprirono loro {ai giovinelti) la bocca della caverna;


Setle

Iddio

li

tenne

Dormienti) con terrore lontani dalla gente,

dicesi che

pi coraggioso di

quelli che volevano vederli, entrava dalla porta della caverna e procedeva insino a

che vedeva

il

loro cane dormente


pietre
e

sotto essi,

verso la porta della caverna

(').

poich ftiron tolte le

fu

loro

aperta la porta della caverna. Iddio altis,

simo, potente, magnifico, dominatore e risuscitatore dei morti


sero
tenti
,

permise che sedese gli

nell'interno della caverna; e siederono


e
si si

lieti

co' volti

ilari

animi

con-

salutarono a vicenda

come

se

fossersi

destati nell' ora qualunque, nella

quale

destavano al mattino della notte che avevano passata. Sorsero alla preghiera,

e pregarono

come solevau

fare,

non iscorgendosi
;

ne' loro volti, nella carnagione o


si

nel colorito, alcun che di spiacevole

stavano nella forma che


ricercasse. Poich

erano addormentati,
la loro preghiera

stimando che l'imperatore Deqjus

li

compirono

dissero a Giamblico lor tesoriere: narraci ci che sul nostro conto diceva la gente
ier sera presso

codesto
,

tiranno; stimavano di aver dormito quanto aveau dormito

qualunque altra volta

ma

pure

immaginavano

di aver

dormito
si

il

pi lungamente

che solevano, nella notte al cui mattino erano allora; e


dicendo
:

interrogarono a vicenda

quanto tempo
:

siete

stati ?

dissero

siamo

stati

un giorno

o parte di
('); e

un

giorno, e soggiunsero

Iddio conosce bene quanto tempo siete rimasti

tutto ci

era piano per loro. Disse

Giamblico: voi siete


ed egli
(l'

stati

cercati e ricercati nella citt

per sacrificare agli


fichiate agli idoli

idoli,

imperatore) vuol condurvi oggi, affinch o sacri-

veniate uccisi; dissero: Iddio far dopo ci, quello che vuole.
:

Disse Maksalmn

o miei fratelli, sappiate che voi vi troverete al cospetto di Dio,


la fede

onde non rinnegate


dissero
(')

dopo che avete creduto, quando domani

vi

chiamer. Poi
si

a Giamblico:

va alla citt e porgi orecchi a ci che in essa


e

dice di
e

noi

(')

adopera accortamente

che nessuno

si

avvegga di te; compraci del cibo

portaci pi del cibo che ci recasti ier sera, poich era poco e stamane

abbiam fame.
si

Fece Giamblico come soleva; depose


vestiva
di
;

le

sue vesti, e indoss quelle colle quali

tra-

quindi prese della moneta dal denaro che era appo loro, coniato coU'impronta
le

Deqjns, e

monete erano grandi quanto un'unghia


e

di

un cammelo

piccolo.

And

fuori Giamblico,

quando pass

la

porta della caverna, vide le pietre tolte


;

dalla bocca della caverna e se ne maravigli

pass quindi senza farvi attenzione,


dalla via battuta,

finch giunse

alla

porta della

citt

colatamente e lontano

per

timore che alcuno della citta lo vedesse, e riconosciutolo, lo conducesse al tiranno

Deqjns

ei

non sapeva del pio servo di Dio Teodosio

che Deqjns

(')

la

sua generazione erano morti 300 anni innanzi. Quando Giamblico vede la porta della
citt,

alz lo sguardo e sulla porta scorse


si

un segno proprio

ai

fedeli,

quando

lo

vide

meravigli, e cominci a guardarlo di nascosto, mirando a destra ed a sinistra.

(')
()

Aggiunte dovute

all'

influenza del Corano XVIII, 17,

cf.

Koch, 103.

Coran. XVIII, 18.

(')
(')

In

Dami ri

disse; cio Massimiliano.


si fa di

Damivi
Ta'labi

aggiunge ed in qual maniera presso Deqjns

noi menzione

(')

il pio servo (Giamblico) non sapeva che Deqjns

ecc.


u vide alcuno di quelli die conosceva.
un' altra
delle porte della citta
la citt
,

400

e
si

Quindi lasci questa porta,


e

volse ad

guard

vide la stessa cosa


egli

onde cominci ad
;

immaginarsi che

non fosse quella che

conosceva
e si

vide

molta gente

miova che prima non aveva conosciuta; onde camminava


e

meravigliava di loro
alla porta dalla quale

di

se

medesimo pensando
nascondevano

di

essere divenuto stupido.


:

Torn

era venuto, meravigliandosi in se stesso e dicendo

vorrei pur sapere

come

che ier
!

sera
io

fedeli

tenevano celato questo seguo, ed oggi esso


le vesti e le

palese
testa,

forse

sogno! se non che vide che uon dormiva. Prese


nella
citt
e

pose sulla

quindi

entr

cominci a camminare nel mercato


figlio di

sentiva molta gente che

giuravano nel nome di Ges


di esser fuori di se; e
fra se
:

Maria, onde ci gli accrebbe meraviglia e dubit


le spalle
!

stette appoggiando

ad uno dei muri della

citt,

dicendo

aff

io

non so che cosa


il

qiiesta

iersera nessuno eravi sulla terra che

men-

zionasse Ges,

quale non fosse ucciso, e questa


:

mane
uon

sento che tutti lo menzionano

senza temere. Disse quindi fra se


il

forse questa

la citt che io conosco; io odo


di loro, e

parlare proprio degli abitanti di essa,

ma

non conosco alcuno


e stette

per mia fede

io

non so

di alcun' altra citt vicina a

questa nostra;

siccome istupidito, uon


citt e gli disse
:

andando verso nessuna parte. Incoutr quindi un fanciullo della


chiamasi questa
citt,

come

o fanciullo? risposegli

Efeso; onde disse Giamblico fra se:


;

forse io sono impazzito, o qualcosa

mi ha

tolto l'intelletto
io

ma mi

si

conviene uscire

da essa citt prima che m'incolga alcun male, onde

abbia a perire

il

ci rifer
si

Giamblico
e

ai

suoi compagni quando gli fu chiara la loro coudizioue. Poi

riebbe

disse

se m'affrettassi ad uscire della citt

prima che

si

avvedessero di me, sacibo,


e

rebbe pensiero pi accorto.


tratta fuori la

Si avvicin quindi a coloro


la diede

che vendevano

moneta che avea,


in

ad uno di loro dicendogli: ehi! quell'uomo!

vendimi del cibo

cambio

di

questa moneta!
si

La prese quell'uomo,
la

rimir

'il

conio della moneta e la figura e

meravigli

pass quindi ad un suo compagno


;

che la rimir, e poi se la passarono fra loro, uno all'altro meravigliandosi

quindi

comiuciarono a prender consiglio fra loro


nascosto sotto terra da molto tempo.

dire

quest'uomo ha trovato un tesoro


li

Quando Giamblico
si attrist
l'

vide consigliarsi fra loro

per sua cagione, temette fortemente e

assai,

cominci a tremare, cre-

dendo che

si

fossero accorti di lui e

avessero riconosciuto, u volessero altro, se


e lo

non condurlo all'imperatore loro Deqjns. Altri sopravvenivano


conoscerlo ed egli disse loro, tutto pieno di timore:
il

scrutavano per

andate lungi! or avete preso


:

mio denaro

e lo

tenete

\ u

io

ho bisogno del vostro cibo. Dissergli


?

o giovi-

netto, chi sei tu e qual condizione la tua

aff
;

che tu hai trovato un tesoro di

quelli degli antichi

vuoi nasconderlo a noi


ti

vieni

con noi e mostraci

il

luogo

ov' e fanne partecipi, e


ti

rimarr secreto ci che tu hai trovato; che se noi farai

meneremo
(').

al principe,
si

ti

consegneremo
se- e

a lui, ed egli
:

ti

uccider.

Quando ud
io

il

loro parlare

meravigli fra

disse

sono caduto in tutto ci di cui

stava in

guardia!
vato,
e

Quindi dissero: aS giovinetto, tu uon puoi nascondere


te lo

ci che hai troe

non credere che noi

terremo celato. Egli rest confuso

non sapeva che

(')
(")

D am

ri datomi ci di cui ablnsogno, poich avete preso


il

il

denaro, e se no, tenete pure ecc.

Cf. sopra pag. 397,24,

periodo del quale questo sembra corruzione.


dir loro e replicare, onde

401

lo

temette

non rispose loro nulla. Quando


gliela

videro che
si

non parlava, presero


stato preso

la

sua veste,

attorcigliarono

al

collo,

posero a
abitanti e

tirarlo per le vie della citt, legato, finch fu udito di lui


si

da tutti
Si

gli

disse

un uomo
citt,

che tiene presso se un tesoro.

radun attorno
:

a lui la popolazione della


aff

grandi e piccoli, e cominciarono a rimirarlo e dire


citt;

codesto giovinetto non degli abitanti di questa


;

non ve l'abbiamo mai


temette e non

veduto, e non lo conosciamo


loro udiva.

n Giamblico sapeva che dir loro, udendo ci che da

Quando

la moltitudine della citt si

radun attorno a

lui,

parlava, che se avesse detto che era di quella citt, non sarebbe stato creduto; egli poi teneva per certissimo che il padre ed i fratelli erano nella citt, e che egli era riguardevole, in

modo da

contarsi fra
;

grandi di essa, e sarebbero

parenti venuti, quando

avessero udito la cosa

sapeva di certo che la sera innanzi conosceva molti degli abialtanti, mentre oggi non conosceva nessuno. Stava cosi come stupido, aspettando che mani, dalle loro salvarlo a venisse fratelli dei cuno di sua famiglia, il padre o qualcuno

quando
navano

lo tolsero
gli affari,

portarono ai due capi e governatori della


pii,
1'

citt,

quali ne gover-

ed erano due uomini

uno per nome Erms

e l'altro

Estafs.

(')

Quando
mentre

lo portarono presso a loro due, credette Giamblico che lo menassero all'empio


fuggiti,
si

Deqjns imperatore, dal quale erano


la

prese a volgersi a destra e a sinistra,

gente lo deridevano come


quindi

deride un matto ed uno stupido. Giamblico


:

cominci a piangere,

alz la testa al cielo dicendo

Dio

Dio del

cielo e

della terra, infondimi oggi pazienza, e fa entrare insiem con

me un
mi

spirito, che

venga
:

da

te C),

col quale tu

mi

fortifichi
;

presso quel tiranno, e piangeva e diceva fra se


!

mi han diviso dai miei mi portano,


e venissero

fratelli

oh

se e' sapessero ci che

incolto

dove
!

onde tutti insieme stare innanzi al cospetto di questo tiranno

poich eravam convenuti che staremmo uniti, non rinnegando Iddio n associandogli alcun altra divinit e di non adorare gl'idoli in luogo di lui; sono stato separato

da loro,
di

io

non

li

ho veduti n essi hanno veduto


;

me;

ed

eravam convenuti

(')

non separarci n in vita n in morte mai

ohim

che far di

me

mi uccider o

no? Ci raccont Giamblico di s stesso

Fu

condotto a que' due pii

compagni, quando torn presso a loro. uomini Erms e Estafs, e quando Giamblico conobbe
ai
si

che non era stato condotto a Deqjns

riebbe e s'acquet la
e la

paura
si

(')

che avea.

Quindi Erms ed Estafs presero


Disse quindi uno di loro due
questa moneta
fa
:

la

moneta,

rimirarono e

maravigliarono.
?
:

dove

il tesoro
te,

che hai trovato, o fanciullo


tesoro. Disse
e
l'

poich

testimonianza contro

che hai trovato un

non ho
il

trovato alcun tesoro, e questa

moneta
aff io

moneta

di

mia famiglia
io sia,

impronta ed

conio in uso in questa citt;

ma
il

non so in che stato

che dirvi. Disse

uno
di

di loro due: chi sei? rispose Giamblico: per quel che io reputo, io
(')

mi credeva

questa citt

disse: chi

tuo padre e chi in essa

ti

conosce? ed egli annuncor-

(')

In

Ta'labi

Estis e cosi appresso. Questi due nomi,


(il

mio giudizio, non sono

clie

ruzioni di Maris o Marinus


(')
(')

vescovo) e di ydvncnoc

(il

proconsole).

Cfr. sopra ci che si dice di

David

p.

371-372.

(')
(')

Ta'labi lascia questo Daini ri il pianto. In Ta'labi chi sei?


Classe
di

periodo dalle parole n associargli alcun altra ecc.

risposo:
ecc.

Giamblico

disse ecc.

scienze morali

Memokik

Voi,. XII."

51


zio loro
il

402

lui o
il il

nome

del suo padre,

ma

non trovarono alcuno che conoscesse


sei

suo

padre.

Onde

dissegli

uno

di loro

due: tu

un bugiardo che non


lo

ci dici

vero; n

Giamblico sapeva che cosa

dire,

ma

abbass

sguardo a terra. Disse qualcuno di

quelli che gli stavano intorno:

quest'uomo

pazzo! altri soggiungevano: non pazzo,

ma

si

finge stupido a bella posta per {sfuggire da voi. Sorse allora


:

uno

di loro

due

e lo

riguard con forza e disse

reputi tu che noi


il

ti

rilasceremo, e

ti

crederemo che questo

denaro sia di tuo padre, mentre

conio e l'impronta di questa moneta di pi che

300 anni fa? Tu sei un siamo vecchi come vedi


natori,
i

fanciullo di poca et e credi di mentire e riderti di noi che


?

attorno a te sono

principi di questa citt ed

suoi gover-

tesori di questo paese sono in nostre mani, e di codesto conio

non abbiamo ne
sia battuto e

\m

dirhem

ne un

dnr
ti

(').

Ma

veggo bene che comander che tu

punito severamente, poi

terr in ceppi finche non

mi

faccia conoscere questo tesoro

che hai trovato. che


io vi

Quando

gli

ebbe detto

ci,

rispose Giamblico: informatemi di una cosa

domander,

e se lo farete vi aprir

veracemente

manda, che non


ns
?

ti celeremo alcuna cosa. Disse: che non conosciamo oggi sulla faccia della terra alcun imperatore che si chiami Deqjans, e non vi stato se non un imperatore che morto gi da lungo tempo e diuturno; dopo lui sono morte molte generazioni. Disse Giamblico: davvero

mio animo. Dissergli: doavvenuto dell'imperatore Deqjil

Dissero

che non trover alcun

uomo che

presti fede a ci che io dico; noi


ci

eravamo

fanciulli ai

servigi dell'imperator Deqjans, e a forza


loro,

costringeva ad adorare gl'idoli e sacrificar


la notte;

onde fuggimmo da

lui ier sera e


ai

passammo

quando

ci

siamo

svegliati,
;

sono uscito per comprar cibo

miei compagni, e spiare

le notizie in loro

riguardo

ed

eccomi come mi vedete. Or venite con


vi mostrer
i

me

nlla

caverna che nel monte Na^ls, e

miei compagni. Quando

Erms

ud ci che narrava Giamblico, disse:


da Dio a voi dato per
,

popol mio, forse che questo

un miracolo
;

di Dio,

ammaei

stramento per mezzo

di

questo giovinetto
lui

ora andiamo con lui

che

ci

mostri

suoi

compagni. Andarono con

Erms

Estafs, e con loro due tutta la popolazione


della caverna per mirarli; ed
il
i

della citt, grandi e piccoli, verso quei

giovinetti

della caverna, vedendo che Giamblico tardava a portar loro

cibo e la bevanda pi

che non soleva, credettero che fosse stato preso e condotto a Deqjans loro imperatore, dal quale erano fuggiti.

E mentre

pensavano cos
loro,
e

temevano, udirono

le voci

ed

il

romore dei cavalieri che salivano a


il

reputarono che fossero inviati del


ci,

tiranno,

quale avesse mandato a loro per condurli via. Quando udirono


si

soril

sero per la preghiera, e

salutarono a vicenda, quindi dissero: andiamo presso

fratel nostro Giamblico, poich egli sta ora dinanzi a Deqjans, aspettando che noi

andiamo a
ne

E mentre accorgessero, Erms e


lui.

seduti in fondo alla caverna,


g!i

dicevano cos, senza che se


li

altri

stettero sulla porta della caverna. Giamblico


i

aveva preceduti ed era

entrato

presso

giovinetti
l'

piangendo;

quando

lo

videro

piangere piansero insiem con


li

lui,

quindi

interrogarono di sua condizione, ed egli

inform

narr loro tutta la storia; onde a questo conobbero che per comando
stati ridestati

di

Dio avean dormito tutto quel tempo, ed erano

perch fossero por-

tento agli uomini a conferma della risurrezione, affinch conoscessero che la risurre-

(')

Nume

delle

due prinnipali monete arabe (cfpK/jo;

e (denarius)

iji'uQioi').


una cassettina
di

403

di argento,
citt,
e

zione ha luogo senza dubbio veruno. Quindi appresso a Giamblico entr Brmfls e vide

bronzo suggellata con


i

sigillo

stette sulla porta della

caverna; quindi chiam alcuni fra

magnati della

ed aperta la cassettina tro-

varono in essa due tavole di piombo nelle quali era scritto di Maksalmiu, Amlili (o

Tamlha), Martikus, Navlis, Snis, Batnis


fuggirono dal loro imperatore,
il

Kasftat

{');

che erano giovinetti che


li

tiranno Deqjns, per timore che

seducesse dalla

loro religione, ed entrarono in questa caverna.

E quando

l'imperatore seppe dove erano,

comand che
batta.

fosse loro ostruita la caverna con pietre, e noi

abbiamo

scritta la loro
s'

condizione e la loro storia, affinch chi vivr dopo loro sia informato, se in loro

im-

Quando
il

lessero, si meravigliarono e lodarono Iddio, che in essi avea loro manife;

stato

miracolo della risurrezione

quindi alzarono le voci lodando e magnificando


i

Iddio. Entrarono poscia nella caverna presso

giovinetti, e

li

trovarono seduti in fondo


i

ad

essa,

co' volti raggianti e e

colle vesti

non punto logore. Ermus ed

compagni

caddero proni adorando,

lodarono Iddio che loro avea mostrato uno dei suoi miracoli;
i

quindi parlaronsi a vicenda, ed


l'imperator Deqjns; poscia
al loro pio

giovinetti l'informarono di ci che aveva loro fatto


i

Erms ed
agli

suoi

compagni mandarono im corriere

(')

imperatore Teodosio dicendo

affrettati

che forse vedrai un miracolo di


e lo

Dio altissimo che ha manifestato


il
i

uomini nel tuo regno,

ha posto a tutto

mondo perch
Quando
gli

sia luce

conferma della risurrezione. Affrettati a venire presso


li

giovinetti che Iddio ha risuscitato, dopo che

avea

fatti

morire di pi che 300


e

anni.

giunse la notizia, sorse dal giaciglio nel quale era,


;

torn in

se e gli pass la tristezza


cieli

si

rifugi in

Dio

e disse

Ti lodo o signore Iddio dei

e della terra

che sei stato benigno con me, e per tua bont mi hai avuto miseil

ricordia e non hai spento

lume che ponesti

ai

miei padri ed
il

al pio

servo Qastitiis

{Costantino) imperatore.

E quando
e quelli

ne fu informato

popolo della

citt,

cavalcarono
i

a lui, e con lui vennero finch salirono e giunsero alla caverna. Allorch

giovinetti

videro Teodosio imperatore

che erano con lui,

si

allietarono assai e caddero


li

proni sulla loro faccia, adorando Iddio. Stette Teodosio innanzi a loro; quindi
bracci e pianse
dicendolo.
noi
ti
,

ab-

mentre
i

essi

sedevano sulla terra innanzi a

lui,

lodando Iddio

bene-

Quindi

giovinetti dissero a Teodosio: t'affidiamo a


te e
il

Dio che
ti

ti

custodisca;

diciamo salute, e che Iddio guardi


in

tuo regno, e

esortiamo a rifugspiriti

giarti

Dio contro

il

male che possano fare


ai

gli

uomini

e gli

maligni.

stando l'imperatore, essi tornarono


i

loro giacigli e s'addormentarono, e Iddio prese

loro spiriti. L'imperatore sorse e andato presso di essi, pose le proprie vesti sopra
Cos sono scritti questi nomi in

(')

Dani

ir i; alquanto diversamente da
le

Ta'labi;

del resto sa-

rebbe assai lungo e forse inutile raccogliere

varianti o piuttosto le strane corruzioni che di questi

nomi s'incontrano

in

innumerevoli passi di codici e nei molti monumenti, come armi, ornamenti ecc.
i

sui quali sono scritti

nomi

dei Sette Dormienti. I

nomi quali stanno

in

Dami ri,

sono certamente

corruzione di quella serie di nomi, che occorre (come nel

Metafraste

ecc.)

nella recensione siriaca

che ho sopra pubblicata, quella cio seguita in Dion. di Telhn.; e ci conferma quanto sopra ho notato (pag. 394) sulla rel.izione che passa fra il testo arabo e la detta recensione siriaca (Lixl-j" LsO-j,
Janiblifus;
i_/=_j-^>-ajj

S^^ = ^^^j^i ^ = ^^j-^Lo ^y.^J^a^_^


Martinus
,

Martinianus; ^j^

^\^ = ^^:^'^.i

>,

Dionysius;

^yX.^JJaJi\., Autoninus; llji-i^

lohannes;

lJx*j^X*/.5'l,

ExacustaJius, Exacustadianus).
(')

Le

parole < un corriere

mancano

in

Ta'labi.


loro,

404

fatta

comandando che a ciascuno

di essi fosse
:

una cassa

di oro.

Ma

quando

fu sera, gli apparvero in sogno e dissergli

noi non

fummo

creati dall'oro e dall'ar;

gento,

ma

dalla polvere

fummo

creati

ed alla polvere torneremo

onde lasciaci come


l'

eravamo nella caverna, sulla polvere, finch Iddio da essa ne risusciti. Allora
ratore fece fare delle casse di ebano, e furono posti in esse. Iddio,
fu uscita

impe-

quando

la gente

da presso a

loro, li tenne in seguito lontani col timore,


(').

ne alcuno pot pi

pervenire insino a loro

L'imperatore comand di fare alle porte della caverna un

tempio nel quale pregare,

e istitu loro

una grande

festa

comandando

di venirvi in ogni
:

anno

e dicesi io

che quando giunsero alla porta della caverna, Giamblico disse loro
entri ai miei
li

lasciate che

compagni
;

e dia loro la lieta novella, e

poich se vi vee Iddio rac-

dranno con me,


colse
il

spaventerete

ed entr

die loro la

buona novella,

suo spirito e quello dei compagni; ed occult loro il luogo poterono (la gente venuta con Giamblico) giungere a loro, siccome disse 'Ali

ov' erano,
b.

Ab
(').

Tlib,

che Iddio abbia in onore.

questa la storia di quei della caverna

. IV.

Testi etiopici.
Wright,
il

Debbo
tolto

il

testo etiopico che qui segue alla cortesia del


si

quale l'ha

da due codici, che


sec, e Orient.

conservano nel British

Museum,

Orient. 687-688 del

XV

689 del XVIII sec; intorno

ai quali si confronti il catalogo dolio

stesso

Wright

(').

Debbo
(").

poi al Dr. Vollers della E. Biblioteca di Berlino, un' esatta


(*)

collazione del miglior codice di questo testo, voglio dire quello di Berlino
e citato dal

usato

Ludolf

Oltre questi tre mss. che ho noverati, non ne conosco altri

che contengano la nostra narrazione.

Come

gi ho detto pi sopra, io son persuaso che questo testo etiopico derivi

da alcun testo arabico.

Una

tale

origine, ancorch

mancasse d'ogni argomento po-

molsitivo, dovrebbe reputarsi siccome assai probabile, poich sappiamo che fra le s'annoverano dall'arabo, tradotte tissime opere etiopiche del periodo pi recente e
(')

Questo periodo, come anco

le iiltime

parole de! racconto, hanno origine dal Corano

XVIH,

11,

cf.

Kocb. 103.

{-)

Una
i

notevole

variante

della

leggenda

dei

Sette

Dormienti
si

presso gli

.4.rabi

trovasi in

Qazw5n
Non

ed ricordata dal Koch, 137, 138; su tal proposito mi

permetta manifestare un dubbio.

forse probabile che sulla viva fantasia degli


nell'

Arabi abbia influito qualcuna delle grandi comassai sparse nelle chiese dell'Oriente
alla destra dell'imperatore e tre alla
il

posizioni artistiche, che

VITI secolo dovettero esser oramai

cristiano?
sinistra

Il

detto attribuito ad Ali, che cio tre dei 7


colle rappresentanze
,

Dorm. erano

sembra convenire

nel mezzo delle quali sta

Salvatore, ed a destra o

arche sinistra un numero pi o meno grande di apostoli. Per un momento ho pure sospettato che musulmana, leggenda nella al cane origine dato avesse apocalittico la nota composizione dell'agnello poich l'agnello sta sul libro a "t sigilli (che potea venir confuso collo scritto dei due confidenti dell'imperatore) in

una postura simile a quella


il

in che

Maometto descrive

il

cane. Anzi questo spieghe-

rebbe fors'.mche perch


il

nome raqm che


vero

senza dubbio significa scritto sia stato interpretato per


situ tcrrae sanctae

nome
(")
(')

del cane.

Ma

che

il

cane gi trovasi in Teodosio, De

(520-r)30

e.

volg.) quantunque sembri un tratto popolare.


Dalai, of the Eth. mss. in the Br.

Mus. 161,

col. I e
p.

169,

col. II.

Ms.
Cf.

or. fol.

117

cf.

il

catalogo del Dillmann


436.
etc.

57.

(')

Comm.

Hist. Aolh.


pressoch tutte
sti citare il

405

Barlaam
e Giosafat, ecc.(').

le vite dei Santi,

specialmente di quelli non originari di Abissinia; bail

Seneksdr (Sinassario),

Gannat,

la storia di

Ma
si

nel nostro caso la provenienza araba

direttamente accertata tanto dalla somiglianza

colla versione arabo-cristiana, quanto e pi dai

nomi propri

nei quali le differenze

spiegano facilissimamente supponendo un originale arabo. Tale


ntjs

(')

sopratutto

il

Br-

che per lo scambio nella scrittura araba facilissimo di


,

n
io

/^

corrisponde a
(').

Probatius

ed scritto in principio con una


di

b,

perch

la

p manca

all'alfabeto arabo

La data precisa
n
il

quando

sia stata fatta

questa traduzione

non saprei

dire,

testo stesso

oft're

alcun interno argomento che ne dia luce sopra ci; l'Abna


in
fine
il

Giovanni che

ricordato

nell'Orient. 687

non saprei dire chi fosse o

in

qual tempo vissuto. Tuttavia

codice Orient.

689

assegnalo ad un tempo, per

un manoscritto

etiopico, assai anti;;o, cio al

XV
il

sec.

ed

ugualmente antico
XIII

il

codice di Berlino.

Or

ponendo nel XIII secolo

principio della preponderanza let-

teraria dell' arabo e delle traduzioni da questa lingua,


i

avremo nei

secoli

XV

due

limiti estremi di questa traduzione etiopica.


il

A me

sembra invero

assai proba-

bile che essa sia stata fatta sotto

regno di Zar'a Ja qb (1434-1468) o non molto

dopo

debba perci
il

la

sua origine a quel movimento letterario e religioso che rese


;

ragguardevole

regno che ho detto


i

ma
,

di notizia certa

non havvene alcuna

(').

Le

variet che passano fra


i

tre codici sopra

ricordati
l'

non sono grandi,

ma

in generale

due codici
,

pii

antichi

quel di Berlino e
,

Or.

689

concordano fra

loro pi spesso

che non coll'Or. 687-688


difetto

il

cui testo

sembra ritoccato recentespecialmente


i

mente, come

assai

comune

dei mss. etiopici


si

pi

recenti.

parecchie delle diversit che pure

osservano fra

detti

due codici antichi, sono


il

certamente dovuti all'ignoranza dell'amanuense dell'Or. 689,


scorretto,

cui testo altrettanto

quanto buono ed emendato quello del codice di Berlino.

Io pertanto

(')

Anche
cf.

la

narrazione dei martiri Omeriti contenuta nel medesimo codice orient. 689 tradotta

dall'arabo,

Fell, Die Christcnverfugung ecc., Z. d. D. M. G.

XXXV.

9.

Notevole

la storia di

Takla

Himnt,

della quale qualche testo

sembra

essere tradotto o parafrasato dall'arabo, e qualcun altro,

viceversa, l'originale di traduzioni o parafrasi arabiche; cf Zotenberg, Calai, des mss. thiop. 205.
{')

Questa scrittura per quanto riguarda la 6 e la n


Cut.

si

trova ugualmente nel Seneksdr di Paetc. 50) etc.

rigi (Zotenberg,

172) in

quello della Bodleiana (Dillmann, Cut Cod. mss.


ftt/.

Invece in

un breve squarcio dell'Or. 691 (Wright,


vando cio la
(')

161,

l).

il

nome Probatius

scritto farbtes conser-

b.

L'altro

nome
cos.

Demtjs
il

Damtjs

potrebbe essere corruzione di Demetrius, e


raro fra quelli dei Sette

il

Seneksdr

scrve

appunto

Senouch

nome Demetrius
;

Dormienti, mentre qui

dovrebbe supporsi piuttosto Sabbatius


il

ed io inclino a credere che di quest' ultimo sia corruzione

Damtjs; (ft<^TP-ft = e'^TP-A = ^^U-> = ^>cJ:.L--)-

Parimente corruzione

di

Sab-

batius

mi sembra
;

il il

nome

anbites dello squarcio poco sopra citato.


col fratello

Demtjs potrebbe

es.-iore

Doniitius

ma

Domitius che

Massimo

festeggiato dai Copti ed Abissini, .scritto

'S.'^'fe''ft nella confessione detta di Jacopo Baradeo (ed. Cornili, U. M. G.


di

XXX,

438) nel Calendario


la

Lndolf [Comm. 405)

e nel Seneks. della


si
i

Bodleiana (Dillm. Cat. 51). Invece di Achillides sta

forma

Archelides, la quale

come

veduto,

trovasi anche nella versione copta.


i

La pronunzia

di Uh,

come

poteva nascere tanto presso


scritto
(')
il

Copti quanto presso

Siri,

quindi la forma Arsalides nella quale talvolta

nome

nei nostri mss.


ecc. des

Cfr.

Dillmann, Ueber die Regierung


sono del

Konigs Zar'a-Jacob
cf.

5,

26

(Beri.

Akad. Abh. 1884).

Parecchi

altri codici di agiografia

XV

sec;

Zotenberg, 151,203; Wright, 162, 164 ecc.

seguo
la lezione

406

le varianti di

di questi

due codici antichi, registrando in nota

qualdel

che importanza dell'Or. G88-689.

Rarissimamente ho abbandonata

la

lezione

codice Berolinense ed ho seguita quella dell'Or. 687, quando cio questo concordava

coir Or. 688-689 e

mi sembrava
le varianti.
coli'

preferibile al codice di Berlino, del quale tuttavia


la lezione di quest'ul-

do sempre in nota

Molto pi spesso ho seguito

timo, quando concordava


e

Or. 688-689;

abbandonando

la lezione
si

dell'Or. 687

notandone raramente

le

varianti,

perch in massima parte

appalesano essere non


di

altro che errori o inavvertenze del copista.


le

Ho

tralasciato parimenti

registrare
ecc.;

semplici differenze ortografiche negli scambi di gutturali e sibilanti,


pii

basti
di in

avvertire in genere che l'ortografia dei due codici

antichi,

nominatamente

quello di Berlino pi corretta ed offre delle

particolarit

come s'incontrano
di

mss. antichi,
solito unite,

p. e.

hd'HIiifTf

talvolta f!.A\(D'C
' ,

ecc.; la

divisione

parole per

come: ?%"]n.>i
colle lettere:

'nrh.C
il

J*^

rh^fl- ecc.

Nelle annotazioni critiche


Or.

codice Or. 089 designato colla lettera: L; l'altro,

688-689

Lo,

finalmente quello di Berlino colla lettera: B.

"

(Dhnn

ytii-p-tth'

'ifn.u-

w-a-

'"i-

i-nh

(o-hi

^)-

-ntU.c

'

?,u>o-

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9.10 An-

.^i'ff.^:

^^

'

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'

(D^hiin

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ii-th

rh>}\

?"Wv;.n'l""':

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AA.*fl-'}-J-

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A^'^Ah-V nat-M'

^M:

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od,^

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AA'^AhTh

na>-ft'^
'

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J&'?"P'
o)

Lo

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m) B agg. W*

A-

n)

Lo 9\--tt

l'arab. crist.

JUa

v. s. p.

391.

Lo flhHH<'

Lo

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il

W.


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Ah'^Aln'Th

n-^Afil-

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'

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'

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'

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^fthA-

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(D^'}^0^'ai.

':

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a)

Lo

ora.

Jl^^/hll-n
/i)

-n

6)

Lo

A^'^Ah'*

e)

Lo AW-A"*"g]

'

d)

Lo premette (D.
=

e)

Lo
'

Lo fl>''VH
'

L om.
'

f^n-'

cos
k]

Lo;

L JK.+'VA''

fl>J&rt4'AP

Lo

M+R
!

Lo Ott.^
il

#hH7

Lo ATf-fl

'

/)

Lo agg. ffl^'thlh

'

m)
Jrt
r)

B <D^fl
:

L om.

ed agg.

ffl

alla parola seg. (che in


'

scritta

fjCM'
/)

')

^-nA K'^^e
-

0)

Lo

On.^
!

-/.) L
/)

Lo

X-nJt^'V
=

Lo agg

n) Lo A 6 h^A '

B Afl>*A--^

^)

aHD^^X

Lo

^H"^

u)

Lo agg. fl^ft'^

rt'^JS.


m-u

408

n'4-h^
=

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rt-no*

''^

A**

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fflW-A-

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D^nArhO- x9h9"6^i
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:

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:

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'
'

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:

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AK'^Ah'fch
:

a)f.ini.

^M

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^+

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O

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"

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:

pA-nf-h"'
:

(Dh,?.A9o

.*Ah
'

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::

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:

-jT-z^

fli/?,n.Ao-

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'

-fK:

'

oo-n

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hC3riA.^ft

'

'

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:

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!

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Ci^'
:

(O^fn^.

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:

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!

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n''t'

ii<:

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'>!

Chfmo-

::

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A?""!"*-").- ^hnf

fl'^0

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A^'^AVi'l-e

K^.'h^'i'

/): htf

w-A-

rt-nh

j&'wK'h.

'h9-ti'ha>-c.'\i

cn-

'/^pjii-

fihPhM'

flA/'Air'>

^^

nh

/z-aa-

mhoh/^'h

a)

Lo <:j^h.-pae)

f)

b]

Lo om.
fl-ft'h
/)

e)

Lo
p)

A'^TP'A
om.
!

'

A)
e

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Lo U-^J-Vlft
e

'

-i)

om.

Lo agg. ^.
k)

il

Lo

il

ffl.

ffl-

L D^'J+OAfll.

Kf

Lo om.
il

W.
o)

Lo
il

AJl'^Ah'
h-

L).

m) L

Lo premettono

^.

;i)

L
'

Lo premittono
r)

CD.

Lo om.

p)
sotto

Lo premette
come

Lo

q)

Lo (DhiD-Z^'h?'

L ?iChA>^fl
Lo om.
il

Lo hCYhfi^F-i
v)

(pivi

'

s)

"hf
.t)

t)

Lo -^fl
il

?/)

7"-

Lo rh-4"

'

(e

cosi appresso f'ih'i-'

ecc.)-

Lo om.

A-

'

^flOAh

409

ao/^tpi

fflv+c-n

')

in.u-

>y-rt>

>/*.'>

i9,.,h

atffJhnx

ti

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'

'

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!

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''^

n^l

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^i^rt

'

hfh'M'J

h" K^'^t'

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'

ffl^n
!

'i^^fPti

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A^t

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'

h-n^'iiirao'
'

-.

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^*Pe

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fl>-n<-^

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av>5^^ Ai'"

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flJ^?"-

fh<-

Oinh.

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^'h'I:

nh'l*

'

aihK(\A'9*
=

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\T\a^
:

ai^.n.A-

nh<w
'

<.+^.

?i'7H.^'nrh.C
=

J?.\fb^

A/>A.V

hr^H-rt
ftn>:

h^'iV'iU

fflTT-nd
:

'

A'W'Gl,

^R"^U'
Tnao

M'h/*'

aMt

AJi'il.^V

(DaDf:Yf-,

A,f frft

YCt-f

'}'}"/h

h^A'^'

hr
=

a)

Lo flV*C-fl

fc)

Lo je-fLA"

"JT"/^
e)

fi\h?*t

(B

Olii, il

h)
'

f)

Lo

fflA;^Ah
=

h,'fi9P
fl>-K'h
i]
'

d)

Lo

Y. in Inogo

H -

>.
=

B V^-ft

L /*';>

Lo V^-l*

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Lo

M.

L ffl^n

nj?.?i'J:

^n.

o)

lo agg. ^t-/**
'

lo x9%^

:;.

Lo

Olii.

0)

/;)

Lo A.'l-'^ft^

/)

Lo agg.

ghV

m) Lo agg.
'

h<W

i
;

n]

Lo f."}
'

i\
vj

Lo

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p Lo A'-ftil.'?^

flJj^^'J

y)

Lo om.

Lo "^fl

Lo A^-Vh*
Cl,ASSK

Lo

K'ii.C
ICC.

fflTm-nA
ilEMlIKIE

(L

'mn-n
XH."

(Dh.''/.V

"JAa?!
02

111

SCIENZE UOIIALI

\'IL.


nh'J'l"

410

tfi^

H.?i'-

<"h1l

7n<-

'

h/-

^.t*

ffl>/"h.

9"flA.U'<-

-IV

i"}

rTh-wn

hCft'l:^'J

'

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)

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fl<J.H

Hu-ve

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'

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' s

n.n

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/
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y"/*'^T
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:

rt.rtP-0-

W^-S.
): f"*

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Ai'"fth.'i"J tOiO'x-^i

M'flft
=

'

-llA-e

'

fl)J?.tfnrtA

'

^/hS-

hT^^iH'^

fflfrhW-C

fl>-ft

r-^-s.^.

tfn'PdA
:

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^t^'h
'

ii-r'

"

'

flA

'

fl/l'^

'

7<^

^.<{ort^

fln

i.H.y

^lHnoI'
'

A'wvi.^'j-j.u).
\ti^

fliAunj?.i

mi\

jP9"x?ip
flrtn
:

Ahn3fiA.^-ft

'

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H-j'i-

{'"ftrt.iJ'

^1*^0"

AK'"/AiTi:ii

"

rt9"o
=

^y^^tF-i

V7<:

'

ri/.

'W

h/i

rftA.u-

KA

^-i-fl^-

'
'

(D-it

nhV

(O-^IC

V'CVl'

(Dthi-

T*!'

rort'i S.

mito-

(o-t--

'/".^.-C

flJXAP"

fflrtKA-

-'in

Ji^'^/^ft"

>

rt.rt. -^

KT-h

^9"x-^l

'/'ftA.ii-

nAtf-

mm

^-thn- werh
=

ocn 0M''

'

flhnj^

?rtf.'j-ti/'o-

'

h9"'*P9

(D'^a^-

mh'nw.x-ttih.c

hr
'

AdA ^A

R**

roTtf-

ho^-'-U

">

nir"

-tx

hti

^''V-lK-

fl>-fti-

/)

Lo Art.AP-0".)

b)

Io aggiunge r't' Lo tD^."/.T

'

;;

e)

Lo

(Dh^WLF-hi
=

(/)

Lo
:

Up.
i]

_
e

Lo om

il

flJ.

/]

Lo

XC* ma
!'>

/,)

Lo

ffl^^n^A
cf.

X,

Lo om.

k)

Lo 9"t\\\.'i

I)

Cosi

B; tanto L

quanto Lo ffl.eA'hXl'"?!
tutti o tre
i

l'illm.
il

Z.ea;iC.

1324. In riguardo del


i.i

ho seguito l'ortografia consueta,

codici

hanno

che sembra
0)

esatto se della stessa radire


:

'^iK
=

"'OV/)

om.

'")

o-

")
=

A^^^!"/ /'r
r)

Lo

^rKh9*af
!

_
-

p)

Lo fflJlA
agg.

L ?"X'K'f-

A^?-/*"

i)

h<^

Lo

(Ohh

rtl^lh
n]

t')

B rK^h't^
om.
il

L om.

O).


9"^'C

411

>

fflfflun-

w^o- Ahlii>'n,h.c
'

at-t''

M'irai'

')

m^iS^'-

"'>

X'/rM-

fflun.i*.'!-

O'h:

(ohm
?'h

^T?c'i\9*a:

Ah

A**A*A hA
= =

cD^.n.A"<">'

flD^^/'.Thfrt
jjjr'h^"'
:

o^'h^

aK^.'l.t^i)

n+A
=

f.h,Th

?->.

"lih-

ai-Vt^?.in-

-li.?

flKfl>-/*'h-

^i^^^-l"

W7C

'

m^.l.A?'

n-'h

'

i*?i

(Dfflun-

Mft^i

rihun

'

hcfi-tiP^

iDh,*ih9"c

-n

/<

wrt

rtx.p.

A^'^AVi-le

fl>A,7.n<.

'l?.H'He airu-

Mrt

?ii'";hA

nhc^fi-tir

(Dho'r'h^
Jtij'o:

ffl.e.n.A?'

A"!/'
'

^.a.**

hooft

-.

.'P!^'

-Th+Av
=

n?i^'fc
'
=

hai-

->h"'v'

ufJ-tirfl-

^^Mrt ^

"JJl^ih

TP*

flJA..vV'n?i

i;n-

M^n
:

fl'''<-

to-h-

'

nh>

h'H

M9,

-.

m.'^

uic mv? ^>


n<-

n(Jn.,ft!
::

rhn^ athjxaoci

H1i>

A>A,irtf
'

har^ 'P-U

a?!"!'.

IMOI.
:

:h^*?'/.\rao-

fflrt'T!./'

^T-/**

H^'J'

Vi/.

'^-)*-

MH
nM"

'^

'

P'IrA.

Hh'^
fl)^.e

"

^Vl.'JT<n>a-ft-h

AhA!

ft**

fflK'lH.hnrh.L

aO'h
-.

iD(n>q\^^

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rt-n?

An

^i-/**

ti'^

f^%(D'

'

^t\.l^ao'

he.

h*^

A.je.9h.

a)

L agg.
e.

fl'-S.'^/J.'J-fl
:

Senza duliLio qui


'

stata

in

tutti

coflici

tralasciata

qualche

parola p.

CD^jVjo'fc'J"

hl.h'tttb.C

{<xr.

>]

SuW^nyitc v n aruini
'

fcvn-'

e ci tanto pi

facilmente per causa

dell' onioteleuto.

b)

Lo J^l^
!

g)

c)

L om.

'

d)

Lo '>J1*<{-T
h)

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fititira^
i)

f,

Cos
k)

B; Lo (OK.f'th.h,

'

Lo A?A

Lo ^'IvThHT^ m) Lo A?!*^

Lo

pr,

m.

fli.

Lo om
0]

/)

L A^.**h<n-

B ftfe*to:

L
e

n)

B 0<Jd

^^

Lo Kft

>Vl"^>
:

B ffl^.l'Vfl?!

r)

Lo fflC+

Lo fl'n<-<:

<)

Lo fl,i.+?.

^hrliS=

412

-V'J"/^.

'

ro-;!-'
"''

ai\T?:'\L'}\

l'h/*'

^T^at.
:

hi,
=

^h

''li

nM:

ttoa^'-

'

hhd'
=

fljf.n.

vu-

-mt-a"

xa*

a^^

totx'h
'>

Ih^tD--

HA'JA?"

^lftw'

0<:^

'

AdA K'^Ah'-e

aJUAm.

hAh.

*R

p'

(Dhow-^-ii
'

^"^h<

'

nn^v-tif'^

^.jvHi^

'

liTif ^

AKA- ^fe*
v/^h'

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rt'^d>

Tift'n'

'

n^iii-

hcfi-f fi

p*

nfl>-fti"

n^>

(ohr-y

-t

fl-

^^ti'

% ft**
:

}l^n^
=

^e
=

/h'^-l'

(oh'nc9''

aftii-

;-n>

H-n

cTh

(D'','t'9"V

A^-^-t

;^^

oiK'jnc'P

"^hhA

hhd'

nof.tD'V

a^

L^ira^
?iA
!

tii'

'

?;

ft**
=

(Dh9"Sf:'^d.ii

Ti!

^hp-ft
-

')

(D-nn-^'

n/^=

V'9i>-

?i9"J^'^<J.O-

T'iJ

'

W-A"<"-

J^-l^:

?ifth

^n

'

V?!**

'fc^^

<{.+^.

^ttt'h^Po^
a^fl+

hf-nh
'):

flJ^n.A-

^A0
'

'

l''^h.

ir'fl-;h'>

J^,

^,(1.

A-

hAO

HA'JAr

* (Dh.i-'ii.

HA'JAr

"':

h^M
:

hli-

<p-

v^.ft

n^h-t;"

AA-

>

^i-n'i'j
^'

K^hoo^, h<w
.
=

wh
s

A.'lhA

ifl.*:

'

foK^^ii-,

i*'re

fljA,?iin-e

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^hao-

inv.

mA r?

P-h

a)

JPft '^:iT.^
:

'

i)

e
e)

Lo om.

e)

L flOlUe

B [0(i?-\'
Lo (D?t,h4'

'

g)

/)

Lo

WJ

<i}^.-).f>
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fll^<^Ah'The
:

Lo agg.
'

a-?l'|J

/")

fflOAfl*-

_
!

Lo agg AH-fc
'

'^'\^'

XrhTV
!

H-S'lT^
=

Lo % A % A** fl-A't

;^

ffiMnc^y
!

m-hi-T^i
L
Lo agg.
il

'Hhti
altri

hdO"}

hff

l-'

--V
negli

A'l"fl>-A^altri
testi.

Questa aggiunta non solo manca negli


k]

due antichi codici,

ma

anco

Lo \t\a^

p)

/)

ll-f^
(D.

i")

Lo om.
il

in fine Y..

Lo premette

q]

Lo om.

n]
')

Lo rlh^toih

Lo ffl-h^+l"

o)

Lo agg.
.)

Lo <

^.AfflAai.

413

at-hV

MA

n^i'hyfD'

rD^.-Vv/'h.

{!i:4"

-.

/liJP.flJ'l-

HA^A9"

fl:'"P^rj

^/h'^X'

0J4R

/\h(n''i.O'

(od.'io

himi''Ah

oih^hhV^- hh

--om-

'in

'

?.+fr

KA-

R**

flin-f Aft'>

dA>

?^H

?.hCP

(D'tV

9"^C

e HP.hA

W-A-

fl)?An

Wf.{\W

mh'/^hoo'

?i'7l!.h'nrh,C

AKA-

=''

p-i-fl^-

w-A"
=

^'^/.
'

mh.i'

' )

}!<

t'p'U

')

fl>A.JiAe

h^(i.irof>^!np-ft

n,Th1

frh-HV-

OJJ&'thH:

nh'J'h
^'n{;A

T.CU'J*

W>3i

*'JT-/*'
"^-

")

fl)

?.n,A{p

ii^i.h'^F't

'/"j'i-

tnh

n?i'j-tM

l"'?Ar rtch

")

h.V^

jn'ftA.j/'tfi-

^iP-rt

A^'^Ah-T-

atho'^h

'

'

hChA.^.ft

fliJK.n.A"flo-

-"

a)
e)
s.

Lo

ora

(L A/hTIfl

B
V.

L dhA^"}^.
e)

(B
'
;

^cf.

Ch^H
/)

'

'/J&9"?^
Lo Tixti,'
:

V)

Lo agg

fi

h^A

y.); poco appresso

!
;

d)

Lo J&JlCP

cf.

Dillm.

Lo
;

^tvl-V
L

L om.

Lo

A^nTV.U' -

3)

B ?l>'

7ij

Lo agg. %

i)

B HV4*0'

H'J+U
'

Psalm. 72, 20).


rass.

/e)

B fl\.ll>

ma

originariamente

come

sembra (OhJiYn)
y)
/)

come
=

gli

altri

/)

Lo Vi'

P-

m) Lo
'

^iS'h
l
e

t'h/*'

Lo

Lo Lo

nnj&vtir*^ nh^-tM rt-nh (Dhat'^hO^ r) Lo om. Vh B


=

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ritenuto la lezione dei due codd. pi antichi ('arag-ka); quella di

Lo

seraljra

cambiamento

fatto

per evitare una parola rara e malnota.


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Classe

ecc.

Vol.

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'

Ie

uome

del Padre,

del

Figlio

dello Spirito Santo

che sono

uii

solo

Dio.

Questa

la storia dei sette giovinetti

che furono martiri entro la caverna; la loro

preghiera e benedizione sia con noi, Amen.

Quando regn l'imperatore Decio, entr nella grande citt che ha nome Efeso, comand che fossero raunati presso a lui tutti gli abitanti di quella regione afsi

finch sacrificassero agi' idoli, e chi

rifiutava al suo ordine e

non obbediva

al

suo

comando era ciascuno con


durito
e

ispecial supplizio punito,


il

imperocch grandemente era inIl

fatto severo

il

suo animo contro


colli e nelle

popolo cristiano.
;

quale fuggiva da

lui,

nascondendosi nei monti, nei


e

caverne

che egli costru tempi degli

idoli,

comand

ai

magnati della
citt.

citt

ed a tutta la popolazione del luogo che sacrificassero


e tutti
il

agli idoli in quella


agli idoli nel

Fuvvi grande seduzione,

venivano

sacrificavano

tempio che Decio avea costruito in Efeso;


tutti

fumo

di quel sacrificio

s'innalzava al disopra della citt, ed attristava

coloro che

erano

ivi.

Poscia

l'imperator Decio volle celebrare una festa ai suoi Dei e


offrissero
assai,
il

comand che

tutti quanti

sacrificio nel
g' infedeli

tempio degli
li

idoli.

Il

popolo cristiano era

afflitto e tristo

poich

tormentavano

costringevano
fosse addotto

ad entrare nell' idolatria.


il

Nel

terzo giorno
i

comand l'imperatore che


i

popolo cristiano
i

quindi
i

uscirono

capi dei carcerieri,

pagani e gli ebrei, ricercando

Cristiani per tutti

a)
d)

B <DW"A<n;

h/Jil-fl
'

"

fc)

Lo tthrii"

Xi''iil,

r)

Lo (09:'\Vl
g Lo om.; L

;igg.

om.

Lo Vf'rt"'"*"
'

Qui

e)

Lo premette iO.

f)
ai

Lo om.
tre

col seg. (D.

lDh''^Tf
scrizione
;

O}\''%,'

finisce La parte

comune
:

mss
'

Lo aggiungono una sotto'

la quale in
:

del

seguente tenore

AH

A Arnu AH JvmC AH A /
'

no

'

fflAH
:

l'CI"^'

AH
:

t9"0

^/^illh

'Vn**:

^9"iheo^

Ji'7H>'nrh.C
tx'T'i

'

nXA-;^
tf-f'tn"

miXtxhii'

Ah'I'Hh
flJ7-(lCh.A
'

'^C99

(OfXhtX''^^P-i'

ffittR

A'^Jl^A
JtJ^ili-

fflnXA-r-

W-A-o-

^^fi'

mf'^'l'

mi

'^

ffl^'B

'

AKn->
Lo
la

P-Wllft
seguente
.

Mhoo
'

JAr
:

h"V
:

(Dxl.'i
:

A^

Vh^
ftA

La

sottoscrizione di
:

({tk-^OOJAl"

m^^h
hl/i

^^VlfO'

PWA"
!

9"

l-nCao-

cD^ft

X'f-CXh

A'JAtf

'

1x1.1

Aj&Vl-'}


monti,
o-r idoli
i

420

colli

le

caverne,
i

li

adducevano presso l'imperatore, ove trovavansi


a malincuore sacrificavano agli idoli per timore
afflissero

molti fra

Cristiani

di

qnelle pene.
il

Perch,

molto

li

tormentarono insino

scorrere
lo

in

terra

loro sangue siccome acqua corrente; chi poi resisteva al comando,


e e

uccielo in

cidevano

mettevano
ne

in

croce
i

sulle

porte

della

citt,

e
si

gli

uccelli
i

del

venivano

mangiavano

corpi.

In grande
tristi

tristezza

stavano

cristiani

codesta citt, e le altre popolazioni erano

per loro causa, vedendo le molte

pene che sopra loro gravavano;


per loro erano conturbati.

ed

io

dico in verit che gli angeli del cielo assai


e

Fuvvi gran tremuoto


in

assai

case

caddero per
e

molti

commovimenti che furono


uccisi,
e

questa citt,

perocch molti santi


le

fedeli

vennero

tagliata parte delle loro


e pianto
il
il

membra,
;

gittavano nelle piazze e nei mercati.


il

Fu

grande tristezza
il

gemiti

il

padre rinnegava
;

figliuol

suo ed alla sua

volta

figliuolo al padre,
all'
i

fratello al fratello

la

madre
i

alla figlia e la figlia alla

madre, l'amico
lor sopra.
e

amico

vicino al vicino

per

molti tormenti

che pesavan

pregavano
si

ch

fedeli che avevano lo sguardo a Ges Cristo Signore e Kedentore nostro, peraffrettasse ad aiutarli e li redimesse e salvasse da codesto malvagio. I nomi
e

Ed

erano fuggiti dal supplizio innalzavan gli occhi al cielo

di quei sette fanciulli benedetti erano: Arsalids,

D'mids, Awgnjs, Demtjos,


citt,

Brntjos, Estifus e Krjakos

(').

Questi giovanetti, figliuoli dei magnati della

eran saldi nella fede in nostro Signor Gesi Cristo, ed ogni giorno andavano di cesopra lato alla chiesa, e adoravano prostrati colla faccia a terra e gittavano cenere
la loro testa;

piangevano

gemevano, pregando ed avendo


e

gli occhi a Dio,

perch

li

redimesse e salvasse dall'idolatria


andare alla chiesa,
si

dall'immondo

sacrificio. Gl'infedeli avendoli veduti

recarono prestamente presso l'imperatore, ed accusarojio quei


tuo comando, mentre

giovinetti di esser cristiani, dicendogli: viva l'imperatore Decio in eterno! ecco, tu

adduci

lontani perch sacrifichino, ai tuoi Dei e compiano


te,

il

coloro che sono vicini a

da te
ai

si

allontanano,
Dei.

ti

resistono,

non obbediscono
loro e

al

tuo comando,

n sacrificano

tuoi

L'imperatore

rispose

disse:
i

chi

sono codesti che hanno adoperato cos?

Gli risposero dicendo: Arkeldos, ed


;

suoi
e

compagni,

figliuoli

dei magnati della

citt

essi

vanno

alla chiesa ed ivi

adorano

pregano, ricusando di dare ascolto al tuo comando e deridendo la tua regale maeaddotti presso a st. L' imperatore ci udendo si adir, e diede ordine che fossero
lui
;

quando furono
e copiosa

addotti, stettero al suo cospetto,


l'

mentre scorrevano loro


:

le la-

o-rime,

cenere avevano sul capo. Disse loro


ai

imperatore

perch ricusate di

dare ascolto al mio comando e sacrificare

miei Iddii? non vedete siccome tutti miei Dei


;

vengono dai loro paesi, ed offrono


offrite sacrifici alle
all'

sacrifici ai

ma

ora andate voi pure, ed


e disse

Dominazioni

Potest, siccome conviensi. Rispose Arkeldos

imperatore
il

noi abbiamo un Dio, a lui diamo laude, lui adoriamo ed a lui offriamo

l'animo e
ti

corpo nostro in puro sacrificio.

Ed

ora odi o Decio imperatore


al

noi non
;

daremo

affatto

ascolto in questo proposito, ne obbediremo


sacrifici agi' idoli,

tuo comando
(')

tuoi

Dei non adoreremo, non offriremo


(')

n
v.

il

nostro corpo

conta-

Archelides, Diomeiles, Eugenius, Demctrius (Sabbatius?

sopni), Probatius, Stophaiius,

Ciriacus.
(')

Lo

la

nostra anima


mineremo
al

421

coi

demoni. Incontanente

l'

imperatore comand che tacessero e disse loro

or ecco voi avete

bestemmiato

la

mia regia maest,


,

e vi rifiutaste di dare ascolto

mio comando

or vien rimossa la vostra dignit

da presso
vi

me

n sarete

piii

dei miei.
tiate ai

io

adesso snbito vi sterminer,

ma

si

aspetter, perch vi conver-

miei Dei e torniate nel loro amore,

per vostro stesso vantaggio,

poich
e vi

mi

sta a cnore che

non perisca

la vostra giovinezza;

ed ecco che vi aspetter

dar tempo alcimi giorni, se siate liberi del vostro errore e della pena che ho voluto impervi, poich assai io vi amo.
giorni e
li

Quindi

l'

imperatore diede loro tempo alcuni


per girare in tutte
rilasciati
le

lasci; dopo questo, usc l'imperatore

sue
1

citt,

e poi tornare

nella grande

citt
e

di

Efeso.

Quando furono
e
si

liberi

gioe

vinetti
la

andarono
ai

alle loro case


ai

tolsero assai ricchezze, oro, argento e

moneta,

diedero

poveri ed

mondici celatameute,

consigliarono fra loro di sot

trarsi dalla loro citt, e di andare nella


citt e nascondersi in essa,
l'

caverna che
li

verso

1'

oriente

di

questa

pregare da Iddio che


entrarono
tal

proteggesse dai supplizi delil

imperatore.

Andati

quindi,

in

questa

caverna e lodarono

Signore
e

Iddio e dissero:

come Dio vuole,


al

sia

di noi!

da ora in poi non temiamo


il

siamo pronti a morire

cospetto dell' imperatore per


affinch riceviamo dal cielo
il

nome
corona

del nostro Signore e

Kedenlore Ges Cristo,


fedeli,
i

la

che

viene data

ai

quali furono martiri e diedero la vita per


e

nome

di lui.

Cos fecero quei

giovinetti,

prese con se le monete per

il

loro cibo, dimorarono in quella caverna

molti giorni, pregando e piangendo e

gemendo a Dio, perch


e

liberasse

il

fedele

popolo cristiano. Diomede poi che era di bello

splendido aspetto, saggio e intellie

gente, que' giovinetti lo fecero loro ministro, che andasse al mercato


loro
il

comprasse

cibo,

ed anco ne

desse ai poveri. Egli


,

si

vestiva con istracci logori e somi-

gliava ad

un qualunque povero

andava

al

palazzo dell' imperatore e porgeva orec-

chio a ci che la gente si dicevano l'uu l'altro in loro riguardo.

Dopo lungo tempo,


ai

venne Decio imperatore ed entrato nella

citt di Efeso,

immantinente comand
i

suoi giudici ed ai grandi della citt, che conducessero Arkelds ed


lui,
i

compagni

di

perch sacrificassero

ai

suoi Dei.

Allorquando Diomede ud

ci

venne presso

suoi compagni che dimoravano nella caverna, disse loro della venuta di lui (Decio)

siccome aveva comandato


idoli.

ai giudici di

condurre essi
ci

(/

Sette

Dormienti) a

lui, affin-

ch sacrificassero agli
afflissero assai
;

Poi che udirono

da Diomede, temettero forte

si

adorarono colla faccia a terra

e fecero preghiera,

supplicando Iddio
il

che

li

salvasse dalle insidie dell'imperatore. Quindi


;

Diomede
assai

ajipose loro
,

cibo che

aveva portato seco

essi

mangiarono

tristi

e pensierosi e

ed appareccliiarousi
sole tramont
;

a morire. Mentre erano cos dolenti ed


occhi erano gravi di sonno e
vivificatore di tutto
il

afflitti

piangevano,
Il

il

loro
e

si
,

addormentarono.
volle

Signore Iddio misericordioso


e

mondo

mostrare grande prodigio

miracolo in quei
terra, e resero

giovinetti
le

quali
al

si

addormentarono come uomini che giacciono sulla


nella

loro

anime

Signore ....(')

loro bocca ed

il

denaro era posto presso a

(')

Qui certamente manca qualche parola

p. es.;

ed

era la lode del Signore

vedi la nota

critica al testo etiopico p. 411.

Ecco tutto

il

luogo quale sta in

Metafraste

(ed.

Mignoli, 433)

xal ovjbg

xoi/^rj6tj(jcci'

ni

rrj; yijs, o

wj Snvog

xuOtjfisQivg, xc nStoxttv ras pvxg uitiy. 'SI; sani'

,,

loro. Il d

422

ma non
i

seguente Decio empio imperatore, mand a cercarli in ogni luogo,

furono rintracciati e trovati.

Dopo
che

ci

mand
(')

l'

imperatore presso
quei
fanciulli,

giudici ed

grandi

della

citt,

comand

adducessero

dicendo loro:

la

mia
si

real maest clemente, n sono puniti


i

coloro che

mi
che

si

ribellano, poi che


all'

pentino e tornino a me. Risposero


ti

giudici della citt e dissero

imperatore

non

caglia

o nostro principe

di
si
,

quei giovani ribelli

sono nell' errore


e

ed

in ogni opera
e

malvagia

ecco essi
i

han preso oro

argento

molte, ricchezze

le

diedero

ai

poveri fra
si

questo, l'imperatore

conducetemi
adorare
i

vostri

miei Iddii,

Udendo mand presso i loro genitori dicendo: figli ribelli che derisero la mia real maest, rifiutarousi di e non adempirono il mio comando. Or io giuro per il capo
cristiani

n sai)piamo dove essi sono andati.

adir ed incontanente

dei miei Dei, se voi


all'

non
:

li

condurrete qui, morrete di morte dolorosa.


,

Risposero
o

imperatore dicendogli

o nostro principe
ti

se

vuoi ucciderci per loro cagione


ti

punire noi in loro vece, noi


di loro storia. e poi

diremo chiaramente, n
il

nasconderemo nulla

affatto

Quei giovanetti presero

nostro oro ed argento, lo diedero ai poveri,


il

andarono alla caverna che guarda

lato

orientale della citt

col dimorano

in grande tristezza n

sappiamo qual cosa


l'

sia loro intervenuta, se siano


e

morti o stiano

col vivi. Ci

udendo

imperatore

li

lasci liberi,

cominci a pensare come punire

quei giovinetti.
l'

Ma
,

Iddio misericordioso e amante degli uomini ispir nell'animo del-

imperatore

di

chiudere loro con molte pietre la bocca della caverna, affinch non
e

ne potessero uscire

questo avvenne per volont del Signore, per custodire quei

martiri finch la loro storia venisse rivelata, ed arrossissero quelli che negavano la
risurrezione dei morti.

Dopo

ci diede ordine l'imperatore di chiudere la


:

bocca di
:

quella caverna con

grosse pietre e disse

or ecco sono

periti quei giovinetti


i

ne

potranno
confidenti

piti

vivere in eterno poich hanno

bestemmiato
e

miei Dei.

Eranvi due
cristiani
e

dell'imperatore per

nome Teodoro
giovinetti

Macedonio, che erano


;

timorati di Dio, nascostamente, per paura dell' imperatore


loro di scrivere la storia di quei

essi preser consiglio fra

martiri,

che

per

Cristo
di

erano

morti

nella caverna. Quindi Teodoro e

Macedonio tolsero due tavole

piombo, ed in esse

trascrissero senz'inchiostro

la storia di quei

sette giovinetti, le i^osero in

una

cas-

settina di bronzo, la quale sigillarono e collocarono in

mezzo

alle pietre che chiuder

vano quella caverna, dicendo: se Iddio voglia, esso scritto manifester la storia di
que' sette giovinetti. Mor dopo ci Decio, e molti altri imperatori che regnarono dopo
lui

dele).

r un dopo l'altro tutti morirono, finch regn Teodosio imperatore spirituale (feNei suoi giorni sorse gente' eretica di fede, e cercarono corrompere gli uomini
:

dicendo

non havvi risurrezione dei morti


:

ed anco dicevano
il

non havvi

vita e

pene

eterne. Eranvi poi degli altri che dicevano

corpo

si

guasta e corrompe nella terra

io^oXoyiic v

arftaxi, trcr xe ro l'iQyvQioy ecc. Cosi l'edizione del Migiie, che ignora se in

questa punto sia criticamente esatta.


(')

Tale parrebbe

il

senso del testo:

Lo

dice pi chiaramente

n medita

o prepara pena

e. e.

'

ma

dubito che ci sia un'emendazione arbitraria di questo codice recento. Potrebbe supporsi

^"feA*

invece di

ftoA'
jtojiio

'

ma

ignoro se 'lAfl'

'

trovisi

mai usato nel senso che

il

contesto richiede

(Sir.

ILoXaao

|J).


ih

423

ci che dice

risorge se non l'anima sola. Ignoravano codesti stolti siccome l'anima nulla affatto
fare o di

pu

bene o
l'

di

male, se non unita col corjjo; cieche erano le loro menti

e da loro allontanata

intelligenza, n

comprendevano

Nostro Signore Ges

Cristo nel santo Vangelo, che cio coloro che sono nel sepolcro udiranno la voce del
figliuolo dell'uomo e risorgeranno,
i

giusti a vita eterna ed


il

peccatori a pena eterna

(').

Ma

Iddio altissimo non vuol far perire

fedele popolo cristiano ortodosso,


il

ma

lo
il

aiuta e salva, e gli insegna la sapienza e la scienza. Perci

Signore manifest

mistero della risurrezione dei morti,


giorni di Teodosio
al

fece lieto

l'imperatore Teodosio.
il

Era nei

un magistrato per nome Adeljs


i

quale volle costruire un ovile

suo gregge; onde mand

suoi servi ed altri che furono prezzolati con loro, perch


lui,

scavassero la terra per trarne fuori delle pietre per

onde costruire

l'

ovile per le

sue pecore. Iddio


e nel terzo

li

guid^ a quella caverna ove eransi addormentati quei giovinetti,


scavavano nella terra
e

giorno mentre

traevan fuori pietre,

ecco

fu

aperta la bocca di quella caverna, per volere del Signore che tutto pu ed a cui nulla
impossibile. Il

Signore risuscit quei giovinetti siccome chi

si

desta dal sonno, e


di

presero a

salutarsi a vicenda

come facevano ogni giorno

non avevano aspetto

morti, n le vesti erano logore,


supplizi dell' imperatore Decio.

ma solo stavano tristi E dissero a Diomede


e

e pensierosi

per timore dei


fra

che

parlavano
li

loro la

gente in nostro riguardo ier sera? Rispose Diomede

disse loro:

ho

uditi dire
e

che
loro

ci
:

avrebbero
miei

tolti
!

con loro per sacrificare agl'idoli. Rispose Arkelids

disse

f-atelli

non temiamo

sujjplizi di

codesto imperatore tiranno, non sail

crifichiamo ai suoi Dei impuri, u rinneghiamo


Cristo;
a

nostro Signore e Redentore

Ges

saldi stiamo nella sua fede per ereditare la vita eterna.


fratel nostro al

Dissero di nuovo

Diomede; va

mercato

compraci

il

cibo poich abbiamo fame; e


gente.

porgi orecchio a quello che di noi dicono fra loro la


e

Allora sorse Diomede

prese del denaro di quello che avevano collocato presso a loro, che era stato fatto

in quei giorni;

imperocch da quando

si

addormirono

in

quella caverna fino a che

risorsero, erano passati a quei giovinetti trecento e settantadue anni.

And Diomede

per entrare nella citt di Efeso, pauroso che la gente lo riconoscessero, e lo conducessero presso l'imperatore Decio; n sapeva

Diomede che

le

ossa di Decio erano

putrefatte, e che gli altri imperatori che regnarono dopo lui erano tutti corrotti e
trefatti nella terra.

pu-

Poi che
si

si

avvicin alla citt, vide sopra la porta

il

segno della
l'interrog
Efeso.

croce, e ci

vedendo assai
il

meravigli. Ecco venire un


di

uomo

Diomede
suo

dicendogli; qual

nome

questa citt? Rispose l'altro:


citt,

il

nome

Poscia and Diomede ad una seconda porta delle


il

ed ancora trov sopra di essa

segno della croce


ci

and anco ad una terza porta della

citt, e ivi

pure trov
e di l,

in egual

modo; per
citt,
tutto.

stup e raeravigliossi;
affincli

cominci a volgersi di qua

coprendosi

la faccia col sabano,

la

gente non lo riconoscesse.

E mentre

traversava la
sa

udiva la gente parlare e dire: Ges Onde Diomede udendo questo parlare si
forse

Cristo nostro Signore e Redentore


nipravigii assai e diceva
il
:

che codedi Cristo,


vi

sto?

non
(')

che

ieri

non v'aveva alcuno che ardisse m.enzionare


il

nome
forse

/(./(.

V, 28, 29. La citazione per

vs.

29

iion

letieraliiiente esatta, e

confu-

sione con Daniel, XII, 2.


7.

Anche
\\

il

Metafraste

cita

Dan. XII, 2 (naturalmente secondo


il

Teodo-

ione),

ma

nell' ed. di

Migne

ISG, per iabaglio vien rinviato

lettore a Ucul. Il, 3.


ed ecco che oggi
li il

424

nome
di Cristo
!

odo giurare apertamente nel

And

al

mercato
e la

per comperar loro

cibo, ed accostatosi ai venditori trasse fuori


il

mia moneta

porse loro perch gli dessero

cibo.

Quando

venditori videro quella moneta, non


:

poterono riconoscerne V

effigie

n leggere la scrittura [la leggenda) e dissergli


?

dove

hai trovato questa moneta che stata battuta fin dai tempi antichi
a mostrare la

E
:

cominciarono
quest'

moneta

agli altri,

ed essi ragionavano fra loro e dicevano


terra.

uomo

ha trovato un tesoro nascosto sotto

Quando Diomede

ud ci, temette assai e tre-

mava, credendo che l'avrebbero menato presso l'imperatore Decio; disse loro Diomede orsli prendetevi il cibo che mi avete dato ed anco il denaro, e lasciatemi che
:

vada dove debbo andare. Quando coloro intesero questo parlare da Diomede,
sero e dissergli:

lo preci

narraci

esattamente

ov'

il

tesoro
ti

che tu hai ritrovato; non

nasconder

nulla affatto; che se tu non cel dirai,


ci conturbossi e disse loro
:

condurremo presso

il
!

giudice.

Diomede udendo
teva andare
in

non ho trovato alcun tesoro


scoperto e riconosciuto;

n poper
la

sua casa,

perch

sarebbe

stato

grande paura che avea addosso, non coutradiceva loro in alcuna cosa, onde quelli per la citt che un lo presero e lo condussero presso il giudice. Fu udita la voce

uomo

straniero avea trovato

un

tesoro dentro terra; molta gente


:

si

radun attorno

a lui, e tutti lo seguivano dicendo

costui uno straniero e ninno lo conosce. Dio-

mede non poteva

parlare e volgevasi di

qua

e di l,

se pur vedesse suo padre o alcun


il

suo parente o alcun suo conoscente,


nel seggio cpiscnpale e gli addussero

ma

ninno vide quel giorno. Sedeva


e

vescovo

Diomede

insiem con lui

la

sua moneta, ed

egli stava come uno stupido che briaco dell'aver bevuto vino; mentre lo burlavano e deridevano e molto lo ingiuriavano, onde non poteva parlare, come un muto.

Quando
ris

stette innanzi a loro, presero

da lui quella moneta

quindi
il

il

ve^scovo

Mdi

col

giudice esaminaronla

gli

dissero:
e

dove hai trovato

tesoro

dal quale

hai estratta questa


sorta,

ma

moneta? Rispose ho preso questa moneta


e

disse loro:

non ho trovato alcun tesoro


di quella coniata in a

dalla casa paterna,

questa

citt; n io so che sia questa tribolazione che

piombata addosso
il

me, senza mia

il

colpa. Il giudice rispose

gli

disse:
e

chi sei tu e
la

padre tuo? qual


?

tuo nome,
e disse

chi
al

tuoi fratelli e
io

parenti,

dove mai

tua citt

Eispose Diomede

giudice:

sono di questa citt


Il
il

e gli disse il proprio

nom3,

quelli

dei fratelli e dei parenti.


lo conosceva;

giudice interrog {esamin) quelli della citt, giudice a Diomede:

dd padre, ma ninno

onde disse

come

tu menti! e dissero quelli che

stavano col: questo giovine c'inganna col suo parlare per liberarsi dal supplizio. Quando Diomede ud queste parole, pieg la faccia a terra con vergogna; il giudice

quindi lo rimprover dicendogli

come potremo
e

crederti che questa

moneta
?

sia della

tua casa paterna, mentre la sua


vivi da quei

effigie e la scrittura

sono di 372 anni fa

Oh che

tu

giorni fino

ad oggi ancor giovine,


fa di

non hai invecchiato? forse vuoi inganbene dove hai trovato questo tesoro;
punir con grandi supplizi, Diomede
e si
;
_

nare gli abitanti della citt? Ora

dirci
ti

che se noi dirai

io

ti

gitter in prigione e

udendo dal giudice questo parlare,


ti

temette assai

prostr a

terra

dicendo:

io

domando, signor mio, che m' informi esattamente


il

l'imperator Decio egli vivo o

no? Quando

vescovo Mari s ud questo parlare, di Diomede, dissegli: non havvi in questi giorni alcun imperatore per nome Decio; che l'imperator Decio da molti anni

425

morto, e dopo lui molti imperatori sono morti. Gli disse Diomede
e

o padre

mio

io

ho l'animo conturbato, souo come muto


venite a vedere
i

nou posso parlare

voi non

mi

credete,

ma

miei

fratelli

che dimorano con

me

nella caverna, stando noi na-

scosti per paura dei supplizi di Decio imperatore; poich iersera io sono entrato in

questa
e

citti,

ed ho comprato cibo per


la

miei

fratelli.

Iddio fece intendere al santo


:

beato vescovo Mris

cosa che dicea Diomede, e disse al giudice


;

or ecco, Dio vuol


lui.

mostrarci oggi un grande prodigio sopra codesto giovine


il

venite,

andiamo con

Sorse

vescovo,
e

il

giudice ed

principi della citt,


e
col,

seguendoli molta gente, andarono con

Diomede

vennero nella caverna,

trovarono la cassettina di bronzo immezzo


argento. Prese su
il

alle pietre,

che era suggellata con due

sigilli di

santo vescovo

Mris questa cassettina,

l'apr e trov dentro

ad essa due tavole di piombo, nelle quali

era scritta la storia di quei sette giovanetti, che furou martiri, e

come fuggirono

e si

nascosero da Decio imperatore. Quando

il

vescovo le lesse innanzi all'intiero popolo,


questo prodigio; quindi entrarono nella

tutti lodarono Iddio per aver loro manifestato

caverna, e trovarono quei santi seduti e co' volti splendenti


e

come

lo

splendore del sole,


il

benedicevano

lodavano Iddio. Quando


li

il

santo vescovo Mris ed

giudice
;

li

videro,

adorarono Iddio, poich


tarono
a

avea

fatti

degni di vedere questo miracolo

santi raccon-

loro tutto ci che loro era accaduto per opera dell'imperator Decio, e
il

come

quei giorni avea tormentato

fedele popolo cristiano. Incontanente scrissero al-

l'imperatore Teodosio questa cosa affinch prestamente venisse presso loro, e vedesse

questo miracolo che Dio avea operato ne'suoi giorni; quando la lettera giunse all'imperatore, ed ebbe letto ci che vi era scritto,
il

si alliet e

lod Dio e disse

ringrazio

Signore e Redentore nostro Ges Cristo, che non ha

f;itto s

che

io fossi

da

meno

del

mio padre Costantino santo imperatore. Quindi venne


esercito ed innumerevole
;

alla citt

di

Efeso con molto

quando giunse nella

citt,

tutta la gente usc per incon-

trare l'imperatore e andarono con lui nella caverna, e uscirono quei sette giovinetti ad

incontrare l'imperatore.

Quando l'imperatore
abbracci e
io vi

li

vide che risplendevano

loro volti sice lo

come

la luce del sole,

ador Iddio innanzi a loro e quei santi lo presero


li li

alzarono
il

di terra; egli alla sua volta

fece sedere innanzi a se e benedisse

Signore Iddio

e disse: o

miei Signori

dico {reputo) in questo giorno che {come


i

(juando{')) Nostro Signore chiam Lazaro e lo fece sorgere da infra


gli

morti.

disserfortifi-

{aW imperai ore)

quei giovinetti
i

il

nostro Signore e Redentore Gesti Cristo

chi la tua real Maest, sottometta


la

tuoi nemici sotto lo sgabello dei tuoi piedi, guardi

tua fede retta {Orloilossia) e


;

ti

liberi da ogni male.

Molto

lo

benedissero e prega-

rono per lui

e ci detto

s'

addormentarono sulla terra

e resero le

anime a Dio,

mo-

rirono mentre l'imperatore stava presso a loro. L'imperatore pianse di grande pianto;
si

tolse le vestimenta di porpora e ne

li

ricopri

comand che fossero


i

fatte loro sette

casse di oro e venissero collocati


l'

in esse.

Ma

ecco che

santi martiri apparvero al-

imperatore

gli

dissero

non gi dall'oro fummo

creati,

ma

dalla terra

fanne

adesso tornare alla nostra polvere.


di oro scavassero

Comand
e

allora l'imperatore che con

una pala
i

entro la caverna
e

seppellissero quei martiri. Radunaronsi tutti


e

vescovi

molta gente

innumerevole,

celebrarono una festa a quei santi martiri

il

(')

Cf. sopra

il

testo siriaco, p. 389. Forse omessa qualche parola in tntti e tre


ecc.

mss.

Classe

di

scienze morali

Memorie

Vol. XII.

54


giorno tredicesimo del mese di Ter
('), e

426
in

quel giorno l'imperatore diede molte rictutti


i

chezze

ai

poveri ed indigenti.
e lo

Quindi uscirono

vescovi ed

il

popolo, ed anda-

rono coir imperatore,

condussero nella citt capitale del regno, ringraziando e


i

lodando

il

Signore Iddio che avea operato tal miracolo sopra

suoi

santi.

noi

supplichiamo e volgiamo la mente al Signore e Kedentore nostro Ges Cristo, perch


ci

aiuti

ad adempire

suoi comandi

ci

salvi

da ogni male
;

ci

liberi dai lacci

del demonio, e ci congiunga con que' santi martiri


zione nei secoli dei secoli,

a lui onore e gloria ed adora-

amen.

Oltre

il

lungo brano che ho pubblicato

e tradotto,
il

un altro testo etiopico della


sotto
il
i

leggenda dei Sette Dormienti quello che reca

St'nekstfr

giorno 13 di
codici

Ter (Gennaio)
ford
(')

che do in luce qui per la prima volta secondo


(').

di

Ox-

di Parigi

Questo testo

breve e tutta la narrazione

ristretta in

pochi periodi, onde

non

facile riconoscere

con certezza in qual relazione esso stia


o

col lungo racconto precedente; se cio ne sia indipendente


derivi, a quella stessa guisa che p. es.
il

non piuttosto da esso

racconto dei martiri emeriti nel Senrksdr


(').

deriva dalla estesa e

pii

antica narrazione sopra di essi


i

Questo secondo caso mi


il

sembra molto probabile, anche perch


anni che dur
il

nomi

dei Sette Dormienti, e


i

numero

degli

loro sonno uguale in


si

ambedue

testi.

Ad

ogni

modo

il

racconto del

Sencksn'r etiopico non

collega punto con quello del noto Sinassario arabo dei Co-

pti giacobiti, attribuito a

Michele vesc. di Atrib


il

Malg; dal quale


(').

diverso nei

nomi

dei Sette Dormienti, e in tutto quanto


:

dettato

Il

Seneksur etiopico

di questo tenore

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La copia

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'

(V^.I'i'i'

CMh
me

'

mh
Mar-

Gennaio.
Dillmaiiii, Cai. p. 50.

(')

di questo squarcio fu gentilmente fatta per

dal sig.

goliouth, Fellow of
(")
(')
(')

New

College, Oxford.
p.

Zotenberg, Cat.

1"2.

Debbo

la collazione di questo cod. allo stessj Zolenberg.


8.
il

Cf. Fell, Z. d. D. M. G.

XXXV,

Ecco

il

principio di ijuesto testo arabico secondo

codic. vatio. arab.

63,

fol.

173,a, seg.

fji^j

c;,^}

eXUl >\J^\

J\ <k^\j^ I nomi dei Sette Dormienti sono; Massimiano. Giamblico, Martino (Martiniano), Giovanni, Costantino, Antonino e Dionisio. Come vedesi dalle parole cbe ho recate, il racconto arabo che sopra bo citato, (pag. S91, not. 1) non altro se non questo medesimo testo del Sinassario arabo
copto-giacobita. Cf. anche sopra
a)
p. 13.

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Ox.

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il


il
:

428

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rt-n'J

hAh.

In questo giorno morirono

sette giovinetti

cui

nomi sono: Archelide, Dioe

mede, Eugenio, Demetrio


netti, sati
figli

('),

Brntjs (Probazio), Stefano

Ciriaco. Questi giovi-

dei magnati della citt, erano saldi nella fede di Cristo, e vennero accu-

presso

r empio imperatore Decio

di esser cristiani
si

egli

li

fece

venire

li

costringeva ad adorare g' idoli.

poich gli

rifiutarono di ci fare, diede loro


consiglio.

un
gli

termine

fisso

di

tempo, perch insieme prendesser


si

Decio and dove

era mestieri, e quei sette fanciulli benedetti


tutto
il

recarono alle loro case e spartirono

loro avere ai poveri ed indigenti

e tolto il

denaro che era rimasto per ci che

loro occorreva, si nascosero nella caverna che sta ad oriente della citt.

E Diomede
comprava

era giovinetto savio e prudente;


loro
il

egli

prestava loro servigio nella citt,

cibo,

narrava loro

le

cose che aveva udite.

Quando torn

l'

imperator De-

cio nella citt, cerc quei giovinetti; e allorch gli fu detto che se

ne stavano nella

caverna,
giovinetti

comand che
santi,

fosse ostruita la bocca della caverna con pietre.


a sera.

Quei sette
spiriti

quando s'addormentarono

Iddio
anni.

tolse

loro

e li

fece riposare nel paradiso ('); ed essi dormirono

372

Fra
i

le

guardie dell'imtolsero

peratore eranvi due fedeli,

per

nome Teodoro

Macedonio;

quali

due

a)

Ox. om.

b)

Par. orn.

e)

Ox. ffl'I'O^Vh
'l'Ufk-

"

/)

Ox. oin.

il

rt-

e)

I ms--. aggiun:

gono n/.h-fO(Par. nao'id.t


/()

^^t--

t--' (Par

9tlh

^:*<-

'l"fl>Aft
:

OdR^'^'

^H- ) A^Atf

^A?"

Ox. 3in-<{>

g)

Ox. hi"

Par.

?iA

(') (')

Cf. sopra, pag. 405, not. 3.

Nel Paradiso

terrestre,

come reputo,

o ci secondo la

comuue credenza che


355
seg.
,

col restassero le
v.

anime
p.

dei giusti fino alla risurrezione.


not.
1,

Cf. Ludolf,

Comm.

hist.

369, 478;

anche sopra

390

Dillmann, Das Bach llenoch, cap. 22.

tavolette di

429

e nei

piombo

scrissero la storia di quei santi, e la posero nella porta della

caverna.

Poscia mor Decio,

molti imperatori regnarono dopo di lui;


i

giorni del

fedele imperatore Teodosio sorsero degli eretici

quali negavano la risurrezione dei

morti. Bravi

un magistrato per nome Aldejs


ai

(');

volendo costruire un ovile alle sue

pecore, ed avendo comandalo


posito,

suoi servi che portassero delle pietre per tal pro-

fu aperta quella caverna. Destatisi


il

quei santi, mandarono Diomede affinch


della citt videro la

comperasse loro

cibo.

Quando

gli abitanti

moneta

scritta col
,

nome

di

Decio

presero Diomede e credettero che avesse trovato un tesoro


i

lo

condussero presso

magistrati ed

vescovi.

Quando
;

lo

ebbero interrogato ed esali

minato, egli narr loro di quei sette giovinetti


denti siccome
il

andati

trovarono seduti risplenlesse


ai

sole.

Il

vescovo tolta la tavoletta di piombo,

la loro

storia

che era

scritta.

E
i

poi che la gente ud che eransi addormentati


altissimo, e

giorni di Decio,
il

ammirarono Iddio
nuto, abbracci

mandarono presso Teodosio imperatore;


cose avvenuti'.

quale ve-

santi e chiese la loro benedizione; poi che si furono intrattenuti


le

con

lui,

narrandosi a vicenda

lo

benedissero

addormentatisi

sulla terra resero le

anime

Dio

altissimo.

L'imperatore Teodosio pianse sopra

loro ed essi vennero sepolti in quella caverna.

Salvete o sette fanciulli, che giaceste aggravati dal sonno di timore e


spavento.

Dopo

trecento anni insieme con settanta

due, allorch la gente

vide

il

vostro ridestarsi conobbe chiaramente la risurrezione dei morti.

Finalmente pubblico qui un'altra strofa


Parigi C) secondo la copia trasmessami notevole anche per ci che concerne
libro intitolato h1,h-ttib.C

ai

Sette Dormienti, da

un

codice d

coli'

usata cortesia dal Zotenberg. La strofa,


dei versetti e la rima, fa parte del

il
'

numero
e

Vii*"

composto dal re Zar'a Ja qob, o almeno per

comando

di lui

(').

Salute io dico ai sette fanciulli;

Irecentosettanta e due anni dormi,

rono

destaronsi dicendo
ci

da Decio siamo fuggiti

ieri

ci

addormimmo

ed oggi

siamo

levati.

(')
(')

Adeljos

.idolius.

Zotenberg, Cai.

(")

n. 130, f. 37,t, al 13 di hedr. Dillraann, Ueber die Regier. ete. 26. Questa circostanza aggiunge una qualche probabilitj. a

ci che

ho detto sopra, pag. 405, sul tempo in che fu fatta la traduzione del lungo testo etiopico

che ho pubblicato.

430

Testi armeni.
Chiudo
in lingua
tale

la serie

di

questi racconti orientali sopra

Sette Dormienti, con quelli

armena. Io dapprincipio non voleva dare se non un brevissimo cenno su proposito, giovandomi di alcuni schiarimenti fornitimi dal prof. Giuseppe Ferail

hjan (ora vescovo di Diyarbekr)

quale colla consueta sua cortesia, mi trasmise la

traduzione di un breve testo inedito, ed in pari tempo mi fece avvertito della narrazione pi lunga e distesa, contenuta nel martirologio stampato a Venezia nel 1874.

Tale era la mia prima intenzione;

ma

vedendo da un lato come

dei

testi

armeni

non

si

fa alcuna menzione neppure nel libro del Koch, e d'altra parte desiderando

aver ragione, iu questa

mia memoria,

dei
('),

racconti

che

si

conservano in
cagioni
di

tutte le

lingue letterarie dell'Oriente cristiano

ho deciso per

tali

tener
prof.

pii

lungamente proposito anche dei


rlijan,
al

testi

armeni.

tal fine e col

permesso del
il

Fe-

quale rendo qui le dovute grazie, pubblico appresso

testo inedito che

sopra ho ricordato, e che conservasi in


s.

Roma

nell'Ospizio nazionale degli

Armeni

in

Biagio.

11

codice bombicino e porta la data del 1239,

ma

la

composizione stessa

risale

naturalmente a tempo

pii antico che tuttavia non saprei con esattezza deter-

minare.

Inoltre ho tradotto tutta la narrazione dei Sette Dormienti qual' nel libro

pubblicato,
..ppng

come ho

detto,

Venezia nel 1874, col


//

titolo

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celebre

^.nr^lr,.,/

n,np-i,u,i,.fj

I, p.

491, sBg.

Qucsto tosto sarcbbc do(secondo patriarca

vuto

al

Gregorio Wgajasro amico dei martiri,


presso gli Armeni, fiorito nella seconda met dell'
(').
il

di quel

nome

XI

sec.)

almeno

a qualche suo discepolo

probabile che questo non sia


gli

racconto
pii

piti

antico che sopra

Sette Dor-

mienti corresse presso

Armeni, tanto

che l'agiografia armena principierebbe

da tempo molto
e

antico, cio dal

secolo, e con
vi si

due nomi

illustri:

Isacco

il

Parto

Mesrob; inoltre nel secolo IX Adom e Gregorio diacono. E


Armenia
fin

distinsero

Kakig,

abate del monastero di


la

se

non verosimile che

leggenda esistesse iu

dal

secolo, nulla vieta di credere che vi fosse ben" presto importata.

Ma

per poter decidere se nel testo di


scrittori
la

Gregorio Wgajasr
i

vi siano delle parti

tolte dagli

armeni anteriori che ho detto,


e e
ci

bisognerebbe saper se da essi

fu trattata

leggenda,

sian conservati

loro scritti, e sarebbe necessaria una


assai
pii

conoscenza della lingua


quella che
libri
io

della

letteratura

armena

vasta e profonda

di

ho

oltrech nelle nostre biblioteche pur troppo

mancano sempre molti


squarcio di
la

che potrebbero facilitare simili ricerche.


in se

Ad

ogni

modo questo lungo


di

Gregorio Wgajasr mi sembra


storia letteraria della leggenda,
intiero.

medesimo

non lieve importanza per

onde non ho esitato a tradurlo qui appresso per

Di

altri

agiografi pi recenti,

come Gregorio VII (m. 1307)


io

Gre-

gorio Zerentz

(m. 1425), come dei pi antichi,

storia dei Sette Dormienti,


(')
(')

ma

d'importanza relativamente non grande

non so se abbiano scrittola , a mio cre-

Ignoro se nella letteratura giorgiana trovisi qualche narrazione dei Sette Dormienti. Quadro delta Si. loti. 75-76. Quadro delle op. Iradolle eie. 34 ; cf. anche Cf. Sukias Soraal
,

Moesinger,

Ada

SS. Mari. Edess., 32.


Ada
Sanctoruii

431

il

dere, la narrazione contenuta nelle vite dei santi, scritte dall' Jiucher ('), il quale sembra aver largamente attinto anco a fonti occidentali e recenti, specialmente agli
("),

confondendosi cos nel suo dettato

racconto orientale coli' oc-

cidentale.

possibile tuttavia clie per la storia letteraria abbia maggior rilevanza

l'opera del P. Ignazio Caciadur (m. 1780),


dall' Auclier.

quella stessa

cio

che

fu poi

ampliata

Ecco pertanto
gio,

il

testo e la traduzione del racconto qual nel codice di

s.

Bia-

sopra ricordato.

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pt

^i

juipuLp/iL,

sono
13)

B. Aucher, Vilaa onm. Sanclor. Ven. 1810-1814. che Questo mi fanno supporre alcuni nomi propri p. es. quelli Jei confidenti dell'imperatore, Teodoro e Gaio (v. Koch, eretici; capi quelli dei specialmente e Koch, 119) (v. e Rufino Teodoro
(') (')

J.

il

nome

del governatore Antipatros

(v.

Kocb, 18)

ecc.


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432

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Ottobre 24. Storia della dormizione e risurrezione dei Sette Giovinetti


di Efeso.

Questi viveano
e giovani di

ai

tempi
e

dell'

empio imperatore Decio, erano


al cospetto

di illustre stirpe,
I

bello aspetto,

sempre stavano

dell'imperatore.

nomi

loro

erano:

Makhsimianos (Massimiano), Amghikos (Amlico), Mardianos (Martino,

Martiniano), Tionsios (Dionisio), lohauns (Giovanni), Gosdautiuos (Costantino), Atoninos (Antonino). E credettero in Cristo e furono battezzati vennero poi denimziati
;

all'imperatore, cbe erano divenuti cristiani. Egli a se


essi

li

chiam,

li

interrog,

ma

non

acconsentirono a negare Cristo, e sacrificare agl'idoli.


si

Adiratosi l'impera-

tore
li

comand che

percotessero loro le gote,

ma

per render omaggio ai loro genitori,


si

lasci andare,

dando loro tempo ed avendo pazienza, che forse


ai

pentissero. Usciti

dal cospetto dell'imperatore, distribuirono le loro ricchezze


vicino

poveri, e saliti ad
dalle

un

monte detto Oghkhos (Olchos), pregarono Iddio dell'iniquo imperatore. Indi al tramontare del sole, mentre stavano pregando, resero
anime a Dio. Dopo alcuni giorni l'imperatore fece ricerca di loro, ma non li trov, che si fu informato che erano nascosti nel monte Olchos, in una caverna. Ordin
perch morissero di fame,
che fosser
vivi.

che

liberasseli

mani

le
e

chiudesse la porta della caverna,


chiuse la porta della caverna
Classe
rn sciexze
;

con grandi pietre


allorch

egli credeva

Ma

muravano
55

mokali

r'cc.

Memokie

Vol. XII."


l'ino-resso della caverna,

434

(')

Teodoro
i

Bufino

che erano celatamente cristiani, scrisdi Cristo

sero su una tavola di piombo

loro

nomi, come per amore

eran morti;

misero

la tavola entro

edificio, e se ne partirono.

Or
la terra

dalla

morte

di

Decio

fino ai

era divenuta piena

di

tempi di Teodosio corsero 144 anni, e tutta cristiani. Ma sorsero alcuni scismatici; non solae

mente

laici,

ma

anco sacerdoti

vescovi,

quali dicevano non esservi risurrezione

per questo corpo ridotto in polvere. L'imperatore Teodosio era in grande pericolo, in un abisso di tristezza ed insieme con lui tutti i cristiani ortodossi deploravano ci.
,

Ma
i

il

clementissimo

misericordioso Iddio, volse gli occhi verso


e

il

suo popolo e

suoi fedeli, volendo mauifeb.tare la speranza della risurrezione;

mise in animo
della

al

padrone della caverna nella quale

giovani
ai

riposavano,

di

fare

caverna

un ovile per la sua gregge.


della caverna; andati essi,

Comand
la

suoi servi di recarsi a demolire la porla


e

demolirono,

non penetrarono nell'interno


Iddio fece

('),

ma

ritornarono presso
dei sette

il

loro padrone.
i

quel

momento
avendo

tornare

le e
il

anime
parea

t;iovinetti,

quali sorsero e sedettero con aspetto risplendente,

loro di essersi addormentati la sera innanzi,


di

ancora

nell'animo

timore

Decio. Inviarono Amlico alla citt per comprare di molto pi pane che non la sera antecedente, poich erano affamati, e per informarsi qual cosa si pensasse

da Decio sul
n'ebbe paura
dato
e
il

loro conto.
e

Uscito Amlico vide delle pietre alla porta della caverna


col

coprissi la faccia

turbante,

affinch ninno

lo

conoscesse.

An-

alla

citt, vide

mutati gli
il

edifici,

ed

il

segno della santa croce sulle porte


{')

sulle mura; ud pure

suono delle campane

vedeva

il

popolo che facevasi


:

segno della croce,

tra loro giuravano nel

nome
si

di Cristo.

Dicea

questo segno

fino a ier sera era nascosto

ed oggi apertamente
e la

mostra
udiva.

ed aggirandosi^ per la
Fattosi
di

citt la

medesima cosa vedeva,

medesima cosa
?

nascostamente

presso ad un
la

uomo

disse

questa Efeso

Andato da un venditore
tolta la
il

pane

datagli
e

moneta per averne del pane, quegli,


lo

moneta, non la riconobbe,


:

preso

Amlico,

condusse presso

il

governatore ed
e

vescovo Marino, dicendo

quest'

uomo

ha trovato un antico tesoro,


il

mostr la moneta, la quale avendo presa, lesservi

nome

di Decio.

Dimandarono:

donde sei?
e

dove hai trovata questa moneta?


il

rispose: son nativo di questa citt;

disse loro
se

nome
dici vi
io

del padre suo, ed

il

suo

orado d'onore.
io
ti

Il governatore lo minacciava:

non

donde

questa moneta,

percuoter di grandi percosse. Disse Amlico:


interrogo

prego o Signori;
Risposero

su ci

di che vi

rispondetemi;

questa citt o no Efeso?

che

si;

replic Amlico: dov' l'imperatore Decio? Disse il vescovo: ma tu parli da matto, ovvero vuoi ingannarci e liberarti dalle nostre mani, poich dimandi dell'antico,

empio ed idolatra imperatore. Disse Amlico io ieri ho lasciato aucor vivo nella citt Decio, il quale tormentava i cristiani, onde noi fuggimmo al monte e se non credete
: ;

me, venite ed

io vi

mostrer

miei compagni nascosti nel monte Oghkhos (Olchos)


,

dentro la caverna.
(')
(')

Allora compresero siccome ci era una rivelazione


cf.

sorti

lo

Questo nome sembra indicare un originale greco;

Kocli, 119.

notevole questa circostanza, della qiiule una somigliante tanto sviluppata nei testi arabi.

Cf. sopra pag. 404.


(")

Propriamente

gli ciyia Sv^.


seguirono
il

130

govoruatore,

il

vescovo ed una moltitudine di gente. Allorch giunsero


il

alla porta della caverna, trov

vescovo la tavola di piombo e la lesse; entrarono

poi nella caverna e videro


bracciatisi

santi star seduti, coi volti lieti e risplendenti,

ed ab-

raccontarono
,

sette

dormienti uno

ad

uno

gli

avvenimenti
gloriosa

accaduti.

Al momento stesso
avvenuta,
il

all'

imperatore Teodosio

scrissero

della

risurrezione

che udendo egli fu pieno di gioia, e con veloci cavalli giunse ad Efeso,

seguito da molti principi e popolo.

Quando s'appressarono
loro volti
li

alla caverna,

santi usci-

rono incontro al
dal cavallo,
si

re,

risplendendo

come
al loro

il

sole.

L'imperatore sceso gi

gitt ai loro piedi e

vener

cospetto; indi seduto nel luogo


:

dove

si

erano addormentati, parlarono all'imperatore e dissero


il

sia in pace

il

tuo

regno, ne dubiti

tuo spirito in riguardo della risurrezione, imperocch per cagion


il

tua Iddio

ci

ha risuscitati. Ci dicendo abbassarono

capo, e resero le

anime nelle

mani

degli angeli. Allora l'imperatore

comand che

si

facessero sette casse di arseppelliscine


il

gento;

ma

di

nottetempo apparvero

santi, e dissero all'imperatore:

im' altra volta al nostro luogo, nella terra. L' imp'^ratore ordin di scavare

luogo
sopra

dove erano addormentati,

col onorevolmente

diede loro

sepoltura.

Al

di

fu costruita una chiesa bella e decorosa, ed annualmente celebrossi la festa dei santi
nel giorno che erano risuscitati.

Quindi l'imperatore fece


Il

ritorno a Bisanzio
l'

con

grande gioia ed allegrezza, rendendo grazie a Dio.


van piantato
lo

vescovo e
credettero

altra gente che ave-

scisma

nel vedere

questi

prodigi,

con fede

ortodossa

nella speranza della risurrezione. Gloria sia a Cristo.

Amen.

Ecco poi

la

traduzione dell'altro testo attribuito a

Gregorio

II

Wgajasr

del quale ho tenuto sopra proposito.

Martirio dei sette santi giovinetti.

II Signore

Creatore di tutto,

il

quale

conosce

le

cose estreme e le prime,


i

scruta

cuori e le reni, e sapeva l'avvenire che cio contro


i

suoi fedeli sarebbero

insorti coloro

quali non vogliono adoperare con retta fede, abbandonando alla sorte
tesoro indestruttibile;
il

della natura

il

che volle Iddio manifestare allorquando di


al

questa cosa

si

sarebbe sollevata disputa,

tempo

di

quelli

che

cominciarono a
tutti

ricercare tali pensamenti. Poich suole Iddio

amante degli uomini verso


i

ado-

perare con bont, custodire inconcussi nella fede


infedeli alla rettitudine con segni e prodigi
,

credenti, fortificarli, e portare gli

a seconda del
il

tempo

della necessit,

siccome per mezzo dei santi Sette Martiri mostr

prodigio, e per loro

mezzo con:

ferm

la

speranza della risurrezione

dei

quali

sette

martiri

nomi eran questi

Makhsimilianos, Amlikhos, Mardimos, Tionesios, Johannes, Hekhsagios, Dadianos

(').

(')

Un

ms. AnJoninos.
,

la stessa serie d

nomi che ricorre

nell.i

recensione

sirivc.x

di

Dio-

nigi di Tellm.
ras.

nel racconto cristiano-rausulraano (v. sopra p. 403) etc. cio: Massimiliano (in qualche
,

Massimiano)
e

Giamblico, Martino o Martuiano, Dionisio, Giovanni, Exacustodiano e Antonino.


di Exacustodianns.

Hekhsagios

Dadianos sembrano ambedue corruzione


Essi lutti e sette abitavano nella
nostro

4:;5i)

di

cittfi

Efeso; zelanti nella fede del Signor

Gesi Cristo e adorni di opere valorose, essi viveano vita tranquilla con fede

immacolata.

Ed accadde
impure

nel regno di Decio, che questi sen venne


i

alla
;

citt degli

Efesini per sacrificar sacrifici ai suoi Dei, insieme con tutti


cos le vane ed
spetto.
offerte

cittadini

compivano
dal suo co-

immonde; onde

fedeli

nascondevansi
agl'idoli, e

Ora l'imperator Decio comand

di costruire

tempi

volendo com-

piere l'impura sua festa, diede ordine ai principi della citt di raunarsi insieme con
la gente dei

dintorni di essa, affinch venuti compissero con lui

il

sacrificio.

Radu-

nossi un' innumerevole moltitudine di uomini che erano consenzienti col volere del-

l'imperatore, e compivano

il

sacrificio.

Grande dolore avevano


quali invocavano

fedeli per coloro che

prediligessero g' idoli e lo sviarsi dal vero Dio, perocch Decio aveva suscitate persecuzioni ai cristiani, ed opprimeva tutti coloro
stro
i

il

nome

del Signor no-

Ges

Cristo. I soldati poi per

comando dell'imperatore ricercavano coloro che


I

eransi nascosti nei monti, nelle caverne, nelle foreste e negli spechi.

pusillanimi

cadevano dall'altezza della fede, mentre quelli che erano saldi nella fede e nella speranza vivificatrice,
si
il

stavano armati contro


tiranno;
i

il

demonio,

con fede incrollabile coprila

vano di vergogna
dice
dere,
I
('):

imperocch

rammentavano
il

parola

evangelica che

non temete da coloro

quali uccidono

corpo, e lo spirito non possono uccidi gittare nella geenna.

ma

temete di colui che dopo avere ucciso, ha potere

santi sopportavano tormenti svariati che l'empio cagionava loro per le

macchina-

zioni del

demonio; molti furono martiri


si

di

morte volontaria per


{Decio) che da

il

nome

del Signore.

dell'animo solamente
i

contentava questi

Dio era alienato,

ma
il

anche

loro corpi custodiva, appendendoli giii dalle


citt,

mura ed

elevandoli sopia pali

innanzi alle porte della

mantenendoli
di

insepolti.

Oh
i

quanto era terribile


!

furore di Decio
in

quanto egli era pieno

collera verso
e

cristiani

Ma

coloro che

Dio speravano, non temevano del morire


i

dello spavento del tiranno. Gli angeli


i

in cielo cantavano le laudi trionfali per

santi,

quali nella retta confessione


vittoria dei santi.

mo-

rivano per

la gloria di Dio, e
e

demoni erano svergognati nella


i

Or

tutti

sette

giovinetti
Cristo,

cui

nomi abbiam detto


tutto
ci

pii

avanti,

quali erano

immobili nella fede

di

vedendo

stavano perseveranti in

continue
;

preghiere, chiedendo dal Signore con vigilie e con lacrime la costanza


essi

nella fede

erano illustri in Efeso e


il

figli di diguitarii,

ed eransi nascosti dall'empio Decio;


li

stavano in preghiera

giorno e la notte, e con lacrime supplicavano Iddio che

liberasse dalle macchinazioni del demonio e restassero fermi nel Signore. Alcuni
ligni avendoli veduti,

ma-

ne diedero notizia all'imperatore e dissero


i

figli

dei nobili di

codesta
tarii,

citt,

Massimiliano figliuolo del prefetto ed

compagni

di lui, figli di digui-

in sette,

concordandosi nella fede di Cristo, non obbediscono al comando, e non

sacrificano agli Dei ai quali tu sacrifichi.

Come

ud l'imperatore, pieno di collera coai

mand
fico io
e

di addurli subito
e

disse loro

perch non sacrificate agli Dei,


al

quali sacri-

tutti quelli

che ottemperano

mio sommo comando? Kispose Massimiliano


Dio del
cielo e della terr.i,

disse all'imperatore; noi prestiamo culto al

della cui

gloria tutta la terra piena, lui adoriamo, a lui offriamo

un

sacrificio di benedizioni

(')

Matlh. X. 2S.


colla confessione e col

437

lui

profumo {incenso) che innanzi a


;

poniamo con purit


sacrificliiamo
,

di

cuore, con fede

perfetta e con rette opere

ai

demoni noi non

macchiamo

la

purezza delle anime nostre.


le

Come
disse
:

l'imperatore ud ci, diede ordine di tagliare


;

loro cinture e spogliarli

della digniti loro


io

po.-cia

mostrando umanit per


la

il

momento, siccome a

giovinetti
affinch
cos,

vo' risparmiare

vostra

giovinezza

cedendo per alcun

tempo,

lasciati

questi vostri sentimenti siate consenzienti con


di cacciarli dal

me

ma

se persisterete

di

morte morrete. Comand

suo cospetto con grandi

minacce, ed egli

se ne part dalla citt.


I

santi giovinetti

andaron via
il

lieti

dal cospetto
;

dell'

imperatore, poich erano


di

stati

degni d'ignominia per


e

nome
citt

di Cristo

e andati

compievano pi

prima

le

opere giuste,

preso oro ed argento dai loro genitori, lo distribuirono

ai

bisognosi.

Pensarono quindi uscire della

ed andare alla caverna che

nel

moute Oghkhos
con una

(Olchos), e non distratti, col dimorare senza paura attendendo alla preghiera, finch

Iddio non

ci

visiti

ci facciq.

degni di compire la nostra mortai carriera

bella confessione, e riceviamo la corona che promessa a coloro che lo amano.

Cos essendo convenuti, tutti per


i

e sette

santi giovinetti presero seco delle

monete

poveri e per ci che loro abbisognasse, ed andarono alla caverna-, essi erano

occupati in ogni opera giusta ed in continue preghiere,


tutte le cose
attivo,
e prese
la

implorando dal Signore


il

di

loro salvezza.

Posero a servo Amlico

quale

era

uom

saggio e

ad essere loro servo. Quando veniva alla citt per qualsivoglia bisogno
e

prendeva seco delle monete,

cambiato

il

proprio abito, andava

come un povero
;

comprava

ci che abbisognava,

ed apprendeva ci che pensavasi dei cristiani


e
li

tornato

quindi narrava quello che aveva udito,

serviva.

Dopo alquanti
necessarie.

giorni tornato l'imperatore alla citt, fece ricerca dei giovinetti,

ed Amlico alla venuta dell'imperatore s'incontr col, essendo andato per le cose loro

Avendo

ci

udito usc dalla citt con grande timore e and ai suoi


loro narr l'accaduto. Poich udirono temettero

comassai,

pagni avendo un poco di pane e


e

gittati sulle loro faccie in terra


li

supplicavano Dio con lacrime e con molti sospiri,


dalle

perch

liberasse da questo

mondo malvagio,
il

minacce dell'imperatore

e dagli

ino-anni del demonio, e secondo

desiderio dei suoi diletti chiedevano uscire da questo

mondo malvagio ed andare


il

a Dio con un degno martirio, ereditando la vita ineffabile


in lui.
si

che custodita in eterno a quelli che sperano

Dopo

la

preghiera, Amlico appose

poco pane innanzi a loro, pregandoli perch


il

cibassero, e latto animo, tutti

man-

giarono

poco pane verso

il

tramonto del sole, e resero grazie al Signore. Incoragdi

giaronsi a vicenda esortandosi all'amore

Dio ed

alla perseveranza in Cristo, e


;

stavano pensierosi

come esser degni


e

della corona del martirio

quindi

si

addormenli

tarono a un tempo tutti quanti


col faiit morire,

preser sonno. Iddio amante degli uomini

visit

liberandoli dalla paura dello scellerato (Dcciu), per


ai

esser poi
i

in

seguito testimoni della risurrezione

fedeli, e coprir di vergogna coloro


l'uscire delle

quali
era
i

uon credevano

alla risurrezione.
il

N conobbero
si

anime dai

corpi,
di
i

ma

come un sonno, giusta


giovinetti al tribunale,
giovinetti che erano

consueto.

ma non

La dimane comand l'imperatore trovarono in verun luogo. Chiam

condurre

genitori dei

illustri,

minacciandoli di far loro cattivo

trattamento se essi


(<

438

al

Sette

Dormienti) prestamente non venissero


:

suo cosi}etto. Dissero


al

genitori dei

giovinetti

perch noi clovrem morire per loro, noi che ossequenti


tuoi Dei e ad essi sacrifichiamo, siccome
il

tuo comando,
Essi

adoriamo
(i

tuo volere comanda?


col,
e

Sette

Dormienti) sono sul monte Oghkhos (Olchos) in una caverna


i

vivono

in

grande angustia nella lor fede cristiana. Ci dissero

genitori, poich

temevano

dell'imperatore; onde egli pens qual cosa far loro (di Sette Dormienti),

ma

ebbe

riguardo di condurli un' altra volta

al

tribunale, per timore di essere ripreso (sver-

gognato) dai giovinetti, poich

li

aveva conosciuti nelle precedenti interrogazioni.

Quindi comand di chiudere con grosse pietre la porta della caverna nella quale
erano
i

giovinetti. Ci avveniva
i

per

divina provvidenza, affinch

immobili fossero

custoditi

corpi dei santi, perch al


e e
i

medesimo tempo

fossero testimoni della risurglorificato Iddio, e


la porta della ca-

rezione dei morti,


vinto
il

per loro mezzo fosse nel


partigiani di lui.
e

demonio
altres che

momento opportuno Comand cos di chiudere

verna perch col morissero,

fosse a loro e prigione e sepolcro in perpetuo. Coli

mand
e

nessuno entrasse nella caverna a vedere, siccome


affinch in

credeva

vivi,

ci

avvenne per celeste sollecitudine,


(')

essa
i

[caverna) restassero.
il
i

Ma
loro loro
;

Teodosio ed Apos
esser
cristiani,

fedeli dell'imperatore e cristiani,


e

quali tenevano celato


il

pensarono fra loro

dissero

scriviamo

loro

martirio

tempi, mettiamo lo scritto in una cassettina di bronzo e gittiamola nella caverna


forse Iddio

benignamente manifester

corpi di questi santi.

Come pensarono
la

cos
il

fecero quegli uomini per provvidenza di Dio, e scrissero la storia di quei tempi,

martirio dei santi e

loro nomi,

come per comando


Tutto

di

Decio fu chiusa

porta
e

della caverna perch quivi morissero.

ci particolareggiatamente

scrissero,

posero nella cassettina di bronzo, e gittaronla dentro alla caverna. Quindi


il

secondo
giovinetti

comando

di

Decio fu chiusa
;

la

caverna

nessun seppe

la

morte
mor

dei

in quel

tempo

ci

fu
si

per

disposizione di Cristo.

Dopo

ci

Decio e tutta
il

questa generazione, e

successero altri imperatori insiuo a Teodosio


il

grande.

Poich regn

il

pio Teodosio

grande dopo questi anni ed era sottomesso alla


i

fede di Cristo ed adorava la Santissima Trinit, sorsero taluni


esservi punto la risurrezione
l'apostolo
in

quali dicevano non


di alcuni,
:

dei

morti e corrompevano
ci,
si

la fede

siccome

antecedenza avendo veduto disse


di lui C). Il

di

nuovo dice

Il

Signore co-

nosce quelli che sono

pio Teodosio

affliggeva per questo e ne implo-

rava da Dio

lo

scioglimento. Capo di questa setta era


suoi
i

un certo Teodorito vescovo

di Elat (') ed altri


e

compagni

di

malvagio pensare, corrompitori della chiesa


;

della fede ortodossa,

quali dicevano che la risurrezione dei morti gi stata

altri (licevtino

che
,

corpi guasti e corrotti nella terra ed in molti luoghi dispersi


gli

non risorgono
tura.
il

ma

solamente

spiriti

ricevono
il

l'

immortalit

la vita imperi-

Errando costoro non comprendevano che

fanciullo non nasce nel ventre senza


;

corpo,

come

altres

non esce un corpo vivo senza spirito


il

essi

chiudevano

le loro

orecchie per non ascoltare


(')
(')
')

Signore

il

quale dice

morti udiranno la voce del

Un
Il

iiis.

Apas

Tim.

2, 19.
:

Varianti

Teodoro

(o Teodorito)

vescovo di Efeso. Elat

(?),

sembra essere corruzione

di

.Regina.


figliuolo di

430

il

Dio

quelli che

avranno

operato

bene

verrau

fuori

alla

risurre-

zione della vita,

e coloro che avranno operato


stolto,

il

male, alla risurrezione del giudizio.

l'apostolo dice:
il

ci che tu semini

non

vivificato
il
i

se

non muoia,
il

Dio d
feta

corpo secondo che vuole, ed a ciascuno di essi

proprio corpo, ed

pro-

Ezechiele come in

nome

del Signore dice


e

Aprir
il

vostri sepolcri e vi trarr


spirito e sarete vivi
(')

fuori dei vostri sepolcri, o


e
Il

mio popolo,

dar in voi

mio

molto altro

annunziato nei libri santi in riguardo della risurrezione dei morti.

pio Teodosio con lacrime, vestito di cilicio e sedendo sopra la cenere, implorava

dal Signore di vedere qualche apparizione sulla risurrezione, perch fosse confermata
la speranza dei credenti, e la turba degli

empi

fosse vinta.

Ma

colui che accoglie

il

desiderio dei suoi divoti, ed ascolta le loro preghiere, volle mostrare la risurrezione per

mezzo dei

santi giovinetti,

nei giorni di Teodosio

il

grande imperatore,
e chi

il

quale do;

mand

al

Signore ed ottenne poich ognuno che chiede riceve,


il

domanda trova

siccome disse

Signore nel Vangelo

(').

A
il

questo

modo adunque
('),

fu la manifestazione dei giovinetti.


il

Un

cotal

uomo

nobile

cui

nome

era Olioghi

ed in possesso del quale era

monte Oghkhos (Olchos)


quale erano
i

volle costruire

un

ovile alle sue pecore, presso la caverna nella

santi

giovinetti

suoi servi insieme cogli operai lavoravano e voltolavano le pietre gi

dalla porta, onde fu

aperta quella caverna che da Decio era stata chiusa. Allora


i

per comando del Redentore rivissero

giovinetti che erano


il

nella

caverna,
e

sor-

gendo sederono

lieti

con gaio aspetto, come se

giorno dell'addormirsi

quello
i

del ridestiirsi fosse ieri ed oggi; u in loro appariva


stessi
e

aspetto di morti, poich


al

corpi

le

vesti

l'aspetto

non erano per nulla mutati; sorsero

mattino credendo

di essersi addormentati la sera innanzi e

stavano pensierosi per la persecuzione del-

l'empio Decio, per la ricerca di essi giovmetti.

Di nuovo interrogarono Amlico in


citt,

riguardo di lui

{[)ccio),

qualcosa avea udito

nella

di Efeso.

Disse

Amlico:

come
rire,

iersera narrai, l'imperatore Decio ci ricercava, per sacrificare agli idoli o


se a lui

mo-

non ottemperassimo.
il

Disse

Massimiliano

ai
ci

suoi

compagni

o miei

fratelli,

ricordate

celeste e terribile tribunale, e


il

non

spaventiamo del timore di

ci che

passeggero, u ha affatto

terrore della minaccia eterna, e non rinneghiamo


,

la nostra vita

che noi abbiamo per la fede nel figliuolo di Dio

il

quale diede se

stesso per noi, per redimerci da questo


Trinit.

mondo

perverso alla gloria della Santissima

disse ad

Amlico

prendi teco delle monete, e va alla citt per informarti


in

di Decio,

qual cosa abbia

animo

in nostro

riguardo.

Sorto Amlico, and, avendo preso con s delle monete, e cambi la sua esterna

apparenza per paura che alcun


Ei non sapeva che
le ossa

lo riconoscesse e lo

consegnasse
il

all'

imperator Decio.
ai supplizi.

di

lui erano tornate alla terra ed


il

suo spirito
e si

Entrato nella citt di Efeso, vede

segno della santa croce sulla porta


il

maravigli

nell'animo; gir tutta la citt, e vide nella stessa guisa


innalzato nei vari luoghi; gli uomini giuravano nel
citt gli
(')

segno della croce del Signore


di

nome

Nostro Signore Gesi,

e la

sembrava diversa. Stava meravigliato


V, 25; I Cor.
8.

e stupito e dicea fra se

medesimo

ieri

Ioli.

XV, 36;

Ez.

XXXVII,

12.

(') (')

Mattb. VII,

In luogo di Odo/li, AduXi, Adulius, per lo scambio facilissimo di ^ e

if.

_
in

440

uessuu luogo vedovasi

il

segno della croce del Signore,

ninno osava invocare


il

il

nome
gnore

del Signore dei prodigi; ed ora liberamente viene annunziato


;

nome

del Si-

se

pure veramente 'questa citt

Efeso,

poich non pare essere somigliante, ed

ignoro se sia un sogno ci che mi appare, n qual cosa

avvrnuta che mi
gli dice:

fa cos stu-

pido; chi ne informer di ci?


citt
?

Quegli dice
!

Efeso

Ed avvicinatosi ad un tale Ed Amlico disse fra se che son


;

qual questa
?

divenuto

Ges Signore
il

aiutami

coli'

animo

stupito,

venne pauroso

al

mercato per comprare

pane,

ed

uscire dalla citt per paura di esser preso, e data la

moneta che seco aveva, prenl'effigie


;

dere

il

pane. Disse

il

venditore del pane


la

la

moneta ha
ai suoi

e la scrittura {legi

genda) degli antichi imperatori, e

mostrava

compagni

quali riguardando

Amlico dicevano

egli

ha ritrovato un tesoro, poich la moneta


assai,

di

molti anni

fa.

Udendo Amlico temette


e disse loro
:

perch credeva

di esser

consegnato nelle mani di Decio,


e

io vi

prego datemi del pane che mi spetta,

me

n'andr al mio luogo.


se no, sarei con-

Dissergli

donde

sei tu ?

Daccene del tesoro una qualche parte che

segnato nelle mani del giudice e morrai. Questo udendo Amlico, spaventato disse:
io

ci

non mi aspettava, mi

si

aggiunto dolore sopra dolore

non sapeva qual

risposta dare a quelli che lo affliggevano.


Si sparse la voce nella citt che era stato preso

un

tale
si

che aveva trovato un


scorgesse alcuno dei
lo

tesoro; molti adunaronsi presso di lui ed egli guardava se


suoi conoscenti
,

ma
:

non vedeva alcuno

e stava stupefatto, e

mentre quelli
conosce
;

tormen-

tavano e dicevano

quest'

uomo
:

uno straniero

ninno

lo

alcuni lo stima-

vano matto,
al

altri

dicevaao

egli lo finge {'U essei- ntatlo) per fuggire.


il

Giunse
e

la voce

console

il

quale era per caso nella chiesa presso

sauto vescovo Maris

coman-

darono di condurre Amlico per esaminare la sua controversia.


e

Come

lo

condussero
le

videro la moneta, gli dissero


l'iraagine e la scrittura
!

donde

sei

tu

che

sono

queste monete

quali

hanno

(leggenda), degli antichi imperatori? di' tutto veraceil

mente

Ma
,

egli

non sapeva quale risposta dare. Disse

Vescovo

figliuolo,
ti

di'

il

vero e sarai libero dalla tribolazione nella quale


signore

sei preso.

Disse Amlico:
so
;

prego

rendimi

informato

ed

io

tutto dir

quello

clie
il

l'

imperatore Decio

egli in questa citt? ovvero: questa citt Efeso? Disse

vescovo: nessun impe-

ratore per
idoli e

nome Decio
i

attualmente sopra

la terra,

ma

assai

tempo

fa,

adorava gli

perseguitava

cristiani;

ora Teodosio imperatore credente in Cristo, e la


si

Santissima Trinit da tutti benedetta ed adorata; questa citt poi

Efeso. Disse
udii ieri

Amlico:

ieri

Decio imperatore era nella


i

citt e

puniva

cristiani; io

come

sera, andai e resi informati

miei compagni che egli era sulle nostre orme per farci
figli

perire

poich noi siamo da lui perseguitati, per essere sette cristiani

di

nobili

di questa citt, ed fra


i

avendo preso molto

di nostro

oro ed argento, l'abbiamo spartito


ci fa

poveri, restando
quella

un poco

di

moneta per quello che

bisogno

questa mo-

neta

che voi vedete. Noi stiamo nel monte Oghkhos (Olchos) in una caverna
i

col; venite e vedrete; disse


disse
:

nomi

loro e dei genitori,

ma

nessuno

li

conosceva. Poi
;

io

sou venuto per compar pane e portarlo ed informarmi di Decio

io

mi
io

aspettava d'imbattermi in questa tribolazione, uella quale sono stato cos preso. Or
vi

ho narrato

il

vero

avvenga secondo

la

volont di Dio che tutto

sa, io altro

non so

dire affatto.


Disse allora
di
il

441

alla caverna e
il

vescovo; oggi Iddio vuol manifestare un grande prodigio per mezzo


orsi

questo giovane

andiamo

al

monte Oghkhos (Olchos)

vedremo

le
i

grandezze di Dio.
grandi
della citt,
le

presa seco la moltitudine, andarono,


il

vescovo,

il

console ed
ai

ed Amlico innanzi a loro,

quale entrato nella caverna, narr

suoi

compagni

cose che gli erano intervenute.

E E

allorch

il

vescovo volea entrare nella

caverna, guard di qua e di l e vide la cassettina di bronzo, e recatala alla porta,


l'apr in

presenza del console


i

e dei

nobili.
i

videro due tavolette di piombo sulle

quali erano scritti


di

nomi

di

tutti e sette

giovinetti e come, perseguitati per la fede


i

Cristo

da

Decio imperatore,
fu chiusa per

acconsentendo

santi

martiri

di

Cristo

ad

adorare

gl'idoli,

comando

di Decio la porta di questa caverna, perch

fosse loro insieme prigione e sepolcro.


e cristiani,

noi Teodosio ed

Apos

fedeli dell'imperatore

abbiamo
i

scritto

perch fossero manifesti che sono martiri di Cristo


allorquando
il

tutti e sette

santi giovinetti,

Signore

li

favorir e manifester

loro corpi.

Ci udendo magnificarono Iddio per

ineffabile prodigio che


i

il

Signore

avea

mostrato

entrarono dentro alla caverna e videro

santi giovinetti, splendenti, belli


li

e graziosi, siccome angeli di

Dio

cadendo sulle loro facce

adorarono, a vicenda

salutaronsi con salutazioni spirituali, e ringraziarono Iddio per essere stali degni di

vedere

il

prodigio della risurrezione, e la terribile visione che Dio mostrava a quel


i

tempo.

Favellaronsi a vicenda, ed

santi giovinetti narrarono della persecuzione e


il

delle cose avvenute ai giorni di Decio, mentre


g'

vescovo narr come erano


di

periti

imperatori
il

atei,

varr

il

regno ortodosso ed amico

Cristo

gli

ordinamenti

cristiani ed

consolidamento della fede.


all'

Ed

essi
la

benedirono Iddio,

e nel

medesimo

tempo fecero sapere


a suoi giorni
si

imperatore Teodosio

risurrezione dei santi giovinetti che

era manifestata.
ci,
offr

Come

il

grande Teodosio ud
che la speranza
,

ringraziamenti e benedizioni al Signore

dell' universi,

della risurrezione
i

avea confermata
;

per

mezzo

dei

santi giovinetti
di gioia,
i

ed avea svergognato

malvagi

l'

imperatore
i

si

fece lieto e pieno


;

beuediva Iddio. Prestamente giunse col per vedere


i

cari giovinetti santi

quali vennero innanzi a lui sulla porta della caverna ed


;

loro volti rispleudevano

come luminari

prostrati a terra venerarono


i

l'

imperatore,

ma
Il

questi

gittatosi sulla
il

sua faccia a terra, baci

loro piedi

ed

giovinetti prendendolo

per

pugno
i

lo

fecero levare ed insieme con lui entrarono

nella

caverna.

vescovo

ed

nobili

siederono tutti sul suolo,

stese le braccia baciavano ciascuno dei santi, e


:

l'

impe-

ratore ne era lieto e benediceva Iddio dicendo

chi narrer le meraviglie del Signore

che solo

fa

prodigi?

oh!

disegni dell'amore di Dio verso gli uomini, la miseri!

cordia del quale in

perpetuo a coloro che sperano in lui

e disse

che

santi

questi hanno predicato la risurrezione ora apertamente lo vediamo per opera di ed sempre ora e Trinit, Santissima della gloria santi; ors pubblichiamo tutti la
in perpetuo. L' imperatore interrog
i

giovinetti

com' erano

sensi dei vostri spiriti

Dissero

giovinetti

come

coloro

quali

dormono nei

loro letti, con

maggior

senti-

dei nemici, mento, come chi in buona speranza che del tutto libero dalle insidie entr in n ascolt, non orecchio vide, e gioisce di mirabile bellezza che occhio non e contentezza in mente umana l ove tesori sono apparecchiati alle anime degne,
,

Classe

di

scienze moeali

eco.

Me.morik

Vol. XIl."

SS


letizia nella gloria di

442

Dio

ma

peccatori in dolore e gemiti, a seconda delle opere


i

di ciascuno,

buone

o cattive.

Ma

beni perfetti e le pene nel corpo e nello spirito

ricevono, per giusto giudizio di Dio.

molte altre cose favellarono


:

all'

imperatore, e lo

benedissero

nel

nome

del

Signore dei prodigi, dicendo

sii

tu benedetto nel Signore, o diletto da Dio, poich


in

per tua cagione Iddio ha mostrato


in

noi

il

miracolo della risurrezione.


e

levatisi

piedi tutti quanti insieme


:

stettero
!

pregando
i

benedicendo Iddio,

e dissero a

tutti dosi,

sakete

la

pace sia con voi

e chinati

loro capi e di nuovo addormentan-

resero le anime nella gloria di Dio. L'imperatore e tutta la


,

moltitudine ve-

dendo prodigi sopra prodigi


tutte le sue meraviglie.

diedero lode a Dio

e lo glorificarono

per cagione di

L' imperatore

comand

di

far loro delle casse di oro,


:

ma

in quella notte

appa-

rendo

santi all' imperatore dissero

lasciaci al nostro posto


rivestiti
di

come stavamo

fino alla

comun

risurrezione, e di
i

nuovo risusciteremo
infiniti.
li

incorruttibilit, e fatti

im-

mortali erediteremo

beni

Ci udito, adornarono quella caverna, e l'abbelli-

rono facendola di musaico, e

lasciaron cos

come

si

erano addormentati, una grande

festa celebrando in quel giorno, siccome era conveniente, ai santi, a gloria della San-

tissima Trinit nei secoli dei secoli.

Amen.

Di tutti questi racconti che

io

ho pubblicati
io

tradotti la

prima fonte

senza

dubbio un qualche testo greco che


incirca del

fu

met VI secolo. Pii recente difficilmente potrebbe credersi, se tradotto in siriaco inserito, come probabilissimo, nella storia di Giovanni di Efeso; aggiungasi
prima
il

stimo essere stato scritto nella

che
2'''

codice siriaco Add. 12,160 del Br. Mus.


secolo.

il

quale contiene la leggenda; della


il

met del VI

D'altra parte poi io dubito alquanto che


il

primitivo testo

greco sia anteriore al VI secolo, e ci perch l'officiatura e


mienti, mentre generale fra
e gli Abissini,
i

culto dei Sette Dor-

Greci,
ai

Siri giacobiti e melchiti, gli

Armeni,

Copti

manca totalmente

Nestoriani,

genda, cita come sua autorit la storia

edEliaNisibeno ricordando la legecclesiastica di Giovanni Giacobit a, cio,


stesso e nello scopo

come son persuaso, Giovanni di Efeso. Poich nel racconto


la

di esso, la verit della risurrezione ('), nulla havvi di contrario alle dottrine nestoriane,

mancanza che ho detto non potrebbe

attribuirsi ad

un deliberato proposito
i

di rifiu-

tare la leggenda,
divisi

ma

piuttosto al fatto che quando essa sorse,


il

Nestoriani erano gi

dalla cristianit bizantina,


finire

che non pu dirsi che avvenisse interamente se


chiusura della scuola di Edessa e dopo
i

non sul
cilio
si

del

secolo,

dopo

la

il

con-

di Seleucia del

498. Potrebbe osservarsi invero che presso


di
i

Nestoriani

non

fa oflciatura o
il

commemorazione
caso anche per

santi del resto noti, e venerati da essi;

ma
il

se questo fosse

Sette
fa

Dormienti, mal
(').

si

comprenderebbe

modo
(')

col quale

Elia di Nisibi ne

menzione

Ad

ogni
di

modo

il

testo greco

Potrebbe essere invero che uno scopo del racconto fosse quello
p.

procacciar fede alle idee

di cui

ho toccato sopra,
(')

390, sullo stato delle anime fra la morte e la risurrezione.


il

da notare tuttavia che

racconto dei Sette Dormienti ricorre in un recentissimo codice

della collezione Sachau, n.

222 (Sachau, Kurz. Vcrs.,21) che pare di origine nestoriana.


che ho detto per quanto
se
io

U:

ci

sappia
il

ancora sconosciuto, u

viene rappresentato

non dal

Metafraste,

quale

quantunque abbia conservato fedelmente ima


squarcio
variata

grande parte di questo originale, come scorgesi dalla somiglianza colle altre versioni,
tuttavia

probabile che ne abbia omesso


).

qualclie
si

qua

l.

la

dicitura

Certamente

desiderare
;

che

ritrovi questo primitivo testo, e se


si

ne dichiari possibilmente la vera patria

perocch troppo facilmente forse


i

afferma

che

il

racconto

nato in Efeso, colla qual cosa poco concordano

dati topografici
locali

in esso contenuti. L'origine straniera di

leggende che
di

sembrerebbero

non
assai

inverosimile

p.

es.

la leggenda del battesimo


si

Costantino

imperatore

che

probabilmente

nata in Grecia,

svolge tutta a

Koma,
citt

e le favole medioevali sui

monumenti
le

di

Roma, sono

in gran parte di origine bizantina.

poi naturale che

leggende meravigliose siano riferite ad altra


e

da quella nella quale esse

nascono

comiuciano a spargersi;

cos p. es.

il

Moshafa Tmdr che

certamente

di origine alessandrina, vuol far credere che in

Roma
;

scendesse la lettera dal cielo

Ma
se

checch

sia di ci

egli

certo

che da questo primitivo racconto greco sono


di
ci

derivate assai presto la versione copta e la siriaca

quella non sembra


conservata,

clie resti

non

il

frammento borgiano, mentre quest' ultima


in

due recensioni principali. Delle quali la pi antica si detto, verosimilmente fu inserita quella di cui ho pubblicata la seconda met, e che assai onde poi Dionigi di ecclesiastica, da Giovanni di Efeso nella sua storia

come pi sopra a mio giudizio

Tellmahr
arabo-cristiana,

le

die luogo nella sua cronica.

Dai

testi

siriaci

deriva

la

versione

Ta'lab

Dami ri,

quali insieme con quella che sebbene narrata da autori musulmani, determiavvicina grandissimamente al racconto cristiano. Per
si

arabo-cristiane mancano nare quando primieramente fossero fatte queste traduzioni riportano il loro racconto elementi abbastanza sicuri; gli autori musulmani ricordati improbabile che esse possan risaa Muhammad b. Is'iiq, e ad ogni modo, non credo sono state ben presto tradotte santi di al IX secolo. Non poche vite lire air

Vm

in arabo,

ed un esempio ne abbiamo nel bel codice vaticano arabo

LXXI.

scritto

sulla fine del


il

IX

secolo ed esattamente nell'


si

888

dell'era volgare C). D'altra parte


es.

Corano aveva fatto


e

che

pi antichi e celelri tradizionalisti, come p.


si

Ma-

daini
nel
sti

Hism a-Kalbi,
e

occupassero di
(').

proposito

della

storia

dei Sette

Dormienti,

ne scrivessero monografie

Dall' arabo-cristiano poi, e e

me
di

credo,

XV

pi recente secolo, nacque la narrazione etiopica che quindi la


e

que-

racconti orientali,

dalla quale

deriv

probabilmente
la

il

breve

testo

d.d

&altri

i^cksdr.

Quanto

al testo

armeno pi lungo,

sua strettissima

aflRnit

cogli

dubbio, e trae forse la sua origine testi non pu certamente mettersi in del Metafraste. testo greco anteriore alla compilazione

da alcun

(']

Nell-edione di
li

Simeone Metafraste

data dal Migne

il

racconto dei Sette Dormienti


Il testo e

al

essa non e quanto alla traduzione latina che gli sta a fronte, da un codice 'parigino deirXI secolo; edizione. quest neppure quanto .ni ricordo, non citi sempre fedele. strano che il Koch, per Mai segnat.i la data del 788. del Catalogo nel Erroneamente {')
{']

tom

428

seg.; notevole la somiglianza di esso

ci

racconto etiopico.

tratto

Fihrist 96, 104.

alcuni

444

che da

Teriniuo questa mia Memoria dicendo poche parole sopra im raccouto


cieduto origine di quello dei Sette
o

Dormienti

intendo

dire del celebre


('),
il

taumaturgo della leggenda talmudica Onia

Chni ham^'aggel
si

quale per

una curiosa interpretazione del salmo 126,1, non intendeva come

potesse dormire

per 70 anni sognando; ci che intervenne poi a lui medesimo, poich addormitosi
sotto

un albero non

si

dest ohe dopo 70 anni. Il racconto sta nel

Ta'^ni'' 23,a ed riportato dal

Koch

p. 37;

ma

nel

Talmd Babilonese Talmd Gerosolimitano ( Tapini'', 3)

sono chiaramente espresse importanti variet.


dico nella realt,

Innanzi tutto devesi distinguere (non

ma

nella tradizione giudaica) due


(')

Chni Ham^aggl;

l'uno e

il

pi

celebre del quale

Giuseppe Flavio

reca la bella preghiera, quando Aristo-

bulo II era assediato dal fratello Ircano II (65 av. Cr.) e che fu ucciso da malvagi
ebrei ('); e l'altro che era suo antenato e contemporaneo della distruzione del tempio.

Di quest'ultimo narra
in

il

Talmd
e

Gerosol. che sorpreso un giorno dalla pioggia, entr

una caverna

addormentatosi pass

immerso

nel

sonno 70

anni, fino a che


destatosi e

fu distrutto
che

il

santuario
,

riedificato la seconda volta;


l'

uscito dalla caverna


si

vide mutato
lui,

aspetto dei luoghi e chiedeva notizie alla gente


i

meravigliavano di

come ignorasse

grandi avvenimenti compiutisi.


nulla abbia di

A me

pare che questa leggenda di

Chni ham''aggl
libro
di

comune

coi Sette

Dormienti,

ma

invece
Toi

si

colleghi strettamente con quella conservataci nei irccQaXim-

Hsva

"^IsQfiu'ov
i

nqoifijTov

Bark

(*).

Ivi

narrato
,

che Abimelek,
fu

quando

Caldei stavano per entrare e distruggere


fichi,

Gerusalemme

mandato da

Geremia a coglier
nel

colti

quali

si

arrest all'ombra di

un albero (come

Chni

Talmd Babilonese) e risparmiandogli la divina bont di vedere l'eccidio della citt santa, dormi per 66 anni durante la distruzione del tempio, e destatosi, ne riconoscendo pi i luoghi, domanda ad un vecchio che incontra se quella citt fosse Gerusalemme e che era avvenuto di Geremia e di Bark, onde
,

il

vecchio fa le meraviglie che non sapesse quanto

era

accaduto.
decisiva.
di

La somiglianza
e

delle
I

due leggende nei punti fondamentali a


Paralipomeni
di

me sembra

Geremia, pi recenti dall'Apocalissi


al III

Bark

ieW Ascemio
la

/saiae,

vengono assegnati

IV

secolo dell'era volgare (),

ma

leggenda

stessa di
di

Abimelek pu credersi

assai pi antica, e d'una

medesima

patria con quella

Chni ham^aggijl. Nel

Corano (11,261) trovasi una tarda reminiscenza della

leggenda, che in parte assomiglia a quella di Abimelek,

ma

in parte e nominata-

(')

Cio: quegli che fa un circolo. Sulla causa che la tradizione d di questo soprannome;

cf. Td'^nit'^, e. 3. 8;

ma

cf.

Geiger, Leseh. 29. (Hamhurger, R. Eric. 140, etc). Gli autori moderni travariet, p. es.

scrivono questo

cognome con qualche


e

Hamagel, Hamma'agel, Maagal, ed anco (Ugolini,

Thes.XVUl) Maaglensis,
(') (')

(Hershon, Talm. Mise. 197), Choui the Maagol! Wiesner, dee fiann, 11,

not. 4 (citato in Derenbourg, Essai sur l'hist. etc.) de Magala.

Antiq. 14, 2,

1.

Solo di questo fanno menzione Hamburger, Real. EncycL; Munk, Palestine 534; Graetz, Gesch.
etc.
Il

Ili,

173

Jarsalra,

Ta^iiil'', Ili {G6,a)

dice

fcf.

Levy Nculvr. Worl.

s.

v.

'^jy)

iJn

Tin
1, seg.

(') {')

Cfr.

Ceriani,

Monumenla Saera
di

et Prof.

V, 9 seg.

Dillmaim,

Ohrcsl. Aelhiop.

Vili,

Cfr. rEnciclopeJia

Herzog, XIII, 38.


Corano, sebbene generalmente
dole tutta di questa leggenda,
si

445
la

leggenda di Clini('),
e
i

mente nella menzione dell'asino, ricorda

pi antichi
il

tradizionali arabi e pii informati di cose giudaiche erano incerti di chi parlasse

credesse di Ezra.

Tutto

ci

siccome anche l'in-

dimostrano forse che essa

ebbe im' origine umile,

n giunse mai ad una grande celebriti.

Ad

ogni

modo questa leggenda giudaica che ritroviamo


Geremia
o libro di

pii

meno somigliante
e nel

nei Paralipomeni di

Bark, nei Talmd, nel Midras,

Corano,

non devesi, come ho


e

detto, confondere colla

leggenda cristiana dei Sette Dormienti,

dato pure che qualche antichissima credenza mitica abbia influito sull'origine di
dall' altra.

ambedue, tuttavia esse souosi sviluppate indipendentemente una

(')

Cf.

Koch, 38. Questo tratto relativo all'asino ancor esso nel Talni.

B.ibil.

P. S.

Un
S.

altro esempio di

TOY

per

rtTOY

(uf.

sopra, p. 345 not. a)

il

seguente, tolto dalle


:

omelie di

Giov. Crisostomo, e comunicatomi da Mgr. Bsciai (cod. vatic. copt. 57, boni. 22)

vIV-

CEtyOn

(f<T/r'/?

('"'oif'.g

r.

sTtiyciti

yofti^eii' eyiii

fjt'iutc).

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