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Loi: Jannacci, il suo milanese da bar era una lingua

Oh! Sunt ch /Vegn gio con la piena /Vegni gio chi a Milan /Chi a Milan /Mi gh'avevi du an forse tri un'an apena /Oh! Sunt chi, cantava Enzo Jannacci nel 1965 raccontando la sua storia di immigrato vegn gio com un falchet chi a Luret / si el su l' un rebelot, 'na citt de far rid l' un casot / ma anche in sci, la me pias anche in sci /l' perch sta cit ghe lu denter in di occ /de quan s'eri un fiulin. Parole che avrebbe potuto ripetere il poeta Franco Loi che a Milano era arrivato da Genova nel 1937 quando di anni ne aveva 7 e a 13 aveva cominciato a lavorare non molto lontano da Loreto, allo scalo merci di Lambrate. E, proprio nel 1965, aveva cominciato a scrivere poesie. In milanese. In casa si parlava italiano e io scrivevo in italiano. Ma, rileggendomi, mi sembrava sempre di aver imitato qualcuno. Poi lessi il Belli che in quattordici righe sapeva condensare un romanzo. Io volevo scrivere di guerra e di operai, quelli uccisi a piazzale Loreto il 10 agosto del 1944, gettati sul marciapiede come spazzatura. E mi venne da raccontarli nella lingua che parlavano, che mi era entrata dentro frequentandoli e inventando anche parole nuove per descriverli. E ascoltando si segue il suono non il senso: cos che si inventa una lingua, unarmonia che si trasformano facilmente in versi. Anche Jannacci ha imparato quella lingua, venendo da fuori Il milanese di Jannacci non era molto diverso dal mio, forse pi da bar, da sala da ballo. Io lo parlavo a Lambrate e l cerano ventate di lodigiano, di cremonese A Nord cerano influenze brianzole, quelle dei falcht. La lingua di Porta Romana era diversa da quella del Ticinese e si diceva che soltanto l si parlasse il vero milanese. In una grande citt non esiste una lingua comune, ma il processo di contaminazione, di invenzione continuo. E capitava di aiutarsi col dialetto quando si voleva dare un senso particolare a una parola, una frase. Daltronde, Dante nella Commedia per nove volte fa dire al Duca dAngio noi sm in puro lombardo che tronca loriginale smo siciliano. Una ricerca parallela, ma senza punti di contatto. Jannacci lo conoscevo per le sue canzoni. El portava i scarp del tennis per me indimenticabile. Ci siamo incontrati solo una volta, alla Scala, quando sono stato premiato dalla Regione: avevo recitato una mia poesia, su Dio, dalla platea era giunto un grande applauso; poi rientrando al mio posto lui, che sedeva in terza fila, si alzato mi ha stretto la mano mi ha detto che ero stato molto bravo e che lui era molto contento da avermi incontrato. Quella lingua di strada ora non si sente pi parlare

E molto raro. Ma pochi anni fa, un amico, per evitare di pagare qualche euro al parcheggiatore abusivo di colore e recuperare la sua auto, gli si rivolto in milanese: Te se minga ch a guard i machin. Dopo la mezanot se paga p. Di rimando, quello che poi abbiamo scoperto essere un senegalese gli ha risposto: Ma sciur, anca mi sunt chi per camp. Il milanese lo aveva imparato allIsola dove ancora in molti lo parlavano. Per lui era ancora una lingua viva, mentre noi arricchiamo un italiano che usiamo male con un inglese che capiamo peggio. Il parcheggiatore senegalese avrebbe potuto entrare a buon diritto in una ballata di Enzo Jannacci.

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