Prima dell’uscita, nel 1925, di Terra di Cleopatra, il romanzo-reportage che si
concentra sulla realtà egiziana novecentesca, Annie Vivanti compì un viaggio in Egitto. Su questo breve soggiorno nella terra dei faraoni tornano le dettagliate descrizioni dei luoghi, delle città, delle strade, delle sensazioni e delle emozioni scaturite dal contatto e dal confronto con un popolo dalla cultura totalmente diversa rispetto a quella inglese e italiana. Durante questo viaggio, nella tappa fatta al Cairo, è stata rilasciata la seguente intervista, pubblicata poi su L’Imparziale, il periodico italiano che usciva nella capitale a partire dall’ultimo decennio dell’Ottocento. Ha un accento strano. Esotico. Non tedesco. Piuttosto inglese. Parla con grazia. Si muove con molta più grazia. Si siede. Ci invita a fare altrettanto. - Un’intervista no. Parliamo così. Da amici. Mi dica quello che vuole sapere e io le risponderò. Poi dice, rivolgendosi al biondo giovane: - Vi conoscete? (rapida presentazione) - Signora sarò sintetico, le prometto. Che cosa è venuta a fare in Egitto? - Era un sogno che ho realizzato. Volere vedere questa terra meravigliosa. - Solamente?... le dico, non preparate qualcosa? Siete venuta semplicemente, così, en touriste? - No – risponde Annie Vivanti, dopo un po’ di esitazione – Sono venuta per vedere, per osservare, per studiare. Per conto del mio grande amico Mondadori, un giovane e già grande editore italiano, sto preparando un romanzo. - Egiziano? - Egiziano proprio no. Ma diremo orientale. - Si fermerà molto tempo? - Sono arrivata otto giorni fa. Il 25 di notte, parto per Luxor ove mi fermerò per cinque giorni. Il 31 sarò nuovamente qui, starò ancora una settimana e poi partirò. - Ella, scusi l’indiscrezione, è venuta in incognito. Non si è fatta preannunziare da strombazzamenti? Non ha avvicinato la colonia italiana… - Perché? S’usa forse farlo? No… a me piace viaggiare così. Quanto poi alla colonia italiana ho conosciuto moltissimi e molto. - Quale impressione ne ha ricevuta? - Ne sono entusiasta. Vorrei poter dire tutto quello che io penso; ma parlo così male l’italiano… - Ma lo scrive così bene… Un piccolo gesto mi interrompe a metà il complimento. - Ma lei non è italiana? - No… ufficialmente, come lei vede… – trae dalla borsetta un passaporto. – Io sono inglese… - Infatti ella ha scritto molto in inglese. - Ma preferisco scrivere in italiano. Adoro l’Italia. - Che cosa ha visto dell’opera italiana in Egitto? - Non ancora tutto; ma mi riprometto di farlo al più presto. Stamane sono stata all’Ospedale Italiano. - Impressione? - Meravigliosa. Semplicemente meravigliosa, non si possono avere parole per definire questo istituto così perfetto e così grandioso. Il te è servito e la signora Annie Vivanti continua imperterrita a tenere testa al fuoco di fila delle domande, sino a quando, da intervistatore, passo a intervistato. - Confesso che ella mi aveva fatto quasi paura.. un futurista.. mi hanno detto che lei è futurista.. (Breve digressione letteraria durante la quale invano tento di convincere la signora a più miti consigli verso la categoria di scrittori d’avanguardia, dei quali tuttavia ella ammira l’ingegno). Salto a piè pari e chiedo a bruciapelo: - Le sue opinioni politiche? - Preferisco non averne. So ad ogni modo che lei è anglofilo. - Sono anglofilo è vero, ma io le chiedo opinioni politiche sull’Italia. - Sono una fervida ammiratrice dell’opera e dell’Uomo Mussolini. Mussolini è un mio grande amico. È un uomo di una lealtà, di una onestà, di una tempra formidabili. Fra trent’anni l’Italia sarà certamente la più grande nazione del mondo. L’orchestra attacca un pezzo di musica sconosciuta. Gli occhi vivacissimi ed espressivi della scrittrice si velano improvvisamente. - La musica, ella commenta, mi commuove intensamente. Qualunque musica è per me fonte di una tristezza indicibile. A lei piace la musica? - Signore – rispondo – se le devo dire la verità, a me piacciono immensamente le canzonette… - Quei fox-trot non è vero? - Sì… - Come ha ragione! Come ha ragione! La adoro quella musica ritmica triste dei fox-trot. - Per me signora, non v’è nulla di più triste, di più paventosamente triste di un dancing. - E ha ragione. Quando io sento la musica provo uno spasimo inenarrabile. La conversazione si anima ora. Rievoco un episodio di “dancing” milanese, e Annie Vivanti comincia a interrogarmi vivamente sugli usi e costumi egiziani. Si informa delle più piccole cose, vuole ch’io le schizzi su di un foglio di carta la forma di una ghoza, vuole sapere la differenza tra il fumo di narghilè e quello di una sigaretta, del modo col quale si prepara il braciere delle ghoze e dei narghilè. Desidererebbe vedere una giornata di “Khamsin”. Si parla un po’ di tutto. Sino a quando.. mi accorgo che sono le 7… […] Nil. Sabato 27 dicembre 1924