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Ambrogini, il mercato della cattiva politica

NellItalia dei Comuni, lAmbrogino doro era la moneta che Milano coniava per contrastare sui mercati la diffusione di quella dei pi pericolosi concorrenti commerciali, bolognini, genovini, fiorini o zecchini che fossero. Trasformata in medaglia nel 1925 dallallora sindaco liberale Luigi Mangiagalli, il primo della grande Milano, riservata per ai soli dipendenti comunali, nellimmediato dopoguerra ha riscoperto la sua originale natura di mezzo di scambio nella compravendita di beni e servizi, pur se nella sfera di quel mercato tutto particolare che quello dellonorificenza pubblica. Un terreno di scambio e di scontro eminentemente politico nel quale si progressivamente perso limpianto originario nel quale lAmbrogino faceva la gioia dei cumenda che vi vedevano riconosciute le loro, non sempre commendevoli, capacit di farsi largo nel mondo del lavoro. Cos la rosa dei candidati si allargata di anno in anno sino allattuale record di 159 nomi e sigle sui quali, sempre pi spesso, si cerca la polemica, la provocazione, la rissa; fino a bruciarli. Per quanto vasta possa divenire la platea, non si ancora trovata una formula per individuare i benemeriti al di l delle passioni di parte. Lattenzione allora si focalizza su quanti si sottraggono a questo rito, ultima in ordine di tempo lex sindaco Letizia Moratti, candidata da un centrodestra cui importava solo umiliare Giuliano Pisapia costringendolo a riconoscere pubblicamente le virt del suo predecessore. E tanto artefatta era la candidatura, che le opposizioni ignorano il cortese e responsabile diniego insistendo in una battaglia divenuta insensata ma dalla quale si attendono, evidentemente, compensazioni. Caso non isolato quello della Moratti. Con parole brusche aveva rinunciato alla candidatura anche Giampaolo Pansa, nel 2006. Robert De Niro, candidato in contumacia nel 2004, aveva pure detto no, senza neanche aggiungere un grazie. Rifiuto bruciante quello di Dario Fo che, nel 1997, non voleva ricevere lattestato dalle mani di Albertini, ma anche Elio e le storie tese restituirono la benemerenza nel 2008 perch: non siamo d' accordo con la decisione di non assegnare la gran medaglia a Enzo Biagi e la cittadinanza onoraria a Roberto Saviano. Perch il metodo di opporre scientificamente candidatura a candidatura per alimentare la polemica e strappare qualche titolo sui giornali brucia anche candidature eccellenti da don Virginio Colmegna, a Camilla Cederna, a Mario Monti, Francesco Saverio Borrelli Per non dire della proposta fascio-futurista di Filippo Tommaso Marinetti a sessantanni dalla morte. La scena si ripete identica a se stessa ogni anno: mesi di annunci, settimane di tatticismi e provocazioni, giorni di contrattazioni; poi, le ore decisive, nel corso delle quali, troppo spesso, emerge il peggio della politica. A farne le spese, alla fine, non sono le eccellenze, vere o presunte, della citt, ma quei tanti che giorno dopo giorno

con coraggio individuale e collettivo continuano a garantire che non si sciolgano i nodi della rete che la sorregge, quelli che davvero avrebbero bisogno che il loro lavoro, il loro impegno, la loro passione uscissero per una volta dallanonimato cui sono costretti. Tutti conoscono la situazione, ma sembra impossibile cambiare rotta. Lultima proposta, dimezzare, almeno, il numero degli Ambrogini che, sulla carta, vedeva laccordo fra tutti i consiglieri, tornata in Commissione affari Costituzionali nel giorno stesso del dibattimento: perch con meno premi di cui disporre, cala anche la capacit di proposizione/interdizione che ne regola lassegnazione. E, comunque, in quella Commissione, mai si discuter dei criteri di assegnazione, della composizione e dei poteri della giuria. Perch, se davvero si volesse porre rimedio a una situazione divenuta imbarazzante, forse si dovrebbe tornare allantico. Se lAmbrogino deve restare simbolo di questa citt anche fuori da questa citt, venga assegnato dal Sindaco: decida lui a chi e a quanti assegnarlo, in completa e civile solitudine. (la Repubblica Milano, 19 ottobre 2013)

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