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Introduzione Octave Mirbeau nacque nel 1848 a Treviéres, da una famiglia borghese di tradizione notarile. Anche per questa ragione fu avviato a una carricra di tipo Jegale-amministrativo, ma se ne distaccd presto, sentendosi portato a un’attivita pid intellettuale che lo avrebbe poi spinto a partecipare in prima persona e sem- pre con spirito anticonformista alle grandi battaglic culturali e ideologiche del suo tempo: il caso Dreyfus, la critica d’arte d’a- vanguardia, il giornalismo impegnato nelle cause libertarie del pensicro, dell’arte e della letteratura. Sotto quest’ultimo aspetto, il suo passaggio da giornali conservatori come “L’Ordre”, “Le Gaulois”, “Le Figaro” ad altri progressisti quali “L’Aurore” ¢ poi “L’Humanité” @ esemplare dell’evoluzione di un atteg- giamento ideologico che lo vide sostenitore, oltre che di Dreyfus, di artisti quali Monet, Degas, Rodin e di scrittori come Zola, Maeterlink, Claudel. Parallelamente alla fama talvolta scandalistica conquistata con queste posizioni d’avanguardia, Mirbeau si aflermd anche nel campo pit strettamente letterario. Comincid nel 1886 con una raccolta di novelle, Les lettres de ma chaumiére; poi pubblicd tre romanzi: Le Calvaire (1887), L’Abbé Jules (1888), Sébastien Roch (1890), dove la vena sferzante e provocatoria che aveva espresso come giornalista si approfondi di tematiche psicolo- giche e naturalistiche. Dal 1897 al 1903 alternd ancora roman- zi — Le Jardin des Supplices del 1899, Le Journal d’une femme de chambre del 1900, che furono al centro di critiche clamorose, e Les vingt et un jours d’un neurasthénique, 1901 — a pieces teatrali oggi dimenticate, quali Les Mauvais Bergers (1897), ‘pidémie (1898) ecc. Una commedia che ha lasciato invece una traccia pit duratura sulle scene e nella critica & Les Affai- res sont les Affaires del 1903, rappresentazione impietosa del mondo finanziario della Francia borghese di fine Ottocento. Vennero poi gli ultimi lavori: La 628-E8 nel 1907, saggio su Balzac ed un altro romanzo, Dingo, nel 1913. Quando lo scrit- tore mori, nel 1917, apparvero sul “Petit Parisien” il suo testa- mento ideologico e culturale e un altro scritto, A nos soldats, gia pubblicato sullo stesso giornale nel 1915: conteneva una difesa del concetto di patria come bene da salvaguardare al di sopra delle parti. Questo atteggiamento, da parte di un anar- chico libertario quale Mirbeau si era sempre mostrato nella sua maturita intellettuale, sembrd ad alcuni, a Léautaud per esem- pio, come un ripensamento, per non dire una patente contrad- dizione. E le polemiche che lo avevano sempre accompagnato in vita non accennarono ad esaurirsi. Tra Je opere narrative di Mirbeau, Le Jardin des Supplices occupa un posto particolare sia per lo scandalo che subito pro- vocd a causa della carica oscena di molte sue sequenze — basti pensare al pasto di carne putrida dei condannati, a tutti gli squartamenti, torture e sadismi vari inflitti alle vittime, alla masturbazione mortale fatta dalla donna sul ptigioniero. i per il suo derisorio riferimento all’assetto sociale e istituz della Francia della Terza Repubblica. La dedica: « Ai preti, ai soldati, ai giudici...» che apre il romanzo parla chiaro sulle in- tenzioni dell’autore. E del resto, come indica la data, il 1899, Vopera fu scritta in un momento reso rovente dall’Affaire Drey- fus, nel corso del quale Mirbeau si schierd, come abbiamo visto, fra i pid strenui difensori dell'ufficiale ebreo contro i pregiudizi ideologici e culturali di cui questi fu vittima. Ma l’accenno a Dreyfus non vuole qui avvalorare l’opinione di quanti videro negli attacchi di Mirbeau agli ordinamenti so- ciali_ del suo paese un riflesso delle polemiche suscitate dal- Affaire. La dedica a cui ho accennato prima va ben oltre la denuncia delle convenzioni scritte (e non scritte) vigenti nel comportamento della cosiddetta “societi civile”, che allora cominciava a mettere in luce tutte le sue izfamie, come diceva Mirbeau, 0 i suoi faba, come diremmo noi oggi. Le pagine di sangue che egli dedica agli uomini che educano e governano gli altri_uomini, il suo insistere sull’istinto omicida come su una fatalita fisiologica, una legge di natura forte quanto le leggi che regolano la vita sociale, ma sempre da questa ipocritamente rimossa, sono il sintomo di uno stato di disagio delle coscienze che sara all’origine di tutte le grandi perdite del nostro sccolo. Prima fra tutte, la perdita di solidarietd individuale ¢ collet- tiva verso un intero sistema di valori: la Grande Cultura Euro- pea, vista senza maschera, 0 meglio nell’orrore delle sue tante maschere bloccate su un fermento di tensioni (e contraddizioni) ancora senza nome, che investivano tutti i livelli dell’essere. E sara proprio questo processo di disgregazione di tutto un assetto culturale a provocare Vesplosione di quelle tensioni e la loro VI fuga verso i vari “esotismi” o ricerca di “spazi altri” del finire del secolo: da quelli geografici a quelli coloniali; da quelli fan- tasmatici e artistici (si pensi al dandysmo ed alla pratica degli allucinogeni) a quelli ben altrimenti distruttivi del pensiero (tut- te le filosofie irrazionalistiche del primo Novecento) e della Storia, tragicamente sfociati nelle guerre di conquista coloniale prima e di portata mondiale poi, per finire coll’insediamento dei vari regimi fascisti in Europa. A livello “profondo”, la fuga va verso l’esplorazione delle grandi latenze dell’inconscio, della sessualita e del sogno, che gia Freud cominciava a indagare. In questo senso, c’é un romanzo di Mirbeau che pud essere visto come un presentimento di questo stato di tensione. Ne LAbbé Jules, del 1888, leredita lasciata dal prete & una cassa piena di disegni pornografici di una straordinaria complicazione e perversione mentale, che simboleggia appunto il serbatoio di quelle potenzialita pronte a esplodere: Ma né con L’Abbé Jules né con Le Jardin des Supplices, po- steriore di dieci anni, si giunge a una presa di coscienza di questa situazione, e quindi a una reale differenza rispetto ai moduli di sensibilita e di scrittura tipici di quel tempo. Come altri romanzi dell’epoca, caratterizzati dalla manifestazione di un “altrove” pitt o meno provocatorio sul piano estetico e culturale, anche Le Jardin des Supplices ha potuto essere defi- nito — non ingiustamente — decadente e addirittura blasfemo per la ragione che gia abbiamo menzionato: la sua carica erotica troppo incline a ricercatezze francamente orripilanti (tutti i sup- plizi del giardino cinese, appunto). E anche i personaggi princi- pali si iscrivono nel repertorio tipico dell’immaginario della fine del secolo: Clara é Ja donna fatale, detentrice e dispensa- trice di ogni forma di sapere perverso; il protagonista maschile, psicologicamente pitt debole della donna e mai nominato, é@ lo spettatore succube ed inorridito delle sevizie. Ma dove questo romanzo si stacca dalla tipologia narrativa decadente, @ nella scelta di anteporre al “racconto” vero e proprio quel Frontispice dove Mirbeau denuncia V'ipocrisia e la reale perversione delle leggi su cui si fonda la societd civile. Nel rifetimento al “besoin du meurtre”, all’istinto omicida, co- me a un elemento latente della nostra civilta, sta forse il tratto distintivo dell’opera: |’intuizione che le zone d’ombra non sono fuori dalla cultura e dalle istituzioni prodotte dagli uomini, ma dentro di esse. Fanno parte costitutiva e ineliminabile dell’in- dividuo privato e pubblico, e gli istinti distruttivi — crudelta, assassinio, perversione — non sono che la parte sommersa di una formidabile operazione di controllo delle pulsioni fatta dal- Je norme sociali per autoconservarsi ¢ legittimarsi come potere, VIL deviando queste energie verso zone legali 0 legalizzabili come il commercio, le attivita intellettuali, I'educazione, lo sport, la caccia, il militarismo... Questo dice Mirbeau nelle “pagine di sangue” annunciate nella dedica. E cosi i preti, i giudici, i soldati si rivelano per quello che realmente sono: le necessarie maschere di cui si rive- ste ogni potere politico e culturale non solo per legittimarsi, come @ gia stato detto, ma per nascondere laltra faccia della sua natura: quella della violenza, del massacro, della mostruo- sita, che trova la sua sublimazione in quegli stermini legalizzati che sono le guerre, e nell’immagine “insanguinata” dell’eroe (e qui l’anticipazione rispetto al discorso brechtiano & abbastanza straordinaria) Come la guerra, anche la sessuanta, o meglio Perotismo, con tutte le sue perversioni, & una manifestazione di queste pulsioni profonde, forse pitt esplosiva perché pit compressa. Le atro- cita anche pitt blasfeme, e le delizie anche piti corrotte del sesso sono il pendant simbolico di tutte le torture e le raffina- tezze della “civilta” operate dall’uomo sull’uomo in nome della Cultura, della Legge, della Morale, del Progresso... Cosi quel- Valtrove che & la Cina testituisce al debole personaggio europeo, in modo parodistico e mostruoso insieme, la visione di quel- Valtro da sé che da Flaubert, Rimbaud, Huysmans, Moreau — per limitare il campo alla sola Francia — ossessiona Vintellet- tuale occidentale: Ja fascinazione per il sangue, la barbarie, il mistero ¢ il delirio... Come dire i giardini proibiti di tutte le delizie e di tutti i supplizi. Perché gli estremi si toccano, ma non solo: gli estremi si compenctrano, nel senso che ogni polo & il rovesciamento simbolico delValtro, Vantites! nec ria del- Paltro per comporre quella sintesi dinamica in cui tisiede la leg- ge pit vera della vita. Cost come nella natura putrescenza € fertilita si fondono per riprodurre il ciclo biologico vitale. Al pari della natura, la donna detiene questa sapienza oscura ca- pace di date la vita e la morte, il tormento e il piacere. Come dice il protagonista maschile, Clara & tutta la natura e tutte le donne. Il giardino cinese — luogo separato, altrove nella citta, con- centrazione di tutti gli interdits del desiderio é dei suoi sadi- smi — diventa cosi Ia metafora di tutte le esperienze del limite della inquicta sensibilitd fin-de-sidcle, in cerca di devianze (e di predazioni: E otismo/Colonialismo...). Questo giardino @ veramente il punto di incontro di tutti i percorsi tematici emergenti e sotterranei del romanzo. Per la bellezza sorprendente delle sue forme vegetali, animali ed archi- tettoniche — in cui perd si annidano le torture pit orrende, vit praticate da espertissimi carnefici — &@ il simbolo della Cina intera, e, dice Clara, della superiorita culturale di questo pacsc rispetto all’Europa. Una cultura, quella cinese, che riconosce la natura antinomica degli elementi: supplizi/delizie, fertilita/de- composizione, vita/morte, e sa trasformare la loro forza distrut- tiva attraverso Varte: arte della tortura, arte botanica, arte erotica... In questa intelligenza consiste, dice ancora Clara, la differen- za incolmabile fra la Cina e l’Occidente, che sfrutta invece le antinomie vitali — le materie prime della natura e della vita — solo per fini mercantili, predatori o ipocritamente moralistici. Ma purtroppo, ormai, la fine della Cina e della sua cultura & inarrestabile, per ragioni di decadenza interna e per ragio- ni di appetiti colonialistici in conflitto, particolarmente quello inglese ¢ quello francese che Mirbeau individua con chiarezza fin nelle pagine del viaggio preparatorio all'approdo in questo paese. Cost la descrizione del sanguinoso esotismo cinese non & solo occasione, per lo scrittore, di scatenamenti erotico-macabri spesso difficilmente sopportabili; ma anche di denuncia di un tema politico-sociale — quello francese e pit generalmente europeo ~ gia anticipato nella dedica ¢ poi contenuto come una inquietante “mise-en-abime” nel Frontispice. Insieme al Froxtispice, il giardino & sicuramente uno dei luoghi pitt straordinari e ossessivi del romanzo. Luogo non solo di visioni paradisiache e di scene di allucinante crudelta, come si @ visto; ma anche centro di un delirio botanico davvero unico per. potenza fantastica e ptecisione lessicale. E qui lo stile di Mirbeau — per il suo inserimento di un linguaggio per defini- zione non narrativo come quello, appunto, botanico, in un con- testo erotico-decadente — merita un’attenzione particolare. Abbiamo detto che il giardino, e i fiori specialmente, con la loro cornice di acque, animali, torturati ¢ torturatori, diventano Ja metafora pit esplicita della natura tutta, coi suoi cicli di mutazione, di rinascita e di morte. E anche metafora dell’ener- gia sessuale, per le loro forme, i loro odori, i loro accoppia- menti effimeri e orgiastici di cui Clara si inebria. Ed & proprio nella descrizione minuziosa, ossessiva di questo mondo vegetale che Mirbeau da prova di una raffinatezza che va oltre la cono- scenza del mondo botanico e della sua terminologia. La sua, & la consapevolezza del fascino ambiguo che possiede il lessico scientifico-botanico: raggelante, sulle prime, e perfinc noioso; ma anche stranamente in bilico su assonanze e€ suggestioni, corri- spondenze ed espliciti rimandi a una sessualita vegetale che sconcerta, quando addirittura non affascina. x . Ma se poi, pur sopraffatti da questa exaltazione verbale naturaistca, ritcontamo la. presenea di aggetiviinspiegabil mente detisori, quali “comico”, “ridicolo”, “grotiesco”, “buf- fo", che accompignano anche ie desctizioni pitt macabre, sia vegetali che umane... Se pensiamo alla delicatezza estenuata del personageio maschile, che non sa far altro che fuggire da Slara e ritornare da lei, morbosamente succube del suo fascino perverso... Se osserviamo che Punico connotato fisico e psicolo- gico che abbiamo di lui & la sua facia “devastata” (cos) ci appare nel Froxtispice)... Se ricordiemo Ia figura di Clara, con tipicamente datata e ancorata allo stereotipo della donna. fe- tale... Ese infine facciamo rifesimento a un patticolare bio- grafico non trascurabile, e cic? che Mirbeau termind la sua vita Tontano dalle battaglie politiche ¢ letterarie, scegliendosi come passatempo quello di coltivare piante e fori di ogni tipo — fioti memiviglios! € mostruosi, a quanto dicono i critici ~ e di ten- tare esperimenti botanici di varia natura... Foco, se consideriamo tutto questo, non potrebbe sorgere il dubbio che questo roman- 20 ~ oltre a tutto quanto & stato detto — non sia anche Ia grande irrisione di uno scettico e visionatio naturalista? Roberta Maccagnani fuga verso i vari “esotismi” o ricerca di “spazi altri” del finire del secolo: da quelli geografici a quelli coloniali; da quelli fan- tasmatici e artistici (si pensi al dandysmo ed alla pratica degli allucinogeni) a quelli ben altrimenti distruttivi del pensiero (tut- te le filosofie irrazionalistiche del primo Novecento) e della Storia, tragicamente sfociati nelle guerre di conquista coloniale prima e di portata mondiale poi, per finire coll’insediamento dei vari regimi fascisti in Europa. A livello “profondo”, la fuga va verso l’esplorazione delle grandi latenze dell’inconscio, della sessualita e del sogno, che gia Freud cominciava a indagare. In questo senso, c’é un romanzo di Mirbeau che pud essere visto come un presentimento di questo stato di tensione. Ne L’Abbé Jules, del 1888, Veredita lasciata dal prete & una cassa piena di disegni pornografici di una straordinaria complicazione € perversione mentale, che simboleggia appunto il serbatoio di quelle potenzialita pronte a esplodere: Ma né con L’Abbé Jules né con Le Jardin des Supplices, po- steriore di dieci anni, si giunge a una presa di coscienza di questa situazione, e quindi a una reale differenza rispetto ai moduli di sensibilita e di scrittura tipici di quel tempo. Come altri romanzi dell’epoca, caratterizzati dalla manifestazione di un “altrove” pi o meno provocatorio sul piano estetico e culturale, anche Le Jardin des Supplices ha potuto essere defi- nito — non ingiustamente — decadente e addirittura blasfemo per la ragione che gia abbiamo menzionato: la sua carica erotica troppo incline a ricercatezze francamente orripilanti (tutti i i sup- plizi del giardino cinese, appunto). E anche i personaggi princi- ali si iscrivono nel sepertorio tipico dell’immaginario della Bhe del secolo: Clara é la donna fatale, detentrice e dispensa- trice di ogni forma di sapere perverso; il protagonista maschile, psicologicamente pii: debole della donna e mai nominato, é@ lo spettatore succube ed inorridito delle sevizie. Ma dove questo romanzo si stacca dalla tipologia narrativa decadente, @ nella scelta di anteporre al “racconto” vero e proprio quel Frontispice dove Mirbeau denuncia Vipocrisia e la teale perversione delle leggi su cui si fonda la societa civile. Nel riferimento al “besoin du meurtre”, all’istinto omicida, co- me a un elemento latente della nostra civilta, sta forse il tratto distintivo dell’opera: V’intuizione che le zone d’ombra non sono fuori dalla cultura e dalle istituzioni prodotte dagli uomini, ma dentro di esse. Fanno parte costitutiva e ineliminabile dell’in- dividuo privato e pubblico, e gli istinti distruttivi — crudelta, assassinio, perversione — non sono che la parte sommersa di una formidabile operazione di controllo delle pulsioni fatta dal- Je norme sociali per autoconservarsi e legittimarsi come potere, VII

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