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INTRODUZIONE Le journal d'une femme de chambre fu pubblicato per la prima volta a Parigi dall’editore Charpentier nel 1900. Nella Prefazione l’opera é¢ presentata non come una fin- zione romanzesca ma come il diario di una vera femme de chambre, di cui Mirbeau dichiara di essere soltanto il revi- sore. Mademoiselle Célestine R***, nonostante la mode- sta condizione di cameriera, sarebbe dunque riuscita a cogliere tutta «la tristezza e la comicita della con- dizione umana» mettendo implacabilmente a nudo le debolezze della societa moderna attraverso situazioni sca- brose e rivelazioni scandalose colte, come si direbbe og- gi, «in presa diretta». In aperta adesione alla poetica del naturalismo si sottolinea dunque la «verita» dell’opera, il suo carattere documentario, piuttosto che lo «stile» e la dignita letteraria. I grandi maestri del realismo della generazione prece- dente, Flaubert ¢ i Goncourt in particolare, avevano ripo- sto la massima fiducia in una scrittura letterariamente «bella», artisticamente «alta», nell’ossessione per il mas- simo rigore dello stile. I naturalisti, Zola in testa, spostano invece I’accento sullo scrupolo documentario, l’esattezza dell’osservazione, a cui corrisponde il carattere «speri- mentale» della scrittura. Le roman expérimental (1880) & infatti il titolo di un’opera teorica di Zola che vede la luce nello stesso anno delle Soirées de Médan, atto ufficiale di nascita della scuola naturalista. «L’uomo metafisico é morto», proclama Zola, ¢ il romanzo naturalista, nella sua uv veste di documento e di inchiesta, con personaggi reali che agiscono in un ambiente reale, offre al lettore I'im- pressione di una vera e propria tranche de vie. Nella folla eterogenea di lavoratrici che popolano il mondo delle lettere francesi nella seconda meta del XIX secolo, quello delle femmes de chambre forma un piccolo ma letterariamente nobilissimo drappello. Alla Célestine di Mirbeau, infatti, tengono buona compagnia, fra le altre, figure come Germinie Lacerteux dell’omonimo romanzo dei Goncourt (1865), Félicité di Un coeur simple (1877) di Flaubert, Francine Cloarec di Les funérailles de Francine Cloarec (1881) di Hennique, Martine del Docteur Pascal (1893) di Zola. Un precedente importante del Journal d'une jemme de chambre & Pot-Bouille (1882), romanzo nel quale Zola affronta i difficili rapporti tra domestici ¢ padroni con accenti antiborghesi particolarmente aspri: rispettabili apparenze celano vizi vergognosi, miserabili piccinerie ammantate della pid soddisfatta ipocrisia. Non a caso le accuse di oscenita, volgarita ¢ ignoranza accom- pagnano quasi sempre le «sortite> letterarie del naturali- smo. Brunetiére lo definisce spregiativamente come mera tendenza «materialista», ¢ afferma che il monopolio della cultura é ¢ deve rimanere appannaggio esclusivo della borghesia. Il giudizio critico implica una chiara valenza Politica: solo ed esclusivamente al borghese, ¢ mai al sem- plice lavoratore, ¢ dato assurgere alla dignita di soggetto estetico, Esattamente come il lessicografo non é tenuto a registrare il parlato volgare del popolo, cosi per il roman- ziere é indegno occuparsi della gente rozza e ignorante. Nelle opere di Zola, di Mirbeau e degli altri naturalisti la figura del domestico funziona come ideale passepariout per rivelare gli aspetti pit inconfessabili della vita ¢ della mentalita borghese. Nell'intimita quotidiana i borghesi si mostrano tali quali sono, senza inganni, senza veli, dimen- tichi che attorno vi @ qualcuno che ascolta, nota tutti i loro difetti, le pieghe segrete e i sogni ignobili della loro «rispettabile» esistenza; il domestico prende nota, classi- fica nella memoria per valersene un giorno, forse, come una temibile arma di ritorsione. Ma difficilmente giun- gera la resa dei conti, lo scontro decisivo, perché il dome- stico vive, in realta, la condizione dell’essere sradicato, dissociato, schizoide. Non appartiene pit al popolo dal quale proviene, ma neppure alla borghesia presso cui vive. Della borghesia acquista, a lungo andare, i vizi vergognosi, senza posse- dere peré i mezzi per soddisfarli. Nutre gli stessi vili senti- menti, le vergognose paure, i colpevoli appetiti, senza la scusante della ricchezza: é un ibrido umano, uno schiavo, con tutto cié che la schiavitd comporta di vilta morale, inevitabile corruzione, ribellione impotente che genera io. Nella Célestine di Mirbeau queste contraddizioni s’in- contrano, s’intrecciano, si esasperano, esplodono. Come in un prisma dalle molte facce, nel suo Journal si rifran- gono vividamente i compositi aspetti, aspri e spietati, spesso grotteschi, della societa francese negli anni della Terza Repubblica. La vicenda ha come sfondo il podere della Prioria a Mes- nil-Roy, in Normandia, proprieta di una coppia dal buffo cognome, Lanlaire (l'espressione va te faire lanlaire in francese significa press'a poco «va’ a quel paese»). Sin dalle prime pagine del Journal Célestine annuncia che non usera alcuna reticenza, né di fronte a se stessa, né di fronte agli altri. «Non @ colpa mia» dice «se dalle anime, di cui si strappano i veli per mostrarle a nudo, esala un odore cosi forte di marcio.» II lettore ¢ dunque awvertito, e non si illuda di trovar aria pulita neppure nel cuore della stessa protagonista, poiché essa, ‘minuscolo ingra- naggio perfettamente solidale con la smisurata macchina sociale di cui fa parte, non si considera affatto fuori dal gioco. «Non sono una santa», avverte Célestine, che ha co- Nosciuto molti uomini e dunque sa per esperienza tutte le sconcezze, tutte le follie di cui sono capaci. In sintonia con |’aspetto «scientifico» del naturalismo, Mirbeau tratteggia i fondamenti «genetici» della persona- lita di Célestine. I] padre, pescatore, morto durante una tempesta; la madre, alcolizzata, si ¢ data alla prostituzione per pagarsi da bere. Dal violento e torbido ambiente di prostituzione in cui é cresciuta, Célestine ha derivato una sensualita estremamente accesa, quasi animalesca: a do- dici anni, in cambio di un‘arancia, si concede a un vec- chio brutale ¢ ripugnante. Cid non suscita in lei alcun di- sgusto, ma anzi una inspiegabile sensazione di dolcezza e quasi di riconoscenza. Tutta la sua vita futura si svolgera sotto il segno di quest’ambigua attrazione-repulsione per le perversita, le bassezze e perfino il delitto. Flessuosa, sottile, ben fatta, bellissimi capelli biondi, oc- chi azzurro cupo, provocanti ¢ lascivi, una bocca audace, Célestine ha modi originali ¢ lo spirito vivacissimo e lan- guido a un tempo che piace agli uomini; infine quel certo nonsoché, lo chic, l’eleganza che molte donne di mondo e molte cocoties le invidiano. In questo smagliante ritratto che Célestine fa di se stessa possiamo facilmente cogliere i segni della sua esperienza parigina. Rievoca spesso con nostalgia la vita affascinante e frenetica della metropoli, contrapponendola alla monotona ¢ languente vita di pro- vincia. In realta @ profondamente provinciale per nascita e forma mentale. Célestine cameriera a Parigi é la classica provinciale sradicata: ritornata a servire in provincia, porta con sé la supponenza ¢ I'affettato bon ton della finta parigina. Da questo duplice sradicamento deriva la so- stanziale ambiguita della sua condotta. Pur odiando i suoi padroni, ne riproduce vizi, pregiudizi e comportamenti. Célestine ¢ soprattutto una creatura limitata e pavida: fra una grande incognita e una modesta certezza, sceglie senz’altro quest’ultima. Ad esempio, benché attraente, sensuale e dichiaratamente incline al vizio, non ha mai sa- puto risolversi a «saltare il fosso», passando risolutamente dalla servita alla ben pid renumerativa galanteria. Le oc- casioni non le sono mancate, ¢ non é stato certo un ec- cesso di virtd a tenerla lontana dal marciapiede. Sempli- cemente, non si é mai prostituita per paura, la paura molto piccolo-borghese e provinciale del «non si sa mai». Chissa dove la strada del vizio conclamato potrebbe por- tare, magari all’ospizio o all’ospedale, e non parliamo poi della paura del «dopo», dell’aldila (del resto la religione «é sempre la religione»). Benché Célestine confessi di amare troppo l’amore per chiedere denaro a chi le da il piacere, il tono delle sue confessioni é tale da dimostrare ampiamente quanto grande sia il suo opportunismo e l’a- bilita nel condursi in quella che essa definisce senz’altro come una «svergognata esistenza>. Con astuto cinismo tiene a bada monsieur Lanlaire, ves- sato da una moglie tirannica e sessualmente frustrata, sot- tomesso da Célestine a una esasperante altalena di am- miccamenti e dinieghi, allettamenti sessuali e mortificanti ripulse. Un atteggiamento che, pur nella sua grottesca tra- sfigurazione, si sarebbe tentati di leggere come metafora erotica di uno scontro di classe. Ma non c’é lotta di classe nel Journal d'une femme de chambre, tanto Mirbeau sem- bra inchiodare tutti indistintamente i suoi personaggi, servi € padroni, sul fondo di una condizione esistenziale irrimediabilmente corrotta, oscenamente insana. Il giudi zio morale sopravanza sempre quello sociale, che pure di- scende da una lucida e penetrante analisi. Pid che nell’os- servazione descrittiva della realta, per la maggior parte dei seguaci di Zola il naturalismo consiste proprio nell’o- dio per la realta stessa, che si trasfigura percid in una vi- sione quasi caricaturale. A prescindere dalle convinzioni politiche «di sinistra», 0 meglio anarchiche, di Mirbeau, questa galleria di personaggi grotteschi, miserabili e ma- niaci nasce da un pessimismo radicale, piuttosto che da un’analisi di classe. Non a caso, il «libro sacro» dei natura- listi, apparso incompiuto su una rivista lo stesso anno delle Soirées de Médan, era Bouvard et Pécuchet. L'occhio freddo di Célestine mette a fuoco un vero e proprio cam- pionario di orripilanti brutture, dove lo squallore dei corpi e delle fisionomie @ trasparente metafora dello squallore morale. Con puntigliosa meticolosita, Mirbeau ci mostra tutti i suoi personaggi, servi e padroni, come un concentrato di bassezze, rivelate dalla pit infallibile car- tina di tornasole: il comportamento sessuale. Il sesso é l’estrema verifica dell’umana abiezione: lette- ralmente e simbolicamente «messo a nudo», l’uomo svela in camera da letto la sua autentica natura, invariabil- mente marcia, corrotta, colpevole. Agli occhi del mondo le cosiddette «persone oneste», con le loro arie dignitose, i modi virtuosi, sono sempre pronte ad appellarsi alla mo- rale per condannare la serva «colta in fallo». Nell’intimita perd é ben altra cosa. Gli appelli alla morale e alla reli- gione non impediscono al padrone, per esempio, di rove- sciare la serva sul letto, lasciandole magari, in cambio di un’effimera compiacenza, il fardello di una «colpevole» gravidanza. Quanto alle padrone, dice Célestine, «non & possibile immaginarsi quante ve ne sono che nell’intimita divengono indecenti e svergognate, perfino quelle che in societa passano per le pit riservate, le pit severe, per virtu inaccessibili», Come quella signora della rue Lin- coln, cui piace ostentare ossequio alle pit pure tradizioni cattoliche di Francia, ma che non disdegna l’amore di gruppo, le visite ai bordelli «speciali» e che porta sempre con sé, in un elegante cofanctto, un grazioso godmiché. Il disgusto dei naturalisti per il mondo moderno, il sprezzo per le sordide realta della civilta borghese, che di- scende tanto dal nichilismo flaubertiano quanto dal pessi- mismo di Schopenhauer, piuttosto che al romanzo con- duce alla satira, al libello, al pamphlet. Célestine, gia assi- dua lettrice che cercava nei romanzi di Paul Bourget le ri- sposte ai «perché» della vita, sembra domandarsi alla fine che cosa vi sia mai di romanzesco in quel cumulo di sor- dide miserie quotidiane che é diventata la vita stessa. Se nella prospettiva flaubertiana di Bouvard et Pécuchet Huysmans ritiene il mondo «composto per la maggior parte di imbecilli», Mirbeau parla della «tristezza e comi- cita della condizione umana». Sintetizzano perfettamente la visione del mondo che esprime il Journal d’une femme de chambre le parole che Jean Lorrain mette in bocca al suo eroe in Monsieur de Phocas (1910): «Sempre ho sof- ferto come una malattia la gente incontrata per strada, so- prattutto la povera gente, operai che vanno al lavoro, im- piegati che vanno in ufficio, massaie e domestiche, brut- ture di un comico deprimente e tetro, accentuato dalle volgarita della vita moderna, la vita moderna e le sue pro- miscuita degradanti», E Vodio per il «mondo moderno» a indurre Mirbeau a considerare il romanzo come una spe- cie di «cronaca», che lascia libero corso alla sua verve di libellista e di caricaturista. Accomunati dalla condanna per il proprio tempo, dalla sprezzante denuncia della me- diocrita borghese, decadenti come Jean Lorrain, Pierre Loti, Montesquiou, si avvicinano ai naturalisti, e a Huys- mans e Mirbeau in particolare. Huysmans, infatti, dopo gli esordi naturalistici di Marthe (1875) e Sac-au-dos (1878), fornisce con A Rebours (1884) quella che sara considerata la vera e propria «bibbia» del decadentismo. Mirbeau, proprio a ridosso del Journal d'une femme de chambre, pubblica nel 1899 Le Jardin des supplices, dove porta alle estreme conseguenze le possibilita artistiche offerte da quel gusto per un erotismo raro e mostruoso che é pro- prio della letteratura decadente. Enrico Badellino

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