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Johann David Wiss - Il Robinson Svizzero
Johann David Wiss - Il Robinson Svizzero
IL ROBINSON SVIZZERO
Illustrazioni di Graziella Sarno
U. MURSIA & C.
MILANO
Titolo originale dellopera
DER SCHWEIZERISCHE ROBINSON
Traduzione integrale dal tedesco di
CARLA VINCI-ORLANDO
Indice
PRESENTAZIONE ________________________________________ 5
Capitolo II_______________________________________________ 55
Racconta le esplorazioni di una madre coraggiosa e la costruzione di un ponte
e di una casa pensile. Fritz si rivela un eroe. Come si festeggia la
domenica. La natura offre ricchi doni.___________________________ 55
PRESENTAZIONE
Un'edizione in due volumi di questo avvincente libro per ragazzi
apparve per la prima volta nel 1812 a Zurigo.
Il suo autore, il pastore evangelico Johann David Wyss, aveva
scritto la storia del Robinson svizzero unicamente per la sua
famiglia, armonizzando in modo mirabile la passione per i viaggi e
le avventure in terre lontane, tipica della letteratura del suo tempo,
con finalit didascaliche, e alternando nel suo lungo racconto la
descrizione di straordinarie imprese con insegnamenti scientifici e
pratici, senza che l'una delle tendenze prevalesse sull'altra, in
sapiente fusione stilistica.
Naturalmente, nella ideazione e nella stesura del libro, il Wyss si
era ispirato al Robinson Crusoe, il famoso romanzo di "Daniel
Defoe, capostipite di tutti i Robinson, ma vi aveva inserito non pochi
tratti tipici e originali.
Uno dei suoi quattro figli, il poeta e filosofo Johann Rudolf Wyss,
cur la pubblicazione del libro, che in centocinquant'anni stato
ristampato innumerevoli volte, ottenendo sempre rinnovato favore.
Ma poich in origine l'opera non era stata destinata alle stampe
non sono mancati successivi rifacimenti, limitati per altro
all'eliminazione di alcuni tratti di secondaria importanza.
L'edizione svizzera del 1962, da me tradotta, tuttavia l'unica che
riproduca integralmente la stesura originale.
Nella versione ho cercato di conservare quanto pi possibile lo
spirito dell'epoca in cui l'opera fu concepita e scritta e soprattutto il
tono familiare e discorsivo della narrazione.
L'intonazione pedagogica, che risente anch'essa del gusto
dell'epoca, non deve intendersi per come sfoggio di erudizione da
parte del Wyss, ma soltanto come aspirazione ad una pi profonda
conoscenza della terra e delle creature che su essa vivono, giacch
solo tale conoscenza suscita nell'uomo l'amore per la natura e la
forza atta a fronteggiare i fenomeni pi sconvolgenti, pur con la
piena consapevolezza dei propri limiti.
Cos soltanto possibile comprendere quello che a prima vista
IL ROBINSON SVIZZERO
CAPITOLO I
RACCONTA IL NAUFRAGIO DI UN BASTIMENTO. - UN PADRE
CORAGGIOSO SALVA LA FAMIGLIA E TROVA UN'ISOLA DI
SALVEZZA. PRIME ESPLORAZIONI A TERRA E SULLA NAVE
NAUFRAGATA.
LA TEMPESTA aveva imperversato per sei lunghi, terribili giorni e
nel settimo, ben lungi dal placarsi, pareva che volesse infuriare, se
possibile, ancora di pi. Eravamo stati sbattuti verso sud-est, cos
lontano dalla nostra rotta, che nessuno sapeva pi dove ci
trovassimo. Tutti eravamo scoraggiati e sfiniti dal duro lavoro e dal
lungo vegliare. Gli alberi della nave erano in parte schiantati e caduti
in mare, lo scafo aveva riportato delle falle e l'acqua che vi penetrava
cresceva a vista d'occhio. Un marinaio, abituale bestemmiatore,
proruppe a un tratto in preghiere rumorose, urlanti, e in voti quasi
ridicoli. Ciascuno un po' raccomandava l'anima a Dio e un po'
pensava al modo di salvare la propria vita.
Figlioli, dissi ai miei quattro ragazzi spaventati e
piagnucolanti se il buon Dio vuole la nostra salvezza ci aiuter
certamente; ma se dobbiamo morire meglio che ci rassegniamo. Ci
ritroveremo in cielo.
La mia brava moglie si asciug le lacrime; poi divenne pi serena
e incoraggi affettuosamente i ragazzi che si erano stretti a lei. Per
mi si spezzava il cuore per la pena e l'angoscia. Infine i poverini si
inginocchiarono abbracciandosi insieme e incominciarono a pregare.
Mi commosse in modo singolare il sentire le tenere voci in mezzo
all'infuriare, al mugghiare, allo scrosciare della tempesta.
All'improvviso, tra il rombo dei frangenti, udii una voce gridare:
Terra! Terra! Ma nello stesso istante avvertimmo uno scossone
cos violento che ci fece stramazzare e sembr sconquassare tutto.
Uno spaventoso rovinio lo accompagn e il crescente rumoreggiare
uscire dalla nave alla quale la mia imbarcazione era ancora legata.
Ciascuna estremit delle aste venne infilata nel foro di un barilotto
d'acquavite vuoto, che venne poi ben tappato in modo che l'acqua
non vi potesse penetrare. Cos fui abbastanza sicuro che, quando
avessi girato le mie aste di traverso sulla barca, i barilotti le
avrebbero impedito, con sufficiente efficacia, di ribaltare tanto a
destra quanto a sinistra.
Ecco, dissi, quando la bizzarra imbarcazione fu pronta
questo l'abbiamo imparato dai signori polinesiani: essi applicano alle
loro barche bilancieri simili a questi per evitare che si capovolgano e
la nostra barca-tinozza, cos sistemata, ci far lo stesso servizio che
fa ai polinesiani il loro katamarang.
Come si chiama quel coso? esclam Jack divertito ed
anche il piccolo Franz scoppi in un'allegra risata.
Katamarang.
Magnifico! Dunque abbiamo costruito qualcosa di esotico!
Katamarang! D'ora in poi chiamer la nostra barca soltanto cos!
Ormai non ci restava che trovare come raggiungere, dalla stiva del
relitto, il mare aperto. Perci salii nella barca-tinozza e la spinsi in
modo che la prua potesse arrivare alla falla apertasi nella murata
sfondata che offriva una via d'uscita per la partenza. Segai ed
abbattei, a dritta e a sinistra, quel tanto di tavole e travi sporgenti
necessario per ottenere un passaggio comodo e, quando anche questo
fu fatto, ci disponemmo a procurarci i remi per l'imminente
traversata.
Durante tutto questo lavoro si era fatto molto tardi e poich non
c'era alcuna probabilit di arrivare a terra prima di notte, risolvemmo,
anche se molto a malincuore, di passare anche una seconda notte a
bordo della pericolante carcassa. Ci rifocillammo con un buon pasto,
poich per tutto il giorno, tra l'entusiasmo e lo zelo, avevamo avuto
appena il tempo di prendere di quando in quando un pezzo di pane e
un bicchiere di vino.
Tutti per ci coricammo infinitamente pi sereni del giorno
precedente e rinfrancammo le forze esaurite con un benefico sonno.
Allo spuntare del giorno eravamo gi svegli e pronti, poich la
speranza, come l'angoscia, non fa dormire a lungo. Dopo aver preso
allegri.
Nella prima mezza botte prese posto mia moglie, affettuosa,
devota e intelligente sposa e madre. Nella seconda, proprio davanti a
lei, sedette Franz, un piccino che non aveva ancora compiuto dieci
anni, di ottimi sentimenti, ma dal carattere non ancora ben definito.
Nella terza stava Fritz, testa ricciuta di sedici anni, svelto e bravo.
Nella quarta il barilotto con le polveri, i polli e la tela per la tenda;
nella quinta le nostre vettovaglie; nella sesta Jack (Jakob), ragazzotto
di dodici anni, un po' sventato ma servizievole e intraprendente.
Nella settima Ernst, giudizioso quattordicenne, soltanto un tantino
almanaccone e pigro. Nell'ottava io stesso, con il pi tenero cuore di
padre e con il grave compito di governare la barca per la salvezza dei
miei cari. Ognuno di noi aveva accanto a s attrezzi utili; ognuno
teneva in mano un remo; davanti ad ognuno c'era una cintura di
salvataggio, per il caso disgraziato che si dovesse andare a picco ed a
ciascuno era stato insegnato come servirsene senza indugio.
La marea aveva gi raggiunto il suo livello medio quando ci
staccammo dal relitto e vi avevo fatto conto, perch essa avrebbe
aiutato le nostre deboli forze di rematori. Girammo nel senso della
lunghezza le aste del bilanciere e, attraverso la spaccatura apertasi
nello scafo, uscimmo felicemente in mare. I miei figli divoravano
con gli occhi la terra rocciosa e Fritz col suo occhio di lince pot
scoprirvi gi degli alberi tra cui, a suo dire, distingueva anche delle
palme. Ernst pregustava gi il piacere di mangiare noci di cocco, che
dovevano essere pi grandi e migliori di quelle comuni. Remavamo
verso la terra con forza ma, per un pezzo, senza alcun costrutto.
L'imbarcazione continuava a descrivere dei larghi cerchi, finch
all'ultimo riuscii a darle la giusta direzione. Allora proseguimmo pi
agevolmente.
Quando i due cani, dalla nave, si accorsero che ci allontanavamo,
balzarono in mare uggiolando e ci raggiunsero subito a nuoto. Erano
troppo grandi per la nostra barca, giacch Turk era un alano inglese e
Bill una cagna danese della stessa razza. Ne provai compassione,
temendo che non riuscissero a nuotare a lungo. Ma essi si
arrangiarono abilmente e quando erano troppo stanchi appoggiavano
le zampe anteriori sulle aste del bilanciere che avevamo girato di
tanta paura dei piedi bagnati. Vedi bene che il sole ha gi quasi
asciugato me e Jack.
Allora andr a prendere nello stesso tempo anche del sale,
rispose Ernst, ne ho visto a mucchi fra le fessure della roccia.
Deve provenire dall'acqua di mare fatta evaporare al sole. A
giudicare dal sapore era precisamente sale.
Gi, gi, eterno filosofo! lo criticai. Sarebbe stato meglio
che ne avessi preso subito un sacco, invece di rimuginarci su a lungo.
Se non vogliamo mangiare una minestra scipita, corri e portaci quello
che hai scoperto.
Era veramente sale quello che Ernst ci port, ma sporco, misto a
sabbia e a terra, sicch stavo per gettarlo via, sgridando il ragazzo
che non lo aveva raccolto con cura. Tuttavia la mamma trov il modo
di rimediare, sciogliendo il sale in un recipiente di latta pieno d'acqua
dolce e filtrandolo poi attraverso una tela sottile, dopo di che
potemmo metterlo nella minestra.
Ma non potevamo prendere senz'altro acqua di mare? chiese
Jack.
Oh, no! rispose Ernst. davvero troppo amara, a parte il
suo sapore salato; quasi vomitavo dopo averla provata.
Presto la mamma assaggi la minestra con una bacchettina che
aveva usato per rimestarla e la giudic ottima. Per disse,
manca ancora Fritz e inoltre come mangeremo la nostra pietanza?
Non assolutamente possibile che ognuno accosti alla bocca questa
grande pentola rovente e peschi le gallette con le mani.
Ce ne restammo sbigottiti intorno al fuoco, come la volpe della
favola quando la cicogna le present la brocca dal collo lungo, ma
alla fine ridemmo di cuore delle angustie in cui ci trovavamo.
Oh! disse allora Ernst, per potremmo usare delle
conchiglie.
Giustissimo approvai, direi che davvero una buona
idea! Va' e portaci delle conchiglie. Per non dobbiamo fare gli
schizzinosi; intingeremo anche le dita nella zuppa, perch non
avremo manici per quei cucchiai.
Jack fil via di corsa; Ernst lo segu placidamente e Jack stava gi
con l'acqua fino ai malleoli, prima che l'altro arrivasse. Solerte, Jack
alcuni bei pezzi che poi dovettero gettar via. Durante tutte queste
faccende i cani rimasero sdraiati vicino a noi, digerendo il loro pasto
notturno e non diedero alcun segno di voler partecipare alla nostra
colazione. Per solo allora notammo che non erano usciti del tutto
indenni dal sanguinoso combattimento, giacch avevano in diversi
punti, e particolarmente sul collo, morsicature e ferite. Ben presto
cominciarono a leccarsi a vicenda le ferite, specie al collo, dove non
riuscivano a farlo da soli.
Certo sarebbe bello, disse Fritz, se sulla nave ci fossero
dei collari chiodati per i nostri animali, dato che gli sciacalli, come
sono gi capitati una volta sulle nostre tracce, potranno ancora
tornare e avere il sopravvento sui cani inermi.
Oh! propose Jack, far io stesso i collari e proprio per
bene! Solo che la mamma voglia aiutarmi!
Ti sia concesso, piccolo spaccone! assicur mia moglie;
vedremo che cosa saprai escogitare!
S, s, ometto, aggiunsi io, esercita pure la tua capacit
inventiva. Se verr fuori un lavoro fatto con giudizio, ne avrai lode e
onore. Ora per tempo che ognuno di noi vada al proprio lavoro: e
perci, Fritz, preparati! Io e la mamma crediamo necessario che tu
ritorni con me sul relitto per salvare quello che c' rimasto. Voi
ragazzi, rimanete di nuovo qui con la mamma. Siate ubbidienti e
solleciti!
Imbarcandoci nella nostra barca-tinozza stabilimmo che quelli che
restavano a terra avrebbero rizzato un'asta con della tela a mo' di
bandiera, che noi avremmo potuto vedere col cannocchiale dalla
nave. L'abbassarsi di essa, seguito da tre spari di allarme, sarebbe
stato il segnale perch tornassimo subito a terra. Potei perfino indurre
la madre alla coraggiosa risoluzione di passare la notte da sola con i
piccoli - sempre che non avesse notato alcunch di pericoloso - nel
caso che la grande quantit di lavoro ci avesse tenuto impegnati
troppo a lungo sul relitto.
Non portammo con noi nient'altro che i nostri fucili con gli
accessori, perch sulla nave dovevano esserci ancora viveri a
sufficienza, ma alla fine ci decidemmo a prendere anche lo
scimmiottino perch Fritz voleva rifocillarlo il pi presto possibile
CAPITOLO II
RACCONTA LE ESPLORAZIONI DI UNA MADRE CORAGGIOSA E LA
COSTRUZIONE DI UN PONTE E DI UNA CASA PENSILE. FRITZ SI
RIVELA UN EROE. COME SI FESTEGGIA LA DOMENICA. LA
NATURA OFFRE RICCHI DONI.
PER LA VERIT, cominci la mamma, non mi sembri
affatto ansioso di starmi a sentire, giacch per tutta la sera non mi hai
lasciato aprir bocca. Ma l'acqua, quanto pi a lungo si raccoglie,
tanto pi a lungo scorre: cos adesso parler finch ne avr voglia.
Mi ero alzata di buon mattino e, visto che non potevate tornare
tanto presto, feci subito il mio piano. Volevo cercarmi un posto in cui
stare pi comodi, perch qui sulla spiaggia durante il giorno il caldo
quasi insopportabile. Intanto i ragazzi si erano gi svegliati e si
erano messi subito a scuoiare lo sciacallo di Fritz; con le strisce
ricavate dalla pelle confezionavano, non senza una certa abilit, la
cintura di Jack e il collare di Turk, che stasera avete ammirato.
Comunicai loro il mio programma e tutti lo approvarono con
gioia. Senza indugio si prepararono, verificarono i loro fucili, li
caricarono, scelsero dei coltelli da caccia e si sistemarono in spalla la
roba da mangiare. A me tocc la fiasca dell'acqua e, invece del
coltello da caccia, un'accetta. Perci presi il fucile leggero di Ernst e
gli diedi in cambio un fucile pi grosso che poteva essere caricato a
palla. Poich il vostro ritorno si protraeva ancora, ci mettemmo in
cammino, cos bene equipaggiati e con la scorta dei cani, e ci
dirigemmo verso il torrente.
Turk, che era stato con voi durante la prima spedizione, sembr
capire immediatamente che cercavamo di prendere la stessa strada e
si attribu subito le funzioni di guida. Dietro di lui arrivammo presto
al punto in cui voi due avevate guadato il torrente e anche noi
passammo dall'altra parte felicemente, anche se non senza fatica.
dato che aveva trovato pochissima roba sull'orlo pi alto della riva,
sceso gi per il crepaccio fino all'acqua ed stato allora che mi ha
chiamato tutt'a un tratto: Jack, vieni subito e guarda quanti, quanti
gamberi si sono attaccati allo sciacallo di Fritz!. Sono sceso
scavalcando la sponda e ho visto con stupore che lo sciacallo era
rimasto incagliato in un punto poco fondo ed era coperto da una
miriade di magnifici gamberi. Immediatamente sono corso ad
annunciarlo alla mamma che ha tirato fuori una rete con la forca che
non avevo mai veduto e allora un po' con quell'arnese, un po' con le
mani, ne abbiamo acchiappati a volont e ne avremmo presi ancora
di pi se non avessimo sentito che ci chiamavate. Per, non vero
che sono terribilmente tanti?
Certo, risposi, se anche lasciamo scappar via i pi piccoli
saranno sempre tanti da farne il pi abbondante dei pranzi per tutti
noi e cos ancora una volta abbiamo scoperto inaspettatamente una
dispensa che ci promette cibo per parecchi giorni. Sia ringraziato
Iddio che ci fa trovare l'abbondanza dappertutto!
Dopo aver sentito anche il resoconto del nostro breve viaggio, la
mamma si accinse a cucinare una buona parte dei gamberi; noi
intanto eravamo occupati a sciogliere le travi e le tavole traghettate e
a trasportarle a riva. Certo dovemmo arrangiarci per portare a
termine una faccenda in fondo tanto semplice, giacch mancavamo di
finimenti con cui poter attaccare gli animali; per io feci alla svelta
quello che fanno i lapponi quando attaccano le loro renne alle slitte.
Feci un cappio a un'estremit di una lunga fune e poi lo passai
attorno al collo dell'asino, mentre l'altro capo passava tra le zampe
dell'animale, indietro, per venire strettamente legato al legname da
trasportare. La mucca fu costretta a farsi aggiogare alla stessa
maniera e cos, pezzo per pezzo, portammo la nostra zattera fino al
torrente, nel punto che il piccolo capomastro durante il suo
sopralluogo aveva scelto per gettarvi il ponte e che anche a me, dopo
attenta osservazione, sembr il migliore. In quel punto infatti le due
sponde del torrente erano abbastanza erte, salde, compatte e di uguale
altezza. Inoltre dalla nostra parte c'era anche il troncone di un
vecchio albero, a cui potevo appoggiare le travi maestre, mentre
dall'altra parte un paio di alberi robusti mi facevano sperare in un
poteva fare nella fretta. Al di; sopra dei volatili vennero posti due
mezzi cerchi di botte, su cui appoggiammo un paio di coperte,
affinch il buio tenesse buoni gli animali e cos anche questa
faccenda fu sbrigata con successo. Tutto ci che dovevamo lasciare
sul luogo del nostro primo approdo e che poteva essere rovinato dal
sole o da un'eventuale pioggia, fu trasportato nella tenda, il cui
ingresso fu imbastito e strettamente legato ai paletti fissati in terra.
Per ulteriore salvaguardia collocammo i barili, pieni e vuoti, intorno
alla tenda come baluardo ed affidammo poi il tutto tranquillamente
alla protezione della natura e alla custodia del cielo benigno.
Finalmente iniziammo il nostro passaggio, tutti quanti armati di
fucili e di pistole, grandi e piccoli, giovani e vecchi, ognuno con la
propria sacca sulla schiena, allegri e di buon animo. Fritz e la
mamma aprivano la marcia; la mucca e l'asino cavalcato da Franz li
seguivano; le capre guidate da Jack formavano la terza linea; lo
scimmiottino sedeva con aria buffa in groppa a una capra; dietro di
loro veniva Ernst come guida delle pecore e dietro le pecore, vigile
retroguardia, io stesso. Sui fianchi trottavano, agili aiutanti di campo,
i due cani. L'intero corteo avanzava lentamente e pensavo che
dovesse avere pi o meno l'aspetto della carovana del patriarca
Abramo o di quella di Giacobbe, che con famiglia e greggi
emigravano di terra in terra.
Attraversammo felicemente il ponte e solo allora anche la scrofa
fece onore al nostro imponente corteo. Fino a quel momento si era
comportata in modo cos riottoso che non eravamo stati capaci di
condurla via con l'altro bestiame, ma ora, vedendoci partire tutti
insieme, si uni volontariamente al gregge, pur manifestando
chiaramente la sua disapprovazione con grugniti.
Frattanto per cominciava un altro guaio. L'erba rigogliosa
sull'altra riva del torrente allett talmente le nostre bestie, che si
precipitarono tutte a brucare, staccandosi dal gruppo a destra e a
sinistra. Non saremmo mai riusciti a riportare in ordine quel goloso
branco se i nostri cani non avessero fatto del loro meglio e non
avessero riportato tutti al loro posto, con balzi e latrati paurosi.
Per non ripetere una seconda volta la stessa storia, ordinai di
voltare a sinistra, verso la spiaggia, perch sapevo che l non c'era
pericolo soltanto quei frutti di cui si nutrono gli uccelli o in ogni caso
le scimmie.
Per qua ci sono le noci di cocco, obiett Ernst, che a noi
piacciono moltissimo, eppure nessun uccello le mangia.
Ehi, anche la gatta furba si lasciata scappare un topo!
ribattei ridendo. Se le noci di cocco non fossero cos pesanti,
grosse e dure troverebbero amatori anche fra gli uccelli. Del resto
non voglio affatto sostenere che non ci siano anche dei frutti magari
innocui all'uomo, ma velenosi per alcune specie di uccelli; ad
esempio, si dice che le mandorle amare siano micidiali per i polli e i
pappagalli. Tuttavia questo caso pare sia molto raro e in generale
dubito che allo stato di natura un uccello mangi un frutto nocivo,
ragion per cui la mia regola, tanto per cominciare, ci potr servire
con sufficiente sicurezza. Solo che farei pi attenzione agli uccelli di
questo paese anzich ai polli e ai colombi che abbiamo portato con
noi, poich in questi ultimi l'istinto naturale gi piuttosto soffocato
dall'allevamento. Ma qui, dal nostro scimmiottino, possiamo
aspettarci il meglio.
A questa dichiarazione i ragazzi saltarono tutti insieme attorno a
Franz, cercando premurosamente se nella sua tasca ci fossero ancora
fichi; se li fecero dare, con preghiere e lusinghe varie, e poi li
portarono trionfalmente allo scimmiottino che, accoccolato sulla
radice di un albero, aveva assistito digrignando i denti al disgustoso
spettacolo dello scorticamento.
I fichi furono offerti per l'assaggio al buffoncello che li afferr
svelto svelto, li annus da tutte le parti e poi si cacci in bocca
tranquillamente la dolce sorpresa, facendo le pi comiche smorfie,
mentre i ragazzi cominciavano ad applaudire il piccolo pagliaccio e a
gridargli bravo!.
Intanto la mamma aveva acceso il fuoco sul focolare gi pronto, vi
aveva posto sopra il paiolo con l'acqua e cominciava diligentemente
a preparare il pranzo, mentre io davo una mano nel loro lavoro ai
ragazzi inesperti. Il gatto selvatico fu scuoiato del tutto e le sue carni
furono gettate ai cani, che vi si precipitarono affamati.
Mentre aspettavamo il pranzo ordinai ai ragazzi di provare a
lanciare pietre e bastoni verso i rami inferiori dell'albero pi bello e
pi alto, che avevo prescelto come futura abitazione. Anzi, alla fine,
provai io stesso; ma, poich non avevamo mai fatto un tal genere di
esercizi e siccome anche i rami pi bassi erano sempre a una
considerevole altezza, non riuscimmo a colpirne nemmeno uno.
Dovevo escogitare qualcos'altro, giacch era importante per me
trovare un mezzo per far arrivare una scala di corda fino a uno dei
rami.
Non curandomi dello scarso successo di quel primo tentativo,
andai con Fritz ad immergere nel vicino ruscello la pelle
dell'animale, che coprimmo di sassi; poi la mamma ci chiam per
mangiare e ci presentammo di corsa per consumare con gran gusto il
semplice pasto.
Quando ci fummo saziati, dissi a mia moglie:
Provvisoriamente dovremo sistemare per terra il nostro alloggio
notturno, perch non vedo proprio come potremo riuscire a salire
oggi stesso sull'albero. Intanto prepara subito tirelle e robusti
pettorali, affinch la mucca e l'asino possano trascinare fin qui tavole
e assi e cos, una volta che avr trovato il modo di giungere
felicemente lass, potremo costruirci un'abitazione sull'albero.
Scuotendo la testa, la brava donna si accinse a tagliare e a cucire e
io a fissare le nostre amache in modo da avere, in ogni modo, un letto
per la notte. Fu facile attaccare alle alte ricurve radici dell'albero i
nostri giacigli aerei in intima vicinanza; in tal modo potei coprirli
tutti insieme con un grande telone disteso sopra di essi, per avere un
tetto ed evitare la pericolosa rugiada notturna.
Presa questa precauzione, andai in fretta con Fritz ed Ernst alla
riva, per esaminare il legname che il mare vi aveva trasportato e
cercare innanzi tutto qualcosa di adatto a farne dei solidi pioli per una
scala di corda.
Sulla riva c'era veramente legname a iosa, che tuttavia avrebbe
richiesto una lunga e noiosa preparazione per farne quello che
desideravo e la mia faccenda si sarebbe arenata se, con mia grande
gioia, Ernst non mi avesse mostrato per combinazione un buon
numero di canne di bamb, ricoperte da un denso strato di sabbia e
fango. In un attimo fui sul posto, le trassi fuori del tutto, cominciai a
ripulirle con l'aiuto dei ragazzi liberandole dai residui delle foglie
costruita dall'uomo.
Cos i ragazzi compresero che avevamo buoni motivi per
festeggiare la domenica anche nella nostra isola. Sbrigammo dunque
soltanto le faccende indispensabili, come avevo predisposto, e dopo
aver anche provveduto agli animali, ci sedemmo finalmente sull'erba
soffice.
Mentre tutti mi ascoltavano attenti, spiegavo loro come il Signore
avesse disposto ogni cosa per il nostro bene, facendoci capitare in
quell'isola meravigliosa che ci offriva tutto per vivere. Li esortai a
sottomettersi alla saggia guida di Dio, che sicuramente anche con
quella vita dura e piena di fatiche voleva arrecarci soltanto del bene.
I miei ragazzi rimasero per un po' tutti assorti e composti; ma
presto, non essendo pi trattenuti da me, ognuno se ne and per
conto proprio. E poich credevano che non fosse lecito intraprendere
un qualsiasi lavoro, mi sembr che si sforzassero, vero, di occupare
il tempo solo meditando, ma che il loro spirito fosse ancora troppo
debole perch potessero trascorrere il resto del giorno senza
occupazioni esteriori o senza uno svago. Siccome non intendevo
sommergerli tutto in una volta con dottrine morali, li esonerai da una
troppo rigida inattivit ed allora si sentirono sollevati.
Jack desiderava il mio arco con le frecce e voleva provarsi a
munire di punte queste ultime. Fritz aveva voglia di lavorare attorno
ai suoi foderi e aveva bisogno del mio consiglio. Franz mi preg
insistentemente di costruire un arco e delle frecce anche per lui, dato
che non poteva ancora sparare col fucile.
Dovetti accondiscendere e per prima cosa consegnai a Jack le mie
frecce e gli spiegai come doveva estrarne di nuovo la sabbia e infilare
le punte nelle canne. Il tutto, conclusi, va poi ben legato con
lo spago e per una maggiore stabilit dovrebbe essere intinto nella
colla.
Gi, osserv Jack, dici bene; se solo sapessi dove abitano
in questo paese i fabbricanti di colla, ne comprerei certamente!
Ebbene, disse il piccolo Franz, fatti dare dalla mamma
una tavoletta di estratto di carne: quella roba sembra proprio colla.
Figurati! replic Jack, tu piccolotto vuoi saperne pi di
noi!
anche gli altri luoghi che erano diventati memorabili per noi, con
nomi che ci ricordavano qualche evento importante. Cos il nostro
primo alloggio vicino alla baia fu chiamato Rifugio della Tenda,
perch il nostro primo rifugio era stato appunto una tenda; l'isolotto
che stava all'imbocco della Baia della Salvezza fu battezzato Isola
del Pescecane, perch Fritz sosteneva di avervi visto un pescecane,
ed una seconda isola fu chiamata per contrapposto Isola della
Balena. Chiamammo la palude in cui avevamo tagliato le canne per
le frecce Palude del Fenicottero, per l'uccello che vi avevamo
abbattuto; il nostro castello sull'albero ebbe il poetico nome di Nido
dei Palchi: Perch voi siete una specie di giovani animali da
preda, di nobile razza, spero, pronti a imparare e ad obbedire, lesti e
animosi come falchi, dissi ai ragazzi.
Proposi poi di chiamare il promontorio, dal quale con Fritz avevo
cercato invano i nostri compagni di viaggio, Capo della Speranza
Delusa e la collina su cui stavamo semplicemente La Vedetta. Infine
battezzammo il torrente dal quale gli sciacalli si erano spinti fino al
nostro rifugio Torrente degli Sciacalli.
Cos passammo piacevolmente il tempo chiacchierando e, mentre
mangiavamo, gettammo le basi per una toponomastica della nostra
nuova patria, anzi decidemmo, ridendo, di spedirla in Europa con la
prima posta.
Dopo il pranzo ognuno torn al proprio lavoro. Fritz fin i suoi
foderi; Jack, Ernst e Franz si esercitavano a scoccare le frecce e di
tanto in tanto davano un po' di aiuto al fratello maggiore.
Si avvicinava intanto la sera e l'afa pi opprimente del giorno era
ormai passata, tanto da invogliare ad una passeggiata; invitai allora
l'intera famiglia.
Dove si potrebbe andare? chiesi.
Io direi al Rifugio della Tenda, esclam Jack. Domani
infatti dobbiamo avere una buona scorta di polvere e piombo per
sfoltire un pochino le schiere degli uccelli che stanno in gran numero
sugli alberi di fico e mettere da parte cos una riserva di carne
saporita.
Anch'io sono d'accordo per il Rifugio della Tenda, disse la
mamma, perch il burro finito; Fritz mi ha impiastricciato quello
Con queste parole presi da una karatas uno stelo secco, ne tolsi la
scorza esterna, estrassi un pezzetto del midollo asciutto e spugnoso,
lo appoggiai alla pietra focaia, vi battei l'acciarino e in un batter
d'occhio quell'esca di nuovo tipo si accese. I ragazzi mi guardarono
meravigliati e fecero un salto di gioia, gridando:
Benissimo, benissimo! Evviva l'alberello accendifuoco!
Ecco, dissi, e questo il numero uno! Ora la mamma ci
deve informare con che cosa pensa di rattoppare i buchi dei nostri
vestiti o con che cosa ne cucir di nuovi, quando il filo sar finito!
vero, interruppe mia moglie, gi da un pezzo che ci
penso con apprensione e per questo mi guardo intorno dappertutto,
cercando con ogni cura lino selvatico o piante di canapa.
Ora puoi tranquillizzarti, replicai io, perch nelle foglie
di karatas hai il filo migliore che potevi augurarti nelle nostre
condizioni. Certo non pi lungo della foglia che lo contiene, ma
senz'altro lungo quanto deve essere di regola una gugliata.
Cos dicendo spaccai una foglia davanti agli occhi di tutti e ne
estrassi una quantit di fili belli e robusti che consegnai subito alla
mamma facendoli osservare ai ragazzi.
Vedete? dissi, la karatas che mi lasciavate con tanto
disprezzo pu prestarci in fondo diversi servizi migliori del
pregiatissimo ananas, che solletica soltanto il palato!
Certo, osserv mia moglie, ora ci tornano molto utili
tutte quelle cose interessanti che ci leggevi a casa, poich noialtri, col
nostro semplice modo di giudicare, dovevamo per forza preferire
l'ananas. Per ci vorr molto tempo per estrarre i fili cos, ad uno ad
uno, da ogni foglia.
Oh, sapremo ben rimediarvi, le risposi, perch se si
lasciano seccare bene le foglie al sole o al fuoco e si fanno scorrere
leggermente attraverso una fune annodata, per liberarle dal midollo,
si ottiene presto una quantit di fili che si possono poi ripulire del
tutto con pochissima fatica. Del resto potremmo anche provare a
pestare le foglie come si fa con la canapa, in modo che se ne stacchi
il superfluo e rimangano soltanto le fibre utilizzabili.
S, certo, esclam Fritz, vedo gi che la karatas
soppianter l'ananas; essa ci promette un'utilit dieci volte maggiore.
CAPITOLO III
IL BASTIMENTO VIENE ANCORA SFRUTTATO. - SI CUOCE PANE DI
MANIOCA E SI COSTRUISCE UNA LANCIA ARMATA. IL BABBO
PREPARA DELLE BOLAS. CATTURA DI UN'OTARDA. RINVENIMENTO DELLA PIANTA DA CERA E DELL'ALBERO DEL
CAUCCI.
TORNANDO a casa avevo osservato lungo la spiaggia, fra tanto
materiale, anche dei legni ricurvi che mi sembravano adattissimi alla
costruzione di un traino; con quello avrei potuto trasportare il barile
di burro e tante altre cose necessarie dal Rifugio della Tenda al Nido
dei Falchi. Subito mi ero proposto di tornare alla spiaggia il giorno
appresso, prima ancora che i miei si fossero svegliati, per prendere le
misure necessarie. Avevo deciso di portare come aiuto Ernst, perch
la sua indolenza aveva bisogno, come antidoto, di una buona
camminata mattutina ed anche perch Fritz mi sembrava pi bravo
per un'eventuale difesa di quelli che rimanevano.
Perci al primo chiarore dell'alba, appena sveglio, chiamai Ernst
che sbadigliava ancora; scendemmo dall'albero senza che nessuno se
ne accorgesse e lasciammo i nostri cari immersi nel sonno.
L'asino dovette venire con noi e perch non facesse il viaggio a
vuoto gli feci tirare un grande ramo d'albero, che pensai di portare
con me per utilizzarlo in occasione del primo trasporto.
Arrivammo presto ai legni ricurvi, meta della nostra escursione, e
l decisi di caricarli sul ramo che l'asino aveva trascinato e che per il
momento poteva servirmi da slitta, essendo ancora pieno di
ramoscelli. Per completare il carico disincagliammo una cassa che
stava a riva mezzo insabbiata e rotolammo anche questa sul ramo,
dopo di che riprendemmo lentamente la via del ritorno e, quando
occorreva, aiutavamo l'asino nel traino con un paio di stanghe che
avevamo raccolto e che usavamo a mo' di leva.
prova per i polli e la scimmia. Poi vedremo che effetto far loro il
nostro pasticcio e se consigliabile avviare la panificazione anche
per noi.
Il sacco venne subito aperto, ne cavammo fuori alcune manciate di
farina e quella rimasta fu rimestata ben bene con un bastone, scossa e
rimessa sotto il torchio. Subito dopo una delle piastre di ferro,
rotonda e un pochino concava, fu posta ad arroventarsi su alcune
pietre; appena fu ben calda, con una pala di legno vi distendemmo
una parte della farina, la stiacciammo e la lasciammo stare finch il
fondo divent tutto dorato; allora rivoltammo la focaccia, facendola
cuocere anche dall'altra parte.
Oh, che buon profumo! esclam Ernst. Peccato che
anche noi non possiamo mangiare subito questo pane fresco!
Ehi, possiamo provarlo almeno io e il piccolo Franz!
propose Jack.
Io dico che voi due siete sempre i pi scriteriati! lo sgridai.
Magari non vi farebbe proprio male, per pi prudente aspettare
fino a domani. Non voglio nemmeno esporre al pericolo tutti i nostri
polli, ma al massimo due soltanto, e poi mastro Pizzichino, il ladro di
uova, ci render in questo caso ottimo servizio.
Appena la focaccia si fu un po' raffreddata, la sbriciolammo ai
nostri assaggiatori che la divorarono avidamente, guardati con
invidia dai vogliosi ragazzi.
L'indomani mattina corremmo subito dalle galline e dallo
scimmiottino per vedere che effetto avesse fatto la stiacciata di
manioca e avendo trovato tutti in perfetta salute ci accingemmo con
entusiasmo alla grande infornata.
La farina di manioca fu tolta dal torchio e fu acceso un gran fuoco
per ottenere molto carbone ardente. Per ponemmo sul fuoco anche
una caldaia piena di patate, perch la fiamma non si sprecasse
inutilmente. Appena la legna divenne tutta brace, a ciascuno dei
ragazzi fu affidato il proprio focolare, con una piastra di ferro sopra e
a ciascuno fu assegnata la sua parte di farina in un guscio di cocco,
perch potesse preparare per benino da s il proprio pane e si
procedesse alla svelta.
Tutti erano disposti in semicerchio attorno a me, per poter
c'eravamo soltanto noi due, ci ha gettato due noci; ora invece, visto
che gli ospiti sono aumentati, si appresta ad apparecchiare la tavola
un po' pi generosamente, come si vede, ed allora mostriamoci
riconoscenti, apriamo subito una noce e beviamo alla salute del mago
con tutta la debita gratitudine.
S, s, disse Jack, guardando allegro le noci in alto,
questo mastro Hemmerli 3 sa fare le cose a modo. E se adesso vuol
regalare ancora un paio delle sue noci a me e al piccolo Franz, gli
faremo tutti un caloroso evviva!
Ecco, ecco! grid Fritz in quel momento, l'ho scoperto,
babbo! una bestia proprio orrenda, piatta, rotonda, grande quanto
l'interno del mio cappello e con due orribili pinze di gambero; eccolo
che scende lungo il tronco.
A questa notizia il piccolo Franz si nascose in fretta dietro la
mamma. Ernst si guard intorno, per vedere dove poteva mettersi in
salvo all'occorrenza; Jack alz minacciosamente il calcio del fucile e
tutti guardammo incuriositi l'albero che aveva alloggiato un ospite
tanto insolito.
La brutta bestia scivolava lentamente, con comodo verso di noi;
quando fu arrivata a una distanza raggiungibile, Jack attacc battaglia
col suo fucile, ma manc il colpo e la bestia cadde improvvisamente
a terra con un sol balzo. Veloce e con le pinze spalancate si diresse
ora contro il suo aggressore.
Il mio ometto si difendeva certo valorosamente, ma con un ardore
tale che non riusc ad assestare nemmeno una botta, tanto pi che il
suo avversario sapeva scansare abilmente ogni colpo; infine, stanco
di picchiare a vuoto e ricordando forse come le pinze dei granchi
sapevano bene attanagliare i polpacci, Jack fece dietro-front e scapp
via. I fratelli scoppiarono in sonore risate. Istantaneamente il ragazzo
si ferm, pos a terra borsa e fucile, si tolse la giacca e tenendola
allargata con entrambe le mani, corse di nuovo contro il suo nemico.
3
CAPITOLO IV
IL RELITTO VIENE FATTO SALTARE. - L'ASINO DISERTA E RITORNA
CON UN COMPAGNO. - UN BUFALO, UNO SCIACALLO E
UN'AQUILA VENGONO CATTURATI E ADDOMESTICATI.
FACCIAMO le candele! Facciamo le candele! gridavano tutti,
madre e figli, la mattina seguente e non mi lasciarono in pace finch
non ebbi loro promesso di mettermi subito all'opera, accingendomi
seriamente a fabbricare candele di cera con le bacche della Mirica
cerifera.
Facemmo bollire nella pi grande delle nostre caldaie tutte le
bacche che essa poteva contenere e ottenemmo cos una
considerevole quantit di bella cera verde e profumata; ancora allo
stato fluido la travasammo in un altro recipiente e cominciammo
subito a lavorarla. Infatti, mentre le bacche bollivano, da una tela
sfilacciata avevamo ricavato, attorcigliandoli, un buon numero di
lucignoli; questi vennero ripetutamente inzuppati con cura nella
massa di cera, tanto da prendere l'aspetto di buone candele, che
furono appese al fresco, affinch asciugando si indurissero.
Naturalmente le candele non riuscirono ben tornite, levigate e
regolari come quelle fatte dal candelaio, ma quando al calar della
sera accendemmo per prova la prima, essa bruci e rischiar cos
bene che nel nostro castello pensile potemmo spogliarci
comodamente e metterci a letto alla sua luce. Il successo riportato ci
mise straordinariamente di buon umore e ci diede il coraggio di
attuare subito un'altra impresa, desiderata ardentemente dalla
mamma. Infatti, poich avevamo una certa scorta di panna,
bisognava decidersi a farne del burro e dovevo perci preparare
l'attrezzatura necessaria.
Il mio piano fu presto fatto; una grande zucca bislunga, gi
scavata, fu riempita di panna; il coperchio fu ben richiuso e legato
con cura in modo che il liquido non potesse colarne; subito dopo il
recipiente fu posto sopra un telone, le quattro punte furono appese ad
altrettanti pali e la parte centrale caricata della zucca, come una
specie di sacco, fu lasciata libera per poterla muovere a volont; a
questo punto ognuno dei quattro ragazzi cominci a tirare su e gi
dolcemente una delle cocche, imprimendo alla tela un movimento
oscillatorio e poich questo lavoro si poteva fare con estrema facilit
e perfino stando seduti, in breve i ragazzi, tra ogni sorta di scherzi e
di chiassose cantilene, avevano tanto dondolato che potei sperare di
vedere la panna gi solidificata e effettivamente, aprendo la zucca tra
la gioia generale, vi trovai dell'ottimo burro.
Notevolmente pi difficile fu invece per me un altro lavoro che
gi da molto tempo mi sembrava quasi indispensabile. Infatti spesso
avevo osservato che il traino era troppo pesante per i nostri animali
da tiro e soprattutto troppo scomodo e perci da un pezzo mi ero
proposto di costruire un piccolo carro con le ruote trovate a bordo del
relitto. Ora avvenne che prima di iniziare il lavoro mi pareva di aver
osservato cos bene tutte le forme e variet di carri del nostro paese,
da poter fabbricare con successo un vero e proprio veicolo. Ma
quando ebbi messo insieme ascia e sega, legno e ferro, trapano e
martello, chiodi e viti, a dire il vero, a malapena sapevo come
incominciare e molto meno come continuare e completare l'opera; e
cos capii quanto sia difficile poter dire di aver osservato a
sufficienza qualcosa e quanto sia giusta l'affermazione conoscere
bene una cosa come se l'avessimo fatta con le nostre mani.
Alla fine, dopo molta fatica e numerosi sbagli, affastellai e misi su
alla meglio una specie di carro-rastrelliera a due ruote, che in seguito
ci fu molto utile per trasportare a casa il raccolto.
Siccome intanto il Rifugio della Tenda doveva servirci
effettivamente pi che altro come asilo in caso di pericolo, poich
oltre alle provviste vi erano custodite anche armi e munizioni,
badammo principalmente a renderlo pi sicuro, piantandovi intorno
una fitta siepe di piante spinose contro l'irruzione di animali feroci e
perfino contro l'assalto di qualche turba di selvaggi, se mai si
verificasse un'eventualit del genere. Anche le adiacenze del ponte,
che del resto si poteva render intransitabile togliendo alcune tavole,
all'inizio del viale che portava al Rifugio della Tenda, con gli alberi
di noce, di castagno e di ciliegio disposti su due file regolari, che in
parte erano stati inclinati dal vento.
Io, che ero il pi robusto, reggevo l'asta di ferro e, piantandola con
forza nel terreno, preparavo il foro per i pali di canna. I ragazzi erano
occupati a scegliere e ad appuntire le canne; tutti insieme poi
legavamo i pali appena collocati ai giovani alberelli, mediante liane o
rampicanti sottili e resistenti, che pensavo fossero mibi.
Il lavoro dur a lungo e ci procur il mal di schiena; a
mezzogiorno tornammo affamati come lupi al Nido dei Falchi, dove
la mamma ci aveva preparato un ottimo pranzo e ci aspettava da un
pezzo con vivo desiderio.
Mangiammo bene e molto, e ci concedemmo il riposo necessario,
mentre discorrevamo di una faccenda che gi da diverso tempo stava
molto a cuore a me, e forse ancora di pi alla mamma.
Ad entrambi infatti il salire e scendere dal nostro castello pensile
per mezzo della scala di corda sembrava troppo faticoso, anzi
rischioso, tanto che salivamo sull'albero soltanto la sera per andare a
letto ed ogni volta col grave timore che uno o l'altro dei ragazzi, che
si arrampicavano di corsa lesti e spensierati come gatti, potesse per
un passo falso precipitare e rimanere infortunato. Questi timori mi
avevano spinto a riflettere di continuo se non ci fosse una possibilit
di costruire un accesso pi sicuro alla nostra fortezza. Ero giunto
infine alla convinzione che dall'esterno non si poteva impiantare
assolutamente nulla di pi efficace della scala di corda e che dovevo
tentare in qualche modo di arrivare fino alla nostra abitazione
attraverso l'interno del tronco.
Non mi avevi detto, moglie, dissi infine, che nel tronco
dell'albero c' una cavit nella quale pare si sia annidato uno sciame
d'api? Si tratterebbe soltanto di esplorare quanto sia profonda e che
dimensione abbia questa cavit e ci agevolerebbe molto il nostro
piano.
Tale dichiarazione accese immediatamente un ardente zelo nei
nostri ragazzi. Saltarono in piedi, subito pronti, si arrampicarono
come scoiattoli lungo le arcate delle radici fin dove potevano
arrivare, tutt'intorno al cavo delle api, per cercare di sentire,
La mamma fu molto lieta del nostro bottino; ebbe tanta cura della
gallina che questa continu a covare le uova e ci regal qualche
giorno dopo quindici pulcini, e presto divenne del tutto domestica
assieme alla sua nidiata.
Un paio di giorni dopo il nostro ritorno dal querceto le iris di
Franz, ormai appassite, erano sparse per terra. Fritz allora ebbe
un'idea, le raccolse e chiam il piccolo, dicendogli: Guarda,
fratellino, ora faremo una bella frusta con le tue spade, cos non
marciranno inutilmente e potrai tenere meglio la disciplina fra pecore
e capre.
I ragazzi si sedettero uno accanto all'altro; il piccolo Franz
tagliava le foglie in lunghe strisce sottilissime che Fritz intrecciava
insieme e presto fu fatta una robusta sferza.
Osservando il lavoro dei ragazzi mi accorsi, non senza un lieto
presentimento, con quanta facilit quelle foglie tenaci ed elastiche si
lasciassero avvolgere e intrecciare. Cominciai allora ad esaminare
pi attentamente una striscia. Vidi cos che le foglie erano costituite
da lunghi fili forti e flessibili, congiunti insieme da una mucillagine
verdognola. Ci mi fece pensare che le presunte iris fossero in realt
qualcos'altro e precisamente le piante di lino della Nuova Zelanda, il
Phormium tenax, scoperta che, nelle nostre condizioni, giudicai
preziosissima; perci, anche come semplice supposizione, la
comunicai subito a mia moglie.
Dio, che cosa magnifica! grid lei, addirittura in visibilio.
La migliore che abbiate portato a casa! Procuratemi subito tutte le
foglie che potete. Ne faremo calze, camicie, vestiti, fili e funi, e tutto
quello che si pu desiderare!
L'entusiasmo di mia moglie mi fece quasi ridere, eppure era
proprio il sentimento della brava massaia, che si sente balzare il
cuore in petto quando si parla di canapa e lino.
Mentre cercavo di moderare l'entusiasmo della mamma, giacch il
passaggio dalle foglie alla tela era troppo difficile e lungo, Fritz e
Jack, senza dirmi nulla, balzarono inosservati uno in groppa
all'onagro, l'altro al bufalo, dirigendosi cos rapidamente alla volta
del bosco che presto li perdemmo di vista.
Dopo un quarto d'ora i nostri cavalieri tornarono a casa di buon
CAPITOLO V
LA MADRE FILA IL LINO. - HA CASA NELLA ROCCIA. - LA
MIGRAZIONE DELLE ARINGHE. SI TROVA IL COTONE. SI
FONDANO NUOVE COLONIE E SI COSTRUISCE UNA BARCA.
COMINCIA IL RACCOLTO DEI COLOMBI. COME SI
ADDOMESTICANO I COLOMBI.
NON FACILE raccontare come ci sentimmo lieti e fortunati
quando, dopo le lunghe malinconiche settimane di maltempo, il cielo
cominci a rischiararsi, il sole torn a splendere e il clima cominci a
farsi pi mite e sereno. Con viva gioia sbucammo dai locali intanfiti,
uscimmo all'aria fresca, rallegrando i nostri occhi con il gaio tenero
verde che spuntava dappertutto. La natura stessa pareva rinascere.
Ogni creatura aspirava con delizia il nuovo soffio vitale. Tutte le
pene dell'inverno furono dimenticate e pieni di fiducia andavamo
incontro ai lavori e alle fatiche dell'estate, come se fossero un gioco
di ragazzi.
Tutte le nostre coltivazioni erano in pieno rigoglio. I semi affidati
alla terra germogliavano a meraviglia, gli alberi erano adorni di
foglie appena spuntate e di nuove gemme; il suolo era ricoperto di
splendide variet di fiori multicolori e dell'erba pi grassa che avessi
mai visto. Gli alberi in fiore impregnavano l'aria di profumi
balsamici e il canto degli uccelli dalle piume variegate, che appena
desti si affrettavano ad uscire dai loro nascondigli per partecipare alla
gioia comune, completava lo spettacolo di una ridente primavera e di
una fiorente creazione.
Pieni di rinnovato coraggio cominciammo col ripulire e
raggiustare il castello pensile nei punti danneggiati dalla pioggia;
dopo pochi giorni potevamo abitarvi di nuovo, liberare la scala a
chiocciola, rimettere a posto nei locali fra le radici le comodit che
ne avevamo portato via e dedicarci infine a qualche occupazione
utile.
Alla mamma, naturalmente, stava a cuore pi di ogni altra cosa il
suo amato lino. Perci, mentre i ragazzi pascolavano il bestiame fra
l'erba fresca, io portavo all'aperto i fasci di lino che si erano di nuovo
inumiditi e aiutavo mia moglie a costruire il sostegno per un
essiccatoio provvisorio, affinch tutto il lino potesse asciugarsi
completamente. Poi cominciammo a maciullarlo e a scapecchiarlo. I
ragazzi furono impegnati a collaborare in ogni senso, ma
specialmente a battere i fasci di lino su un tavolo, con solidi bastoni,
prima della maciullatura, in modo da separare le fibre tessili dal
superfluo. La mamma si occupava della maciullatura, mentre io
facevo il pettinatore e fornivo della merce cos pregiata che tutti ne
furono entusiasti.
Ora per devi farmi anche un fuso, mio caro marito, mi
preg mia moglie, tutta rossa per il fervore, cos potr cominciare
subito a filare.
Con abilit e costanza costruii un fuso e perfino un aspo. Da quel
momento l'industriosa donna si dedic alla sua prediletta
occupazione con tanto entusiasmo che non sentiva nemmeno il
bisogno di concedersi il piacere, di cui era stata cos a lungo priva, di
una passeggiata o di un'escursione. Anzi era contenta quando ce ne
andavamo, lasciandole tutt'al pi uno dei ragazzi, perch cos poteva
preparare tranquillamente il materiale per i nostri futuri bisogni di
tela, calze, filo, cordoncini.
Noi intanto facemmo subito una spedizione al Rifugio della Tenda
per vedervi gli effetti dell'inverno e per esaminare se anche l ci
fosse da rappezzare e rimettere in ordine, come era stato necessario
fare nel nostro palazzo pensile.
Purtroppo trovammo il Rifugio della Tenda colpito e rovinato
molto pi duramente dell'arioso Nido dei Falchi. Vento e pioggia
insieme avevano abbattuto la tenda e una parte della tela da vela era
stata completamente divelta; tutte le provviste erano talmente
deteriorate che si rivelarono in gran parte addirittura inservibili e il
resto poteva essere salvato soltanto se avessimo provveduto a farlo
asciugare subito.
Per fortuna per la lancia solida e ben costruita era stata
Nido dei Falchi, annunciare la lieta notizia a quelli che erano rimasti
e tornare assieme a loro con tutte le candele che c'erano a casa,
affinch potessimo accingerci subito insieme, comodamente,
all'ispezione della portentosa caverna, in tutta la sua vastit. Nel
frattempo cominciai con Fritz a rendere pi larga e alta l'apertura
dell'antro, portando via tutti i detriti e aprendo un comodo varco,
affinch i nostri cari potessero entrare senza trovare ostacoli nella
grotta straordinaria.
Dopo un paio d'ore la mamma arriv felicemente sul carro
assieme ad Ernst e al piccolo Franz.
Senza perder tempo furono accese le candele e in solenne corteo
ci addentrammo nella buia spelonca. Ognuno portava una candela
accesa nella destra, qualche arnese nella sinistra, un'altra candela in
tasca come riserva e l'occorrente per accendere nella cintura, nel caso
che la candela si spegnesse all'improvviso. Procedevamo con gravit
sostenuta: io davanti, i ragazzi mezzo impauriti e mezzo incuriositi
dietro di me, la mamma in coda e ai due lati i cani, nei quali l'insolita
scena sembrava destare timore e inquietudine.
Quando fummo nella grotta uno spettacolo meraviglioso,
incantevole, si offr ai nostri occhi. Tutt'intorno a noi le pareti
brillavano come il cielo stellato; dalla volta della caverna pendevano
innumerevoli cristalli scintillanti, molti ne scaturivano anche dalle
pareti. Dappertutto la fiamma delle candele sfavillava moltiplicata,
come se ci trovassimo nella sala di un palazzo reale riccamente
illuminata o in un duomo gotico durante la messa mattutina, quando
da ogni parte brillano i lumi e col rifrangersi dei raggi luminosi tutti i
colori e le gradazioni della luce a tratti si diffondono intorno e a tratti
si concentrano in un unico punto di abbagliante splendore.
Il suolo della caverna era compatto, piano per lo pi, e cosparso di
finissima sabbia, come fosse stato fatto apposta, e cos asciutto che
non potei scoprirvi la minima traccia di umidit, il che fu per me
ancora pi gradito; a ragione quindi potevo dedurre che come luogo
di abitazione la caverna sarebbe stata perfettamente salubre.
Con indicibile gioia scoprii, in parte per la forma dei cristalli, in
parte per la friabilit della roccia, ma soprattutto per il sapore di un
frammento staccato dalla parete, che ci trovavamo in una caverna di
che speravo di utilizzare in seguito non solo per incollare ma, meglio
ancora, in sostituzione dei vetri nelle finestre.
L'orto accanto al Rifugio della Tenda, proprio vicino a noi, era in
pieno rigoglio e senza richiedere eccessive cure ci offriva ricchi
contorni di legumi di ogni specie, dallo squisito sapore. Con
particolare piacere notavamo che in quei luoghi le piante non
sembravano legate esclusivamente ad una determinata stagione;
durante tutta l'estate, per esempio, avevamo a nostra disposizione
piselli e fagioli, parte in fioritura, parte in piena maturazione. Ogni
nostra lieve fatica era compensata ad usura, perch oltre a svariati
ortaggi, avevamo anche cetrioli, meloni e una gran quantit di
granturco di straordinario sviluppo. Anche le canne da zucchero
crescevano rigogliose e infine la maggior parte degli ananas
trapiantati sulle sporgenze della parete rocciosa aveva messo radici,
promettendoci per il futuro una magnifica provvista degli squisiti
frutti.
Il felice prosperare delle piante seminate nelle nostre vicinanze ci
dava ottime speranze anche per le piantagioni pi lontane; ci
preparammo quindi a farvi una capatina e un mattino partimmo di
buon animo dal Rifugio della Tenda.
Andammo prima alla volta del Nido dei Falchi, per munirci di
tutto l'occorrente. Prima di arrivare per passammo per il grande
campo in cui la mamma al posto delle patate aveva seminato
generosamente ogni sorta di cereali e di leguminose. Vi trovammo
una gran quantit di piante europee, in gran parte in piena
maturazione. C'erano orzo, grano, segale, avena, ceci, miglio, fagioli,
lenticchie e altro ancora. Ero veramente sbalordito, chiedendomi da
dove la mamma avesse preso tutte quelle sementi.
Pi ricca di ogni altra riusc la messe del granoturco. Ne avevamo
piantato un po' per prova nell'orto, ma qui ne era stato seminato un
piccolo campo. In compenso per, anche una massa di ospiti
importuni e scrocconi si era autoinvitata nel nostro campo, recando
con le sue ruberie un sensibile danno al raccolto. Appena ci
avvicinammo al campo di mais una mezza dozzina di otarde che in
quel momento si ingrassava a nostre spese, prese immediatamente la
fuga sbattendo rumorosamente le ali e quando i due cani, avidi di
non troppo piccola. Fino allora le mie esplorazioni erano state vane,
ma non avevo ancora perduto del tutto la speranza e dopo che
avemmo terminato la costruzione della nuova capanna cominciai a
girare tutt'intorno con i ragazzi per quella zona, cos ricca di piante
rare. Dopo lunghe e molteplici prove, fatte solo a mano o con l'ascia,
trovai finalmente alcuni poderosi alberi d'alto fusto che somigliavano
alle querce; avevano frutti simili alle ghiande, soltanto un po' pi
piccoli, e una corteccia che pareva quasi sughero, ma si distingueva
da questo per la maggior tenacit; mi sembr dunque del tutto
rispondente al mio scopo.
Dopo aver cercato quello che pareva facesse proprio al caso
nostro, fissammo a uno dei rami inferiori la scala di corda che
avevamo portato con noi. Fritz vi si arrampic e con la sega a mano
cominci a incidere in alto la corteccia tutt'intorno al tronco fino al
durame, mentre io facevo la stessa operazione verticalmente dall'alto
al basso, con la massima cura. Subito dopo staccammo una sottile
striscia della corteccia lungo il tronco, poi con scalpelli da legno la
scorza fu staccata a poco a poco tutt'intera e, poich l'albero era nel
suo pieno vigore e la corteccia abbastanza elastica, il lavoro ci riusc
a perfezione.
Per, quando avemmo portato la scorza scortecciata e intatta
sull'erba, ci accorgemmo che il nostro lavoro era appena a met.
Mi sembr opportuno iniziare immediatamente l'ulteriore
lavorazione perch la corteccia, per la naturale umidit e flessibilit
che ancora manteneva, in quel momento avrebbe potuto prendere
molto pi facilmente la forma che volevo darle per ricavarne
un'imbarcazione. A questo scopo tenni allargati con un grosso cuneo
i fianchi laterali della corteccia, che tendevano a richiudersi, praticai
alle due estremit (davanti e dietro) un'incisione lunga circa cinque
piedi, proprio al culmine della convessit, e riunii poi insieme i lembi
divisi, in modo che, dal punto in cui aveva inizio l'incisione,
combaciassero gradualmente sempre di pi, terminando infine a
punta. Essi furono fissati saldamente in tale posizione con alcuni
chiodi, perch non potessero pi staccarsi l'uno dall'altro e
formassero i due speroni dell'imbarcazione: cos rialzati, avrebbero
certamente facilitato il fendere delle onde. Tuttavia in questo modo la
mia barca era diventata troppo piatta nel mezzo; costrinsi allora le
fiancate a prendere una posizione pi verticale, tirandole
energicamente con l'aiuto di alcuni cavi, ma mi mancavano gli arnesi
necessari per poter dare l'ultima mano all'opera. Con Fritz e Jack
mandai a prendere al Rifugio della Tenda il traino, a cui avevo
applicato le piccole ruote dei cannoni di bordo, per poter trasportare
con quello la barca e completarla in un posto pi comodo.
Nel frattempo cercai in tutti i boschetti e le fratte dei dintorni dei
rami curvi e a gomito, parte per rinforzare, parte per rialzare le
fiancate della barca. Assieme ad Ernst, fui tanto fortunato da trovare
una quantit di alberi dai rami incurvati naturalmente, come pinastri,
ontani e acacie, che mi offrirono diverse ottime coste di sostegno per
lo scafo. Per l'occasione scoprimmo anche in un tronco d'albero una
nuova resina che asciugandosi si rivel straordinariamente tenace; ne
facemmo raccogliere subito una buona provvista dalla mamma e dal
piccolo Franz, perch mi ripromettevo di ricavarne grandi vantaggi
per il futuro impeciamento della barca.
Era gi sera quando i miei due figli tornarono con il traino e
poich, data l'ora avanzata non si poteva iniziare nessun altro lavoro,
andammo tutti a riposare. La mattina seguente ci mettemmo di
buon'ora all'opera. Caricammo la barca sul traino, assieme ai legni
ricurvi e ad altre cose occorrenti, e iniziammo subito il viaggio di
ritorno.
Presto giungemmo alla grande palude e con le accette ci facemmo
largo a fatica tra le canne per aprirci un varco sufficiente, soprattutto
per l'asino che portava le vettovaglie. Ci imbattemmo in bamb dai
fusti cos alti, come non ne avevo ancora trovati nella regione al di
qua del valico; ne abbattei uno per utilizzarlo come albero della
nuova barca.
Dopo un certo tempo uscimmo finalmente dall'intrico delle canne
e alla nostra sinistra, anzich il mare, trovammo il grande fiume,
mentre a destra la lunga catena di rocce indietreggiava un poco,
lasciando soltanto uno stretto passaggio, che da quel momento
chiamammo la Chiusa. Nel punto pi stretto, a pochi passi dal
torrente che, sgorgando impetuosamente da un crepaccio, l accanto,
si gettava nel grande fiume, costruimmo un solido argine che doveva
Trappola per le belve costituita da una fossa coperta da frasche e munita di paletti
verticali aguzzi. (N.d.T.)
molto da fare!
Subito fummo tutti in piedi e dopo aver sbrigato le solite faccende
mattutine ci mettemmo seriamente all'opera. Per prima cosa i ragazzi
furono mandati a raccogliere delle bacchette da trasformare in
panioni. Io intanto ero occupato a preparare la pania, mescolando a
fuoco lento una sufficiente dose di olio col caucci ancora fluido. A
tale miscuglio aggiunsi di mia iniziativa un po' di olio di trementina e
sbattendo e mescolando ottenni una bella massa omogenea che
divenne davvero una pania molto viscosa e tenace. Subito dopo
insegnai ai ragazzi, che nel frattempo erano ritornati, come dovevano
spalmare quella roba appiccicosa sulle bacchette raccolte e andai in
cerca dei posti pi adatti in cui infilare le panie preparate.
Capii presto che l'anno precedente dovevamo essere arrivati senza
dubbio proprio alla fine, come dire insieme con i ritardatari, della
grande migrazione dei colombi, giacch ora si precipitava sugli alberi
vicini una massa di uccelli talmente incredibile, che perfino un cieco
avrebbe difficilmente mancato il tiro. In particolare essi andavano in
cerca delle dolci ghiande del vicino querceto e la quantit di
sudiciume per terra faceva supporre che avessero gi scelto quel
posto come alloggio notturno e che probabilmente avevano
intenzione di pernottarvi una seconda volta. Lieto di questa scoperta
mi proposi, se le panie non ci avessero procurato abbastanza
selvaggina, di organizzare anche una caccia notturna e di catturare i
colombi alla luce delle fiaccole, come i colonizzatori americani della
Virginia. A questo scopo raccolsi ancora un po' di legna leggera e di
rametti secchi.
Quando tornai al Nido dei Falchi trovai gi una sufficiente scorta
di bacchette impaniate. Allora Jack dovette salire sul nostro grande
albero e fissarle ai rami.
Aveva appena infilato una decina di quelle panie ed era sceso per
munirsi di nuove bacchette, che gi i colombi volavano a stormi e si
posavano sui pericolosi rami senza il minimo timore. Ecco che uno o
l'altro rimaneva impaniato, si dibatteva, svolazzava, finch la
bacchetta si staccava dal ramo e il colombo precipitava con essa,
diventando nostra facile preda; dopo di che le panie, liberate alla
svelta, rifacevano lo stesso servizio una seconda e una terza volta.
scelsi due belle dritte, grosse circa un dito e pressappoco della stessa
misura; le divisi esattamente a met e poi le legai di nuovo insieme,
affinch non si storcessero asciugandosi.
Mi proponevo di fare con esse un tentativo lungimirante,
impiegandole come sostegno di un pettine da tessitore, poich
pensavo sempre di offrire a mia moglie un telaio che le permettesse
di utilizzare una buona volta il suo filato. Perci tagliai subito anche
un legnetto come modello per i denti del pettine e mi feci preparare
dai ragazzi un gran numero di legnetti uguali. I miei figli chiedevano
con curiosit per che cosa pensassi di adoperare quegli
stuzzicadenti, e poich non volevo parlare, avendo deciso di fare
una gradita sorpresa a mia moglie, alla fine, imbarazzato, risposi per
una specie di buffa disperazione: Faremo uno strumento musicale
ottentotto, che si chiama gom-gom e, se verr suonato a dovere,
perfino la mamma dovr battere i piedi al suo ritmo, e fare il viso
allegro.
In breve ebbi una sufficiente quantit dei cosiddetti stuzzicadenti;
li presi sorridendo misteriosamente e misi al sicuro l'occorrente per il
telaio fino al momento opportuno in cui, non visto dalla mamma,
avrei montato il pettine.
In quei giorni l'asina partor un piccolo di ottima razza, che
speravamo di allevare non solo come utile animale domestico, ma
come magnifica cavalcatura. All'unanimit fu subito assegnato a me,
affinch anch'io avessi il mio bravo cavallo. Come buon augurio gli
diedi il nome di Folgore, che in breve tempo si rivel appropriato
non solo per i modi selvaggi, quasi turbolenti, del puledro, ma anche
per il trotto veloce e gli agili ed eleganti movimenti.
A mano a mano raccogliemmo nella caverna fieno e altro foraggio
per poter tenere con noi durante il periodo delle piogge qualcuno
degli animali domestici.
Del resto tutti i quadrupedi erano abituati a presentarsi svelti
quando li chiamavamo o a voce o col suono di una grossa conchiglia
e perfino con un colpo di fucile, perch ogni volta venivano
compensati con sale e altro cibo a loro gradito. Solo i maiali non si
curavano molto del nostro richiamo, poich trovavano quasi
dappertutto bocconi migliori di quelli che potevamo o volevamo
del primo giorno della nostra salvezza, pure cedetti alle insistenze dei
miei ragazzi; infine, dopo lunghi ripensamenti, fu scelto il nome di
Rifugio di Roccia.
Verso la fine del mese di agosto e dunque della stagione delle
piogge, come almeno speravo, il tempo parve divenire ancora pi
burrascoso; il mare sferzava la riva con cavalloni enormi e
mugghiava paurosamente. Pioggia, lampi e tuoni accompagnavano lo
spaventoso tumulto dell'oceano e pareva che minacciassero di
devastare l'intera natura.
Allora ci sentivamo ben fortunati nella nostra solida casa,
pensando che al Nido dei Falchi sarebbe stato impossibile resistere a
tali uragani.
Finalmente a poco a poco, il cielo si rasseren, le tempeste si
acquetarono e potemmo arrischiarci ad uscire dal nostro ben riparato
asilo, di nuovo all'aria aperta.
CAPITOLO VI
UNA TARTARUGA COME RIMORCHIATORE. LOTTA CON UN
SERPENTE BOA. L'ASINO SALVA GLI ALTRI, MA SOCCOMBE.
VIENE SCOPERTA UNA NUOVA CAVERNA. TARABUSI,
IDROCHERI E PCARI.
ALLEGRI e soddisfatti, una mattina, salutammo il caldo splendore
del sole e, poich eravamo tutti di buon umore, accogliemmo
festosamente la proposta della mamma di fondare una nuova colonia
sull'isolotto, che fosse al riparo dai danni delle scimmie e di altri
animali di rapina. I ragazzi volevano saltare senz'altro sulla barca per
mettersi subito all'opera, ma mi accorsi che per quel giorno avevamo
gi abbastanza da fare al Rifugio di Roccia e perci rimandai la
spedizione.
In compenso promisi per l'indomani una traversata alla volta del
Capo della Speranza Delusa e della piccola colonia di Hohentwiel,
per esaminare le condizioni del casolare e degli animali che vi
avevamo lasciato.
La mia proposta fu accolta con entusiasmo generale; preparammo
armi, vestiario e viveri e ci coricammo presto per poter partire per
tempo la mattina seguente.
Infatti l'indomani eravamo gi tutti in piedi di primo mattino e
mettemmo in ordine la casa per poterla lasciare per un giorno intero.
Salpammo di buon animo dal Rifugio di Roccia; senza perder
tempo diressi la barca nella corrente del Torrente degli Sciacalli, che
ci trasport speditamente dalla Baia della Salvezza nel mare aperto e
tranquillo. Presto avemmo alle nostre spalle l'Isola del Pescecane e,
nonostante il pesante carico, il mio baldo equipaggio si diede tanto
brillantemente da fare che in breve avvistammo Hohentwiel.
Mantenevo la barca sempre a qualche centinaio di passi dalla riva
per non correre il rischio di dare in secca; avevamo quindi una pi
libera visuale della costa, che gli alti alberi del Nido dei Falchi e il
querceto rendevano straordinariamente pittoresca. Sullo sfondo si
estendeva una terrazza o altopiano che, ricoperto della pi
lussureggiante vegetazione, pareva superare in bellezza perfino il
nostro piccolo Eden ai piedi della rupe. A sinistra, vicino a noi,
emergeva l'Isolotto della Balena che col suo splendido verde
interrompeva l'uniformit dell'oceano maestoso, ma pure cupo e
terribile. Fummo lieti di vedere che, nella parte rivolta verso
Hohentwiel, l'isolotto aveva gi qualche boschetto e degli alberi che,
a causa delle alte rocce dominanti, non avevamo notato nelle nostre
traversate precedenti.
Arrivati all'altezza del boschetto di cocco o delle scimmie, virai
sulla dritta e approdai, per raccogliere noci di cocco fresche. Allegri
chicchirich e chioccolii di galline ci accolsero all'arrivo: erano i
nostri colonizzatori di Waldegg. L'illusione mi trasport
all'improvviso nella mia cara patria, quando nelle passeggiate o nei
viaggi, di giorno o di notte, spesso l'allegro canto del gallo mi
rivelava, invitante, l'abitato che ancora non vedevo. Tuttavia,
soprattutto per risparmiare a mia moglie un senso di pungente
nostalgia, mi guardai bene dal manifestare ad alta voce le mie
impressioni.
Caricammo sulla barca le noci raccolte e puntammo direttamente
su Hohentwiel; approdammo in una piccola baia nelle vicinanze,
dove ero sicuro di trovare una quantit di alberi di mangrovia o
mangle, che prosperano molto facilmente in riva al mare e sono
molto utili perch proteggono la terra dall'azione erosiva e
disgregatrice dei frangenti. La scorza, per di pi, fornisce dell'ottimo
tannino da concia.
Raccogliemmo in fretta alcune decine fra gli esemplari pi grossi
di quelle piante con tutte le radici e li legammo in piccoli fasci,
avvolgendoli con foglie umide. Poi ci arrampicammo dall'approdo
lungo il pendio piuttosto erto di Hohentwiel. Trovammo tutto in
perfetto ordine, solo che pecore, capre e polli erano diventati pi
selvatici di quanto ci avesse fatto sperare l'invitante saluto udito da
lontano; del resto il numero degli animali era notevolmente
aumentato e c'erano agnelli, capretti e pulcini di ogni grandezza e in
grande abbondanza.
I ragazzi manifestarono subito una gran voglia di uova fresche e di
latte; ma, mentre potevano raccogliere dall'erba uova in quantit, non
ebbero la stessa facilit nel catturare le capre lattifere, a causa della
loro selvatichezza. Tuttavia essi seppero ingegnarsi bene, tirando
fuori le bolas e dopo qualche minuto alcune capre giacevano qua e l
sull'erba con le zampe legate; i ragazzi furono pronti a far lambire
alle bestie un po' di sale e presto ci riportarono due gusci di noci di
cocco colmi di latte appena munto e profumato; uno fu destinato per
il pranzo e l'altro vuotato in una fiasca di zucca dal lungo collo, che
mettemmo da parte per portarla a casa.
Poi la mamma distribu un po' di riso e di avena ai polli, finch
riuscimmo ad impadronirci anche di alcuni di essi, che mettemmo da
parte, con le zampe legate, per portarli via con noi.
Mentre la mamma era occupata a sistemare le provviste, mi
affrettai a raccogliere con Fritz alcuni fasci di canne da zucchero per
piantare anche queste sull'Isolotto della Balena.
Carichi di ricco bottino ci staccammo dalla riva; cercai di aggirare
il Capo della Speranza Delusa per esplorare meglio la grande baia e
specialmente la sponda opposta. Ma il nome del promontorio si
rivel ancora una volta appropriato; invano avevamo sperato di
poterlo superare costeggiando, poich fin lontano nel mare si
allungava un bassofondo sabbioso troppo largo perch si potesse
oltrepassarlo con la bassa marea che aveva inizio proprio allora. Per
di pi il banco di sabbia finiva tra scogli e massi di roccia nascosti;
notai infatti in quel punto una certa risacca e in nessun caso avrei
voluto esporre tutta la famiglia al pericolo di un naufragio.
Un venticello fresco e favorevole si lev da terra e gonfiando le
nostre vele ci risospinse rapidamente verso l'Isolotto della Balena,
che raggiungemmo molto pi in fretta che nel viaggio di andata.
Mi misi subito all'opera per collocare a dimora le piante ancora
fresche portate con noi. Ma i ragazzi, sul cui aiuto avevo contato,
trovarono il lavoro piuttosto noioso; infatti i monelli in breve tempo
si allontanarono uno dopo l'altro in cerca di nuove conchiglie e di
coralli, cos che io e mia moglie fummo costretti a scaricare la barca
da soli.
mentre Fritz rimaneva al mio fianco, feci salire gli altri figlioli sul
ballatoio, perch stessero di vedetta, armati, dietro le finestre pi alte.
Pap, che ne dici? Che cosa pu essere? mi chiese Fritz in
tono ansioso.
Suppongo che sia un enorme serpente, risposi, anzi lo
vedo proprio chiaramente. Ci troveremo in una situazione critica.
Allora non sar certo l'ultimo ad attaccar battaglia, esclam
il coraggioso giovanotto, vado subito a prendere i nostri fucili pi
grossi e qualche scure.
Purch tu sia prudente, figlio mio! l'ammonii. Questa
specie di animali ha la pelle dura e una terribile forza. Piuttosto va' su
con gli altri e prepara il mio fucile da caccia grossa! Vengo subito
anch'io e insieme faremo tutto il necessario.
Fritz mi lasci malvolentieri; intanto continuavo a spiare l'orribile
rettile. Senza dubbio si trattava di un serpente boa che si avvicinava
voltolandosi e mi sembr gi troppo vicino perch potessi ancora
tentare di abbattere il ponte per impedirgli l'accesso nel nostro
territorio. Pareva che il serpente si dirigesse di filato sul ponte; di
tanto in tanto per tendeva in alto la parte anteriore del corpo fino a
otto-dieci piedi, e girava intorno la testa con lentezza guardinga,
facendo vibrare vivacemente la lingua, come volesse esplorare con
diffidenza il luogo o fosse in cerca di preda.
Avevo osservato abbastanza e nell'attimo in cui il mostro
strisciava rotolandosi sul ponte, alla svelta battei in ritirata. Salii di
corsa la scala fin sul ballatoio, dove la mia truppa stava appostata in
pieno assetto di guerra, come la guarnigione di una fortezza dietro i
merli delle mura, senza per dimostrare una particolare velleit
bellicosa e nemmeno un eccessivo ardimento, finch la mia presenza
non rianim nei ragazzi la perduta fiducia nelle proprie forze.
Fritz mi porse il fucile e col batticuore prendemmo posto dietro le
aperture gi fornite di inferriate, dalle quali potevamo guardare fuori
senza essere notati troppo facilmente.
Il mostro si era ormai lasciato dietro il ponte e sembrava di nuovo
esplorare sospettoso, come se per la prima volta avvertisse con
stupore le tracce di una presenza umana. In modo alterno continuava
a rizzarsi e a strisciare per terra in grossi anelli; fosse per caso, fosse
CAPITOLO VII
CACCIA ALLO STRUZZO E CACCIA ALL'ORSO. SI CATTURA E SI
ADDOMESTICA UNO STRUZZO.
DOPO UNA MARCIA di due ore arrivammo alla meta del nostro
viaggio e ci fermammo con tutto il seguito ai margini di un
boschetto, all'imbocco della Chiusa. Il posto era abbastanza fresco e
riparato, poich a destra il boschetto confinava con un'alta parete
rocciosa, mentre a sinistra, nei pressi del Guado del Cinghiale, la
foce del fiume che si riversava nella grande baia ci prometteva
altrettanta sicurezza.
Scaricammo prontamente i bagagli e disponemmo il necessario
per un soggiorno piuttosto lungo. A circa un tiro di schioppo da noi
c'era la Chiusa vera e propria, o meglio, lo stretto valico tra fiume e
rocce, che portava nell'interno della terra a noi ancora ignota.
Il giorno seguente di buon'ora ero gi pronto per partire; questa
volta avevo scelto come compagni i tre figlioli pi grandi poich,
come osservai sorridendo, credevo opportuno scendere in campo
col grosso delle forze. La mamma rimase col piccolo Franz per
sorvegliare carri, utensili, tenda e bestiame, perch tutta quella roba
ci avrebbe intralciato in una lunga escursione.
Dopo una robusta colazione ci congedammo, allegri scorridori
circondati dalla truppa dei quadrupedi, e ci mettemmo in cammino
verso l'interno.
Appena oltrepassata la Chiusa, ecco che ai nostri occhi si offr la
nuova terra.
A sinistra di l dal fiume che per il momento chiamammo Fiume
dell'Est si stendeva, fino all'estremo limite dell'orizzonte, un lungo
dorso montuoso ricoperto di begli alberi latifogli e di splendide
palme che svettavano alte sul crinale. A destra, e dalla nostra parte, si
innalzavano invece rocce aspre e brulle che parevano toccare il cielo,
facilmente.
Fritz veramente manifest il dubbio che si riuscisse a domare del
tutto la vigorosa bestia e ad addestrarla per un qualsiasi uso.
Non lo sai, gli chiesi, come gli Ind e i Cingalesi
domano un elefante appena catturato?
Certo, rispose il giovane, legano l'animale selvatico tra
due elefanti domestici con cinghie di cuoio molto robuste e gli
avvincono anche la proboscide perch non possa sbatterla; quello
allora deve ubbidire per amore o per forza, perch se ricalcitra i
capifila cominciano a picchiarlo di santa ragione con la sua stessa
proboscide, mentre i due cornac, dal loro posto sul collo degli
animali addomesticati, lo punzecchiano dietro le orecchie con i loro
uncini d'acciaio con tanto poco garbo che esso diventa ben presto
mansueto.
Allora dovremmo avere due struzzi domestici, esclam
Jack, per richiamare al dovere il nostro prigioniero; dato che non
credo che a questo signore qui farebbe molta impressione se, per
esempio, tu lo volessi legare fra me e Fritz.
Certamente no, risi, per occorrono proprio un paio di
struzzi per domare uno struzzo? Non abbiamo forse altri due robusti
animali? Non abbiamo Tempesta e Brumm per tenere testa al nostro
amico? Abbiamo perfino due valenti cornac, te e il piccolo Franz,
che con le vostre lunghe fruste insegnerete la disciplina all'allievo,
tanto pi che le sue zampe, cio i suoi pi temibili mezzi di difesa,
sono impastoiate o legate come la proboscide dell'elefante da
addomesticare.
Gi, davvero! gridarono tutt'e tre pieni di gioia,
magnifico! Andr benone! La spunteremo certamente!
Fissai allora a destra e a sinistra della cinghia, proprio sotto le ali
della nuova preda, un'altra robusta correggia, cos lunga che,
tenendone fermo il capo, si stava abbastanza discosti dallo struzzo
per evitare il pericolo di venire raggiunti e feriti in qualche modo da
esso. L'estremit di una cinghia venne attorcigliata e fissata per bene
attorno alle corna di Brumm, quella dell'altra attorno alle corna di
Tempesta. Subito dopo i miei due giovani guidatori dovettero
montare in sella sulle loro cavalcature e stare bene in guardia, perch
CAPITOLO VIII
SI COSTRUISCE UN CAIAK. SI TREBBIA ALL'USO ITALIANO.
FRITZ ABBATTE UN TRICHECO E VIENE SORPRESO DALLA
TEMPESTA. I RAGAZZI SI PREPARANO PER UNA GRANDE
SPEDIZIONE.
I FATTORI climatici condizionano spesso l'attivit dell'uomo. Cos
avveniva anche per noi; eravamo infatti solo a met della stagione
delle piogge e avevamo gi sbrigato non poche faccende; nemmeno
l'addestramento dello struzzo, a cui ci dedicavamo nelle ore in cui
non pioveva, bastava a riempire le nostre giornate e presto i ragazzi
si sarebbero abbandonati all'ozio e alla poltroneria, nonostante le
buone regole della nostra famiglia, se non mi fossi affrettato a
proporre l'esecuzione di qualche nuova impresa di una certa utilit.
Subito tutti furono ripresi dallo spirito d'iniziativa, specialmente
Fritz, che manifest energicamente il desiderio di costruire un caiak
groenlandese. Con Turbine abbiamo un fantastico corriere
espresso per via terra, ora necessario averne uno anche per via
mare; cos potremo andare in breve tempo a prendere notizie fino
agli estremi confini del nostro regno e chiss se non faremo anche
qualche altra scoperta oltre gli stessi confini.
La proposta di Fritz fu approvata e accettata all'unanimit e pieni
di buon umore ci mettemmo senza indugio all'opera, per completare
almeno l'ossatura della nuova imbarcazione prima che finisse la
stagione delle piogge. Mi ero proposto anche stavolta di seguire un
mio proprio sistema come gi avevo fatto nella costruzione della
barca sia per la struttura sia per l'allestimento del caiak, perch
presumevo che un abile europeo avrebbe certo superato l'abilit
costruttiva dei poveri groenlandesi.
Preparai perci prima di tutto due chiglie. Ognuna era costituita da
due legni leggermente ricurvi, congiunti in direzione opposta, in
modo che i due archi sporgessero in alto alle due estremit come le
stanghe di una slitta. La giuntura fu poi bene incastrata e spianata
perch la chiglia non risultasse in quel punto pi spessa che nelle
altre parti; spalmai inoltre la giuntura con la stessa resina forte e
tenace con cui avevamo impeciato l'altra barca. Le punte alle due
estremit risultarono distanti dodici piedi circa l'una dall'altra. Sotto
ogni chiglia feci, nel verso della lunghezza, due intaccature per
incastrarvi le rotelle metalliche di una vecchia carrucola, che
dovevano sporgere dall'intaglio circa due pollici e sarebbero servite
eventualmente a spingere in mare o ad alare con facilit
l'imbarcazione sulla riva. Le due chiglie, finite e disposte
parallelamente alla distanza di un piede e mezzo circa l'una dall'altra,
furono collegate trasversalmente con pezzi di canne di bamb sicch,
a parte le due estremit ricurve, avevano la struttura di una scala a
pioli. Entrambe vennero poi strette insieme alle due estremit e
fissate saldamente in modo da finire in due punte uguali davanti e
dietro; fra i corni di ogni punta per avevo collocato anche un pezzo
di osso di balena in posizione verticale per collegare le fiancate
rialzate del caiak. Fissai inoltre degli anelli di ferro alla fascia di
rame con cui avevo congiunto le punte delle chiglie, per poter tirare o
assicurare a volont l'imbarcazione. Le assi o tavole occorrenti per le
fiancate del caiak furono approntate con canne di bamb spaccate,
tranne le ultime due in alto, costituite da intere canne d'India, dato
che nella Palude delle Anatre se ne trovavano di ogni lunghezza. Per
i legni ricurvi invece, che dovevano darmi la convessit, presi delle
canne spaccate in due, che per la loro flessibilit erano adatte allo
scopo e si piegavano pi facilmente nella forma da me desiderata.
Tale forma infatti aveva una sporgenza di tre piedi o poco pi nella
parte centrale e diminuiva poi di nuovo verso l'alto e verso il basso.
A prua e a poppa infine le fiancate si rastremavano gradatamente;
una copertura chiudeva sotto il caiak lasciando soltanto una stretta
imboccatura nel mezzo per infilarcisi e sedercisi dentro. Questa
copertura, allestita col legno pi leggero che si pot trovare, fu
munita di un'intaccatura nella quale doveva infilarsi il risvolto del
giubbotto salvagente del vogatore che, in tal modo, avrebbe formato
per cos dire una cosa sola con la sua imbarcazione, e nessun colpo
buon'ora; notai allora che Jack con una certa segretezza portava verso
il carro l'una dopo l'altra due coppie di colombi europei e le infilava
con cautela in una delle ceste dentro i sacchi. Erano grossi colombi
scuri brevirostri, con un cerchio rosso attorno agli occhi, del tipo che,
se non sbaglio, il Buffon 12 chiama colombi turchi.
Guarda, guarda! pensai; pare che i ragazzi pensino abilmente a
premunirsi nel caso che il pemmican non debba incontrare il loro
gusto. Buon pro gli faccia il bocconcino che i vecchi colombi
forniranno con la loro carne tigliosa.
Frattanto per esortavo i figlioli a prepararsi sollecitamente alla
marcia. A questo punto, contro ogni mia aspettativa, la mamma
manifest il desiderio di rimanere a casa per quella volta, per amore
di tranquillit, al che Ernst, che gi da un pezzo aveva parlottato con
Fritz e Jack, ridacchiando in modo misterioso, dichiar che anche lui
avrebbe preferito non partecipare alla spedizione. Tutto ci mi
indusse infine a rinunciare io stesso alla gita e ad utilizzare meglio il
tempo, costruendo con l'aiuto di Ernst la macina o meglio la pressa
da tanto tempo desiderata da mia moglie per estrarre lo zucchero
dalle canne.
Congedammo i tre impetuosi capiscarichi con ogni sorta di
ammonimenti e raccomandazioni, che per la verit non furono presi
molto sul serio, e gi Fritz e Franz galoppavano sulle loro
cavalcature, e Jack sullo struzzo, oltre il ponte levatoio. Bruno, Fulvo
e Cacciatore correvano accanto a loro abbaiando a tutto spiano e tutta
la parete rocciosa ne riecheggiava, mentre parecchia selvaggina
balzava dalla tana, spaventata. Senza perder tempo mi dedicai allora
alla macina per lo zucchero che, costituita da tre cilindri dritti,
doveva rappresentare una specie di torchio e che pensavo di mettere
in moto con l'aiuto dei cani o di Tempesta e Brumm.
Siccome nell'insieme il mio procedimento non differiva
sostanzialmente da quello consueto per la costruzione delle
cosiddette macine da zucchero, non lo descriver minuziosamente;
dir soltanto che per alcuni giorni la nuova impresa non mi
concedette un attimo di respiro, bench Ernst mi facesse da assistente
e persino la mamma ci venisse in aiuto di quando in quando.
12
CAPITOLO IX
AVVENTURA DI CACCIA CON UNA IENA. - A CHE SERVONO I
COLOMBI VIAGGIATORI. FRITZ RISALE IL FIUME CONTRO
CORRENTE COL CAIAK E INCONTRA GLI IPPOPOTAMI.
L'ISOLOTTO DEL PESCECANE DIVENTA UNA FORTEZZA.
IL LUNGO loquace rapporto a tre voci fatto dal vivace gruppetto di
esploratori si pu qui riassumere in un racconto piuttosto conciso.
Appena superato il ponte, il viaggio procedette rapidamente. In
breve tempo i ragazzi raggiunsero la zona di Waldegg dove volevano
fermarsi per i primi due giorni.
Ma quando si avvicinarono alla fattoria udirono sbigottiti una
risata quasi umana che risonava ripetutamente; nello stesso tempo i
buoi mostrarono un'agitazione del tutto insolita sbuffando, muggendo
e rizzando la testa. I cani cominciarono a ringhiare col pelo irto e si
ritirarono guardinghi vicino ai ragazzi. Lo struzzo addirittura, senza
la minima esitazione, fece dietrofront e se la diede a gambe con il suo
cavaliere in groppa verso la palude di riso, nei pressi del laghetto.
Frattanto l'orribile risata si ripeteva a tratti e ogni volta le bestie
davano segni di inquietudine e di paura; alla fine i due ragazzi non
riuscirono a tenere a freno i buoi e credettero opportuno saltare gi
per essere padroni dei loro movimenti.
Qui c' qualcosa che non va, disse Fritz, le due bestie si
comportano come se sentissero la vicinanza di un leone o di una
tigre. Si riesce a stento a trattenerle; io cercher ancora di calmarle,
se mi riesce, mentre tu, Franz, ti spingerai un po' avanti con i cani per
spiare che razza di predone possa esserci qua intorno. Torna per di
corsa se noti qualcosa di sospetto, perch allora balzeremo di nuovo
in sella e scapperemo in un baleno. I buoi volgono gi il muso
indietro. Peccato che Jack se la sia svignata; non si sente pi nulla di
lui.
Fulvo stava appeso coi denti serrati alla collottola della belva.
Entrambi gli animali poterono essere calmati solo a stento: giravano
attorno al corpo del nemico ringhiando furiosi e digrignando i denti.
Solo le carezze dei ragazzi riconoscenti che non si stancavano di
lisciarli, di dar loro colpettini, di lodarli, riuscirono finalmente a
distoglierli dalla iena e allora si fecero lavare ed ungere
pazientemente le ferite.
Non pass molto e torn anche Jack, che aveva sentito gli spari e
le grida di trionfo dei fratelli e a stento era riuscito a cavarsi
d'impaccio nella palude e a riportare lo struzzo sul campo di
battaglia.
Subito dopo i tre ragazzi trasportarono i bagagli a Waldegg, nei
cui pressi gi si trovavano, e, dopo aver scaricato e messo al sicuro
tutto quanto, andarono a prendere col carro anche la iena abbattuta.
Si accinsero subito a sventrare e a scorticare la poderosa bestia; il
faticoso lavoro li tenne abbastanza impegnati per tutto il resto del
giorno, tranne qualche sosta di cui approfittarono per tirare a qualche
volatile sugli alberi vicini. Quando ebbero finito, i monelli si
coricarono sulle due belle pelli d'orso che avevano portato con loro a
tale scopo.
Di sera, pressappoco alla stessa ora, noi genitori stavamo seduti
con Ernst al Rifugio di Roccia sotto il portico e parlavamo dei tre
audaci escursionisti, Ernst con qualche allusione piuttosto misteriosa,
la mamma non senza apprensione, mentre io esprimevo completa
fiducia nel giudizio, nell'accortezza e nel risoluto coraggio di Fritz.
Madre e figlio chiacchieravano ancora confidenzialmente sulla
partita di caccia, quando li interruppi a un tratto:
Ma guardate dunque questo ritardatario che sta volando verso
la colombaia! Con l'oscurit che va calando non posso nemmeno
vedere se si tratta di uno dei nostri uccelli o no.
Ernst balz in piedi. Bene, allora devo andare subito ad
abbassare lo sportello. Domani vedremo che cosa si trover. L'ora
insolita fa infatti pensare a qualcosa di insolito.
Poi fece qualche altra enigmatica allusione, di cui non riuscii a
decifrare il significato nemmeno pi tardi, dopo essere andato a letto.
L'indomani per Ernst sollev il velo del mistero. Mentre eravamo
CAPITOLO X
DIECI ANNI DOPO. JACK HA LA PEGGIO NELLA LOTTA CON UN
CINGHIALE. SI ABBATTONO LEONI. FRITZ RISOLVE
L'ENIGMA DELLO SCOGLIO FUMANTE. VIENE SALVATA LA
SIGNORINA JENNY.
DOPO LUNGA, lunga pausa, dopo l'assoluto silenzio di quasi otto
anni riapro il nostro diario. Sfogliando i capitoli gi scritti ripenso a
quelli che sarebbero seguiti e che non ho scritto. Somigliano ai primi,
come un anno stato uguale all'altro. Escursioni e caccia si sono
alternate con ore di pesante lavoro; scoperte e successi si sono
avvicendati con delusioni. Sguardo acuto e mano ferma, sangue
freddo nel momento del pericolo, lieta fiducia nelle avversit e
sempre viva gratitudine per tutti i doni della generosa madre natura;
ecco i frutti che ci ha elargito il nostro insolito destino. In verit una
messe benedetta. Dieci anni ci sono volati via, dieci anni di
solitudine, di severo faticoso operare, dieci anni di pace, di felicit.
Hanno lasciato anche le loro tracce, fili d'argento sono mescolati ai
miei capelli, le mani avvezze al lavoro sono ruvide, scabre, callose.
La mammina quasi tutta bianca. La sua delicata costituzione stata
molto scossa dalle intemperie e dagli strapazzi talvolta eccessivi
della nostra operosa vita di gente isolata dal mondo. Alcuni attacchi
di febbre cocente ci hanno fatto a tratti temere per la sua vita. Oggi
per i suoi occhi buoni si posano su di me con il consueto sguardo di
gioia serena.
Mammetta, le dico, hai un aspetto magnifico! Come
stanno bene i tuoi capelli bianchi sul viso abbronzato dai colori della
salute! In verit, una vista che riconforta, specie se penso come stavi
male l'anno scorso, dopo l'ultima malattia.
Beh! risponde lei, l'anno scorso non ero davvero molto
in gamba, ma oggi posso ancora competere con voi tutti!
una parte allo stato brado nei luoghi incolti ed ora nelle nostre partite
di caccia ne ritroviamo ogni tanto qualche capo confuso con le
gazzelle. Con particolare amore alleviamo e curiamo nell'Isola del
Pescecane alcune delicate, leggiadre antilopi che si riproducono solo
lentamente. Poco tempo fa ne abbiamo portato una giovane coppia
nel cortile del Rifugio di Roccia, ricco di cespugli, per rallegrarci alla
vista delle graziose creature e dei loro divertenti balzi. Dei cani
abbiamo lasciato in vita per il momento soltanto un cucciolo del
bravo Cacciatore e anch'esso promette di diventare un ottimo
segugio. Jack lo ha chiamato Coco. un nome breve che pure
risuona da lontano, destando un'eco magnifica nei boschi e nei
crepacci.
Dopo questo sguardo retrospettivo riprendo il filo del mio
racconto.
Come ho gi detto, i miei figli, per quel che riguardava la libert
dei loro movimenti, si erano abbastanza affrancati dall'autorit
paterna. In generale questo mi faceva piacere; non erano pi
ragazzetti e dovevo stare attento ad assicurare loro tempestivamente
l'autonomia. Chi poteva mai sapere che cosa ci riservava ancora la
vita e per quanto tempo avrebbero potuto chiedere consiglio al padre
e alla madre?
Cos una volta Fritz era sparito fin dal mattino dal Rifugio di
Roccia. Solo verso sera capimmo dall'assenza del caiak che doveva
aver fatto una gita per mare. Ci recammo quindi sull'alta guardiola
dell'Isola del Pescecane per scrutare il pi lontano possibile alla
ricerca del nostro fuggiasco; facemmo svolazzare al vento anche la
bandiera e caricammo il cannone per le segnalazioni. Per un pezzo
non vedemmo nulla; infine per scorgemmo un piccolo punto nero
sulla superficie del mare, ancora rischiarata dalla luce del sole e non
pass molto che potevamo gi discernere col cannocchiale il nostro
signor groenlandese nel suo caiak. Vogava ritmicamente sullo
specchio d'acqua e si avvicinava alla costa del Rifugio di Roccia,
bench pi lentamente di quanto mi aspettassi.
Numero uno, fuoco! comand allora Ernst, come ufficiale
di guardia e Jack fece fuoco rapidamente. Poi tutti prorompemmo in
un lieto urr e ci affrettammo a scendere dall'altura fino a riva per
per con attenzione l'ago della bussola per ritrovare facilmente la via
del ritorno. Quando sono giunto oltre il posto in cui tanto tempo fa
abbiamo fatto saltare il vecchio relitto, ho avvistato in una zona, che
non doveva essere molto profonda perch l'acqua era particolarmente
limpida e calma, molti dei nostri cannoni pi grandi, sbarre di ferro,
palle e tanta altra roba che giaceva sul fondo. Peccato che ci
manchino gli attrezzi adatti a ricuperarli!
Da l mi sono diretto di nuovo diagonalmente ad ovest verso la
costa, passando tra le scogliere che parevano frammenti di un grosso
promontorio distrutto. Qua si accatastavano lastre e blocchi di pietra,
l emergevano dal mare o stavano proprio a pelo dell'acqua scogli
isolati e pezzi di roccia. Sulle rocce pi inaccessibili si erano
insediati uccelli marini in quantit, che dovevano avervi il loro nido e
svolazzavano intorno stridendo furiosamente. Dove invece c'era
qualche scoglio pi piatto ed accessibile si vedevano grossi animali
marini; parte Tonfavano distesi al sole, parte squittivano, stridevano,
sbuffavano, urlavano. Per lo pi stavano distesi a branchi, ognuno
secondo la propria razza, otarie, orsi marini, foche elefantine, ma
soprattutto trichechi. Vi confesso che fra tutti quegli animali
giganteschi non mi sentivo precisamente a mio agio e perci cercavo
di sgattaiolare inosservato tra gli scogli, anzich passare in mezzo ad
essi cavallerescamente a viso aperto.
Solo dopo un'ora e mezzo circa mi sono sentito del tutto al sicuro
e mi sono trovato davanti a un magnifico arco di roccia, che la natura
sembra aver costruito nel superbo stile gotico o antico germanico. Si
apre come l'arcata a sesto acuto di un enorme ponte; dall'altra parte
per la roccia si prolunga sul mare come un promontorio di
considerevole altezza.
Sono passato con cautela attraverso quell'arco naturale senza
trovare nulla di notevole e, uscito finalmente dall'altra parte, mi sono
trovato in una magnifica baia, formata dalla riva bassa e ridente di
una steppa sterminata, interrotta qua e l da diversi incantevoli
boschi, chiusa a sinistra da enormi rocce e percorsa e irrigata a destra
da un largo placido fiume. Di l dal fiume pareva estendersi una
vasta zona paludosa, e un denso bosco di cedri impediva infine ogni
altra vista.
Vogando lungo quella bella riva sul mare liscio come uno
specchio, ho notato a profondit diverse, soprattutto sul fondo
sassoso, banchi pi o meno estesi di grosse conchiglie della specie
dei bivalvi, come le ostriche. "Sar un cibo pi saporito e pi ricco"
ho pensato "delle piccole ostriche che troviamo alla Baia della
Salvezza". Perci con l'arpione del caiak ho staccato alcune
conchiglie dal fondo scoglioso, le ho raccolte nella rete a sacco, mi
sono accostato a riva e, senza nemmeno scendere dal caiak, le ho
gettate a terra e sono tornato subito indietro per fare un secondo
carico, che avevo deciso di portare al Rifugio di Roccia; per
conservarle meglio le ho rimorchiate per mare dietro il canotto,
chiuse nella solita sacca da viaggio.
Quando sono tornato al posto in cui poco prima avevo gettato le
conchiglie e mi sono guardato intorno per cercarle, le ho trovate sulla
riva tutte sciupate dal sole cocente e completamente aperte, il che mi
ha tolto ovviamente la voglia di mangiarne. Tuttavia ero curioso di
osservare un po' meglio le ostriche. Ho fatto allora diversi tagli nella
polpa dei molluschi e l'ho trovata dappertutto cos tigliosa che dubito
parecchio che si possano mangiare, anche se cotte. Qua e l anzi il
taglio incontrava qualcosa di duro, ho continuato a frugare e, guarda
un po', presto con la punta del coltello ne ho tratto fuori un paio di
chicchi pi o meno grandi che sembravano proprio di madreperla
tornita. Ho esaminato allora una per una tutte le ostriche. I graziosi
pisellini si trovavano per lo pi tra il mantello e la valva e uno di essi
era grosso perfino quanto una nocciola mezzo matura.
Ho raccolto qui insieme nel mio astuccio di bamb tutte le
palline che ho potuto trovare nelle ostriche. Guardale bene, babbo, e
se queste non sono le pi belle perle orientali, potete chiamarmi
pulcinella.
Fa' vedere, Fritz, fa' vedere! esclamarono i fratelli.
Perbacco, come sono belle, come splendono! Ma questa una
magnifica scoperta!
Certo, dissi, hai trovato un vero tesoro, caro figliolo, che
popoli interi ci invidierebbero, se venissero a saperlo. Ma senza
rapporti commerciali in verit queste meraviglie ci servono poco.
Tuttavia visiteremo al pi presto il luogo in cui hai trovato le
esterno della scogliera, ho legato con ogni cura i tesori che avevo
appena conquistati sopra e dietro il caiak e, passando felicemente con
l'aiuto di Dio attraverso la risacca sino al mare aperto, mi sono
trovato in breve tempo di nuovo in acque conosciute. Gi da lontano
ho visto sventolare la nostra bandiera e dopo un po' ho udito anche il
rombo del cannone, segno della vostra gradita vicinanza.
Questo fu il racconto di Fritz e appena ebbe finito i miei si diedero
da fare attorno al suo bottino. Allora Fritz, vedendo tutti gli altri, non
esclusa la mamma, cos alacremente affaccendati, mi fece cenno di
seguirlo di nascosto in disparte. Lo seguii curioso fino ad una panca
piuttosto discosta.
Immagina un po', babbo, immagina che cosa strana mi
capitata oggi con l'albatro! Mentre lo tenevo in braccio, mi sono
accorto all'improvviso con stupore che una delle sue zampe era
avvolta da una striscia di lino. L'ho svolta subito e, osservandola
attentamente, ho notato che vi era stato scritto qualcosa con una
specie di lacca porporina e ho letto distintamente le seguenti parole
in lingua inglese: Salvate la sfortunata inglese dello scoglio
fumante!.
Che cosa dici mai? proruppi.
Fritz mi prese per un braccio. Nevvero? mi chiese con voce
repressa, quasi rauca, guardandosi intorno in cerca degli altri.
Oh, che cosa ho provato, babbo! Come fossi stato colpito dal
fulmine. Leggevo e rileggevo continuamente quelle parole! Dio
mio pensavo, verit o illusione? C' ancora un'anima viva in
questa sconfinata solitudine? Da dove pu esser venuta? Ma certo,
pensavo ancora, come siamo finiti qui anche noi, per tempesta o
naufragio! Oh, se potessi trovare quell'infelice e salvarla o almeno
portarle conforto e speranza! Povera creatura!
Agitato da quei pensieri cercavo intanto di far rinvenire il povero
uccello; ho bagnato rapidamente una penna, cos mozza com'era,
nella ferita insanguinata della lontra e ho scritto prima sulla striscia
di stoffa trovata, ma poi anche su un pezzo di tela strappata dal mio
fazzoletto, le seguenti parole in inglese: "Confidate in Dio! Forse la
salvezza vicina!".
Subito dopo ho legato le due pezzuole attorno alle zampe
CAPITOLO XI
COME JENNY ERA CAPITATA SULLO SCOGLIO FUMANTE.
FINALMENTE UN BASTIMENTO. NUOVA SVIZZERA!
FRITZ che era salito di nuovo nel caiak ci fece da guida e col suo
aiuto passammo felicemente tra gli scogli e le rocce che limitavano
l'apertura della Baia delle Perle. Arrivammo subito a riva, dove
potemmo ancorare la lancia. A terra trovammo tutto a posto, proprio
come l'avevamo lasciato. Tavolo e panche erano in piedi e la fossa
thailandese per l'arrosto era ancora intatta; l'aria intorno si era
purificata, le conchiglie perlifere non mandavano pi cattivo odore e
le salsole erano asciutte; infine le carcasse dei leoni e del cinghiale
africano erano gi quasi imbiancate dal sole e ripulite completamente
della carne.
Per prima cosa rizzammo la nostra tenda da bivacco affinch sulla
spiaggia aperta fossimo riparati dal sole e dall'aria fredda della notte.
Poi ci mettemmo ad aprire alacremente, con furia ed avidit, le
ostriche perlifere. Niente fu trascurato, niente fu lasciato da parte.
Che grida di gioia si levavano quando, ora la quantit, ora la
grandezza e l'armoniosa rotondit o la regolarit della forma delle
perle ci ripagava della nostra fatica! Eppure, a che ci serviva in fondo
quell'incomparabile tesoro?
La signorina Jenny sembr dimostrare pi accortezza di noi,
badando di pi ai sottili filamenti o fibre attaccati ai gusci delle
conchiglie e raccogliendone in quantit maggiore delle stesse
splendenti palline.
Quando la mamma and verso il vecchio focolare per preparare il
pranzo, la ragazza le corse dietro. A mezzogiorno avremo un bel
piatto di pesce ci grid, voltandosi verso di noi e sorridendo, e
stasera uccellame arrosto!
La mamma sorrise piuttosto incredula per quanto riguardava il
bench l'ora non fosse inoltrata decisi di rimanere l per quella notte,
pi che altro per il timore di non trovare un posto altrettanto sicuro.
Del resto, essendomi addormentato insolitamente presto, tanto
pi presto ripresi il viaggio all'alba del giorno seguente; mi accostai
come di consueto alla riva, navigai verso ovest e presto ebbi al mio
lato una zona che superava in bellezza e opulenza tutte quelle che
avevo visto fino allora. Nello sfondo del paesaggio si vedevano
numerose cascate scaturire dalle possenti pareti rocciose e
serpeggiare poi come ruscelli lungo un suolo collinoso e vario dove,
su diverse alture, scorsi piccoli branchi di animali che, a giudicare
dalle dimensioni, potevano essere lama o vigogne e che un giorno
forse potranno diventare un prezioso acquisto per noi. Approdai con
piacere a quella bella costa e poich avevo abbattuto nell'acqua un
paio di uccelli del genere delle anatre, scesi dal caiak, accesi un
focherello con dei rami secchi caduti e mi accinsi con tutto comodo a
preparare un pasto un po' pi sostanzioso per me e per l'aquila.
Ma avevo appena infilzato i due uccelli ad uno spiedo di legno
sul fuoco che notai, guardandomi intorno per caso, dietro alcuni
cespugli, un paio di teste estremamente sospette che un po' si
rialzavano, un po' si riabbassavano e sembravano osservarmi con
attenzione. Non potei distinguere nulla chiaramente, per vi confesso
che mi sentivo molto a disagio e me la svignai alla svelta nel canotto
per sorvegliare dall'acqua, a sicura distanza, gli sconosciuti nemici.
Mi ero appena allontanato che due tipi dal pelo rosso bruno, di
considerevoli dimensioni, vennero fuori balzelloni dalla macchia.
Nello stesso istante compresi che si trattava di una coppia di
poderose scimmie, quasi certamente orang-utan. Indagarono
incuriositi che cosa avessi fatto l intorno, rimestarono le penne
strappate dagli uccelli, annusarono il coltello che avevo lasciato per
terra, girarono e rigirarono la balestra e infine si accovacciarono ad
una certa distanza dal fuoco, contemplando tutti assorti le due anatre
che sfrigolavano sulla brace. Pass cos un buon quarto d'ora.
Naturalmente non avevo affatto paura, giacch le Loro Signorie non
si curavano affatto di me, n potevano aggredirmi. Ma avevo sempre
pi timore per le mie anatre; se i due zii si ostinavano l a fare da
padrini, potevo dire addio al mio sospirato pranzo. Alla fine il fuoco
accurato servizio.
Il pomeriggio fu una nuova festa sempre pi varia e Jenny non
riusciva quasi a prender fiato, perch a destra e a sinistra, davanti e
dietro, si sentiva ripetere continuamente: Oh, cara Jenny, venite
qui! Salite quass!
Guardate questo! Prima per guardate quest'altro! o
comunque risonassero gli inviti dei quattro giovanotti. Ci volle la
spigliatezza della fanciulla per accontentare tutti e dare ogni volta
convenientemente il desiderato segno di plauso, di interesse, di
ammirazione. In casa e nella grotta, nel vestibolo e nel giardino, non
rimase nemmeno un angolo che non fosse mostrato e contemplato,
tranne la povera cucina che pure era il nucleo essenziale della
prospera vita domestica. Ma infine la signorina Jenny si prese gioco
di tutt'e quattro, corse accanto alla mamma e la preg di condurla
finalmente l dove era il suo abituale posto di lavoro. La mamma
accolse la preghiera con molta soddisfazione e si diresse verso la
cucina, lasciando in disparte, piuttosto confusi, i quattro servizievoli
signorini, cos che Jack, con le dita allargate sul naso fece marameo,
si gir con un salto e corse via a cercarsi qualcosa da fare altrove.
Il giorno seguente tutti ci svegliammo per tempo per organizzare
una gita al Nido dei Falchi e mi sembr opportuno andare tutti
insieme per ispezionare a fondo la residenza da un pezzo
abbandonata, e riattarla se ce ne fosse stato bisogno. In realt essa ci
apparve alquanto trascurata e passammo dei giorni piuttosto faticosi
finch tutto fu pi o meno rimesso in ordine. Mai per nel passato le
pi grosse difficolt erano state affrontate con tanto zelo e allegria
come ora che avevamo l'aiuto di Jenny e una sua chiara lieta risata
bastava a sollevarci l'animo. I fratelli facevano a gara per riceverne le
lodi. Ma avevamo appena concluso al Nido dei Falchi, che gi
Waldegg e Hohentwiel richiesero il nostro lavoro. Intanto i giorni
passavano, Jenny era sempre al nostro fianco e ci eravamo tutti cos
abituati alla compagnia della cara ragazza che non sapevamo
nemmeno immaginare come si potesse fare senza di lei. E quando
finalmente arriv la stagione delle piogge, quanto pi bello fu per noi
quel periodo di solito tanto grigio! Imparammo parecchie cose da
Jenny, ma anche lei impar molto da noi. Era poi buffo vedere come
eventuali ospiti.
Alla fine ritenni che non fosse troppo rischioso farsi vedere,
comunque ci proponemmo di non abbandonare in nessun caso il
caiak e di non far capire per il momento che eravamo europei.
La scena fu abbastanza buffa: sbucammo da dietro gli scogli,
vogando pian piano verso la baia, fingendoci meravigliati ed esitanti;
ora ci fermavamo, ora avanzavamo di nuovo con alcune pagaiate,
gesticolando come marionette verso la nave.
Il comandante e alcune persone che si vedevano attorno a lui ci
osservarono con attenzione e con i fazzoletti ci fecero cenno di
avvicinarci, alzando alternativamente le mani vuote, come per
dimostrarci che erano disarmati. Fui particolarmente contento che la
lancia avesse nel frattempo raggiunto la spiaggia e che il suo
equipaggio non avesse affatto l'aria di venire verso di noi, perch
avrei temuto molto un simile incontro. Perci ci avvicinammo alla
nave e notammo allora dall'altra parte, che riuscimmo a vedere
girando attorno alla poppa, tutti i preparativi per un importante
raddobbo, il che ci garantiva in ogni caso che non avevamo ragione
di temere per l'immediato futuro una visita da parte della grande
imbarcazione.
Finalmente il comandante ci chiam per mezzo del megafono e ci
chiese chi eravamo, donde venivamo e come si chiamava quella
costa, ma io risposi ripetutamente, pi forte che potevo, con le tre
parole: Englishmen, good men!, senza impegnarmi in altri discorsi.
Intanto ci accostavamo sempre di pi alla nave per osservare bene
tutto quanto. La gente attorno al comandante sembrava trattarlo con
ogni riguardo e non c'era alcuna traccia di disordine, di ubriachezza o
di ribellione che potesse far pensare ad una ciurma ammutinata. Ci
mostrarono stoffa rossa, accette, chiodi e altri simili oggetti, preziosi
nel baratto con i selvaggi, ma io mostrai le mie fiocine e feci segno
che non potevo offrire proprio nulla in cambio, ma che non avevo
affatto l'intenzione di abbandonare le armi. In ultimo gli ufficiali di
bordo mi chiesero se avessi patate, noci di cocco, fichi e altra frutta,
al che finalmente cacciai fuori con voce strangolata un S, s, molto,
molto! in inglese. Fritz riusciva a stento a soffocare le risa.
Presto, andiamo via ora gli sussurrai. A questo punto
Nuova Svizzera.
Approvai la sua idea con tutto il cuore e decidemmo di parlarne
col comandante Littlestone e nello stesso tempo di consegnargli da
quel momento in poi il paese, come spontanea rimessione
all'Inghilterra che ne assumesse il possesso come potenza protettrice.
Grave imbarazzo e preoccupazione per ci dava il pensiero della
scelta tra i nostri figli. Chi dovevamo lasciare andare? E chi tenere
con noi? Cuore e cervello ci dolevano a furia di considerare la
questione. In realt non potevamo fare a meno di nessuno dei nostri
cari, grandi, grossi e selvatici birbanti! Eppure bisognava decidere!
Poich, anche solo considerando la situazione di Jenny, che ne
sarebbe stato? Come sarebbe stato difficile per lei staccarsi da Fritz!
E lui stesso? L'avrebbe lasciata partire da sola?
Alla fine ci proponemmo di pazientare ancora due o tre giorni e
poi, se possibile, di sistemare le cose in modo che due dei figli
rimanessero con noi spontaneamente, e che gli altri due partissero
definitivamente per l'Europa, sempre che il capitano Littlestone
volesse accoglierli a bordo della sua nave. E, guarda un po', il giorno
seguente port con s la decisione.
Fu infatti stabilito durante la colazione che il comandante, assieme
al pilota e al guardiamarina, sarebbe venuto a farci una visita al
Rifugio di Roccia; nello stesso tempo anche l'ingegnere ammalato
sarebbe stato trasportato a casa nostra, accompagnato dalla famiglia,
per poter godere di tutti gli agi di una scrupolosa assistenza, e
soprattutto dell'aria balsamica che potevano a buon diritto
promettergli i dintorni del Rifugio di Roccia, tanto simili a giardini.
La traversata fu una vera gita di piacere, perch in consolante
pienezza ci accompagnavano le speranze e le liete aspettative che noi
tutti, ciascuno a suo modo, portavamo nel cuore. Fritz e Jack
ottennero il permesso di precederci e partirono esultanti nel veloce
caiak.
E quale stupore si impadron dei nostri ospiti quando, scapolata la
Punta delle Anatre, apparve fra poderose rocce la nostra baia, il
nostro Rifugio di Roccia, illuminato dal chiaro splendore mattutino,
in tutto il suo leggiadro incanto! La meraviglia arriv al massimo
grado quando dall'Isolotto del Pescecane rimbombarono uno dopo