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LEOPARDI
(1798-1837)
La vita e il contesto storico
Napoleone Nasce un’ondata di
Napoleone è sconfitto
Bonaparte sale moti rivoluzionari
a Waterloo e si
al potere con il che sconvolgono
riunisce il Congresso
Colpo di Stato l’Europa
di Vienna
Giacomo
Viene Inizia la Conversione Stringe Tenta la
Leopardi Subisce
istruito da produzione “dall’erudizi una forte fuga da
nasce nel un’infermità
precettori poetica su one al bello” amicizia Recanati
1798 a agli occhi
ecclesiastici, modelli con ma viene
Recanati
ma a dieci arcadico - Pietro scoperto
da una Abbandono
anni si illuministici Giordani Passaggio
famiglia della filologia
nobile dedica agli “dal bello
studi Impara in breve tempo il latino, greco e al vero”
autonomam l’ebraico, si occupa sia di lavori filologici che di
ente traduzioni di classici latini e greci
Avviene una forte
In Italia Mazzini sale al repressione dei
Napoleone potere e proclama la mazziniani
Bonaparte Giovine Italia
muore Anno Santo Un’epidemia
esiliato della Seconda di colera
sull'Isola di Chiesa un’ondata di sconvolge la
Sant'Elena cattolica moti penisola
❖ Leopardi non parla in prima persona, ma affida le sue riflessioni a un pastore, un uomo semplice e
ingenuo proveniente da una terra lontana e non ben definita, il quale analizza filosoficamente la sua
infelicità e quella universale, facendosi portavoce del tedio e dello sgomento provati da ogni uomo di
fronte a un’esistenza dolorosa di cui non si comprende il significato; l’infelicità si configura come una
caratteristica tipica dell’uomo di ogni tempo e di ogni condizione
❖ La luna, appare distante, gelida e muta: infatti, non risponde mai agli angosciosi interrogativi posti dal
pastore, apparendo totalmente indifferente alle sofferenze dell’uomo. Altri interlocutori sono gli
animali, il gregge, cui Leopardi chiede come mai non provi tedio quando giace in riposo sull’erba.
Il tedio è, secondo Leopardi, un sentimento che nobilita l’uomo in quanto dotato di ragione e lo
distingue dagli animali, anche se gli impedisce di sentirsi appagato.
❖ Al termine del componimento emerge che non solo per l’uomo la vita è fonte di sofferenza, ma per
qualunque creatura vivente venga al mondo. L’universo resta un enigma indecifrabile, in cui l’unico
elemento certo è la morte
❖ Lo stile del componimento Canto notturno di un pastore errante dell’Asia è quello tipico dei grandi
canti del 1828-30, con molti termini “vaghi e indefiniti”, ritmo fluido, struttura sintattica chiara, ma è
assente la memoria delle illusioni giovanili
❖ Viene evidenziato per la prima volta, il passaggio di Leopardi da una concezione positiva e benefica
della Natura a quella contraria di Natura matrigna, crudele e indifferente
❖ Prendendo spunto da un'opera del filosofo illuminista francese Voltaire, in cui il filosofo parla delle
minacce naturali, quali gelo e vulcani, a cui sono sottoposti gli islandesi, Leopardi sviluppa l'idea di un
Islandese che viaggia, fuggendo la Natura. Ma giunto in Africa, in un luogo misterioso ed esotico,
incontra proprio colei che stava evitando, con la forma di una donna gigantesca dall'aspetto "tra bello e
terribile"
❖ La Natura interroga l'Islandese sulle ragioni della sua fuga. La spiegazione dell'uomo è un lungo
monologo in cui egli ripercorre le sue concezioni sulla condizione umana: un'articolata riflessione che
lo porta a comprendere l'ineliminabile infelicità dell'esistenza. Inizialmente ritiene che la sofferenza
nasca dai rapporti umani. Ma il dolore può nascere anche dall'esterno, quindi inizia a credere che
l'individuo soffra perché valica i limiti assegnati dalla Natura. Infine comprende che la sofferenza è
insita nell'uomo, caratterizzato da un piacere mai realizzabile del tutto, e non può essere eliminata.
La vera causa dell'infelicità è la Natura, che crea e poi tormenta gli esseri viventi. Questa ha assegnato
all'uomo il desiderio insaziabile di piacere che non solo è irraggiungibile nel corso di una vita intera,
ma a volte è anche dannoso e debilitante
❖ Dopo il lungo monologo dell'Islandese interviene la Natura, che ribalta la posizione dell'uomo: questa
è totalmente insensibile al destino degli esseri da lei creati, ma agisce meccanicisticamente secondo un
processo di creazione e distruzione, che coinvolge direttamente tutte le creature
La Ginestra la serpe, e dove al noto
Kai; hjgavphsan oiJ a[nqrwpoi ma`llon to; skovto" h]
cavernoso covil torna il coniglio;
to; fw`"
fur liete ville e colti,
E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce*
25 e biondeggiàr di spiche, e risonaro
(Giovanni, III, 19)
di muggito d’armenti;
fur giardini e palagi,
Qui su l’arida schiena
agli ozi de’ potenti
del formidabil monte
gradito ospizio; e fur città famose,
sterminator Vesevo,
30 che coi torrenti suoi l’altero monte
la qual null’altro allegra arbor né fiore,
dall’ignea bocca fulminando oppresse
5 tuoi cespi solitari intorno spargi,
con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
odorata ginestra,
una ruina involve,
contenta dei deserti. Anco ti vidi
dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
de’ tuoi steli abbellir l’erme contrade
35 i danni altrui commiserando, al cielo
che cingon la cittade
di dolcissimo odor mandi un profumo,
10 la qual fu donna de’ mortali un tempo,
che il deserto consola. A queste piagge
e del perduto impero
venga colui che d’esaltar con lode
par che col grave e taciturno aspetto
il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
faccian fede e ricordo al passeggero.
40 è il gener nostro in cura
Or ti riveggo in questo suol, di tristi
all’amante natura. E la possanza
15 lochi e dal mondo abbandonati amante,
qui con giusta misura
e d’afflitte fortune ognor compagna.
anco estimar potrà dell’uman seme,
Questi campi cosparsi
cui la dura nutrice, ov’ei men teme,
di ceneri infeconde, e ricoperti
45 con lieve moto in un momento annulla
dell’impietrata lava,
in parte, e può con moti
20 che sotto i passi al peregrin risona;
poco men lievi ancor subitamente
dove s’annida e si contorce al sole
annichilare in tutto.
Dipinte in queste rive
75 della barbarie in parte, e per cui solo
50 son dell’umana gente
si cresce in civiltà, che sola in meglio
le magnifiche sorti e progressive.
guida i pubblici fati.
Qui mira e qui ti specchia,
secol superbo e sciocco,
Così ti spiacque il vero
che il calle insino allora
dell’aspra sorte e del depresso loco
55 dal risorto pensier segnato innanti
80 che natura ci diè. Per questo il tergo
abbandonasti, e volti addietro i passi,
vigliaccamente rivolgesti al lume
del ritornar ti vanti,
che il fe palese: e, fuggitivo, appelli
e procedere il chiami.
vil chi lui segue, e solo
Al tuo pargoleggiar gl’ingegni tutti,
magnanimo colui
60 di cui lor sorte rea padre ti fece,
85 che se schernendo o gli altri, astuto o folle,
vanno adulando, ancora
fin sopra gli astri il mortal grado estolle.
ch’a ludibrio talora
Uom di povero stato e membra inferme
t’abbian fra se. Non io
che sia dell’alma generoso ed alto,
con tal vergogna scenderò sotterra;
non chiama se né stima
65 ma il disprezzo piuttosto che si serra
90 ricco d’or né gagliardo,
di te nel petto mio,
e di splendida vita o di valente
mostrato avrò quanto si possa aperto:
persona infra la gente
ben ch’io sappia che obblio
non fa risibil mostra;
preme chi troppo all’età propria increbbe.
ma se di forza e di tesor mendico
70 Di questo mal, che teco
95 lascia parer senza vergogna, e noma
mi fia comune, assai finor mi rido.
parlando, apertamente, e di sue cose
Libertà vai sognando, e servo a un tempo
fa stima al vero uguale.
vuoi di novo il pensiero,
sol per cui risorgemmo
Magnanimo animale
non credo io già, ma stolto, Costei chiama inimica; e incontro a questa
100 quel che nato a perir, nutrito in pene, congiunta esser pensando,
dice, a goder son fatto, siccome è il vero, ed ordinata in pria
e di fetido orgoglio l’umana compagnia,
empie le carte, eccelsi fati e nove 130 tutti fra se confederati estima
felicità, quali il ciel tutto ignora, gli uomini, e tutti abbraccia
105 non pur quest’orbe, promettendo in terra con vero amor, porgendo
a popoli che un’onda valida e pronta ed aspettando aita
di mar commosso, un fiato negli alterni perigli e nelle angosce
d’aura maligna, un sotterraneo crollo 135 della guerra comune. Ed alle offese
distrugge sì, che avanza dell’uomo armar la destra, e laccio porre
110 a gran pena di lor la rimembranza. al vicino ed inciampo,
Nobil natura è quella stolto crede così qual fora in campo
che a sollevar s’ardisce cinto d’oste contraria, in sul più vivo
gli occhi mortali incontra 140 incalzar degli assalti,
al comun fato, e che con franca lingua, gl’inimici obbliando, acerbe gare
115 nulla al ver detraendo, imprender con gli amici,
confessa il mal che ci fu dato in sorte, e sparger fuga e fulminar col brando
e il basso stato e frale; infra i propri guerrieri.
quella che grande e forte 145 Così fatti pensieri
mostra se nel soffrir, né gli odii e l’ire quando fien, come fur, palesi al volgo,
120 fraterne, ancor più gravi e quell’orror che primo
d’ogni altro danno, accresce contro l’empia natura
alle miserie sue, l’uomo incolpando strinse i mortali in social catena,
del suo dolor, ma dà la colpa a quella
che veramente è rea, che de’ mortali
125 madre è di parto e di voler matrigna.
150 fia ricondotto in parte 255 su l’arenoso dorso, a cui riluce
da verace saper, l’onesto e il retto di Capri la marina
conversar cittadino, e di Napoli il porto e Mergellina.
e giustizia e pietade, altra radice E se appressar lo vede, o se nel cupo
avranno allor che non superbe fole, del domestico pozzo ode mai l’acqua
155 ove fondata probità del volgo 260 fervendo gorgogliar, desta i figliuoli, B 3
così star suole in piede desta la moglie in fretta, e via, con quanto
quale star può quel c’ha in error la sede. di lor cose rapir posson, fuggendo,
Ben mille ed ottocento vede lontano l’usato
anni varcàr poi che spariro, oppressi suo nido, e il picciol campo,
dall’ignea forza, i popolati seggi, 265 che gli fu dalla fame unico schermo,
240 e il villanello intento preda al flutto rovente,
ai vigneti, che a stento in questi campi che crepitando giunge, e inesorato
nutre la morta zolla e incenerita, durabilmente sovra quei si spiega.
ancor leva lo sguardo Torna al celeste raggio
sospettoso alla vetta 270 dopo l’antica obblivion l’estinta
245 fatal, che nulla mai fatta più mite Pompei, come sepolto
ancor siede tremenda, ancor minaccia scheletro, cui di terra
a lui strage ed ai figli ed agli averi avarizia o pietà rende all’aperto;
lor poverelli. E spesso e dal deserto foro
il meschino in sul tetto 275 diritto infra le file
250 dell’ostel villereccio, alla vagante dei mozzi colonnati il peregrino
aura giacendo tutta notte insonne lunge contempla il bipartito giogo
e balzando più volte, esplora il corso e la cresta fumante,
del temuto bollor, che si riversa che alla sparsa ruina ancor minaccia.
dall’inesausto grembo
280 E nell’orror della secreta notte E tu, lenta ginestra, che di selve odorate queste
per li vacui teatri, campagne dispogliate adorni, 300 anche tu
per li templi deformi e per le rotte presto alla crudel possanza soccomberai del
case, ove i parti il pipistrello asconde, sotterraneo foco, che ritornando al loco
come sinistra face già noto, stenderà l’avaro lembo
285 che per vóti palagi atra s’aggiri, su tue molli foreste. E piegherai
corre il baglior della funerea lava, 305 sotto il fascio mortal non renitente
che di lontan per l’ombre il tuo capo innocente:
rosseggia e i lochi intorno tinge. ma non piegato insino allora indarno
Così, dell’uomo ignara e dell’etadi codardamente supplicando innanzi
290 ch’ei chiama antiche, e del seguir che al futuro oppressor; ma non eretto
fanno 310 con forsennato orgoglio inver le stelle,
dopo gli avi i nepoti, né sul deserto, dove
sta natura ognor verde, anzi procede e la sede e i natali
per sì lungo cammino non per voler ma per fortuna avesti;
che sembra star. Caggiono i regni intanto, ma più saggia, ma tanto
295 passan genti e linguaggi: ella nol vede: 315 meno inferma dell’uom, quanto le frali
e l’uom d’eternità s’arroga il vanto. tue stirpi non credesti
o dal fato o da te fatte immortali.
❖ La lirica fu composta da Leopardi nel 1836 nella villa Ferrigni di Torre del Greco (davanti
all’abitazione si ergeva il Vesuvio) e apparve postuma nell’edizione dei Canti
del 1845, pubblicata da Ranieri a Firenze
❖ Forma metrica: canzone composta di sette strofe libere, con 183 endecasillabi e 134
settenari variamente alternati; ciascuna strofa è chiusa da rima e da verso endecasillabo
❖ E gli uomini... la luce: il versetto evangelico sottolinea la polemica contro le idee dell’epoca (vv. 80-
83): gli uomini che seguono le concezioni spiritualistiche e ottimistiche preferiscono la menzogna (le
tenebre) alla verità (la luce), cioè alla consapevolezza della propria tragica condizione.
❖ Libertà vai sognando: il verso ne ricorda uno analogo della Commedia di Dante (Purgatorio, I, 71:
Libertà va cercando, ch’è sì cara)
❖ La quarta strofa del canto (vv. 158-201) con un’arcana visione di spazi cosmici, ripropone
l’inquietante
consapevolezza di una solitudine desolata, di un mondo umano piccolo e limitato se confrontato con
la vastità dell’universo. La contemplazione di questo vuoto affascinante e terribile è tutt’altro che
idillica, ma vuole affrontare razionalmente il mistero dell’universo. Ne deriva una ripresa polemica del
poeta contro la visibile assurdità delle ideologie ottimistiche, che credono l’uomo signore
dell’universo e “favoleggiano” sulle divinità che scendono sulla terra, per conversare con gli uomini.]
[La quinta strofa (vv. 202-236) sviluppa la similitudine fra la rovina di un formicaio devastato dalla
caduta d’un pomo e la distruzione di Ercolano e Pompei. La natura, nella sua assoluta indifferenza,
non si cura dell’uomo come non si cura delle formiche: un pomo schiaccia un formicaio, l’eruzione
vulcanica distrugge prospere città.]
Sostiene che l’unico Nei confronti della realtà È convinto che la
rimedio all’infelicità assume un atteggiamento conoscenza filosofica del
umana possono essere titanico vero sia fonte di
l’immaginazione e le insoddisfazione perenne
illusioni
Sottopone la sua
Esalta la fanciullezza
epoca a forti critiche
e la memoria
Il pensiero
Si scaglia
In lui è forte la Vede il progresso contro i
componente pessimistica e materiale e tecnologico luoghi
differenzia tra in senso negativo comuni
accettati,
pessimismo Polemizza contro i falsi contro i
pessimismo
cosmico miti progressisti delle Critica le pregiudizi
individuale
forze liberali moderate ideologie e gli
consolatorie stereotipi
pessimismo Aderisce al sensismo e al
storico materialismo illuministici contemporanee mentali
Afferma la superiorità
della poesia antica su
quella moderna
La natura è fonte È contro i
d’ispirazione in romantici italiani,
quanto offre si schiera con i
suggestioni al poeta La poetica classicisti
La poesia si
Prendendo
nutre di
Poetica del tuttavia le
immaginazione
“vago e distanze dal
e ricordo
indefinito” classicismo
accademico
Può essere definito
un classicista
romantico
Concepita
Sono come un
Piccoli Idilli La Ginestra
caratterizzati
da un
linguaggio
I Canti testamento
spirituale
III fase
colloquiale e I fase
(1830-1837) Polemica
dalla poetica (1818-1823)
contro la
del “vago e II fase
Canzoni religione e
indefinito” (1828-1830) Ciclo di Aspasia l’ottimismo
Brevi composizioni progressista
poetiche in cui il Caratterizzate Grandi Idilli
poeta esprime e da un impianto
racconta esperienze classicistico, un
emotive e Ricco di
linguaggio Alimentati dal polemica
soggettive aulico, dal pessimismo contro il
pessimismo cosmico e presente
storico, dal caratterizzati da
titanismo e dalle un linguaggio
tematiche civili misurato, dalla Poesia anti
libertà metrica e idillica,
da un equilibrio linguaggio
tra il “vero” e semplice e stile
l’immaginazione spezzato
Opere in prosa
Lo Zibaldone Le Operette morali
Consiste in una I frammenti sono Le riflessioni del Sono prose di
raccolta organizzati o in poeta sono argomento
vastissima di numerazione esposte attraverso filosofico
riflessioni progressiva o invenzioni successive alla
personali e di cronologicamente fantastiche e fuga da Recanati
carattere tipologie
letterario discorsive diverse Pervase dal
Come la teoria del pessimismo
Nella quale piacere, del suono, cosmico
Composte
troviamo della visione, della
con prosa
importanti teorie ricordanza, la
limpida e
presenti nelle poetica del bello e
rigore Attraverso il distacco
varie del “vago e
intellettuale ironico, Leopardi
composizioni indefinito”
poetiche contempla la condizione
tragica dell’uomo
Strumenti extratestuali
per lo studio
-Vita di Leopardi: Treccani Scuola
www.youtube.com/watch?v=EGv6Dngor7E&list=PLin_MS066MLyjv-Elplwt71aatVBoXUV8
www.youtube.com/watch?v=jdDExjY3c98&list=PLin_MS066
MLyjv-Elplwt71aatVBoXUV8&index=2