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Franco Nicolò
Febbraio 1, 2017 wp_1307569
Grazie alla frequentazione del Marcolini e agli u ci del poeta Carrara Giovanni Michele
Quinto Gherardo, il Franco entrò nella cerchia di Pietro Aretino, che Alberto
nell’agosto 1537 lo accolse nella sua dimora sul Canal Grande e Cassini Samuele
nutrì all’inizio per lui grande stima. Il giovane Franco contribuì alla
composizione di opere dello scrittore, anche in virtù della buona Castellari Bernardino
conoscenza del latino, con cui l’Aretino non aveva dimestichezza. Clerico Ubertino
Per lui il Franco interpretò le opere dei padri della Chiesa e i testi
liturgici che Pietro utilizzò per la composizione delle sue opere Cocconato Annibale
Radicati
sacre composte tra il 1538 e il 1540 (la Genesi, la Vita di Maria
Vergine, la Vita di s. Caterina) e con certezza ebbe parte cospicua Cocconato Giovanni
nell’allestimento del primo libro delle Lettere. La rottura tra i due
Cocconato Guidetto di
scrittori è posteriore all’agosto 1538. Diversamente da quanto volle
far credere l’Aretino, la causa della lite non va ricercata nel Cocconato Guido
carattere permaloso e inso erente del Franco, bensì nel volume di
Cocconato Pietro
Pistole vulgari che questi, emulo e concorrente del maestro, aveva
approntato nello stesso tempo in cui collaborava all’epistolario di Cocconato Uberto
Pietro. Il volume vide la luce solo nell’aprile 1539 e, a causa
De’ Ferrari Giolito
dell’ostracismo dettato dall’antico protettore nella libreria del
Bernardino
Marcolini, a opera dello stampatore francese, attivo a Venezia,
Antonio Gardane (che eseguì anche una seconda edizione
lievemente rimaneggiata nel 1542). Le lettere raccolte vanno dal 10
De’ Ferrari Giolito Gabriele
settembre 1531 al 4 novembre 1538, ma la dedica al vescovo di De’ Ferrari Giovanni senior
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Fréjus Leone Orsini in data luglio 1538 è sintomo che le ultime
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Della Fonte Bartolomeo
epistole furono redatte apposta per la pubblicazione.
Duglioli Elena
Nel settembre e nell’ottobre 1539 uscirono altre due opere del
Franco, destinate a maggiore fortuna delle Pistole, per le quali, a Faà Camilla
detta dell’Aretino, l’editore ebbe addirittura una remissione delle
Filelfo Giovanni Mario
spese:i Dialoghi piacevoli (Venezia, Giovanni Giolito, 1539,
ristampati da Gabriele Giolito nel 1541, 1545, 1554, 1559; in Ga urio Franchino
edizione purgata col titolo Dialoghi piacevolissimi da A. Salicato nel
Galeotto del Carretto
1590 e da F. Giuliani e G. Cerutto nel 1593) e il dialogo intitolato Il
petrarchista (uscito in ottobre presso Giovanni Giolito, poi per Gattinara Mercurino
Gabriele Giolito nel 1541, 1543; nel 1623 per B. Barezzi con il titolo Arborio
Li due petrarchisti), opere entrambe impegnate ad a ermare nella Grammorseo Pietro
vita culturale del momento un punto di vista di arcigno e
battagliero moralista, calato in forme «piacevoli», ma non per Guazzo Stefano
Nonostante il triplice exploit letterario che, come provano anche i Margherita Paleologo
privilegi decennali concessi dalla Serenissima Repubblica alle tre
Morétti Cristoforo
edizioni, aspirava a essere un’a ermazione solida e duratura, la
situazione del Franco a Venezia si deteriorò rapidamente e nel Pio V
clima di guerra aperta che si scatenò con l’Aretino fu il Franco a
pagare le conseguenze. A metà del 1539 fu ferito con una coltellata
al viso da un «creato» di Pietro, il milanese Giovanni Ambrogio degli Articoli recenti
Eusebi, che poi ricevette dal padrone protezione e appoggio presso
i tribunali. Il Franco comprese che la sua posizione si era fatta 21 dicembre 2018 Messa e
troppo rischiosa. Lasciò Venezia alla ne di giugno 1539 alla volta di inaugurazione Centro di
Padova (dove fu probabilmente ospite di Sperone Speroni), con il Documentazione
a Roma nel 1558 – 59. Rispetto alle Rime, nella Priapea maggiore Gennaio 2018 (1)
intensità registrano gli accenti anticlericali e sono riprese e
Novembre 2017 (5)
accentuate le invettive già di use nelle Rime contro principi e
Ottobre 2017 (7)
potenti (la raccolta si conclude con una lettera «A gli infami principi
del infame suo secolo»), coliti nelle loro laidezze private. È per Settembre 2017 (277)
questo che la Priapea, più delle Rime, ebbe un impatto cospicuo Agosto 2017 (2)
sull’opinione pubblica e sui potenti, connotando in maniera decisiva
Luglio 2017 (276)
l’immagine pubblica del Franco come un letterato maledico e
immorale anche per il futuro, quando si sarebbe orientato verso Giugno 2017 (131)
Accanto a questa iniziativa scandalosa con la quale egli pagava il Gennaio 2017 (17)
L’elezione al soglio ponti cio nel giugno del 1555 di Gian Pietro
Carafa, Paolo IV, riaccese la sue speranze; al Franco sembrò di
poter contare sull’appoggio di due nipoti del papa, Giovan Iacopo
Carafa e il Cantelmo, a nché gli fosse levato l’interdetto dallo Stato
della Chiesa comminatogli da Poaolo III. Ma le lettere di preghiera
indirizzate al Carafa, al Cantelmo e all’altro nipote del papa, il
potentissimo cardinale Carlo Carafa, non sortirono alcun e etto.
Senza esito fu anche un suo viaggio a Roma nell’agosto 1555. A
Roma regnava nei suoi confronti un clima di di denza e di
sospetto per le lubriche invettive anticlericali della Priapea, sulle
quali l’in essibile Paolo IV non intendeva transigere (nel 1559 la
Priapea con le Rime contro Pietro Aretino furono messe all’Indice).
Nel 1556, in occasione della morte del fratello Vincenzo, il Franco
soggiornò per un periodo a Benevento e in questa occasione
compose i capitoli satirici Del sei, Del sette, Dell’otto contro alcune
magistrature cittadine e il capitolo Sull’uso della berretta contro gli
adulatori. Verso la ne di giugno 1558, dopo che la pace tra il papa
e gli Spagnoli aveva reso la situazione più tranquilla, osò recarsi a
Roma per perorare di persona le sue ragioni, ma poco dopo il suo
arrivo, la sera del 15 luglio, fu arrestato, apparentemente senza un
valido motivo, in casa di Bartolomeo Camerario, allora commissario
generale per l’Annona, che fu tratto anch’egli in arresto per
malversazione. Il Franco rimase in prigione per otto mesi, cinque
dei quali trascorsi nel carcere dell’Inquisizione a Ripetta. Riottenne
la libertà il 6 febbraio 1559 e, grazie all’intervento del duca di
Paliano Giovanni Carafa, gli furono restituite le carte sequestrate.
Verso la ne del 1560, il Franco si trasferì presso il cardinale
Giovanni Morone, con il quale visse no al gennaio 1568, senza
tuttavia entrare nelle simpatie del prelato. Questo servizio non creò
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a Nicolò Franco grandi opportunità: di una traduzione di Omero
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Fonti e Bibliogra a:
Per le lettere dell’Aretino si vedano le seguenti edizioni: Lettere
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scritte al signor Pietro aretino da molti signori, comunità, donne di
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Bruno Ludovico
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