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Eug�ne Ionesco. LA CANTATRICE CALVA - RINOCERONTE.

Tratte da "Teatro completo". Volume primo.


Edizione presentata, stabilita e annotata da Emmanuel Jacquart.
Copyright �ditions Gallimard, 1954, 1958, 1963, 1966, 1970, 1972, 1974, 1975, 1981,
per il teatro pubblicato.
Copyright �ditions Gallimard, 1964, per "'La Cantatrice chauve'. Dal palcoscenico
al libro" di Massin e Henry Cohen.
Copyright 1993, Einaudi-Gallimard, Torino.

INDICE.

Prefazione.
Cronologia.
Bibliografia (di Emmanuel Jacquart, traduzioni di Jole Morteo).
La fortuna critica di Jonesco in Italia, di Jole Morteo.
Nota al testo.

LA CANTATRICE CALVA. Traduzione di Gian Renzo Morteo.


Note.
Commento.

RINOCERONTE. Traduzione di Giorgio Buridan.


Note.
Commento.

"A Mariette, Philippe e Sheila".


E. J.

PREFAZIONE.
ALLA RICERCA DI IONESCO.

Ionesco si � detto, ridetto e talvolta contraddetto. Ha commentato la sua vita, ha


commentato la sua opera. Certo, la vita non � l'opera, ma l'opera rispecchia la
vita. Ricordi e riflessioni affiorano in "Briciole di diario", "Passato presente",
"D�couvertes" ["Scoperte"], "Il mondo � invivibile", "La ricerca intermittente" e
nei numerosi colloqui accordati a Claude Bonnefoy, a Gilbert Tarrab e a diversi
ricercatori e giornalisti. Ionesco ci invita dunque a prendere in considerazione
gli scritti passando attraverso la vita, la formazione, le acquisizioni.
Non ci sorprende perci� che le commedie dell'autore lascino intravedere,, sotto il
velo della finzione drammatica, un'esistenza che, qua e l�, sorge in forma di
�briciole� di ricordo. La conoscenza di s�, delle proprie radica; passa attraverso
il filtro della letteratura e della memoria che, a tratta, illumina sia l'Io di un
tempo, sia l'Io di oggi. Cos� la vita dell'essere poggia su una dialettica
apparentemente paradossale, quella della continuit� e discontinuit� della persona.
Di qui l'emergere d'una difficolt�, o di una problematica che, con tutto il suo
peso, grava sul compito dello scrittore e su quello del suo esegeta.
Infatti, l'Io di una volta ha colto la �realt� - la sua realt� - mediante
l'affettivit� e l'intelletto di cui disponeva allora. D'altra parte, il bambino o
l'adolescente di ieri assilla, seduce o tormenta l'adulto di oggi che, trascinato
dalla corrente dell'introspezione, segue i capricci della memoria affettiva. A
volte fedele, a volte infedele, essa rivela la �verit�- la sua verit�- in una luce
che le � propria. Insomma, la memoria trattiene od omette, accresce o diminuisce.
Questi sono rischi cui non pu� sfuggire n� Ionesco n� il ricercatore.
In un contesto del tutto diverso, Jean Hamburger rileva che anche lo scienziato si
trova di fronte ad una difficolt� dello stesso ordine: �Bisogna riconoscere che non
vi � mai, per gli oggetti studiati dalla scienza, una realt� assoluta; ci� che noi
chiamiamo realt� dipende dalle condizioni della nostra osservazione� (1). Tuttavia
quello che vale per la scienza vale a fortiori per la critica. Nulla d'insolito o
di disperante in tutto ci�. Esistono i fatti grezzi, o perlomeno alcuni punti di
riferimento temporali che costellano il corso di un'esistenza. Perci� ci sforzeremo
di seguire la ,filigrana biografica che accompagna la parabola dell'opera.
Procederemo con prudenza ad un'ecografia dei gusti e disgusti dell'autore, dei
desideri e delle fobie, delle gioie e dei dolori, coltivando la speranza, tutta
relativa, di circoscrivere le radici istintive dell'essere donde sgorgano i
fenomeni, le forme e le idee. Infatti, ci� che importa all'esegeta � meno
l'avvenimento o l'esperienza in se stessi che non la trasposizione cui saranno
sottoposti, lo slancio creativo che sprigioneranno. Colto attraverso l'opera,
caleidoscopio dell'esistenza, il fatto grezzo si altera e si inserisce in una nuova
costellazione semita. Tali sono, riassunte brevemente, le condizioni del nostro
approccio, che ci permetteranno di tracciare la biografia storica e spirituale di
Ionesco.

Un'infanzia segnata dalla dualit� (2).

Eugen Ionescu nasce il 26 novembre 1909 (3) in Romania, a Slatira, citt� di


provincia posta centocinquanta chilometri ad ovest di Bucarest. Suo padre, pure di
nome Eugen, che allora ha ventinove anni, � laureato in legge e riveste l'incarico
di sostituto del prefetto. Due anni dopo egli espatria con la famiglia e prepara il
dottorato a Parigi. Sua moglie, Th�r�se Ipcar, figlia di un ingegnere francese in
servizio alle ferrovie romene, metter� al mondo tre figli: Eug�ne, due anni pi�
tardi Marilina ed infine Mircea, che ben presto soccombe ad una meningite (4).
I genitori formavano una coppia male assortita. Th�r�se, donna devota e sensibile,
rievocata con molta tenerezza, sembra essere stata sostanzialmente infelice. Eugen
- il padre - per il quale il figlio prova rancore e disprezzo temperati da qualche
rimorso, era un essere imperioso, capriccioso ed incostante. Gli capitava di
starsene all'albergo, diceva, per studiare in santa pace. Tra i due sposi
avvenivano delle scenate. In una di queste Th�r�se tenta di inghiottire il
contenuto d'un boccettino di tintura di iodio (5). Intendeva davvero por fine ai
suoi giorni oppure far pressione sul marito? Nessuno lo sa, nessuno lo sapr� mai
(6).
Nel 1916 Eugen Ionescu ritorna in Romania, occupa il posto di ispettore alla
Pubblica sicurezza e divorzia con il pretesto che la moglie, rimasta in Francia, ha
abbandonato il tetto coniugale. Di fatto Th�r�se, priva di notizie, ignora sia il
divorzio che il nuovo matrimonio del marito. Sprovvista di mezzi, deve nondimeno
sopperire ai bisogni della famiglia. Trova lavoro in una fabbrica.
Senz'ombra di dubbio, la prima infanzia del drammaturgo � segnata dall'instabilit�.
I traslochi sono frequenti. Vivono a Maison-Alfort, poi a Parigi in rue Madame (nel
VI arrondissement), in rue de Vaugirard (1914), poi in rue de l'Avre (7).
L'appartamento condiviso con i nonni, troppo piccolo, offre almeno il vantaggio di
essere situato vicino all'abitazione dello zio Alexandre e della zia Sabine (8).
Infine, nel 1918, traslocano in rue Blomet, all'H�tel du Nivernais.
Nel maggio 1922 Eug�ne ritorna dal padre a Bucarest. La realt� lo mette allora a
dura prova: separato dalla madre, deve vivere in un paese nuovo di cui ignora
lingua e cultura: �[...] si, c'era una lacerazione, scriver� pi� tardi, perch�
laggi� mi sono sentito in esilio� (9).
Abita con la matrigna, Elena Buruiana (10) che gli ripugna (11) e col padre
collerico, se non violento (12). Vede spesso i fratelli della matrigna, Costica e
Mitica, ma non ne ha troppa stima come dimostra l'evocazione poco lusinghiera dei
due in "Viaggi tra i morti" (13). L'atmosfera familiare � resa pi� tesa dal fatto
che i coniugi non vanno d'accordo (14). Eugen peraltro si prende come amante una
domestica zingara cui regaler� un appartamento, a scapito del giovane Eug�ne che,
pi� tardi, sar� spogliato del resto dell'eredit� a vantaggio della matrigna, cosa
che non perdoner� mai al padre (15).
Dal suo arrivo a Bucarest, il giovane frequenta il liceo ortodosso San Saba.
Scarsamente interessato alle scienze, eccelle nelle lettere. Per� il padre,
irrequieto e autoritario, non apprezza molto le sue inclinazioni. "Briciole di
diario" rievoca questo personaggio difficile e intollerante: �Mio padre [...]
veniva nella mia camera quand'ero collegiale, per controllare che facessi i compiti
o per rimproverarmi chiss� cosa. Mi alzavo e lo guardavo frugare dappertutto, nei
miei cassetti, fra i miei libri. Apriva i quaderni, leggeva il mio diario pi�
intimo, i miei versi ad alta voce. Era rosso di collera, sempre pi� in collera, mi
copriva d'ingiurie grossolane� (16).
Pretende che il figlio intraprenda una professione rispettabile, che �diventi un
borghese, un magistrato, un militare, un chimico� (17). L'adolescente � in piena
rivolta, rivolta che nel corso degli anni si accentuer�; finch�, verso il 1927-
1928, abbandoner� la casa paterna.

Traumi emotivi.

Il periodo dell'infanzia e dell'adolescenza, che sfocia in una rottura (18) col


padre, consentono di tracciare un bilancio, o meglio, di misurare l'impronta degli
anni di formazione. Essi condizionano ovviamente il pensiero e l'affettivit� del
giovane Ionesco, al punto da gravare con tutto il loro peso sugli anni a venire.
I tratti distintivi di questi anni capitali si concretano anzitutto nella dualit�
d'uno "schema strutturante": tenerezza verso la madre, ostilit� verso al padre.
Questa frattura si manifesta ad un altro livello e in una prospettiva pi� generale:
un grande attaccamento nei confronti della Francia, della sua cultura e letteratura
e, all'opposto, sentimenti negativi nei confronti di ci� che � romeno. Sicch� al
bilinguismo e il biculturalismo di Ionesco incarnano ed occultano ci� che Laing
chiama la �condizione schizoide� (19), la cui origine va probabilmente ricercata
nell'espulsione dal mondo materno e nell'imprigionamento nel mondo paterno. I segni
di questo schizodramma, di questo trauma strutturante, appaiono nell'opera di
Ionesco come tracce dissimulate da un tono che ne maschera la realt� (20).
Le ferite e il dualismo risultano aggravati dalle separazioni prolungate dalla
madre (soggiorni a Longi�meau e partenza per la Romania (21)). Queste separazioni
ricorrenti, difficilmente comprensibili o accettabili da un bambino, favoriscono lo
sviluppo dell'ansia che, ancora oggi - bench� Ionesco sia un umorista - ramane al
centro della sua personalit� e nel cuore della sua opera.
In modo paradossale, anche la presenza materna suscita l'affiorare
dell'inquietudine. Il giovane Ionesco compiange la �tristezza�, la �solitudine�, i
problemi finanziari (22) di Th�r�se. Diventato adulto, ritiene che lei sia stata
forse la causa inconscia delle sue paure, perch�, da quando aveva scoperto
l'ineluttabilit� della fine, pensare �alla morte futura della madre, era
un'angoscia, un'ossessione continua...� (23). L'immagine materna � dunque legata
all'ossessione della morte e della separazione.
Quanto al padre, personaggio ad un tempo amato, odiato e temuto, finisce per
suscitare un'opposizione sistematica: �Tutto ci� che ho fatto, in certo modo l'ho
fatto contro di lui. Ho pubblicato dei libelli contro la sua patria (la parola
patria era insopportabile in quanto significa paese del padre; il mio paese �
sempre stato la Francia, semplicemente perch� ci ho vissuto con mia madre [...])�
(24). In questa prospettiva che coinvolge gli ambiti linguistici, culturali e
familiari, la rivolta si oppone a qualsivoglia incarnazione dell'autorit�, sia di
ordine politico che sociale (25).
Qualche anno pi� tarda, Ionesco non esiter� a contraddire pubblicamente il suo
professore d'estetica, Michele Dragomirescu (26), poi in "Non" ("No", 1934] e in
"Vita grottesca e tragica di Victor Hugo" (1935-36) (27) a misurarsi con scrittori
autorevoli. Come dichiarer� nel 1982: �Quand'ero giovane, mi piaceva demolire (oggi
si direbbe demistificare) i grandi uomini, le istituzioni (l'"establishment", cos�
lo si chiama da alcuni anni)� (28). Questa rivolta dall'aria di sfida continuer� a
riapparire nella sua opera teatrale dove se la prende con diverse incarnazioni
dell'autorit�: il Professore, il Padre-Poliziotto, il Fratello Superiore, i
borghesi, i conformisti di ogni razza, i dogmatica; i critici accademici. Cos� si
spiegano i suoi robusti articoli sulla politica e la cultura statalizzate. Ma
poich� il reale obbedisce al principio della sovradeterminazione, tutte queste
manifestazioni non hanno certo come unica origine l'umiliazione di un figlio
mortificato dal padre, un padre che non rende giustizia n� alla sua intelligenza n�
ai suoi doni letterari. Eppure tutto accade come se, nel fuoco della passione, la
psiche dell'autore facesse un enorme miscuglio e ponesse sullo stesso piano il
paternalismo �zarista� del genitore e, dall'altra parte, la patria, il potere, la
brutalit�, l'arbitrio e l'inettitudine, il tutto funzionante come un meccanismo che
stritola e violenta, che minaccia dall'interno come dall'esterno. Cos�, opponendosi
al padre (padre versatile che, dopo aver sostenuto la monarchia, � diventato
fascista prima di accodarsi definitivamente alle file comuniste), Ionesco si
impone. La battaglia ch'egli intraprende mette in gioco l'integrit� del suo Io.

Esperienze felici.

Valutare l'impronta lasciata dagli anni di formazione significa certamente mettere


in luce le tracce dei traumi, ma anche quelle delle esperienze felici, e in prima
fila tra esse figurano i tre anni sereni trascorsi a La Chapelle-Anthenaise. Questa
oasi di felicit� che lo sguardo dell'adulto tende ad abbellire ha esercitato
un'influenza cos� determinante come Ionesco sostiene? In "Passato presente", in
"Briciole di diario", in "Entretiens" ["Colloqui"] e in "Primavera" 1939 (29), egli
rievoca con nostalgia infinita questo villaggio della Mayenne diventato l'immagine
stessa del paradiso perduto (30). Il �Mulino� dove il bambino abita circondato
dalla sorella e dai fittavoli semplici ed affettuosi �era esattamente un nido, un
riparo [...]. Tutto si prestava alla simbolizzazione [...]. C'era il cielo, c'era
la terra, lo sposalizio perfetto del cielo e della terra [...]. A quell'epoca, io
vivevo in paradiso. C'erano colori, colori vivificanti, d'una freschezza e
intensit� che non avranno mai pi�, i colori che amo di pi�, soprattutto un azzurro
vergine, puro� (31). Poco oltre l'autore soggiunge: �S�, molte preoccupazioni,
molte ossessioni mi provengono dalla Chapelle-Anthenaise e dalla perdita di quel
paradiso� (32). L� Ionesco non conosce n� l'usura del tempo, n� l'impressione del
gi� visto che distrugge la freschezza e la sostituisce con l'abitudine. Siamo
ancora nell'�ETA' DELL'ORO: l'et� dell'infanzia, dell'ignoranza; non appena
sappiamo che si deve morire, l'infanzia � finita� (33). Cos� quest'isola sottratta
alla temporalit� sfugge alla sofferenza e alla morte, almeno nel ricordo dello
scrittore.
Quando si china sulla sua giovinezza a La Chapelle-Anthenaise, Ionesco vede il suo
"alter ego" vivere in un rifugio, in pace con se stesso e con gli altri, al riparo
dalle tempeste della vita adulta; sottratto all'influenza di una madre amata e
amante ma infelice che, a Parigi, gli comunica la sua ansia. Evidentemente, la
memoria affettiva, intrisa di nostalgia, valorizza significativamente quest'oasi di
felicit� che, in un'infanzia e un'esistenza segnate dalla separazione e
dall'angoscia, rappresenta un mito (34). Lo scrittore, insieme artista e stratega
che predilige lo straordinario e l'essenziale, si industria a cogliere in
quest'esperienza una dimensione mitica che la sottragga alla quotidianit� e le
conferisca la profondit� esemplare di una struttura archetipica. L'originale si
congiunge allora con l'originario.
In tali condizioni, c'� da stupirsi se il mondo del miracolo e del meraviglioso
trova un prolungamento nella sua opera? Di fatto, ne � uno dei "Leitmotive". La sua
presenza ricorrente ed il fascino ch'esso esercita sull'autore si spiegano
certamente con quanto � stato appena ricordato, ma anche con due altri fattori: da
un lato, �l'esperienza della luce� manifestatasi nell'adolescenza e, dall'altro, la
lettura di scrittori e mistica, allorch� la letteratura si sostituisce al vissuto,
e viceversa.
La tematica della luce - che meriterebbe un'analisi approfondita - � commentata da
Ionesco nei colloqui con Claude Bonnefoy: �La luce, � il mondo trasfigurato. Per
esempio, in primavera, � la metamorfosi gloriosa del sentiero fangoso della mia
infanzia. Tutto a un tratto, il mondo acquista una bellezza inesplicabile. Quando
ero pi� giovane, possedevo delle riserve luminose. Adesso tutto ci� sta calando...
vado verso la melma� (35). In tale prospettiva, una citazione altrettanto probante
concerne quest'esperienza: �Avevo circa diciassette o diciotto anni. Ero in una
citt� di provincia. Era di giugno, verso mezzogiorno. Passeggiavo in una strada di
questa citt� molto tranquilla. Di colpo, ebbi l'impressione di [...] trovarmi in un
altro mondo, pi� mio dell'antico, infinitamente pi� luminoso [...] mi pareva che il
cielo fosse diventato estremamente denso, che la luce fosse quasi palpabile, che le
case avessero uno splendore mai visto, uno splendore insolito, del tutto liberato
dall'abitudine [...]. Provai una gioia immensa, ebbi l'impressione di aver compreso
qualcosa di fondamentale, che qualcosa di molto importante mi fosse accaduto.
Allora mi sono detto: "Non ho per paura della morte". Avevo il senso di una verit�
assoluta, definitiva� (36).
A questo tipo di esperienza insieme fisica e psichica sono spesso associati ricordi
letterari che attribuiscono alla luce un significato metaforico. Cos� la lettura di
"Un cuore semplice" di Flaubert gli fa scoprire �la luce nelle parole�, e
"Enfantines" di Val�ry Larbaud risplende come un �testo pieno di luce� (37). Un
terzo esempio, infine, evidenzia il modo in cui l'immaginazione di Ionesco
sovrappone il vissuto personale allo sfondo letterario: �Alain Fournier era il
maestro della mia adolescenza letteraria e sognatrice. Nella mia mente collocavo la
storta e i luoghi del "Grand Meaulnes" alla Chapelle-Anthenaise, quando si parlava
della casa del padre di Fournier� (38). Le frontiere fra reale e immaginario
tendono allora a fondersi in un "no man's land" poetico.
A sua volta, la letteratura come prolungamento della storia vissuta cede il passo
all'esperienza dei mistici cristiani e ortodossi che colpirono Ionesco: �[...] fra
i libri che mi hanno influenzato di pi�, che mi hanno parlato della luce, ci sono
quelli dei bizantini del XII, XIII e XIV secolo, gli esitasti, ed anche "La Chiesa
russa", un libro di Arseniev [...]� (39). Effettivamente, tra le opere che lo hanno
segnato pi� a fondo figura la "Piccola Filocalia della preghiera del cuore". Questo
testo ortodosso che conobbe uno straordinario successo, appartiene alla corrente
monastica di cui fecero parte Origene, Giovanni Climaco e gli esitasti del Monte
Athos (40). Visi propone come meta di pervenire alla condizione di �risvegliato�.
Il monaco recluso, ripiegato su di s�, mediante diverse pratiche cerca
l'illuminazione interiore che provocher� un �senso di meraviglioso benessere� (41).
Un celebre articolo di Mircea Eliade, amico di giovinezza di Ionesco, segnala il
ruolo primario sostenuto da altri due testi: �L'uno, "Il libro tibetano dei morti";
l'altro, una delle maggiori "Upanishad", la "Brihadaranyaka-Upanishad". Sappiamo
che li ha letti... Ed anche che se ne � dimenticato [...]. Ma dopo aver riletto "Il
re muore", si apra "Il libro tibetano dei morti", si apra l'"Upanishad", e ci si
accorger� che le visioni dei diversi "colora" corrispondono. Sappiamo che ha letto
taluni Padri della Chiesa orientale e molti altri testi. Il problema � dunque di
quelli che appassionano perch�, da un lato, conosciamo certe sue esperienze
personali e perch�, dall'altro, ci domandiamo come l'opera si sia strutturata in
seguito a certi libri che ha letto� (42).
E' chiaro dunque che Ionesco sfrutta letterariamente la sua fame di insolito e di
misticismo, cos� come le possibilit� offertegli dall'educazione ortodossa, cosa
niente affatto incompatibile con il bisogno autentico di spiritualit� ch'egli prova
(43).
Poich� la luce riveste in Ionesco un'importanza eccezionale, non dobbiamo
meravigliarci se illumina la sua opera drammatica. Si tratta ad esempio della
�citt� della luce� evocata dal vecchio nelle "Sedie", della �luce che scorre a
rivi� in "Vittime del dovere", della �Citt� radiosa� di "Assassino senza movente",
del �regno della luce� (44) dove Jean crede di trovarsi in "La fame e la sete", e
cos� via. Del resto in "Antidoti" l'autore afferma: �Tutti i miei libri, tutte le
tuie opere teatrali sono un appello, l'espressione di una nostalgia, cerco un
tesoro sommerso nell'oceano, perduto nelle tragedie della storia. Oppure, se
volete, cerco la luce, che per caso mi sembra di ritrovare di quando in quando.
Questo � il motivo per cui non solo faccio letteratura, ma ne sono anche nutrito.
Sempre alla ricerca di quella luce certa al di l� delle tenebre� (45).
L'opera di Ionesco sfrutta dunque, ad un tempo, la vita vissuta, la letteratura e
il misticismo per stimolare la creativit�. Ed inoltre fa ricorso all'ingenuit�
tipica dei bambini e di taluni pittori che, grazie alla magia dei colori vividi,
conferiscono ai paesaggi una tonalit� quasi soprannaturale. Ionesco cerca infatti
la trasfigurazione del reale, questo reale troppo spesso immerso nel grigiore della
banalit� quotidiana (46). Sicch� la "metamorfosi", come nella novella di Kafka (47)
o nei racconti di fate, diviene un procedimento basilare. Ci� presuppone che
l'autore sappia riscoprire la verginit� dello sguardo infantile oppure, pi�
probabilmente, suscitare uno stato di stupore. A prestargli fede, talvolta vi
riesce grazie ad una ben nota tecnica dello yoga: �Mi basta fissare attentamente lo
sguardo su questa lampada che vedo tutti i giorni o su questa sedia o su questa
pagina di quaderno, e se guardo la sedia, la lampada, abbastanza a lungo e con
molta attenzione, il viaggio pu� iniziarsi senza viaggio e il mondo si rinnova�
(48). In questo modo, mediante l'autosuggestione, mediante lo stupore, Ionesco
ritrova lo sguardo nuovo del creatore-scopritore - ci� che Socrate considerava il
motore della filosofia e Wordsworth chiamava "sense of wonder", sorgente prima
della poesia.

Sentimenti traumatizzanti.

Valutare l'impronta lasciata dagli anni di formazione significa certamente rilevare


le tracce delle speranze e delle esperienze felici riflesse nell'opera, ma anche
sollevare il velo sui sentimenti traumatizzanti che proliferano come un cancro. Fra
questi figura in prima fila il senso di colpa. Lo stesso Ionesco ha dichiarato
senza giri di parole: �Sono nato colpevole, predestinato alla colpa� (49).
Indubbiamente si tratta di un sentimento tanto banale quanto frequente, ma in lui
l'ipertrofia lo apparenta ad un �complesso� che rende drammatico l'errore o ne
scopre uno laddove si tratta solo di peccatucci.
Questa condizione, riconducibile a parecchie cause, � in primo luogo il risultato
dell'educazione religiosa ricevuta a La Chapelle-Anthenaise. Ce lo comprova un
aneddoto riferito dall'autore: �Un giorno, nel confessionale, il prete mi domand�
se avevo commesso questo o quel peccato. Ero ancora troppo giovane per capire, ma
nel timore di ometterne qualcuno, risposi di s� a tutte le sue domande� (50).
In seguito, all'educazione religiosa si aggiunge un'altra componente. Infatti il
senso di colpa prende piede allorch� la coscienza dell'adolescente si trova
sottoposta a due forze antagoniste: da un lato, il rispetto e l'affetto che la
societ� esige da un figlio, dall'altro, il rancore tinto di disprezzo, o di odio,
che Ionesco nutre per il padre. E' vero che quest'ultimo non lo risparmia: Eug�ne
lo delude, trascura le scienze, e invece di pensare seriamente alla magistratura.,
all'esercito o al genio civile, cade preda della letteratura, e - colmo del
ridicolo - scrive poesie.
Ma al contrario del protagonista di "Jacques ovvero la sottomissione" (51), Ionesco
rifiuta ostinatamente le tradizioni e le norme �borghesi�, insomma quel che la
commedia chiama bizzarramente �le patate al lardo� (52). Dopo parecchi tentativi di
riconciliazione, abbandona la casa paterna, si sistema in una camera ammobiliata
(53), vive frugalmente e, pur disponendo d'una borsa di studio, d� lezioni di
francese per pagare l'affitto. Circa quarant'anni pi� tardi scriver�: �Durante
tutto quel tempo ho vasto mio padre solo due o tre volte. Era ricco. Ci
intenerivamo per un astante e mi dava del denaro che io ani affrettavo a spendere
subito organizzando festini con gli amici� (54). Ma il contrasto era troppo
profondo, l'orgoglio, il rancore, se non l'odio, troppo forti perch� padre e figlio
potessero superare le loro differenze. Molti anni dopo, opere come "Vittime del
dovere" e "Viaggi tra i morti" rispecchieranno il risentimento e il rimorso che,
oltre la tomba, legano Ionesco al padre.
Par tardi, il senso di colpa trova alimento in ci� che il drammaturgo considera una
doppia mancanza nei confronti della moglie: �Ero cattivo e violento a parole, e
l'ho ingannata [...]. La violenza � il mio lato romeno. Forse faccio miei i difetti
di mio padre. Per certi lati, gli somiglio� (55). Fin dal 1967, aveva precisato:
�[...] ebbi ci� che si dice delle "avventure". Il mondo intero mi sembrava opaco,
pieno di fango; ero incapace di fissare l'attenzione su checchessia [...]. E stavo
bene soltanto quand'ero ubriaco� (56). Le avventure gli procurano un senso
d'angoscia, ma l'ebrezza sostituisce con l'euforia e l'obl�o il senso di colpa.
Ed infine, a questo complesso di fattori colpevolizzanti spesso si sovrappone la
convinzione che la gioia sia una colpa. L'educazione ricevuta da Ionesco, in
conformit� dei precetti della tradizione e della religione, rifiuta il determinismo
del corpo e condanna gli slanci e le brame della carne, ci� che Ionesco chiama �lo
sprofondamento dell'uomo nell'erotismo� (57). Lo testimonia una celebre scena di
"Jacques ovvero la sottomissione", tenuta volutamente sotto controllo dalla
comicit� e dalla bizzarria, scena recitata da Roberte Deux, quando la libido del
compagno � solleticata dall'immagine inebriante d'uno stallone che nitrisce, con la
criniera in fiamme: �Vieni... non aver paura... Io sono umida... Ho una collana di
fango, i miei seni si sciolgono, il mio bacino � molle, ho dell'acqua nei miei
crepacci. Affondo nell'onda. [...] Ci si ama sotto coperte inzuppate... ci si
gonfia di felicit�! Ti allaccio con le mie braccia simili a bisce, con le mie cosce
molli... Tu affondi e ti fondi... nei miei capelli spioventi e grondanti. La mia
bocca gocciola, gocciolano le mie gambe, le mie spalle nude gocciolano, gocciolano
i miei capelli, tutto gocciola, cola, si spappola, le stelle colano, il cielo cola,
gocciola, gocciola...� (58). Sotto la maschera del comico e del grottesco,
l'immagine della collana di fango associata all'evocazione ritmata e assonanze
dello sprofondamento, e alla vischiosit� dei rapporti ghiandolari, esprime per il
drammaturgo la supremazia dell'organico ma anche �l'abdicazione della coscienza�
(59). Qui ci troviamo agli antipodi del senso di purezza, di gioia, di spiritualit�
che, secondo Ionesco, si accompagna all'illuminazione o all'alzarsi in volo. Luce e
fango, evanescenza e vischiosit�, nella psiche di Ionesco formano una coppia
inscindibile. Del resto l'autore l'ha sottolineato pi� di una volta. Rivolgendosi a
Claude Bonnefoy, osservava: �Lei dice che nel mio teatro c'� molto fango, molto
sprofondamento. Ci� infatti corrisponde ad una delle mie due condizioni. Io mi
sento pesantissimo o leggerissimo, troppo pesante o troppo leggero� (60). Gi� in
"Note e contronote" si era soffermato a lungo su questo punto: �Due stati di
coscienza fondamentali sono all'origine di tutte le mie commedie: a volte predomina
l'uno, a volte l'altro; a volte si intrecciano. Queste due forme originarie di
coscienza sono l'evanescenza e la pesantezza; la mancanza o l'eccesso di presenza;
la trasparenza irreale del mondo o la sua opacit�; la luce e la tenebra profonda
[...] pi� spesso io sono dominato dal sentimento opposto [allo stupore di essere]:
la leggerezza si muta in peso, la trasparenza in spessore; il mondo pesa;
l'universo mi schiaccia [...], la materia colma tutto, occupa ogni luogo, annienta
sotto il suo peso ogni libert�, l'orizzonte si restringe, il mondo diventa un
carcere soffocante� (61).
Su questa trama di fondo, l'ossessione dello sprofondamento, molto evidente in "La
melma" (62) e, in misura minore, in "Vittime del dovere" (63), esprime la
�difficolt� di esistere� (64), di cui il senso di colpa � una delle componenti.
Riconsiderato nel suo complesso, il senso di colpa appare qui un tratto biografico
e letterario sostanziale, in cui l'educazione religiosa, la lettura dei mistici, la
sessualit�, l'infedelt� e la propensione alla violenza verbale sostengono una parte
primaria. A questi fattori, si aggiungono poi il rimpianto di non essersi occupato
a sufficienza della madre e, su un piano pi� banale, la propensione alla pigrizia o
all'inazione. Pure, lo sappiamo bene, ed anche Ionesco lo sa, tutte le spiegazioni
possibili, per quanto siano prudenti e precise, non dissolvono la parte che spetta
al mistero, alla colpa �senza ragione� che l'opera di Kafka ci ha illustrata. Il
che non toglie che qui l'immaginazione creativa tragga largamente ispirazione dalla
vita. Attraverso il filtro della finzione creativa traduce ci� che Freud chiamava
�Super-Io�. Istanza simile al poliziotto che in un sogno erotico ostacola la libido
di Ionesco (65), il Super-Io assegna al soggetto la responsabilit� della
trasgressione, fonte di tensione e di angoscia.

Gli esordi letterari.

L'anno 1928 segna l'inizio di una nuova fase. Sul piano famigliare, vede il
riannodarsi dei legami fra Ionesco e la madre, venuta a Bucarest a ricongiungersi
coi figli, e il proseguimento dei rapporti tempestosi che oppongono padre e figlio.
Inoltre lo studente adotta il medesimo atteggiamento contestatore nei confronti del
professore d'estetica, bench� non sia oggetto di alcuna vessazione. Come molti
giovani nei riguardi della generazione che li precede, si impone opponendosi. Quel
che � peggio, in un'epoca che conosce il surrealismo, Ionesco, che veniva chiamato
�il pazzo di Dragomirescu� si compiaceva di esibirsi regolarmente in duelli
oratori, in �spettacoli-provocazione� dinanzi ai suoi compagni, tra i quali figura
Rodica Burileanu, sua futura moglie (66). Dragomirescu, autore di una "Scienza
della letteratura" (1926) e di una Teoria della poesia, secondo il drammaturgo era
un uomo rigido dalle idee immutabili. A torto o a ragione, Ionesco lo percepiva
come l'incarnazione universitaria dell'autorit� e dell'accademismo. Oggi tuttavia
ritiene che, su un punto, Dragomirescu fosse all'�avanguardia� poich� non stabiliva
alcun rapporto semplicistico fra l'opera e la vita (67), fra l'"Io sociale" e l'"Io
profondo" (68). Su questo piano la posizione di Dragomirescu era dunque vicina a
quella adottata da Proust in "Contro Sainte-Beuve", pubblicato postumo nel 1954.
Oggi, Ionesco dice di Dragomirescu: �Lui, difendeva il suo sistema, io gli lanciavo
in faccia Croce che a quel tempo stavo leggendo� (69). L'autore del "Breviario di
estetica" e dell'"Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale"
esercit� su di lui un'influenza profonda e duratura, visto che il drammaturgo
sottoscrive ancora pienamente l'idea �che il valore e l'originalit� si confondono,
ossia che tutta la storia dell'arte � la storia della sua espressione�. In
"D�couvertes" Ionesco soggiunge: �Croce mi aveva insegnato che contenuto e forma
sono un'unica e medesima cosa nell'espressione, una sintesi vivente, l'espressione
essendo dunque una struttura, come si dice adesso� (70). Infine Croce si sforza di
scoprire l'originalit� profonda e inaspettata dell'opera, poich� essa, e non le
interpretazioni divergenti dei critici, ne costituisce il valore. Allievo
eccellente, Ionesco radicalizzer� questa posizione in "Non" dove metter� in
evidenza lo straordinario, elemento essenziale a qualsiasi opera letteraria di
valore (71).
L'anno 1928 registra anche l'ingresso dello studente nel mondo letterario.
Collabora difatti a �Zodiac� ed alla rivista �Bilete de papagal�, diretta da Tudor
Arghezi. Tre anni dopo, pubblica un volumetto di versi mediocri intitolato "Elegie
per esseri minuscoli" (72) (1931), che rivela l'influsso di Francis Jammes e di
Maeterlinck. Queste poesie giovanili sono improntate a semplicit�, ingenuit� e ad
un tono elegiaco che non lascia presagire n� il polemista n� il drammaturgo a
venire. A titolo d'esempio citiamo "Animismo":

"Le stelle mi parlano


e mi amano.

Tra i fiori celato


qualcuno ha lacrimato.

Celato dietro l'albero


ride la voce d'uomo.

Il sentiero � sognante
la luna vigilante.
E le pietre sussurrano
per non essere calpestate (73)".

Pur collaborando a diversi periodici, Ionesco continua gli studi di francese.


Questi si concludono nel 1934 con il conseguimento della "Capacitate" (74). La
partecipazione al mondo dell'editoria gli ha fatto scoprire gli ambienti letterari,
i loro grandi progetti e i loro calcoli meschini. Frequenta i celebri collaboratori
del settimanale �Vremea� (�Il Tempo�), in particolare Tudor Arghezi; il poeta e
matematico Ion Barbu e il critico Eug�ne Lovinescu. Si accosta anche ai membri del
gruppo Criterion al quale aderiscono �mile Cioran, Mircea Vulcanescu e il brillante
leader della giovane generazione, l'orientalista-romanziere Mircea Eliade.
Nel 1934, Ionesco pubblica "Non" (75), opera curiosa, insolente e polemica,
composta di scritti redatti fra il 1930 e il 1933, che gli merita ad un tempo la
notoriet� fra i suoi pari e il premio delle Edizioni delle Fondazioni regie.
L'atteggiamento contestatore che si era manifestato nei confronti del padre e del
suo professore d'estetica, viene portato alle estreme conseguenze; prova ne � la
scelta del titolo. Cinquant'anni pi� tardi, rileggendo il lavoro alla vigilia della
sua traduzione francese, Ionesco preciser�: �Queste pagine [...] erano l'opera di
un adolescente arrabbiato, il che spiega la loro violenza sovente ingiusta e i
paradossi a volte eccessivi [...]. Ma, accanto alle goffaggini e a qualche
incoerenza, quel che � stato detto allora, nelle affermazioni pi� profonde, pi�
spirituali, ho continuato a dirlo e a scriverlo per tutta la mia vita, e lo direi
ancora oggi� (76). Poco importa che l'�adolescente� avesse quasi venticinque anni!
Ci� che conta � il fatto che l'uomo maturo non rinneghi affatto lo spirito profondo
della sua giovinezza e visi riconosca tuttora, e che gli scritti successivi ne
restino imbevuti.
Non, opera che contiene due risvolti, rivela anzitutto un Rastignac (77) letterario
che maltratta tre celebrit� romene, due poeti - Arghezi e Ion Barbu - e un
romanziere, Camil Petrescu. Di volata, l'autore scortica il critico Serban
Cioculescu, colpevole di averlo contraddetto. Qua, critica e reazione epidermica
vanno di pari passo, visto che le celebrit� che Ionesco prende di mira non hanno
nulla di soprannaturale: egli le frequenta, le valuta e svaluta. E cos� Arghezi,
che aveva pubblicato i �biglietti� di Ionesco nella rivista di cui era direttore,
passa per �poeta meccanico, privo di emozioni�, la cui poesia � superata persino
come tecnica. Puro e duro, Ionesco mette al bando, secondo la logica impulsiva del
tutto o niente, e in nome dell'autenticit�, qualsiasi forma di eclettismo.
Polemista temibile, assalta, accusa, assedia, adopera con uguale disinvoltura
l'ironia, il paradosso, la riduzione all'assurdo. Insomma dice �no� in tutte le
solfe, mille volte �no� al pensiero �preconfezionato�, ai luoghi comuni della
letteratura e della critica, ai compromessi, alle convenzioni ed alle regole
imposte dalla societ�. Bisogna aver il coraggio di non pensare come gli altri, aver
il coraggio di innovare, distinguersi, farsi prendere di mira. La critica abbandona
qui i canoni dell'analisi classica che aspira alla simpatia e alla comprensione. Il
giovane Ionesco giudica di primo acchito, compiacendosi nel ricordarci che la
comprensione, sia pure uscita da un'ennesima lettura, non pu� pretendere di essere
oggettiva. Forse che essa non promana da un Ionesco camaleontico, mobile e
multiplo, da una formazione-deformazione, da pregiudizi e preferenze? Tanto vale
allora proclamare a voce alta l'arbitrio della critica: �Questi pregiudizi si
chiamano criteri, metodi, dogmi, principi, sensibilit� estetica raffinata, gusto
letterario collaudato, storia della letteratura e simili "occulta opere"� (78). Se
le cose stanno cos�, perch� rinunciare al piacere di prendere in giro la gente,
mostrando il proprio virtuosismo nell'arte della contraddizione - e ridendo?
Il lavoro evidentemente sollev� scandalo, come Ionesco si augurava. Di l�
dall'interesse storico che possono presentare i preconcetti d'una cultura
relativamente poco nota, can che oggi importa sono le qualit� letterarie e
intellettuali che Non rivela. Questa raccolta eteroclita appare come una sorta di
prefigurazione delle opere successive. Vera e propria accozzaglia, specie nella
seconda parte intitolata "Faux itin�raires critiques" ["Falsi itinerari critici"],
mette assieme confutazioni, pagine di diario, intermezzi comici o satirici, saggi
sul genio, sulla coincidenza dei contrari, per terminare con un �finale
melodrammatico� dal titolo "La Mort mensonge" ["La Morte menzogna"]. Vediamo dunque
come Ionesco ceda sia alla fabulazione che alla riflessione, e ci consegni cos� le
sue idee, i suoi sentimenti e le sue emozioni. A volte ci mostra un personaggio che
si compiange con umorismo, ben noto al lettore di "Il re muore": �Dio mio, dio mio
aiutami, sono cos� infelice, anch'io ho voglia di gridare come un'amantamorosa
abbandonata� (79).
La preoccupazione di stupire, di valorizzare l'effetto, l'insolito - anzi, �lo
straordinario� - che avr� una parte preponderante nella sua opera successiva, � gi�
presente in "Non" cos� come la propensione alla confidenza, se non alla
confessione. Ma su questo terreno Ionesco, come Rilke e Beckett, si scontra con la
resistenza del materiale, con l'inadeguatezza del linguaggio che �tradisce�
l'interiorit� (80). Egli scrive: �L'espressione non racchiude neppure una briciola
della mia essenza intima, della mia unicit� [...]. Come posso distinguermi? Come
posso cogliermi ed esprimermi se l'espressione esiste solo per essere manifestata,
per esprimermi, per rendermi accessibile a tutti e per generalizzarmi?� (81).
A queste preoccupazioni che spesso appartengono alla metafisica del linguaggio, si
aggiunge l'affermazione categorica della coincidenza dei contrari, idea sostenuta
lungo i secoli da Eraclito, Bruno, Vico e Jarry. Ionesco si avvia gi� per la strada
che, in "Vittime del dovere", istituisce quella logica della contraddizione
raccomandata dal suo compatriota Stefano Lupasco, una �psicologia degli
antagonismi� che mette in soffitta la �psicologia di un Paul Bourget�. In questa
prospettiva, �il tragico diventa comico, il comico tragico� (82). Nel 1934 l'autore
non sostiene ancora con nettezza questo principio ma gi� riconosce: �Se ho
cominciato a scrivere, � stato per spirito di contraddizione. Questa tendenza �
talmente radicata in me, consustanziale al mio essere, che mi metto a combattere le
mie proprie idee, per poco che le riscontri negli altri� (83). Sicch� non sorprende
che la realt� si presti a interpretazioni opposte. La gioia e la tristezza - non
scrive ancora il comico e il tragico - sono il diritto e il rovescio d'un medesimo
fenomeno (84). Affermazione che Ionesco continuer� a ripetere negli anni cinquanta.
Cos�, il "vissuto psichico � all'origine di una tecnica drammatica, quella del
�contrappunto�". Allo stesso modo, la fedelt� all'espressione del vissuto incita
Ionesco a lodare il diario intimo e a mettere al bando tragedia e romanzo. Questi
generi sono �falsi [...] inetti a rappresentare la vita� (85) perch� si fondano
sulla logica degli avvenimenti, dei momenti privilegiati dell'�eroe� (86). Falsa,
perch� la prospettiva prescelta elimina quasi del tutto la vita. E Ionesco
sottolinea con ironia: �Sono sempre stato molto curioso di sapere cosa mai un eroe
tragico o romanzesco possa fare nelle ore della giornata nelle quali non � pi�
"eroe" e fa solo quel che gli salta in testa� (87).
Dopo aver trattato il problema della coerenza artistica, "Non" affronta quello
della logica. Unita ad una miopia intellettuale e ad una cocciutaggine illimitata,
l'applicazione della logica ad un argomento insignificante appare come il colmo del
ridicolo. Nel terzo intermezzo intitolato "Il quadrifoglio", Ionesco rivela una
buona vena satirica mettendo in scena quattro logici in concorrenza fra loro.
Costoro prefigurano il bizzarro personaggio che, in "Rinoceronte" (88), disserta
dottamente sui rinoceronti unicorni e bicorni. Con un'ostinazione spinta
all'assurdo, questi sapienti venuti dai quattro angoli della terra si accapigliano
per stabilire la percentuale dei quadrifogli esistente in natura, con tale foga che
il litigio ben presto assume le dimensioni d'un conflitto esteso a tutto il
pianeta. E cos� la dismisura �rinocerontica�, qui gi� evidente, si sviluppa secondo
un meccanismo che � ad un tempo metonimico e iperbolico, meccanismo di nuovo
all'opera in "Rinoceronte", "L'ira" (89) e "Scena a quattro" (90).
Non termina con una conclusione intitolata: "La Mort mensonge". Il titolo �
doppiamente rivelatore: da un lato, sottolinea il "Leitmotiv" che era stato
presentato burlescamente nell'intermezzo numero uno: �Morir�. Mo-o-rir�. Mo-o-ri-
r�. Mo-o-o-o-o-ri-r�. Impossibile!� Dall'altro, la riflessione � basata
sull'assioma: �Tutto ci� che si pu� nominare [...] si situa al di fuori del vero
[...]� (91). Ne consegue che la morte, questa parola angosciosa, � soltanto
menzogna. Questo gioco di destrezza linguistica non convince evidentemente nessuno,
nemmeno l'autore (92).
Preso nel suo complesso, "Non" appare una raccolta eteroclita che condanna
apertamente la cultura romena, giudicata provinciale, artefatta, priva di interesse
(93). Fuorilegge della critica ma anche umorista di talento, Ionesco striglia i
contemporanei, gli assesta i suoi paradossi, li colpisce con l'ironia e la
derisione. Quest'opera senza apparente unit� � per� il frutto d'una strategia
deliberata, confessata, esibita: bisogna aver il coraggio di non pensare come gli
altri, di vivere l'esperienza-limite che consente di rimettere tutto in
discussione. Issato sullo scudo della singolarit�, Ionesco sollecita e sfida lo
sguardo dell'altro: per essere bisogna essere riconosciuti, idea accettata sia da
Berkeley sia da Beckett e dall'antropologo G. H. Mead. L'Io �schizoide� si esprime
allora liberamente nella coincidenza dei contrari. Si abbandona alle confidenze sui
temi favoriti, raccolti in coppie antitetiche: il linguaggio e l'autorit� dell'Io,
la vita e la morte, il buon senso e la logica dell'assurdo, l'insolito e il banale,
la cultura romena e la cultura sovranazionale.
"Non" rivela altres� nel giovane autore l'ambizione di trasformare il suo colpo da
maestro in un colpo di genio. Vuole aver successo e se ne assume i rischi, cosa che
un critico affermato non potrebbe fare impunemente. Il gusto del rischio - che non
esclude la seriet� - si allea alla sfida, alla lotta e all'ardore. Simile al
buffone del re, il critico sceglie i bersagli ed incarna la coscienza ironica.
Ponendosi al di fuori delle norme e delle convenzioni sociali, mette in ridicolo
l'autorit�, i difetti e gli abusi. Ionesco prima di Ionesco � dunque gi� Ionesco -
senza la maturit�, senza l'opera drammatica che gli dar� fama mondiale, ma gi� con
il suo genio e le sue carte da giocare.
Dopo "Non", il giovane autore tenta di scrivere "Vita grottesca e tragica di Victor
Hugo". Abbozzo rimasto incompiuto, pubblicato nel 1935-36 in forma di frammento
sulla rivista �Ideea Rom�neasca�, � la biografia ironica d'una celebrit� che
detesta. �Ma tutta la sua letteratura, - afferma, - � vuota; e l'eloquenza
letteraria - un tradimento dell'emozione� (94). Quanto alla vita, �
un'illustrazione della sua doppiezza verso Ad�le e Juliette, del suo opportunismo
politico, della volont� di riuscire, dell'istrionismo: �Comunque e dovunque, Victor
Hugo non poteva e non doveva cessare di essere Victor Hugo� (95). Ionesco
sottolinea il delirio verbale ed i luoghi comuni, smaschera il bluff in tutte le
sue forme, e lo fa in modo ludico, con un talento comico e incisivo che sfrutta
paradosso, caricatura e riduzione all'assurdo. Mostra cos� una sorprendente
immaginazione creativa e un dono polemico che ritroveremo nelle sue opere francesi.

Un periodo tormentato.

Il periodo che inizia negli anni venti e si conclude nel 1940 corrisponde
all'ascesa del fascismo. L'epidemia ideologica, in Romania, � incarnata dalla
Guardia di Ferro. La cerchia intorno a Ionesco, il suo stesso padre, cedono al
fascino esercitato su di loro dalla nuova mitologia che ha invaso media, politica,
governo, polizia ed esercito. Lo slogan alla moda � �tutto per lo Stato, tutto per
la Nazione, tutto per la Razza� (96). Lo Stato, la razza bianca, la �purezza�,
l'ordine, la forza e la vitalit� vengono divinizzati. Cioran fa rivivere, in
"Storia e utopia", lo spirito dell'epoca. Parlando del suo passato romeno egli
scrive: �Ero giovane e non potevo ammettere altre verit� che le mie, n� concedere
all'avversario il diritto di avere le proprie, di farle valere o di imporle. Che i
partiti potessero affrontarsi senza annientarsi superava le mie capacit� di
comprensione. Vergogna della specie, simbolo di un'umanit� esangue, senza passioni
n� convinzioni, inadatta all'Assoluto, priva di avvenire, limitata sotto ogni
aspetto, incapace di elevarsi a quell'alta saggezza che mi insegnava che l'oggetto
d'una discussione era la polverizzazione del contradditore - cos� io consideravo il
regime parlamentare. E, in compenso, i sistemi che lo volevano eliminare per
sostituirvisi mi sembravano belli senza eccezione, all'unisono col movimento della
Vita, la mia divinit� d'allora [...]. Convinto che i mali della nostra societ�
provenivano dai vecchi, avevo concepito l'idea di liquidare tutti i cittadini
superiori alla quarantina, inizio della sclerosi e della mummificazione, svolta a
partire dalla quale, mi compiacevo di pensare, ogni individuo diventa un insulto
alla nazione e un peso per la collettivit� (97). Certo, la voglia di suscitare lo
sdegno � ricorrente in Cioran, se non cronica, ma gli eccessi dell'epoca sono
nondimeno reali.
Circa trent'anni dopo, nel 1958, questo periodo offre a Ionesco il materiale per
una commedia fondamentale: �Sono stupito, scrive nel diario, nel constatare fino a
qual punto tutto questo assomigli alla mia commedia "Il rinoceronte". E' proprio
questa la genesi della commedia. Solo poco tempo fa, riprendendo in mano certe
vecchie pagine del mio diario, ho scoperto che li chiamavo rinoceronti, cosa che
avevo completamente dimenticata [...]� (98).

Letture formatrici.

Su un piano del tutto diverso, quello delle letture di formazione, il periodo che
precede il 1940 non � privo di interesse (99). Ma in questo ambito � necessaria la
massima circospezione: � impossibile datare con certezza le letture di Ionesco e
quindi valutare con sicurezza le influenze subite. Pu� darsi che il drammaturgo le
sopravvaluti o le svaluti o le dimentichi, visto che i loro effetti sono stati pi�
o meno duraturi, pi� o meno profondi. Inoltre il ricordo di queste influenze �
tinto affettivamente dalla sua memoria, che come quella di ognuno di noi, funziona
necessariamente in modo selettivo.

Tenuto conto di tutto ci�, Ionesco pensa di essere stato colpito da Alain-Fourn�er,
G�rard de Nerval, Proust e Flaubert: �Mentre leggevo "Un cuore semplice", - egli
confida al suo interlocutore, - ebbi d'un tratto la rivelazione di quel che � la
bellezza letteraria, la qualit� letteraria, lo stile [...]. Avevo capito la
letteratura: non � la storia a contare, ma soprattutto come � scritta� (100). In
"D�couvertes" aggiunger�: �E' Flaubert ad avermi fatto comprendere che la
letteratura non consiste in ci� che si dice ma in una certa maniera di dirlo, in
una certa qualit� che rimane indefinibile, ancora oggi, forse sempre� (101). Di
Flaubert, ricorda anche "L'educazione sentimentale", che �mette in ridicolo i
luoghi comuni� (102). Apprezza inoltre le "Favole" di Perrault, "La bella
avventura" di Robert de Flers, "La dodicesima notte" di Shakespeare, "La teoria
della poesia" di Dragomirescu, i romanzi di Alessandro Dumas padre, "Enfantines" di
Val�ry Larbaud, qualche poesia di Mallarm�, di Rimbaud e di Lautr�amont (103). Tra
gli scrittori romeni - che fanno la figura di parenti poveri - ricorda Caragiale e
l'autore di "Ricordi d'infanzia", Creanga, di cui assapora l'umorismo. Questo breve
sguardo panoramico rivela dunque che Ionesco � attirato pi� da �i poeti e i
romanzieri che non dai drammaturghi� (104).
Alle letture ora citate, vanno aggiunte quelle dei mistici. L'autore menziona
Dionigi l'Areopagita, san Giovanni della Croce, san Gregorio e i bizantini, gli
esicasti (105), santa Caterina da Siena (106) e La Filocalia (107). Delle letture
mistiche, gi� lo sappiamo, conserva �la presenza della luce�, il suo splendore, la
trasformazione che opera sul mondo (108), il benessere che irradia, la luce che
illuminer� molte delle sue commedie. E' inoltre sensibile a Plotino che, come lui,
si vergogna del suo corpo e della sessualit� (109), sentimento concretato
nell'opera dall'immagine dello sprofondamento nel fango, nella materia. Rivolge lo
sguardo anche verso il buddhismo per il quale sente delle affinit� (110). Conosce
del resto la tesi di Eliade sulla psicologia yoga (111).
Scrittore eclettico, si interessa a due filosofi, il russo Shestov, le cui opere
rispecchiano l'esperienza dell'assurdit� e della tragicit� esistenziale, e
Schopenhauer, che dedica la terza parte del "Mondo come volont� e rappresentazione"
(112) all'arte, al piacere estetico, alla tragedia percepita come forma suprema
della poesia. Infine, nell'ambito storico, legge Spengler il cui "Tramonto
dell'Occidente" (113) si fonda su una concezione insieme ciclica e pessimistica
della Storia.
Considerato nel suo complesso, il periodo che va dagli anni venti al 1940
costituisce una tappa decisiva nella formazione di Ionesco. Almeno due autori
paiono aver funzione di reagenti: Flaubert e Croce, che indirizzano durevolmente il
suo pensiero verso la forma e lo stile, verso l'originalit� autentica. Croce
stimola il talento critico dello scrittore, e Flaubert, che mette in ridicolo gli
stereotipi e i luoghi comuni, ridesta in lui la coscienza ironica e comica che si
esprimer� liberamente in commedie quali "La cantatrice calva", "Jacques ovvero la
sottomissione" e "L'Improvviso dell'Alma".
Questo periodo, infine, testimonia una ricerca della dimensione metafisica, che
far� da sostrato a "La fame e la sete", ossia della spiritualit� che conferisce
speranza e profondit� all'esistenza. Ionesco cede allora ai richiami
dell'affettivit� ed al fascino di ci� che il senso comune non pu� spiegare
razionalmente. Le sue preferenze vanno al misticismo, alla satira, all'estetica e
alla critica. La formazione ch'egli acquisisce in questi campi sar� messa a frutto
pi� tardi. Le brillanti polemiche che lo metteranno a confronto con l'attualit�, e
la drammaturgia originale che gli dar� una rinomanza mondiale, stanno a
testimoniarlo.

Nella tormenta.

Gli anni di formazione - che sono anche anni di creazione e di riflessione critica
- corrispondono in parte al periodo tormentato che dilania l'Europa ed insedia
ideologia, violenza e paura nella vita quotidiana. La Romania appare vieppi�
affascinata dall'autorit�. La Guardia del Paese, organizzazione paramilitare,
ottiene il 15,5 per cento dei voti alle elezioni del dicembre 1937. Il 10 febbraio
1938, il re Carol Secondo istituisce la dittatura; il 17 viene proclamatolo stato
d'assedio e, il 20, una nuova costituzione assicura la supremazia del monarca,
abolisce la separazione dei poteri, restringe le libert� e i diritti dei cittadini.
Infine, il 31 marzo, un decreto scioglie tutti i partiti e le associazioni
politiche. Nel frattempo, le divisioni tedesche hanno invaso l'Austria. La
proclamazione dell'Anschluss avviene il 15 marzo.
Ionesco tenta di lasciare la Romania come Cioran che, nel 1937, si � trasferito a
Parigi. �Ritornare in Francia � il mio solo scopo, disperato� (114). Una borsa di
dottorato dell'Istituto francese di Bucarest gli consente di realizzare questo
desiderio.
Rimane per� in contatto con parecchie riviste romene alle quali continua a
collaborare. Costretto a rientrare a Bucarest quando la Romania entra in guerra,
riprende le sue funzioni di insegnante. Tuttavia, nel maggio 1942, Eug�ne e Rodica
riescono a rientrare in Francia e si rifugiano nella zona libera, a Marsiglia. La
loro esistenza � precaria: non fruiscono n� della nazionalit� francese, n� di mezzi
sufficienti ad assicurare la sopravvivenza quotidiana. Ionesco vivacchia traducendo
documenti per la legazione romena installata a Vichy.
La situazione non � certo propizia alla creazione letteraria. Del resto, perch� mai
scrivere? Il mondo va alla deriva e gli editori, a corto di carta e intralciati
dalla censura, preferiscono attenersi a valori affermati. Ciononostante Ionesco
tiene un diario (ne pubblicher� qualche estratto nel 1968 in "Passato presente") e
traduce, in collaborazione con Gabrielle Cabrini, "Il Padre Urcan" di Pavel Dan.
Con l'aiuto di Varie Voronca, traduce anche alcuni poeti romeni per �Les Cahiers du
Sud�. Voronca si addossa la maggior parte del lavoro, lavoro ch'egli non pu�
firmare perch� � ebreo (115). Ionesco stringe amicizia con uno dei pilastri della
rivista, Jean-Gabriel Gros, e con una piccola cerchia di letterati che simpatizzano
per la Resistenza, tra i quali figurano Jean Ballard e Jean Tortel.

Nuovi esordi.

Nel marzo 1945, si sistema a Parigi nel XVI arrondissement e si impegna nella
traduzione del poeta Urmuz. Per sopperire ai propri bisogni, lavora come
magazziniere da Ripolin. Dal 1948 al 1955, fa il correttore di bozze in una casa
editrice medica e giuridica.
Nel 1949, scrive "La cantatrice calva", traduzione rimaneggiata di un abbozzo
redatto durante la guerra: "Englezeste fari profesor" ("L'inglese senza
insegnante"). Questa commedia destinata a stabilire un record - pi� di diecimila
rappresentazioni dal 1957 al 1987 - passa pressoch� inavvertita alla prima messa in
scena (116). Solo alcuni letterati, e in particolare Jacques Lemarchand, ne
apprezzano lo spirito e la novit�. Vero � che le condizioni della rappresentazione
paiono fatte apposta per scoraggiare il pubblico: il sipario si alza alle 18, la
rappresentazione delle 21 essendo riservata a "L'eccezione e la regola" di Brecht e
al "Custode della cripta" di Kafka. L'originalit� della "Cantatrice calva" viene
dunque poco apprezzata, bench� si iscriva nella scia degli "Esercizi di stile" di
Queneau (1947), delle opere di Jarry e del "Dizionario dei luoghi comuni" di
Flaubert. Tartassato dall'aggressivit� dell'autore, il pubblico pensa ad uno
scherzo di cattivo gusto. Chi viene preso in giro? La cantatrice annunciata dal
titolo non compare, la presenza del pompiere resta inesplicabile e il finale - se
mai ve n'� uno - si basa su ripetizioni a catena, concatenazioni fonetiche ed
aforismi vociferati ad un ritmo parossistico.
Oggi, l'atteggiamento del pubblico � profondamente cambiato. Questa commedia,
rappresentata quotidianamente dal 1957 (117), ha conquistato il mondo intero. Chi
non conosce il signore e la signora Smith o lo sketch sbalorditivo del signore e
della signora Martin, coniugi curiosi che, per tutta la durata d'un'insolita scena
di riconoscimento, portano al colmo l'improbabile e l'incredibile? Chi ignora un
finale composto da un accumulo di flagranti evidenze e di falsi proverbi (�Non si
lucidano gli occhiali con il lucido da scarpe�) e di una retorica quotidiana
infarcita di stereotipi (�Quando si dice s�, si fa per dire�)? L'abile
manipolazione del linguaggio diventa gioco ludico, se non stramberia (�Meglio il
latte a cose fatte, che un pazzo in un palazzo�; �Prendete un circolo, coccolatelo,
diventer� vizioso!�) (118). Servendosi dimezzi diversi - la sorpresa, l'ironia, il
non-senso e la caricatura -, Ionesco protesta, ma sorridendo, contro un doppio
conformismo: quello della �borghesia� e quello del teatro cosiddetto
�tradizionale�. Del resto, fin dal 1953 sostiene: �Sono per l'antiteatro, nella
misura in cui l'antiteatro pu� essere un teatro antiborghese e antipopolare [...]�
(119). In tali condizioni, c'� da stupirsi se Andr� Breton e Benjamin P�ret hanno
visto nel tentativo di Ionesco un'opera d'aspirazione surrealista? (120)

Ionesco e l'�avanguardia�.

"La cantatrice calva", che reca come sottotitolo �anticommedia�, e la sua gemella,
"La lezione", segnano una svolta decisiva nella storia del nuovo teatro. Questo
nuovo teatro emerge, beneficiando del sostegno d'una generazione di registi quali
Roger Blin, Jacques Mauclair, Nicolas Bataille e Jean-Marie Serreau, con "Le serve"
(1947) di Genet, le commedie di Tardieu, "L'invasione", "La grande e la piccola
manovra" (1950) di Adamov e con "Aspettando Godot" (1952) di Beckett che, forte
delle sue trecento repliche, costituisce un avvenimento teatrale (121). La maggior
parte di questi drammaturghi, le cui opere vengono comodamente raggruppate nella
categoria �antiteatro� o �avanguardia�, passano per iconoclasti. Scrittori
marginali sia sul piano letterario che su quello sociale, impregnati di culture e
letterature diverse, essi recano un soffio nuovo. Respingono, con tanta maggiore
intransigenza in quanto privi d'esperienza, le tecniche usate dai fratelli
maggiori. Il loro rifiuto si colloca in una logica che riecheggia quella di
innovatori tanto diversi quanto Jarry, Apollinaire, Artaud, i surrealisti, ed un
iconoclasta che potrebbe essere il loro avo, l'autore di "Bouvard e P�cuchet" e del
"Dizionario dei luoghi comuni".
Al pari dei loro predecessori, i nuovi venuti insorgono contro le convenzioni
superate, il gi� fatto, il gi� visto. Certo, non vestono tutti il medesimo abito ma
si servono dallo stesso sarto. Quel che li unisce, � ci� a cui si oppongono:
avversano il didascalicismo e l'�impegno�, che ai loro occhi snaturano �l'arte�; si
svincolano da pensatori quali Sartre, Camus e Simone de Beauvoir. Per parte sua,
Ionesco proclama il suo orrore per i messia di ogni tipo perch� �un'opera d'arte
non ha nulla da spartire con le dottrine� (122). �Proprio il conformista, il
piccolo-borghese, l'ideologo di qualunque "societ�" sono perduti, disumanati. Se
qualcosa deve essere demistificato, sono proprio le ideologie che offrono soluzioni
precostituite (gli alibi provvisori dei partiti al potere) e che, inoltre, il
linguaggio cristallizza, fissa� (123).
I nuovi arrivati girano anche le spalle al realismo-naturalismo, accusato di
mostrarsi in sembianze chiaramente sprovviste d'arte. Senza accarezzare il sogno
�faubertiano� di approdare ad un'opera di pura forma - un �libro su nulla� -
esigono il primato della stilizzazione, della �presa di distanza�, della visione
artistica. Cos� Ionesco pu� dichiarare nel 1953: �Vorrei, qualche volta, da parte
mia, poter spogliare l'azione teatrale di tutto ci� che essa ha di particolare;
l'intreccio, i tratti accidentali dei personaggi, i loro nomi, la condizione
sociale, l'ambiente storico, le ragioni apparenti del conflitto drammatico, tutte
le giustificazioni, tutte le spiegazioni, tutta la logica del confitto. Il confitto
esisterebbe, altrimenti non ci sarebbe teatro, ma non se ne conoscerebbero le
ragioni� (124).
Come Andr� Gide e Andr� Breton (125), i nuovi drammaturghi evitano la psicologia.
L'antipsicologismo militante si giustifica in parte come reazione ad una tradizione
potente in un paese che, da Madame de Lafayette in poi, ha talmente privilegiato
l'analisi dei moti del cuore che Adamov si dichiarava �nauseato soprattutto dalle
commedie dette psicologiche che ingombravano e ancora ingombrano tutti i
palcoscenici� (126). In realt�, quel che si rifiuta non � tanto la �psicologia�
quanto la sua applicazione semplicistica. Come sottolinea Umberto Eco: �Nel rifiuto
dell'intreccio si attua il riconoscimento del fatto che il mondo � un nodo di
possibilit� e che l'opera d'arte deve riprodurne questa fisionomia� (127).
Infatti la psicoanalisi ha modificato notevolmente il modo di concepire il mondo ed
i nuovi drammaturghi ne sono del tutto consapevoli. Beckett, ad esempio, �
influenzato da Jung, soprattutto dal saggio intitolato "Psicologia e poesia",
pubblicato nel 1930 dalla rivista �Transition�. Dovendo per di pi� fronteggiare
sofferenze psicosomatiche che gli rendono insopportabile l'esistenza, egli comincia
un'analisi con il dottor Wilfred Bion nella celebre Tavistock Clinic di Londra;
analisi che durer� due anni: 1934, 1935. Dal canto suo, Adamov, che � tormentato da
sensi di colpa, masochismo e impotenza sessuale, traduce "L'Io e l'inconscio" di
Jung (1938). Quanto a Ionesco, fin dal 1933-34 si ispira alla psicanalisi in un
capitolo di "Non" intitolato "Id�es t�te-b�che" ["Idee capovolte"] (128).
Allo stesso modo, i nuovi drammaturghi volgono le spalle ad un teatro che trascura
i contributi del "Teatro e il suo doppio" (129) e riserva troppo spazio al dialogo.
Gli rimproverano di semplificare il reale, di ridurre la comunicazione al dialogo
mentre essa dovrebbe percorrere tutti i registri. Agli albori degli anni cinquanta,
Ionesco e i suoi colleghi fondano dunque un teatro che rivendica la propria
specificit�. Arte composita, dialogata, spazializzata, temporalizzata,
spettacolarizzata, che �sensorializza� la comunicazione sfruttando appieno la
gestualit�, la cinesi, la prossemica, i rumori e le luci. Lungi dall'essere l'unico
mezzo d'espressione drammatica, la parola ne � solo uno fra i tanti.
Il rifiuto della psicologia e del teatro dialogato illustra chiaramente la volont�
d'innovazione di ci� che allora si chiamava �avanguardia�. Questa vuole farla
finita con pratiche che ritiene antiquate e con la visione del mondo che vi �
sottesa. Cos� questo teatro critico, il quale pretende che il �contenuto� e la
�forma� coincidano e che riflettano la �metafisica� dell'autore, fa
dell'innovazione radicale una condizione sine qua non: l'opera �� importante nella
misura in cui inventa le proprie regole� (130). Questa affermazione di Ionesco
calza perfettamente a commedie quali "La cantatrice calva" e "Aspettando Godot".
Considerate sotto l'angolo visuale della storia del teatro, queste commedie
occupano un posto fondamentale. Da un lato, contribuiscono a modificare i gusti
d'un pubblico nutrito dalle commedie di Giraudoux, Anouilh, Claudel, Camus, Sartre
e Montberlant; dall'altro, colmano in parte il ritardo che sempre il teatro
registra nei confronti della pittura, della scultura e della musica
d'�avanguardia�. Infine, "La cantatrice calva", "Le sedie" e in seguito
"Rinoceronte" costituiscono per Ionesco una occasione di riflessioni feconde sulla
drammaturgia, le tradizioni e le possibilit� d'innovazione. Poco alla volta, la
teoria scaturisce dalla pratica, e viceversa. Cos�, dopo l'insuccesso della
Cantatrice calva (1950), Ionesco registra le sue osservazioni nel diario (aprile
1951). Pi� tardi, nel 1958 - ed ha gi� raggiunto la fama - ritorna sulla commedia e
la considera sotto l'aspetto della �tragedia del linguaggio�. Nel 1959, infine,
getta uno sguardo retrospettivo sulla �nascita della cantatrice� (131). Queste
analisi critiche che illuminano il pubblico, chiariscono le leggi proprie e le
caratteristiche profonde del suo teatro. Cammin facendo, grazie a Robert Kanters,
egli scopre l'esistenza nella sua opera di due linguaggi: �[...] parole che sono
frasi fatte, assai semplici, e qualcos'altro invece di molto straordinario, ai
confini del fantastico o addirittura nettamente fantastico� (132).

Bilancio degli anni cinquanta.

Questo periodo vede dischiudersi; fiorire e concludersi �l'avanguardia�. Il


successo senza precedenti della "Cantatrice calva" e della "Lezione" si iscrive in
un contesto pi� generale: la societ� francese vive un'autentica mutazione che ne
modifica i dati tradizionali. La nuova cultura convive bene con �l'avanguardia�,
ponendo cos� fine alla sua marginalizzazione. Il matrimonio riuscito si attaglia in
modo particolare a Ionesco che, pur rivendicando la propria originalit� e le
proprie convinzioni, rinuncia a ci� che vi era di utopico nelle sue aspirazioni. La
pratica e l'esperienza hanno operato un vaglio fra il possibile e l'impossibile.
D'ora innanzi, tradizione e rivoluzione si ricongiungono.
Secondo aspetto rilevante di questo bilancio: Ionesco � riuscito ad imporre la
propria immagine, immagine dalle molteplici sfaccettature poich� il polemista, il
portavoce del nuovo teatro e il drammaturgo originale si sfiorano e si confondono.
Queste esigenze che non escludono n� l'accortezza n� al gusto per il cambiamento,
lo inducono a ricorrere di volta in volta a registi diversi: Nicolas Bataille,
Marcel Cuvelier, Sylvain Dhomme, Jacques Mauclair, Jacques Poli�ri, Jean-Marie
Serreau, Robert Postec, Maurice Jacquemont, Jos� Quaglio e Jean-Louis Barrault.
Cos� facendo, Ionesco esercita, poco o tanto, la propria influenza sui
professionisti dello spettacolo - e viceversa.
L'immagine ch'egli si � creata, va sempre di pari passo con la volont� d'imporre
una persona. "Mutatis mutandis", Ionesco riprende a Parigi, ma con minore
imprudenza, il canovaccio che aveva sommariamente schizzato a Bucarest nel 1934 con
la pubblicazione di "Non". Talento, strategia e polemica fanno cos� di lui quel
personaggio controverso, non privo di ostentazione, che n� i giornali n� il
pubblico possono pi� ignorare.
Terzo aspetto del bilancio degli anni cinquanta: i diverbi di Ionesco con la
critica ideologica in un periodo particolarmente agitato suscitano prese di
posizione contrapposte. Effettivamente, quel decennio fu fecondo di avvenimenti.
Per convincersene, basta ricordare alcune date importanti. Nel 1953 si avvia la
destalinizzazione con la condanna e l'uccisione di Beria. L'anno 1956 vede
l'Ungheria invasa dai carri armati sovietici, e due colonie, il Marocco e la
Tunisia, accedere all'indipendenza; inoltre, per la seconda volta, un conflitto
armato oppone Israele ai paesi arabi. La spedizione anglo francese a Suez si
risolve in un fallimento. Ma i francesi risentono soprattutto dei contraccolpi
della guerra d'Algeria (1954-62), contraddistinta nel 1958 dall'arrivo al potere
del generale de Gaulle, in un'atmosfera febbrile che mobilita e divide il paese.
Nel 1960, la decolonizzazione si completa con l'accesso all'indipendenza di sedici
stati africani.

Bersaglio delle ideologie.


Su questa trama di fondo si sviluppano una serie di polemiche che vedono Ionesco
opporsi a taluni critici. Eppure, inizialmente, i loro rapporti erano buoni. Roland
Barthes e Bernard Dort, colonne della rivista �Th��tre populaire�, lo sostengono.
In lui prediligono il denunciatore del conformismo borghese, colui che, con sguardo
graffiante e umore beffardo, affranca il pubblico come fa Brecht con altri mezzi.
Ma presto auspicano che voglia misurarsi con le questioni sociali e politiche.
Ionesco non apprezza affatto i loro consigli troppo insistiti e rifiuta con energia
il �brechtismo� che si diffonde in Francia (133) e che gli appare riduttivo e
semplicistico. E' del tutto chiaro che, non appena sente odore di ideologia,
reagisce visceralmente. Certo il ricordo dell'ascesa del fascismo negli anni trenta
l'ha reso allergico ad ogni �rinocerontite� o a tutto ci� che considera tale.
Inoltre il suo carattere impetuoso e tutto d'un pezzo non sopporta alcun intralcio
alla libert� creativa.
Nell'autunno 1955, Ionesco sferra un contrattacco che compare su �L'Express� del 15
ottobre e il cui titolo riassume la sua posizione: "Mes pi�ces ne pr�tendent pas
sauver le monde" ["Le mie commedie non pretendono di salvare il mondo"]. Per parte
sua, il 20 ottobre, Bernard Dort pubblica sul �France Observateur� un articolo
intitolato "Ionesco: de la r�volte � la soumission?" ["Ionesco: dalla rivolta alla
sottomissione?"].
Nel febbraio 1956, in "I miei critici ed io" (134), Ionesco fa il punto della
situazione. Ha l'impressione che, qualunque cosa faccia, la critica non sia mai
soddisfatta: �Mi ero dunque sbagliato un'altra volta. Credetti allora, nonostante
tutto, di poter trovare una soluzione che non si prestasse pi� a nessuna
confusione: non scrivere una commedia, n� un dramma, n� una tragedia, ma
semplicemente un testo lirico, qualcosa di "vissuto"; proiettai sulla scena i miei
dubbi, le mie angosce profonde, li trasformai in un dialogo: dando corpo alle mie
contraddizioni; scrivendo con la pi� grande sincerit�, mi strappai le viscere;
scelsi il titolo: "Vittime del dovere". Mi considerarono un impostore, un umorista
da strapazzo� (135).
Alla fine, decide di ricorrere a quell'arma satirica potente ch'� la scena.
Riunendo assieme tre dei suoi critici - due uomini �di sinistra� ed uno �di
destra�, Bernard Dort, Roland Barthes e Jean-Jacques Gautier - ne "L'Improvviso
dell'Alma" (136) li mette alla berlina. Con ogni verosimiglianza, la commedia gli
fu suggerita da un articolo di Jacques Lemarchand dal titolo "Lo scolaro
provinciale e il Breviario di estetica teatrale" (137), il quale raffigurava due
dottori (nell'"Improvviso dell'Alma" diventeranno Bartholomeus Primo e Secondo) che
arrivano in Francia con il "Breviario di estetica teatrale" di Brecht in mano.
Forse a guisa di risposta, Dort pubblica un articolo di portata generale:
"L'avanguardia in sospeso" (138). Gli autori ch'egli passa in rassegna, Ionesco,
Artaud e Audiberti, a suo giudizio, fanno accedere il �piccolo-borghese�
all'�eternit� degli archetipi�, conferendo quindi al teatro convenzionale una
�profondit� mitica�. Il loro ruolo perci� non � n� educativo n� politico bens�
terapeutico poich� sgombra la scena da �ogni illusionismo� e libera il pubblico dai
suoi condizionamenti.
Ma la nozione di avanguardia provoca altre recrudescenze. Nel gennaio 1958, Ionesco
annuncia: "L'avanguardia non esiste a teatro" (139), e in aprile risponde
all'inchiesta delle �Lettres fran�aises�, intitolata "Che cos'� l'avanguardia?"
(140).
Ciononostante Ionesco non sfugge ai conflitti ideologici. Nel giugno 1958, essi
ricompaiono in occasione della �controversia londinese�. Un critico stimato,
Kenneth Tynan, aveva dapprima difeso Ionesco davanti al pubblico inglese. Ma,
conquistato dalle idee di Brecht (141) mentre "Le sedie" ottengono un notevole
successo al Royal Court Theatre, crede di rinvenire gli indizi d'un nuovo culto che
reputa pericoloso. Ionesco, egli sostiene, � �accolto come un messia� che fondi il
�teatro dell'avvenire�, un teatro che metterebbe per sempre al bando i valori
umanistici; la fede nella �logica e la fede nell'uomo� (142). Infatti, prosegue
Tynan, sottrarsi al realismo come fa Ionesco, induce a non credere pi� nell'uomo,
nella ragione, nel progresso, nella civilt�. Questo teatro sfocia dunque in un
vicolo cieco.
Punto sul vivo, Ionesco si impenna. I drammaturghi ai quali � stato negativamente
paragonato - Arthur Miller, Brecht e Sartre - secondo lui incarnano il teatro a
tesi, il conformismo �di sinistra�. Accusa allora Tynan di andare in cerca di
messaggi, di messia, di fondatori di religioni o di filosofie politiche. �Un'opera
d'arte, afferma categoricamente, non ha nulla da spartire con le dottrine� (143).
Portato facilmente all'esagerazione, soprattutto quando si arrabbia, soggiunge:
�Credo che ci� che separa gli uni dagli altri sia questa "politica", che fa sorgere
barriere fra gli uomini ed � una costante somma di malintesi� (144). Tynan dovrebbe
piuttosto demistificare le ideologie perch� esse non esprimono l'essenza dell'uomo
che trascende il sociale: �Ogni cosa deve continuamente essere riesaminata alla
luce delle nostre angosce e dei nostri sogni e il linguaggio immobile delle
"rivoluzioni" accettate deve essere senza sosta rifuso, alfine di ritrovare la
sorgente viva, la verit� originale� (145).
La controversia si trascina fino a luglio. Il 6 di quel mese Tynan risponde
sull'�Observer� di non attribuire una �missione� politica al teatro, di ammirare la
sincerit� e il talento del drammaturgo ma di dolersi del suo nichilismo. �La
posizione verso la quale si avvia Ionesco considera l'arte come una attivit�
assolutamente autonoma, che non ha e non "deve" avere nessuna comunicazione con ci�
che � estraneo allo spirito dell'artista� (146). Tynan rigetta questo solipsismo:
�L'arte, ribatte, si nutre di vita, come la critica si nutre d'arte� (147).
Infatti, continua, se Ionesco considera l'attivit� artistica un �mondo chiuso,
autonomo, responsabile solo di fronte alle proprie leggi�, ci� avviene perch�
�cerca di sottrarsi ad ogni giudizio di valore� (148).
Philip Toynbee s'intromette a sua volta nella controversia. Ionesco, egli sostiene,
conosce solo superficialmente il teatro di Arthur Miller, che non ha nulla del
conformista di sinistra. Quanto ad Orson Welles, egli s'ingegna a confutare gli
argomenti di Ionesco in uno spiritoso articolo intitolato "L'artista e il critico"
(149).
Questi replica un'ultima volta con "Il cuore non si porta in mano" (150).
L'�Observer� compera l'articolo ma rinuncia a pubblicarlo, forse a causa della sua
lunghezza (prende nove pagine del formato 11 per 16,5). Probabilmente ad una
cultura che tiene in gran conto il senso delle responsabilit� sociali, che
valorizza la tradizione empirica e pragmatica ed a cui l'autonomia dell'arte appare
illusoria, le questioni teoriche sembrano alquanto artificiose. In mancanza di
meglio, Ionesco si rivolge allora ai �Cahiers des saisons�, i quali pubblicano la
sua replica nell'inverno 1959.
Se il drammaturgo ha dei diverbi con la critica �di sinistra� per ragioni politiche
e sociologiche (con Barthes, Dort e Tynan), ne ha pure con rappresentanti
intransigenti �della destra�, che sono urtati nella loro suscettibilit� e nel senso
dei valori consolidati. Insomma, disturba e serve da bersaglio agli atrabiliari.
L'avversario pi� virulento - e pi� temibile - senza ombra di dubbio � Jean-Jacques
Gautier. Su �Le Figaro� del 16 ottobre 1955 l'articolista denigra colui che, molti
anni pi� tardi, sar� uno dei suoi colleghi sotto la cupola dell'Acad�mie fran�aise:
�Io non credo che Ionesco sia un genio o un poeta; non credo che Ionesco sia un
autore importante; non credo che Ionesco sia un uomo di teatro; non credo che
Ionesco sia un pensatore o un malato di mente; non credo che Ionesco abbia qualcosa
da dire. Credo che Ionesco sia un burlone (non voglio credere il contrario, sarebbe
troppo triste), un mistificatore, dunque un venditore di fumo�.
Due giorni dopo, Robert Kemp scrive su �Le Monde�: �Ionesco � un ragazzaccio del
genere di Alfred Jarry, e rappresenta, agli occhi di un piccolo, piccolissimo
gruppo, un �libertador�, una sorta di Bolivar del teatro... Conservi pure la sua
lusinghiera illusione. E' una minuscola curiosit� del teatro odierno�.
E' vero che Ionesco dovette subire gli attacchi spesso ingiusti di Robert Kemp, di
Jean-Jacques Gautier e di Gabriel Marcel, collaboratore delle �Nouvelles
litt�raires� (151). Per contro, all'opposto di can ch'egli lascia capire, la
maggioranza dei critici non prese abbagli. Un amico del drammaturgo (152),
l'inglese Richard Coe, sostiene di poter ristabilire la verit�, prove alla mano.
Egli ritiene che i commentatori seppero valutare la distanza che separa la teoria
dalla pratica teatrale, e cogliere, meglio dello stesso Ionesco, l'impatto delle
sue commedie. Ci� spiegherebbe le proteste e gli attacchi di quest'ultimo alla
stampa parigina. Inoltre, aggiunge, Ionesco non ha molte ragioni di lamentarsi
perch� tre anni furono sufficienti a consolidare la sua fama (153). Ancora Coe
osserva che una semplice occhiata alla bibliografia di Ionesco rivela
un'�aggressivit� cronica� ed una tendenza ad �impietosirsi sulla propria sorte�,
dato che Ionesco considera ogni suo attacco come un controattacco.
Per scrupolo d'esattezza, precisiamo che, se a quest'epoca Ionesco trova avversari
accaniti, pu� anche contare su difensori ferventi tra letterati che spesso godono
di fama internazionale ed esercitano la loro influenza sul pubblico o sul mondo
dell'editoria. Ad esempio, Andr� Breton, Raymond Queneau, Armand Salacrou, Jean
Paulhan e Jacques Lemarchand appoggiano "La cantatrice calva". Uno specialista del
teatro, Anouilh, si schiera a favore di "Vittime del dovere". Clara Malraux,
Supervielle, Queneau, Beckett e Adamov firmano una "Difesa delle �Sedie�" sulla
rivista �Arts�, che fa da contrappeso alle critiche di Gabriel Marcel, Gustave
Joly, Luc Estang e Andr� Ransan. Infine, durante gli anni difficili attraversati da
Ionesco, il critico Jacques Lemarchand lo sostiene con calore dalle colonne del
�Figaro� e scrive la prefazione al primo volume del suo teatro, pubblicato nel 1953
dalle edizioni Arcanes, per esserlo l'anno dopo da Gallimard.

Una svolta.

A partire da "Assassino senza movente" (154) (1959) e da "Rinoceronte" (1960),


commedie pi� dense e meno provocanti delle precedenti, l'atteggiamento dei
recensori muta sensibilmente. Taluni, gli eterni bastian contrario, rimpiangono
d'un tratto lo stile parodistico e sovversivo delle prime commedie. Certo, nel
corso degli anni cinquanta, lo stile di Ionesco si � evoluto, il che spiega e le
delusioni e le nuove adesioni. La crescente popolarit� del nuovo drammaturgo
ottiene una sanzione ufficiale nel 1960, allorch� Jean-Louis Barrault mette in
scena "Rinoceronte" all''Od�on-Th��tre de France. Questo cambiamento di rotta,
Ionesco sembra esserselo augurato fin dal 1956 quando, sorprendendo gli ammiratori
dell'�avanguardia�, dichiara di essere per il �classicismo�: �Mi sono accorto,
infine, che non volevo fare veramente dell'antiteatro ma del teatro. Spero di aver
ritrovato, intuitivamente, in me stesso, gli schemi mentali permanenti del teatro.
Insomma, sono per il classicismo: � questo, l'"avanguardia". Scoperta di archetipi
dimenticati, immutevoli, rinnovati nell'espressione: ogni vero creatore � un
classico [...]� (155). Questa osservazione volutamente paradossale, questo amalgama
che mette insieme avanguardia, classicismo e ricerca di archetipi; lascia intendere
che l'opposizione sistematica finisce per esaurire le proprie capacit� creative.
Avversare il teatro tradizionale non basta pi�. Ionesco si volge quindi verso quel
serbatoio l'immagini primitive, uscite dall'�inconscio collettivo�, che Jung chiama
�archetipi�. L'autenticit� sembra allora corrispondere alla psicologia del
profondo, l� dove si presume che l'individuale e il collettivo si congiungano. Su
di un punto, per�, l'atteggiamento dell'autore resta immutato: esso trae
ispirazione dall'idea che Croce aveva dell'arte, idea secondo la quale l'opera ha
valore quando � originale, inattesa, unica nella sua forma.

Verso il �classicismo� e la consacrazione.

Ionesco prende le distanze dalle denominazioni che lo collocano ai margini. Anche


se nel 1959 accetta di pronunciare il discorso d'inaugurazione ai �Colloqui di
Helsinski sul teatro d'avanguardia�, fin dal 1956 si dichiara per il �classicismo�.
Il fatto che dal 1951 al 1973 o 1974 faccia parte del Collegio di Patafisica (che
gli ha conferito il titolo di �Satrapo trascendente�) non smentisce il suo
desiderio di immettersi nella corrente principale della letteratura, dove
tradizione e rivoluzione confluiscono. Questa affiliazione testimonia soltanto il
suo gusto accentuato per l'eccentricit�, il non-senso e la letteratura-avventura,
quella del riso e del sorriso.
Con "Assassino senza movente", "Rinoceronte", "Il pedone dell'aria" e "Il re
muore", il drammaturgo si allontana da un mondo popolato di esseri ad una
dimensione, sovente caricaturali, privi di spessore psicologico. Un nuovo
personaggio, B�renger, fa la sua comparsa. Portavoce dell'autore, egli esprime le
sue angosce, le sue illusioni e delusioni, il suo desiderio di risolvere i problemi
esistenziali. Goffo e meschino, a volte patetico come Charlie Chaplin, lotta per
costruire un nuovo umanesimo. "Assassino senza movente" ce lo mostra mentre
affronta l'assassino, tentando di convincerlo con luoghi comuni antiquati visto
che, in quella che ironicamente si chiama �Citt� radiosa�, la felicit�, la
fraternit� e l'interesse generale non hanno pi� corso. Alla fine, rendendosi conto
dell'inutilit� della �propria morale che si sgonfia come un pallone� (156),
dichiara: �Dubito dell'utilit� della vita, del significato della vita, dei miei
valori, e di tutte le dialettiche. Non so a che cosa afferrarmi, forse non esiste
n� verit� n� carit� (157). Esauriti tutti gli argomenti, offre la nuca
all'assassino balbettando: �Mio Dio, non si pu� fare niente!... Ma perch�... Ma
perch�...� (158).
Nel "Rinoceronte", B�renger percorre un cammino inverso. Questo antieroe, a disagio
nella propria pelle, sedotto dall'oblio e dall'euforia procurati dall'alcool, si
trova progressivamente messo a confronto con una marea ideologica che devasta ogni
cosa al suo passaggio. Colleghi, amici e amichetta, istituzioni e governo, nulla e
nessuno resiste. Ed allora avviene lo scatto: B�renger decide di lottare con tutte
le sue forze contro la tirannia della rinocerontite. Con le sue ultime parole -
�Non mi arrendo!� (159) - si ritrova accanto al Diego dello "Stato d'assedio"
(1948) e all'Oreste delle "Mosche" (1943). Lottando contro la peste, contro ogni
forma di dispotismo, contro l'assoggettamento dell'individuo, Camus ridava alla sua
citt� la libert� e il gusto dell'esistenza, cos� come il portavoce di Sartre,
scacciando le �mosche� (i rimorsi), aveva restituito ad Argo la gioia di vivere.
Se Ionesco non ha ancora abbandonato gli sketches bizzarri - fra il 1959 e il 1962
vengono rappresentati "Scena a quattro" e "Delirio a due" - con "Rinoceronte" e "Il
re muore" si inaugura il periodo della consacrazione, quello che vede la nascita di
opere dense che provocano profonde risonanze grazie all'universalit� dei temi
trattati. E la consacrazione si accompagna ai simboli del successo. Sinora Ionesco
s'era dovuto accontentare di piccole sale - i Noctambules, il Th��tre de Poche-
Montparnasse, il Nouveau Lancry, il Th��tre du Quartier latin - adesso viene
rappresentato nei teatri sovvenzionata, da attori blasonati diretti da registi
celebri. Nel 1960 Barrault allestisce "Rinoceronte" all'Od�on-Th��tre de France.
Nel 1962, Jacques Mauclair porta in scena "Il re muore" al teatro dell Alliance
fran�aise e poi, nel 1966, Jean-Marie Serreau rappresenta "La fame e la sete" alla
Com�die-Fran�aise, con Robert Hirsch e Michel Etcheverry nelle parti principali.
Nel 1968, Ionesco appare nella collezione �Les Nouveaux Classiques Larousse�.
L'anno dopo gli viene assegnato il premio di Monaco e nel 1970 - il 22 gennaio -
esattamente dieci anni dopo la prima di "Rinoceronte" - � eletto all'Acad�mie
fran�aise al seggio che era di Jean Paulhan.
E' del tutto evidente che il suo pubblico si � notevolmente allargato e fuoriesce
dalle frontiere del teatro propriamente detto: "La lezione", "Imparare a camminare"
e "Il giovane da moglie" (160) sono rappresentati in forma di balletto, mentre "Il
maestro", "La foto del colonnello" e "Il re muore" in forma d'opera. Ionesco scrive
anche un film intitolato "La melma" ed una sceneggiatura, "L'ira", per "I sette
peccati capitali", un film a episodi (161).
La televisione francese, inoltre, trasmette "La cantatrice calva", "Amedeo o Come
sbarazzarsene", "Rinoceronte" e "Il re muore".
Ma Ionesco non solo allarga il campo delle sue esplorazioni accostandosi al
balletto, all'opera (162), alla televisione e al cinema, si fa conoscere anche in
altri generi. Cos�, "La foto del colonnello" raccoglie sei racconti, cinque dei
quali serviranno da traccia per altrettante commedie. Le sue riflessioni critiche
appaiono in "Note e contronote" (1962), poi in due raccolte pubblicate
rispettivamente da Claude Bonnefoy e Gilbert Tarrab: "Entretiens avec Eug�ne
Ionesco" ("Colloqui con Eug�ne Ionesco"] (1962 e 1966), e "Ionesco � coeur ouvert"
["Ionesco a cuore aperto"] (1970). Le sue confidenze sono affidate a "Briciole di
diario" (1967) ed a "Passato presente" (1968). A queste svariate attivit� vanno
aggiunti quattro racconti per bambini (il primo risale al 1969), i dialoghi d'un
manuale di francese, "Mise en train" ["Messa in moto"], pubblicato negli Stati
Uniti da Michel Benamou, ed un romanzo dal titolo rivelatore: "Il solitario"
(1973).
Questo panorama che suggerisce l'impressione d'un'attivit� febbrile in tutte le
direzioni, tralascia ancora i numerosi articoli politici, letterari e culturali
riuniti in "Antidoti" (1977) e "Il mondo � invivibile" (1979), la maggior parte dei
quali sono comparsi in precedenza su �Le Figaro�, �Le Monde�, �La Nouvelle Revue
fran�aise� e �L'Express�. Questa novantina di colloqui e commenti esprimono la
posizione di Ionesco su diversi argomenti: la Cecoslovacchia, Israele, Allende,
Stalin, Mao Tse-tung, la cultura statalizzata, la societ� borghese, i rapporti fra
teatro e politica. Quest'ultimo tema pu� sembrare sorprendente a chi si ricordi
delle controversie che opposero Ionesco a Tynan e a Dort. Ma di fatto, se il suo
teatro si � evoluto, la sua opinione non � per nulla cambiata. Su �Le Figaro� del
30 settembre 1976 ancora conclude: �Le passioni politiche sono la degradazione e
sovente la vergogna dell'umanit�, la sua mediocrit� e stupidit�. Afferma del resto
di essere un �nemico della Storia� (163) e denuncia volentieri �il miraggio della
rivoluzione� (164). Per comprendere il fondo passionale di cui sono imbevute tali
asserzioni; bisogna ricordare tre fattori che segnarono nel profondo Ionesco: suo
padre, fanatico della politica, voltagabbana, esposto a sentimenti alterni, lo rese
allergico ad ogni dogmatismo (165). L'ascesa del nazismo che cost� la vita ad
alcuni suoi conoscenti, ebbe un ruolo analogo. Infine il contatto con gli
espatriati romeni, al corrente dell'esistenza precaria dei congiunti sottoposti ad
un regime dittatoriale, ebbe pure la sua importanza. Al pari di loro, Ionesco
insorge contro la mancanza di libert� e di pluralismo, le rappresaglie di cui sono
vittime le famiglie degli emigrati, l'alibi dell'ideologia e l'ingranaggio senza
fine della propaganda, della menzogna e della repressione. In tale prospettiva, il
sostegno incondizionato che certi intellettuali dell'Occidente accordano ai regimi
stalinisti gli appare ingenuo, retrogrado e tragicomico.
Se le cose stanno cos�, come giustificare il fatto che "Assassino senza movente",
"Rinoceronte", "La fame e la sete", "Il gioco dell'epidemia", "Macbett" e "Che
inenarrabile casino!" trattino problemi sociali e politici? La ragione � semplice.
Qui, come negli articoli che abbiamo citato prima, Ionesco vuole battersi contro i
mali dell'umanit�. Le sue dispute con i critici, sta francesi che inglesi,
contribuirono infatti a persuaderlo che l'ideologia � parte integrante della
dimensione tragicomica dell'esistenza, allo stesso titolo della condizione
metafisica. Inoltre, cominciavano ad affievolirsi le risorse originali offerte
dall'�avanguardia�. Per continuare nell'innovazione ed uscire dal �mondo chiuso�
rimproveratogli da Tynan, bisognava reimmettersi nel corso principale della
letteratura.
Stando cos� le cose, l'esteta che sonnecchia in Ionesco sente a volte la nostalgia
d'una letteratura apolitica, asociale, che dia risalto all'immaginazione creativa,
all'originalit�, a ci� che � inconsueto. E cos� dichiara a Philippe Sollers che lo
interroga: �L'interessante della letteratura � la gratuit� e ho commesso degli
errori [...]: invece di raccontare cose che non esistono, mi sono messo a mia volta
a raccontarmi e a difendere certi punti di vista o certe idee. Tanto da credere di
aver mancato, per questo, la mia avventura letteraria. E' troppo tardi per
ricominciare� (166). Questa conclusione pessimistica non ha nulla di sorprendente
per chi conosca Ionesco, i suoi mutamenti repentini d'umore e le sue crisi
depressive (167).
Egli esplora infine un altro territorio, quello della pittura. E' un'attivit� che
lo rende perfettamente felice, gli consente di esprimere con libert� le sue
emozioni, il suo umorismo, la sua sensibilit� estetica, lontano dagli stereotipi,
dalle parole pensate e ripensate da tutta, lontano dai problemi metafisica;
ideologici e sociali, in uno stile ingenuo, deliberatamente puerile. Con un
linguaggio silenzioso e tuttavia eloquente, egli contrappone e scandisce i colori,
colori vivi e puri che lo estasiano. Interrogato sulle influenze che pu� avere
subito in tale campo, ed in particolare su Chagall - due suoi quadri dedicati
rispettivamente a Eug�ne e Rodica adornano il salotto di casa Ionesco - egli cita
un nome, ed uno solo: Mir� (168).
Le illustrazioni composte da Massin per "La cantatrice calva" e "Delirio a due"
(169) hanno forse contribuito ad indirizzare Ionesco verso l'esplorazione della
pittura come prolungamento o accompagnamento dell'espressione verbale? Le date di
pubblicazione delle opere di Massin, rispettivamente 1964 e 1966 (170), precedono
di poco quella di "D�couvertes" (1969), volume illustrato dall'autore. Da
quest'epoca in avanti, Ionesco va regolarmente in Svizzera, a San Gallo, e dipinge
nello studio che Francesco Larese gli mette a disposizione. Le sue tempere e le sue
litografie, conosciute soprattutto all'estero, sono apprezzate dal pubblico.
Dal 1970, Ionesco ha esposto le sue opere in parecchie citt�, in particolare a
Ginevra, Zurigo, Atene, Colonia, Lugano, Basilea, Locarno, Monaco, Mannheim,
Berlino, Bologna, Parigi, Innsbruck, Salisburgo e Montecarlo. Dal 1981 al 1985, le
esposizioni si tennero ogni anno. Poich� non scrive pii commedie dopo la
pubblicazione di "Viaggi tra i morti" nel 1981, e non collabora pii al �Figaro� o a
�Le Monde�, Ionesco dedica alla pittura una parte del tempo libero che gli lasciano
la salute malferma ed i viaggi all'estero. Il drammaturgo-polemista di ieri � oggi
diventato pittore; un pittore prossimo alla letteratura, alle fiabe, ai ricordi
d'infanzia e d'adolescenza, stupito dallo splendore dei colori e dal misterioso
potere della luce. E tuttavia, un titolo come "Il bianco e il nero" (1981) esclude
il cromatismo. Questo succede perch�, in un'edizione commentata e finanziariamente
accessibile al grande pubblico, Ionesco saggia le possibilit� offerte da due tinte
fondamentali riunite in una sorta di tao, le cui due componenti si alternano e si
contrappongono come il giorno e la notte, il caldo e il freddo, il piacere e il
dolore, la gioia e la tristezza, l'alto e il basso, il bene e il male.
Tuttavia egli esplora davvero la pittura soltanto verso il 1980. Come ci confida in
"La mano dipinge", era allora privo di esperienza: �Le forme si liberavano da sole,
le strutture, nate dall'inconscio o dall'extraconscio, apparivano, si costruivano,
sole, o piuttosto sgorgavano gi� perfettamente costruite nella loro disuguaglianza:
forme, colori, volumi si organizzavano in uno spazio che si proponeva come
preesistente, pronto ad accoglierle nel loro movimento, nel loro ritmo� (171). Di
conseguenza, egli privilegia le forme semplici ed i colori vivi e scopre che
giustapporre �il nero, il verde, il rosso costituiva gi� una struttura, una delle
pii belle combinazioni possibili, quasi un quadro, non figurativo [...]� (172). Ma
ben presto diviene consapevole di due linee guida: da un lato, la diagonale
consente di equilibrare la composizione, e dall'altro, la libert� accordata allo
spazio suggerisce il movimento degli elementi (173).
A pi� di settant'anni, questo esordiente scopre il ruolo positivo della sua nuova
attivit� artistica: �La pittura � per me una terapia, e continua ad esserlo. Calma
l'angoscia, le mie molteplici angosce, che sono terribili� (174). Nel 1988
soggiunge: �Dipingere m'� stato d'aiuto ad organizzarmi. [...] I colori sono al
solo linguaggio ch'io possa ancora parlare. I colori sono vivi mentre le parole non
hanno pi� senso per me, hanno perso tutta la loro capacit� d'espressione� (175).

Un'opera crocevia.

Come riassumere il contributo di Ionesco? La sua opera � una cornucopia. Teatro,


critica, diario e giornalismo, polemica, racconto, pittura e persino opera lirica
si sfiorano l'un l'altro. Queste attivit� molteplici d'un autore che si crede
incline alla pigrizia, per lo pi� praticate alla guisa di "esplorazione e
sperimentazione", vanno di pari passo con il piacere della scoperta e l'ansia di
rivelare le esperienze intime.
Pur se si attenua verso la fine degli anni sessanta, il piacere dello scrivere
impregna l'opera intera. Apparso negli anni trenta allorch� al giovane autore
denuncia la presunzione degli scrittori romena, poi l'istrionismo e la duplicit� di
Victor Hugo, questo piacere riemerge quando egli demistifica il pensiero irrigidito
del conformismo ("La cantatrice calva"), le norme borghesi, la critica ideologica
("L'Improvviso dell'Alma"), e denuncia il pericolo dei totalitarismi
("Rinoceronte", "Il mondo � invivibile", "Il gioco dell'epidemia"), o il dominio
della paranoia e della "libido dominandi" sugli uomini di potere ("Macbett").
Al pari degli scrittori satirici e dei polemisti, egli stigmatizza la malafede
dell'intellighenzia, che nasconde ambizioni, errori, smania di essere e apparire:
�[...] � molto difficile [...], afferma senza mezzi termini, se non impossibile,
fidarsi degli intellettuali, di coloro che vengono chiamati intellettuali, perch�,
lungi dall'essere maestri di pensiero, sono gl'intermediari fra il pubblico e le
fucine della propaganda, soprattutto dei governi dell'Est [...]� (176). Mentre �la
cultura unisce gli uomini, la politica li separa� (177). Voltaire a suo modo,
contrario a Sartre quanto Voltaire a Leibniz, gode non solo della propria
aggressiva vitalit� ma anche del fascino dell'insolito e del non-senso, di cui sono
impregnate opere come "La cantatrice calva", "La lezione", "I saluti" o "Scena a
quattro".
Ma tutto can non deve fuorviarci. Questo individualista fin nel midollo, che per
giunta possiede un talento collaudato per la speleologia psicanalitica, sente anche
l'imperioso bisogno d'esprimere il suo Io intimo. Ci confida, in forma d'arte, alla
maniera dell'iperbole e dell'ellisse, angosce, rimpianti, fantasmi, illusioni e
delusioni. Quest'esplorazione scioglie i ricordi interiori, trasposti ma reali, e
fa risorgere gli esseri che pi� hanno contato nella sua vita: il padre, la madre,
la matrigna, la moglie energica e devota alla quale rende un omaggio che tutti
quelli che la conoscono sottoscriverebbero senza riserve: �R. mi tiene per mano. E'
forte e coraggiosa. Se lei non ci fosse, che cosa diventerei? Attinge la sua forza
alla mia debolezza� (178).
Commedie come "Vittime del dovere", "Le sedie", "Amedeo o Come sbarazzarsene",
"Delirio a due", "Il re muore" e "Viaggi tra i morti", mostrano il rapporto
profondo che unisce il vissuto all'Io creatore. Paradossalmente, in "Non",
l'autore-esordiente proclamava che l'Io letterario e l'Io creatore non coincidono.
Una simile affermazione avrebbe senso soltanto se escludesse dall'Io quotidiano le
profondit� intime da cui emergono �lo stupore�, l'umorismo e la �visione tragica�
di cui si nutre l'attivit� artistica (179), il che evidentemente non �.
L'arte, per Ionesco, � anche il mistero sorto dal profondo che lo sospinge verso un
aldil� mistico: �S�, conduce l'uomo per mano, con il verbo, con la musica; alla
fonte stessa del mistero. Per lo spirito � una religione o, se si vuole, � una via
religiosa parallela alla religione. [...] L'arte ci pone la questione del problema
insolubile; pi� della filosofia, persa nell'erudizione, ci mette di fronte
all'interrogativo sui nostri fini ultimi. L'arte � essenzialmente interrogativa�
(180). Ci spieghiamo cos� come Ionesco abbia potuto attingere dall'esperienza
vissuta o libresca del cattolicesimo, dell'ortodossia, del buddhismo, della gnosi e
del "Libro tibetano dei morti". Nulla di sorprendente allora, se dichiara: �Aspetto
la grazia da sempre [...]� (181). Certo, per temerariet� aveva invocato il �grande
nulla� e credeva solo a met�, o perlomeno cos� credeva. Ma, a mano a mano che la
vecchiaia gli intorpidisce il corpo e vi instilla il suo gelo, il timor panico che
gl'ispira l'appuntamento con la morte e l'influsso della moglie lo riconducono nel
grembo della religione. In "La ricerca intermittente" (1987) ha ricordato i fastidi
della malattia, ma anche i palpiti della speranza, speranza che gli consente di
vivere, anche se �l'uomo moderno spizzica nell'incurabile� (182).
Sia che contempliamo il versante cupo della sua opera, terra d'elezione per il
tragico e la metafisica, oppure il versante soleggiato, patria della comicit� e
della patafisica, Ionesco ci appare un autore ad un tempo francese ed
internazionale, grazie alla sua ascendenza, la sua cultura, l'interesse manifestato
per ci� che accade dietro la cortina di ferro, e per ci� che ha attinto dai mistici
orientali. Divenuto uno degli autori francesi meglio conosciuti all'estero, non
soltanto in Occidente ma anche in Giappone, � invitato di frequente in Germania, in
Italia e negli Stati Uniti, dove � accolto a braccia aperte. Le universit�
californiane e la New York University lo invitano a partecipare a conferenze-
dibattiti, a tavole rotonde, a seminari.
Nonostante il successo mondiale - basta a convincerci una semplice occhiata
all'elenco impressionante delle traduzioni e delle rappresentazioni delle sue
commedie all'estero - Ionesco talvolta dubita della sua opera: �Tutto sommato il
teatro non � la mia vocazione autentica� (183), scrive nel 1967. E nel 1979
soggiunge: �Ho creduto soltanto mediamente in tutto ci� che ho fatto e scritto. Per
la semplice banalissima ragione che, come diceva Jean Gabin, "siamo qui soltanto di
passaggio"� (184). E circoscrive il suo rovello quando dichiara che, all'opposto
dei trenta o quaranta medici consultati: �So io, sempre meglio, qual � la ragione
di questo sfinimento: � il dubbio, � l'eterna domanda "a che pro" abbarbicata al
mio spirito da sempre e che io non posso scacciare� (185).
Per�, non lasciamoci ingannare. Certo, il senso dell'assurdit� lo ossessiona,
certo, questo ciclotimico attraversa periodi di nero pessimismo, eppure combatte -
e con asprezza - per la sua arte, le sue idee e la sua fama. Si sente ingiustamente
trascurato quando un convegno organizzato al Beaubourg festeggia gli ottant'anni di
Beckett (186). "La ricerca intermittente", intrisa d'amarezza, conferma questo
sentimento. Lo scrittore accusa la cospirazione del silenzio di cui sarebbe vittima
e punzecchia coloro che, cos� crede, lo hanno abbandonato.
Se � troppo presto per conoscere il verdetto della posterit�, fin da ora �
possibile fare un primo bilancio della sua tematica. Essa volge uno sguardo critico
sulla drammaturgia e sul linguaggio, la coppia, la famiglia, la borghesia, la
societ�, l'ambizione e il potere. Libera i ricordi ed assegna un posto speciale
all'onirismo (187), al senso di colpa, alla sofferenza, alla morte e al problema
dei fini ultimi. Poeta-umorista al pari di Pr�vert e Queneau, dotato come Lewis
Carroll d'un �senso del non-senso� che si sposa ad un'immaginazione straripante e
ad una capacit� di stupore che stupirebbe Socrate, Ionesco trapassa con naturalezza
nell'irrisione e nella tragicomicit�. Ha lanciato la sua sfida ai conformisti di
ogni tipo, ha ferito qualche suscettibilit� e ha lasciato un'impronta profonda sul
teatro della sua epoca. Questo �solitario� che ha �l'anima ammaccata� ed a volte il
sorriso sulle labbra, � uno dei maestri - e degli �enfants terribles� - del suo
tempo.

EMMANUEL JACQUART.

NOTE.

Nota 1. J. Hamburger, "La Raison et la Passion. R�flexions sur les limites de la


connaissance", Ed. du Seuil, Paris 1984, p. 74.
Nota 2. Vedi la "Cronologia", pp. LXVIII sgg.
Nota 3. Non nel 1912 come si sostiene di solito.
Nota 4. Mircea aveva diciotto mesi.
Nota 5. Vedi in "Vittime del dovere" il litigio coniugale, pp. 225-26. Maddalena e
il poliziotto raffigurano i genitori dell'autore.
Nota 6. Si noti che l'autore si interroga sulla parte di responsabilit� che spetta
ai genitori. Cos� precisa il personaggio maschile, parlando della moglie: �Ma chi
pu� sapere che cosa � accaduto tra noi, se � stata colpa sua, se � stata colpa mia,
se � stata colpa sua, se � stata colpa mia...� (p. 230).
Nota 7. Queste informazioni furono controllare un'ultima volta dallo stesso Ionesco
il 5 settembre 1990. La rue de l'Avre, la rue Blomet e la rue Dupleix, dove era
situata la scuola comunale frequentata da Eug�ne Ionesco, si trovano nel XV
arrondissement.
Nota 8. Sabine, dentista, e suo fratello Alexandre, morto di tubercolosi a
venticinque anni, avevano per genitori Jean e Anne Ipcar che ebbero dodici figli.
Nota 9. Cl. Bonnefoy, "Entretiens avec Eug�ne Ionesco", Belfond, Paris 1966, p. 24.
Nota 10. Ionesco la chiama indifferentemente Elena o Leonora, oppure Eleonora. Il
padre di Ionesco adoperava il diminutivo Lola.
Nota 11. La chiamava signora e non zia, come l'uso avrebbe richiesto.
Nota 12. Vedi in "Vittime del dovere" (p. 227) il monologo di Choubert: �[...]
Padre, noi non ci siamo mai compresi [...]. Eri duro, forse non eri poi troppo
cattivo. Forse non � colpa tua. Non sei tu. Odiavo la tua violenza, il tuo egoismo.
Non ho avuto piet� delle tue debolezze. Tu mi picchiavi [...]�.
Nota 13. Vedi t. II, scena XVII, pp. 722-24, le male azioni ed i crimini di cui si
� reso colpevole il capitano.
Nota 14. Curiosamente, Elena pretende che Marilina, la sorella di Eug�ne, dorma fra
lei e il marito. In seguito scaccer� la ragazza, ma la sostituir� con una nipote di
nome Elena. Ritroviamo un'eco di questa situazione nella Nipote sposa, �atto
giuridico� che mette in scena cinque personaggi burattineschi, tra i quali il
visconte, la viscontessa, il barone, il cameriere Jacquot e l'avvocato Babord.
L'atmosfera burlesca e strampalata, volta a suscitare la sorpresa e il riso,
rispecchia allo stesso tempo la distanza che separa l'invenzione dall'esperienza
vissuta. Quest'ultima affiora talvolta sul filo di una replica, come quando la
viscontessa dichiara all'amante: �Canaglia! Vuoi vendicarti? Non avrai pi� il mio
corpo� (t. II, p. 740). Il vissuto, il rancore ed i rimproveri velati dell'autore
traspaiono anche nella somiglianza tra il padre di Ionesco e l'avvocato Babord, il
�migliore� degli avvocati, quello che sa sfruttare a meraviglia il vuoto giuridico
e le possibilit� offertegli dalla legge. Il drammaturgo ritorna sul tema in Viaggi
tra i morti, nella scena nona, dove la signora Simpson afferma: �Mio marito � al di
sopra della legge, lui l'aggira, la legge� (cfr. t. II, p. 692). Va altres� notata
l'esistenza di un'altra versione - pi� lunga - della Nipote sposa, recentemente
ritrovata e pubblicata per la prima volta in occasione della presente edizione
italiana (cfr. t. II, pp. 975-88). Questa versione mette in scena sei personaggi -
e non cinque - tra cui una baronessa petomane.
Nota 15. Viaggi tra i morti allude a questa situazione. La matrigna afferma: �mi
tengo marito, casa e soldi� (t. Il, p. 678). Pi� avanti aggiunge: �D'altronde tutto
� stato intestato a mio nome, dispongo io di tutto, mia la casa, miei i soldi. Tu,
tua sorella o tua moglie che sia, non beccherete niente� (t. Il, p. 702).
Nota 16. "Briciole di diario", in "Passato presente", Rizzoli, Milano 1970, p. 35.
Nota 17. "Passato presente" cit., p. 185.
Nota 18. Il drammaturgo ha rievocato con franchezza il litigio che port� alla
rottura (ibid., pp. 186-87).
Nota 19. R. Laing, "The Divided Self", Penguin Books, Harmondsworth 1965 [trad. it.
"L'Io diviso", Einaudi, Torino 1978(1).
Nota 20. Questo brano delle "Sedie" ad esempio, bench� espresso informa
deliberatamente grottesca, corrisponde a un sentimento vissuto: �IL VECCHIO
(singhiozzando) Ih, ih, ih! Mamma! Dov'� la mia mamma, la mia mammina, io non ho la
mia mamminina [...I. Io sono un orfanello [...]� (pp. 146-47).
Nota 21. Il soggiorno a La Chapelle-Anthenaise non sorti il medesimo effetto, come
ci confida Ionesco: �[...] Tutte queste angosce scomparvero quando mi ritrovai in
campagna dove vissi per tre anni, lontano da mia madre che forse era la causa
inconscia della mia angoscia� (Bonnefoy, "Entretiens avec Eug�ne Ionesco" cit., p.
13).
Nota 22. Ibid., p. 11.
Nota 23. "Briciole di diario", in "Passato presente" cit., p. 25. A p. 28
soggiunge: �Ma essendo lontano da mia madre, fui lo stesso pi� felice. Quando ero
insieme con lei pensavo alla morte, alla sua e alla mia�.
Nota 24. "Passato presente" cit., p. 185.
Nota 25. �Tutto ci� che � autorit� mi sembrava, ed �, ingiusto. Sono stato
condannato per i libelli che ho scritto contro l'esercito e i magistrati del suo
paese. Ne ero fiero. So che ogni giustizia � ingiusta e che ogni autorit� �
arbitraria, anche se l'arbitro � sorretto da una fede oppure da una ideologia
facilmente demistificabile� (ibid., p. 185).
Nota 26. Va notato che "La lezione" mette in scena, in tono buffonesco, un
professore dapprima timido e amabile, il quale rivela progressivamente la sua
volont� di potenza, tanto che finisce col violentare ed assassinare l'allieva. Qui
la libido e la "libido dominandi" vanno di pari passo.
Nota 27. Vedi nella "Bibliografia" le notizie concernenti la datazione di
quest'opera rimasta incompiuta, t. II, pp. 998-99.
Nota 28. "Vita grottesca e tragica di Victor Hugo", Spirali, Milano 1985, p. 7.
Nota 29. Primavera 1939. "Le vestigia del ricordo. Pagine di giornale", in "La foto
del colonnello", Spirali, Milano 1987, pp. 107-46.
Nota 30. Bonnefoy, "Entretiens avec Eug�ne Ionesco" cit., p. 13.
Nota 31. Bonnefoy, "Entreti�ns avec Eug�ne Ionesco" cit., pp. 14-152.
Nota 32. Ibid., p. 18.
Nota 33. "Briciole di diario", in "Passato presente" cit., p. 26.
Nota 34. Secondo il drammaturgo, essa si presta ad una lettura junghiana. Vedi
Bonnefoy, "Entreti�ns avec Eug�ne Ionesco" cit., p. 14. Si potrebbe anche tentarne
una lettura mitica, ispirata a L�vi-Strauss, stratificata e simultanea come quella
di un accordo musicale, che sovrappone diversi livelli: cielo, felicit�, bellezza,
salute e sicurezza.
Nota 35. Bonnefoy, "Entretiens avec Eug�ne Ionesco" cit., pp. 33-34.
Nota 36. Ibid., pp. 36-37
Nota 37. Ibid., p. 31.
Nota 38. Bonnefoy, "Entretiens avec Eug�ne Ionesco" cit., p. 31.
Nota 39. Ibid., p. 32.
Nota 40. Vedi "Petite Philocalie de la pri�re du coeur", trad. fr. di Jean
Gouillard, Les Cahiers du Sud, Marsiglia 1953 (ristampato da Ed. du Seuil, Paris
1963). Nel 1782, Macario di Corinto e Nicodemo Agiorita pubblicarono a Venezia una
raccolta di estratti dei padri delle Chiese occidentale e orientale, consacrati
alla pratica del misticismo. L'opera fu tradotta in russo (1883-89) dal vescovo
Teofane. Sull'argomento si pu� anche consultare E. Kadloubovsky e G. Palmer,
"Early, Fathers from the Philocalia", Faber & Faber, London 1953; e S. Runciman,
"The Great Church in Captivity", Cambridge University Press, Cambridge 1968.
Nota 41. "Petite Philocalie", cit. p. 20. Queste tecniche comprendono la preghiera
salmodiata e ininterrotta associata a pratiche respiratorie con lo sguardo fisso
sull'ombelico. Quest'ultimo esercizio e la ricerca dell'illuminazione fanno
evidentemente pensare al buddhismo. Del resto, Buddha significa �colui che si �
svegliato, l'illuminato� (H. Arvon, "Le Bouddhisme", Put, Paris 1976, p. 27).
Nota 42. "Ionesco. Situation et perspectives", a cura di Marie-France Ionesco e
Paul Vernois, Belfond, Paris 1980, p. 118. Questa conferenza, pronunciata al
convegno di Cerisy, � stata ripresa in M. Eliade, "Briser le toit de la maison",
Gallimard, Paris 1986.
Nota 43. E' interessante notare che all'epoca del soggiorno a La
ChapelleAnthenaise, Ionesco ebbe la tentazione di �diventare un santo� (vedi
"Primavera 1939", in "La foto del colonnello" cit., p. 134).
Nota 44. Rispettivamente t. I, pp. 144, 240, 479 e t. II, p. 193. Ionesco accorda
notevole importanza non soltanto all'esperienza della luce ma anche al "satori",
sorta d'illuminazione che in un lampo, al di fuori dell'ambito del pensiero
concettuale, rivela un �mistero ineffabile� (vedi t. II, nota 1 di p. 577).
Nota 45. "Perch� scrivo", in "Antidoti", Spirali, Milano 1988, p. 272.
Nota 46. Davanti a Claude Bonnefoy, Ionesco evoc� un'esperienza vissuta allorch�
abitava in rue Claude-Terrasse in un appartamento angusto: �"Si, mi ripetevo, basta
saper guardare bene, bisogna vedere. E' meraviglioso. Qualsiasi cosa � mirabile,
tutto � una gloriosa epifania, il pi� infimo oggetto risplende". Infatti, tutto ad
un tratto, avevo avuto l'impressione che la biancheria, stesa al filo, avesse una
bellezza insolita, il mondo fosse vergine, risplendente. Ero riuscito a vederlo con
gli occhi d'un pittore, per le sue qualit� di luce. A partire da quel momento,
tutto sembrava bello, tutto si trasfigurava� ("Entretiens avec Eug�ne Ionesco"
cit., p. 34).
Nota 47. Vedi nel commento relativo a "Rinoceronte", �Ionesco e l'universo della
metamorfosi�, p. 907
Nota 48. L'autore non si ricorda pi� se questo frammento di testo che ci ha letto
sia o no pubblicato (colloquio con l'autore, 30 settembre 1985).
Nota 49. Colloquio con l'autore, 30 settembre 1985.
Nota 50. Ivi. Questa confidenza compare anche in "Antidoti" cit., p. 271.
Nota 51. Vedi pp. 81-111.
Nota 52. Vedi p. 89.
Nota 53. �Avevo diciotto o diciannove anni e avevo lasciato la casa paterna per
vivere in camere ammobiliate. Per pagare l'affitto, davo lezioni di francese�
("Passato presente" cit. p. 186).
Nota 54. "Passato presente" cit., p. 186.
Nota 55. Colloquio con l'autore, 30 settembre 1985.
Nota 56. "Briciole di diario", in "Passato presente" cit., p. 111. Ionesco
considera gli anni dal 1954 al 1960 un periodo difficile durante il quale si sent�
combattuto fra l'erotismo ed i rimorsi causatigli dalle sue infedelt� (colloquio
con l'autore, 30 settembre 1985).
Nota 57. Bonnefoy, "Entretiens avec Eug�ne Ionesco" cit., p. 157.
Nota 58. Vedi p. 109.
Nota 59. Vedi Bonnefoy, "Entretiens avec Eug�ne Ionesco" cit., p. 158.
Nota 60. Ibid., p. 41.
Nota 61. "Note e contronote", Einaudi, Torino 1965, pp. 154-55.
Nota 62. Un racconto della raccolta "La foto del colonnello".
Nota 63. Quando Choubert compie la discesa nel suo passato (pp. 220-24). Nota 64.
Bonnefoy, "Entretiens avec Eug�ne Ionesco" cit., p. 41.
Nota 65. Vedi "Briciole di diario", in "Passato presente" cit., p. 77.
Nota 66. Informazioni date dalla signora Ionesco, 30 settembre 1985.
Nota 66. Colloquio con l'autore, 30 settembre 1985.
Nota 67. Su questo punto Dragomirescu precedeva Proust, poich� fin dal 1893
scindeva l'Io sociale dall'Io profondo (vedi la prefazione di Eugen Simion a "Non",
Gallimard, Paris 1986, p. 14).
Nota 68. Colloquio con l'autore, 30 settembre 1985.
Nota 69. Bonnefoy, "Entretiens avec Eug�ne Ionesco" cit., pp. 21-22.
Nota 70. "D�couvertes", Albert Skira, Gen�ve 1969, p. 19.
Nota 71. Altrove scrive: �[...] il solo criterio di valore di un'opera [...] � la
sua novit�, la sua originalit� ("D�couvertes" cit., p. 19).
Nota 72. "Elegti pentru finte mici", Cercul Analelor Romane, Craiova 1931.
Nota 73. [Nostra versione italiana di "Animisme", in Mira Baciu, "Le Sentiment de
la mort dans l'oeuvre d'Eug�ne Ionesco", tesi di dottorato universitario,
Strasbourg 1970, p. 396. N.d.T.].
Nota 74. [Diploma di laurea che d� anche l'abilitazione all'insegnamento nelle
scuole superiori. N.d.T.].
Nota 75. "Nu", Vremea, Bucarest 1934, tradotto da Marie-France Ionesco, Gallimard,
Paris 1986.
Nota 76. "Non" cit., �Avant-propos�, p. 7.
Nota 77. [Eug�ne de Rastignac, personaggio di Honor� de Balzac che compare in vari
romanzi della "Com�die humaine" ed � il protagonista di "Pap� Goriot", ove � un
giovane arrivato a Parigi dalla provincia, combattuto fra il desiderio di inserirsi
nella grande societ� e l'ambizione di farsi strada da solo. N.d.T.].
Nota 78. "Non" cit., p. 202.
Nota 79. "Non" cit., p. 272.
Nota 80. �Come posso essere autentico se fin dall'inizio sono tradito
dall'espressione?� L'espressione non differenzia, l'originalit� non esaurisce la
mia essenza intima� (ibid., p. 250).
Nota 81. Ibid., p. 251.
Nota 82. "Vittime del dovere", pp. 248-49.
Nota 83. "Non" cit., p. 84.
Nota 84. �Finisco per dirmi che gioia e tristezza non sono altro che forme
contingenti d'un'unica essenza� (ibid., p. 254).
Nota 85. Ibid., p. 261. Alla pagina seguente aggiunge: �Il diario � "il" genere
letterario per eccellenza, l'autentico genere letterario�.
Nota 86. Abbiamo avuto l'opportunit� di occuparci altrove della questione ("Le
Th��tre de d�rision", Gallimard, Paris 1974, pp. 59-63).
Nota 87. "Non" cit., p. 260.
Nota 88. Vedi pp. 545-652.
Nota 89. Uno dei racconti di "La foto del colonnello".
Nota 90. Vedi pp. 375-84.
Nota 91. "Non" cit., rispettivamente pp. 195 e 280.
Nota 92. Sul tema della morte, vedi t. II, pp. 845-48 e 862.
Nota 93. �Per discutere di ci� che � o dovrebbe essere la cultura romena,
bisognerebbe anzitutto che esistesse, questa cultura�. E qualche riga sotto
rincara: �Quanto alla nostra esistenza culturale, sta ancora dormendo nel regno
della pura virtualit� ("Non" cit., p. 213).
Nota 94. "Vita grottesca e tragica di Victor Hugo" cit., p. 51.
Nota 95. Ibid., p. 52.
Nota 96. "Passato presente" cit., p. 244. Il fascismo � un rifiuto totale
dell'individualismo liberale, come ben illustra la formula lanciata in Italia:
�Tutto � nello Stato, niente contro lo Stato, niente al di fuori dello Stato�. Il
nazismo tedesco e la Guardia di Ferro romena copiarono la mistica del fascismo
italiano, aggiungendovi il razzismo.
Nota 97. E. Cioran, "Histoire et utopie", Gallimard, Paris 1960 [trad. it. "Storia
e utopia", Adelphi, Milano 1982, pp. 13-151.
Nota 98. "Passato presente" cit., p. 282.
Nota 99. �Siamo tutti figli delle nostre letture� ("Antidoti" cit., p. 189).
Nota 100. Bonnefoy, "Entretiens avec Eug�ne Ionesco" cit., pp. 28-29.
Nota 101. "D�couvertes" cit., p. 20
Nota 102. Vedi Bonnefoy, "Entretiens avec Eug�ne Ionesco" cit., p. 30.
Nota 103. Vedi in particolare "D�couvertes" cit., p. 21.
Nota 104. Vedi Bonnefoy, "Entreti�ns avec Eug�ne Ionesco" cit., p. 57.
Nota 105. Ibid., pp. 32 e 48. Esicasta: dal greco "h�sychia": �silenzio e pace
dell'unione con dio�. Il metodo esicasta consiste nella �discesa della coscienza
nel cuore�. Il vero spirituale � silenzioso.
Nota 106. Visse dal 1347 al 1380. Apparteneva all'ordine dei domenicani e scrisse
il "Dialogo della divina provvidenza".
Nota 107. Vedi sopra, p. XXI, nota 3.
Nota 108. Bonnefoy, "Entretiens avec Eug�ne Ionesco" cit., p. 337.
Nota 109. Colloquio con l'autore, 30 settembre 1985.
Nota 110. Ivi.

Nota 111. Eliade scrisse la sua tesi fra il 1930 e il 1932. Spese due anni a
tradurla e rimaneggiarla (vedi "M�moire I. 1907-1937. Les Promesses de l'�quinoxe",
Gallimard, Paris 1980, pp. 249 e 350). �Gli ultimi capitoli di "Yoga" furono
stampati durante l'inverno 1936 e il libro apparve in primavera, pubblicato dalle
Fondazioni regie e dal libraio orientalista Paul Geuthner� (p. 424). Sul buddhismo
e lo zen, vedi il Commento relativo a "Che inenarrabile casino!", t. II, pp. 912-26
e nota 1 di p. 577.
Nota 112. Colloquio con l'autore, 30 settembre 1985.
Nota 113. Pubblicato tra il 1916 e il 1920.
Nota 114. "Passato presente" cit., p. 278.
Nota 115. Informazione data da Ionesco.
Nota 116. Sulla genesi della commedia, vedi il "Commento", pp. 707 sgg.
Nota 117. Al Th��tre de la Huchette. Posto al 23 della rue de la Huchette (V
arrondissement), il teatro era stato fondato nel 1948 per iniziativa del direttore
artistico Georges Vitaly e del suo amico, l'attore Marcel Pinard, proprietario
della sala di cui curava il rifacimento. Vitaly vi tenne la prima rappresentazione
di "La festa nera" di Audiberti il 3 dicembre 1948. Nel 1952 Marcel Pinard prese il
posto di Vitaly e consent� a Balachova, Poli�ri, Candelier, Postec, Bataille e
Cuvelier di mettere in scena Genet, Lorca, Turgeniev, Ionesco e Tardieu. Nel 1975,
alla morte di Pinard, gli attori dello spettacolo di Ionesco, che affittavano il
locale dal 1957, salvaguardarono la Huchette fondando una S.r.l. "La cantatrice
calva" (rappresentata per la prima volta al Th��tre des Noctambules l'11 maggio
1950 da Nicolas Bataille) e "La lezione" (rappresentata per la prima volta nel 1951
al Th��tre de Poche da Marcel Cuvelier) furono riprese insieme per la prima volta
alla Huchette dal 7 ottobre 1952 al 26 aprile 1953. Nel settembre 1953, Jacques
Poli�ri vi rappresent� sette sketches di Ionesco: "Il grande caldo" (da Caragiale),
"La ragazza da marito", "Il maestro", "Li conosce?", "La nipote sposa", "Il
raffreddore onirico" e "Il Salone dell'automobile". Nell'ottobre 1955, Robert
Postec vi port� in scena "Il quadro" e "Jacques ovvero la sottomissione". Teatro
�tascabile�, la Huchette deve una parte della sua celebrit� al fatto che vi si
recitano "La cantatrice calva" e "La lezione" dal 16 febbraio 1957. La
dodicimillesima rappresentazione avvenne nel 1990.
Nota 118. Vedi scena XI, pp. 36-37.
Nota 119. Note sul teatro, in "Note e contronote" cit., p. 208.
Nota 120. Ibid., p. 115.
Nota 121. Si tratta delle date di pubblicazione delle opere. Diamo di seguito
quelle della loro prima rappresentazione: "Le serve", 19 aprile 1947, l'Ath�n�e,
Louis Jouvet; "L'invasione", 14 novembre 1950, Studio des Champs-Elys�es, Jean
Vilar; "La grande e la piccola manovra", 11 novembre 1950, Th��tre des Noctambules,
Jean-Marie Serreau; "Aspettando Godot", 3 gennaio 1953, Th��tre de Babylone, Roger
Blin; "La cantatrice calva", 11 maggio 1950, Th��tre des Noctambules, Nicolas
Bataille; "La lezione", 20 febbraio 1951, Th��tre de Poche, Marcel Cuvelier; "Le
sedie", 22 aprile 1952, Th��tre Lancry, Sylvain Dhomme; "Vittime del dovere", 27
febbraio 1953, Th��tre du Quartier Latin, Jacques Mauclair. Si noter�, inoltre, che
la commedia di Jean Vauthier, "Capitano Bada", and� in scena il 12 gennaio 1952 con
la regia di Andr� Reybaz e che sei sketches di Jean Tardieu ebbero la prima
rappresentazione l'11 giugno 1955 con la regia di Jacques Poli�ri; si trattava di
"La serratura", "La societ� Apollo", "Chi c'�?", "L'educazione inutile", "Lo
sportello", "La suonata e i tre signori".
Nota 122. "Note e contronote" cit., p. 88. I nuovi drammaturghi si distinguono dai
filosofi citati ma a loro modo ne riprendono uno dei temi, �l'assurdo�. La critica
si affrett� a parlare di teatro dell'assurdo, denominazione comoda, certamente
troppo comoda, visto che incoraggi� generalizzazioni frettolose.
Nota 123. Ibid., p. 90.
Nota 124. "Note sul teatro", in "Note e contronote" cit., p. 207.
Nota 125. Vedi Jacquart, "Le Th��tre de d�rision" cit., pp. 59-63.
Nota 126. A. Adamov, "Th��tre II", Gallimard, Paris 1955, p. 9.

Nota 127. U. Eco, "Opera aperta. Forma e indeterminazione nelle poetiche


contemporanee", Bompiani, Milano 1962, p. 178.
Nota 128. Vi fa esplicita allusione in "Non" cit., p. 249. Nei suoi scritti, il
drammaturgo fa spesso riferimento a Jung (vedi, ad esempio, Bonnefoy, "Entretiens
avec Eug�ne Ionesco" cit., pp. 14 e 41).
Nota 129. A. Artaud, "Le Th��tre et son double", Gallimard, Paris 1938 [trad. it.
"Il teatro e il suo doppio", a cura di G. R. Morteo e G. Neri, Einaudi, Torino
1974].
Nota 130. Note e contronote cit., p. 257.
Nota 131. Ibid., pp. 173, 174-76, 176-78.
Nota 132. Ibid., p. 216. Ionesco cita qui Robert Kanters.
Nota 133. Va notato che "L'anima buona di Sezuan" fu rappresentata per la prima
volta in Francia nel 1954.
Nota 134. "Mes critiques et moi", pubblicato su �Arts�, 22-28 febbraio 1956.
Nota 135. Note e contronote cit., p. 82. L'articolo comparve dapprima su �Arts�, n.
556, 22-28 febbraio 1956.
Nota 136. Vedi pp. 427-71.
Nota 137. "L'�colier limousin et le Petit Organon", in �La Nouvelle Revue
fran�aise�, n. 29, maggio 1955.
Nota 138. "L'avant-garde en suspens", in �Th��tre populaire�, n. 18, primo maggio
1956.
Nota 139. "L'avant-garde n'existe pas au th��tre", in �Arts�, n. 651, 1-7 gennaio
1958, p. 6. L'articolo comparve dapprima in inglese sulla �Evergreen Review�, vol.
I, n. 4, 1957, pp. 101-5. La seconda edizione di "Notes et contrenotes" riproduce
l'articolo ma sopprime l'affermazione troppo categorica, modificandone il titolo:
"Sempre sull'avanguardia" (vedi "Note e contronote" cit., pp. 54-58)
Nota 140. "Qu'est-ce que c'est que l'avant-garde", in �Les Lettres fran�aises�, n.
717, aprile 1958.
Nota 141. Il primo gennaio 1955 egli dichiar�: �Ho visto "Madre coraggio" e sono
diventato marxista�. Vedi B. Nightingale, "Dazzling the Killjoys (The Life of
Kenneth Tynan)", in �New York Times Review�, 3 gennaio 1988).
Nota 142. "Note e contronote" cit., pp. 86-87.
Nota 143. "Note e contronote" cit., p. 88.
Nota 144. Ibid., p. 89.
Nota 145. Ibid., p. 90.
Nota 146. Ibid., p. 92.
Nota 147. Ibid.
Nota 148. Ibid., p. 93.
Nota 149. �The Observer�, 13 luglio 1958.
Nota 150. "Le coeur n'est pas sur la main", in �Cahiers des saisons�, n. 15,
inverno 1959, pp. 262-67 (riprodotto in "Note e contronote" cit., pp. 98-105).
Nota 151. Fedele a se stesso, Gautier attacc� successivamente "Vittime del dovere",
"Jacques ovvero la sottomissione" e "Il quadro" (�Le Figaro�, 27 settembre 1954 e
17 ottobre 1955) mentre, su �Les Nouvelles litt�raires�, Gabriel Marcel se la prese
con "Le sedie" (primo maggio 1952), "Vittime del dovere" (5 marzo 1953), "Amedeo o
Come sbarazzarsene" (13 maggio 1954), "Assassino senza movente" (6 marzo 1959),
"Rinoceronte" (28 gennaio e 21 aprile 1960) e col "Pedone dell'aria" (21 febbraio
1963).
Nota 152. Ionesco � padrino del figlio del compianto Richard Coe, deceduto alla
fine del 1987.
Nota 153. Sui rapporti tra Ionesco e la stampa, si pu� consultare R. Coe, "Ionesco.
A Study of bis Plays", Methuen, London 1971, pp. 149-52.
Nota 154. Vedi pp. 473-543.
Nota 155. Insomma sono per il classicismo ("Note e contronote" cit., p. 125). Si
tratta delle risposte alle domande poste da �Bref�, che comparvero su questa
rivista il 15 febbraio 1956.
Nota 156. Citato da P. Surer, "Le th��tre fran�ais Contemporain", Sedes, Paris
1964, p. 487.
Nota 157. Vedi p. 541.
Nota 158. Vedi p. 543. Nella prima versione della commedia, egli affermava: �Mio
Dio, non si pu� fare niente!... Che cosa si pu� fare... Che cosa si pu� fare...�
("Teatro I", Einaudi, Torino 1961, p. 587).
Nota 159. Vedi p. 652.
Nota 160. Vedi "Teatro II", Einaudi, Torino 1963, pp. 369-84.
Nota 161. "L'ira" fu messa in scena da Sylvain Dhomme nel film del 1961. Per
maggiori informazioni vedere il Commento relativo a "Delirio a due", t. II, p. 809
e nota 1. [La sceneggiatura di "L'ira" � pubblicata in italiano in "La foto del
colonnello" cit., pp. 147-56. N.d.T.].
Nota 162. L'opera "Maximilien Kolbe", libretto di Ionesco e musica di Dominique
Probst, fu rappresentata per la prima volta a Rimini il 20 agosto 1988. Presenta
quattro personaggi principali, un coro di voci bianche e dodici comparse, e rievoca
la sorte d'un �francescano conventuale polacco deportato ad Auschwitz, che
nell'agosto 1941 offr� volontariamente la propria vita al posto di quella d'un
padre di famiglia condannato, con altri nove ostaggi, a morir di fame a causa
dell'evasione d'un prigioniero�. "Maximilien Kolbe", testo originale con traduzione
italiana di Gian Renzo Morteo, Guaraldi/Meeting per l'amicizia fra i popoli, Rimini
1992.
Nota 163. "Antidoti" cit., p. 197.
Nota 164. Ibid., p. 63. Dobbiamo ricordare qui l'animosit� di Ionesco nei confronti
di Sartre al quale il drammaturgo rivolge parecchi rimproveri; primo: - "L'essere e
il nulla" esprimeva una �morale imperialista� - ogni individuo volendo �fare
dell'altro il proprio oggetto, il proprio strumento� - morale che si accostava a
quella del �mondo nazista: fra le persone ci sono solo rapporti d'imperialismo e di
colonizzazione�. Secondo rimprovero: �avere conosciuto - gliel'aveva data David
Rousset - tutta la documentazione sui campi di concentramento sovietici e [...]
avere detto, come sembra: "Non ne far� cenno, perch� farebbe troppo piacere ai
borghesi". Per non far piacere ai borghesi, lasciava morire milioni e milioni di
uomini nella Russia sovietica, senza protestare, e questo mi sembra un po'
eccessivo. Ma questo non gli ha impedito di diventare gauchiste in seguito, nel
momento in cui la gente � diventata gauchiste�. Ionesco aggiunge di aver molto
amato Sartre nel 1945-46 e persino di �aver tratto nutrimento da lui�, senza per�
parlare d'influenza. Alla fine conclude: �Sono un nemico della Storia, mentre
Sartre non lo �, e non capisco bene come sia passato dalla derelizione
all'accettazione della Storia, come rincorra la Storia, come abbia paura di perdere
l'ultimo treno della Storia e come giustifichi la Storia� ("Antidoti" cit., pp.
196-97). Il testo di questo colloquio intitolato "Spiegarsi nell'inspiegabile" fu
dapprima pubblicato su �Le Magazine litt�raire�, n. 81.
Nota 165. Nell'ottobre 1970, il drammaturgo dir�: �Mio padre credeva nel potere.
Credeva nella "Storia". Era una sorta di Jean-Paul Sartre pi� istintivo. Egli si
credeva nel senso della Storia. E, in effetti, lo era. Ne assumeva tutti gli
errori� ("Antidoti" cit., p. 82).
Nota 166. "Il mondo � invivibile", Spirali, Milano 1989, p. 9. Il colloquio
accordato a Philippe Sollers avvenne nel luglio 1978.
Nota 167. Quando fa questa dichiarazione, Ionesco � sotto l'influsso d'un'opera di
Philippe Nemo, "Job ou l'Exc�s du mal" (Grasset, Paris 1978), che lo ha
profondamente colpito. Ne fece una recensione su �Le Quotidien de Paris� dell'8
giugno 1978.
Nota 168. Colloquio con l'autore, maggio 1986.
Nota 169. Vedi rispettivamente t. I, pp. 669-703 e t. II, pp. 795-804.
Nota 170. Sono di certo posteriori all'articolo intitolato "G�rard Schneider e la
pittura" (1961), in "Note e contronote" cit., pp. 176-81.
Nota 171. "La mano dipinge", Cappelli, Bologna 1987, p. 51.
Nota 172. "La mano dipinge" cit., p. 52.
Nota 173. Ibid.
Nota 174. Ibid, p. 53.
Nota 175. "Pourquoi je peins" ["Perch� dipingo"], colloquio di Ionesco con Giovanni
Lista, in �Ligeia� n. 2, 1988, p. 120.
Nota 176. "Il mondo � invivibile" cit., p. 28.
Nota 177. Ibid., p. 30.
Nota 178. Ibid., p. 93.
Nota 179. "Il mondo � invivibile" cit., p. 60.
Nota 180. Ibid.
Nota 181. Ibid., p. 93.
Nota 182. Di fatto, Ionesco riprende qui una formula di Cioran (ibid., p. 36).
Nota 183. "Briciole di diario", in "Passato presente" cit., p. 30.
Nota 184. "Il mondo � invivibile" cit., p. 7.
Nota 185. "Briciole di diario", in "Passato presente" cit., p. 31.
Nota 186. Colloquio con l'autore, maggio 1986.
Nota 187. Su questo punto, vedere i Commenti relativi a "L'uomo con le valigie" (in
particolare �Prospettive sul mito e il sogno�, t. II, pp. 938-40) e a "Viaggi tra i
morti", ibid., pp. 959-61.

CRONOLOGIA.

La presente cronologia non mira a separare in modo sistematico i dati essenziali da


quelli accessori, n� ad istituire una gerarchia fra ci� che ha contraddistinto la
biografia e l'opera dello scrittore. Essa consiste, per lo pi�, in un'enumerazione
di fatti della sua vita pubblica.
Per uno studio pi� approfondito, si far� riferimento a diversi testi di Ionesco,
che offrono larghi squarci sul suo mondo interiore: "Briciole di diario" (1967),
Passato presente (1968), "D�couvertes" ["Scoperte"] (1969), "Il mondo � invivibile"
(1979), "Souvenirs et derni�res rencontres" ["Ricordi e ultimi incontri"] (1986),
"La ricerca intermittente" (1987), ai quali vanno aggiunti i numerosi colloqui
accordati a giornalisti e letterati. In particolare si potr� consultare il lavoro
pubblicato da Claude Bonnefoy, "Entretiens avec Eug�ne Ionesco" ["Colloqui con
Eug�ne Ionesco"] (Belfond, Paris 1966). Non sar� inutile rifarsi a "Non" (tradotto
in francese nel 1986), a "Note e contronote" (1962, nuova edizione nel 1966) il cui
studio � fondamentale per la comprensione dell'estetica di Ionesco, della sua
carriera, dei suoi diverbi con la critica, e di cinque commedie ch'egli commenta.
Due raccolte, infine, "Il mondo � invivibile" (1979) e "Antidoti" (1977),
illuminano il suo pensiero politico, gi� delineato in altre opere.

1880.
Nascita di Th�r�se Ipcar, madre del drammaturgo. Suo padre (1) lavorava nella
societ� delle ferrovie romene in qualit� d'ingegnere.

1881.
Nascita a Iasi, in Moldavia, di Eugen Ionescu (2), padre del drammaturgo. Eugen �
figlio di Sofia Popescu e di Nicola Ionescu che, dopo aver lasciato la provincia
per continuare gli studi a Bucarest, fu nominato professore di disegno industriale
a Iasi. In seguito, divenne vicedirettore d'una scuola d'arti e mestieri a
Bucarest.

1906-1907.
Matrimonio di Th�r�se Ipcar e di Eugen Ionesco a Bucarest (3), secondo la liturgia
ortodossa.
Eugen si laurea in legge all'Universit� di Bucarest. Pi� tardi, diventer� dottore
alla facolt� di legge di Parigi. Molto giovane, avr� il posto di sottoprefetto a
Urse, vicino a Slatina, per circa un anno, in una data anteriore al 1909.
Successivamente, eserciter� a Slatina le funzioni di sostituto del prefetto.

1909.
26 novembre (il 13 secondo il calendario ortodosso): nascita di Eugen Ionescu a
Slatina, citt� della Muntenia, posta sull'Osam, a centocinquanta chilometri ad
ovest di Bucarest (4). Esegeti e biografi collocano la sua nascita nel 1912.
L'errore � dovuto ad una �civetteria� dell'autore. Questi ci confid� di essersi
ringiovanito di tre anni dopo aver letto una dichiarazione del critico Jacques
Lemarchand che, agli albori degli anni cinquanta, salutava l'avvento d'una nuova
generazione di "giovani" autori, tra i quali figuravano Ionesco e Beckett!

1911.
La famiglia Ionescu si sistema a Parigi. Il padre, che prepara il dottorato in
legge, si assenta talvolta dal domicilio coniugale e soggiorna all'albergo, dice,
per �lavorare in santa pace�. I genitori di Th�r�se Ipcar d�nno un sostegno
finanziario alla giovane coppia.
11 febbraio (il 29 gennaio secondo il calendario ortodosso (5)); nascita di
Marilina, sorella d'Eug�ne. Il drammaturgo si ricorda di lei come d'una persona
poco dotata per gli studi.

1913 (6).
Nascita d'un terzo bambino, Mircea che, a diciotto mesi, morir� di meningite.

1916.
17 agosto: la Germania dichiara guerra alla Romania. Eugen Ionescu ritorna a
Bucarest, lasciando la famiglia a Parigi. Occupa il posto d'ispettore alla Pubblica
sicurezza. La Romania, su cui regna il re Ferdinando, entra in guerra a fianco
degli Alleati (l'Intesa, 28 agosto) e occupa la Transilvania austro-ungarica.
Qualche mese dopo, bulgari e tedeschi la costringono al ritiro e alla disfatta.
Bucarest � occupata il 6 dicembre. Il 7 maggio 1918 la Romania firma il trattato di
Bucarest.
Eugen Ionescu divorzia con il pretesto che la moglie avrebbe abbandonato il
domicilio coniugale. Di fatto, rimasta priva di notizie del marito, Th�r�se ignora
persino il divorzio di cui � l'oggetto. Sprovvista di mezzi, sottost� a lavori
penosi per sopperire ai bisogni della'famiglia. Eug�ne, che ha sette anni,
soggiorna per parecchi mesi in un istituto per bambini vicino a Parigi (forse a
Longjumeau). Questa separazione lo rende profondamente infelice, tanto pi� che non
tollera la vita comunitaria (7).

1917 (8).
Il padre sposa Elena Buruiana (9) a Bucarest, lasciandola all'oscuro, a quanto
pare, del fatto di avere due figli.
Dal 1917 al 1920, � ispettore generale sotto il regime del conservatore filotedesco
Alexandru Marghiloman.

1918.
Th�r�se ed i figli risiedono in un albergo, l'H�tel du Nivernais, in rue Blomet (XV
arrondissement). Eug�ne frequenta la scuola comunale che si trova nella stessa
strada. Per�, dopo l'esplosione di una bomba nel giardino Vaugirard, Th�r�se, per
precauzione, colloca i bambini in campagna, presso dei contadini. Eug�ne, anemico,
aveva del resto bisogno di cambiar aria.
Eug�ne e la sorella, dal 1917 al 1919, soggiornano nella Mayenne, alla Chapelle-
Anthenaise, vicino a Laval. Questo periodo segn� profondamente il futuro scrittore.
Le pagine di diario intitolate "Primavera 1939" e le prime righe di "Briciole di
diario", rievocano quest'oasi di pace e l'attaccamento del bambino al suo maestro
(Fran�ois Gu�n�), ai contadini (�pap� Baptiste e �mamma� Jeannette), alla loro
figlia Maria, ed alla fattoria battezzata Il Mulino. Questo luogo campestre,
intessuto come una filigrana nell'opera di Ionesco, rimane per lui un sinonimo del
paradiso perduto. In questi luoghi il regista Heinz von Cramer gir� la maggior
parte del film intitolato "La melma". Sono pure rievocati: il direttore della
scuola - il signor Loiseau -, Maurice, il curato, ed un inquilino americano,
professore di danza, il cui reggimento aveva sistemato le cucine nel villaggio
(10).

1920.
Eugen Ionescu � nominato avvocato a Bucarest. Questo padre versatile, che riesce ad
affermarsi sotto gli opposti regimi che si susseguono in Romania (11), compare in
"Vittime del dovere" e soprattutto in "Viaggi tra i morti", dove il drammaturgo lo
rievoca a lungo e senza troppi riguardi.

1922.
Eug�ne frequenta la scuola di rue Dupleix. L'appartamento che Th�r�se divide con i
genitori � piccolo, umido e buio. Si trova in rue de l'Avre (nel XV
arrondissement), vicino a quello della �zia Sabine�. Sabine Peytavi de Faug�res,
dentista e proprietaria di tre gabinetti dentistici, �riceve gente del bel mondo�
(12), e in particolare Edouard Herriot, al numero 8 di rue Clodion. Questa signora,
che fu direttrice di clinica all'ospedale Broussais, ebbe tre mariti: Gutin, poi il
medico Gaston Leroy e Gustave Peytavy de Faug�res, monaco spretato e scrittore, il
quale decise di farsi frate con l'assenso della famiglia. Dapprima parti per
Gerusalemme, poi, nel 1937, divenne padre san Salvador in Cile, dove mor�. Sabine
compare nelle sembianze poco attraenti di Adelaide, demente megalomane, in una
scena di "La fame e la sete" (primo episodio). Chiamata in giudizio alla
Liberazione come collaborazionista - aveva sostenuto Mussolini a cui inviava dei
telegrammi - fu prosciolta. Verso la fine della vita, indebolita da una congestione
cerebrale, afasica, sempre pi� stramba, dette fuoco al suo alloggio, ma i pompieri
domarono rapidamente l'incendio. Mori nel manicomio di Saint-Anna, il giorno stesso
del suo ricovero (13).
Maggio: partenza per Bucarest (14). Eug�ne deve imparare il romeno, che fino a quel
momento ignorava (15). Pu� allora frequentare Sf�ntul Sava (il liceo ortodosso San
Saba).
Contrasti con la matrigna. Eug�ne e la sorella la chiamano �signora Ionesco� e non
�zia� come vorrebbero le usanze. D�nno del voi al padre, secondo la consuetudine.
Episodio curioso ma sintomatico, Elena, che non tollera la presenza fisica del
marito, pretende che Marilina dorma fra loro due. In seguito, dopo essere stata
scacciata dalla matrigna, Marilina si ricongiunger� con la madre ritornata a
Bucarest, dove vive in un alloggio angusto. Una nipote di Elena prende il posto di
Marilina nel letto coniugale (16). Il marito di Elena si prende allora come amante
una domestica zingara, a cui regaler� un appartamento (17).

1926.
Stanco dei gravi conflitti che l'oppongono al padre (non si accordano n� sulla
professione cui Eug�ne aspira, n� sulla letteratura, n� sulla politica), Eug�ne
abbandona la casa paterna, dopo uno scontro tempestoso. Come egli stesso riconosce,
i suoi conflitti personali trovano un'eco in "Vittime del dovere" e in "Viaggi tra
i morti". Questo padre irascibile, colpevolizzante, impulsivo e sovente
irresponsabile, per cui il figlio nutre rancore se non odio, si dimostra violento
con i domestici e con gli inquilini, che gli accade di prendere a calci. L'abuso
resta impunito: l'ex ispettore generale alla Pubblica sicurezza poteva comportarsi
come gli pareva.
A diciassette anni, Eug�ne ritorna nel domicilio della madre. Dispone per� di una
camera ammobiliata in casa di una zia, Marilina Marescu, maestra, sorella del
padre. Vive grazie ad una borsa di studio ottenuta per l'intervento paterno presso
una fondazione diretta da Tzigara Samurcas.
Th�r�se Ipcar, funzionaria alla Banca nazionale di Romania, � la segretaria di
Charles Rist che l'ha assunta per la sua conoscenza del francese. Secondo Ionesco,
questo funzionario francese aveva avuto l'incarico di vegliare sui pagamenti del
prestito contratto dallo Stato romeno, che non sempre rispettava le scadenze.
Impiegata stimata alla banca, Th�r�se vi fece assumere la figlia come dattilografa,
allorch� costei interruppe gli studi secondari. (Marilina trascorrer� il resto
dell'esistenza in Romania. Dopo il ritorno del fratello in Francia nel 1938, avr�
con lui scarsi rapporti epistolari. Tuttavia Ionesco sa che si spos� due volte e
non ebbe figli).
Al liceo Eug�ne scopre la poesia di Tristan Tzara. Per chiarire la spiegazione con
un esempio, il professore di letteratura legge in classe "Su una ruga del sole" con
l'intenzione di mettere in ridicolo la poesia moderna. L'effetto prodotto non �
quello auspicato: Eug�ne corre a comprarsi l'opera di Tzara. Nella stessa epoca,
scopre i poeti surrealisti: Breton, Soupault, Aragon e Crevel. Primo della classe
in francese, Eug�ne sta in coda nelle materie scientifiche. Il padre, che riserva
sarcasmo e disprezzo alle poesie del figlio, sovente fa irruzione in camera sua per
�ispeziona[rgli] i [...] quaderni� (18). Pretende che il figlio diventi ingegnere e
gli fa dare lezioni private. Inoltre, affinch� Eug�ne abbia le migliori probabilit�
di successo, gli fa sostenere gli esami di licenza a Craiova.

1928.
Eug�ne ottiene la licenza liceale.

Esordi poetici su �Bilete de papagal� (�Biglietti di pappagallo�), rivista


quotidiana, celebre per via del minuscolo formato, diretta dal poeta Tudor Arghezi.
La rivista prescrive un genere nuovo, il �biglietto�.

1929.
Ingresso alla facolt� di lettere di Bucarest e preparazione di una laurea in
francese.
Ionesco aveva rapporti tesi con il suo professore d'estetica, Michael Dragomirescu,
che contraddiceva in pubblico. Si era cos� fatta la fama di contestatore estremista
e originale, tanto che i compagni lo chiamavano �il pazzo di Dragomirescu�
(confidenza della signora Ionesco) e venivano ad assistere allo spettacolo.
Tuttavia, le vedute di Ionesco e del suo professore coincidevano su un punto
preciso: entrambi dissociavano del tutto la vita dall'opera: l'�Io profondo� e
l'�Io sociale� non si saldavano, lo scrittore e l'uomo di mondo restavano separati
da un abisso.
A quest'epoca, Eug�ne incontra Rodica Burileanu, studentessa di filosofia e legge,
figlia di Mihail Burileanu (19), direttore d'un giornale influente intitolato
�Ordinea� (�L'Ordine�), e nipote di vari personaggi importanti: Tilica Burileanu,
alto funzionario alla Banca nazionale, Stefano (20), generale e docente alla Scuola
politecnica di Timisoara, Dimitri Burileanu, professore di greco all'Universit� di
Bucarest, e Ottavio Burileanu, pediatra (21).

1930.
Primi articoli sulle riviste �Fapta� (�Il fatto�), �Viata Literara� (�La vita
letteraria�) e �Zodiac� (�Zodiaco�, sul numero 10 del 24 dicembre, Ionesco pubblica
un articolo su Ilarie Voronca).

1930 o 1931.
Sul piano familiare, un'aspra disputa divide ed oppone la famiglia materna ad Elena
Buruiana che pretende di usufruire della totalit� dei beni del marito mentre,
legalmente, non ne ha il diritto. Non ha paura della giustizia perch�, come dir� il
suo doppio in "Viaggi tra i morti", sa che quell'abile avvocato ch'� suo �marito �
al di sopra della legge, lui l'aggira, la legge� (22).
Gli altri membri del clan Buruiana, i fratelli di Elena, Costica e Mitica, nella
memoria del drammaturgo rimangono associati alla corruzione, all'immoralit�, al
dispregio della dignit� e della vita umana. Uno dei due, diventato alto
funzionario, si sarebbe arricchito depredando i contadini. L'altro, di professione
capitano, si sarebbe reso responsabile della condanna a morte di parecchie persone
(23).

1931.
Elegie per esseri minuscoli (opuscolo di versi, in romeno, che rivelano l'influenza
di Francis Jammes e di Maeterlinck, apparso presso le Edizioni Cercul Analelor
Rom�ne di Craiova).
Secondo l'autore, all'incirca nel 1931 lesse Faulkner ("Santuario", 1931) e Proust.
Tiene infatti una conferenza che ha per tema la psicologia e lo stile di Proust.
Sempre secondo l'autore, Shestov lo colpisce profondamente e gli rivela la
spiritualit� ortodossa. Scopre anche Schopenhauer, ed � sedotto dalla sua visione
dell'estetica come salvezza: l'arte libera l'intelletto dalla schiavit� cui la
�volont� lo sottopone.
Legge "Il tramonto" dell'Occidente di Spengler e passi delle opere di Plotino. Il
giovane Ionesco condivide il senso di colpa che Plotino prova nei confronti del
corpo. La sessualit� � l'equivalente del male. In seguito, il drammaturgo la
percepir� come uno sprofondamento nella materia, nel fango. Il senso di colpa
risale alla sua infanzia (24).
Durante gli studi universitari Ionesco legge anche Keyserling. Questi divideva
l'Europa in varie zone culturali, assegnando la Romania alla civilt� bizantina,
idea che Ionesco rifiutava. Inoltre, aggiunge: �Io non mi sentivo romeno. Mi
sentivo pi� vicino al buddhismo� (25). Aveva scoperto questa mistica sotto
l'influenza di Eliade? Erano in molti, allora, ad interessarsi di buddhismo.
Legge infine Caragiale, Creanga - autore di ricordi d'infanzia raccontati con
umorismo - Henri Faucillon e le pagine di Hegel dedicate all'estetica.

1929-1935.
Intensa attivit� di poeta e di critico su diverse riviste: �Azi� (�Oggi�),
settimanale progressista, in cui trovava voce la giovane generazione in campo
letterario, artistico e critico, diretto dallo scrittore Zaharia Stancu. - �Axa�
(�L'Asse�). - �Critica� (�La Critica�), settimanale antifascista diretto dal
pittore Labin. - �Floarea de foc� (�Il fiore di fuoco�). - �Ideea Rom�neasc�
(�L'Idea romena�). - �Rom�nia Literara� (�La Romania letteraria�), settimanale di
letteratura, arte e cultura, aperto a tutte le tendenze. Questa rivista autorevole
era diretta dallo scrittore Liviu Rebreanu. - �Vremea� (�Il Tempo�), settimanale
eclettico diretto da Vladimir Donescu. Articoli di politica, societ� e cultura. -
�Viata Literara� (�La Vita letteraria�), mensile diretto dal poeta G. Murnu. -
�Zodiac� (�Zodiaco�).
1932: seconda edizione di "Elegie per esseri minuscoli", questa volta a Bucarest.
1933: collabora a varie riviste, fra le quali �Facla� (�La Fiaccola�) e �Rampa�
(�La ribalta�).
1934: consegue la "Capacitate" in francese (26), mentre la sua futura moglie
ottiene la Capacitate in filosofia.
Pubblicazione di "Nu" (27) ["No"]. Il volume raccoglie articoli dedicati ai poeti
Tudor Arghezi e Ion Barbu, al romanziere Camil Petrescu - influenzato dall'opera di
Proust - e una confutazione sarcastica del critico Serban Cioculescu. Contiene
inoltre un lungo ragionamento sull'identit� dei contrari ed un epilogo intitolato
"La Mort mensonge. Finale m�lodramatique" ["La Morte menzogna. Finale
melodrammatico"]. Quest'opera sprizzante umorismo, ci mostra uno Ionesco
iconoclasta, pronto a duellare con le autorit�, amante del paradosso, delle formule
brillanti o divertenti, virtuoso �nell'arte della contraddizione�, amante del
sarcasmo e della buffoneria. Ionesco apprezza gi� �lo straordinario, elemento
essenziale di qualsiasi opera letteraria di valore� (28). Questi saggi degni d'uno
stratega avveduto, che se la prendeva con i valori consacrati e graffiava parecchi
personaggi in vista (tra i quali Mircea Eliade, orientalista, romanziere e capofila
della giovane generazione), fecero scandalo; essi lasciano presagire l'autore di
"Note e contronote" e della "Cantatrice calva". L'originalit� dimostrata da Ionesco
ebbe un riconoscimento nel premio delle Edizioni delle Fondazioni regie,
assegnatogli da una giuria presieduta dal teorico Tudor Vianu.

1936-1938.
Ionesco insegna a Cernavoda, porto danubiano e sede di guarnigione. Vi risiede
soltanto tre giorni la settimana. Pubblicazione di "Victor Hugo (Critica)", una
sessantina di pagine apparse su �Ideea Rom�neasca� (�L'Idea romena�), nn. 2-4 e 5-
10. Gli scritti costituivano la prima parte di una biografia, che non sar� mai
portata a termine, dei primi quarantaquattro anni (1802-46) della vita di Victor
Hugo. Il saggio era stato dapprima annunciato su �Facla�, il 30 novembre 1935, con
un titolo provvisorio: "Victor Hugo ovvero genio, amore, follia e morte ovvero la
Vita solenne di Victor Hugo". Poi il 7 febbraio 1936, �Facla� annunciava "La Vita
grottesca e tragica di Victor Hugo", precisando che i tre quarti del volume
sarebbero stati consacrati all'�agonia� del poeta. Finalmente, il numero del 9
luglio 1936 dichiarava: �Il nostro collaboratore, Eug�ne Ionesco, professore di
francese a Cernavoda, lavora a "Vita e Morte di Victor Hugo"� (29).
8 luglio 1936: Eug�ne sposa Rodica Burileanu a Bucarest. La cerimonia religiosa
avviene il 12. Ecco quel che ne dice Ionesco nel 1986: �Mio padre era venuto con
tutta la sua famiglia d'acquisto, cognati, cognate, i quali non avevano alcuna
ragione d'essere l�, soprattutto sua moglie. Mia suocera fece invitare Marilina, la
sorella di mio padre, con la quale egli era in rotta. Lei stessa, per
controbilanciare il peso della famiglia di mio padre, invit� dei cugini che vedevo
di rado e con i quali non avevo niente in comune: professori d'universit�, Elena,
direttrice del pi� grande ed elegante liceo di Bucarest, giovani diplomatici.
Eleonora, la seconda moglie di mio padre, si pavoneggiava impunemente, mia madre,
poveretta, piccolina, vestita modestamente, stava zitta nel suo angolo. Cose e
persone non erano al loro posto. Sicch� la madre di mia moglie, i cugini di
Marilina, la sorella di mio padre, attorniarono la mamma, che in tal modo si sent�
molto consolata. Ma nessun amico: due famiglie ostili l'una di fronte all'altra�
(30). Viaggio di nozze a Costanza - porto e stazione balneare sul Mar Nero - e in
Grecia.
Ottobre 1936: Th�r�se Ipcar muore di congestione cerebrale. Ionesco insegna al
seminario ortodosso di Curtea de Arges, fino a Natale, poi al seminario centrale di
Bucarest.
E' comandato al ministero dell'Educazione nazionale, dove dirige il servizio delle
relazioni con l'estero.
25 dicembre 1937: pubblicazione d'un articolo intitolato "Un certo Van Gogh".
L'interesse per l'arte figurativa si rinnover� pi� tardi. Ionesco comincer� a
dipingere alla fine degli anni sessanta (vedi "D�couvertes", 1969).
Dal 1937 al 1938 tiene la rubrica della critica sulla rivista �Facla� (�La
Fiaccola�), settimanale democratico e antimonarchico. Collabora a �Universul
Literar� (�L'Universo letterario�), a �Rampa� (�La ribalta�), quotidiano di teatro,
letteratura ed arte, e a �P�rerile Libere� (�Opinioni libere�).
9 gennaio 1938: pubblicazione di un articolo su �Vremea�, "Il vocabolario della
critica", che esamina il linguaggio dell'esegesi. Annata decisiva, nella quale
maturer� il ritorno in Francia di Ionesco. Egli ottiene una borsa dall'Istituto
francese di Bucarest per preparare una tesi di dottorato su �il peccato e la morte
nella poesia francese dopo Baudelaire�, sotto la direzione di Maurice Levaillant.
Ionesco aveva orientato la sua scelta su Verlaine, Rimbaud, Lautr�amont, Samain,
Mallarm� e Val�ry. Questa tesi non sar� mai portata a termine, e neppure seriamente
cominciata.
24 settembre 1938: pubblicazione, sul numero 32 della rivista �Universul Literar�,
di "Diario". In dicembre, il n. 12 di �Viata Rom�neasca� pubblica "Lisa, frammento
di romanzo" e "Lettere da Parigi".

1939.
Da Parigi dove risiede, Ionesco invia articoli all'autorevole rivista mensile di
letteratura e scienze �Viata Rom�neasca� (�La Vita romena�), diretta dal filosofo
Mihai Ralea: nel n. 2, in febbraio, scrive su Cocteau; nel n. 4, in aprile, su
Emmanuel Mounier e Jean Giraudoux; e nel n. 6, in giugno, su "Ondine".
Incontra Henri Thomas e frequenta il gruppo della rivista �Esprit�. In primavera,
ritorno a La Chapelle-Anth�naise (31).

1940-1944.
Pubblicazione di "Lettere da Parigi, diario", in �Viata Rom�neasca� (n. 2,
febbraio) e di "Pagine di diario strappate" in �Universul Literar� (n. 19, 4
maggio).
La signora Ionesco rientra in Romania nel giugno 1940 e suo marito in agosto.
Bench� sia mobilitato, insegna al liceo San Saba. Secondo l'autore, deve
quest'assegnazione ad un generale che non voleva il sacrificio dell'intellighenzia
come nel 1914.
Maggio 1942 o 1943 (32): ritorno in Francia. La coppia Ionesco si sistema a
Marsiglia e risiede all'H�tel de la Poste. Gravi difficolt� finanziarie. Di quando
in quando Ionesco effettua delle traduzioni per la legazione romena installata a
Vichy. Insieme con Gabrielle Cabrini, compie la traduzione e la prefazione del
romanzo "Urcan Batr�nul" ["Padre Urcan"] di Pavel Dan (1907-37) che verr�
pubblicato a Marsiglia, nel 1945, dall'editore Jean Vigneau.
Ionesco stringe amicizia con Jean Ballard, con il critico Jean-Gabriel Gros e con
Jean Tortel.
1944: la signora Ionesco, in cura a Vichy, cade dalla bicicletta: la figlia Marie-
France nascer� prematuramente il 26 agosto alla clinica La Pergola. Ionesco riceve
la notizia della nascita tramite la Croce Rossa.

1945-1947.
Ritorno a Parigi, nel marzo 1945, al n. 38 della rue ClaudeTerrasse (XVI
arrondissement) dove la famiglia Ionesco risieder� fino al 1960.
16 settembre 1945: visita di Mircea Eliade che la ricorda brevemente nelle sue
memorie: �Ritrovai Rodica ed Eug�ne Ionesco, in capo a cinque anni; cenai nel loro
appartamento della rue Claude-Terrasse, dove Rodica mi mostr� con fierezza Marie-
France che aveva appena compiuto un anno� (33).
Il padre di Ionesco � un sostenitore del Partito comunista romeno. Dal 1945 al 1949
Ionesco traduce Urmuz, poeta romeno ch'egli considera un precursore del
surrealismo.
Pubblicazione, nel marzo 1946, sul n. 3 di �Viata Rom�neasca� di "Frammenti d'un
diario intimo".
1945-47: una parente concede un aiuto finanziario alla famiglia Ionesco.

1948.
Ottobre o novembre: morte, a Bucarest, di Eugen Ionescu. Per un certo tempo, Eug�ne
� magazziniere presso Ripolin, fabbricante di vernici. In seguito, diventer�
correttore di bozze, e lo rimarr� fino al 1955, da Durieu. Questa importante casa
editrice giuridica e medica pubblica il �Juris Classeur�, �La Semaine juridique� ed
enciclopedie medico-chirurgiche. Retrospettivamente, Ionesco ritiene che questo
impiego gli sia stato doppiamente utile: da un lato, lo rese molto attento ai
dettagli dei testi; dall'altro, lo rese ricettivo alla parlata quotidiana infarcita
di stereotipi e di tic.
Ionesco scrive un abbozzo di "La cantatrice calva" tradotta dalla versione romena:
"Englezeste fara profesor" ["L'inglese senza professore"]. Marie Saint-C�me, figlia
di Eug�ne Lovinesco, gli fa conoscere Nicolas Bataille.

1950.
11 maggio: prima rappresentazione di "La Cantatrice chauve", al Th��tre des
Noctambules, regia di Nicolas Bataille. Ionesco aveva messo di suo cinquecentomila
franchi per far rappresentare la commedia che, sulle prime, non ebbe affatto
successo. Fu per� apprezzata da Andr� Breton e Philippe Soupault, che la
consideravano d'ispirazione surrealista.
Ionesco stringe amicizia con Breton, Bu�uel, Adamov e Maurice de Gandillac.
Frequenta Mircea Eliade che, dal 1945, insegna alla �cole des Hautes �tudes, dopo
essere stato professore di filosofia all'Universit� di Bucarest dal 1933 al 1940, e
aver esercitato le funzioni di addetto culturale a Londra e a Lisbona.
Ionesco ottiene la cittadinanza francese. Scrive "La Le�on", "Jacques ou la
soumission" e "Les Salutations".
4 agosto: prima rappresentazione di "I demoni" di Dostoevskij - nell'adattamento di
Akakia Viala e Nicolas Bataille - al Th��tre de l'Oeuvre. Ionesco vi interpreta la
parte di St�pan Trofimovitch, sotto la direzione di Bataille.

1951.
20 febbraio: prima rappresentazione di "La Le�on", al Th��tre de Poche, regia di
Marcel Cuvelier.
Aprile-giugno: scrive "Les Chaises", "Le Ma�tre", "Le Salon de l'automobile"
(sketch radiofonico) e "L'avenir est dans les oeufs". Ionesco aderisce, per il
gusto della bizzarria, dell'avventura e del nichilismo, al Collegio di patafisica
di cui rimarr� membro fino al 1973 o 1974. E' un �Satrapo trascendente� come Boris
Vian, Raymond Queneau, Jacques Pr�vert, Marcel Duchamp e Michel Leiris. Il Collegio
di patafisica fu fondato nel 1948 da Emmanuel Paillet e Maurice Saillet, direttore
letterario al Mercure de France e specialista dell'opera di Jarry. Saillet �
deceduto il 13 agosto 1990.

1952.
22 aprile: prima rappresentazione delle "Chaises" al Th��tre Lancry. Regia di
Sylvain Dhomme.
Settembre: stesura di "Victimes du devoir".
7 ottobre 1952-26 aprile 1953: ripresa di "La Cantatrice chauve" e di "La Lepon" al
Th��tre de la Huchette.
Il n. 7 dei �Cahiers du Coll�ge de Pataphysique� pubblica un estratto di "La
Cantatrice chauve".

1953.
Febbraio: "Victimes du devoir" al Th��tre du Quartier Latin. Regia di Jacques
Mauclair, scene di Ren� Allio, musica di Pauline Campiche.
11 agosto: Jacques Poli�ri (34) mette in scena "Sept petits sketches" al Th��tre de
la Huchette, e precisamente: "Les Grandes Chaleurs" da Caragiale, "Le Salon de
l'automobile", "La Ni�ce-�pouse", "Le Ma�tre", "La Jeune Fille � marier", "Les
connaissezvous?", "Le Rhume onirique". I critici sono discordi. Claude Bonnefoy
(35) e Philippe S�nart (36) non menzionano "Le Ma�tre", al quale sostituiscono
"L'avenir est dans les oeufs". I testi di "Les Grandes Chaleurs" (37), "Le Rhume
onirique" e "Les connaissez-vous?" erano andati smarriti, ma recentemente sono
stati ritrovati dal curatore e vengono pubblicati per la prima volta in occasione
della presente edizione italiana. I sette sketches rivelarono uno Ionesco ancora
poco conosciuto e contribuirono a consolidare la sua fama d'autore bizzarro,
sbalorditivo ed esplosivo: Audiberti paragon� lo spettacolo ad un bang supersonico!
Pubblicazione del primo volume del "Th��tre", per le �ditions Arcanes, con una
prefazione di Jacques Lemarchand.
Agosto: Ionesco risponde ai critici che hanno stroncato "La Cantatrice chauve" e
"La Le�on". L'articolo, apparso su �Arts�, ha per titolo: "L'Invraisemblable,
l'insolite, mon univers" ["L'inverosimile, l'insolito, il mio universo"] e
definisce una nuova estetica. A Cerisy-la-Salle, stesura di "Am�d�e ou Comment s'en
d�barasser".
14-16 settembre: stesura a Parigi di "Le Nouveau Locataire". Rottura con Adamov, di
cui si trovano tracce in "Voyages chez les morts".
Sulla rivista �Itinerari�, anno primo nn. 5-6, ottobre-dicembre (pp. 29-40),
compare l'articolo di Gian Renzo Morteo "Il teatro di Ionesco astratto per
inverisimiglianza". E' questo il primo saggio breve pubblicato in Italia sul
drammaturgo francese; vi sono esaminati tutti i testi pubblicati a Parigi nello
stesso 1953 dalle �ditions Arcanes, da "La cantatrice calva" fino a "La ragazza da
marito" (38).

1954.
Si tratta d'un anno decisivo: Gallimard pubblica il "Th��tre I" e �La Nouvelle
Revue fran�aise� il suo primo racconto, "Orifiamme" (39).
14 aprile: prima rappresentazione di "Am�d�e ou Comment s'en d�barasser" al Th��tre
de Babylone, con la regia di Jean-Marte Serreau.
Viaggio ad Heidelberg (40 e stesura di "Le Tableau".
Riceve a Honfleur, citt� natale di Alphonse Allais (41), �il premio secolare
d'orticoltura allaisiana�! Nella vicenda c'entrava il Collegio di patafisica.
Anno difficile per l'autore, che si sente �diviso fra erotismo e rimorsi� (42).

�Il Dramma�, n. 201 del 15 marzo, pubblica un secondo articolo su Ionesco di Gian
Renzo Morteo, che approfondisce i temi del primo saggio.
�La Stampa� dell'11 maggio reca un articolo di Sandro Volta, che riferisce sulla
prima pagina di "Amedeo o Come sbarazzarsene", esprimendo perplessit� ed istituendo
un paragone con "Aspettando Godot" di Beckett.
Sulla rivista torinese �Questioni�, nn. 3-4 di giugno-agosto, appare un altro
articolo di Gian Renzo Morteo, "Il teatro �nuovo� francese", accompagnato dalla
traduzione di "Le sedie", cui segue la presentazione di testi di Tardieu, Adamov e
Sch�had� (43).
Ancora �Il Dramma�, n. 213 del 15 settembre pubblicala traduzione di "La lezione"
insieme ad un commento di Gian Renzo Morteo.

1955.
10 ottobre: prima rappresentazione di "Jacques ou la Soumission" (commedia scritta
nel 1950) e di "Le Tableau" al Th��tre de la Huchette. Regia di Robert Postec.
Stesura de "L'Impromptu de l'Alma".
Prima rappresentazione in Finlandia di "Le Nouveau Locataire" con la regia di
Vivici Bandler.
Viaggio a Londra.

Raul Radice su �L'Europeo� del primo maggio si stupisce che, con la �penuria� di
testi in Italia, nessun capocomico, nessun attore abbia preso in esame le commedie
di Ionesco, di cui sottolinea l'originalit�.

1956.
15 febbraio: risposta ad un questionario predisposto da �Bref�, intitolata:
"Insomma, sono per il classicismo". Ionesco vi d� una definizione del suo teatro:
�Posso dire che il mio teatro � un teatro della derisione. Non voglio deridere un
particolare tipo di societ�. Ma l'uomo� (44). Quest'idea verr� ripetuta vent'anni
pi� tardi alla New York University: �The word that suits me is Theater of Derision�
(45).
20 febbraio: prima rappresentazione di "L'Impromptu de l'Alma" allo Studio des
Champs-Elys�es con la regia di Maurice Jacquemont. Ionesco risponde ai suoi
critici: Jean-Jacques Gautier del �Figaro�, Roland Barthes e Bernard Dort che
scrivono su �Th��tre Populaire� e sono favorevoli all'estetica di Brecht. Seguendo
la tradizione di Moli�re e servendosi della parodia, del grottesco e del ridicolo,
prende in giro il gergo dei suoi personaggi, Bartholomeus I, II e III, dottrinari
travestiti da dottori. Viaggio a Madrid.
23 aprile: compare, sulla prima pagina del �Figaro�, un articolo di Anouilh che
fece scalpore, dal titolo "Du chapitre des �Chaises�" ["A proposito delle
�Sedie�"], in occasione della ripresa della commedia da parte di Jacques Mauclair
allo Studio des Champs-Elys�es.

Ancora Gian Renzo Morteo, su �Il Dramma� di aprile, registra il crescente successo
parigino di Ionesco, mentre su �La Gazzetta del Popolo� di Torino del 20 luglio
Bonaventura Caloro lamenta la disattenzione della critica italiana di fronte ad un
fenomeno ormai di vaste proporzioni.
27 luglio: la Compagnia Franco Parenti-Jacques Lecoq debutta, presso il Piccolo
Teatro della citt� di Milano, con "La cantatrice calva" e "Le sedie". Oltre a
Parenti, gli attori sono Giovanna Galletti, Franca Tamantini, Quinto Parmeggiani,
Camillo Milli, Didi Perego (46). E' la prima comparsa di Ionesco sulle scene
italiane.

Agosto: prima nazionale al Teatro Pirandello di Roma della "Lezione", nell'ambito


di uno spettacolo di atti unici. Interpreti Franco Ressel, Livia Contardi e Anna
Maria Trombello, regia di Enrico Romero.
Settembre: la Terza rete radiofonica trasmette una lettura di alcune scene del
"Salone dell'automobile" e della "Cantante calva" (47), con Lea Padovani e Alberto
Bonucci, regia di Luciano Mondolfo (48).
Ottobre: al Teatro Pirandello di Roma, diretto da Aldo Fabrizi, la Compagnia
Alberto Bonucci, Gianrico Tedeschi, Bice Valori, Monica Vitti, rappresenta "La
cantante calva", traduzione e regia di Luciano Mondolfo. Lo spettacolo intitolato
�Sei Storie da ridere� comprendeva anche atti unici di Feydeau, Courteline, Jean
Tardieu e A. Roussin.

1957.
Ripresa di "La Cantatrice chauve" e di "La Le�on" al Th��tre de la Huchette. Tale �
il successo che le due commedie, diventate dei classici, vi sono rappresentate
ancora oggi.
Maggio: rappresentazione in casa di un argentino, il signor Anchorena, di una
commedia il cui testo � oggi perduto: "L'Impromptu pour la duchesse de Windsor"
(musica di Pierre Boulez); non pubblicata.
23 giugno: "L'avenir est dans les oeufs", al teatro della Cit� Universitaire, regia
di Jean-Luc Magneron.
10 settembre: prima rappresentazione in Francia di "Le Nouveau Locataire", al
Th��tre d'Aujourd'hui (teatro dell'Alliance fran�aise) con la regia di Robert
Postec. Scene di Sin�.
A Londra dove soggiorna, Ionesco scrive "Tueur sans gages". Pubblicazione su �Les
Lettres nouvelles�, in settembre, d'un racconto intitolato "Rhinoc�ros".
24 maggio: al Teatro Gobetti di Torino, la Compagnia Italiana di prosa presenta "La
lezione" nello spettacolo �Storie da ridere�, comprendente atti unici di Feydeau,
Courteline, Flaiano. La regia � di Enrico Romero (49). E' la prima rappresentazione
di un testo di Ionesco a Torino.
27 luglio: "Il nuovo inquilino" � portato in scena al Teatro dei Satiri di Roma
(dovrebbe essere la prima nazionale); nello stesso teatro, il 12 luglio, era stata
rappresentata "La lezione".

1958.
Anno importante per Ionesco. La sua fama, sia in Francia che in Inghilterra, si
consolida. John Calder pubblica a Londra, in una traduzione di Donald Watson, il
primo volume del "Teatro". Gallimard ne pubblica il secondo.
La �Controversia londinese� contrappone il temibile polemista, gi� autore di "Non",
al celebre critico drammatico inglese Kenneth Tynan. Il 22 giugno, in un articolo
dell'�Observer� intitolato "Ionesco: uomo del destino", Tynan, che pure s'era
adoperato per far conoscere il drammaturgo in Inghilterra, crede di scoprire un
�culto di Ionesco� e se ne preoccupa. Il suo teatro, sostiene basandosi sulle
"Sedie" e "La lezione", � �un divertimento marginale. Non � situato sulla strada
maestra� (50) imboccata da Cechov, Arthur Miller e Brecht. Punto sul vivo, Ionesco
replica, in un articolo intitolato "La funzione del drammaturgo", che �un'opera
d'arte non ha nulla da spartire con le dottrine� (51), non offre messaggi
didascalici bens� una testimonianza personale d'ordine affettivo. Il 6 luglio,
Tynan risponde che l'arte non trae origine dal solipsismo. Tynan rifiuta di aderire
ad una �concezione fantastica dell'arte come mondo chiuso, autonomo, responsabile
solo di fronte alle proprie leggi� che sottrae l'autore �ad ogni giudizio di
valore� (52). Infine Philip Toynbee ed Orson Welles si schierano nella controversia
sottolineando i rapporti fra il teatro e la vita sociale (53).
Ionesco scrive "Rhinoc�ros".
Viaggio in Italia dove � invitato dagli Istituti francesi di Roma e di Firenze.

14 febbraio: al teatro-cabaret La Borsa di Arlecchino di Genova, diretto da Aldo


Trionfo, viene rappresentata "La lezione" e, il 21 marzo, "La cantatrice calva".
Seguiranno, il 10 ottobre, "Jacques ovvero la sottomissione" (probabilmente in
prima nazionale), e, l'11 dicembre, "Vittime del dovere".
13 marzo: il Teatro delle Dieci di Torino allestisce "La cantatrice calva"
utilizzando per la prima volta la traduzione di Gian Renzo Morteo appena pubblicata
da Einaudi. Il Teatro delle Dieci, dalla stagione 1958-59 e per un decennio,
arricchir� il suo repertorio con "La ragazza da marito", "Il nuovo inquilino",
"Jacques ovvero la sottomissione", "Amedeo o Come sbarazzarsene". La Compagnia
replicher� pi� di seicento volte La cantatrice calva in diverse citt� italiane
(54).
20 aprile: il Teatro Club di Roma presenta una scelta antologica di scene da varie
opere di Ionesco a cura di Franco Parenti, con la partecipazione di Giulietta
Masina e la presenza in scena dell'autore (che � a Roma su invito del Centre
Culturel Fran�ais).
Sempre ad aprile, la Compagnia diretta da Jean-Marie Serreau recita "Am�d�e ou
Comment s'en d�barrasser" al Teatro Girolamo di Milano.
Luglio: al Festival della Prosa di Venezia, la Compagnia del Th��tre d'Aujourd'hui
recita "Les Chaises" e "La le�on"; regia di Jacques Mauclair e Maurice Cuvelier.
19 novembre: al Teatro Pirandello di Roma va in scena "Vittime del dovere", con la
regia di Enrico Romero.
Presso la casa editrice Einaudi compare il volume "La cantatrice calva e altre
commedie" ("Jacques ovvero la sottomissione", "Le sedie", "La lezione"), prefazione
e traduzione di Gian Renzo Morteo.

1959.
27 febbraio: prima rappresentazione di "Tueur sans gages" al Th��tre R�camier con
la regia di Jos� Quaglio.
Scrive una prefazione per l'adattamento teatrale che Akakia Viala e Nicolas
Bataille hanno tratto dai "Demoni" (�dition �mile-Paul).
Giugno: Ionesco tiene il discorso inaugurale ai "Colloqui di Helsinki sul teatro
d'avanguardia", organizzati dall'Istituto internazionale del teatro.
6 novembre: prima rappresentazione di "Rhinoc�ros" al Schauspielhaus di D�sseldorf,
con la regia di Karl-Heinz Stroux. In Inghilterra, la commedia viene trasmessa
dalla B.b.c. nella traduzione di Derek Prouse.
Dicembre: pubblicazione su �Les Lettres fran�aises� de "Les Salutati�ns", scenetta
composta nel 1950.
Trasloca al n. 114 di rue de Rivoli. Viaggio in Portogallo e a D�sseldorf.
17 gennaio: il Teatro La Cometa di Roma allestisce "Amedeo o Come sbarazzarsene",
con la regia di Luciano Mondolfo e la partecipazione di Elena da Venezia e Gianrico
Tedeschi. La seconda parte dello spettacolo � costituita dalla "Lezione". Antonio
Battistella � il professore (55).
Giugno: al secondo Festival dei Due Mondi di Spoleto viene rappresentata "Sc�ne �
quatre", in prima mondiale.
5 novembre: il Teatro Club porta in scena al Teatro del Loggione di Napoli "La
cantatrice calva", regia di Enrico Vincenti. Nella stagione 1959-60 il Teatro delle
Dieci rappresenta a Torino "Il nuovo inquilino".

1960.
22 gennaio: prima rappresentazione di "Rhinoc�ros" all'Od�on-Th��tre de France.
Regia di Jean-Louis Barrault, scene di Jacques No�l. Ionesco viene dunque
rappresentato in un grande teatro parigino diretto da un regista famoso, attorniato
da attori blasonati (Marie-H�l�ne Dast�, Jean Martin, Jean Par�d�s, Simone Val�re).
Marzo: conferenza intitolata �Propos sur mon th��tre et sur les propos des autres�
[�Sul mio teatro e su ci� che ne pensano gli altri�], tenuta alla Sorbona.
28 aprile: "Rhinoc�ros" a Londra, al Royal Court. Regia: Orson Welles; interpreti:
Laurence Olivier e Joan Plowright. Sempre in aprile: "Apprendre � marcher",
balletto tratto da un soggetto di Ionesco, coreografia di Deryk Mendel, musica di
Malec. Esecuzione dei Ballets modernes di Parigi al Th��tre de l'Etoile.
Viaggi in Brasile e a New York.
Dal 1960 al 1964 la famiglia Ionesco risiede al n. 14 di rue de Rivoli (IV
arrondissement).

31 gennaio: al Ridotto del Romano di Torino, il Teatro delle Dieci presenta, in


prima nazionale, "La ragazza da marito".
Marzo: breve tourn�e italiana (a Milano, Torino e Roma) della Compagnia di Jos�
Quaglio con "Tueur sans gages" ("Assassino senza movente") (56).
15 maggio: anche alla Borsa d'Arlecchino di Genova va in scena "La ragazza da
marito".
Primo dicembre: al Teatro Mercadante prima rappresentazione italiana di "Il
rinoceronte" (57) ad opera della compagnia del Teatro Stabile di Napoli. Regia di
Franco Enriquez, scene di Lele Luzzati, interpreti Marcello Moretti, Glauco Mauri,
Valeria Moriconi e Luigi Cimara. E' questo il primo inserimento di un'opera di
Ionesco sul mercato teatrale primario (58).
15 dicembre: il Teatro delle Dieci allestisce a Torino "Jacques ovvero la
sottomissione".
Einaudi pubblica "Il rinoceronte", traduzione di Giorgio Buridan, prefazione di
Roberto de Monticelli.

1961.
Marzo: ripresa delle "Chaises" allo Studio des Champs-�lys�es da parte di Jacques
Mauclair e Tsilla Chelton in uno spettacolo che comprende pure "Jacques ou la
Soumission".
Luglio: Radio-France trasmette "Le Ma�tre", in versione d'opera, con musica di
Germaine Tailleferre. Scritta nel 1951, la commedia era stata rappresentata al
Th��tre de la Huchette da Jacques Poli�ri nel settembre 1953.
"Argument pour un ballet" (abbozzo di "Le roi se meurt"), in �Paris Th��tre�, XIV,
n. 174.
Dicembre: "La Col�re", sketch ideato per "Les Sept P�ch�s capitaux". Questo film,
la cui lavorazione cominci� il 27 novembre, � frutto della collaborazione di sette
registi: Claude Chabrol, Edouard Molinaro, Jean-Luc Godard, Jacques Demy, Roger
Vadim, Philippe de Broca e Sylvain Dhomme (per "La Col�re") (59).
Viaggio a Helsinki.

6 ottobre: la nuova Compagnia dei Quattro, formata da Franco Enriquez con Glauco
Mauri, Valeria Moriconi e Mario Scaccia - che intende aprirsi a un repertorio nuovo
- riprende "Il rinoceronte" debuttando a Milano (60); dal 28 ottobre presenta anche
"La lezione" in repliche pomeridiane, rivolgendosi soprattutto a un pubblico
giovanile.
16 dicembre: il Teatro Stabile di Napoli, diretto da Giacomo Colli, inaugurala
stagione 1961-62 al Teatro Mercadante con tre atti unici di Ionesco: "Il nuovo
inquilino" e "La lezione" (regia di F. Enriquez), "Jacques ovvero la sottomissione"
(regia di Giacomo Colli).
Einaudi pubblica il "Teatro I" che comprende: "La cantatrice calva", "La lezione",
"Le sedie", "Vittime del dovere", "La fanciulla da marito", "Amedeo o Come
sbarazzarsene", "Jacques ovvero la sottomissione", "L'avvenire � nelle uova ovvero
Ci vuole di tutto per fare un mondo", "L'Improvviso dell'Alma ovvero Il camaleonte
del pastore", "Il nuovo inquilino", "Assassino senza movente", "Il rinoceronte"
(traduzioni di Gian Renzo Morteo, Anna Maria Levi, Valentino Musso, Gilberto
Tofano, Daniele Ponchiroli, Giorgio Buridan).

1962.
Scritta in marzo, "D�l�re � deux" viene rappresentata in aprile allo Studio des
Champs-�lys�es con la regia di Antoine Bourseiller. La commedia faceva parte di uno
spettacolo intitolato "Chemises de nuit". Gli altri due testi erano di Fran�ois
Billetdoux e di Jean Vauthier. Fra gli attori assunti per lo spettacolo figuravano
Andr� Weber, Tsilla Chelton e Chantal Darget.
Pubblicazione di "La Photo du colonel", raccolta di sei racconti ("Oriflamme", "La
Photo du colonel", "Le Pi�ton de l'air", "Une victime du d�voir", "Rhinoc�ros", "La
Vase") e di pagine di diario dedicate alla primavera del 1939.
Scrive "Le roi se meurt" e "Le Pi�ton de l'air".
Maggio: conferenza intitolata �L'autore e i suoi problemi�, tenuta al Coll�ge
philosophique e successivamente pubblicata su �La Revue de m�taphysique� e in "Note
e contronote".
15 dicembre: prima rappresentazione di "Le roi se meurt" con la regia di Jacques
Mauclair al teatro dell'Alliance fran�aise. La commedia diventer� ben presto un
classico, recitato di frequente anche all'estero.
L'anno 1962 � pure importante perch� vede la pubblicazione di "Notes et contre-
notes", raccolta d'articoli e di conferenze che contribuiscono a far conoscere al
grande pubblico le opinioni di Ionesco sulla letteratura, sul teatro e sulle
proprie opere.
Si reca a D�sseldorf, al festival di Edimburgo, a Tel-Aviv e tiene una conferenza
all'Universit� di Gerusalemme.
15 dicembre: prima rappresentazione allo Schauspielhaus di D�sseldorf di "Le Pi�ton
de l'air" con la regia di Karl-Heinz Stroux.

17 marzo: il Teatro delle Dieci mette in scena a Torino "Amedeo o Come


sbarazzarsene" con Franco Alpestre ed Elena Magoja, regia di Massimo Scaglione.
23 luglio: la Radiotelevisione italiana trasmette "Il rinoceronte" (la commedia
sar� ancora teletrasmessa l'11 gennaio 1982 e il 29 dicembre 1984).
18 ottobre: il Teatro Stabile di Torino allestisce "Sicario senza paga" ("Assassino
senza movente"), con la regia di Jos� Quaglio che gi� aveva curato lo spettacolo
nel '59 al Th��tre R�camier (61). Protagonista � Giulio Bosetti che, formando una
Compagnia a suo nome, porter� poi lo spettacolo in tourn�e, debuttando il primo
dicembre a Modena.
3 novembre: la Compagnia dei Quattro propone a Milano "Jacques ovvero la
sottomissione" (protagonista Arnaldo Ninchi), abbinato ad Atto senza parole di
Samuel Beckett.
29 dicembre: la Compagnia della Commedia, con Mario Scaccia (62) e Giusi Raspani
Dandolo, rappresenta al Ridotto dell'Eliseo di Roma "Delirio a due", "La ragazza da
marito" e "La lezione". "Delirio a due" � in prima nazionale.

1963.
8 febbraio: tre anni dopo "Rhinoc�ros", Jean-Louis Barrault rappresenta "Le Pi�ton
de l'air" all'Od�on-Th��tre de France. Scene di Jacques No�l. Fra gli attori vi
sono Madeleine Renaud, Jean Par�d�s e Marie-H�l�ne Dast�.
Febbraio: �L'Auteur et ses probl�mes� [�L'autore e i suoi problemi�], conferenza
tenuta all'Istituto francese di Londra. Pubblicata nella �Revue de m�taphysique et
de morale�, vol. 68, 1963, pp. 407-26.
Pubblicazione presso Gallimard del "Th��tre III".
Versione filmata del "Nuovo inquilino" (Dipartimento d'arte drammatica
dell'Universit� di Bristol).
Viaggio in Giappone.

10 marzo: il Teatro Club di Roma, nella cornice degli scambi culturali italo-
francesi, ospita l'edizione francese di "Le roi se meurt", regia di Jacques
Mauclair.
Maggio: la Compagnia dei Quattro di Franco Enriquez ripropone al Teatro
Mediterraneo di Napoli "Jacques ovvero la sottomissione".
Giugno: prima nazionale di "Il maestro", con la regia di Carlo Mazzone Clementi, al
Festival dei Due Mondi di Spoleto.
29 novembre: il Teatro Stabile di Torino presenta una nuova opera di Ionesco con la
prima nazionale di "Il re muore"; regia di Jos� Quaglio, scene e costumi di
Emanuele Luzzati; protagonista � ancora Giulio Bosetti (63). E' presente l'autore,
venuto a Torino anche per una conferenza ai �Venerd� Letterari� dell'Aci. Lo
spettacolo sar� poi portato a Bologna, a Genova, a Milano (Teatro Odeon) ed a Roma
(Teatro Quirino).
Presso l'editore Einaudi compaiono "Il pedone dell'aria", "Delirio a due" e "Il re
muore", traduzione e prefazione di Gian Renzo Morteo, ed una ristampa della
"Lezione".

1964.
Pubblicazione da Gallimard della "Cantatrice chauve", interpretazione tipografica
di Massin e fotografica di Henry Cohen.
Marzo: "La Photo du colonel" (versione d'opera), musica e libretto di Humprey
Searle, B.b.c. In giugno, rappresentazione dell'opera a Francoforte.
�Le dogmatisme tue le th��tre� [�Il dogmatismo uccide il teatro�], conferenza
tenuta al Congresso di Tokyo sul teatro. Estratti pubblicati col medesimo titolo
sulla �Tribune de Gen�ve�, il 5 giugno.
Stesura di "La Soif et la Faim". La commedia viene rappresentata per la prima volta
allo Schauspielhaus di D�sseldorf il 30 dicembre con la regia di Karl-Heinz Stroux.
Ionesco assiste alla rappresentazione.
"Rhinoc�ros" al teatro della Commedia, a Bucarest. E' la prima rappresentazione in
Romania d'una commedia di Ionesco. Sono anche pubblicati, per la prima volta, due
volumi del teatro di Ionesco presso le Edizioni Pentru Literatura Universala di
Bucarest.
Viaggio a Copenaghen. Stesura di La Lacune.

4 gennaio: il Teatro Stabile di Torino ripropone al Teatro Gobetti "Sicario senza


paga" ("Assassino senza movente"), che prosegue poi le repliche nelle maggiori
citt� italiane.
Sempre a Torino il Teatro delle Dieci riprende "La lezione" nella stagione 1964-65.

1965.
�La Nouvelle Revue fran�aise� pubblica "La Soif et la Faim". Crociera a bordo del
transatlantico France, nel corso della quale Nicolas Bataille porta in scena
"D�lire � deux". Partenza da Marsiglia, arrivo a Le Havre.
Febbraio: "Le Jeune Homme � marier", balletto trasmesso dalla televisione danese,
con Josette Amiel e Flemming Flindt dell'Op�ra di Parigi. Coreografia di F. Flindt.
Traduzione di Urmuz pubblicata su �Les Lettres fran�aises� in gennaio-febbraio.
Tre prime rappresentazioni a Bucarest: "La Cantatrice chauve", "Les Chaises" e "Le
roi se meurt".
Alla televisione francese viene trasmesso "Rhinoc�ros". Regia di Jean-Louis
Barrault; realizzazione: Roger Igl�sis; interpreti: J.-L. Barrault, W. Sabatier, S.
Val�re, J. Par�d�s.
Viaggio a San Gallo nella Svizzera.
Maggio: ripresa de "Les Chaises" al Th��tre Gramont, con la regia di Jacques
Mauclair.

8 novembre: al Teatro dei Servi di Roma, la Compagnia del Teatro d'oggi, diretta da
Mario Bucciarelli, porta in scena "Le sedie" e "Il nuovo inquilino". La regia � di
Lucio Chiavarelli; recitano Giovanna Galletti, Maria Teresa Albani e Antonio Crast.
Einaudi pubblica "Note e contronote. Scritti sul teatro", traduzione di Gian Renzo
Morteo e Giovanni Moretti, nota di Gian Renzo Morteo.

1966,
22 febbraio: lettura, al Th��tre de France, da parte di Jean-Louis Barrault, Maria
Casar�s e Ionesco, di "Le�ons de fran�ais pour Am�ricains."
28 febbraio: tredici mesi dopo la prima di "La Soif et la Faim" a D�sseldorf con la
regia di K. H. Stroux, Jean-Marie Serreau porta in scena il testo alla Com�die
Fran�aise. Scene di Jacques No�l, regia di Jean-Marie Serreau; interpreti
principali: Robert Hirsch e Michel Etchverry. Il terzo episodio intitolato "Le Pied
du mur" non venne rappresentato.
28 febbraio: "La Lacune", rappresentata per la prima volta dal Centre dramatique du
Sud-est nel 1965, � ripresa da J.-L. Barrault all'Od�on-Th��tre de France. Scene di
Jacques No�l, interpreti: Pierre Bertin, Jean Dessailly e Madeleine Renaud. La
commedia fa parte d'un programma intitolato: "Spectacle Beckett-Ionesco-Pinget".
28 febbraio: dopo Antoine Bourseiller e Nicolas Bataille, Jean-Louis Barrault
allestisce "D�lire � deux" all'Od�on.
Maggio: "Le Pied du mur" proposto da Antoine Bourseiller al Th��tre de Poche. Il
programma comprendeva anche "La Jeune Fille � mari�r" e due commedie di Arrabal.
9 luglio: "Le�ons de fran�ais pour Am�ricains" al Th��tre de Poche con la regia di
Antoine Bourseiller. Si trattava di sette sketches tratti da venti dialoghi
composti da Ionesco per un manuale di francese dal titolo "Mise en train", ossia:
"La Classe", "Le Malheur des sophismes", "Le�on phon�tique", "Le Futur", "Chez le
docteur", "Le Grand Si�cle ou les Grands Air" e "Jeux d'enfants". Questi sketches
ed altri sono pubblicati da Gallimard nel "Th��tre V" con il titolo: "Exercices de
conversation et de diction fran�aises pour �tudiants am�ricains".
28 novembre: "M�l�es et d�m�l�s", Th��tre La Bruy�re, regia di Georges Vitaly,
scene di Pace; partecipazione di Michel Galabru. Si tratta di dieci sketches:
"Chocs" (inedito); quattro dialoghi tratti da "Mise en train", opera pubblicata da
Michel Benamou, e cio�: "Visite � l'h�pital", "Le Futur", "L'Agence de voyages",
"Au Restaurant"; cinque sketches pubblicati da Gallimard: "Pour pr�parer un oeuf
dur", "Le Salon de l'automobile", "Le Jeune Fille � marier", "Sc�ne � quatre", "Le
Tableau".
Pubblicazione da Gallimard del "Th��tre IV" e di una nuova edizione di "Notes et
contre-notes". Claude Bonnefoy pubblica i suoi "Entretiens avec Eug�ne Ionesco",
presso le edizioni Belfond.
Pubblicazione di "D�lire � deux. Essai de calligraphie sonore" di Massin, da
Gallimard, tiratura di millecinquecento esemplari.
3 dicembre: ripresa trionfale di "Le roi se meurt" da parte di Jacques Mauclair al
Th��tre de l'Ath�n�e. Nuove scene di Jacques No�l.

7 maggio: al Teatro del Convegno di Milano, la Compagnia omonima diretta da Eligio


Possenti allestisce "Le sedie". Gli interpreti sono Elsa Merlini e Nino Besozzi; la
regia � di Alessandro Brissoni.

1967.
Pubblicazione di "Journal en miettes", presso il Mercure de France. In questo
volume, Ionesco esplora il proprio lo alla luce del buddhismo zen (traduzione
italiana in "Passato presente", Rizzoli, Milano 1970, pp. 61 e 72), del chassidismo
di Martin Buber (pp. 68-69 e 82-83), del pensiero di Freud (pp. 61 e 72) e con
maggior frequenza di quello di Jung (p. 69), a proposito del quale dichiara:
�Preferisco Jung a Freud. Jung non ci proibisce la religione. Egli afferma che essa
� un bisogno psicologico e, dato che � un bisogno, risponde a una verit�. Quale
verit�?� (pp. 71-72).
primo ottobre: �La Nouvelle Revue fran�aise� pubblica il nuovo episodio di "La Soif
et la Faim", ossia "Le Pied du mur".

21 ottobre: la Radiotelevisione italiana trasmette "La cantatrice calva" e, il 28


ottobre, "Delirio a due" (65).
Compare, presso l'editore Einaudi, il "Teatro II", che comprende: "I saluti", "Il
maestro", "Il Salone dell'automobile", "Il quadro", "Scena a quattro", "Delirio a
due", "Il re muore", "Il pedone dell'aria", "La lacuna", "La fame e la sete", "Come
preparare un uovo sodo", "Il giovane da moglie", "Imparare a camminare" (traduzione
e cura di Gian Renzo Morteo).

1968.
Pubblicazione di "Pr�sent pass�. Pass� pr�sent" presso il Mercure de France.
Rappresentazione di "Tueur sans gages" e di "Victimes du devoir" a Bucarest.
Viaggi in Messico, in Svizzera (Zurigo), in Israele e negli Stati Uniti.
21 dicembre: la televisione francese trasmette "Le roi se meurt". Regia: Odette
Collet. Interpreti: J. Mauclair, T. Chelton, M. Cuvelier, Cl. Winter, Th. Quentin.

18 gennaio: il Teatro delle Dieci replica al Durini di Milano "La cantatrice


calva". Da notare che nel frattempo l'opera di Ionesco entra nel repertorio di
molte compagnie giovanili ed universitarie. I testi che godono dei maggiori
consensi sono "La cantatrice calva", "La lezione" e, in minor misura, "Le sedie",
"La ragazza da marito" e "Jacques ovvero la sottomissione".
31 maggio: il Piccolo Teatro di Catania rappresenta, in prima nazionale, "Il
quadro", insieme con "Le sedie". Il teatro di Ionesco fa cos� la sua comparsa anche
in Sicilia.
23 agosto: la Compagnia del Teatro del Conventino di Mentana, diretta da Leonardo
Bragaglia, allestisce a Roma "Volete spararmi? Chi vuole spararmi?" Si tratta
ancora di "Il quadro", presentato con un titolo desunto dall'ultima battuta della
commedia.
26 settembre: "Volete spararmi? Chi vuole spararmi?" � riproposto al Teatro Goldoni
di Roma dalla Compagnia della Commedia, diretta da Mario Bucciarelli.
16 novembre: il Teatro Stabile del Friuli - Venezia Giulia, condiretto da Giulio
Bosetti, porta in scena "Sicario senza paga" ("Assassino senza movente") al Teatro
Donizzetti di Bergamo. A distanza di sei anni dalla prima rappresentazione
torinese, lo spettacolo ricompare cos� sui palcoscenici italiani.

1969.
Pubblicazione di "D�couvertes" a Ginevra, edizioni Skira. Illustrazioni
dell'autore. Gli originali furono esposti alla galleria Iolas di Ginevra.
8 maggio: riceve la medaglia di Monaco.
Prima edizione di "Conte n. 1", testo di Ionesco illustrato da �tienne Delessert,
pubblicato da Harlin Quist e Fran�ois Ruy-Vidal (ripubblicato da Gallimard, 1983).
Viaggio a Stockbridge, negli Stati Uniti, durante l'estate, per assistere alle
prove di "Hunger and Thirst" ("La fame e la sete").
Settembre: "Pi�ces in�dites en un acte", teatro Kal�idoscope. Regia di Jean
Rougerie.
Michel Benamou pubblica "Mise en train", manuale di francese i cui dialoghi
umoristici furono ideati da Ionesco. Per questa collaborazione, avviata nel maggio
1964, Ionesco scrisse una trentina di dialoghi, venti dei quali furono alla fine
stampati.
Dicembre: riceve il Grand Prix national du th��tre.

20 novembre: al Teatro La Ribalta di Bologna, la Compagnia di Cristiano Censi e


Isabella del Bianco rappresenta "Amedeo o Come sbarazzarsene", in tourn�e fino al
marzo 1970. Si tratta di una rielaborazione assai libera in quanto i personaggi
sono ridotti a tre: Amedeo, Maddalena ed un terzo con funzioni di coro, di
scenografia, di rumorista (66).
Nell'anno scolastico 1968-69, all'Accademia d'arte drammatica di Roma si
rappresenta "La cantatrice calva", regia di Carmela Ivana Mirra.
L'editore Mondadori (su licenza di Einaudi) pubblica "Teatro", che comprende: "La
cantatrice calva". "La lezione". "Amedeo o Come sbarazzarsene". "L'Improvviso
dell'Alma ovvero Il camaleonte del pastore". "Assassino senza movente".
Introduzione di Roberto Rebora.

1970.
22 gennaio: elezione all'Acad�mie fran�aise al seggio di Jean Paulhan. Il discorso
di ammissione di Eug�ne Ionesco e la risposta di Jean Delay furono tenuti il 25
febbraio 1971.
Pubblicazione di "Conte n. 2", "Conte n. 3" e "Conte n. 4" (Harlin Quist e Fran�ois
Ruy-Vidal), illustrate rispettivamente da �tienne Delessert, Philippe Corentin e
Nicole Claveloux.
11 settembre: "Jeu de massacre", Th��tre Montparnasse. Regia di forge Lavelli. La
prima mondiale aveva avuto luogo allo Schauspielhaus di D�sseldorf il 24 gennaio
con la regia di Karl-Heinz Stroux, alla presenza dell'autore.
Pubblicazione di "Ionesco � coeur ouvert", colloqui accordati dal drammaturgo a
Gilbert Tarrab, Cercle du livre de France, Montr�al.
Esposizione di pitture di Ionesco alla galleria Iolas di Ginevra. Viaggio in
America Latina (Brasile, Argentina, Uruguay, Colombia e Cile).
Ionesco riceve a Vienna il Gran Premio austriaco della letteratura europea.

8 ottobre: la Compagnia Italiana di Prosa diretta da Arnaldo Ninchi presenta


"Jacques ovvero la sottomissione", seguita da "L'avvenire � nelle uova", al Teatro
dei Servi di Roma ("L'avvenire � nelle uova" sarebbe in prima nazionale) (67).
5 novembre: la Compagnia Stabile di prosa di Messina, diretta da Massimo Mollica,
porta in scena "Il re muore".
L'editore Rizzoli pubblica "Passato presente" (traduzione di Gian Renzo Morteo); il
testo comprende "Briciole di diario", "Passato presente" e quattro "Storie" per
bambini di meno di tre anni.
1971.
4 gennaio: a Colonia viene trasmesso alla televisione "La melma", film realizzato
da Heinz von Cramer e interpretato da Ionesco.
Pubblicazione del "Discours de r�ception de Eug�ne Ionesco all'Acad�mi� fran�aise
et R�ponse de Jean Delay", Gallimard. Viaggi in Austria (Graz), in Jugoslavia
(Dubrovnik e Belgrado) e negli Stati Uniti,

10 gennaio: al teatro Gobetti di Torino, il Teatro Stabile della citt� presenta il


suo terzo spettacolo Ionesco, "Il gioco dell'epidemia", con la regia di Gualtiero
Rizzi. Lo stesso autore ha collaborato all'allestimento. Le scene e i costumi sono
di Enrico Colombotto Rosso (68).
Lo spettacolo non � accolto con troppo favore dalla critica italiana (69).
8 giugno: la Compagnia Stabile del Teatro San Babila di Milano, diretta da Fantasio
Piccoli ed Ernesto Calindri, presenta "Le sedie", con la regia di Umberto
Tabarelli.
7 dicembre: "La cantatrice calva" viene rappresentata a Genova dalla Compagnia La
Contemporanea - Centro Attori di Milano, diretta da Mario Mattia Giorgetti. Lo
spettacolo � poi trasferito a Milano.
10 dicembre: il Teatro Stabile di Como-Portico degli Amici propone una nuova
edizione di "Il re muore", con la regia di Bernardo Malagrida. Lo spettacolo �
successivamente portato al Teatro Uomo di Milano. Fra gli interpreti, Aldo Elman e
Delia Bartolucci.
Compare da Einaudi "Il gioco dell'epidemia", introduzione e traduzione di Gian
Renzo Morteo.

1972.
27 gennaio: prima rappresentazione di "Macbett", Th��tre de la Rive-Gauche; regia
di Jacques Mauclair.
Inaugurazione del festival di Salisburgo. Ionesco pronuncia il discorso inaugurale.
Testo riportato in "Il mondo � invivibile", Spirali, Milano 1989, pp. 63-72.

14 febbraio: il Collettivo Teatrale diretto da Paolo Todisco porta in scena La fuga


e "L'appuntamento", due episodi di "La fame e la sete", al Teatro Litta di Milano.
Si tratta della prima ed unica rappresentazione in Italia di questo testo (70).
6 marzo: al Teatro Bellini di Catania, la Compagnia Stabile di prosa di Messina
riprende "Il re muore", con la regia di Giovanni Cutrufelli.
Spettacoli ioneschiani si segnalano ancora a Treviso (Teatro Orazero diretto da
Luigi Candoni), Padova, Firenze (nel corso di una rassegna promossa dall'Eti), cui
vanno aggiunte molte iniziative minori. A partire da questi anni, infatti, il
teatro di Ionesco entra copiosamente nel repertorio di molte compagnie amatoriali
(71).

1973.
30 aprile: riceve il premio di Gerusalemme.
14 novembre: prima rappresentazione di "Ce formidable bordel!", al Th��tre Moderne
con la regia di Jacques Mauclair; scene e costumi di Jacques No�l, musica di
Francisco Semprun e Michel Christodoulid�s.
Giugno: riceve la medaglia della citt� di Vichy.
Luglio: pubblicazione di "Le Solitaire", presso il Mercure de France.

2 gennaio: la Compagnia I Teatranti presenta presso il Teatro Club d'Essai di


Milano "Il gioco dell'epidemia", novit� per Milano. La regia � di Franco Ponzoni.
Si tratta di una compagnia di giovani dei quali la critica apprezza l'entusiasmo,
ma non mutano le perplessit� manifestate in occasione della prima torinese.
10 gennaio: sempre a Milano, la Compagnia La Contemporanea - Centro Attori, diretta
da Mario Mattia Giorgetti, riprende "La cantatrice calva"; in aprile lo spettacolo
� portato a Torino e a Pescara, e l'anno successivo, ancora a Milano.
Einaudi pubblica "Macbett", traduzione e nota introduttiva di Gian Renzo Morteo.

1974.
Pubblicazione del "Th��tre IV" (Gallimard).
Viaggi a Roma e a Dubrovnik.

31 maggio: il Gruppo Teat�s di Palermo propone al Teatro Biondo "Le sedie", con la
regia di Michele Perriera. Il nuovo allestimento suscita interesse: accanto ai due
protagonisti, il regista ha affiancato tredici attori rinchiusi in parallelepipedi
di vetro, variamente disposti nella sala.
Anche nel corso della stagione 1973-74 numerose sono le riprese e le nuove
rappresentazioni da parte di piccole compagnie: "Il re muore" a Roma, "La lezione"
a Genova, "Macbett" in prima nazionale il 13 luglio a Legnano, Teatro del
Refettorio (72).

22 settembre: �Il Giornale� pubblica un lungo articolo firmato da Ionesco:


"Ionesco: sono antiprogressista. Un manifesto del celebre drammaturgo contro le
vanit� e le menzogne degli intellettuali".

1975.
22 gennaio: la Texas Tech, universit� situata a Lubbock, nel Texas, gli conferisce
una medaglia.
Marzo: Ionesco diventa dottore "honoris causa" all'Universit� di Tel-Aviv.
Pubblicazione di "'La Cantatrice chauve', La Le�on de Ionesco". Testi presentati da
R. J. Hachette.
Dicembre: prima rappresentazione di "L'Homme aux valises" al Th��tre de l'Atelier,
con la regia di Jacques Mauclair che sostiene anche la parte principale.
Pubblicazione di "L'Homme aux valises", seguito da "Ce formidable bordel!"
4 febbraio: al Teatro San Babila di Milano, la Compagnia omonima diretta da
Fantasio Piccoli porta in scena "Che formidabile bordello!" (traduzione di Carlo
Terron) prima rappresentazione in Italia. La regia � dello stesso F. Piccoli, le
scene di Giancarlo Bignardi; fra gli attori Graziella Granata, Eva Magni, Ugo
Bologna (73).
Aprile: al Teatro Biondo di Palermo, nel corso di una rassegna internazionale dei
teatri sperimentali studenteschi, L'I.t.d. di Zagabria presenta "I saluti", che
sarebbe una prima nazionale.
Tra l'aprile e il maggio nuova tourn�e italiana della Compagnia di Jacques Mauclair
con "Le roi se meurt", gi� presentato nel 1963.

1976.
Agosto: in occasione della celebrazione del cinquantenario del festival di
Salisburgo, Ionesco riceve la medaglia Max Reinhardt.
10 novembre: tavola rotonda all'Universit� di New York con Ionesco, Tom Bishop,
Emmanuel Jacquart, Fran�oise Kourilsky e Rosette Lamont.
Viaggi in Giappone, a Hong Kong e in Thailandia.

21 marzo: �Il Giornale� pubblica un articolo firmato da Ionesco: "Buio all'alba"


(ripreso in "Antidoti", Spirali, Milano 1988, pp. 103-6).
18 aprile: sempre sul �Giornale� viene pubblicato il messaggio che Ionesco ha
scritto su incarico dell'Istituto internazionale del teatro in occasione della
giornata mondiale che si svolge sotto i suoi auspici: "Messaggio incriminato"
(ripreso in "Antidoti" cit., pp. 152-54). Un trafiletto dello stesso Ionesco spiega
come questo suo articolo sia stato pesantemente censurato in Unione Sovietica.
26 aprile e 10-13 maggio: al Teatro Angelo Musco di Catania, il Teatro Stabile di
Catania, diretto da Mario Giusti, nello spettacolo �Ritratti d'autore�, presenta
"La lezione" e "La cantatrice calva".
12-15 maggio: al Teatro Carignano di Torino il Gruppo Teatro Libero allestisce "Il
quadro"; regia di Paolo Todisco, coreografia di Bella Hutter.
11 giugno: all'Accademia d'arte drammatica di Roma vengono rappresentate "Le
sedie", saggio a cura di Andrea Camilleri, allievo regista Augusto Zucchi.

1977.
Febbraio: spettacolo che comprende "Jacques ou la Soumission" e "L'avenir est dans
les oeufs" al Th��tre de la Ville, con la regia di Lucian Pintill�.
Pubblicazione di "Antidotes", raccolta di articoli politici, letterari e culturali,
di colloqui, annotazioni e polemiche apparsi su �Le Figaro�, �Le Monde� e su
qualche periodico.
Viaggio a Torino.

7 giugno: la Cooperativa La Serenissima porta in scena al Teatro Alla Ringhiera di


Roma "La lezione", con la regia di Jos� Quaglio; Renzo Rinaldi � il professore.
4 ottobre: la Radiotelevisione italiana trasmette "Amedeo o Come sbarazzarsene".
12 ottobre: "La cantatrice calva" e "La lezione" sono riprese a Torino dal Teatro
delle Dieci, gruppo appena riformatosi sempre sotto la direzione di Massimo
Scaglione. Il giudizio della critica � molto positivo.

1978.
Giugno: Jacques Mauclair riprende "Les Chaises" al Th��tre du Marais.
3-13 agosto: convegno su Ionesco a Cerisy-la-Salle, che il drammaturgo onorer� con
la sua presenza per qualche giorno. Il convegno � organizzato da Marie-France
Ionesco e Paul Vernois. Gli interventi furono pubblicati con il titolo "Ionesco:
Situation et perspectives" (74).
Viaggio a Los Angeles.

7 gennaio: al Teatro del Casin� di Sanremo la Compagnia di Tino Buazzelli presenta,


in prima nazionale, "L'uomo con le valigie" (75). Lo spettacolo, da gennaio ad
aprile, sar� portato in tourn�e in tutta Italia.
29 aprile: la Compagnia La contemporanea - Centro Attori di Mario Mattia Giorgetti
ripropone "La cantatrice calva" ancora a Milano.
14 novembre: la Cooperativa del Teatro dei Servi di Roma allestisce "Delirio a
due", con la regia di Sergio Fiorentini.
Nella stagione 1978-79 si segnalano alcuni spettacoli di Ionesco allestiti da
compagnie minori: "Le sedie" a Bologna, "Il Salone dell'automobile" e "Delirio a
due" a Padova.

1979.
Pubblicazione di "Un homme en question" [trad. it. "Il mondo � invivibile",
Spirali, Milano 1989], raccolta d'inediti ma anche di articoli comparsi soprattutto
su �La Nouvelle Revue fran�aise�, �Le Figaro�, �L'Express� e �Le Monde�.
Rappresentazione di "Le roi se meurt" all'Od�on-Th��tre de France con la regia di
Jorge Lavelli.
Maggio: viaggio in California, a Santa Cruz dove Ionesco � �Visiting Professor�.
Novembre: prima rappresentazione di "Contes pour enfants" al Th��tre Daniel Sorano
con la regia di Claude Confort�s.

9 maggio: l'Accademia d'arte drammatica porta in scena al Teatro Flaiano di Roma


"Assurdo Vaudeville", da Eug�ne Ionesco e Th�odore Barriere, regia di Lorenzo
Salveti.
29 ottobre: al Teatro Alla Ringhiera di Roma la Compagnia omonima rappresenta "La
cantatrice calva", con regia di Angelo Guidi.
13 dicembre: il Teatro in Trastevere, sempre a Roma, offre una �Serata erotica di
Vitrac, Jarry, Ionesco, Arrabal�; traduzione e adattamento di Mario Moretti, regia
di Lorenzo Salveti.
Nella stagione 1979-80 "La cantatrice calva", "La lezione", "Le sedie" continuano
ad essere rappresentate da compagnie minori. Un caso particolare va segnalato: in
novembre il Teatro dell'Angolo di Torino (compagnia che si rivolge esclusivamente
ai ragazzi) propone al suo pubblico di bambini "Delirio a due" (nel 1972-73 aveva
gi� presentato "La cantatrice calva") (76).

1980.
Conferenze a Berkeley, San Francisco e Santa Barbara. Partecipazione al convegno
Ionesco organizzato a Los Angeles dall'Universit� della California del Sud (24-26
aprile). Gli interventi furono pubblicati a cura dell'organizzatore, Moshe Lazar,
con il titolo: "The Dream and The Play: Ionesco's Theatrical Quest", Undena
Publications, Malibu Cal. 1982 (77).
22 settembre: prima rappresentazione di "Viaggi tra i morti", al Guggenheim Theater
di New York. Regia di P. Berman. Jean-Jacques Dulon allestisce "Parlons fran�ais"
al Th��tre du Lucernaire. Lo spettacolo, tratto da "Exercices de conversation et de
diction fran�aises pour �tudiants am�ricains", ottiene un vivo successo (1000
rappresentazioni in pi� di tre anni).
Si reca in Messico ed a Chicago.

9 ottobre: alla seconda Rassegna di Teatro Veneto, una compagnia minore presenta
"Macbett" al Teatro Goldoni di Venezia.
Anche nella stagione 1980-81 numerose sono le riprese di "La lezione", "La
cantatrice calva", "La ragazza da marito", "Il maestro", "Il Salone
dell'automobile" in piccoli teatri.

1981.
Le edizioni Erker, Franz Larese e J�rg Janett pubblicano "Le Blanc et le Noir",
illustrato da quindici litografie di Ionesco. Pubblicazione di "Voyages chez les
morts" ("Th��tre VII", Gallimard).
7 febbraio - 16 maggio: esposizione di pitture alla galleria Erker di San Gallo, in
Svizzera, poi, dal 30 aprile al 26 maggio a Colonia.
2-17 aprile: celebrazione del venticinquesimo anniversario di "La cantatrice calva"
a Tokyo.
Aprile: �professore ospite� all'Universit� di Albany nello Stato di New York.

11 gennaio: la Cooperativa Teatroggi presenta al Teatro di Porta Romana di Milano


Il re muore; regia di Bruno Cirino con Roberto Bisacco, Didi Perego e Angela
Cardinale (78).
29 aprile: a Cagliari il Teatro di Sardegna allestisce "La lezione", abbinata a
"150 la gallina canta" di Achille Campanile; la regia � di Marco Parodi, le scene e
i costumi sono di Gianni Garboli. Questa � la prima rappresentazione di un testo di
Ionesco in Sardegna. Nella stagione 1981-82 lo spettacolo sar� portato in tourn�e
in tutta l'isola.
1982.
Pubblicazione di "Hugoliade", tradotto dal romeno da Dragomir Costineanu, con la
partecipazione di Marie-France Ionesco. Si tratta d'un testo che risale al 1935-36,
intitolato "La vita grottesca e tragica di Victor Hugo".
Esposizione di pitture a Lugano (27 maggio - 31 luglio); a San Gallo (18 settembre
- 6 novembre); a Basilea (novembre) e ad Atene.
Viaggi in Brasile (San Paolo, Rio, Brasilia e Recife), in Germania (D�sseldorf il
27 gennaio; l'Universit� di Bonn nel gennaio-febbraio dove Ionesco tiene una
conferenza e riceve le insegne dell'ordine al Merito tedesco; l'Istituto francese
di D�sseldorf in marzo); a Taiwan in marzo, in occasione della rappresentazione di
"Le sedie" in forma d'opera.
23 settembre: radiotrasmissione su France-Culture di "Voyages chez les morts", in
una bellissima realizzazione in Claude Roland-Manuel.
15 dicembre: rappresentazione di "Freskwater" al Centre Georges-Pompidou, per
festeggiare il centenario della nascita di Virginia Woolf. Adattamento e regia di
Simone Benmussa, con i seguenti interpreti: Jean-Paul Aron, Florence Delay, Guy
Dumur, Viviane Forrester, Eug�ne e Rodica Ionesco, Alain Jouffroy. La commedia avr�
numerose riprese: il 20 e 21 ottobre 1983 alla New York University, il 7 novembre
1983 al Th��tre du Rond-Point, il 26 e 27 novembre 1983 a Londra, al Riverside, e
114 e 5 luglio 1984 al festival di Spoleto.

19 aprile: la Compagnia del Teatro Alla Ringhiera di Roma presenta "La lezione",
abbinata a "I suggeritori" di Dino Buzzati, regia di Angelo Guidi.
Primo maggio: a Genova il Teatro della Tosse, diretto da Tonino Conte, porta in
scena "La cantatrice calva" e "L'Improvviso dell'Alma"; regia di Lorenzo Salveti,
traduzione e riduzione di Mario Moretti, scene e costumi di Lele Luzzati.
8 ottobre: il Gruppo della Rocca va in scena al Teatro Adua di Torino con "Il
rinoceronte", a vent'anni di distanza dal primo allestimento della Compagnia dei
Quattro. Regia di Egisto Marcucci, scene e costumi di Umberto Bertacca.
L'editore Einaudi ristampa "La lezione". "Le sedie", introduzione e traduzione di
Gian Renzo Morteo.

1983.
2 gennaio: Antenne 2 trasmette "Parlons fran�ais" con Claude Pi�plu e la
partecipazione di Ionesco.
"Spectacle Ionesco" con la regia di Roger Planchon, a Nizza, in gennaio, quindi a
Lilla, Strasburgo, Le Havre, Annecy, Villeurbanne ed infine a Parigi, all'Od�on-
Th��tre de France. Si tratta di un montaggio ideato a partire da "L'Homme aux
valises" e da "Voyages chez les morts". Questo spettacolo autobiografico, ma
filtrato dall'onirismo, ebbe come interprete principale Jean Carmet e fu definito
da Planchon �autobiografia teatrale in due parti� (79).
21-23 aprile: settima riunione dell'Accademia americano-romena delle arti e delle
scienze, a Davis, in California. Ionesco ne � l'invitato d'onore. Richard Coe
presiede una tavola rotonda alla quale partecipano Martin Esslin ed Emmanuel
Jacquart.
La Compagnia dell'universit� recita, in inglese, sette sketches: "Il grande caldo",
da Caragiale, "Il Salone dell'automobile", "La nipote sposa", "Il maestro", "La
ragazza da marito", "Scena a quattro", "I saluti".
Gallimard pubblica "Conte n. 2".
Esposizione a Locarno (9 marzo - 5 aprile), Monaco (11 marzo - 20 aprile), Mannheim
(29 ottobre - 20 novembre).
20-21 ottobre: rappresentazione di "Freshwater" alla New York University. Agli
interpreti del 1983 si aggiungono: Erika Kralik, Joyce Mansour, Alain Robbe-
Grillet, Nathalie Sarraute, S. Wilson.
7 novembre: rappresentazione di "Freshwater" al Th��tre du Rond-Point. Gli
interpreti sono gli stessi dell'edizione londinese. Viaggi in Italia (in marzo),
negli Stati Uniti (in aprile; a Davis, all'Universit� della California), in
Messico.

16 maggio: in occasione della sua nomina a socio onorario dell'Accademia di Brera,


Ionesco tiene una conferenza a Milano, ove � allestita una sua mostra di opere
grafiche ed una documentazione fotografica della sua vita e dei suoi spettacoli.
30 dicembre: a Napoli il Teatro Alfred Jarry presenta "La cantatrice calva" e "Le
sedie"; protagonisti Mario e Maria Luisa Santella, regia di Ugo Gregoretti (80).
La casa editrice Einaudi pubblica "Viaggi tra i morti", traduzione e introduzione
di Gian Renzo Morteo.

1984.
Febbraio: coma diabetico che dura due giorni.
Esposizione a Berlino (18 marzo - 17 aprile), a San Gallo (28 aprile - 2 giugno),
Bologna (5-25 maggio), Friburgo (primo giugno - 7 luglio), Zurigo (da settembre a
novembre), Parigi (Grand-Palais, 20-28 ottobre).
Viaggi in Austria (Vienna, Linz, Graz), in Germania (conferenza a Costanza e a
Friburgo), in Italia (proiezione in maggio del film "La melma" a Bologna) e negli
Stati Uniti (conferenza alla Brown University nello Stato del Rhode Island, in
maggio). Rappresentazione di "Freshwater" al festival di Spoleto.

11 luglio: "Il re muore" � rappresentato al Festival dei Due Mondi di Spoleto,


regia e interpretazione di Flavio Bucci. La critica apprezza solo parzialmente
l'operazione registica e la recitazione degli attori. La Compagnia di Flavio Bucci
porta successivamente lo spettacolo in tourn�e.
Novembre: Ionesco � a Milano ospite del Convegno organizzato dalla �Fondazione di
cultura internazionale� di A. Verdiglione, ove legge il suo intervento �Perch�
scrivo�.

1985.
Gennaio: Gallimard pubblica a sua volta "Le Blanc et le Noir". La riproduzione
delle litografie di Ionesco � accompagnata dai commenti dell'autore.
16 aprile: consegna di due medaglie, quella della Mayenne e quella di La Fl�che,
sottoprefettura della Sarthe.
Maggio: "Il re muore" recitato in forma d'opera a Monaco con musica di Suter
Meister. Lo stesso mese, riceve il premio Internazionale d'arte contemporanea di
Montecarlo.
Membro della giuria alla Biennale cinematografica di Venezia.
Esposizioni a Klagenfurt (2 z febbraio - 15 marzo), Innsbruck (2 r marzo - 25
aprile), Salisburgo (maggio-giugno), Monaco (1831 agosto), Glarus (7 settembre-30
novembre), Bielefeld (12 settembre - 15 ottobre), Colonia (26 ottobre 1985 - 15
gennaio 1986).
Riceve il premio T. S. Eliot-Ingersoll a Chicago alla presenza di Saul Bellow e di
Mircea Eliade. Vi pronuncia il seguente discorso:

�Signor Presidente,
Signore e Signori,

sono sommamente fiero ed onorato d'aver ottenuto l'ambito premio T. S. Eliot, che
fu conferito a personalit� quali Jorge Luis Borges e il romanziere Anthony Powel,
che illustrarono i massimi valori della tradizione umanistica.
Mi domando se davvero merito il premio, se merito di trovarmi associato alle forti
personalit� dei miei predecessori. Mi presento quindi davanti a voi con una certa
umilt�. Senza forse sentirmi alla loro altezza, il fatto che i membri della giuria
della fondazione Ingersoll abbiano voluto accordarmi il premio T. S. Eliot mi
conforta sulla qualit� o il valore di ci� che io stesso ho fatto. Vorrei ricordare
i momenti fondamentali della vita o, meglio, dell'opera di T. S. Eliot, per
commemorarlo piuttosto che per farlo conoscere giacch�, signori e signore, voi lo
conoscete e lo conoscete certo molto meglio di me.
T. S. Eliot, dopo aver studiato alla Sorbona e a Oxford, decise di dedicarsi
unicamente alla letteratura, alla grande letteratura. Fin dalla prima opera "The
Love Song of J. Alfred Prufock" (1917), ha rotto con la tradizione letteraria del
Diciannovesimo secolo. Fu amico di Ezra Pound e, attraverso di lui, conobbe la
nuova poesia italiana, mentre, com'� noto, fu formato criticamente da T. E. Hume.
"La terra desolata", che segn� il punto culminante della sua produzione poetica, fu
definita dal suo traduttore francese Pierre Leyris un affresco a cinque dimensioni,
dove la presenza dell'autore � simile a quella di "Courbet nello �Studio del
pittore�". In altre opere, lo si vede attento ai rapporti fra le apparenze e la
realt� spirituale, i cui temi sono la penitenza e la redenzione. Egli si proclam�
monarchico e classico.
Il tema della redenzione nel tempo permane nelle opere successive, ispirate alla
Bibbia.
Rimpiango che la mia ignoranza dell'inglese m'abbia impedito di conoscere meglio
questo grande poeta mistico. Tuttavia, personalmente ed in spirito, lo sento molto
vicino. Un fratello maggiore, un grande fratello maggiore di scrittura teatrale.
E' il teatro, in Eliot, ci� che mi tocca di pi� e, fra le altre opere, il grande
capolavoro "Assassinio nella cattedrale" resta inciso nella mia memoria con la
maggiore intensit�. Con quest'opera, Eliot cre� un'avanguardia che, come tutte le
autentiche opere d'avanguardia, di fatto ritrova e si ricongiunge con la tradizione
pi� antica. La mia ammirazione incondizionata non va tanto alla reintroduzione del
coro arcaico, che pu� sembrare un po' artificiosa in una tragedia moderna, bens�
alla spiritualit� profonda dell'�Assassinio�, il sacrificio in onore di una causa
che vede Dio contro il re, potenza politica. Il sacrificio, come il poeta
l'intendeva, salva le anime. Il suo eroe Thomas Becket si offre volontariamente
alla morte, deliberatamente. Sceglie di rimanere se stesso qui e per l'eternit�, di
vivere l'eternit� quaggi�, fin da ora. All'opposto del teatro moderno che si perde
nei temi minori della futilit� politica, ideologica, amorosa, o del denaro, ossia
nei divertimenti frivoli o grossolani, Eliot ha a cuore soltanto l'essenziale, cio�
il destino dell'uomo, destino metafisico e religioso, ch� altro non pu� essere.
Oggi, in Francia, Eliot � poco rappresentato. Ma tutti ricordiamo le ammirevoli
mani congiunte in preghiera di Vilar in "Assassinio nella cattedrale", durante le
prime recite al Vieux-Colombier poco dopo l'ultima guerra.
Di fatto, con altri mezzi, forse con minor forza, io tentai a mia volta d'esprimere
la stessa cosa: il bisogno essenziale, acuto, primario, di religione e di
metafisica, senza le quali l'uomo � solo un miserevole burattino. Io non smettevo
d'esprimere, contraddittoriamente, negativamente, mediante la loro assenza, questi
valori spirituali. Se ho mostrato uomini miserevoli, risibili, non fu affatto per
il gusto della commedia. Ma poich�, in questi tempi di decadenza mondana dello
spirito, non possiamo proclamare la verit�, possiamo sempre perlomeno mostrare ci�
che l'uomo diventa o pu� diventare se � privato di ogni trascendenza; se il destino
metafisico � assente dal cuore umano, ovvero quando la realt� materiale si
sostituisce al reale, all'eterno. Il sacro � il reale, come dice molto bene il mio
amico Mircea Eliade. Il reale � eluso dal realismo, perch� il realismo non � reale,
� soltanto una convenzione, uno stile scolastico, una verit� volgare. Il reale, al
contrario, non � una scuola, un'ideologia che passa, � l'immarcescibile.
Tale fu il mio percorso, ho cercato di mettere in evidenza il nulla dell'assenza di
fede, l'assenza di vita spirituale. Se dunque talvolta fui comico, lo feci per
ragioni pedagogiche: il comico � semplicemente la seconda faccia del tragico,
l'assenza � semplicemente una delle forme dell'appello o della presenza di Colui
che aspetta dietro la porta che qualcuno gliela apra. Ma forse la spinger� Lui
stesso questa porta ed apparir� in tutto il Suo splendore, la Sua bellezza, la Sua
potenza, la Sua gloria.
Mi sarebbe piaciuto spiegarmi meglio; pi� ampiamente. Lo far� un'altra volta,
forse, lo spero.
Non mi resta che ringraziare M. John A. Howard, presidente del Comitato del premio
Ingersoll e insieme a lui anche i membri della giuria, e ringraziare voi, signore e
signori, per la vostra attenzione�.

Si reca a Berna dove partecipa attivamente ad una riunione in favore dei diritti
dell'uomo.
Visita la Fiera del libro a Francoforte.
Luglio: dipinge in Svizzera, a San Gallo. In agosto, soggiorna con la moglie al
Rondon, localit� di villeggiatura riservata agli scrittori.
La rivista tedesca �Signatur� pubblica a Monaco un testo composto in luglio, dal
titolo "Souvenirs et derni�res rencontres", illustrato da tempere dell'autore. Qui
egli rievoca persone amiche come Queneau, Paulhan, Lemarchand, Morand, Camus, ed
altre con le quali ebbe talvolta rapporti difficili Uean-Marie e Genevi�ve Serreau,
Gilles Sandier). Completa la resurrezione dei ricordi schizzando a matita il
ritratto del padre, della matrigna e d'un personaggio a forti tinte, degno di
calcare le scene: la zia Sabine Peytavi de Faug�res.
Dicembre: Ionesco assiste a Londra, al Riverside Studios, ad una rappresentazione
di "Viaggi tra i morti" ("Journeys among the Dead"), nella traduzione di Barbara
Wright. La commedia, con la regia di Stuart Wood, era interpretata dalla
Springboard Theatre Company.

24 gennaio: al Teatro Ausonia di Napoli la Compagnia Alfred Jarry allestisce


"Delirio a due", abbinato a "Pic-nic in campagna" di Fernando Arrabal; regia di Ugo
Gregoretti. Il 15 marzo la Compagnia ripropone La cantatrice calva e Le sedie.
20 luglio: la Compagnia del Teatro Teat�s di Palermo presenta "La cantatrice calva"
ambientata sul mare. La regia � di Michele Perriera che gi� nel '74 aveva allestito
"Le sedie". I giornali della citt� esprimono giudizi molto favorevoli (81). Lo
spettacolo viene portato in altri centri della Sicilia.
Nella stagione 1984-85 si susseguono sempre numerose le rappresentazioni di "La
cantatrice calva", "La lezione", "I saluti", "Delirio a due", per iniziativa di
compagnie minori.
L'editore Spirali pubblica "Vita grottesca e tragica di Victor Hugo" (traduzione di
Anna Zanon) e "Il bianco e il nero" (traduzione di Giuliana Sangalli), illustrato
con i primi disegni di Ionesco.

1986.
Gallimard pubblica "Non", annotato e tradotto da Marie-France Ionesco. Prefazione
di Eugen Simion e postfazione di Ileana Gregori.

25 giugno: al Festival dei Due Mondi di Spoleto, nuovo allestimento di "La


lezione"; regia di Egisto Marcucci con Giorgio Albertazzi, Didi Perego e Laura
Marinoni (82).
29 ottobre: la Compagnia del Teatro Teat�s ripropone al Metateatro di Roma "La
cantatrice calva".
14 novembre: al Teatro Carignano, il settore ragazzi del Teatro Stabile di Torino
presenta "Le sedie", con la regia di Franco Passatore e l'interpretazione di
Silvana Lombardo e Aldo Turco.
21 novembre: il Gruppo La Maschera di Mem� Perlini allestisce "La cantatrice calva"
a Firenze.

1987.
Riceve al chiostro dei Celestini una medaglia per il trentesimo anniversario delle
rappresentazioni della "Cantatrice calva", medaglia che reca una buffa citazione
del drammaturgo: �Solo le parole contano, il resto � chiacchiera�.
Febbraio: Ionesco dipinge a San Gallo, in Svizzera. Il 23, celebrazione alla
Huchette del trentesimo anniversario dello Spectacle Ionesco, alla presenza del
drammaturgo, di sua moglie e degli attori che, nel corso degli anni, si sono
succeduti nel recitare "La Cantatrice chauve" e "La Le�on".
Marzo: riceve la medaglia della citt� di Parigi.
17-19 giugno: il Centre Georges-Pompidou organizza un omaggio a Mircea Eliade.
Amico di lunga data del romanziere e storico delle religioni, Ionesco tenne il
seguente discorso:

�Sento ancora, in modo doloroso, l'assenza del caro Mircea Eliade. Mi mancher�
sempre. Come mancher� alla vita intellettuale del nostro pianeta, alla sua vita
spirituale.
Ho conosciuto Mircea, un po' pi� di cinquant'anni fa a Bucarest, al suo ritorno
dall'India. Godeva gi�, ancora molto giovane, di una fama eccezionale. Era ci� che
allora si diceva il �capo della nuova generazione�. Mi intimidiva. Pi� tardi, �
diventato uno dei pi� importanti maestri di pensiero dei giovani intellettuali
d'Occidente, soprattutto americani, ma anche francesi.
Ha rimesso in valore il mito, il pensiero mitico che spiriti ristretti, tanti
spiriti ristretti a-metafisici consideravano come menzogna, inganno, leggenda,
favola o mistificazione. Fra di loro, basti citare persone come Roland Barthes. Per
Eliade, il mito continuava ad essere una storia, una leggenda, ma una leggenda
esemplare, una struttura di pensiero, idea in senso platonico, archetipo,
articolazione, mistero. Egli contrapponeva la verit� mitica all'ideologia, alle
tante ideologie che hanno infestato gli animi; oppure scopriva, sotto le congerie
ideologiche, il mito nascosto, il mito sepolto, camuffato: per esempio, nell'al di
l� della "fine della storia" marxista, quell'al di l� della storia non � altro che
una visione degradata dell'Eden prima della caduta, che i marxisti ricercavano
quaggi�, a tastoni, nell'errore, nella notte dello spirito. Eliade discerneva nel
pensiero progressista il mito ascensionale, l'elevazione nel pensiero utopico degli
storici, eccetera.
Il fatto � che Mircea Eliade con i suoi scritti ermeneutici sapeva leggere nei
testi, interpretare con esattezza e portare alla luce le profondit� nelle quali si
smarriva la mentalit� moderna. Sotto il corruttibile, Eliade ritrovava ci� che �
evidente, incorruttibile, reale, sacro.
Si parla molto, in questo momento, di ritorno al sacro: Eliade forse � il profeta,
l'autore, il precursore di questo rinnovamento. Il Ventunesimo secolo, diceva
Malraux, sar� religioso o non sar�: lo sar�, anche grazie ad Eliade, al suo
insegnamento.
Mircea Eliade ci fa comprendere che le diverse rivelazioni delle religioni
implicano l'Unica, l'essenziale Rivelazione. Voglio dire che, se leggiamo le sue
opere, la "Storia delle religioni" fra le altre, ci rendiamo conto che le religioni
sono le tradizioni plurime d'una verit� unica. Masson-Oursel, che potremmo
considerare un precursore di Mircea Eliade, nel suo libro, oggi un po' trascurato,
sulle religioni comparate, scopriva nelle religioni delle similitudini, delle
somiglianze che sembravano proprio indicare una ricerca, un'esplorazione comune a
tutte.
Se leggiamo "L'Arcangelo di porpora" di Henry Corbin e gli altri scritti sui
mistici persiani, sui sufiti, ci accorgiamo che le esperienze mistiche, le estasi e
le illuminazioni dei musulmani esoterici non differiscono molto dalle estasi e
dalle illuminazioni degli esicasti o di taluni carmelitani. Io non sono in grado di
precisare, ad esempio, in che modo, con Dum�zil da una parte, e personalit� quali
Jung dall'altra, Eliade ci riconduca verso la scienza tradizionale, verso la via
sacra della conoscenza indicibile, extrastorica.
Fra le religioni studiate da Eliade, quelle dell'Estremo Oriente sembrano le
predilette; soprattutto il brahamanesimo; Mircea ha studiato ed ha fatto conoscere
al mondo occidentale le diverse tecniche dell'estasi, della meditazione, della
contemplazione: ad esempio il buddhismo tibetano, lo sciamanesimo. Il suo libro
sullo yoga � un classico. Altri ne parleranno meglio di me, senza trascurare il suo
importante lavoro letterario, il quale ci mostra come il soprannaturale possa
essere intrecciato con la vita quotidiana.
Non posso finire senza rendere un omaggio alla moglie di Mircea, a Christinel, la
fedele devota compagna che l'ha aiutato, sostenuto, amato per tanti anni. Saluto la
memoria di Mircea, indimenticabile amico. Nella mia tristezza, sono riconoscente a
coloro che mi hanno consentito di dire che l'abbiamo amato, ammirato, rispettato e
di ripetere che Mircea continuer� a mancare, spiritualmente ed affettivamente, a
tutti noi. Ma la sua opera cos� ricca, la sua immensa opera, rimane� (83).
19 ottobre: conferimento di due medaglie d'oro: quella di Saint-�tienne e quella di
Saint-Chamond.
6 novembre: conferenza alla Bayerische Akademie.
26 novembre 1987 - 12 gennaio 1988: esposizione a Basilea, alla galleria Hilt.
9 dicembre 1987 - 2 gennaio 1988: esposizione a Bruxelles, al �Botanique� (centro
culturale della comunit� francese) di quaranta tempere e litografie, e proiezione
del film di Thierry Zeno: "Eug�ne Ionesco, voix et silences" (prima mondiale).
10 dicembre: incontro con Daniel Stevens, giornalista alla R.t.b.f. (Radio
televisione del Belgio francofono) e con Thierry Zeno. Riportiamo qui, estraendole
dal colloquio, alcune osservazioni dell'autore: �La pittura, come Zeno mi ha fatto
dire nel film, � una terapia ed una maniera di rassegnarsi [...]. Per me � una
sorta di saggezza, quell'atteggiamento contemplativo di cui ho appena parlato, il
ricettacolo del mondo, lo sguardo stupito sul mondo [...]�.
Volgendo quindi uno sguardo retrospettivo sulla "Cantatrice calva", afferma: �Hanno
detto che si trattava d'una critica del teatro borghese, d'una parodia della
societ� borghese. Ma no, era tutt'altra cosa, era il mio "stupore" davanti al
comportamento delle persone e davanti allo spettacolo del mondo�. Infine, a
proposito dell'esistenza, dichiara: �Non sono saggio, morir� disperato, come diceva
Gide� (84). La sera, l'attore Francis Besson fece una lettura pubblica di estratti
di due opere: "Il bianco e il nero" e "La mano dipinge".
Nell'anno 1987, Ulricht Wickert, direttore dell'ufficio parigino della televisione
tedesca Ard, realizza un film su Ionesco, intitolato "Das Alte und das Absurde".
Pubblicazione di un'edizione di lusso, illustrata da litografie e preceduta da un
colloquio con Eug�ne Ionesco, di "Journeys among the Dead". Con una tiratura di
mille esemplari, questa versione tradotta da Barbara Wright � pubblicata da The
Limited Editions Club.
Gallimard pubblica "La Qu�te intermittente", diario intimo e insieme autobiografia
spirituale che il drammaturgo dedica alla moglie e alla figlia.

15 ottobre - 15 novembre: mostra antologica di tempere di Ionesco al Teatro Ariosto


di Reggio Emilia, organizzata dall'amministrazione provinciale.
3 novembre: il Settore ragazzi del Teatro Stabile di Torino riprende "Le sedie" al
Teatro Carignano.
"La cantatrice calva" � riproposta a Bologna dalla Compagnia del Teatro Teat�s;
un'altra "Cantatrice calva" � presentata al San Babila di Milano da una compagnia
minore, mentre altri piccoli gruppi nella stagione 1987-88 recitano "La lezione",
"Le sedie" e "Delirio a due".
L'editore Cappelli pubblica "La mano dipinge" (traduzione di Paola Scaltriti). Il
volume presenta testi tratti da "Le blanc et le noir", "Trouver un peu d'esp�rance"
e "La main peint" e sedici riproduzioni a colori di tempere di Ionesco. La
pubblicazione � avvenuta in occasione della mostra antologica di Reggio Emilia.
Presso l'editore Spirali compare "La foto del colonnello" (traduzione di Osvaldo
Miani), che comprende sei racconti: "Orifiamma", "La foto del colonnello", "Il
pedone dell'aria", "Una vittima del dovere", "Rinoceronte", "La melma"; le pagine
di ricordi Primavera 1939 e due sceneggiature: "La melma" e "L'ira".

1988.
23 marzo - 9 aprile: esposizione di litografie dell'autore al Centre Georges
Pompidou e proiezione del film di Thierry Zeno presentato in precedenza a
Bruxelles.
15 aprile - 22 giugno: ripresa di "Les Chaises" al Th��tre national de la Colline.
Regia di Jean-Luc Boutt�, �soci�taire� alla Com�die Fran�aise, con Pierre Dux nel
ruolo del vecchio, Denise Gence in quello della vecchia, e Jorge Lavelli in quello
dell'oratore muto. La commedia ebbe un grande successo.
Maggio: Ionesco va a Stoccolma. Il 2, tiene una conferenza all'Alliance fran�aise
intitolata �L'autore e i suoi problemi� (testo gi� pubblicato in "Note e
contronote"). Il 3, all'Institut fran�ais, riprende un testo tratto da "Antidoti":
�Perch� scrivo�. Il 3 e 114, vengono rappresentate "La cantatrice calva" e "La
lezione". Il 7, viene presentata a Stoccolma l'esposizione che si era tenuta ad
aprile al Centre Georges Pompidou.
11 giugno: l'autore partecipa per qualche giorno al First New York Festival of the
Arts, che si svolge per un mese in luoghi diversi: Lincoln Center, The Metropolitan
Opera House, The New York State Theater e Columbia University.
15 giugno: pronuncia una conferenza dal titolo: �Chi ha ancora bisogno del teatro?�
Il giorno dopo, Mervyn Rothstein la recensisce sul �New York Times�: il drammaturgo
ha rievocato il �teatro dell'assurdo� nel quale include Beckett, Adamov e
Shakespeare di cui cita un passo celebre: la vita, come dice Macbeth, � �una favola
raccontata da un idiota piena di rumore e furore e che non significa nulla�.
Ionesco accenna anche al problema della realt� e del realismo, allo sconcerto
dell'uomo senza Dio, all'ultimo lavoro ("La Qu�te intermittente"), al libretto
d'un'opera sul sacrificio del prete polacco Maximilien Kolbe ad Auschwitz, alla
disarticolazione del linguaggio che non gli d� pi� alcuna gioia e non lo fa pi�
ridere.
22 giugno: Ionesco assiste all'ultima rappresentazione di "Les Chaises" al Th��tre
de la Colline.
Settembre: rappresentazione di "D�lire � deux" al Th��tre du Guichet-Momparnasse,
con regia di Idriss e come interpreti Jean-Jacques Charri�re e Jacqueline Mille.

5 agosto: al Festival Taormina-Arte, ancora per la regia di E. Marcucci, va in


scena "La lezione" con Giulio Bosetti, Mascia Musy e Marina Bonfigli (85).
20 agosto: in occasione del Meeting per l'amicizia fra i popoli, prima
rappresentazione a Rimini, alla presenza dell'autore e della sua famiglia,
dell'opera "Maximilien Kolbe", testo di Ionesco e musica di Dominique Probst.
Parecchi anni prima, Ionesco aveva tentato di scrivere, senza riuscirvi, una
commedia sul medesimo tema. Il libretto, composto di due parti, mette in scena
quattro personaggi principali, un coro di bambini e dodici comparse, e rievoca il
destino d'un �francescano conventuale polacco deportato ad Auschwitz, che
nell'agosto 1941 offri volontariamente la propria vita al posto di quella di un
padre di famiglia condannato, con altri nove ostaggi, a morire di fame a causa
dell'evasione d'un prigioniero�. Direttore d'orchestra era Gian Franco Rivoli e
registi Tadeuz, Bradecki e Krzysztof Zanussi. Perplessit� della critica italiana.
(Ionesco aveva gi� presenziato al Meeting dell'amicizia di Rimini nel 1987, per
festeggiare il suo amico Jean-Louis Barrault).
26 ottobre: la Compagnia del Teatro Alla Ringhiera presenta a Roma "Il re muore",
suo terzo allestimento di opere di Ionesco, regia di Claudio Gancassi.
Nella stagione 1988-89, a Pesaro e a Torino compagnie minori portano in scena "Le
sedie" e "La cantatrice calva"; a Torino viene rappresentata una versione in
dialetto piemontese della "Cantatrice calva".
Pubblicazione, presso le edizioni Spirali, di "Antidoti" (traduzione di Isabella
Facco e Sonia Ferro).

1989.
22 febbraio: ricoverato in ospedale, Ionesco delega la figlia Marie-France a
leggere a Bruxelles, dinanzi alla commissione politica europea, una severa
requisitoria contro il regime romeno. Ionesco denuncia il �genocidio culturale�,
l'�accelerato processo di sottosviluppo, cui si accompagna un'autentica
disperazione morale�, una vita quotidiana �da incubo�, �il rapido degrado
dell'ambiente, delle cure mediche e delle condizioni elementari d'igiene�. Egli
conclude con queste parole: �Possiamo non reagire a un genocidio culturale di cui
siamo i contemporanei ed i testimoni? Non solidarizzare con le voci che, in
Romania, hanno il coraggio di levarsi, farebbe di noi dei complici colpevoli di
mancata assistenza ad un popolo in pericolo�. Lo stesso giorno, nel notiziario
serale, la televisione trasmette alcuni passi della dichiarazione che, il giorno
dopo, � parzialmente diffusa dai quotidiani.
27 febbraio: la giuria del Pen Club presieduta da Ionesco assegna il premio della
Libert� a Vaclav Havel, scrittore dissidente, fondatore della Carta 77, che, il 29
dicembre 1989, sar� posto alla presidenza della Repubblica cecoslovacca
dall'Assemblea federale. Il 22 febbraio, a Praga, Havel era stato condannato a nove
mesi di prigione per aver partecipato ad una manifestazione vietata, organizzata in
memoria di Jan Palach in occasione del ventesimo anniversario del suicidio politico
dello studente. Palach s'era immolato bruciandosi vivo il 16 gennaio 1969.
Inizio marzo: su iniziativa del comitato internazionale per la difesa di Salman
Rushdie, e dei suoi editori, settecentodieci scrittori, tra i quali figurano
Ionesco e Beckett, firmano una dichiarazione per �sostenere il diritto di tutti� ad
esprimersi.
In marzo, l'accademico Jean Hamburger pubblica da Flammarion "Zouchy et quelques
autres histoires". Il testo � illustrato da tempere di Ionesco e inframezzato da
riflessioni, datate 21 marzo, sulla sua pittura e le ragioni per le quali dipinge
(pp. 31-33).
7 maggio: nel corso della Terza Notte dei Moli�res (86), organizzata allo Ch�telet
da Antenne 2 e dall'Associazione professionale e artistica del teatro, Jacques
Mauclair pronuncia il seguente discorso:

�Signor Ionesco,
Maestro,
Caro Eug�ne,

Lei ci aveva promesso di venire a questa serata ed � venuto. Decisamente, non


finir� mai di stupirci.
Discepolo di Lupasco, il cui nome curiosamente fa rima col suo, lei concilia la
logica e la contraddizione senza apparente difficolt�. Cos�, rifugge dalla
mondanit� ma non se ne lascia scappare nessuna; disdegna gli onori ma li accoglie
tutti. Possiede un abito verde molto ben tagliato, un bicorno, uno spadino, ma
siede all'Acad�mie fran�aise senza cravatta. Offende la grammatica, tortura il
vocabolario, ma ha la sua fotografia sul "Petit Larousse illustr�" (87). Da
quarant'anni � �l'enfant terrible� della letteratura e della vita parigina, e ogni
giorno ci domandiamo quale nuovo tiro stia per giocarci.
Ma nulla vi � di pi� serio, caro Eug�ne, dei tiri d'un poeta e del resto sappiamo
bene a quali angosce, a quali indignazioni, a quali rivolte, a quali lacerazioni
dobbiamo le scene pi� esilaranti del suo teatro.
Tradotto in oltre venticinque dialetti, ivi compresi il neospagnolo ed il
sardanapalo - dei quali credo sia l'inventore -, fa sbellicarsi dalle risa i due
emisferi con i temi pi� seri e dolorosi. Sicch� ritroviamo in lei - e mi perdoni se
utilizzo una formula che � gi� stata usata, credo - quella maschia gaiezza cos�
triste e profonda che, non appena ne ridiamo, vorremmo piangerne.
Autore drammatico, sceneggiatore, poeta, romanziere, lei si colloca nella grande
tradizione umanistica degli scrittori francesi per i suoi focosi interventi, ogni
volta che in qualche luogo del mondo sono minacciate la dignit� umana, la libert�,
l'indipendenza delle coscienze. Anche per questo noi le vogliamo bene.
E perci�, caro Eug�ne, in questa bella festa del teatro e dell'amicizia, cui la sua
presenza aggiunge interesse e splendore, tutti noi, autori, direttori, registi,
attori, decoratori, musicisti, addetti stampa, tecnici, elettroliti, mascherine
(carine), venditrici di programmi e di gelati, nominati e non nominati, molieristi
o non molierizzati, la salutiamo come il pi� illustre dei nostri e molto
affettuosamente le diciamo grazie�.

Alla fine di questo discorso, l'attrice Denise Gence (che aveva interpretato "Les
Chaises" con Pierre Dux) consegn� un Moli�re al drammaturgo fra le ovazioni del
pubblico (88).
Ringraziando, Ionesco tenne il seguente discorso:

�Grazie, ringrazio lei, cara Denise Gence, ringrazio il mio vecchio complice,
Jacques Mauclair, ringrazio i registi e gli attori che hanno dato corpo e anima a
ci� che ho scritto.
Ma perch� ho scritto? Sono ancora qui a domandarmelo. Scrivo da tanto, tanto tempo.
A tredici anni, ho scritto la mia prima commedia, a dodici delle poesie, a undici
volevo scrivere i miei Ricordi: due pagine d'un quaderno da scolaro... eppure, ci
sarebbero state tante cose da dire!
Anzitutto c'� stato lo stupore iniziale: la presa d'atto dell'esistenza, uno
stupore immerso nella gioia e nella luce, uno stupore puro, senza giudizi sul
mondo. Un secondo stupore s'� innestato sul primo. Un giudizio stupefatto, la
constatazione che il male esiste, o, pi� semplicemente, che le cose vanno male.
Quel male che ci impedisce la consapevolezza del miracolo, come se non facesse
parte del miracolo. Il male, la nostra quotidianit�, il grande enigma. Non voglio
ora dibattere questo problema insolubile, gi� discusso da centinaia, migliaia di
filosofi, teologi, sociologi. Voglio dire soltanto che, come scrittore, il male
universale � una mia questione personale, intima.
Ho un amico, filosofo della disperazione (89), niente affatto insensibile, che vive
nel pessimismo come nel proprio elemento. Parla molto, parla bene, � allegro.
"L'uomo moderno, egli dice, spizzica nell'incurabile". Cos� fa lui. Facciamo cos�
anche noi. Visto che non c'� niente da fare, visto che tutti siamo votati alla
morte, stiamo allegri. Ma non lasciamoci turlupinare.
Ma forse una via d'uscita c'�. Ed � ancora la contemplazione, la meraviglia davanti
al fatto dell'esistenza�.

18 e 19 giugno: rappresentazione nella cattedrale di Arras dell'opera intitolata


"Maximilien Kolbe". �L'Avant-Sc�ne Th��tre� (n. 860, 15 dicembre) ne pubblica una
recensione.
22 novembre: breve colloquio del drammaturgo su Antenne 2.
5 dicembre: rappresentazione di "Macbett" al festival d'inverno della Royal
Shakespeare Company.
Nel numero di sabato 23 dicembre, dopo la caduta del "conducator" romeno,
�Lib�ration� riporta le dichiarazioni di parecchi esiliati romeni tra i quali
Virgil Gheorgiu, patriarca della Chiesa ortodossa romena a Parigi, e gli scrittori
�mil Cioran, Virgil Tanase ed Eug�ne Ionesco. Questi afferma: �Sono felice che
Ceausescu sia stato cacciato e che il popolo romeno sia libero. Ma temo e mi dorrei
se altri comunisti prendessero il potere. Le cose andranno certamente meglio e la
marcia della libert� sar� meno dolorosa. La caduta di Ceausescu per me significa la
fine del comunismo. Bisogna che il tiranno, la moglie ed il figlio siano giudicati.
Io sono nato in Romania, sono venuto in Francia molto giovane, la mia cultura �
francese, ma mi sento ridiventare romeno. Non torner� a vivere in Romania, ma spero
di potervi fare un ultimo viaggio�.
24 dicembre: �Le Journal du dimanche� pubblica una dichiarazione dello scrittore:
�La guerra continua, ci� che abbiamo sentito, che abbiamo visto alla televisione �
spaventoso. Una carneficina. Stiamo assistendo agli ultimi soprassalti degli orrori
rivoluzionari inaugurati dai francesi nel 1789. Le milizie combattono, ma sanno di
non avere alcuna speranza. Temo soltanto che altri comunisti prendano il potere.
Vorrei rivolgere un semplice messaggio a tutti i Romeni che in questo momento
combattono: "Coraggio, la vittoria � vicina". Ma non sono tranquillo, mi aggrappo
alle informazioni. Sono francese da lungo tempo, ma gli avvenimenti mi fanno
ridiventare romeno e mi piacerebbe molto poter ritornare laggi�.
Il miglior ricordo che conservo di questo paese: l'incontro con mia moglie. E'
avvenuto tanto tempo fa, in un'epoca in cui la Romania era una societ� molto
aperta. Somigliava alla Francia, le usanze erano affini, di tipo occidentale, ben
diverse da quelle che sarebbero diventate�.
30 dicembre: Cioran e Ionesco diventano membri onorari dell'Accademia letteraria di
Romania (informazione avuta dalla signora Ionesco).

Primo febbraio: la Compagnia del Teatro d'Arte di Roma debutta ad Ascoli Piceno con
"Le sedie"; la regia � di Antonio Calenda, gli interpreti sono Mario Scaccia, Pina
Cei, Aldo Tarantino. Il giudizio della critica � molto positivo. Lo spettacolo �
portato a Roma dal 29 marzo al 13 aprile.
11 maggio: Giulio Bosetti riprende "La lezione" al Teatro Valle di Roma.
Anche nella stagione 1989-90 compagnie minori ripresentano "Le sedie", "La
lezione", "La cantatrice calva" e "Delirio a due". Una variante al consueto
repertorio ioneschiano dei gruppi amatoriali va segnalata a Reggio Emilia, dove la
Compagnia Piccola Ribalta mette in scena "Il gioco dell'epidemia".
L'editore Guanda pubblica "La ricerca intermittente" (traduzione di Gian Renzo
Morteo) mentre compaiono presso Mondadori il romanzo "Il solitario" (traduzione di
Gabriella Bosco) (90) e presso Spirali la raccolta di interviste e articoli "Il
mondo � invivibile" (traduzione di Isabella Ficco).

1990.
4 gennaio: in occasione del recente decesso di Samuel Beckett, �Le Nouvel
Observateur� pubblica un articolo di Guy Dumur e le reazioni di Eug�ne Ionesco:

�Ricordo di aver visto Samuel Beckett alla Coupole in compagnia del pittore Bram
Van Velde. Stavano seduti per delle ore, immobili, quasi senza scambiar parola. Al
momento di separarsi, Beckett diceva: "Siamo stati bene insieme". E questo era
tutto. Se penso a lui, mi tornano in mente i versi di Alfred de Vigny: "Solo il
silenzio � grande, tutto il resto � debolezza".
Per Beckett, la parola era vaniloquio, era inutile. Si � parlato per lui di "teatro
dell'assurdo". L'espressione era stata inventata da un critico inglese, Martin
Esslin. E' stata applicata anche alle mie commedie e a quelle di Adamov,
drammaturgo oggi ingiustamente dimenticato. Si parlava di assurdo perch� era
l'epoca in cui sovente si dissertava anche dell'assurdo di Sartre, di Bataille, di
Camus, di Merleau-Ponty. Era un termine molto in voga negli anni cinquanta.
In Beckett sono importanti soprattutto i temi della morte, del malessere
esistenziale: egli ha scritto in tempi in cui il teatro politico e il teatro
d'intrattenimento dominavano le scene. Non ne ha tenuto alcun conto. Ha distrutto
il vecchio teatro e ne ha creato un altro completamente nuovo. Ha portato in scena
la vita nei suoi fondamenti essenziali, il rapporto dell'uomo con se stesso, con la
trascendenza, con la divinit�. I suoi commentatori forse non sarebbero d'accordo ed
egli stesso non ha mai spiegato il suo teatro, ma io l'ho sempre pensato:
"Aspettando Godot" esprime l'attesa senza speranza di Dio. Non si pu� comprendere
Beckett, non si pu� comprendere il suo teatro se lo si priva di questa dimensione
metafisica.
Il personaggio Beckett? Certo che mi impressionava. Quando l'ho incontrato per la
prima volta, saranno trenta o quarant'anni fa, mi � parso bello. Aveva un volto
intenso, un po' inquietante. Ma soprattutto era profondamente umano e di gentilezza
estrema. Mi ha fatto conoscere tanti amici, per esempio Harold Pinter. Nei miei
confronti, � stato sempre molto indulgente. Roger Blin mi ha raccontato che, dopo
aver visto "Il re muore", aveva detto: "E' il grido di un'anima".
I nostri rapporti si erano un po' allentati negli ultimi tre o quattro anni. Sapevo
ch'era malato e mi dispiaceva, ma ero abituato all'idea della sua morte come mi
sono abituato all'idea della mia�.

5 febbraio: pubblicazione su �Le Figaro� d'un articolo intitolato "Aveuglement sur


l'essentiel" ["Cecit� riguardo a ci� che � essenziale"] Ionesco stende un rapporto
pessimista sull'avvenire che ci attende: distruzione dello strato di ozono e della
foresta amazzonica, inquinamento industriale, terremoti, desertificazione della
terra, esplosione demografica, carestie, Aids, eccetera. In tali condizioni,
�bisognerebbe che tutto il pianeta si unisse per por riparo all'irreparabile�. Ed
invece, �siamo sull'orlo della catastrofe apocalittica, gli uomini politici si
occupano di sciocchezze [...] Di fronte ad un avvenire tanto oscuro, Ionesco
prevede un ritorno alla religione: �Inutile dire che si tratta d'un processo
irreversibile. Resta una sola cosa da fare, preghiamo. Soltanto Dio pu� salvare gli
uomini; come dice suo figlio Gesti Cristo, nostro fratello, la divinit� continua a
proteggerci, ad amarci, bench� noi siamo cos� stupidi, cos� cattivi, cos�
incorreggibili�.
7 aprile: rappresentazione di "Maximilien Kolbe" a Bytom (Polonia), all'opera della
Slesia, e il 9 a Katowice. Il 5 maggio, rappresentazione a Klagenfurt (Austria).
19 aprile: pubblicazione su �Le Figaro� d'un articolo intitolato "Quand �ils�
d�couvrent Havel..." ["Quando �loro� scoprono Havel..."] Ionesco se la prende con i
suoi avversari politici: �Erano tutti l�, al gran completo, ex stalinisti, ex
comunisti, ex maoisti, ed ex eterni castristi, a ricevere in gran pompa al
ministero della Cultura il nuovo presidente della Repubblica cecoslovacca�.
L'autore si richiama ad un ricordo: l'ambasciatore francese a Praga, una volta,
aveva consegnato il manoscritto d'una commedia di Havel a sua moglie Rodica, la
quale l'aveva affidato al regista Jean-Marie Serreau. Costui, giudicando la
commedia �reazionaria�, si era rifiutato di rappresentarla e di farla pubblicare.
Trascinato dall'ira, Ionesco attacca allora la sua bestia nera, Sartre, che �accusa
di aver portato fuori rotta tutta l'intelligenza e la letteratura francese�.
Eppure, egli prosegue, le sinistre non ignoravano i �pericoli e gli immani misfatti
di Stalin�. Erano stati informati da uomini come Arthur Koestler, Raymond Aron,
Jean-Fran�ois Revel e dallo stesso Ionesco. �Avevamo ragione e tuttavia fummo
insultati, trattati da fascisti spregevoli, canaglie, vigliacchi�. Conclude
l'articolo con questa frase: �Ad ogni buon conto, ho potuto rivolgere al presidente
cecoslovacco un segno di vittoria�.
27 aprile: �Le Figaro� riferisce, in un articolo non firmato, sulla situazione in
Romania dove, per il quinto giorno consecutivo, manifestanti anticomunisti
reclamano le dimissioni del presidente ad interim, Ion Iliescu, e l'epurazione dei
quadri comunisti, senza aspettare le elezioni previste per il 20 maggio. In margine
a questo resoconto, in un articolo dal titolo "Vive le roi!", Ionesco espone il suo
punto di vista: il re Michele, ch'egli ha avuto l'occasione d'incontrare, gli
sembra un uomo equilibrato, aperto, capace di pacificare gli animi. La soluzione
sarebbe dunque una monarchia costituzionale. �Il re, affiancato da specialisti
competenti in qualit� di consiglieri, � l'unico in grado di sanare il male�.

9 ottobre: il Teatro dell'Arte di Roma presenta a Milano "Il re muore".


Le edizioni Casagrande di Bellinzona pubblicano La ricerca di Dio, intervista di
Guido Ferrari realizzata per la televisione della Svizzera italiana, con
illustrazioni di Ionesco.

1991.
4 aprile: a Torino, al Teatro Alfa, la Compagnia omonima, diretta da Dino Desiata,
porta in scena Macbett; interpreti principali Michele di Mauro, Donato Sbodio e
Anna Radici; costumi di Paolo Bertinato (91).
24 aprile: debutta a Casale Monferrato la Compagnia Bonfigli-Bosetti con "La
lezione" e "La voce umana" di Jean Cocteau. Regia dello stesso Bosetti. Lo
spettacolo � quindi portato in tourn�e (92).
Luglio: ancora la Compagnia del Teatro Alfa presenta a Torino "Delirio a due".

1992.
2-31 luglio: nell'ambito del Festival Ionesco organizzato dal dipartimento di
Hauts-de-Seine, la compagnia del Th��tre de Neuilly mette in scena "Rhinoc�ros" (2-
11 luglio) e "Tueur sans gages" (16-31 luglio). La regia � di Jean-Pierre Fontaine.
20 ottobre: al Th��tre de la Colline Jorge Lavelli mette in scena "Macbett". Scene
e costumi di Max Bignens, musiche di Zygmunt Kranze, maschere e fantocci di
Rodolpho Natale. Nei ruoli principali figurano Michel Aumont ("Macbett"), Jean-
Claude Jay (Duncan), Isabel Karajan (Lady Duncan e la prima strega) e G�rard
Lartigan (Banco e il vescovo). Le repliche durano sino al 31 dicembre. Nei mesi
successivi la compagnia va in tourn�e a Nizza, Lione, Orl�ans e in Argentina (27
agosto - 12 settembre).
30 novembre: Sylvie Hamelin allestisce "D�lire � deux" al Th��tre Le Guichet
Montparnasse. Interpreti: Sylvie Hamelin, Emmanuel Fouquet, Maurice Pust e
Micha�lle Caudal. Lo spettacolo viene replicato sino al 2 gennaio 1993.

21 febbraio: il Centro Teatrale Bresciano presenta al Piccolo Teatro di Milano


"Vittime del dovere" (traduzione e adattamento di Enrico Groppali), regia di Sandro
Sequi, scene e costumi di Giuseppe Crisolini Malatesta; interpreti Anita Laurenzi,
Aldo Reggiani e Cesare Gelli (la commedia non era stata pi� rappresentata dal 1958)
(93).
Dal 1989 al 1990, la societ� francese degli autori ha accordato novantacinque
autorizzazioni per la rappresentazione all'estero di commedie di Ionesco. Le opere
scelte di preferenza dai registi erano: "La cantatrice calva", "La lezione", "Il re
muore", "Macbett", "Rinoceronte", "Le sedie" e "Delirio a due".

*
Desideriamo ringraziare il signore e la signora Ionesco per le informazioni che
solo loro potevano darci.

NOTE.

Nota 1. Il francese Jean Ipcar, nonno di Eug�ne Ionesco, spos� Anne. (Il
drammaturgo ignora il patronimico della nonna, ma sostiene che il nome Ipcar ha
un'origine pirenaica). Essi ebbero dodici figli, fra i quali, oltre a Jean: il
maggiore, �mile, che fu vicedirettore e poi direttore d'una centrale elettrica a
Tunisi, esercitando altres� le funzioni di console generale onorario di Romania in
Tunisia; Ulysse, elettricista, sistemato in Normandia; Th�odore, Armand, tecnico
elettricista e inventore d'un apparecchio per saldatura, che poco prima di morire
fu rinchiuso in manicomio (compare in "Derni�res rencontres") e Jean, chimico;
Alexandre, morto di tubercolosi a venticinque anni, � menzionato in "Briciole di
diario" quando il drammaturgo rievoca i ricordi d'infanzia (vedi in "Passato
presente", Rizzoli, Milano 1970, p. 19). La madre di Eug�ne, Th�r�se, aveva quattro
sorelle, Anne, Ang�le, C�cile e Sabine. Quest'ultima � richiamata sotto i tratti di
Adelaide in "La fame e la sete", e in "Viaggi tra i morti". Personaggio pittoresco,
sposata tre volte, aveva un gabinetto dentistico a Parigi. Il suo ultimo marito,
Gustave Peytavi de Faug�res, si fece frate. Quanto a lei, dopo che una congestione
cerebrale ne ebbe diminuite le facolt� mentali, chiedeva periodicamente
l'elemosina, bench� disponesse di redditi sufficienti a sopperire ai propri
bisogni.
Nota 2. In taluni patronimici, la filiazione � segnata da un suffisso. Ionescu,
come Johnson e Jansen, significa �figlio di Giovanni�. Altre lingue segnalano la
filiazione con un prefisso: Mc o Mac (McMillan, MacDonald), O' (O'Connor), Ben (Ben
Bella).
Nota 3. Non si � potuta stabilire la data precisa.
Nota 4. Il professor Gheorghe Mihai verific� la data agli Archivi di Stato di
Slatina. Vedi la rivista �Romania Literar�, n. 28, 1969.
Nota 5. Lo scatto fra il calendario giuliano e il calendario gregoriano �
attualmente (dal 1900 al 2100) di tredici giorni.
Nota 6. Il drammaturgo, che ci ha suggerito questa data, non � in grado di
garantirla. Pu� darsi che si tratti del 1912.
Nota 7. Vedi "Briciole di diario" in "Passato presente" cit., p. 15.
Nota 8. La data � incerta: il 1917 sembra pi� probabile del 1916.
Nota 9. Soprannominata Lola dal marito, aveva due fratelli, Costica e Mitica, l'uno
funzionario, l'altro capitano, e due sorelle, Caterina e Maria, detta Mitsa. La
maggior parte dei membri del clan Buruiana che il drammaturgo odiava, appaiono
sotto il velo dell'onirismo in "Viaggi tra i morti".
Nota 10. Vedi "Briciole di diario", in "Passato presente" cit., p. 12. L'entrata in
guerra degli Stati Uniti avvenne il 14 aprile 1917 e l'intervento delle truppe in
Francia nel luglio 1918.
Nota 11. Dopo la prima guerra mondiale, la Romania conobbe un regime di democrazia
parlamentare. Questo regime fu scosso dalla crisi del 1929 e dall'ascesa del nuovo
partito fascista, la Guardia di Ferro. Nel 1938, il re Carol Secondo istitu� una
dittatura. Dopo l'occupazione tedesca, la Romania fu trascinata in guerra contro
l'Urss dal dittatore Antonescu che, all'arrivo al potere del re Michele Primo, nel
1940, si proclam� "conducator" (l'equivalente di F�hrer). Dopo aver governato con
l'appoggio della Guardia di Ferro, la elimin� aiutato dall'esercito tedesco. Nel
1944, allorch� i sovietici entrarono in Romania, Antonescu fu giudicato da un
tribunale popolare e condannato a morte. Nel 1947, il re abdic� e, nel 1948, fu
proclamata la Repubblica popolare di Romania.
Nota 12. "Briciole di diario", in "Passato presente" cit., p. 10.
Nota 13. Vedi "Souvenirs et derni�res rencontres", in �Signatur�, M�nchen 1986. Il
testo, illustrato con tempere dell'autore, non reca il numero delle pagine. A
proposito di Sabine, Ionesco sostiene che �spesso si faceva chiamare "Madame de
Faug�res" perch� si pensasse a qualche sua nobilt�. Ma Faug�res � solo un villaggio
nel Mezzogiorno della Francia, di dove Peytavi era originario e che non apparteneva
ai suoi avi�. Esistono effettivamente in Francia due comuni col nome di Faug�res,
uno nell'H�rault, l'altro nell'Ard�che.
Nota 14. Nei suoi colloqui con Claude Bonnefoy, Ionesco dichiara di essere
rientrato a Bucarest quando aveva tredici anni (p. 13). Se il ritorno � avvenuto
prima che il bambino avesse quattordici anni, andrebbe collocato fra il novembre
1922 e il novembre 1923.
Nota 15. Interrogato in proposito il 16 novembre 1989, il drammaturgo non si
ricordava di aver imparato il romeno prima del 1923. Dobbiamo concluderne che,
durante il suo lungo soggiorno a Parigi, il padre gli parlasse in francese? Ionesco
non sa pronunciarsi con certezza.
Nota 16. Vedi "Viaggi tra i morti", t. II, p. 671.
Nota 17. Ritroviamo una traccia di questa persona in "Viaggi tra i morti", t. II,
pp. 671 e 676-77 e in "Il mondo � invivibile", Spirali, Milano 1989, p. 117.
Nota 18. "Viaggi tra i morti", t. II, p. 681.
Nota 19. Mihail Burileanu, piccolo boiaro, spos� Anna Pol e ne ebbe due figli:
Nicola, detto Nicki, e Rodica.
Nota 20. Il drammaturgo non � sicuro che il nome sia quello giusto.
Nota 21. In questa veste, Ottavio Burileanu, fratello di Mihail, si prese cura di
colui che sarebbe diventato il re Michele.
Nota 22. Viaggi tra i morti, t. II, p. 692.
Nota 23. "Viaggi tra i morti", t. II, pp. 666-67, 672 e 678.
Nota 24. Vedi la "Prefazione", pp. XXIII-XXIV.
Nota 25. Confidenza dell'autore, 30 settembre 1985.
Nota 26. [Diploma di laurea che d� anche l'abilitazione all'insegnamento nelle
scuole superiori. N.d.T.].
Nota 27. "No", Vremea, Bucarest 1934.
Nota 28. "Non", Gallimard, Paris 1986, p. 179.
Nota 29. Riprendiamo qui le indicazioni fornite da Gelu Ionesco nella postfazione a
"Vita grottesca e tragica di Victor Hugo", Spirali, Milano 1985, pp. 92-110.
Nota 30. "Souvenirs et derni�res rencontres" cit. Senza indicazione di pagina.
Nota 31. Vedi "Primavera 1939". "Le vestigia del ricordo". "Pagine di giornale", in
"La foto del colonnello", Spirali, Milano 1987, pp. 107-46.
Nota 32. Nella "Ricerca intermittente", Ionesco afferma che la versione romena
della "Cantatrice calva" fu redatta nel 1943 a Bucarest. Il ritorno in Francia
dello scrittore non potrebbe quindi collocarsi nel 1942. Messo di fronte a questa
realt�, l'autore insiste nel sostenere che la data esatta � il 1942.
Nota 33. Mircea Eliade, "Les Moissons du solstice (M�moire II 1937-1960)",
Gallimard, Paris 1988, p. 100.
Nota 34. Jacques Poli�ri, che mise in scena anche "I tempi del verbo" e "Una voce
senza nessuno" di Tardieu alla Huchette nel marzo 1956, fu un innovatore nel campo
dell'architettura teatrale. Nel 1968, ide� un teatro mobile con palcoscenico
anulare per la Casa della Cultura di Grenoble e, nel 1969, un teatro mobile
trasformabile, la sala Louis Jouvet al Conservatorio nazionale d'arte drammatica.
Partecip� a numerose esposizioni e pubblic� "Cinquante ann�es de recherches dans le
spectacle", Ed. Aujourd'hui, Marseille 1958; "Sc�nographie nouvelle", ivi, 1963;
"Sc�nographie. S�miographie. Textes et r�alisations", Deno�l-Gonthier, Paris 1971
Nota 35. "Entretiens avec Eug�ne Ionesco", Belfond, Paris 1966, p. 211.
Nota 36. "Ionesco", Classiques du Vingti�me si�cle, Paris 1964, p. 125.
Nota 37. Questo sketch fu messo in scena insieme a parecchi altri, all'Universit�
della California sita a Davis, dal 22 al 24 aprile 1983. Il regista era Everard
d'Harnoncourt.
Nota 38. In occasione della presente edizione italiana, la cronologia stabilita da
Emmanuel Jacquart per l'edizione francese � stata opportunamente integrata, al fine
di documentare la penetrazione del teatro di Ionesco nella cultura e nella societ�
italiana (le integrazioni sono separate con una stella dalla restante cronologia
francese). Si � voluto cos� dar conto innanzitutto dei contributi di coloro che
hanno segnalato per primi il nuovo drammaturgo all'attenzione della critica e si �
poi cercato di citare il pi� capillarmente possibile gli spettacoli portati sulla
scena dalle diverse formazioni, con accenni alle reazioni dei recensori e del
pubblico. Tuttavia, un elenco esauriente delle rappresentazioni di Ionesco in
Italia non � facile da compilare: L'Istituto del dramma italiano (Idi) si �
preoccupato di documentare quanto avviene sui palcoscenici italiani soltanto a
partire dalla stagione 1961-62, limitandosi a registrare data, luogo e compagnia
delle �prime�. Inoltre, negli ultimi anni si � assistito ad un proliferare di nuove
compagnie che non sempre inviano la documentazione dei loro spettacoli all'Idi;
senza contare i gruppi amatoriali, filodrammatici, universitari, eccetera, che
ovviamente non compaiono sulle registrazioni ufficiali, ma che hanno ampiamente
recitato Ionesco. Fin d'ora va segnalato che Ionesco � stato rappresentato poco
dalle grandi compagnie (fanno eccezione il Teatro Stabile di Torino e la Compagnia
dei Quattro) e molto di pi� da imprese medio-piccole, che, come si � visto, sono
meno documentate. Fra le opere di Ionesco, "Il pedone dell'arca", "La lacuna" e
"Viaggi tra i morti" non risultano essere mai state rappresentate in Italia. "Della
Fame e la sete", sono stati portati in scena due soli episodi, "La fuga" e
"L'appuntamento", non pi� replicati.
Nota 39. [Il racconto "Orifiamma" compare in italiano nel volume "La foto del
colonnello", Spirali, Milano 1987. N.d.T.].
Nota 40. Le notizie riguardanti i viaggi sono state gentilmente comunicate, per la
maggior parte, dai signori Ionesco. Se le precisazioni sono insufficienti (giorno e
mese), i viaggi vengono menzionati alla fine della rubrica annuale alla quale si
riferiscono. Salvo rare eccezioni, i soggiorni all'estero hanno consentito a
Ionesco o di assistere alla rappresentazione d'una sua commedia o di tenere una
conferenza oppure di assumere le funzioni di professore ospite.
Nota 41. [Scrittore umoristico francese (1855-1905). N.d.T.].
Nota 42. Colloquio del 30 settembre 1985.
Nota 43. Da notare che l'Italia �, su piano mondiale, il primo paese in cui
compaiono traduzioni di commedie di Ionesco.
Nota 44. "Note e contronote", Einaudi, Torino 1965, p. 127.
Nota 45. Vedi la recensione del �New York Times� dell'11 novembre 1976. Nel 1987,
sentendosi ingiustamente trascurato dalla critica e ritenendo che essa non
cogliesse pi� il suo contributo innovatore, Ionesco fece di nuovo appello
all'avanguardia, atteggiamento che da anni aveva abbandonato (vedi "La ricerca
intermittente", Guanda, Parma 1989, pp. 42-43). Avendo letto il testo manoscritto,
attirammo l'attenzione dell'autore sull'incompatibilit� di tali enunciati con le
sue precedenti dichiarazioni. Il testo non fu modificato, ma dopo qualche tempo
Ionesco sostenne con noi di preferire tuttora la definizione �teatro di derisione�!
Nota 46. La critica esprime un giudizio favorevole e, mentre sottolinea che vi �
stato qualche dissenso fra gli spettatori, afferma, come fa ad esempio Carlo Terron
su �La Notte� del 28-29 luglio 1956, che purtroppo la platea � ancora costituita
per buona parte da �benpensanti�, �... che ancora oggi vanno raccontandosi in
privato che Pirandello ha rovinato il teatro�. Rilevato il carattere innovativo
dello spettacolo, critici come lo stesso Terron, E. F. Palmieri, R. De Monticelli,
V. Vecchi, indicano in Achille Campanile, in Ettore Petrolini, nel primo
Palazzeschi, analoghe forme di comicit� e di scrittura gi� sperimentate, in qualche
misura, in Italia.
Nota 47. Il primo traduttore della "Cantatrice chauve" ha reso in italiano
�cantante� e non �cantatrice�, come ha poi scelto di fare Gian Renzo Morteo,
versione da allora prevalsa. Sulle ragioni di questa scelta di Morteo vedi Maura
Sesia, "La fortuna di Ionesco in Italia: articoli, note, prefazione, traduzioni di
Gian Renzo Morteo", Tesi di laurea in storia del teatro, Universit� degli studi di
Torino, Facolt� di lettere e filosofia, anno accademico 1991-92, p. 37.
Nota 48. I primi due articoli decisamente critici nei confronti di Ionesco si
devono ad Adriano Magli, �Radiocorriere� del 16 settembre 1956, e a Luciano
Codignola, �Tempo presente�, settembre-ottobre 1956. Il primo sostiene che il
teatro di Ionesco non � satirico, �perch� esiste satira quando si ironizza una
consuetudine che andrebbe emendata: mentre Ionesco non vuole fare al suo pubblico
nessuna utile proposta [...] � un autore che si diverte unicamente con i vacui
frammenti del vivere�. Anche per L. Codignola q messaggio � sostanzialmente
insufficiente e �tanto pi� improbabile l'interpretazione di chi vorrebbe vedere in
Ionesco delle preoccupazioni sociali, non parliamo poi di una nuova concezione del
teatro�.
Nota 49. Due attori della Compagnia, Elena Magoja e Adolfo Fenoglio, confluiranno
poi nel Teatro delle Dieci, tuttora operante a Torino.
Nota 50. "Ionesco: uomo del destino?", in "Note e contronote" cit., pp, 85-87.
Nota 51. Ibid., p. 88.
Nota 52. "Ionesco e il fantasma", in "Note e contronote" cit., pp. 91-94.
Nota 53. "Note e contronote" cit., pp. 94-95 e 96-98.
Nota 54. Il Teatro delle Dieci, diretto da Massimo Scaglione, si � costituito nel
1957 ed ha recitato ininterrottamente fino al 1972, presentando in prevalenza opere
di rottura, talora novit� assolute per l'Italia. Il gruppo si � ricostituito nel
1977.
Nota 55. Fra i critici � diffusa l'opinione che il pubblico sia ormai disposto ad
accettare il �teatro dell'assurdo� e Leonardo Bragaglia ricorda fra le ascendenze
storiche, oltre al futurismo e a Jarry, Ribemont Dessaignes (�Lo Specchio� del 22
febbraio 1959).
Nota 56. Regia, scenografia e attori ricevono il plauso della critica, non cos� il
testo (vedi Sandro De Feo, "In cerca di teatro", Longanesi, Milano 1972, vol. II,
pp. 610-13).
Nota 57. Parlando dei vecchi allestimenti italiani di questa commedia, utilizzeremo
il titolo con cui si presentavano ("Il rinoceronte", piuttosto che "Rinoceronte").
Ma sull'utilizzazione dell'articolo definito. vedi il Commento relativo a questa
commedia e le affermazioni di Ionesco: p. 890, nota 1.
Nota 58. Il protagonista, Marcello Moretti, sar� sostituito nelle successive
tourn�es e cos� Ionesco lo ricorda in "Note e contronote" (Einaudi, Torino 1965, p.
200): �Moretti, l'attore italiano morto poco tempo fa e che era uno dei pii grandi
attori del mondo, ne aveva fatto un dramma struggente e doloroso�.
Nota 59. Per maggiori informazioni, vedi il Commento di "Delirio a due", t. II, p.
809, nota 1.
Nota 60. Parte della critica si esprime negativamente non sullo spettacolo ma sul
testo, che viene giudicato un'involuzione rispetto al �vero� Ionesco che si trova,
secondo S. De Feo, �nelle inesorabili farse filologiche dei massacri glottologici
[...]. Sul terreno dell'arte, la sola positivit� che esiste � quella
dell'ispirazione e della fantasia originale, e la negativit� � il risaputo, il
trito, il ridetto e insomma tutto ci� che � di seconda mano. E il Signor B�renger �
di seconda mano� (vedi "In cerca di teatro" cit., p. 617). Ionesco per�, venuto
appositamente a Milano, � pienamente soddisfatto dell'allestimento di F. Enriquez,
al quale vorrebbe affidare per la prima mondiale la nuova commedia che sta
scrivendo, "Il pedone dell'aria" (B. Mosca in �Gente�, gennaio 1961, pp. 69-66). Il
progetto non andr� in porto e "Il pedone dell'aria" non sar� mai rappresentato in
Italia. "Il rinoceronte" ottiene, tuttavia, un notevole successo di pubblico che
accoglie favorevolmente la Compagnia nel corso di una lunga tourn�e.
Nota 61. Poich� l'edizione francese dello spettacolo era gi� stata portata in
tourn�e in Italia, taluni critici vi scorgono quasi un riallestimento.
Nota 62. Allontanatosi dalla Compagnia dei Quattro.
Nota 64. Parte della critica sottolinea come Giulio Bosetti sia ancora �troppo
giovane e non soltanto di anni...� per sostenere un ruolo cos� complesso
all'interno di un'opera che sarebbe un capolavoro, se non ci fosse un finale troppo
prolungato (Lucio Ridenti su �Il Dramma�, n. 327, dicembre 1963). Gli apprezzamenti
per �la svolta� drammaturgica di Ionesco sono numerosi: Giulio Trevisani su
�l'Unit� del 30 dicembre 1963 scrive che ora anche chi �ha mostrato scarsa
tenerezza (noi per esempio non ne abbiamo mai avuta recessiva) pu� ben cominciare a
riconciliarsi con l'estroso scrittore�.
Nota 65. "La cantatrice calva" sar� riproposta l'8 luglio 1971 e il 17 marzo 1978;
"Delirio a due", il 3 giugno 1976, il 16 ottobre 1981 e il 15 febbraio 1983.
Nota 66. Mario Raimondo su �II Dramma� del febbraio 1970 scrive: �Cristiano e
Isabella, due attori intelligenti... affatto routiniers che per una volta si sono
fatti ingabbiare proprio in questa nuova moda del fare in modo che non si capisca
ci� che si racconta dal palcoscenico... Hanno, cos�, recitato nel modo pi�
artefatto possibile... con un continuo ammicco simbolista, quella commedia della
quale Ionesco ha detto: �E un'opera semplice, infantile e quasi primitiva nella sua
semplicit�. Non vi si trover� traccia di simbolismo"...� (vedi "Note e contronote"
cit., p. 188).
Nota 67. Arnaldo Ninchi, come Isabella del Bianco, aveva recitato nella Compagnia
dei Quattro nel 1962, anno in cui il gruppo aveva allestito lo stesso testo.
Nota 68. Una scelta di bozzetti a tempera di E. Colombotto Rosso per "Il gioco
dell'epidemia" � stata esposta a Torino in occasione della Mostra �La citt�
inquietante-Pittura fantastica e surreale a Torino� promossa dall'amministrazione
civica alla palazzina della Promotrice di belle arti (ottobre-dicembre 1992. Vedi
il catalogo edito da Fabbri, Milano 1992, ed in particolare il saggio di Pietro
Crivellaro, "La recita dell'assurdo", pp. 71-86.
Nota 69. Gi� su �Il Dramma� dell'ottobre 1970 in occasione della prima parigina,
Ugo Ronfani aveva scritto che il testo era �... meno lirico e ispirato di "Le roi
se meurt", pi� secco e didascalico...�
Nota 70. Perplessit� sulla scelta dei due episodi esprime Odoardo Bertani su
�L'Avvenire� del 14 aprile 1972, pur apprezzando la regia e gli attori.
Nota 71. Commedie di Ionesco sono state recitate a Imola, Acireale, Udine, Merate,
Lucca, Vigevano, Cesena, Livorno, Mantova, Verona, Aosta, Torre del Greco, Ancona,
Novi Ligure, Vicenza, Moncalieri, Cosenza, Bolzano, Asti, Parma, Arezzo, Ragusa,
Cremona, Trento, Pinerolo... (vedi gli elenchi della Scad, Soci�t� des Auteurs et
Compositeurs Dramatiques di Parigi, sui permessi accordati per rappresentazioni di
Ionesco in Italia).
Nota 72. Secondo il �Corriere della Sera� del 18 maggio 1972, Ionesco avrebbe
ceduto a Raf Vallone i diritti di rappresentazione in Italia di "Macbett", ma
questo spettacolo non � stato mai realizzato.
Nota 73. Sfavorevole la reazione della critica: �L'ultima commedia di Ionesco [...]
ci riporta nella prigione in cui l'autore ha voluto chiudersi ormai da molti anni
[...] � la prigione del solipsismo, di un individualismo che non � nemmeno
anarchico e libertario, che allora sarebbe sostenuto da un'ideologia; e qui
l'ideologia � la bestia nera, neanche se ne deve parlare [...]� (R. De Monticelli,
�Corriere della Sera� del 6 febbraio 1975).
Nota 74. Pierre Belfond, Paris 1980. Autori degli interventi: Cl. Abastado, R.
Bensky, M. Eliade, M. Esslin, Gelu Ionesco, H. Gouhier, G. Gu�rin, E. Jacquart, P.
Lanhomas, M. Liome, Y. Moraud, J. Onimus, M. Pruner, P. Vernois, C. Weil,
Prefazione di Eug�ne Ionesco.
Nota 75. Guido Davico Bonino scrive su �La Stampa� dell'8 gennaio 1978 che �[...]
il difetto di fondo della scrittura di Ionesco � [...] quello di essere debordante.
Come ispiratore e regista della edizione italiana [...] Tino Buazzelli avrebbe
dovuto sforbiciare il testo pio generosamente [...]� Il 18 gennaio, sullo stesso
giornale, Buazzelli risponde che �[...] l'impegno dell'Autore e nostro, in tempi di
superficialit� confusa, o di violenza politica, non � fare solo uno spettacolo, ma
aiutare l'uomo a ritrovare la speranza di una dignit�, le sue possibilit�
spirituali, mitologiche�.
Nota 76. II traduttore Gian Renzo Morteo aveva consigliato in tal senso la
Compagnia: �[...] i tentativi fatti di proporre l'assurdo (alcune opere
opportunamente scelte di tale teatro) ad un pubblico di giovanissimi hanno sempre
ottenuto consensi al di l� di ogni aspettativa� (da un dattiloscritto senza data
inviato al Teatro dell'Angolo). Due volumetti di "Storie per bambini" di Ionesco
erano gi� stati pubblicati dalla Emme Edizioni.
Nota 77. Autori degli interventi: E. Coe, R. Corrigan, M. Esslin, D. Grossvogel, E.
Jacquart, J. Kott, R. Lamont, M. Lazar, G. Wellwarth.

Nota 78. Roberto de Monticelli recensisce il nuovo allestimento sul �Corriere della
Sera� del 14 gennaio 1981. Il suo giudizio, assai critico, si rivela fin dal
titolo, �Affogata nella confusione la patetica fine di B�renger�. Cos� egli scrive:
�"Il re muore"... l'ultima commedia vera di Ionesco, prima della sua evidente
involuzione. Ma se questo lento e forse un po' monotono cerimoniale fatto di
parole... lo si riduce, come si � fatto qui, a una specie di farsa barocca su
sfondo vagamente fantascientifico... addio grazia, intelligenza, patetismo,
umorismo, surrealismo... addio metafisica sia pure spicciola... tutto questo vuol
dire che si � messo in scena il testo senza un vera fiducia nella sua essenza
autentica che � quella verbale�. Non molto diversa � l'opinione degli altri
recensori.
Nota 79. �Le Monde�, 3 marzo 1983, p. 13.
Nota 80. R. Di Giammarco sulla �Repubblica� del 3 gennaio 1984 e Aggeo Savioli
sull'�Unit� dello stesso giorno si esprimono favorevolmente sullo spettacolo ed
apprezzano l'adattamento in napoletano delle "Sedie". Savioli suggerisce un
parallelo fra il vecchio di Mario Santella e Carlo Saporito, personaggio di "Le
voci di dentro" di Eduardo de Filippo.
Nota 81. Su �Il Castello di Elsinore�, n. 9, 1990, Umberto Artioli rievoca quegli
allestimenti.
Nota 82. Notevole l'interesse della critica, sia per la notoriet� del protagonista
che per �l'accento posto sul transfert sessuale del personaggio, che c'� gi� nel
testo, ma qui viene particolarmente valorizzato� (R. de Monticelli, �Corriere della
Sera� del 28 giugno 1986).
Nota 83. Questo testo compare in Eliade, "Les Moissons du solstice" ("M�moire II
1937-1960)" cit., pp. 254-56.
Nota 84. I due colloqui dell'autore con Daniel Stevens e Thierry Zeno furono
trascritti e pubblicati da Fabienne Arvers (�Th��tre/Public�, n. 81, maggio-giugno
1988, pp. 33-40). Notiamo che, per parte sua, Gabriel Marcel aveva affermato, fin
dal 1942: �L'esistenza non � separabile dallo "stupore"� ("Du refus �
l'invocation", Gallimard, Paris 1942, p. 88).
Nota 85. Da notare che il personaggio del professore sollecita attori di fama a
misurarvisi; lo stesso accade con il personaggio di B�renger di "Il re muore".
Nota 86. [Premio annuale francese per il teatro, equivalente al premio italiano
Taormina. N.d.T.].
Nota 87. [Il pi� popolare dizionario enciclopedico francese. N.d.T.].
Nota 88. Durante la medesima cerimonia, anche Mauclair ottenne un Moli�re, perla
regia di "L'avaro".
Nota 89. Si tratta di �mil Cioran, autore di "Sur les cimes du d�sespoir" (L'Herne,
1933), "Pr�cis de d�composition" (1949), "Syllogismes de l'amertume" (1952), "La
Tentation d'exister" (1956), "Histoire et utopie" (1960), "La Chute dans le temps"
(1965), "Le Mauvais D�miurge" (1969) e "De l'inconv�nient d'�tre n�" (1973),
apparsi da Gallimard. [Di Emil Cioran sono stati tradotti in italiano: "La
tentazione di esistere", Bompiani, Milano 1988; "Il funesto demiurgo", Adelphi,
Milano 1986; "Esercizi di ammirazione", ivi 1988; "Lacrime e santi", ivi 1990;
"L'inconveniente di essere nati", ivi 1991; "Squartamento", ivi 1991. N d. T.].
Nota 90. Il solitario era gi� comparso nel 1974 presso Rusconi, nella traduzione di
Gloria Zannino Angiolello.
Nota 91. Desiata... ha realizzato uno spettacolo svelto e vagamente rivistaiolo,
preoccupato pi� di divertire che di sprofondare nell'umorosit� saturnina di
Ionesco�. �Molti calorosissimi applausi� (Osvaldo Guerrieri, �La Stampa� del 7
aprile 1991). �Lo stupore � ormai una rara magia a teatro... riescono a regalarlo
Dino Desiata... e la sua banda di attori... Spettacolo accattivante e
meritevole...� (Gian Luca Favetto, �la Repubblica� del 7-8 aprile 1991).
Nota 92. Spettacolo recitato �con eccellente sobriet� (Masolino d'Amico, �La
Stampa� del 14 maggio 1991).
Nota 93. Discordanti le reazioni della critica, che loda l'allestimento
manifestando perplessit� sul testo. Senza appello due giudizi: �"Vittime del
dovere" appartiene alla fase iniziale, e di gran lunga migliore, della produzione
teatrale di Eug�ne Ionesco, in stretta contiguit� temporale con testi leggendari
come "La cantatrice calva", "La lezione", e "Le sedie" e, d'altra parte, con le
prime folgoranti apparizioni sulle scene parigine di quello che � stato a lungo
considerato il suo grande collega-rivale, Samuel Beckett. I decenni da allora
trascorsi hanno fatto giustizia di questo equivoco, trasformando Beckett "en lui
m�me", ossia uno dei massimi scrittori del secolo, e ridimensionando Ionesco al
ruolo di protagonista storico del teatro del secondo Novecento� (Giovanni Raboni,
�Corriere della Sera� del 23 febbraio 1992). �Ionesco � il "vecchio" pi� terribile
che "grande" del teatro francese. Considerato il massimo, o quasi, negli anni
'50... artisticamente � invecchiato male. Un ritorno di fede lo ha spinto ad
assumere posizioni di esasperato, reazionario "misticismo" [...] i suoi testi pi�
noti [...] mostrano le rughe di una sempre meno utile "verbosit�", senza, a
sostenerli, la disperazione e la dimensione assoluta di Beckett [...]� (Gianfranco
Capitta, �Il Manifesto� del 23 febbraio 1992).

LA FORTUNA CRITICA DI IONESCO IN ITALIA.

Gi� si � segnalato nella cronologia degli spettacoli di Ionesco in Italia come


scarsi siano gli allestimenti dovuti a grandi compagnie e molto pi� frequenti le
prestazioni di gruppi minori. Un'analoga constatazione va fatta a proposito della
fortuna critica dell'autore: innumerevoli gli articoli comparsi su giornali e
riviste, sia a livello nazionale che locale, e pochissimi gli scritti di maggior
respiro. E ci� a dispetto del fatto che l'opera teatrale del drammaturgo francese
fosse tempestivamente disponibile in traduzione italiana (il "Teatro I" di Einaudi
� del 1961).
Fatta eccezione per il saggio di Philippe S�nart (tradotto dal francese e
pubblicato nel 1965, lo stesso anno in cui compaiono "Note e contronote"), la prima
monografia italiana su Ionesco � del 1967, ad opera di Gian Luigi Falabrino; per
trovarne una seconda occorre aspettare il 1978, "L'invito alla lettura di Ionesco"
di Sergio Torresani. Poi pi� niente, salvo contributi - raramente importanti -
sparsi qua e l� in opere generali. Lo stesso Ionesco, come testimonia G. L.
Falabrino, fin dagli anni sessanta si stupiva della scarsa attenzione dedicatagli
dalla critica italiana, mentre non soltanto in Francia ma in altri paesi europei e
negli Stati Uniti erano stati pubblicati studi sul suo teatro (1).
Quali i motivi di questo disinteresse, se non di questa ostilit�? Probabilmente una
delle cause va ricercata nell'atteggiamento di chiusura ideologica variamente
espresso da pi� parti e che trova nel Piccolo Teatro della Citt� di Milano e nella
persona del suo direttore Paolo Grassi il pi� autorevole rappresentante. Scrive
Giorgio Guazzotti, a difesa delle scelte di repertorio del Teatro: �E se
l'ostracismo del Piccolo [...] tocca naturalmente gli Ionesco, Beckett, Genet, e lo
stesso Adamov, proprio la sostanza nichilista o, peggio, il mimetizzato
qualunquismo di questi autori, sembra dare ragione a Strehler� (2). Pi� aspro e
diretto il giudizio di Paolo Grassi: �Ionesco � finito all'Acad�mie Fran�aise e
Beckett � premio Nobel, entrambi unti del Signore della Borghesia, che li ha
accolti nel suo ampio seno [...] quel che � pi� grave, poi, entrambi finiti,
ridotti alla ripetizione commerciale di se stessi. Non viene dunque il sospetto che
tali fossero anche prima, quando erano in cima all'onda dell'avanguardia?� (3).
Ancora Paolo Grassi, in un'intervista concessa a Curzia Ferrari dichiara: �[...]
credere in un tipo di teatro che camminasse con la logica delle cose, e Brecht ci
ha creduto. Ci� non ha impedito per� che il teatro, nella sua generalit�,
scivolasse nell'assurdo, nel fumismo dell'Open Theater e di Ionesco del quale mi
sono rifiutato di rappresentare al "Piccolo" in prima mondiale "Il rinoceronte";
cosa che considero titolo di merito... Ionesco non ha alcuna morale, pone l'uomo al
di fuori delle fedi, dei partiti, delle idee, delle ideologie, e questo � folle�
(4).
Fin dal 1967 Piero Raffa polemicamente notava, a proposito di Ionesco,
l'incomprensione di cui �si sono resi colpevoli, in Francia e in Italia [...]
studiosi marxisti brechtiani, per i quali si direbbe che Brecht funzioni come una
specie di paraocchi, come un preconcetto che impedisce loro di vedere tutto ci� che
non � brechtiano�. E ancora: �[...] � deplorevole la miopia retrograda di coloro i
quali, vuoi per qualche pregiudizio ideologico o antiavanguardistico, vuoi per la
solita incapacit� di riconoscere il realismo quando si veste di abiti non
naturalistici, si ostinano a negare a questo autore l'importanza che merita� (5).
E conferma Paolo Puppa: �Brecht era stato per almeno quindici anni (dal '55 al '70)
la strada maestra nella conduzione del Piccolo, una sorta di nume tutelare severo e
inflessibile... che esclude varianti negative o disfattiste, dato che il teatro si
lega enfaticamente alla mitologia del servizio pubblico [...]� (6).
Sempre in questa chiave di chiusura ideologica non solo nei confronti di Ionesco ma
in generale della cosiddetta avanguardia, andrebbe anche letta la tardiva
traduzione italiana dell'opera di Martin Esslin Il teatro dell'assurdo (pubblicata
nel 1961, tradotta in italiano nel 1975). Cos� afferma Giovanni Antonucci
presentando la terza edizione del libro apparsa nel 1990: �La scena italiana era
infetta gi� nella seconda met� degli anni Cinquanta dal morbo brechtiano [...]�. Il
saggio di Esslin �era considerato, non solo nel mondo anglosassone, un classico
della saggistica contemporanea, ma nessun editore italiano, piccolo o grande che
fosse, lo aveva ritenuto degno della pubblicazione. La motivazione era
esclusivamente ideologica: era un libro "reazionario" perch� si occupava di autori
"reazionari"� (7).
Ma, indipendentemente o parallelamente all'influenza esercitata dalle dichiarate
posizioni del Piccolo Teatro di Milano, l'atteggiamento della critica italiana nei
confronti di Ionesco, in generale, non � stato tenero, come del resto gi� si �
visto dagli accenni alle recensioni degli spettacoli riportati nella "Cronologia".
Quando � benevola, la critica privilegia nettamente le prime �anticommedie� di
Ionesco, i suoi giochi linguistici e i �massacri glottologici� (8), rifiutandone il
successivo individualismo e le ambizioni metafisiche (dalla trilogia di B�renger a
"L'uomo con le valigie"), giudicati verbosi e privi di originalit�.
�Pagliaccio tragico o pensatore disinvolto� (9), �Ionesco � la storia esemplare del
fallimento dell'avanguardia quando tenti un discorso positivo� (10); �fumiste
na�f�, �maestro del pastiche�, Ionesco si compiace del linguaggio dell'avanguardia
e �ne fa in certo modo l'accademia� �senza troppo preoccuparsi poi del significato
generale del suo lavoro� (11); �[...]I suoi testi pi� noti [...] mostrano le rughe
di una sempre meno utile "verbosit�" [...]� (12).
Questo atteggiamento che nega qualsiasi dignit� di pensiero al teatro di Ionesco,
riconoscendogli al massimo un'abilit� da giocoliere, spiega forse perch� tre sue
ambiziose commedie ("Il pedone dell'aria", "La fame e la sete", "Viaggi tra i
morti") non siano mai state rappresentate in Italia, e spiega forse anche il
destino subito dall'opera narrativa e saggistica del drammaturgo. Se tutto il
teatro di Ionesco � stato pubblicato in Italia da un solo editore, �l'Einaudi coi
suoi gloriosi titoli, da Beckett a Adamov, da Pinter a Tardieu, da D�rrenmatt a
Frisch� (13), un solo saggio, "Note e contronote" (14), � stato dato alle stampe
dalla medesima casa torinese (1965). "Passato e presente" esce nel 1970 da Rizzoli.
Poi � la volta di Rusconi che nel 1974 pubblica una prima traduzione di "Il
solitario" (il romanzo viene ripubblicato in una nuova traduzione da Mondadori nel
1989). Tutti gli altri testi di Ionesco sono proposti molto tardivamente, fra il
1985 e il 1989, dalla casa editrice Spirali di Milano, diretta da Armando
Verdiglione (fa eccezione "La ricerca intermittente", uscita da Guanda nel 1989).
Questo fatto ovviamente conferma la maggior parte della critica nella gi� radicata
convinzione che Ionesco, �autore reazionario di destra�, non pu� che essere preso
in considerazione da una �casa editrice reazionaria di destra� (15).
Un giudizio meno ideologicamente sbilanciato sul teatro di Ionesco � quello di Vito
Pandolfi, che ne esamina l'opera fino a "Rinoceronte", caratterizzato da un �[...]
umorismo di facile presa�, "Il pedone dell'aria" e "Il re muore", dove prevale
�[...] un senso tragico [...] Siamo alla coincidenza tra personaggio reale e
simbolo, tra vicenda individuale e vicenda cosmica. In vista di tramonti senza
luce� (16).
Nicola Chiaromonte, in una pur breve nota, ha un orecchio pi� attento:
�L'importante [...] � il sentimento iniziale di solitudine e di smarrimento: vivere
in un mondo incomprensibile col quale non si pu� neppure comunicare senza dover
temere la sopraffazione e l'equivoco [...] Ma questa realt� quotidiana ostile e
assurda non la si pu� descrivere se non deridendola: facendone la parodia. In
questo senso, il teatro di Ionesco � una confessione in maschera� (17).
Margherita Muratore, che dedica particolare attenzione all'analisi del linguaggio
in Ionesco, rileva �[...] la coincidenza [...] tra una comicit� originata da un
asservimento dei personaggi alle parole e la loro reazione alle parole stesse che
si oppone vivacemente al conformismo totale e alla convenzionalit� verso cui, agli
occhi di Ionesco, sta scivolando l'uomo moderno� (18).
Analogamente Maria Luisa Belleli, in un bel saggio che prende in esame la
specificit� di Ionesco nel contesto ben documentato del cosiddetto �teatro
dell'assurdo�, rileva che �gli "esercizi di stile", per usare un titolo di Queneau,
scrittore geniale e spiritoso, che Ionesco ammira, non costituiscono di per s� il
"Teatro dell'Assurdo". Ne sono l'aspetto pi� vistoso, ma denunciano lo smarrimento
ultimo di fronte a un mondo che appare ora vuoto, ora inaccettabile per le violenze
che vi si compiono, sempre in ogni modo soggetto all'annientamento� (19).
Nella sua monografia, pur non accettando una netta separazione fra una prima e una
seconda �maniera� di Ionesco (20), Gian Luigi Falabrino scrive che, dopo
"L'Improvviso dell'Alma", il teatro di Ionesco �da anti-teatro diventa "teatro-
anti": anti Brecht, anti-massa, anti-storia, anti-societ�. �Il teatro di Ionesco �
il tentativo, in questo secolo di masse, di riportare l'attenzione sull'uomo. E' il
tentativo di ricordarci che l'uomo viene prima delle ideologie e delle bandiere. Se
esso riesce meno quanto pi� le sue ambizioni si fanno esplicite, � perch� Ionesco
si preoccupa pi� di se stesso che degli uomini; � perch� egli proietta sull'umanit�
l'ombra dei suoi incubi, piuttosto che ascoltarne e registrarne la voce� (21).
Una critica alle capacit� propositive di Ionesco esprime anche Henri Behar,
scrivendo che �[...] se ha rinnovato il genere, [Ionesco] l'ha fatto meno con le
idee che con una forma eminentemente teatrale, puntando sui movimenti verticali,
sull'accerchiamento, sulla ricorrenza dei personaggi e delle situazioni,
sviluppando un tempo onirico, adottando tutti gli stili [...]� (22).
Un ascolto pi� partecipe Ionesco ha invece incontrato fra i saggisti di ispirazione
cattolica o comunque aperti alle suggestioni del sacro. Gastone Toschi, che legge
il teatro di Ionesco come tensione fra angoscia della morte e aspirazione
all'assoluto, conclude: �Ionesco non ha cercato Dio attraverso la sua propria
angoscia, eppure il senso del sacro, ancora irrilevato, si � inserito in lui� (23).
Sergio Torresani, nella sua piana e attenta monografia che invita alla lettura di
Ionesco, afferma che �L'insoddisfazione del reale, l'aspirazione ad uscirne per
ritrovarsi autentici sono i temi che permeano di religiosit� il tessuto drammatico
dell'opera ioneschiana� (24). E pi� di recente ha insistito: Ionesco parla spesso
di s� nelle sue commedie �per dire e ribadire che non c'� alcuna frattura fra le
sue prime opere (quelle che si ammirano per la sorpresa dell'invenzione, la novit�
della struttura e la felice gratuit� del loro umorismo, anche se la gratuit� � pi�
apparente che reale) e le opere successive, a partire da "Assassino senza movente",
dove il messaggio non cambia di segno, ma si fa pi� esplicito e marcato�. �Il
teatro di Ionesco, se pur lontano dalla cronaca, non ignora la storia: � lirico, ma
non dimentica gli uomini; � ricerca metafisica ma non disimpegno� (25).
Nella sua monumentale opera "Teodrammatica", il teologo Hans Urs von Balthasar
inserisce una penetrante e severa analisi dell'opera di Ionesco (�[...] oggi il
solo drammaturgo davvero all'altezza di Brecht, nonch� suo irremissibile rivale e
antipode [...]�), condotta in parallelo con il teatro brechtiano. �La forza
espressiva [per Ionesco] � tutto, nella sua singolarit�, nella potenza della sua
originalit�, essa � criterio di verit� poetica [...]�. �L'espressione di questo
elemento originalissimo pu� consistere soltanto nella rottura sempre rinnovata di
tutti gli involucri cristallizzati di cui gli uomini si circondano, nel far
crollare tutte le pareti che illusoriamente ci proteggono [...]�. �Ma allora che
cosa potr� mostrare Ionesco sulla scena? Niente altro che il capovolgersi
contraddittorio dell'originaria coscienza dell'esistenza nel nulla, sola davanti
alla morte� (26).
E, da ultimo, Guido Ceronetti ha scritto: �La remota idea mistica che per salvare
Dio in s� bisogna rinnegare e perdere il mondo in Beckett e Ionesco riaffiora. La
dissoluzione del linguaggio - radice, senso, realt� del mondo [...] - �
rinnegamento e dissoluzione del mondo�. �Attraversando l'assurdit� del linguaggio,
con esiti talvolta assoluti, Ionesco col suo teatro ha salvato, Cristoforo delle
scene, la luce della Divinit� e il senso di umanit�, il rispetto doloroso e segreto
per quel che ne rimane� (27).
Una lettura tutta positiva del teatro di Ionesco � invece quella di Luigi Pozzoli,
che �oltre al testimone del caos, del labirinto, della solitudine, della morte�
vede in lui �un grande sognatore�, capace di �trasfigurare la realt� e di cogliere,
oltre l'epidemia della morte, �in forma di presentimento, il dispiegarsi della
pienezza e della libert� (28).
Un'annotazione a parte sul lavoro di Gian Renzo Morteo che non solo ha introdotto
Ionesco in Italia ma ne � stato il traduttore �principe�, non tanto per la quantit�
delle opere quanto per una sorta di congenialit� con il personaggio, neppure troppo
celata.
Non si pu� che rimpiangere ch'egli non abbia dedicato al drammaturgo un saggio
organico; restano per� le sue pungenti introduzioni ai volumetti della einaudiana
�Collezione di Teatro�, da "La cantatrice calva" a "Viaggi tra i morti", e la densa
postfazione di "Note e contronote". Ionesco � �in grado [...] di fondere tutto con
la forza di una costante, insaziabile ansiet�, di un impegno senza riserve e senza
mediazioni di fronte all'esistenza. Si pensa a un corpo a corpo terribile, con il
coraggio di tutte le ingenuit� elementari. In un'epoca in cui la cultura �
soprattutto rielaborazione di presupposti, Ionesco ha l'improntitudine di misurarsi
con i presupposti, in un continuo, forse un po' donchisciottesco ritorno alle
origini [...]�. �[...] l'idea della gratuit� e la parola d'ordine: ridere
nonostante tutto, che dominano l'opera di Ionesco, sono la reazione di fronte
all'angosciosa mancanza di risposte metafisiche. Chi considera Ionesco, a suo modo,
uno spirito religioso, probabilmente non � lontano dal vero�. �Al di l� delle
possibili adesioni o dei possibili rifiuti da parte nostra, Ionesco ci sfida con la
sua forza primitiva ed avveniristica al medesimo tempo, con il totale dispendio di
se stesso. E' il suo contributo, la sua provocazione� (29).
Ma, forse, il tempo per una riconsiderazione generale dell'opera di Ionesco � ormai
alle soglie: �L'onda lunga del recupero, della riproposta tocca in questi tempi di
scarsissime certezze anche Ionesco ormai un classico vivente del cosiddetto teatro
dell'assurdo dopo anni di scandalizzato ostracismo� (30). �Oggi che espressioni
come destra e sinistra sembrano sempre pi� prive di senso, il momento di fare i
conti anche con questa voce fondamentale per la genesi della drammaturgia del
dopoguerra sembra ampiamente arrivato...� (31).

Resterebbe da verificare, per concludere, l'impatto di Ionesco sul mondo giovanile:


si � visto come egli sia stato abbondantemente rappresentato da gruppi universitari
e amatoriali e compaia in molti testi scolastici. Persino un critico rigido come
Luciano Codignola ammetteva che �esiste ormai un giro di frase che "fa Ionesco"�
(32). E' ben vero che le commedie pi� rappresentate in questo ambito appartengono
al primo periodo: "La cantatrice calva", "La lezione"..., sarebbero quindi le pi�
�facili� o le pi� �divertenti�. E' per� difficile credere che il tragico-grottesco,
che sempre impregna la comicit� ioneschiana, sia passato senza colpo ferire in
queste interpretazioni.
Gian Renzo Morteo ha affermato che �[...] i tentativi fatti di proporre l'assurdo
[...] ad un pubblico di giovanissimi hanno sempre ottenuto consensi al di l� di
ogni aspettativa� (33). Ma studi in proposito non esistono (o ci sono sfuggiti).
Una �sociologia� del teatro di Ionesco sembra ancora tutta da scrivere.

JOLE MORTEO.

NOTE.

Nota 1. G. L. Falabrino, "L'ultimo Ionesco", Edizioni Sciascia, Caltanissetta-Roma


1970, p. 28.
Nota 2. G. Guazzotti, "Teoria e realt� del Piccolo Teatro di Milano", Einaudi,
Torino 1965, p. 112.
Nota 3. Vedi l'Introduzione di P. Grassi a F. Ewen, "Bertolt Brecht", Feltrinelli,
Milano 1970, p. 9.
Nota 4. "Intervista a Paolo Grassi" a cura di C. Ferrari in "Il teatro oggi",
Istituto Geografico De Agostini, Novara 1977, pp. 50-51. Nel giudizio di Paolo
Grassi ritroviamo un'eco della �controversia londinese�: vedi la "Cronologia", pp.
LXXXIV-LXXXV.
Nota 5. P. Raffa, "Avanguardia e realismo", Rizzoli, Milano 1967, vedi note a pp.
222 e 226.
Nota 6. P. Puppa, "Teatro e spettacolo nel secondo novecento", Laterza, Bari 1990,
p. 73.
Nota 7. G. Antonucci, prefazione a Martin Esslin, "Il teatro dell'assurdo", Abete
Edizioni, Roma 1990, pp. 1-2.
Nota 8. S. De Feo, "In cerca di teatro", Longanesi, Milano 1972, vol. II, p. 617.
Vedi la "Cronologia", p. LXXXVIII, nota 2.
Nota 9. "Enciclopedia del Teatro del '900", a cura di Antonio Attisani,
Feltrinelli, Milano 1980 (la voce Eug�ne Ionesco � di Henri Behar, pp. 229-30).
Nota 10. A. Momo, "Brecht, Artaud e le avanguardie teatrali", Marsilio, Venezia
1979, p. 75.
Nota 11. L. Codignola, "II teatro della guerra fredda e altre cose", pubblicazioni
dell'Universit� di Urbino, vol. XXV, Argalia Editore, Urbino 1969, pp. 88-92.
Nota 12. G. Capitta, �il Manifesto� del 23 febbraio 1992. Vedi la "Cronologia", p.
CXXI.
Nota 13. P. Puppa, Teatro e spettacolo nel secondo novecento cit., p. 127 nota.
Nota 14. Peraltro il testo teorico pi� importante del drammaturgo.
Nota 15. �Eug�ne Ionesco, ormai rientrato comodamente nei ranghi, tanto da
meritarsi i vezzeggiamenti di certi squallidi e ridicoli propugnatori nostrani di
una cosiddetta "cultura di destra"� (�l'Unit� del 12 aprile 1973).
Il �reazionario Ionesco (reazionario certo: basterebbe leggere il suo primo romanzo
e l'ultima fatica: "Il solitario", edito da innominabile editore di destra, ricco
com'� di fumismi intellettuali e cardiopatiche angosce metafisiche) [... ]� (�Paese
Sera� dell'8 giugno 1974).
�Un ritorno di fede [...] ha spinto Ionesco ad assumere posizioni di esasperato,
reazionario "misticismo", tanto da essere divenuto oggetto d'affezione quasi solo
di movimenti come "Comunione e Liberazione", che lo propone sempre tra i
protagonisti, almeno ideali, dei suoi raduni riminesi� (�Il Manifesto� del 23
febbraio 1992).
Alla met� degli anni settanta, alle stroncature de �l'Unit� e di �Paese sera� si
era in certo modo opposto �Il Giornale�, manifestando interesse per le critiche di
Ionesco al conformismo di molti intellettuali cosiddetti �progressisti� di sinistra
e all'appoggio ch'essi davano all'Unione sovietica. Nel 1974 e nel 1976 il
quotidiano di Montanelli pubblic� infatti tre articoli di Ionesco: "Ionesco: sono
anti-progressista" (22 settembre 1974); "Buio all'alba" (21 marzo 1976; ripreso in
"Antidoti", Spirali, Milano 1988, pp. 103-106); "Messaggio incriminato" (18 aprile
1976, ripreso in "Antidoti" cit., pp. 152-154)
Nota 16. V. Pandolfi, "Storia universale del Teatro drammatico", vol. II, Utet,
Torino 1964, pp. 814-824.
Nota 17. N. Chiaromonte, "Scritti sul teatro", Einaudi, Torino 1976, p. 171.
Nota 18. "Dizionario critico della letteratura francese", diretto da Franco Simone,
vol. I, Utet, Torino 1972, p. 547.
Nota 19. M. L. Belleli, "Ionesco e il teatro dell'assurdo in Teatro Contemporaneo",
diretto da Mario Verdone, vol. II, Lucarini, Roma 1983, pp. 159-98.
Nota 20. R. Tian, "Ionesco della seconda maniera e la critica", in �Terzo
Programma�, Eri Edizioni, n. 3, 1963, pp. 210-13.
Nota 21. G. L. Falabrino, "Eug�ne Ionesco", La Nuova Italia, Firenze 1967, pp. 136
e 144. Il volume di G. L. Falabrino, "L'ultimo Ionesco", si compone di una raccolta
di conferenze sull'autore.
Nota 22. "Enciclopedia del Teatro del '900" cit., pp. 229-30.
Nota 23. G. Toschi, "Angoscia e solitudine nel teatro contemporaneo", Editrice
Esperienze, Possano 1970, pp. 82-83.
Nota 24. S. Torresani, "Invito alla lettura di Ionesco", Mursia, Milano 1978, p.
30.
Nota 25. "Teatro. Gli autori-Le opere- Gli interpreti", n. 31, vol. 5,
pubblicazione settimanale corredata di audiocassette e videocassette, Istituto
Geografico De Agostini, Novara 1991, pp. 114 e 116 (il fascicolo "Ionesco" � curato
da Sergio Torresani).
Nota 26. H. U. von Balthasar, "Excursus su Brecht e Ionesco", in "Teodrammatica",
traduzione di Guido Sommavilla, Jaka Book, Milano 1980, pp. 321 e 326, 329.
Nota 27. Guido Ceronetti, "Le parole di Ionesco e Le sedie di Dio", in �Corriere
della Sera� del primo marzo 1991.
Nota 28. L. Pozzoli, "Eug�ne Ionesco, un profeta per l'uomo d'oggi", in �Letture�,
aprile 1991, pp. 306, 308.
Nota 29. "Nota a E. Ionesco", "Note e contronote", Einaudi, Torino 1965, pp. 283 e
284
Nota 30. Maria Grazia Gregori, �l'Unit� del 23 febbraio 1992, recensione a "Vittime
del dovere".
Nota 31. Masolino d'Amico, �La Stampa� del 23 febbraio 1992, recensione a "Vittime
del dovere".
Nota 32. Codignola, "Il teatro della guerra fredda" cit., p. 90.
Nota 33. Vedi la "Cronologia", p. CI, nota 1.

NOTA AL TESTO.

Il testo di riferimento � quello curato da Emmanuel Jacquart per Gallimard


("Th��tre complet", �dition pr�sent�e, �tablie et annot�e par Emmanuel Jacquart,
�Biblioth�que de la Pl�iade�, Gallimard, Paris 1991). La Cronologia francese �
stata appositamente integrata dal curatore in occasione della presente edizione. I
testi vengono presentati nel loro presunto ordine di composizione, che non sempre
coincide con l'ordine della loro rappresentazione a teatro e della loro
pubblicazione. Non sono compresi nel volume n� le sceneggiature cinematografiche -
"La melma", "L'ira", "Come preparare un uovo sodo" - n� gli argomenti per due
balletti, "Il giovane da moglie" e "Imparare a camminare".
In appendice si troveranno una commedia incompleta, "Il visconte", e i testi di tre
sketches inediti, "Il grande caldo", "Li conosce?" e "Il raffreddore onirico" (1),
recentemente ritrovati da Emmanuel Jacquart, insieme alla seconda versione, pi�
lunga, della "Nipote sposa" (2), e pubblicati per la prima volta in occasione di
questa edizione italiana.
Criteri adottati nella presente edizione.

Disponiamo di pochissimi testi originali, dato che Ionesco ha raramente conservato


manoscritti o dattiloscritti. Sappiamo per� che talune commedie, quelle degli
inizi, erano manoscritte mentre le successive furono dettate (3).
Il nostro testo di riferimento � sempre quello approvato dall'autore. Cos�, nel
caso della "Fame e la sete", abbiamo rispettato la seconda edizione composta di
quattro episodi: "La fuga", "L'appuntamento", "Ai piedi del muro" e "Le messe nere
del buon ostello" (4).
Allo stesso modo, per "Assassino senza movente", abbiamo adottato la seconda
versione presentata il 5 dicembre 1972 al Th��tre Rive-Gauche da Jacques Mauclair,
e non quella della prima rappresentazione della commedia curata da Jos� Quaglio al
Th��tre R�camier nel febbraio 1959 (5).
Salvo queste due rare eccezioni, l'autore non ritorna sul testo in occasione delle
ristampe successive, sicch� l'edizione originale � l'unica che abbiamo a nostra
disposizione.

Le traduzioni.

Le traduzioni utilizzate sono quelle comprese nelle due raccolte einaudiane "Teatro
I" (1961) e "Teatro II" (1967), insieme ai testi pubblicati separatamente ("Il
gioco dell'epidemia", 1971; "Macbett", 1973; "Viaggi tra i morti", 1983). La
revisione dei testi e la traduzione dell'apparato critico delle varie commedie �
stata curata da Jole Morteci e da Gabriella Bosco.
Quest'edizione contiene tre commedie inedite per l'Italia: "Esercizi di
conversazione e dizione in francese per studenti americani", "Che inenarrabile
casino!" e "L'uomo con le valigie", tradotti da Sandro Bajini, e i testi delle
commedie riportate in appendice e tradotte da Jole Morteo, che vengono pubblicati
in prima mondiale.

L'apparato critico.

Ogni commedia � corredata da un apparato critico distinto. Un Commento


d'orientamento storico, letterario e drammaturgico propone un bilancio di fatti e
documenti noti a tutt'oggi, un'interpretazione della commedia e l'accoglienza che
le � stata riservata dalla critica. Per facilitare il compito del lettore, il
Commento � suddiviso in rubriche dedicate ai tratti salienti dell'opera, la cui
logica viene cos� rispettata, essendo stato bandito qualsiasi ricorso a schemi
buoni per tutti gli usi. L'ampiezza del Commento, infine, varia a seconda
dell'importanza della commedia e, ovviamente, delle informazioni disponibili. Le
note forniscono dati puntuali per quanto riguarda gli avvenimenti, le opere e i
lavori di riferimento. Nei rarissimi casi in cui sia possibile, riportiamo i passi
originali del manoscritto o della versione primitiva. Presentiamo una scelta di
varianti dettata dal desiderio di dare un'idea della piega presa dall'immaginazione
dell'autore, indicare le piste abbandonate, identificare le tappe dell'evoluzione
del testo, sottolineare le modificazioni dell'azione drammatica (e perci� del
montaggio delle scene) che testimoniano nell'autore la ricerca dell'effetto
drammaturgico.

Segni convenzionali.

L'inserzione di una barra verticale "|" indica un a capo; "[ ]" segnala le parole o
gruppi di parole cancellati sul manoscritto; "[...]" indica un'ellissi praticata in
una citazione.
"datt." fa riferimento all'esistenza d'un dattiloscritto. Se necessario questo
segno � completato da un indice che segnala la posizione del dattiloscritto citato,
rispetto ad altri dattiloscritti della stessa opera.
"ms." si riferisce ad un manoscritto.
Nei rimandi in nota, tutti i riferimenti in cui non compare l'indicazione tomo II,
sono relativi alle pagine del presente volume.

NOTE.

Nota 1. Cfr. "Cronologia", pp. LXXIX-LXXX.


Nota 2. Cfr. t. II, pp. 973-88. Una versione pi� breve di questa commedia era stata
pubblicata per la prima volta in Francia in "Th��tre complet", Gallimard, Parigi
1991. La versione inglese era gi� stata pubblicata da Richard Coe, in "Ionesco A
Study of his Plays", Methuen, Londra 1971 (traduzione completata il 4 dicembre
1969).
Nota 3. Abbiamo poche informazioni in proposito. Le prime commedie erano
manoscritte; l'autore d'altronde non disponeva di mezzi per assumere una
segretaria. Sappiamo per� che "II re muore" fu dettata.
Nota 4. La prima edizione (in "Th��tre IV", Gallimard, Parigi 1966) non conteneva
ancora "Ai piedi del muro", pubblicato dapprima separatamente sulla �Nouvelle Revue
fran�aise� (n. 178, luglio-dicembre 1976) e poi nella nuova edizione di "Th��tre
IV" (Gallimard, Parigi 1981).
Nota 5. Pubblicata in "Th��tre II", Gallimard, Parigi 1998 [trad. it. di Valentino
Musso in "Teatro I", Einaudi, Torino 1961, pp. 469-987].

RINGRAZIAMENTI.

Si ringraziano il professor Giovanni Moretti dell'Universit� di Torino, Facolt� di


lettere e filosofia, e il dottor Pietro Crivellaro, direttore del Centro studi e
documentazione del Teatro Stabile di Torino, per la collaborazione prestata
nell'istituire la cronologia degli spettacoli di Ionesco in Italia e nel completare
la bibliografia. Preziosa � stata anche la tesi di laurea di Maura Sesia.
Si ringrazia infine la casa editrice Spirali di Milano per la gentile concessione
delle immagini e delle relative didascalie tratte dal volume "Il bianco e il nero"
(1985).

LA CANTATRICE CALVA.
Anti-commedia. (1)

PERSONAGGI.

SIGNOR SMITH.
SIGNORA SMITH.
SIGNOR MARTIN.
SIGNORA MARTIN.
MARY, la cameriera.
IL CAPITANO DEI POMPIERI.

La "Cantatrice chauve" � stata rappresentata per la prima volta al Th��tre des


Noctambules l'11 maggio del 1950 dalla Compagnia di Nicolas Bataille.

SCENA PRIMA.
Interno borghese inglese, con poltrone inglesi. Serata inglese. Il signor Smith,
inglese, nella sua poltrona e nelle sue pantofole inglesi, fuma la sua pipa inglese
e legge un giornale inglese accanto a un fuoco inglese. Porta occhiali inglesi; ha
baffetti grigi, inglesi. Vicino a lui, in un'altra poltrona inglese, la signora
Smith, inglese, rammenda un paio di calze inglesi. Lungo silenzio inglese. La
pendola inglese batte diciassette colpi inglesi (2).

SIGNORA SMITH: Gi� le nove. Abbiamo mangiato minestra, pesce, patate al lardo,
insalata inglese. I ragazzi hanno bevuto acqua inglese. Abbiamo mangiato bene,
questa sera. La ragione � che abitiamo nei dintorni di Londra e che il nostro nome
� Smith.

Signor Smith, continuando a leggere, fa schioccare la lingua.

SIGNORA SMITH: Le patate sono molto buone col lardo, l'olio dell'insalata non era
rancido. L'olio del droghiere dell'angolo � di qualit� assai migliore dell'olio del
droghiere di fronte, ed � persino migliore dell'olio del droghiere ai piedi della
salita. Non voglio dire per� che l'olio di costoro sia cattivo.

Signor Smith, continuando a leggere, fa schioccare la lingua.

SIGNORA SMITH: Ad ogni modo l'olio del droghiere dell'angolo resta il migliore...

Signor Smith, continuando a leggere, fa schioccare la lingua.

SIGNORA SMITH: Questa volta Mary ha cotto le patate proprio a dovere. L'ultima
volta non le aveva fatte cuocere bene. A me piacciono solo quando sono ber cotte.

Signor Smith, continuando a leggere, fa schioccare la lingua.

SIGNORA SMITH: Il pesce era fresco. Mi sono persino leccata i baffi. Ne ho preso
due volte. Anzi, tre. Mi far� andar di corpo. Anche tu ne hai preso tre volte. Per�
la terza volta ne hai preso meno delle due volte precedenti, mentre io ne ho preso
molto di pi�. Ho mangiato meglio di te, questa sera. Come si spiega? Di solito, tu
mangi pi� di me. Non � certo l'appetito che ti manca.

Signor Smith, fa schioccare la lingua.

SIGNORA SMITH: Tutto sommato per� la minestra era forse un po' troppo salata. Aveva
pi� sale in zucca di te. Ah, ah, ah! Aveva pure troppi porri e troppo poca cipolla.
Mi spiace di non aver suggerito a Mary di aggiungere un po' di anice stellato. La
prossima volta sapr� come regolarmi.

Signor Smith, continuando a leggere, fa schioccare la lingua.

SIGNORA SMITH: Il nostro bambino avrebbe voluto bere della birra, un giorno o
l'altro non lo terr� pi� nessuno. Ti assomiglia. Hai visto, a tavola, come fissava
la bottiglia? Ma io gli ho riempito il bicchiere con l'acqua della caraffa. Aveva
sete e l'ha bevuta. Elena invece assomiglia a me: brava donna di casa, economa,
suona il piano. Non chiede mai di bere birra inglese. E' come la pi� piccola, che
beve solo latte e mangia solo pappa. Da ci� si pu� capire che ha appena due anni.
Si chiama Peggy.
Il pasticcio di cotogne e fragole era formidabile. Alla frutta avremmo forse potuto
concederci un bicchierino di Borgogna australiano, ma non ho voluto mettere in
tavola il vino per non dare ai ragazzi un cattivo esempio di golosit�. Bisogna
insegnar loro ad essere parchi e misurati nella vita.

Signor Smith, continuando a leggere, fa schioccare la lingua.

SIGNORA SMITH: La signora Parker conosce un droghiere bulgaro, chiamato Popochef


Rosenfeld (3) che � appena arrivato da Costantinopoli. E' un gran specialista in
yoghurt. E' diplomato alla scuola dei fabbricanti di yoghurt di Adrianopoli. Domani
andr� da lui a comprare una grossa pentola di yoghurt bulgaro folkloristico. Non si
trovano sovente cose cos� nei dintorni di Londra.

Signor Smith, continuando a leggere, fa schioccare la lingua.

SIGNORA SMITH: Lo yoghurt � quel che ci vuole per lo stomaco, le reni,


l'appendicite e l'apoteosi. Me l'ha detto il dottor Mackenzie-King, che cura i
bambini dei nostri vicini, i Johns. E' un bravo medico. Si pu� aver fiducia in lui.
Non ordina mai dei rimedi senza averli prima sperimentati su di s�. Prima di far
operare Parker, ha voluto farsi operare lui al fegato, pur non essendo
assolutamente malato.
SIGNOR SMITH: Come si spiega allora che il dottore se l'� cavata, mentre Parker �
morto?
SIGNORA SMITH : Evidentemente perch� sul dottore l'operazione � riuscita, mentre su
Parker no.
SIGNOR SMITH : Quindi Mackenzie non � un bravo medico. L'operazione avrebbe dovuto
riuscire su tutti e due, oppure tutti e due avrebbero dovuto soccombere. SIGNORA
SMITH: Perch�?
SIGNOR SMITH : Un medico coscienzioso dovrebbe morire insieme col malato, se non
possono guarire assieme. Il comandante di una nave perisce con la nave, nei flutti.
Non sopravvive mica.
SIGNORA SMITH: Non si pu� paragonare un malato a una nave.
SIGNOR SMITH: E perch� no? Anche la nave ha le sue malattie; d'altronde il tuo
medico � sano come un pesce; ragione di pi�, dunque, per perire assieme al malato
come il dottore con la sua nave.
SIGNORA SMITH: Ah! Non ci avevo pensato... Forse hai ragione... E allora che cosa
si deve concludere?
SIGNOR SMITH : Che tutti i medici sono ciarlatani. E anche tutti i malati. Solo la
marina � sana, in Inghilterra.
SIGNORA SMITH: Ma non i marinai.
SIGNOR SMITH: Beninteso. (Pausa. Sempre col giornale in mano) C'� una cosa che non
capisco. Perch� nella rubrica dello stato civile � sempre indicata l'et� dei morti
e mai quella dei nati? E' un controsenso.
SIGNORA SMITH: Non me lo sono mai domandato!

Altro silenzio. La pendola suona sette volte. Silenzio. La pendola suona tre volte.
Silenzio. La pendola non suona affatto.

SIGNOR SMITH (sempre col giornale): Guarda un po', c'� scritto che Bobby Watson �
morto.
SIGNORA SMITH: Dio mio, poveretto, quando � morto?
SIGNOR SMITH: Perch� ti stupisci? Lo sai benissimo. E' morto due anni fa. Siamo
andati ai suoi funerali, ricordi? un anno e mezzo fa.
SIGNORA SMITH: Certo che me ne ricordo. Me ne sono ricordata subito, ma non capisco
perch� tu ti sia stupito vedendolo sul giornale.
SIGNOR SMITH: Sul giornale non c'�. Son gi� tre anni che si � parlato del suo
decesso. Me ne sono ricordato per associazione di idee.
SIGNORA SMITH: Peccato! Era cos� ben conservato.
SIGNOR SMITH: Era il pi� bel cadavere di Gran Bretagna! Non dimostrava la sua et�.
Povero Bobby, erano quattro anni che era morto ed era ancor caldo. Un vero cadavere
vivente. E com'era allegro!
SIGNORA SMITH: Povera Bobby.
SIGNOR SMITH: Vuoi dire povero Bobby.
SIGNORA SMITH: No, penso a sua moglie. Lei si chiamava come lui, Bobby, Bobby
Watson. Siccome avevano lo stesso nome, non si riusciva a distinguerli l'uno
dall'altra quando li si vedeva assieme. E' stato solo dopo la morte di lui, che si
� potuto sapere con precisione chi fosse l'uno e chi fosse l'altra. Tuttavia, ancor
oggi, c'� gente che la scambia per il morto e le fa le condoglianze. Tu la conosci?
SIGNOR SMITH: Non l'ho vista che una volta, per caso, al funerale di Bobby.
SIGNORA SMITH: Io non l'ho mai vista. E' bella?
SIGNOR SMITH: Ha tratti regolari, eppure non si pu� dire che sia bella. Troppo alta
e troppo massiccia. I suoi tratti non sono regolari, eppure la si potrebbe dire
bella. E un po' troppo piccola e magra. E' insegnante di canto.

La pendola suona cinque volte. Lunga pausa.

SIGNORA SMITH: E quando pensano di sposarsi quei due?


SIGNOR SMITH: La primavera prossima, al pi� tardi. Bisogner� per forza andare al
matrimonio.
SIGNORA SMITH: E bisogner� anche fare un regalo. Mi domando quale.
SIGNORA SMITH
SIGNOR SMITH: Perch� non gli regaliamo uno dei sette piatti d'argento che ci hanno
dato per il nostro matrimonio, e che non ci sono mai serviti a nulla?... (Breve
silenzio. La pendola suona due volte). E' triste per lei esser rimasta vedova cos�
giovane.
SIGNOR SMITH: Per fortuna non hanno figli.
SIGNORA SMITH: Non ci sarebbe mancato che questo! Figli! Povera donna, che cosa ne
avrebbe fatto?
SIGNOR SMITH: E' ancora giovane. Pu� benissimo risposarsi. Il lutto le sta cos�
bene!
SIGNORA SMITH: Ma chi si prender� cura dei figli? Lo sai che hanno un bambino e una
bambina. Come si chiamano?
SIGNOR SMITH: Bobby e Bobby, come i loro genitori. Lo zio di Bobby Watson, il
vecchio Bobby Watson, � ricco e vuol molto bene al bambino. Potrebbe incaricarsi
lui dell'educazione di Bobby.
SIGNORA SMITH: Sarebbe logico. E la zia di Bobby Watson, la vecchia Bobby Watson,
potrebbe benissimo incaricarsi per parte sua dell'educazione di Bobby Watson, la
figlia di Bobby Watson. Cos� la mamma di Bobby Watson, Bobby, potrebbe risposarsi.
Ha qualcuno in vista?
SIGNOR SMITH: S�, un cugino di Bobby Watson.
SIGNORA SMITH: Chi? Bobby Watson?
SIGNOR SMITH: Di quale Bobby Watson parli?

SIGNORA SMITH: Di Bobby Watson, il figlio del vecchio Bobby Watson, l'altro zio di
Bobby Watson, il morto.
SIGNOR SMITH: No, non � quello, � un altro. E' Bobby Watson, il figlio della
vecchia Bobby Watson, la zia di Bobby Watson, il morto.
SIGNORA SMITH: Vuoi dire Bobby Watson, il commesso viaggiatore?
SIGNOR SMITH: Tutti i Bobby Watson sono commessi viaggiatori.
SIGNORA SMITH: Che mestieraccio! Eppure si guadagna bene.
SIGNOR SMITH: S�, quando non c'� concorrenza.
SIGNORA SMITH: E quando non c'� concorrenza?
SIGNOR SMITH: Il marted�, il gioved� e il marted�.
SIGNORA SMITH: Ah! tre giorni la settimana? E che fa Bobby Watson durante quel
tempo?
SIGNOR SMITH: Si riposa, dorme.
SIGNORA SMITH: Ma perch� non lavora durante quei tre giorni, se non c'�
concorrenza?
SIGNOR SMITH: Non posso saper tutto. Fai delle domande stupide!
SIGNORA SMITH (offesa): Lo dici per umiliarmi?
SIGNOR SMITH (sorridendo): Sai bene che non � vero.
SIGNORA SMITH: Gli uomini son tutti uguali! Rimanete l�, tutta la giornata,
sigaretta in bocca, oppure vi incipriate e vi dipingete le labbra, cinquanta volte
al giorno, quando non bevete a pi� non posso!
SIGNOR SMITH: Ma che cosa diresti se vedessi gli uomini fare come le donne, fumare
tutta la giornata, incipriarsi, impiastricciarsi di rosso le labbra, bere whisky?
SIGNORA SMITH: Quanto a me, me ne infischio! Ma se parli cos� per farmi rabbia,
allora... non mi va questo genere di scherzi, lo sai!

Getta molto lontano le calze e mostra i denti. Si alza (Nella "mise en sc�ne" di
Nicolas Bataille, la signora Smith non mostrava i denti e non gettava molto lontano
le calze).

SIGNOR SMITH (si alza a sua volta e va verso la moglie, teneramente): Oh! Mia
pollastrella arrosto, perch� vomiti fuoco! lo sai che parlo per ridere! (La prende
per la vita e la bacia) Che buffa coppia di vecchi innamorati siamo noi due! Vieni,
spegniamo la luce e andiamo a nanna!

SCENA SECONDA.
GLI STESSI e MARY.

MARY (entrando): Io sono la cameriera. Ho passato un pomeriggio molto piacevole.


Sono stata al cinema con un uomo e ho visto un film con delle donne. All'uscita dal
cinema siamo andati a bere dell'acquavite e del latte e poi abbiamo letto il
giornale.
SIGNORA SMITH: Spero che lei abbia passato un pomeriggio molto piacevole, che sia
andata al cinema con un uomo e che abbiate bevuto acquavite e latte.
SIGNOR SMITH: E il giornale!
MARY: La signora e il signor Martin, vostri ospiti, sono alla porta. Mi
aspettavano. Non osavano entrare da soli. Dovevano cenare con voi questa sera.
SIGNORA SMITH: Ah s�, li aspettavamo. Siamo affamati. Siccome non li vedevamo
arrivare, stavamo andando a mangiare senza di loro. Non abbiamo mangiato niente in
tutta la giornata. Quanto a lei, Mary, non avrebbe dovuto uscir di casa!
MARY: Ma se � lei che mi ha dato il permesso!
SIGNOR SMITH: Non l'ha fatto apposta!
MARY (scoppia a radere, poi piange. Sorride): Mi sono comprata un vaso da notte.
SIGNORA SMITH: Mia cara Mary, apra la porta e faccia entrare il signore e la
signora Martin, per piacere. Noi andiamo in fretta a cambiarci d'abito.

La signora e il signor Smith escono da destra, Mary apre la porta a sinistra, donde
entrano il signore e la signora Martin.

SCENA TERZA.
MARY, I CONIUGI MARTIN.

MARY: Perch� siete venuti cos� tardi? Non � educazione. Bisogna arrivare all'ora
fissata, capito? Ad ogni modo sedetevi ugualmente, e adesso aspettate.
Esce.

SCENA QUARTA.
GLI STESSI, meno Mary.
La signora e al signor Martin si seggono l'uno in faccia all'altra, senza parlare,
si sorridono timidamente. Il dialogo che segue dev'essere recitato con voce
strascicata, monotona, un poco cantante e assolutamente priva di sfumature (Nella
"mise en sc�ne" di Nicolas Bataille, questo dialogo era declamato e recitato in un
tono e in uno stile decisamente drammatici).

SIGNOR MARTIN: Mi scusi, signora, non vorrei sbagliare, ma mi pare di averla gi�
incontrata da qualche parte.
SIGNORA MARTIN: Anche a me, signore, pare di averla incontrata da qualche parte.
SIGNOR MARTIN: Non l'avr�, signora, per caso intravvista a Manchester?
SIGNORA MARTIN: Potrebbe darsi. Io sono nativa di Manchester! Tuttavia non ricordo
bene, signore; non potrei dire se � l� che l'ho vista, o no!
SIGNOR MARTIN: Dio mio, � veramente curioso! Anch'io sono nativo di Manchester,
signora!
SIGNORA MARTIN: Veramente curioso!
SIGNOR MARTIN: Veramente curioso!... Sta di fatto per� che io, signora, ho lasciato
Manchester circa cinque settimane fa.
SIGNORA MARTIN: Veramente curioso! Bizzarra coincidenza! Anch'io, signore, ho
lasciato Manchester circa cinque settimane fa.
SIGNOR MARTIN: Io ho preso il treno delle otto e mezzo del mattino, quello che
arriva a Londra un quarto alle cinque, signora.
SIGNORA MARTIN : Veramente curioso! Veramente bizzarro! Incredibile coincidenza! Io
ho preso lo stesso treno, signore!
SIGNOR MARTIN: Dio mio, veramente curioso! Non potrebbe darsi allora, signora, che
io l'abbia vista in treno?
SIGNORA MARTIN: E' possibile, verosimile e plausibile, e, dopo tutto, perch� no?...
Io per� non me ne ricordo, signore!
SIGNOR MARTIN : Io viaggiavo in seconda classe, signora. In Inghilterra non esiste
seconda classe, ma io viaggiavo ugualmente in seconda classe.
SIGNORA MARTIN : Veramente bizzarro! Veramente curioso! Incredibile circostanza!
Anch'io viaggiavo in seconda classe!

SIGNOR MARTIN : Veramente curioso! Noi possiamo benissimo esserci incontrati in


seconda classe, cara signora!
SIGNORA MARTIN: La cosa � possibile, e persino verosimile. Ma io non ne ho un
ricordo chiaro, caro signore!
SIGNOR MARTIN: Il mio posto era nel vagone numero otto, sesto scompartimento,
signora!
SIGNORA MARTIN: Curioso! Anche il mio posto era nel vagone numero otto, sesto
scompartimento, caro signore!
SIGNOR MARTIN: Veramente curiosa e bizzarra questa coincidenza! Non potrebbe darsi,
cara signora, che noi ci siamo incontrati nel sesto scompartimento?
SIGNORA MARTIN: Dopo tutto, � estremamente possibile! Io per� non me ne ricordo,
caro signore.
SIGNOR MARTIN: A dire il vero, cara signora, non me ne ricordo neppure io; ci� non
toglie per� che noi possiamo esserci visti proprio l�: anzi pi� ci penso, pi� la
cosa mi pare possibile.
SIGNORA MARTIN : Oh! Certamente, signore, certamente!
SIGNOR MARTIN: Com'� curioso!... Io avevo il posto numero tre, vicino alla
finestra, cara signora.
SIGNORA MARTIN: Oh, mio Dio, com'� curioso e com'� bizzarro: io avevo il posto
numero sei, vicino alla finestra, in faccia a lei, caro signore!
SIGNOR MARTIN : Oh, mio Dio, che curiosa coincidenza! ... Noi eravamo, dunque,
faccia faccia, cara signora! E' certamente l� che ci siamo visti!
SIGNORA MARTIN: Veramente curioso! La cosa � possibile, ma io non me ne ricordo,
caro signore!
SIGNOR MARTIN: A vero dire, cara signora, non me ne ricordo neppure io. Tuttavia �
possibilissimo che noi ci siamo visti in quell'occasione.
SIGNORA MARTIN: E' vero, ma non ne sono completamente sicura, signore.
SIGNOR MARTIN: Non � lei, cara signora, la signora che mi ha pregato di metterle la
valigia sulla reticella e che dopo mi ha ringraziato e permesso di fumare?
SIGNORA MARTIN: Ma s�, dovrei proprio essere io, signore! Com'� curiosa,
curiosissimamente curiosa questa coincidenza!
SIGNOR MARTIN: Che curiosa e bizzarra coincidenza! Non le pare, signora, che noi
potremmo esserci conosciuti in quel momento?
SIGNORA MARTIN: Oh! E' certamente una curiosa circostanza! L possibile, caro
signore! Tuttavia non credo di ricordarmene.
SIGNOR MARTIN: Neppure io, signora. (Un momento di silenzio. La pendola suona due
colpi, poi un colpo). Dal mio arrivo a Londra, io abito in via Bromfield, cara
signora.
SIGNORA MARTIN: Quant'� curioso, quant'� bizzarro! Anch'io dal mio arrivo a Londra
abito in via Bromfield, caro signore.
SIGNOR MARTIN: Curioso! Ma allora, allora noi possiamo esserci incontrati in via
Bromfield, cara signora.
SIGNORA MARTIN: Oh, quant'� curioso e quant'� bizzarro tutto ci�! E' davvero
possibile, se ci si pensa, ma io non me ne ricordo, caro signore.
SIGNOR MARTIN: Io abito al numero 19, cara signora.
SIGNORA MARTIN : Com'� curioso! Anch'io abito al numero 19, caro signore.
SIGNOR MARTIN: Ma allora, allora, allora, allora, che ne direbbe, cara signora, se
ci fossimo incontrati in quella casa?
SIGNORA MARTIN: E' possibile, ma io non me ne ricordo, caro signore.
SIGNOR MARTIN: Il mio appartamento � al quinto piano, il numero 8, cara signora.
SIGNORA MARTIN: Oh! Com'� curiosa, com'� bizzarra, Dio mio, questa coincidenza!
Anch'io abito al quinto piano, nell'appartamento numero 8, caro signore!
SIGNOR MARTIN (sognante): Curiosa, curiosissima, incredibilmente curiosa
circostanza! Nella mia camera da letto c'� un letto. Il mio letto � coperto da un
piumino verde. Questa camera, con il suo letto e il suo piumino verde, si trova in
fondo al corridoio, tra il water e la biblioteca, cara signora!
SIGNORA MARTIN: Quale coincidenza, gran Dio, quale coincidenza! Anche la mia camera
da letto ha un letto con un piumino verde e si trova in fondo al corridoio, tra la
biblioteca, caro signore, e il water!
SIGNOR MARTIN: Quant'� bizzarro, curioso e strano! Mi lasci dunque dire, cara
signora, che noi abitiamo nella medesima camera e che dormiamo nello stesso letto,
cara signora. E' forse l� che ci siamo incontrati!
SIGNORA MARTIN: Oh! La curiosa coincidenza! E' veramente possibile che sia l� che
ci siamo incontrati, e potrebbe persino darsi la scorsa notte. Ma io non me ne
ricordo, caro signore!
SIGNOR MARTIN: Io ho una figlioletta e questa figlioletta abita con me, cara
signora. Essa ha due anni, � bionda, ha un occhio bianco e un occhio rosso, � molto
graziosa e si chiama Alice, cara signora.

SIGNORA MARTIN: Bizzarra coincidenza! Anch'io ho una figlioletta, essa pure ha due
anni, un occhio bianco e uno rosso, � molto graziosa e si chiama Alice, caro
signore!
SIGNOR MARTIN (sempre con voce strascicata e monotona) Curiosa e bizzarra
coincidenza! Forse � la stessa, cara signora!
SIGNORA MARTIN: Curiosissimo! E' davvero possibile, caro signore.

Lungo silenzio... La pendola batte ventinove colpi.

SIGNOR MARTIN (dopo aver lungamente riflettuto, si alza lentamente e senza fretta
si dirige verso la signora Martin, la quale, stupita dall'aria solenne del signor
Martin, si � alzata pure lei, molto tranquillamente; il signor Martin con la solita
voce fiacca, monotona): Allora, cara signora, io credo che non vi siano pi� dubbi,
noi ci siamo gi� visti e lei � la mia legittima sposa... Elisabetta, ti ho
ritrovata!

La signora Martin si avvicina al signor Martin senza affrettarsi. Si abbracciano


senza espressione. La pendola batte un colpo molto forte. Il colpo dev'essere tanto
forte da far sussultare gli spettatori. I coniugi Martin non lo odono.

SIGNORA MARTIN: Donald, sei tu, darling!

Si mettono a sedere sulla medesima poltrona, si tengono stretti e si addormentano.


La pendola batte ancora parecchie volte. Mary, in punta di piedi, un dito sulle
labbra, entra cautamente in scena e si rivolge al pubblico.

SCENA QUINTA.
GLI STESSI e MARY.

MARY: Elisabetta e Donald, adesso, sono troppo felici per potermi udire. Posso
dunque rivelarvi un segreto. Elisabetta non � Elisabetta e Donald non � Donald.
Eccone la prova: la bambina di cui parla Donald non � la figlia di Elisabetta, non
si tratta della stessa persona. La figlia di Donald ha un occhio bianco e uno
rosso, precisamente come la figlia di Elisabetta. Tuttavia, mentre la figlia di
Donald ha l'occhio bianco a destra e l'occhio rosso a sinistra, la figlia di
Elisabetta ha l'occhio rosso a destra e l'occhio bianco a sinistra! Di conseguenza,
tutto il ragionamento di Donald crolla urtando contro quest'ultimo ostacolo che
annulla tutta la sua teoria. Nonostante le coincidenze straordinarie che potrebbero
sembrare argomenti decisivi, Donald ed Elisabetta, non essendo i genitori della
medesima creatura, non sono Donald e Elisabetta. Ha un bel credere, lui, di essere
Donald; ha un bel credere, lei, di essere Elisabetta. Ha un bel credere, lui, che
lei sia Elisabetta. Ha un bel credere, lei, che lui sia Donald: essi si ingannano
amaramente. Ma chi � allora il vero Donald? Qual � la vera Elisabetta? Chi mai ha
interesse a far durare questa confusione? Io non ne so nulla. Non sforziamoci di
saperlo. Lasciamo le cose come stanno. (Fa qualche passo verso la porta, poi torna
indietro e si rivolge al pubblico) Il mio vero nome � Sherlock Holmes (4).
Esce.

SCENA SESTA.
GLI STESSI, meno Mary.
La pendola suona quanto vuole. Dopo qualche tempo, il signore e la signora Martin
si separano e riprendono i posti che occupavano al principio.

SIGNOR MARTIN: Dimentichiamo, darling, tutto ci� che non � accaduto tra di noi, e,
adesso che ci siamo ritrovati, cerchiamo di non perderci pi� e viviamo come prima.
SIGNORA MARTIN: S�, darling.

SCENA SETTIMA.
GLI STESSI e GLI SMITH.
La signora e il signor Smith entrano da destra, con i medesimi abiti che
indossavano precedentemente.

SIGNORA SMITH: Buonasera, cari amici! Scusateci di avervi fatto aspettare tanto.
Abbiamo per� ritenuto nostro dovere rendervi gli onori cui avete diritto sicch�,
non appena abbiamo saputo che non eravate alieni dal procurarci il piacere di
venirci a trovare senza annunziare la vostra visita, ci siamo affrettati ad andare
a rivestire i nostri abiti di gala.
SIGNOR SMITH (furioso): Non abbiamo mangiato nulla in tutta la giornata. Son
quattro ore che vi aspettiamo. Perch� siete venuti cos� tardi?

La signora e il signor Smith siedono di fronte agli ospiti. La pendola sottolinea


le battute, con maggiore o minor forza a seconda del caso.
I Martin, lei in particolare, hanno l'aria imbarazzata e timida. Di conseguenza la
conversazione si avvia faticosamente e le parole vengono, al principio, a stento.
Un lungo silenzio impacciato all'inizio, poi altri silenzi ed esitazioni in
seguito.

SIGNOR SMITH: Hum.

Silenzio.

SIGNORA SMITH: Hum, hum.

Silenzio.
SIGNORA MARTIN: Hum, hum, hum.

Silenzio.

SIGNOR MARTIN: Hum, hum, hum, hum.

Silenzio.

SIGNORA MARTIN: Oh, certamente.

Silenzio.

SIGNOR MARTIN: Siamo tutti raffreddati.

Silenzio.

SIGNOR SMITH: Eppure non fa freddo.

Silenzio.

SIGNORA SMITH: Non ci sono correnti d'aria.

Silenzio.

SIGNOR MARTIN: Oh no, per fortuna!

Silenzio.

SIGNOR SMITH: Mah!...

Silenzio.

SIGNOR MARTIN: Ha delle preoccupazioni?

Silenzio.

SIGNORA SMITH: No. Gli girano...

Silenzio.

SIGNORA MARTIN: Oh, alla sua et� non dovrebbe pi�, signore.

Silenzio.

SIGNOR SMITH: Il cuore non ha et�.

Silenzio.

SIGNOR MARTIN: Questo � vero.

Silenzio.

SIGNORA SMITH: Cos� si dice.

Silenzio.
SIGNORA MARTIN: Si dice anche il contrario.

Silenzio.

SIGNOR SMITH: La verit� sta nel mezzo.

Silenzio.

SIGNOR MARTIN: Parole sante.

Silenzio.

SIGNORA SMITH (ai Martin): Voi che viaggiate molto, dovreste pur trovare qualcosa
d'interessante da raccontarci.
SIGNOR MARTIN (alla moglie): Racconta, cara, che cos'hai visto oggi.
SIGNORA MARTIN: Non ne vale la pena, non mi crederereste.
SIGNOR SMITH: Non oseremmo mai mettere in dubbio le sue parole!
SIGNORA SMITH: Ci offenderebbe se lo sospettasse.
SIGNOR MARTIN (alla moglie): Li offenderesti, cara, se li sospettassi capaci...
SIGNORA MARTIN (civettuola): Ebbene, oggi ho assistito ad una cosa inverosimile.
Una cosa incredibile.
SIGNOR MARTIN: Racconta presto, cara.
SIGNOR SMITH: Benone. Adesso ci divertiremo.
SIGNORA SMITH: Era ora.
SIGNORA MARTIN: Ebbene, oggi, andando al mercato per comprare della verdura, che
diventa sempre pi� cara...
SIGNORA SMITH: Dove andremo a finire?
SIGNOR SMITH: Non bisogna interrompere, cara, screanzata.
SIGNORA MARTIN: Ho visto, per strada, vicino a un caff�, un signore decorosamente
vestito, sulla cinquantina, o forse nemmeno, che...
SIGNOR SMITH: Che, cosa?
SIGNORA SMITH: Che, cosa?
SIGNOR SMITH (alla moglie): Non bisogna interrompere, cara, sei disgustosa.
SIGNORA SMITH: Caro, sei stato tu a interrompere per primo, bestia.
SIGNOR MARTIN: Ssst. (Alla moglie) Che cosa faceva quel signore?
SIGNORA MARTIN: Ebbene, direte che me lo sono sognato: aveva posato un ginocchio in
terra ed era tutto chinato.
SIGNOR MARTIN, SIGNOR SMITH, SIGNORA SMITH: Oh!
SIGNORA MARTIN: S�, chinato.
SIGNOR SMITH: Impossibile.
SIGNORA MARTIN: S� s�, chinato. Mi sono avvicinata per vedere che cosa facesse...
SIGNOR SMITH: Ebbene?
SIGNORA MARTIN: Stava legandosi i legacci delle scarpe che si erano slacciati.
GLI ALTRI TRE: Fantastico!
SIGNOR SMITH: Non me lo dicesse lei, non ci crederei.
SIGNOR MARTIN: Perch� no? Si vedono cose ancor pi� straordinarie, quando si va in
giro. Ad esempio oggi stesso ho visto sul metr�, seduto sul mio sedile, un signore
che leggeva beatamente il giornale.
SIGNORA SMITH: Che tipo strambo!
SIGNOR SMITH: Forse era lo stesso! (Suonano alla porta d'ingresso). Guarda un po',
hanno suonato.
SIGNORA SMITH: Ci dev'essere qualcuno. Vado a vedere. (Va a vedere. Apre la porta e
ritorna) Nessuno.

Si risiede.

SIGNOR MARTIN: Vi dar� un altro esempio...

Campanello.
SIGNOR SMITH: Guarda un po', hanno suonato.
SIGNORA SMITH: Ci dev'essere qualcuno. Vado a vedere. (Va a vedere. Apre la porta e
ritorna) Nessuno.

Torna al suo posto.

SIGNOR MARTIN (che ha perso il filo): Mmm...


SIGNORA MARTIN : Stavi dicendo che ci avresti dato un altro esempio.
SIGNOR MARTIN: Ah s�...

Campanello.

SIGNOR SMITH: Guarda un po', hanno suonato.


SIGNORA SMITH: Non vado pi� ad aprire.
SIGNOR SMITH: S�, ma dev'esserci qualcuno!
SIGNORA SMITH: La prima volta non c'era nessuno. La seconda, lo stesso. Perch�
pensi che ci sia qualcuno adesso?
SIGNOR SMITH: Perch� suonano!
SIGNORA MARTIN: Non � una ragione.
SIGNOR MARTIN: Ma cosa dici? Quando si sente suonare alla porta, � segno che c'�
qualcuno alla porta, che suona perch� gli si apra la porta.
SIGNORA MARTIN: Non sempre. Avete visto poco fa!
SIGNOR MARTIN: Nella maggior parte dei casi, s�.
SIGNOR SMITH: Io, quando vado a casa di qualcuno, suono per farmi aprire. Ritengo
che tutti facciano altrettanto e che ogni qual volta si sente suonare � segno che
c'� qualcuno.
SIGNORA SMITH: Questo � vero in teoria. Ma nella realt� le cose stanno molto
diversamente. Hai ben visto poco fa.
SIGNORA MARTIN: Sua moglie ha ragione.
SIGNOR MARTIN: Oh! Voialtre donne vi date sempre man forte.
SIGNORA SMITH: E sta bene, andr� a vedere. Tu non dirai che sono cocciuta, ma
vedrai che non c'� nessuno! (Va a vedere. Apre la porta e la richiude) Vedi, non
c'� nessuno. (Torna al suo posto) Ah! questi uomini che vogliono sempre aver
ragione e che invece hanno sempre torto!

Si sente di nuovo suonare. (Nella rappresentazione tutti e quattro si alzano


insieme, di colpo, a questo nuovo squillo di campanello, allarmati. Si risiedono
mentre il signor Smith va ad aprire).

SIGNOR SMITH: Guarda un po', hanno suonato. Dev'esserci qualcuno.


SIGNORA SMITH (che ha una crisi di furore): Non mandarmi pi� ad aprire la porta.
Hai visto che � inutile. L'esperienza insegna che quando si sente suonare alla
porta � segno che non c'� mai nessuno.
SIGNORA MARTIN: Mai.
SIGNOR MARTIN: Non � detto.
SIGNOR SMITH: Anzi � falso. Nella maggior parte dei casi, quando si sente suonare
alla porta � segno che c'� qualcuno.
SIGNORA SMITH: Non vuol proprio arrendersi.
SIGNORA MARTIN: Anche mio marito � terribilmente testardo.
SIGNOR SMITH: C'� qualcuno.
SIGNOR MARTIN: Non si pu� escluderlo.
SIGNORA SMITH (al marito): No.
SIGNOR SMITH: S�.
SIGNORA SMITH: Ti dico di no. Ad ogni modo, non mi scomoder� pi� inutilmente. Se
vuoi andare a vedere, vacci tu stesso!
SIGNOR SMITH: Ci vado. (La signora Smith alza le spalle. La signora Martin scuote
la testa. Il signor Smith va ad aprire) Ah! how do you do! (Lancia un'occhiata alla
signora Smith ed ai coniugi Martin che sono assai sorpresi) C'� il capitano dei
pompieri!

SCENA OTTAVA.
GLI STESSI e IL CAPITANO DEI POMPIERI.

IL POMPIERE (che naturalmente porta un enorme casco luccicante e un'uniforme):


Signore e signori, buongiorno. (Tutti sono ancora un po' stupiti. La signora Smith,
adirata, volta la testa e non risponde al saluto). Buongiorno, signora Smith. E' di
cattivo umore?
SIGNORA SMITH: Oh!
SIGNOR SMITH: Le dir�, il fatto � che... mia moglie � un po' umiliata di non aver
avuto ragione.
SIGNOR MARTIN : Signor capitano dei pompieri, c'� stata una piccola discussione tra
la signora e il signor Smith.
SIGNORA SMITH (al signor Martin): Son cose che non la riguardano! (Al signor Smith)
Ti prego di non immischiare gli estranei nelle nostre beghe familiari.
SIGNOR SMITH: Oh cara, non c'� nulla di male. Il capitano � un vecchio amico di
famiglia. Sua madre mi faceva la corte ed io conoscevo benissimo suo padre, il
quale mi aveva pregato di dargli in moglie mia figlia, quando ne avessi avuta una,
ma il poveretto � morto prima che la cosa fosse possibile.
SIGNOR MARTIN: La colpa non � n� dell'uno n� dell'altro.
POMPIERE: Ma insomma, di che si tratta?
SIGNORA SMITH: Mio marito pretendeva...
SIGNOR SMITH: No, sei tu che pretendevi.
SIGNOR MARTIN: S�, � lei.
SIGNORA MARTIN: No, � lui.
POMPIERE: Restiamo calmi. Mi racconti come sono andate le cose, signora Smith.
SIGNORA SMITH: Ecco qua. Mi mette molto a disagio parlarle francamente, ma in fondo
un pompiere � come un confessore.
POMPIERE: Dunque?
SIGNORA SMITH: Discutevamo perch� mio marito sosteneva che quando si sente suonare
alla porta, c'� sempre qualcuno.
SIGNOR MARTIN: La cosa � plausibile.
SIGNORA SMITH: E io invece sostenevo che quando il campanello suona � segno che non
c'� nessuno.
SIGNORA MARTIN: La cosa pu� sembrare strana.
SIGNORA SMITH: Strana, ma convalidata non da dimostrazioni astrattamente teoriche,
bens� dai fatti.
SIGNOR SMITH: E' falso, dal momento che il pompiere � qua. Ha suonato, ho aperto e
lui era l�.
SIGNORA MARTIN: Quando?
SIGNOR MARTIN: Subito, no?
SIGNORA SMITH : D'accordo, ma soltanto dopo aver udito suonare per la quarta volta
si � trovato qualcuno. E la quarta volta non conta.
SIGNORA MARTIN: E' una regola generale. Solo le tre prime volte contano.
SIGNOR SMITH: Signor capitano, permetta anche a me di farle alcune domande.
POMPIERE: Dica pure.
SIGNOR SMITH: Quando ho aperto la porta e l'ho vista, era lei che aveva suonato?
POMPIERE: S�.
SIGNOR MARTIN: Lei era alla porta? Suonava per farsi aprire?
POMPIERE: Non potrei negarlo.
SIGNOR SMITH (alla moglie, con aria vittoriosa): Vedi? Avevo ragione. Quando si
sente suonare, � segno che c'� qualcuno che suona. Non puoi negare che il capitano
sia qualcuno.
SIGNORA SMITH: No no e no. Ti ripeto che parlo unicamente delle tre prime volte,
giacch� la quarta non conta.
SIGNORA MARTIN: Quando suon� la prima volta, era lei?
POMPIERE: No, non ero io.
SIGNORA MARTIN: Vedete? Suonava e non c'era nessuno.
SIGNOR MARTIN: Forse c'era qualcun altro.
SIGNOR SMITH: Era alla porta da molto tempo?
POMPIERE: Tre quarti d'ora.
SIGNOR SMITH: E non ha visto nessuno?
POMPIERE: Nessuno. Ne sono certo.
SIGNORA MARTIN: E la seconda volta ha sentito suonare?
POMPIERE: S�, ma neppure quella volta ero io. E continuava a non esserci nessuno.
SIGNORA SMITH: Vittoria! Avevo ragione io.
SIGNOR SMITH (alla moglie): Piano, piano. (Al pompiere) E che cosa faceva lei alla
porta?
POMPIERE: Niente. Ero l�. Pensavo a tante cose.
SIGNORA MARTIN: Ma la terza volta... non � stato lei a suonare?
POMPIERE: S�, sono stato io.
SIGNORA SMITH: Ma quando ho aperto, non l'ho vista.
POMPIERE: Mi ero nascosto... per scherzo.
SIGNORA SMITH: Non scherzi, non scherzi, signor capitano. Questa storia � troppo
triste.
SIGNOR MARTIN: Insomma, per�, resta da risolvere il problema che ci interessa:
quando suonano alla porta, c'� qualcuno o no?
SIGNORA SMITH: Mai nessuno.
SIGNOR SMITH: Sempre qualcuno.
POMPIERE: Vi metter� d'accordo io. Avete un po' di ragione tutti e due. Quando
suonano alla porta, talvolta c'� qualcuno, talaltra non c'� nessuno.
SIGNOR MARTIN: Questo mi sembra logico.
SIGNORA MARTIN: Pare anche a me.
POMPIERE: Le cose, nella realt�, sono semplici. (Agli Smith) Abbracciatevi.
SIGNORA SMITH: Ci siamo gi� abbracciati un momento fa.
SIGNOR MARTIN: Si abbracceranno domani. Hanno tempo.
SIGNORA SMITH: Signor capitano, visto che ci ha aiutato a chiarire la questione, si
metta in libert�, si tolga il casco e si accomodi un momento.
POMPIERE: Chiedo scusa, ma non posso trattenermi molto. Accetto di togliermi il
casco, ma non ho il tempo di sedermi. (Si siede, senza togliersi il casco) Vi
confesser� che sono venuto a casa vostra per tutt'altro motivo. Sono in missione di
servizio.
SIGNORA SMITH: Ci racconti tutto, signor capitano!
POMPIERE: Spero che vorrete perdonare la mia indiscrezione (molto imbarazzato), ehm
(indica col dito i Martin)... posso... davanti a loro...
SIGNORA MARTIN: Non si faccia scrupoli.
SIGNOR MARTIN: Siamo vecchi amici. Ci raccontano tutto.
SIGNOR SMITH: Parli pure.
POMPIERE: Ebbene, ecco: non ci sarebbe per caso il fuoco qui da voi?
SIGNORA SMITH: Perch� questa domanda?
POMPIERE: Perch�... scusatemi, ho l'ordine di spegnere tutti gli incendi in citt�.
SIGNORA MARTIN: Tutti?
POMPIERE: S�, tutti.
SIGNORA SMITH (confusa): Non saprei... non credo, vuole che vada a vedere?
SIGNOR SMITH (annusando) Non dev'esserci nulla. Non si sente odor di bruciato
(Nella "mise en sc�ne" di Nicolas Bataille, anche il signore e la signora Martin
annusano).
POMPIERE (desolato): Proprio niente? Non avreste un piccolo fuoco nel camino?
Qualche cosa che bruci in solaio o in cantina? O almeno un piccolo principio
d'incendio?
SIGNORA SMITH: Senta, non vorrei darle un dispiacere, ma ho paura che non ci sia
proprio niente per il momento. Le prometto che l'avvertir� non appena si presenter�
l'occasione.
POMPIERE: Ho la sua parola? Mi farebbe una vera cortesia.
SIGNORA SMITH: Ha la mia parola.
POMPIERE (ai Martin): E anche da loro, niente che bruci?
SIGNORA MARTIN: Disgraziatamente, no.
SIGNOR MARTIN: Gli affari vanno piuttosto male, in questi tempi!
POMPIERE: Molto male. Non accade quasi nulla, qualche sciocchezzuola, un camino,
una stalla. Niente di serio. Cose che non rendono. E siccome non c'� rendimento,
anche il premio di produzione � molto magro.
SIGNOR SMITH: Andiamo male. In tutti i campi � la stessa storia. Il commercio,
l'agricoltura, proprio come il fuoco, quest'anno... non si riesce a ingranare.
SIGNOR MARTIN: Niente grano, niente fuoco.
POMPIERE: Neppure inondazioni.
SIGNORA SMITH: Ma c'� dello zucchero.
SIGNOR SMITH: Perch� lo fanno venire dall'estero.
SIGNORA MARTIN: Per gli incendi sarebbe pi� difficile. Troppe tasse.
POMPIERE: Capita, qualche volta, ma anche questa � cosa rara, un'asfissia per gas,
o due. Ad esempio, una giovane donna si � asfissiata la settimana scorsa; aveva
lasciato il gas aperto.
SIGNORA MARTIN: L'aveva dimenticato?
POMPIERE: ma ha creduto che fosse il suo pettine.
SIGNOR SMITH: Le confusioni sono sempre pericolose!
SIGNORA SMITH: E' andato a vedere dal venditore di fiammiferi?
POMPIERE: Niente da fare. E' assicurato contro gli incendi.

SIGNOR MARTIN: Allora provi a passare, a mio nome, dal vicario di Wakefield (5)!
POMPIERE: Non sono autorizzato a spegnere i fuochi degli ecclesiastici. Il vescovo
se l'avrebbe a male. Quella � gente che se li spegne da sola, oppure se li fa
spegnere dalle vestali.
SIGNOR SMITH: Veda un po' in casa del signor Durand.
POMPIERE: Neppure l� posso. Non � inglese. E' solo naturalizzato. Gli stranieri
naturalizzati hanno il diritto di possedere case, ma non quello di farsele spegnere
quando bruciano.
SIGNORA SMITH: Eppure lo scorso anno, gli � scoppiato un incendio in casa ed �
stato spento lo stesso.
POMPIERE: Se l'� sbrigata tutta da solo. Clandestinamente. Oh, non sar� certo io a
denunciarlo.
SIGNOR SMITH: Neppure io.
SIGNORA SMITH: Dal momento che non ha molta fretta, signor capitano, rimanga ancora
un po' con noi. Ci far� piacere.
POMPIERE: Volete che vi racconti degli aneddoti?
SIGNORA SMITH: Oh, s� s�. Lei � un tesoro.

Lo bacia.

SIGNOR SMITH, SIGNORA MARTIN, SIGNOR MARTIN: S� s�, aneddoti, evviva!

Applaudono.

SIGNOR SMITH: La cosa pi� appassionante � che le storie di pompieri sono tutte
vere, tutte vissute.
POMPIERE Io parlo solo di cose che ho provate io stesso. Niente libri. Solo vita,
vita vera.
SIGNOR MARTIN : Giustissimo, d'altronde la verit� non si trova nei libri ma nella
vita.
SIGNORA SMITH: Cominci!
SIGNOR MARTIN: Cominci!
SIGNORA MARTIN: Zitti, che comincia.
POMPIERE (tossicchia parecchie volte): Domando scusa, ma non guardatemi cos�. Mi
mettete in soggezione. Sapete bene che sono timido.
SIGNORA SMITH: E' un tesoro!

Lo bacia.
POMPIERE: Cercher� di cominciare. Ma promettetemi di non ascoltare.
SIGNORA MARTIN: Ma, se non ascoltiamo, non sentiremo ci� che lei dice.
POMPIERE: Non ci avevo pensato!
SIGNORA SMITH: Che cosa vi avevo detto? E' un gran bambinone.
SIGNOR MARTIN, SIGNOR SMITH: Oh, piccolo caro!

Lo baciano (Nella "mise en sc�ne" di Nicolas Bataille, essi non baciano il


pompiere).

SIGNORA MARTIN: Coraggio.


POMPIERE: Ebbene, ecco qua. (Tossicchia ancora, poi comincia con voce rotta
dall'emozione) �Il cane e il bue�, favola sperimentale: una volta, un altro bue
domand� a un altro cane: perch� non hai ingoiato la tua tromba? Scusa, rispose il
cane, ma credevo di essere un elefante.

SIGNORA MARTIN: Qual � la morale?


POMPIERE: Sta a voi trovarla.
SIGNOR SMITH: Giustissimo.
SIGNORA SMITH (furiosa): Un'altra.
POMPIERE: Un giovane vitello aveva mangiato troppe briciole di vetro. Di
conseguenza fu costretto a partorire. Mise al mondo una vacca. Tuttavia, siccome il
vitello era maschio, la vacca non poteva chiamarlo �mamma�. Essa d'altronde non
poteva neppure chiamarlo �pap�, poich� il vitello era troppo piccino. Questi allora
fu obbligato a sposarsi con una certa persona e il municipio prese tutte le misure
previste dalle circostanze alla moda.
SIGNOR SMITH: Alla moda di Caen.
SIGNOR MARTIN: Come la trippa.
POMPIERE: Lo sapevate gi�?
SIGNORA SMITH: Ne hanno parlato tutti i giornali.
SIGNORA MARTIN: E un fatto accaduto poco lontano da noi.
POMPIERE: Vene racconter� un altro. �Il gallo�. Una volta, un gallo volle fare il
cane. Ma non ebbe fortuna, perch� tutti lo riconobbero immediatamente.
SIGNORA SMITH: Viceversa il cane che volle fare il gallo non fu mai riconosciuto.
SIGNOR SMITH: Adesso ve ne racconter� uno io: �Il serpente e la volpe� (6). Una
volta un serpente avvicinandosi ad una volpe le disse: �Mi sembra di conoscerti!�
La volpe rispose: �Anche a me�. �Allora, - disse il serpente, - dammi dei soldi�.
�Una volpe non d� soldi�, rispose l'astuto animale che, per fuggire, salt� in una
profonda valle piena di fragole e di miele di gallina. Il serpente per�, con una
risata mefistofelica, la precedette. La volpe tir� fuori il coltello e url�: �Ti
insegner� io a vivere!� Poi, voltate le spalle, se la diede a gambe. Troppo tardi.
Il serpente fu pi� svelto di lei. Con un pugno ben assestato la colp� in piena
fronte e questa and� in mille pezzi gridando: �No! No! Quattro volte no! Io non
sono tua figlia� (Questo aneddoto � stato soppresso nella rappresentazione. Il
signor Smith faceva soltanto gesti, senza emettere alcun suono dalla bocca).
SIGNORA MARTIN: Interessante.
SIGNORA SMITH: Non c'� male.
SIGNOR MARTIN (stringe la mano al signor Smith): Congratulazioni!
POMPIERE (geloso): Non � un gran che. E poi, io lo conoscevo gi�.
SIGNOR SMITH: E' un fatto spaventoso.
SIGNORA SMITH : Per� non sar� accaduto davvero, no?
SIGNORA MARTIN: S�. Disgraziatamente.
SIGNOR MARTIN (alla signora Smith): Ora tocca a lei, cara signora.
SIGNORA SMITH: Io ne conosco uno solo. Ve lo racconter�. S'intitola: �Il mazzo di
fiori�.
SIGNOR SMITH: Mia moglie � sempre stata romantica.
SIGNOR MARTIN: Una vera inglese (Queste due battute venivano ripetute tre volte
nella rappresentazione).
SIGNORA SMITH: Dunque: una volta un fidanzato aveva portato un mazzo di fiori alla
fidanzata, la quale gli disse "grazie"; ma prima che lei gli avesse detto "grazie",
lui, senza proferir parola, le prese i fiori che le aveva dato per darle una buona
lezione e, dicendole, "io li riprendo", le disse riprendendoli "arrivederci" e si
allontan� di qua e di l�.
SIGNOR MARTIN: Oh, incantevole!

Bacia o no la signora Smith.

SIGNORA MARTIN: Signor Smith, lei ha una moglie invidiabile.


SIGNOR SMITH: E' vero. Mia moglie � l'intelligenza personificata. E' persino pi�
intelligente di me. Ad ogni modo � molto pi� femminile. Me lo dicono tutti.
SIGNORA SMITH (al pompiere): Ancora uno, capitano.
POMPIERE: Oh, no, � troppo tardi.
SIGNOR MARTIN: Lo racconti lo stesso.
POMPIERE: Sono troppo stanco.
SIGNOR SMITH: Ci faccia questo piacere.
SIGNOR MARTIN: La prego.
POMPIERE: No.
SIGNORA MARTIN: Lei ha un pezzo di ghiaccio al posto del cuore. Noi siamo sui
carboni ardenti.
SIGNORA SMITH (si getta ai suoi piedi, singhiozzando o no): La supplico.
POMPIERE: Ebbene sia.
SIGNOR SMITH (all'orecchio della signora Martin): Ha accettato! Che seccatore.
SIGNORA MARTIN: Accidenti.
SIGNORA SMITH: Colpa mia. Sono stata troppo educata.
POMPIERE: �Il raffreddore�. Mio cognato, dal lato paterno, aveva un cugino germano,
lo zio materno del quale aveva un suocero di cui il nonno paterno aveva sposato in
seconde nozze una giovane indigena, il cui fratello, nei suoi viaggi; aveva
incontrato una ragazza della quale si era innamorato e dalla quale aveva avuto un
figlio che spos� poi un'intrepida farmacista, la quale altro non era che la nipote
di uno sconosciuto quartiermastro della Marina Britannica, il di cui padre adottivo
aveva una zia in grado di parlare correttamente lo spagnolo e che era, forse, una
delle nipoti di un ingegnere morto in giovane et�, nipote a sua volta di un
proprietario di vigne dalle quali si ricavava un vino assai mediocre, ma che aveva
un cugino, casalingo e sottotenente, il cui figlio aveva sposato una graziosissima
signora, un po' divorziata, il primo marito della quale era figlio di un vero
patriota che aveva saputo educare una delle proprie figlie nell'ambizione di far
fortuna, la quale era riuscita a sposare un fattorino che aveva conosciuto
Rothschild e il cui fratello, dopo aver cambiato parecchi mestieri, si spos� ed
ebbe una figlia, il cui bisnonno, gracilino, portava gli occhiali che gli aveva
regalati un suo cugino, cognato di un portoghese, figlio naturale di un mugnaio,
non troppo povero, il fratello di latte del quale aveva preso in moglie la figlia
di un medico di campagna, a sua volta fratello di latte del figlio di un lattaio, a
sua volta figlio naturale di un altro medico di campagna, sposato tre volte di
seguito, e di cui la terza moglie...
SIGNOR MARTIN: Io ho conosciuto, se non sbaglio, questa terza moglie. Mangiava del
pollo in un nido di vespa.
POMPIERE: Non era la stessa.
SIGNORA SMITH: Zitto!
POMPIERE: Dicevo: ... di cui la terza moglie era figlia della migliore levatrice
della regione e che, vedova di buonora...
SIGNOR SMITH: Come mia moglie.
POMPIERE: ... si era sposata con un vetraio pieno di zelo, il quale, alla figlia di
un capostazione, aveva fatto un figlio destinato a fare la sua strada...
SIGNORA SMITH: Ferrata...
SIGNOR MARTIN: Come la mazza.
POMPIERE: E aveva sposato una venditrice di spazzatura, il cui padre aveva un
fratello, sindaco di una piccola citt�, che aveva preso in moglie una maestra
bionda (7), il cugino della quale, pescatore con la rete...
SIGNOR MARTIN: Ferroviaria?
POMPIERE: ... aveva preso in moglie un'altra maestra bionda, chiamata Maria, il cui
fratello aveva sposato un'altra Maria, anche lei maestra bionda...
SIGNOR SMITH : Essendo bionda, non poteva essere che Maria.
POMPIERE: ... il cui padre era stato allevato nel Canada da una vecchia, che era
nipote di un parroco, la nonna del quale, talvolta, d'inverno, come capita a tutti,
si buscava un raffreddore.
SIGNORA SMITH: Strana storia. Quasi incredibile.
SIGNOR MARTIN: Quando ci si raffredda, bisogna prendere dei valzer.
SIGNOR SMITH: E' una precauzione inutile, ma assolutamente necessaria.
SIGNORA MARTIN: Mi scusi, signor capitano, ma non ho ben capito la sua storia. Alla
fine, quando si arriva alla nonna del prete, ci si imbroglia.
SIGNOR SMITH: Ci si imbroglia sempre tra le mani di un prete.
SIGNORA SMITH: Oh s�, capitano, ricominci! � una voce unanime.
POMPIERE: Ah! Non so se potr�. Sono in missione di servizio. Tutto dipende
dall'ora.
SIGNORA SMITH: In casa non abbiamo orologi.
POMPIERE: Ma... la pendola?
SIGNOR SMITH: Funziona male. Ha lo spirito di contraddizione. Indica sempre il
contrario dell'ora che �.

SCENA NONA.
GLI STESSI e MARY.

MARY: Signora... signore...


SIGNORA SMITH: Che c'�?
SIGNOR SMITH: Che cosa viene a fare qui?
MARY: Il signore e la signora mi scusino... e quelle signore e quei signori
anche... io vorrei... io vorrei... a mia volta... raccontare un aneddoto.
SIGNORA MARTIN: Ma che sta dicendo?
SIGNOR MARTIN: Credo che la cameriera dei nostri amici stia diventando pazza...
Vuole raccontare anche lei un aneddoto.
POMPIERE: Ma chi crede di essere? (La guarda) Oh!
SIGNORA SMITH: Di che si impiccia?
SIGNOR SMITH: E' veramente fuori posto, Mary...
POMPIERE: Oh! ma � lei! Impossibile.
SIGNOR SMITH: Ebbene?
MARY: Impossibile! Qui?
SIGNORA SMITH: Che significa tutto ci�?
SIGNOR SMITH: Vi conoscete?
POMPIERE: E come no!
MARY (si getta al collo del pompiere): Che gioia ritrovarla... finalmente!
SIGNORE e SIGNORA SMITH: Oh!
SIGNOR SMITH: Questo � un po' troppo, qui, a casa nostra, nei dintorni di Londra.
SIGNORA SMITH: E' sconveniente!...
POMPIERE: E' stata lei a spegnere i miei primi fuochi.
MARY: Sono il suo spruzzetto d'acqua.
SIGNOR MARTIN: Se � cos�... cari amici... questi sentimenti sono comprensibili,
umani e onorevoli...
SIGNORA MARTIN: Tutto ci� che � umano � onorevole.
SIGNORA SMITH: Ad ogni modo, non mi piace vederla qui... tra noi...
SIGNOR SMITH: Non ha l'istruzione necessaria...
POMPIERE: Oh, voi avete troppi pregiudizi.
SIGNORA MARTIN: Io, per parte mia, penso che una cameriera, insomma, bench� la cosa
non mi riguardi, non � mai altro che una cameriera...
SIGNOR MARTIN: Anche se, talvolta, pu� essere un ottimo detective.
POMPIERE: Lasciami.
MARY: Non ci badi!... Non sono cattivi come sembrano.
SIGNOR SMITH: Hum... hum... siete commoventi, tutti e due, ma anche un po'... un
po'...
SIGNOR MARTIN: S�, � la parola.
SIGNOR SMITH: ... un po' troppo vistosi...
SIGNOR MARTIN: Esiste un pudore tutto britannico - scusatemi se preciso ancora una
volta il mio pensiero - incompreso dagli stranieri, quand'anche specialisti, in
virt� del quale, per cos� dire... insomma, non dico questo per voi...
MARY: Io volevo raccontare...
SIGNOR SMITH: No.
MARY: Oh s�!
SIGNORA SMITH: Vada, piccola Mary, vada da brava in cucina a leggere le sue poesie,
davanti allo specchio...
SIGNOR MARTIN: Guarda un po', pur senza essere una cameriera, anch'io leggo poesie
davanti allo specchio.
SIGNORA MARTIN : Questa mattina, quando ti sei guardato nello specchio, non ti sei
visto.
SIGNOR MARTIN: Perch� non ero ancora l�...
MARY: Forse potrei almeno recitarvi una piccola poesia.
SIGNORA SMITH: Mia piccola Mary, lei � spaventosamente testarda.
MARY: Se � cos�, vi reciter� una poesia, intesi? E' una poesia che si intitola "Il
Fuoco" in onore del capitano.

IL FUOCO.

I policandri brillavano nei boschi


una pietra prese fuoco
il castello prese fuoco
la foresta prese fuoco
gli uomini presero fuoco
le donne presero fuoco
gli uccelli presero fuoco
i pesci presero fuoco
l'acqua prese fuoco
il cielo prese fuoco
la cenere prese fuoco
il fumo prese fuoco
il fuoco prese fuoco
tutto prese fuoco
prese fuoco, prese fuoco.

Recita la poesia mentre gli Smith la spingono fuori della stanza.

SCENA DECIMA.
GLI STESSI, meno Mary.

SIGNORA MARTIN: M'ha dato i brividi alla schiena...


SIGNOR MARTIN: Eppure c'era un certo calore in quei versi...
POMPIERE: Io li ho trovati meravigliosi.
SIGNORA SMITH: Questo poi...
SIGNOR SMITH: Non esageriamo...
POMPIERE: D'accordo... son cose molto soggettive... ma questa � la mia concezione
del mondo. Il mio sogno. Il mio ideale... e poi mi fa venire in mente che debbo
andarmene. Visto che non avete orologi, io, esattamente tra tre quarti d'ora e
sedici minuti, ho un incendio all'altro capo della citt�. Devo sbrigarmi. Per
quanto non sia un gran che.
SIGNORA SMITH: Di che cosa si tratter�? Un piccolo fuoco di camino?
POMPIERE: Oh, meno ancora. Un fuoco di paglia e un piccolo brucior di stomaco.
SIGNOR SMITH: Allora, nostro malgrado, lei ci lascia.
SIGNORA SMITH: La sua compagnia � stata delle pi� piacevoli.
SIGNORA MARTIN: Grazie a lei, abbiamo passato un quarto d'ora veramente cartesiano.
POMPIERE (si dirige verso l'uscita poi si ferma): A proposito, e la cantatrice
calva?

Silenzio generale, imbarazzato.

SIGNORA SMITH: Si pettina sempre allo stesso modo (8)!


POMPIERE: Ah! E allora, saluti alla compagnia!
SIGNOR MARTIN: Buona fortuna, e buon fuoco!
POMPIERE: Speriamo. Per il bene di tutti.

Il pompiere se ne va. Tutti lo accompagnano fino alla porta poi ritornano ai loro
posti.

SCENA UNDICESIMA.
GLI STESSI, meno il pompiere.

SIGNORA MARTIN: Io posso comprare un coltello tascabile per mio fratello, ma voi
non potete comprare l'Irlanda per vostro nonno.
SIGNOR SMITH: Si cammina con i piedi, ma ci si riscalda con l'elettricit� o col
carbone.
SIGNOR MARTIN: Chi vende un ovino oggi, domani avr� un bovino.
SIGNORA SMITH: Nella vita, bisogna guardare le cose dalla finestra.
SIGNORA MARTIN: Ci si pu� sedere sulla sedia, quando la sedia non ne ha.
SIGNOR SMITH: Bisogna pensare sempre a tutto.
SIGNOR MARTIN: Il soffitto � sopra, il pavimento � sotto.
SIGNORA SMITH: Quando si dice s�, si fa per dire.
SIGNORA MARTIN: Ad ognuno il suo destino.
SIGNOR SMITH: Prendete un circolo, coccolatelo, diventer� vizioso!
SIGNORA SMITH: Il maestro alletta i fanciulli, ma la gatta allatta i piccoli quando
sono piccoli.
SIGNORA MARTIN: Mentre la vacca ci d� le sue code.
SIGNOR SMITH: Quando sono in campagna, amo la solitudine e la calma.
SIGNOR MARTIN: Lei � ancora troppo giovane per cose simili.
SIGNORA SMITH: Beniamino Franklin aveva ragione: lei � meno tranquillo di lui.
SIGNORA MARTIN: Quali sono i sette giorni della settimana?
SIGNOR SMITH : Monday, Tuesday, Wednesday, Thursday, Friday, Saturday, Sunday.

SIGNOR MARTIN: Edward is a clerk; his sister Nancy is a typist, and his brother
William a shop-assistant (9).
SIGNORA SMITH: Che strana famiglia!
SIGNOR MARTIN: Preferisco un uccello in un campo, che una viola su una carriola.

SIGNOR SMITH: Meglio il latte a cose fatte, che un pazzo in un palazzo.


SIGNOR MARTIN: Casa mia casa mia per piccina che tu sia tu mi sembri una bad�a.
SIGNORA SMITH: Non conosco abbastanza lo spagnolo per farmi capire.
SIGNORA MARTIN: Io ti dar� le pantofole di mia suocera se tu mi darai la bara di
tuo marito.
SIGNOR SMITH : Cercasi monaco monofisita scopo matrimonio con nostra cameriera.
SIGNOR MARTIN: Il pane � un albero mentre il pane � anche un albero, e da quercia
nasce quercia, tutte le mattine all'alba.
SIGNORA SMITH: Mio zio vive in campagna, ma ci� non riguarda la levatrice.
SIGNOR MARTIN: Sulla carta si scrive, col gatto si piglia il topo. Il formaggio si
gratta.
SIGNORA SMITH: L'automobile va molto in fretta, ma la cuoca prepara meglio le
pietanze.
SIGNOR SMITH: Non siate sciocchi, abbracciate piuttosto il cospiratore.
SIGNOR MARTIN: Charity begins at home (10).
SIGNORA SMITH : Aspetto che l'acquedotto venga a trovarmi al mio mulino.
SIGNOR MARTIN: Si pu� dimostrare che il progresso sociale � molto migliore con lo
zucchero.
SIGNOR SMITH: Abbasso il lucido (11)!
Dopo quest'ultima battuta del signor Smith, gli altri tacciono un momento, stupiti.
Si sente che c'� un certo nervosismo. Anche i colpi che batte la pendola sono pi�
nervosi. Le battute che seguono debbono esser dette, dapprima, con tono glaciale,
ostile. L'ostilit� e il nervosismo andranno crescendo. Alla fine della scena, i
quattro personaggi debbono trovarsi in piedi, vicinissimi gli uni agli altri,
gridare le loro battute, pugni alzata, pronti a gettarsi gli uni sugli altri.
SIGNOR MARTIN: Non si lucidano gli occhiali col lucido da scarpe.
SIGNORA SMITH: S�, per� con i soldi si compra ci� che si vuole.
SIGNOR MARTIN: Preferisco uccidere un coniglio che cantare in un ripostiglio.
SIGNOR SMITH: Kakato�, kakato�, kakato�, kakato�, kakato�, kakato�, kakato�,
kakato�, kakato�, kakato�.
SIGNORA SMITH: Che cacata, che cacata, che cacata, che cacata, che cacata, che
cacata, che cacata, che cacata, che cacata.
SIGNOR MARTIN: Che cascata di cacate, che cascata di cacate, che cascata di cacate,
che cascata di cacate, che cascata di cacate, che cascata di cacate, che cascata di
cacate, che cascata di cacate.
SIGNOR SMITH: I cani hanno le pulci, i cani hanno le pulci.
SIGNORA MARTIN: Cactus, cocco, coccola, coccarda, cocorita!
SIGNORA SMITH: Coccodrillo, non ci coccolare!
SIGNOR MARTIN: Preferisco fare un uovo che parlarti di nuovo.
SIGNORA MARTIN (spalancando la bocca): Ah! oh! ah! oh! lasciatemi arrotare i denti.
SIGNOR SMITH: Caimano!
SIGNOR MARTIN: Andiamo a schiaffeggiare Ulisse.
SIGNOR SMITH: Vado ad abitare nella mia bicocca tra i miei cacai.
SIGNORA MARTIN: I Cacai nelle Cacaiete non d�nno cachi, d�nno cacao! I cacai nelle
cacaiete non d�nno cachi, d�nno cacao! I cacai nelle cacaiete non d�nno cachi,
d�nno cacao!
SIGNORA SMITH: I pali hanno peli, i peli non hanno pali.
SIGNORA MARTIN: Sbuccia la babbuccia!
SIGNOR MARTIN: Accuccia la gruccia!
SIGNOR SMITH : D� la gruccia alla babbuccia della cuccia del luccio.
SIGNORA MARTIN: Sputa la buccia.
SIGNORA SMITH: Il luccio sul leccio...
SIGNOR MARTIN : Il leccio guercio luccica, il leccio guercio luccica.
SIGNOR SMITH: Luccica il laccio.
SIGNORA MARTIN: Maledetto mondaccio!
SIGNORA SMITH: Non ce la faccio!
SIGNOR MARTIN: Faccia di feccia.
SIGNOR SMITH: Dammi la treccia.
SIGNORA MARTIN: La freccia! La freccia! La freccia!
SIGNORA SMITH: Niente sfrecciata; � gi� sposata.
SIGNOR MARTIN: Sully!
SIGNOR SMITH: Prudhomme!
SIGNORA MARTIN, SIGNOR SMITH: Fran�ois.
SIGNORA SMITH, SIGNOR MARTIN: Copp�e.
SIGNORA MARTIN, SIGNOR SMITH: Copp�e Sully!
SIGNORA SMITH, SIGNOR MARTIN: Prudhomme Fran�ois.
SIGNORA MARTIN: Coccod�, coccod�, coccod�!
SIGNOR MARTIN: Mariella, fondo di scodella!
SIGNORA SMITH: Khrisnamurti, Khrisnamurti, Khrisnamurti!
SIGNOR SMITH: Il papa pappa! Il vero papa � un papa vero! Il pap�vero non � un vero
papa.
SIGNORA MARTIN: Bazar, Balzac, Bazaine!
SIGNOR MARTIN: Bazza, bizza, bozza!
SIGNOR SMITH: A, e, i, o, u, a, e, i, o, u, a, e, i, o, u, i!
SIGNOR MARTIN: B, C, d, f, g, l, m, n, p, r, s, t, v, w, x, z!
SIGNORA MARTIN: Dall'aglio all'olio, dall'olio all'aglio!
SIGNORA SMITH (imitando il treno): Ciuff, ciuff, ciuff, ciuff, ciuff, ciuff, ciuff,
ciuff, ciuff, ciuff, ciuff!
SIGNOR SMITH: Non!
SIGNORA MARTIN: E'!
SIGNOR MARTIN: Di!
SIGNORA SMITH: Qua
SIGNOR SMITH: Ma!
SIGNORA MARTIN: E'!
SIGNOR MARTIN: Di!
SIGNORA SMITH: L�!

Tutti insieme, al colmo del furore, urlano gli uni nelle orecchie degli altri. La
luce si spegne. Nell'oscurit� si ode ad un ritmo sempre pi� rapido:

TUTTI ASSIEME: Non � di qua, ma � di l�, non � di qua, ma � di l�, non � di qua, ma
� di l�, non � di qua, ma � di l�, non � di qua, ma � di l�, non � di qua, ma � di
l�, non � di qua, ma � di l�, non � di qua, ma � di l�, non � di qua, ma � di l�
(Nella rappresentazione, certe battute di quest'ultima scena sono state soppresse o
spostate. D'altra parte la ripresa finale - per cos� dire - veniva fatta sempre con
gli Smith, poich� l'autore non ebbe l'idea luminosa di sostituire i Martin agli
Smith, se non dopo le prime repliche)!

Le voci cessano di colpo. Si riaccendono le luci. Il signore e la signora Martin


sono seduti come gli Smith al principio della commedia. La commedia ricomincia con
i Martin, che dicono esattamente le battute degli Smith nella prima scena, mentre
il sipario si chiude lentamente (12).

SIPARIO.

NOTE.

Nota 1. La volont� di rottura e d'innovazione dei nuovi drammaturghi degli anni


cinquanta che venivano recitati nei piccoli teatri della Rive gauche, fu definita
in diversi modi. Cos� scriveva Alfred Simon: �Questo teatro, lo si � chiamato
"anti-teatro" perch� prendeva di petto il teatro tradizionale; "teatro
dell'assurdo" perch� l'insensatezza del mondo e dell'uomo lo penetrava d'ogni lato,
fin nelle strutture pi� profonde; "avanguardia" infine, perch� si scontrava
frontalmente con la critica ufficiale e con il grande pubblico� (citato da P. de
Boisdeffre, "Une histoire vivante de la litt�rature d'aujourd'hui", Librairie
acad�mique Perrin, Paris 1958, p. 910).
Nota 2. L'anglofilia, sia pure in forma parodistica, percorre tutta la commedia,
fin dai nomi dei personaggi: signora e signor Smith, Donald Martin, sua moglie
Elisabetta (come la regina, che era salita al trono nel febbraio 1952) e la figlia
Peggy. La cameriera Mary gioca a fare Sherlock Holmes, ed i Martin, tutte le volte
che si incontrano, si scambiano un tenero �darling�. A loro volta, i personaggi
citati dai protagonisti si chiamano: Bobby Watson, Mistress Parker, Edward, Nancy,
William, i Johns, il dottor Mackenzie-King e... Beniamino Franklin! Ovviamente,
anche i luoghi sono inglesi: Manchester, Londra, via Bromfield. �Il raffreddore�,
infine, fa riferimento alla marina britannica e nella scena undicesima compaiono
due battute in inglese: �SIGNOR SMITH : Monday, Tuesday, Wednesday, Thursday,
Friday, Saturday, Sunday. | SIGNOR MARTIN: Edward is a clerk; his sister Nancy is a
typist, and his brother William is a shop assistant� (p. 36). Segue un proverbio:
�Charity begins at home� (p. 37).

Nota 3. Alla serie dei vocaboli inglesi si mescolano nomi d'origine diversa: Elena
(menzionata dalla signora Smith, p. 6), Rothschild (p. 31) e Popochef Rosenfeld,
nome burlesco che combina una desinenza russa con un patronimico ebraico. Da
notarsi che questo droghiere bulgaro arriva da Costantinopoli, citt� ove Ionesco,
che allora viveva alla meno peggio in Francia, sognava di stabilirsi (confidenza
dell'autore, 27 novembre 1987). D'altronde, l'ultima pagina del dattiloscritto reca
l'iscrizione �Istambul�, nome odierno di Costantinopoli.
Nota 4. Sherlock Holmes, personaggio di Conan Doyle, � l'eroe della celebre serie
di romanzi polizieschi "Le avventure di Sherlock Holmes" (1891-1925). Si presenta
come il tipo dell'investigatore dilettante, che si serve di osservazioni minuziose,
della deduzione e dell'induzione. Per compagno ha il dottor Watson. La logica
implicita che collega le scene prima e quinta si ispira, in forma di parodia, alle
opere di Conan Doyle. Nella scena prima, infatti, vengono menzionati una "morte",
quella di Parker, e il "medico", cui non � riuscita l'operazione sul malato. Subito
dopo il signor Smith, leggendo il giornale, � informato del decesso di Bobby
"Watson". Nella scena quinta, Mary parla, contro ogni aspettativa, di �segreto�, di
�prova�, di �straordinarie coincidenze�, e sostiene che �tutto il ragionamento di
Donald crolla urtando contro quest'ultimo ostacolo che annulla tutta la sua
teoria�. E alla fine rivela: �Il mio vero nome � Sherlock Holmes�. E' del tutto
evidente che l'associazione Dottore pi� Watson richiama subito alla mente il
compagno di Sherlock Holmes, personaggio i cui metodi e il cui nome sono ripresi e
parodiati nella scena quinta. Interrogato in proposito, Ionesco riconosce la
fondatezza di ci� che proponiamo, precisando per� che il processo era inconscio (27
novembre 1987). La moltiplicazione all'infinito dei significati che designano un
medesimo significante (Watson) rende per� inoperante qualsiasi metodo, induttivo o
deduttivo. Non dimentichiamo che le questioni di logica, sempre connesse al comico,
preoccupano Ionesco. Il litigio degli Smith nella scena settima (pp. 21-22) e i
suoi strascichi (scena ottava, pp. 23-25) girano intorno ad un problema specioso:
quando si sente suonare alla porta, c'� qualcuno o non c'� nessuno?
Nota 5. Ionesco allude evidentemente al protagonista del romanzo di Oliver
Goldsmith, "The Vicar of Wakefield" (1766). Il termine "vicar" designa un
ecclesiastico preposto all'amministrazione d'una parrocchia. In "The Vicar of
Wakefield", l'ecclesiastico che si ritrova la figlia sedotta e abbandonata, ritorna
nel suo villaggio. Qui lo attende una sorpresa: la sua casa � distrutta dal fuoco.
La famiglia, sfuggita all'incendio, si sistema in una dimora miserevole.
Nota 6. Nicolas Bataille riteneva che, dal punto di vista scenico, le storie
fossero troppe: �Chiedemmo a Ionesco di scriverne una pi� buffa, visto che quella
della volpe lo era meno delle altre. Lui cercava ma non trovava niente. Nel
frattempo, durante le prove, l'attore annunciava la sua storia ma non la diceva, e
noi aspettavamo. Un giorno, per divertirci, ha aperto la bocca ed ha cominciato a
mimarla. Allora ci siamo detti, di comune accordo, che avremmo conservato
l'effetto. Sarebbe stato un "incidente" di pi�, questa volta non mediante le parole
ma mediante la loro assenza. Per di pi�, c'era un effetto comico perch� gli veniva
risposto: "SIGNOR SMITH: E' un fatto spaventoso. | SIGNORA SMITH: Per� non sar�
accaduto davvero, no? | SIGNORA MARTIN: S�. Disgraziatamente". Per una storia che
non si era ascoltata� (cfr. Benmussa, "Ionesco" cit., pp. 84-85).
Nota 7. Il titolo originale della commedia, "L'Inglese senza fatica", non andava
bene, poich� secondo Nicolas Bataille e il drammaturgo sottolineava troppo il
carattere da metodo Assimil della commedia. Si fecero vari tentativi infruttuosi.
Dapprima ci si ferm� su "Piovono cani e gatti", traduzione letterale di "It rains
cats and dogs", equivalente idiomatico di �Piove a catinelle�. Alla fine, durante
una prova, un attore ebbe un lapsus e sostitu� �cantatrice calva� a �maestra
bionda�. Il titolo era stato trovato (cfr. il Commento, p. 708).
Nota 8. Questa battuta e la precedente furono aggiunte per giustificare il titolo.
Nota 9. �Edward � impiegato, sua sorella Nancy dattilografa, e suo fratello William
commesso�.
Nota 10. Il proverbio inglese significa: �Una carit� ben riposta comincia da se
stessi�,
Nota 11. Secondo Nicolas Bataille, con questa battuta l'esasperazione era ormai al
culmine ed i personaggi si gettavano gli uni sugli altri (cfr. Benmussa, "Ionesco"
cit., p. 86).
Nota 12. Per suggerimento di Ionesco, la ripresa della commedia doveva avvenire
nell'oscurit�. Anche il testo che definiva la scena era detto al buio. Di qui
l'impressione di una ripetizione all'infinito.

COMMENTO.

Come definire "La cantatrice calva"? Una scommessa. Fiore all'occhiello d'un autore
che pratica l'umorismo a freddo, si compone di scenette spassose culminanti in un
finale clamoroso, che non sarebbe dispiaciuto ai surrealisti. Dallo spirito
giovanile (1) e beffardo che anima questo �spettacolo-provocazione� ebbe origine
un'avventura di cui ormai conosciamo le principali peripezie.
Genesi e storia della commedia.
Le nostre informazioni sulla genesi della "Cantatrice calva" derivano da
dichiarazioni dell'autore e da un'allocuzione tenuta nel 1958 e riportata in parte
in "Note e contronote" (2). Come egli stesso ci dice, nel 1948 Ionesco cominci� a
studiare l'inglese - lingua che ignora ancora adesso - seguendo il metodo Assimil
che allora godeva di un certo successo. Il manuale di Ch�rel, L'inglese senza
fatica, ricorreva a dei tipici inglesi che dialogavano servendosi di elementi
diversi: brevi frasi, espressioni idiomatiche e banalit� inserite in una rete di
strutture grammaticali. �Fin dalla terza lezione, racconta Ionesco, venivano messi
l'uno di fronte all'altro due personaggi, non so ancora se reali o inventati: il
signore e la signora Smith, una coppia di inglesi. Con mia grande sorpresa, la
signora Smith informava il marito che essi avevano molti figli, che abitavano nei
dintorni di Londra, che il loro nome era Smith, che il signor Smith era impiegato,
che avevano una domestica, Mary, pure inglese, che avevano, da vent'anni, certi
amici di nome Martin, che la loro casa era un castello perch� "la casa per un
inglese � il suo vero castello"� (3).
Dopo aver trascritto e riletto le frasi per impararle, lo colpisce l'accumulo dei
luoghi comuni e �la possibile coesistenza di verit� antitetiche. A questo punto�
afferma �ebbi un'illuminazione. Non si trattava pi� per me di perfezionare la
conoscenza della lingua inglese [...]. La mia ambizione era diventata pi� grande:
comunicare ai miei contemporanei le verit� essenziali di cui, il manuale di
conversazione franco-inglese, m'aveva reso cosciente. D'altronde i dialoghi degli
Smith, dei Martin, e degli Smith con i Martin, erano di per s� teatro, in quanto il
teatro � dialogo. Dovevo dunque scrivere un'opera teatrale� (4). Il metodo Assimil
gli forni quindi il materiale e cio�: i personaggi (ad eccezione del capitano dei
pompieri), l'uso sistematico delle frasi fatte ed il genere drammatico. Seguendo
sia le leggi del teatro che le proprie inclinazioni naturali, Ionesco accresce a
dismisura gli effetti, accentua la banalit� sino all'assurdo, inventa un orologio a
pendolo mai visto, trova un ritmo ed immagina un finale. Mancava il titolo.
L'autore aveva pensato a "L'inglese senza fatica", poi a "L'ora inglese". Alla fine
decise la bizzarria del caso: Henri-Jacques Huet ebbe un lapsus provando il
monologo del �Raffreddore� (5) e trasform� una �maestra bionda� in una �cantatrice
calva� (6). Questo tocco di bacchetta magica, che aggiungeva mistificazione alla
provocazione, non poteva che sedurre l'autore.
Il lavoro successivo di ideazione e maturazione ci appare simile ad un processo
inconscio: �Si verific�, non so come, un fenomeno bizzarro: il testo si trasform�,
sotto i miei occhi, insensibilmente, contro la mia volont� [...]. Le battute del
manuale, che pure avevo correttamente, accuratamente copiate le une di seguito alle
altre, si confusero [...]. L'affermazione, categorica quanto irrefutabile: i sette
giorni della settimana sono luned�, marted�, mercoled�, gioved�, venerd�, sabato,
domenica, si deterior� a tal punto che il signor Smith, il mio eroe, ci far� sapere
che la settimana si compone di tre giorni: marted�, gioved� e marted�. I buoni
borghesi signori Martin, marito e moglie, furono colpiti da amnesia: pur vedendosi
e parlandosi ogni giorno, non si riconobbero pi� (7). A detta dell'autore, �le
verit� elementari e sensate che si scambiavano, accavallandosi fra di loro, erano
impazzite, [...] la parola, assurda, si era svuotata di contenuto [...]� (8). S'era
prodotto �una specie di cedimento della realt�. Le parole erano diventate gusci
sonori, privi di senso; anche i personaggi, beninteso, avevano perso la loro
psicologia e il mondo m'appariva in una luce insolita, forse nella sua vera luce,
fuori dalle interpretazioni e da una causalit� arbitraria� (9). Nello stadio
iniziale dell'ideazione, quindi, Ionesco non nutriva alcuna preoccupazione di
ordine ideologico, a differenza di quanto si � spesso sostenuto in seguito. Al
massimo era consapevole di scrivere un'�anti-commedia�, ossia una parodia di
commedia. Terminata l'opera, pens� �d'aver scritto una specie di "tragedia del
linguaggio"!� (10). Pur senza essere inventata, tale asserzione � anche una
battuta. Dovremmo stupircene? L'autore non � forse un cultore del paradosso e
dell'esagerazione?
Ionesco disponeva ora di tutto ci� di cui aveva bisogno. Tutto, salvo l'essenziale:
un teatro! Ma allora accadde che un'amica d'origine romena, Monique Saint-C�me,
mostrasse la commedia a un giovane regista di cui era l'assistente. L'entusiasmo
scatt� fulmineo. �Nicolas Bataille ed i suoi attori, Paulette Frantz, Claude
Mansard, Simone Mozet, Henri-Jacques Huet decisero di metterla immediatamente in
prova� (11). Per�, siccome i titoli proposti - "L'ora inglese", "Big Ben Folies",
"Un'ora d'inglese" - avrebbero potuto far supporre che si trattasse d'una satira
degli inglesi (12), fu scelto il titolo che sappiamo.
Nel corso delle prove, �si constat� che la commedia possedeva un certo dinamismo;
in assenza di azione, aveva delle azioni; un ritmo, uno sviluppo pur senza trama;
una progressione astratta� (13). Questi enunciati mostrano che l'apprendista
drammaturgo, mancando d'esperienza, non affront� con consapevolezza il problema
della progressione drammatica. Invece � vero, come indica "Non" ["No"] (14), che
Eug�ne Ionesco possedeva innato il senso del ritmo.
Sottoposta al collaudo del palcoscenico e delle prove, la commedia sub� alcune
modifiche. "Il serpente e la volpe", aneddoto bislacco raccontato dal signor Smith,
fu mimato. Pure il finale fu modificato �di comune accordo� (15). La soluzione
prevista inizialmente, che si sarebbe accordata ad una recitazione pi� burlesca,
pi� violenta, un po' nello stile dei fratelli Marx, ci � raccontata nel modo
seguente: �Durante la disputa degli Smith e dei Martin, la cameriera doveva
rientrare ed annunciare che il pranzo era pronto: ogni movimento doveva cessare, e
le due coppie allontanarsi dal palcoscenico. Sulla scena vuota due o tre compari
dovevano fischiare, schiamazzare, protestare, invadere la platea. Ci� avrebbe
provocato l'arrivo del direttore del teatro, seguito dal commissario e dai
poliziotti: questi ultimi avrebbero dovuto fucilare gli spettatori rivoltosi, per
dare il buon esempio; poi, mentre il commissario ed il direttore si sarebbero
reciprocamente felicitati per la buona lezione impartita, i poliziotti sul
proscenio, minacciosi, fucile alla mano, avrebbero ordinato al pubblico di
sgomberare la sala� (16). Ma un finale simile, deliberatamente esplosivo,
deliberatamente provocatorio, avrebbe richiesto �un certo coraggio e sette o otto
attori in pi�, per tre minuti in pi� di spettacolo. Uno spreco. Avevo anche scritto
un secondo finale, pi� facilmente realizzabile... Durante la disputa dei Martin
Smith, sarebbe arrivata la cameriera e avrebbe annunciato ad alta voce: - "Ecco
l'autore"�.
Gli attori dovevano allora allontanarsi rispettosamente allineandosi a sinistra e a
destra del palcoscenico, applaudendo l'autore il quale, di buon passo, avanzava
verso il pubblico e poi, mostrando il pugno agli spettatori, gridava: �Banda di
cialtroni, avr� la vostra pelle�. E il sipario doveva calare precipitosamente (17).
Questo finale che, nonostante la bizzarria, non riusciva a dissimulare un certo
narcisismo, fu giudicato troppo polemico e incompatibile con la recitazione
stilizzata e compassata degli attori. �Poich� dunque non fui capace di trovare un
altro finale, decidemmo di non finire la commedia e di ricominciarla. Per
sottolineare il carattere d'intercambiabilit� dei personaggi, ebbi semplicemente
l'idea di sostituire, nella ripresa, gli Smith con i Martin.
In Italia, il regista ha trovato un'altra soluzione: il sipario cala sul litigio
dei personaggi che si accapigliano in una specie di danza frenetica, una specie di
baruffa-balletto. Va altrettanto bene� (18).
Terminata nel 1949, la commedia fu rappresentata per la prima volta l'u maggio 1950
al Th��tre des Noctambules diretto da Pierre Leiris. Lo spettacolo, che si iniziava
alle 18 e 30, incontr� scarso successo e fu replicato soltanto venticinque volte.
Cionondimeno, Andr� Breton, Jean Tardieu, Raymond Queneau, Benjamin P�ret, G�rard
Philipe e Jacques Lemarchand ne riconobbero subito il valore. Quest'ultimo
d'altronde, nel 1952, in occasione della ripresa della commedia, scrisse senza
mezzi termini su �Le Figaro�: �Rintanato fra le strette mura del Th��tre de la
Huchette, c'� di che far saltare in aria tutti i teatri di Parigi... E' lo
spettacolo pi� insolentemente intelligente cui possa assistere chiunque ami il
teatro pi� dei direttori di teatro, la sapienza pi� dei professori, la tragedia pi�
di quanta non ne venga propinata al Grand-Guignol, e la farsa pi� di quanta non se
ne sia mai trovata al Pont Neuf. Quando saremo diventati vecchi, sar� per noi un
gran vanto l'aver assistito alle rappresentazioni della "Cantatrice calva" e della
"Lezione"� (19).
Dopo essere stata portata in scena, la commedia fu pubblicata nel 1952 dai �Cahiers
du coll�ge de pataphysique� [�Quaderni del Collegio di patafisica�] (20), nel 1953
dalle Edizioni Arcanes e nel 1954 da Gallimard, nel "Th��tre I". Fu tradotta in
inglese e in italiano nel 1958.
Il 16 febbraio 1957 "La cantatrice calva" e "La lezione" furono riprese al Th��tre
de la Huchette. Da allora, esse vi sono state rappresentate senza interruzione. Il
9 agosto 1980 cadeva la novemillesima rappresentazione e, con l'anno 1987, si
superarono le undicimila repliche. "La cantatrice calva", l'opera di Ionesco pi�
rappresentata nel mondo - le cifre stanno a dimostrarlo - fu ed � ancora recitata
in numerosi paesi: Danimarca, Svezia, Norvegia, Olanda, Germania, Svizzera,
Inghilterra, Spagna, Algeria, Tunisia, Marocco, Stati Uniti, Brasile, Polonia,
Cecoslovacchia, Israele, Turchia, Grecia, eccetera. Nel 1971, la Compagnie Sagan,
gruppo giapponese diretto da Nicolas Bataille, rappresent� la commedia a Tokyo. Di
passaggio a Parigi nel maggio 1972, recit� lo spettacolo, in giapponese, al Th��tre
de la Huchette (21).
Il successo prolungato della "Cantatrice calva" obblig� gli autori a farsi
sostituire periodicamente. Si istitu� quindi un sistema di rotazione. Cos� avvenne
che Nicolas Bataille, che per primo aveva sostenuto la parte del signor Martin, fu
sostituito da Paul Vervisch, Jacques Nolot, Guy Jacquet e Gilbert Beugniot, tutti
vestiti con i costumi di Jacques No�l, che aveva anche ideato le scene (22).

Ciascuno a suo modo: il conflitto delle interpretazioni.

Val�ry sosteneva senza giri di parole che un'opera d'arte non appartiene al suo
autore: �[...] non si insister� mai abbastanza: "non esiste il senso vero di un
testo". L'autore non ha autorit�. Qualunque cosa abbia "voluto dire", ha scritto
quel che ha scritto. Una volta pubblicato, un testo � simile ad un apparecchio di
cui ognuno si serve a suo modo e secondo i suoi mezzi: e non � nemmeno certo che il
costruttore sappia usarlo meglio di un altro. D'altronde, bench� egli sappia ci�
che intendeva fare, questa conoscenza vela sempre in lui la percezione di che cosa
ha fatto� (23). Tale opinione apparir� del tutto fondata quando si osservi che i
critici interpretarono la commedia in maniera assai diversa, a seconda della
cultura e dei pregiudizi di ciascuno. Mai avaro di parole, Ionesco pens� bene, a
pi� riprese, di mettere le cose a posto. Ad esempio, nel 1966, confid� a Claude
Bonnefoy che i suoi personaggi, �svuotati d'ogni sostanza e d'ogni verit�
psicologica [...] dicono qualsivoglia cosa, e questo qualsivoglia cosa non ha
nessun significato. Questa � la commedia [...]. Si � voluto darne delle
interpretazioni psicologiche, sociologiche, realistiche, si � voluto vedere nei
personaggi una caricatura dei piccolo-borghesi. Pu� darsi. E' anche un po' questo.
Un poco� (24).
Questa dichiarazione, che viene dopo molte altre, � chiarita nella conclusione di
un articolo pubblicato nel 1955 su �Arts�: �Se io dicessi che era soltanto un gioco
del tutto gratuito, non infirmerei n� confermerei le precedenti definizioni o
spiegazioni, poich� anche il gioco gratuito, forse soprattutto il gioco gratuito, �
carico di ogni sorta di significati che derivano dal gioco stesso. Veramente,
scrivendo questa commedia e tutte quelle che l'hanno seguita, non avevo "una
intenzione" precostituita, ma una pluralit� di intenzioni semicoscienti,
semincoscienti� (25). Questa affermazione prudente, e piena d'ambiguit�, lascia
tuttavia trapelare la reazione iniziale e spontanea: "La cantatrice calva" era �un
gioco del tutto gratuito�. Se le cose stanno cos�, come spiegare che la commedia
abbia suscitato tante vivaci reazioni e che lo stesso drammaturgo sia sceso in
campo? L'uomo ha un tale bisogno di senso che nessuna opera vi si pu� sottrarre.
Tanto pi� che dopo il momento della creazione viene il tempo della teorizzazione,
che esamina la commedia secondo ottiche diverse, investendola di molteplici
interpretazioni, talora incompatibili fra loro.
Le principali fra di esse, esposte da Ionesco, compaiono in parecchi scritti: un
brano di diario (1951), due articoli, l'uno intitolato Spesso mi hanno pregato...
(1955?)(26), l'altro "Nascita della cantatrice" (1959); i colloqui pubblicati da
Bonnefoy (1966). Gli assi portanti di queste riflessioni dapprima si orientano
verso un rifiuto: la commedia non � una parodia del teatro "boulevardier", una
critica dei luoghi comuni e del comportamento meccanico delle persone, della
piccola borghesia oppure un tentativo di distruzione del teatro (27). La
spiegazione di Ionesco � chiara: �Ho scritto una commedia comica ma lo stato
d'animo iniziale non era affatto comico. Parecchie cose si sono innestate su questo
punto di partenza: senso di estraneit� del mondo, persone che parlavano una lingua
diventata ignota, nozioni che si svuotavano di contenuto, gesti sprovvisti di
significato, ed anche una parodia del teatro, una critica dei luoghi comuni della
conversazione. Alla fine, succede sempre cos�. Una commedia non � questo o quello.
E' molte cose insieme, � questo "e" quello� (28).
Eppure, quattro anni prima, in un brano di diario datato io aprile 1951, Ionesco
teorizzava: �"La cantatrice calva" come "La lezione": tentativi, fra altri, di
mettere in funzione a vuoto il meccanismo teatrale. Esperimento di teatro astratto
o non figurativo [...]. Bisogna riuscire a liberare la tensione drammatica senza
l'aiuto di nessun intrigo, di nessun oggetto particolare. Si perverr� al contempo a
rivelare qualche cosa di mostruoso: il che peraltro appare necessario in quanto il
teatro � essenzialmente rivelazione di cose mostruose, o di condizioni mostruose
[...]� (29)
A questo fascino della teratologia, segue una conclusione ormai ben nota: �Teatro
astratto. Dramma puro. Antitematico, antiideologico, antirealistico-socialista,
antifilosofico, antipsicologia da boulevard, antiborghese, riscoperta d'un nuovo
teatro libero� (30). La riflessione porta dunque Ionesco verso l'astrazione, verso
una purezza impossibile. Ma non lasciamoci ingannare, si tratta di teorizzazione "a
posteriori", poich� l'autore non sfugge al bisogno di conferire alla sua opera
quello statuto nichilista e avanguardista cui attribuisce molta importanza (31).
Per lo pi� egli ammette che i suoi personaggi rappresentano �una sorta di piccola
borghesia universale, dal momento che piccolo borghese � l'uomo delle idee
preconcette, degli slogan, il conformista di ogni latitudine: questo conformismo,
senza dubbio, si tradisce attraverso il linguaggio automatico [...]. Gli Smith e i
Martin non sanno pi� parlare perch� non sanno pi� pensare [...]� (32). Alla fin
fine, quest'interpretazione � prevalsa tanto all'Est quanto all'Ovest. La critica
ha influenzato l'autore o l'autore ha influenzato la critica? Certo, i due fenomeni
sono allo stesso tempo possibili e complementari, anzi indissolubili.

Dalla regia al testo.

Le prime commedie di Ionesco contengono relativamente poche didascalie, per�


notiamo una progressione dalla "Cantatrice calva" alle "Sedie" (33). Il
drammaturgo, che all'inizio aveva un'esperienza tecnica ridotta, non riusciva a
visualizzare del tutto la sua opera, ma il contatto con le scene e la
partecipazione alle prove gli consentirono d'affinare e perfezionare il suo
talento.
Per "La cantatrice calva", Bataille si scontr� con due ordini di difficolt�:
risorse ridottissime e delicata messa a punto della recitazione e del testo.
Conosciamo le prime grazie alla testimonianza di Simone Benmussa: �Nel 1950, al
Th��tre des Noctambules, Nicolas Bataille, che disponeva di crediti insufficienti,
present� la commedia senza scene, tra le quinte nude, solo con qualche mobile che,
aiutato dagli attori, era andato a prendere al Villaggio svizzero (34). Si era cos�
alla bell'e meglio ricostruito un ambiente 1900. Claude Autant-Lara aveva prestato
i costumi di "Occupati di Amelia", che allora stava girando. Il direttore dei
Noctambules, Pierre Leuris, aveva prestato il teatro (cosa assai rara) perch� si
era entusiasmato alla lettura del manoscritto, mentre il regista metteva a punto lo
spettacolo� (35). Va notato altres� che Bataille s'era ispirato al periodo
vittoriano, di cui la borghesia inglese pi� convenzionale costituiva il ceto
emblematico, perlomeno agli occhi dei francesi (36).
Su alcuni punti particolari, apport� qualche modifica che non fu ripresa nel testo
a stampa. Ad esempio, la cameriera non va al cinema, ma al cinematografo; la
signora Smith, fedele al suo rango, non rammenda le calze ma ricama a punto
inglese; il giornale, le pantofole, la pipa e l'accendino del signor Smith
ovviamente sono inglesi, tanto quanto gli occhiali e i baffi. Ed infine la
mentalit� borghese traspariva dal tono condiscendente con cui la signora Smith
diceva al pompiere: �Dal momento che non ha molta fretta, signor capitano, rimanga
ancora un po' con noi. Ci far� piacere� (37).
Per sostenere le parti in modo adeguato, gli attori si interrogarono, come esige il
mestiere, sulle caratteristiche dei personaggi e sull'immagine ch'essi trasmettono.
La cameriera, personaggio secondario, apparve come un essere enigmatico ed ambiguo
che origlia alle porte, divora romanzi polizieschi e si atteggia a �principessa da
tragedia che legge "Rouletabille", "Fantomas", "Il mistero della camera gialla"�
(38). Quanto al pompiere, fu definito come un essere senza complicazioni che
irrompe improvvisamente in un universo chiuso in cui si muore di noia, una domenica
piovosa, in autunno, nei dintorni di Londra (39).
Gli Smith e i Martin, per parte loro, vennero rappresentati come gli archetipi
della borghesia, prigionieri dei conformismi, simili ad automi viventi. Non
dovevano quindi avere alcuna sostanza psicologica (40). Per� agli attori si poneva
un problema: come recitare personaggi privi di motivazioni? Spulciando il testo,
Bataille ne cav� qualche indizio, qualche traccia d'impostazione psicologica
tradizionale: cos� i Martin dovevano raffigurare gli Smith con dieci anni di meno,
ma gi� in preda all'alienazione poich� il signor Martin diceva alla moglie: �Mi
scusi, signora, non vorrei sbagliare, ma mi pare di averla gi� incontrata da
qualche parte� (41). Indubbiamente efficace sul piano scenico, quest'impostazione �
tuttavia �errata�, poich� l'opinione del drammaturgo non lascia dubbi in proposito:
�Il dialogo dei Martin era semplicemente un gioco. L'avevo inventato con mia moglie
un giorno sulla metropolitana. Eravamo stati separati dalla folla. Lei era salita
da una porta e io da un'altra e, dopo due o tre stazioni, quando i passeggeri
cominciavano a scendere e le vetture a svuotarsi, mia moglie, che ha molto spirito,
mi si � avvicinata e mi ha detto: "Signore, mi sembra d'averla incontrata da
qualche parte!" Sono stato al gioco e cos� abbiamo quasi inventato la scena [...].
Ora, volervi dare un contenuto psicologico, volerlo interpretare come l'esempio
d'una coppia che non si riconosce pi�, farne il dramma d'una solitudine a due... mi
sembra correre un po' troppo� (42).
Per� Bataille, piegandosi alle necessit� del teatro, confer� coerenza ed efficacia
ad un finale che abbisognava di qualche accorgimento. Fa ripetere per tre volte due
battute (43) e di colpo porta al massimo la tensione, preparando cos� l'epilogo.
Tuttavia l'esasperazione raggiunge il colmo solo nella scena undicesima, dopo che
una moltitudine di luoghi comuni sono esplosi in un'atmosfera sempre pi� irritata:
�i colpi che batte la pendola sono pi� nervosi�, �l'ostilit� e il nervosismo
andranno crescendo�, finch� i personaggi gridano le loro battute, �pugni alzati,
pronti a gettarsi gli uni sugli altri� (44).
Due momenti forti sottolineano l'atmosfera febbrile: il primo allorch�, con tono
esasperato, il signor Smith grida: �Abbasso il lucido!�, il secondo quando la
signora Smith dice, a proposito della signora Martin: �Niente sfrecciata, � gi�
sposata� (45).
Restava ancora da risolvere un ultimo problema: scegliere un finale fra quelli
proposti. Fu allora che, precisa Ionesco, �Akakia Viala, venuta ad assistere ad una
prova, sugger� di recitare la commedia due volte di seguito, dapprima seriamente e
poi in maniera clownesca [...]. La trovata d'Akakia Viala di recitare in modo serio
fu davvero luminosa. Bataille l'ha accettata ed arricchita, facendo un mucchio di
scoperte circa il comportamento scenico dei personaggi� (46). E cos� fu che, dopo
il finale parossistico, si riprese l'inizio della commedia invertendo i ruoli delle
due coppie. Bataille decise inoltre di adottare un contrappunto, visto che al testo
comico veniva a sovrapporsi una recitazione seria.
Recitare a questo modo delle battute esilaranti, provocare una discrepanza tra il
contenuto e la forma, tra il senso letterale e le connotazioni, significa
sprofondarci nel bislacco universo del non-senso, proprio quello della "Cantatrice
calva". L'opera diventa allora un'immensa battuta di spirito, un immenso gioco di
parole, un susseguirsi di strizzate d'occhio che sottolineano l'intenzione ludica.
Questa tecnica contrappuntistica ripresa e valorizzata da Ionesco (47) e che si
presta a modalit� molteplici, � diventata uno dei procedimenti prediletti dal nuovo
teatro, ed anche Beckett e Adamov se ne sono serviti (48).
Questa soluzione per�, nonostante il suo innegabile successo, non � l'unica
possibile. Lo stesso Ionesco l'ha sottolineato: �La commedia � stata recitata in
molti modi diversi. In parecchi paesi � stata recitata in maniera assai comica. Una
comicit� alla fratelli Marx o alla "Helzappopin". Anche questo modo di
rappresentarla � validissimo� (49). Valido perch� non tradisce il testo.

Il senso del non-senso.

Un agente esterno deforma la conversazione dei sei fantocci che agiscono nella
commedia. Gli imperativi pedagogici del metodo Assimil non possono infatti
rispettare la naturalezza e la logica tipici di un dialogo reale. Fin dalle prime
pagine, la commedia lascia trasparire i temi studiati nel manuale (il cibo, la
casa, la salute, i legami di parentela, l'ora), le regole grammaticali (negazione e
affermazione, comparativo e superlativo), le espressioni idiomatiche (50), lo
studio dei costumi inglesi e dei loro stereotipi, riconoscibili persino nei
patronimici Smith e Martin. Ma � evidente quanto grande sia lo scarto che separa
"La cantatrice calva" da "L'inglese senza fatica". Mutilando la logica pedagogica,
accentuando a dismisura gli effetti, Ionesco arriva al non-senso: si beve �acqua
inglese�, ci si nutre di �yoghurt bulgaro folkloristico�, �quel che ci vuole per lo
stomaco, le reni, l'appendicite e l'apoteosi� (51). Si tocca persino l'umorismo
nero quando, calpestando allegramente i tab�, Bobby Watson � definito �il pi� bel
cadavere di Gran Bretagna!� E' ben vero che �non dimostrava la sua et�. Povero
Bobby, erano quattro anni che era morto ed era ancor caldo. Un vero cadavere
vivente. E com'era allegro!� (52). Ionesco dunque, servendosi dell'assurdo, ha
fatto a pezzi la didattica delle lingue. Ma, ironia della sorte, qualche anno dopo
scriver� i dialoghi d'un manuale di francese destinato agli anglofoni (53).
Stando cos� le cose, come avrebbe potuto portare a termine un'opera in cui la
stramberia sprizza ad ogni virgola, ad ogni esclamazione? Poich� la progressione
psicologica non esiste pi�, rimaneva soltanto quella non-psicologica; sicch�
l'unica soluzione efficace era di spingere al massimo "l'impatto sensoriale". Come
nei disegni animati, la tensione raggiunge il parossismo grazie all'accelerazione
del ritmo ed all'aumento del volume sonoro sino alla vociferazione. A tutto ci�
Ionesco avrebbe voluto sovrapporre la disarticolazione dei personaggi diventati
burattini, le cui teste e gambe sarebbero state proiettate sul palcoscenico(54).
L'esplosione finale polverizza il linguaggio. Messo di fronte al proliferare delle
frasi fatte e dei riflessi automatici - procedimento che in seguito sar� sfruttato
molte volte - Ionesco riscopre, come Roquentin (55) davanti ad una radice di
castagno, la mostruosit� del "vuoto"; il vuoto del linguaggio e il vuoto
dell'essere dopo che la razionalit� si � dissolta. Questo � quel che ci rivela la
sua ricerca irridente; ma contemporaneamente essa distrugge anche l'immagine
inquietante del vuoto che, a detta dello stesso autore, lo soffocher� �d'un vero
malessere, d'un senso di vertigine, di nausea� (56). La realt� si era trasformata
in qualcosa di mostruoso(57.
Il fatto che Ionesco menzioni le �condizioni "mostruose" [...] che portiamo in noi�
e le nausee che lo costringevano a distendersi �sul canap� con il terrore di
vederlo sprofondare nel nulla� (58), fa chiaramente pensare all'opera che rivel�
Sartre. Come Ionesco, Roquentin ha un'�illuminazione� (59). Percepisce l'esistenza
nella sua nudit�, e non ne restano allora che masse mostruose e molli (60). La
vista di un sasso, d'una radice di castagno, della panca su cui sta seduto, della
vita "proliferante", gli provoca la nausea. L'esistenza, �la materia stessa delle
cose� (61), diventano assurdi allo stesso modo delle frasi fatte e degli
automatismi degli Smith e dei Martin. Lo smarrirsi del senso che, in Sartre, �
provocato dal pullulare dell'Es, si accorda con una nozione-chiave dell'universo di
Ionesco: il bisogno di scoprire il mondo con occhi nuovi, in una condizione di
stupore profondo, prossimo all'allucinazione, da cui scatter� l'illuminazione (62).
Cos�, la prima commedia di Ionesco, che aveva esordito come uno scherzo spassoso,
conduce ad un senso di malessere. La ciclotimia che contraddistingue la personalit�
dell'autore si manifesta gi� qui; e allora si comprende perch� Ionesco abbia potuto
dichiarare: �Persino nella "Cantatrice calva", la comicit� non � poi cos� comica.
E' comica per gli altri. Alla fin fine, � l'espressione d'una angoscia� (63).
Ma prima di giungere a questa conclusione, e su un piano del tutto diverso - quello
dello slancio creativo - l'autore ha ceduto alla seduzione del comico. Il �quarto
d'ora veramente cartesiano� (64) ch'egli ci propone, trae origine da uno stato
d'animo gi� presente in "Non" e in "Vita grottesca e tragica di Victor Hugo"(65):
la ricerca dello straordinario, dello strampalato, del contraddittorio. Ionesco si
congeda dall'universo del buon senso per abbracciare quello del non-senso, o del
controsenso, degli scritti maccheronici, dei "limericks" di Edward Lear, del mondo
fantastico di Lewis Carroll (66), del �cadavere squisito� dei surrealisti, parente
prossimo di Bobby Watson.
Si � sostenuto che il linguaggio, in Ionesco, viene promosso al rango di oggetto
teatrale. In realt�, il materiale linguistico assurge a tale importanza solo perch�
consente la "manipolazione della logica". E gioco ci prende allora in contropiede,
ci fa incespicare, smentisce le nostre supposizioni. La comicit� � dunque il
risultato di questo tipo d'incongruenze. Ne � una riprova il comportamento
fantastico della pendola promossa al rango di personaggio: come se uscisse dal
mondo dei fratelli Marx, la pendola suona ventinove volte, oppure �quanto
vuole�(67). Mossa da �uno spirito di contraddizione�, suona sette volte, poi tre,
poi cinque o �sottolinea le battute, con maggiore o minor forza a seconda del caso�
(68). D'altronde, fin dalla sua entrata in scena essa rivela la sua natura insolita
battendo �diciassette colpi inglesi� (69), infliggendo cos� una smentita categorica
alla nostra realt� quotidiana che recalcitra davanti all'impossibilit� logica
veicolata dal linguaggio, perch� il suono del carillon non pu� essere �inglese�!
Questi giochi di destrezza con l'impossibile sono presenti in molti aspetti della
commedia. L'aneddoto intitolato "Il raffreddore" (70) si compone d'una frase
immensa, lunga venticinque righe, formata da relative che si incastrano l'una
nell'altra come delle matrioske, grazie ad una ventina di connettori (cui, con la
quale, che) secondo il modello seguente: �Mio cognato, dal lato paterno, aveva un
cugino germano, lo zio materno del quale aveva un suocero di cui il nonno
paterno...� (71).
Altri quattro aneddoti bislacchi si susseguono: "Il cane e il bue, favola
sperimentale"; quello del vitello che mangia briciole di vetro come i fratelli Marx
mangiavano piatti; quello del gallo che voleva fare il cane. L'ultimo, intitolato
"Il serpente e la volpe", delude le nostre aspettative perch� in La Fontaine la
volpe ha la meglio mentre in Ionesco � perdente. Questo aneddoto, come i
precedenti, � del tutto insensato e dunque frustra il nostro bisogno di
significato.
La sfida alla logica, che � sottesa a tutta la commedia, � messa in evidenza a
proposito di Bobby Watson. Un personaggio accenna al suo decesso tre anni prima, ma
Watson � morto solo da un anno e mezzo! E inoltre sua moglie, i bambini che non
hanno avuti, la zia e diversi altri parenti, si chiamano tutti Bobby Watson. E
quindi tutti i significati si confondono in un unico significante.
La proliferazione di un medesimo significato compare anche, certo con minor
efficacia, nella poesia intitolata Il fuoco ove, naturalmente, tutti gli elementi
prendono fuoco, ed in particolare quelli che sono ignifughi - pietra, castello,
uomo, donna, animali, acqua, cielo! Come c'era da aspettarsi, a questo fenomeno
contagioso non sfuggono n� il fuoco n� la cenere.
Nello stesso spirito, alla scena undicesima troviamo una lunga serie di �verit�
fondamentali�, di false sentenze che sfruttano un'identit� fondata sulla rima: �Chi
vende un ovino oggi, domani avr� un bovino�, oppure �Meglio il latte a cose fatte,
che un pazzo in un palazzo� (72). In quest'atmosfera strampalata, sparisce il
nostro universo familiare. Siamo nel regno dell'assurdit� generalizzata, quello
della piccola Alice che ha un occhio rosso e uno bianco, o della signora Smith che
predilige le serie eteromorfe: �Lo yoghurt � quel che ci vuole per lo stomaco, le
reni, l'appendicite e l'apoteosi� (73). E l'epilogo, infine, si basa sulla
ripetizione, sull'accumulo, l'assonanza, la serialit� e l'ecolalia.
In conclusione, se "La cantatrice calva" � un colpo di scena e un colpo da maestro,
paradossalmente � gi� anche una continuazione. Vi ritroviamo infatti l'autore di
"Non", il suo spirito di contraddizione, il gusto della derisione, il piacere di
creare �lo straordinario�, di ingrandire a dismisura il non-senso come gi� avveniva
nell'intermezzo numero tre, dal titolo "Il trifoglio a quattro foglie".

Questa commedia, scritta a tastoni, trov� - con l'aiuto del caso - il tocco finale
a cui contribuirono Akakia Viala e Nicolas Bataille. Ci� che, inizialmente, �era
soltanto un gioco del tutto gratuito� (74), un prurito intellettuale che prendeva
di mira le frasi fatte d'un manuale d'inglese, ben presto, nel contesto ideologico
dell'epoca, fu associato ad una parodia critica della borghesia. L'incontro di
questi due elementi contribu� in larga misura al successo internazionale della
commedia.
L'esperienza preziosa acquisita dall'autore dette l'avvio ad una riflessione
critica sull'arte drammatica. Da un lato, Ionesco elabor� una teoria sul teatro
�astratto�, che rifiuta ogni tradizione, o poco ci manca (75); dall'altro, adott�
per la composizione delle sue commedie la formula del contrappunto: �Con un testo
burlesco, una recitazione drammatica. Con un testo drammatico, una recitazione
burlesca� (76).
Questo tipo di procedimento, che si affermer� nel teatro di derisione, soprattutto
con Adamov e con Beckett, va iscritto senza dubbio all'attivo dell'epoca.
Inoltre la stesura della "Cantatrice calva" favori il precisarsi di talune
caratteristiche che riveleranno la loro utilit� nell'elaborazione delle successive
commedie. Cos�, la caricatura e la derisione della borghesia si svilupperanno in
"Jacques ovvero la sottomissione" e nella commedia che le far� seguito: "L'avvenire
� nelle uova". I litigi della coppia Smith rinasceranno, ingranditi, in "L'ira"
(77) ma anche in "Vittime del dovere", ove si contrappongono Maddalena e il
poliziotto. Allo stesso modo, la gioia che Ionesco prova nel cavillare su questioni
di logica fittizia si espande liberamente nella "Lezione" e in "Rinoceronte". Il
fascino della teratologia cui soggiace l'"homo ludens" trovava gi� la sua pi�
compiuta espressione negli aneddoti bislacchi della "Cantatrice calva".
L'originalit� di Ionesco si manifesta dunque con chiarezza. Ma, come qualsiasi
altra, � un'originalit� necessariamente relativa, ossia tributaria d'un contesto,
quello delle avanguardie che, dal Diciannovesimo secolo, si sono espresse in
poesia, in pittura, nella scultura e a teatro: Baudelaire, Apollinaire,
Majakovskij, Cocteau, Jean Arp, il dadaismo e il surrealismo ne sono altrettante
vivide illustrazioni. Lo spirito che vi predomina assegna un posto privilegiato
alla sperimentazione, alla provocazione, al gusto di prendere il pubblico in
contropiede, all'estetica dell'arte come gioco, gioco che sfrutta il caso, il
disordine, la giustapposi ione dei generi. Insomma, l'originalit� di Ionesco si
iscrive nella tradizione dell'antitradizione, nella tradizione del nuovo, in
evoluzione continua.
�LA CANTATRICE CALVA�.
ALTRI FINALI POSSIBILI INEDITI.

Come gi� Ionesco ha segnalato, il primo finale previsto richiedeva troppe comparse,
e perci� una somma di denaro cui la compagnia non poteva aspirare. Talune battute,
inoltre, che ricorrevano alla bizzarria, sarebbero parse puerili, di cattivo gusto,
derivate dalla scatologia. Ad esempio: SIGNOR MARTIN (alla signora Smith): Potrei
sapere cos'� questo piatto, mia cara amica? | SIGNORA SMITH: Purea di escrementi di
pollo al sugo di zucca. (Pi� avanti, il signor Smith parla di �pip� di giumenta
alcolizzata�).
Infine, l'impossibilit� di prevedere le reazioni del pubblico, visto che con tutta
evidenza si voleva maltrattarlo, verbalmente e fisicamente, avrebbe fatto correre
un grave rischio all'avvenire dello spettacolo.
Quanto al secondo finale, pi� breve del precedente, pone in primo piano il
drammaturgo, solletica il suo narcisismo e ne sottolinea l'atteggiamento aggressivo
e contestatore. Rifacendosi probabilmente all'esempio dei dadaisti e dei
surrealisti; l'autore d'avanguardia era tenuto, a quel che sembra, ad insultare il
suo pubblico!

"Ecco un finale, difficile da rappresentare perch� richiederebbe troppe comparse":

Nell'ultima scena, dopo l'uscita del pompiere, i personaggi si gettano in faccia


frasi disarticolate, poi parole, sillabe, vocali, consonanti. La scena avrebbe
potuto essere pi� violenta e i personaggi giungere al colmo del furore, se una
regia molto dinamica, mirando a questo scopo, avesse calcolato un crescendo e
preparato uno scatenamento parossistico fino alla disarticolazione degli stessi
personaggi. Devo dire che la recitazione di Nicolas Bataille e dei suoi attori �
ottima; l'interpretazione rende bene l'espressione del litigio, della collera -
per� avrebbe potuto, perch� no?, essere ancor pi� veemente. I personaggi, ad
esempio, avrebbero potuto gridarsi l'un l'altro nelle orecchie le battute, o le
false battute; agitarsi i pugni sotto il naso, sputarsi in faccia; strapparsi
cappello, cravatta ecc., fino al �Non � di qua, ma � di l�, mentre la pendola
sarebbe crollata con fracasso e si sarebbero sentiti i tuoni e visti i lampi.
Poi, improvvisamente, comparsa di Mary, la cameriera.

MARY (entrando): La signora � servita!

Brusco arresto del movimento. Pausa. Breve silenzio. Come se non fosse successo
niente, gli Smith, rappacificati; sorridono ai Martin, ml signor Martin sorride
alla signora Martin, la signora Smith al signor Martin, ecc.; inchini, riverenze
smaccatamente educate. La signora Smith offre il braccio al signor Martin; li segue
il signor Smith che offre il braccio alla signora Martin. Orchestra in sordina
(79).

SIGNORA SMITH (al signor Martin): Mary ha preparato un piatto squisito. Una
specialit� del suo paese.
SIGNOR MARTIN (alla signora Smith): Potrei sapere che cos'� questo piatto, mia cara
amica?
SIGNORA SMITH: Purea di escrementi di pollo al sugo di zucca.
SIGNOR MARTIN: Mi piace anche allo zuccone.
SIGNORA SMITH: L'ha gi� assaggiata?

Escono.

SIGNOR SMITH (alla signora Martin): Berremo qualcosa di eccezionale a cena, amica
cara.
SIGNORA MARTIN: Potrei sapere di che si tratta, se non sono indiscreta?
SIGNOR MARTIN: Pip� di giumenta alcolizzata.
SIGNORA MARTIN: Oh! Che delizia! Non osavo sperare... In bottiglia, vero?
Escono. Esce anche Mary.

La scena rimane vuota. L'orchestra smette di suonare un po' alla volta. La scena
rimane vuota ancora a lungo. I minuti passano. Il pubblico, ad un certo punto, pu�
lasciare la sala, ed allora si chiuderanno le porte, oppure esprimere il proprio
malcontento, incoraggiato da compari mescolati al pubblico. In tal caso vi saranno
fischi, schiamazzi, proteste, ingiurie, verdura e uova marce lanciate sul
palcoscenico, eccetera. Una dozzina o pi� di comparse vanno all'assalto della
scena, urlando, armate di clave (comparse, ahim�, giacch� � impossibile sperare che
spettatori autentici si lancino su palcoscenico e scene!) Nel momento in cui gli
scalmanati si dirigono verso il fondo della scena, delle mitragliatrici crepitano
ai quattro angoli della ribalta (mitragliatrici finte, pallottole finte poich�,
ancora una volta, non si pu� sperare di averne di vere). Gli assalitori cadono
morti. Il direttore del teatro, l'autore, un commissario di polizia, sbucano dalle
quinte, appaiono, calmi, sulla scena. Il direttore del teatro fa la conta dei
cadaveri distesi. Guarda i compagni con aria soddisfatta.

DIRETTORE DEL TEATRO (dopo aver contato i morti): Niente male... Speriamo di averne
di pi� domani. Complimenti, signor commissario.
AUTORE (al direttore del teatro): Grazie per avermi difeso. (Indica la sala; poi,
rivolto al pubblico) Sono un autore di Stato!
DIRETTORE DEL TEATRO (agli spettatori spaventati): Canaglie! Questo non � il vostro
posto! Cosa vi salta in mente di immischiarvi in cose che non vi riguardano?
Ficcatevelo ben in testa! (Indica i cadaveri sulla scena) Che vi serva di lezione.
Ecco quel che vi aspetta! Noi difenderemo, contro il pubblico, vietandogli
l'ingresso, l'istituzione pi� nobile del nostro patrimonio culturale: il teatro,
sublime tempio delle attrici! (Ai poliziotti) Scacciateli. (Al pubblico) Non
riprovateci un'altra volta. Non mettete pi� piede qui dentro.

L'autore, il direttore del teatro, il commissario di polizia si felicitano l'un


l'altro, e cos� gli attori che escono dalle quinte; si abbracciano, parlano
allegramente, mentre i poliziotti, mitragliatrici alla mano, sgomberano brutalmente
la sala.

"Ecco un altro finale, fattibile, previsto per spettatori pi� sensibili":

Mary entra, alla fine dell'ultima battuta dell'ultima scena: �Non � di qua, ma � di
l�, eccetera.

MARY (annunciando): Signore e signori, ecco a voi l'autore!


DEI COMPARI (nella sala): L'autore, l'autore! Viva l'autore!

L'autore entra dal fondo del palcoscenico; gli attori, in fila, da una parte e
dall'altra, fanno ala e si inchinano al suo passaggio.

AUTORE (dapprima sorridente poi furioso, rivolto al pubblico, tendendo il pugno):


Banda di cialtroni (80), avr� la vostra pelle!

Il sipario cala precipitosamente.

A parte il finale con la ripresa dell'inizio (quello che di solito viene recitato)
e le due scene che ho presentate qui, altri trentasei epiloghi sono possibili... e
gi� ideati.
In realt�, i personaggi dovrebbero letteralmente esplodere o dissolversi come il
loro linguaggio; dovremmo vedere le teste staccarsi dal corpo, le braccia e le
gambe volare in frantumi, eccetera.
Ma questo si pu� fare solo al cinema (e anche l�, sarebbero solo trucchi!) Ad ogni
modo, ho intenzione di trarne un film davvero esplosivo.

EUG�NE IONESCO.

NOTE.

Nota 1. Possiamo trovare sorprendente questa freschezza ludica in un uomo che nel
1949, quando termina la commedia, ha quarant'anni.
Nota 2. "La tragedia del linguaggio", in "Note e contronote", Einaudi, Torino 1965,
pp. 169-74.
Nota 3. "Note e contronote" cit., p. 170. Il proverbio cui si allude suona: "An
Englishman's home is his castle".
Nota 4. Ibid., pp. 170-171.
Nota 5. Vedi pp. 30-31 del presente volume.
Nota 6. "Note e contronote" cit., p. 177.
Nota 7. Ibid., pp. 171-726.
Nota 8. Ibid., p. 172.
Nota 9. "Note e contronote" cit., p. 172. Dobbiamo prendere questa dichiarazione
alla lettera? Trascinato dal suo stesso slancio, Ionesco ama esagerare. Giudichiamo
confrontando questa citazione con un'altra, che tratta lo stesso argomento con un
talento drammatico che ne amplifica gli effetti: �Impresa disgraziata: sommerso
dalla proliferazione di cadaveri di parole, abbrutito dall'andamento automatico
della conversazione, rischiai di soccombere al disgusto, ad una tristezza senza
nome, all'esaurimento nervoso, ad una vera e propria asfissia� (testo citato da S.
Benmussa, "Ionesco", Seghers, Paris 1966, p. 73).
Nota 10. "Note e contronote" cit., p. 173.
Nota 11. Ibid., p. 177.
Nota 12. Ibid.
Nota 13. Ibid.
Nota 14. "Non", Gallimard, Paris 1986. L'edizione originale, in romeno ("Nu"), �
del 1934.
Nota 15. "Note e contronote" cit., p. 177. La favola intitolata "Il serpente e la
volpe" cos� come le battute soppresse nella rappresentazione, compaiono per� nel
testo a stampa (vedi p. 29).
Nota 16. "Note e contronote" cit., p. 178.
Nota 17. Ibid.
Nota 18. Ibid.
Nota 19. Il testo � riportato sulla seconda pagina del programma della Huchette,
ideato per il venticinquesimo anniversario della "Cantatrice calva". Il Th��tre de
la Huchette nacque nel 1948 sotto la direzione di Georges Vitaly. Nel 1952 lo
sostitu� Marcel Pinard. Alla sua comparsa, gli attori dello spettacolo Ionesco
costituirono una S.r.l., per impedire la chiusura del teatro.
Nota 20. N. 7, pp. 11-19 e n. 8-9, pp. 59-58.
Nota 21. Eccettuato il pompiere che indossava un'uniforme regolamentare, gli attori
e le attrici vestivano il kimono, abito che per i giapponesi � associato all'idea
di tradizione e conservatorismo. Dal 1967 al 1982, Nicolas Bataille cur� una
ventina di spettacoli a Tokyo tra i quali "acques ovvero la sottomissione". Nel
febbraio 1959, aveva sostenuto la parte di �douard in "Assassino senza movente",
commedia recitata al Th��tre R�camier con la regia di Jos� Quaglio.
Nota 22. Jacques No�l, cui si debbono le scene della maggior parte delle commedie
di Ionesco, ottenne il Grand Prix National du th��tre nel 1979.
Nota 23. P. Val�ry, Oeuvres", Gallimard, Paris, tomo I, 1958, p. 1506.
Nota 24. Cl. Bonnefoy, "Entretiens avec Eug�ne Ionesco", Belfond, Paris 1966, p.
94.
Nota 25. "Note e contronote" cit., p. 157.

Nota 26. La data proposta dal drammaturgo, il 1955, � incerta.


Nota 27. "Note e contronote" cit., p. 147.
Nota 28. "Entretiens avec Eug�ne Ionesco" cit., p. 86. Si noter� che questa
citazione e la precedente si contraddicono. "La cantatrice calva" era dunque una
parodia del teatro? Certo, altrimenti perch� darle come sottotitolo �anticommedia�?
Nota 29. "Note e contronote" cit., p. 1744.
Nota 30. Ibid., p. 175.
Nota 31. In questo campo, Ionesco ha per� riconosciuto un precursore in Raymond
Queneau, autore di "Esercizi di stile" (vedi "Note e contronote" cit., p. 176).
Nota 32. "Note e contronote" cit., pp. 173-74. Si tratta di coloro che, dopo gli
avvenimenti del 1968, Ionesco chiam� i �rinoceronti del centro� ("Antidoti",
Spirali, Milano 1988, p. 84).
Nota 33. Per La lezione vedi il prologo, pp. 43-45; per "Jacques ovvero la
sottomissione, pp. 83, 91-93 e III; per "Le sedie", pp. 142-43, 154-55 e 159-61.
Nota 34. [Quartiere parigino di antiquari. N.d.T.].
Nota 35. D'altro canto aggiunge: �Nel 1957, la compagnia si sistem� al Th��tre de
la Huchette con "La lezione". Jacques No�l aveva gi� realizzato le scene per "La
lezione" che Marcel Cuvelier aveva presentato al Th��tre de Poche nel 1951. Ed in
occasione di quest'incontro, Jacques No�l realizz� anche le scene ed i costumi
della "Cantatrice" (Benmussa, "Ionesco" cit., p. 88, nota 42).
Nota 36. Simone Benmussa cita Nicolas Bataille, che si rifaceva a Jules Verne:
�Phil�as Fogg � molto borghese, non si muove mai senza portarsi appresso il
salotto, la sala da pranzo, i domestici; se potesse fare il giro del mondo
portandosi dietro l'intera casa, non esiterebbe� (ibid., p. 88).
Nota 37. Benmussa, "Ionesco" cit., p. 89. La battuta della signora Smith si trova a
p. 27.
Nota 38. Bataille citato da Benmussa, "Ionesco" cit., p. 78.
Nota 39. Ibid., p. 77.
Nota 40. Ibid., p. 75.
Nota 41. Cfr. p. 12.
Nota 42. Questa versione, che mi fu confermata dal drammaturgo, � riportata da
Benmussa, "Ionesco" cit., p. 76.
Nota 43. Non appena la signora Smith annuncia l'intenzione di raccontare una
storia, i due uomini osservano: �SIGNOR SMITH: Mia moglie � sempre stata romantica.
| SIGNOR MARTIN: Una vera inglese� (p. 29). Queste battute sono dette tre volte di
seguito.
Nota 44. Cfr. p. 37.
Nota 45. Rispettivamente pp. 37 e 38. Nella regia di Bataille, la signora Martin si
precipita sulla signora Smith, ma costei la schiaffeggia e la signora Martin
sviene.
Nota 46. Benmussa, "Ionesco" cit., p. 87
Nota 47. �Con un testo burlesco, una recitazione drammatica. Contesto drammatico,
una recitazione burlesca� ("Note e contronote" cit., p. 176).
Nota 48. Vedi E. Jacquart, "Le Th��tre de d�rision", Gallimard, Paris 1974, pp.
179-86.
Nota 49. Benmussa, "Ionesco" cit., p. 87. A volte, l'intenzione comica � molto
netta. Ad esempio, la signora Smith dice al marito: la minestra �aveva pi� sale in
zucca di te. Ah, ah, ah!� (p. 6).
Nota 50. Ad esempio a pagina 6 troviamo �leccarsi i baffi�, �sapr� come regolarmi�,
�non lo terr� pi� nessuno�.
Nota 51. Cfr. pp. 5, 7.
Nota 52. Cfr. p. 8.
Nota 53. M. Benamou e E. Ionesco, "Mise en train", The Collier - Macmillan Company,
London 1969.
Nota 54. Questo desiderio impossibile fu realizzato, grazie a dei trucchi, in un
altro sketch, "Scena a quattro": l'eroina, che gli ammiratori si contendono, passa
dalle braccia dell'uno alle braccia degli altri tre, volteggia attorno a un tavolo,
perde prima una scarpa, poi l'altra, il cappello, la gonna, un braccio, poi
l'altro, una gamba ed i seni. Ionesco conclude allora la scena con una piroetta:
�Signore e signori, io sono perfettamente d'accordo con voi. Tutto ci� �
assolutamente idiota� (p. 384).
Nota 55. [Roquentin, protagonista della "Nausea" di Sartre. N.d.T.].
Nota 56. "Note e contronote" cit., p. 73.
Nota 57. A proposito della "Cantatrice calva", Ionesco scrive che �il teatro �
essenzialmente rivelazione di cose mostruose, o di condizioni mostruose, senza
immagini, o di immagini mostruose che portiamo in noi� (ibid., p. 174).
Nota 58. Ibid., p. 173.
Nota 59. J.-P. Sartre, "La nausea", traduzione di B. Fonzi, Einaudi, Torino 1975,
p. 171 e "Note e contronote" cit., p. 170.
Nota 60. "La nausea" cit., p. 172.
Nota 61. Ibid.
Nota 62. Va altres� notato che taluni aspetti dell'opera di Ionesco, in una
prospettiva del tutto diversa, richiamano alcune immagini sartriane: la
vischiosit�, la melma (titolo d'un racconto e d'un film di Ionesco), l'oscenit�
della carne. Certo, il drammaturgo non fa della filosofia e se la prende volentieri
con Sartre. Ma il suo bersaglio non � tanto l'autore della "Nausea" quanto il
filosofo impegnato, ossessionato dalla societ�, dalla storia, dalla politica,
insomma da tutto ci� che Ionesco detesta. All'epoca in cui Ionesco scriveva la
Cantatrice calva, Sartre era al massimo della fama ed i suoi scritti erano nella
mente di tutti. Persino Beckett, peraltro molto lontano dall'esistenzialismo, ha
tratto la nozione di ci� che serv� come titolo ad uno dei suoi romanzi,
"L'innominabile", dalla "Nausea", l'opera che rivel� l'assurdit� dell'esistenza
(vedi "La nausea" cit., p. 174). Quanto al fenomeno della proliferazione, lo si
ritrova anche nella "Nausea", allorch� ad esempio Sartre evoca �il pullulare
universale� della carne (p. 179). E' vero che rintracciamo il concetto anche in
Kafka, per� in un'altra prospettiva. Infine Doubrovsky ha sostenuto che �la
simbologia del buco� analizzata da Sartre nella seconda parte dell'"Essere e il
nulla", trova un'eco in "Vittime del dovere" ("L'antith��tre est un th��tre total",
in "Les Critiques de notre temps et Ionesco", a cura di R. Laubreaux, Garnier,
Paris 1973, p. 42).
Nota 63. Bonnefoy, "Entretiens avec Eug�ne Ionesco" cit., p. 131.
Nota 64. Scena decima, p. 35.
Nota 65. "Vita grottesca e tragica di Victor Hugo", Spirali, Milano 1985. Questa
biografia satirica di Victor Hugo apparve su una rivista romena (�Ideea
Rom�neasca�, nn. 2-4 e 5-10, 1935-36). Costituiva la prima parte di uno studio che
non fu mai portato a termine.
Nota 66. Va notato che l'eroina di Carroll e la figlia dei Martin si chiamano
entrambe Alice.
Nota 67. Cfr. p. 17.
Nota 68. Cfr. p. 18.
Nota 69. Cfr. p. 5.
Nota 70. Ionesco riprese successivamente quest'idea, scrivendo una commedia
intitolata Il raffreddore onirico (cfr. t. II, pp. 749-54).
Nota 71. Cfr. p. 30.
Nota 72. Cfr. pp. 35-36.
Nota 73. Cfr. p. 7.
Nota 74. "Note e contronote" cit., p. 157.
Nota 75. Questa teoria verr� espressa anche in una commedia, "Vittime del dovere"
(pp. 248-249).
Nota 76. "Note e contronote" cit., p. 176. Brano del diario datato 10 aprile 1951.
Nota 77. In "La foto del colonnello", Spirali, Milano 1987.
Nota 78. Vedi "La Cantatrice chauve", Gallimard, Paris 1964, testo illustrato da
Massin, ed anche la "Nota al testo", pp. 725 sgg.
Nota 79. Si tratta di "O Tannenbaum" (canto natalizio tedesco).
Nota 80. Oppure canaglie, imbecilli, fessi, farabutti, a seconda delle facce degli
spettatori.

NOTA AL TESTO.
Il testo della presente edizione, pubblicata inizialmente nel "Th��tre I"
(Gallimard, Paris 1954) [edizione italiana "La cantatrice calva e altre commedie",
Einaudi, Torino 1958, poi ripresa nel "Teatro I", 1961] riproduce, salvo qualche
dettaglio, quello portato in scena da Nicolas Bataille. Conosciamo in parte la
genesi della commedia grazie a quattro documenti:

1. Disponiamo d'un dattiloscritto ("datt. 1") di quarantanove pagine che, tolte


alcune correzioni ed aggiunte (1), corrisponde al testo pubblicato. Le pagine 44-48
costituiscono il prolungamento del finale che conosciamo. Due pagine manoscritte,
37bis e 37ter, vanno inserite nel "datt. 1" e corrispondono alle attuali scene nona
e decima.

2. Abbiamo pure consultato cinque fogli dattiloscritti, intitolati "La cantatrice


calva. Altri finali possibili" ("datt. 2"). Ionesco vi propone in effetti due
epiloghi, l'uno di tre pagine e mezzo, l'altro di una pagina e mezzo, che furono
pubblicati nell'edizione della "Cantatrice calva" illustrata da Massin.

3. Un terzo dattiloscritto ("datt. 3") numerato da 26 a 49, concerne le scene


ottava-undicesima. La prima pagina reca alcune indicazioni. destinate al tipografo,
e l'ultima, la firma dell'autore. Si tratta dunque d'un frammento del testo
consegnato all'editore.

4. Resta ancora un "manoscritto", incompleto, composto di venti foglietti. I primi


due recano la numerazione 37bis e 37ter, menzionati pi� in alto. Gli altri
foglietti sono privi di numero ma, per facilitarci il compito, li indicheremo come
pagine 38-55.
Il manoscritto differisce dalla versione finale che, su un piano drammaturgico,
appare pi� rifinita. Il progetto della commedia � diverso da quello che conosciamo.
Per esempio, l'arrivo del capitano dei pompieri precede quello dei Martin. La trama
si svolge nel modo seguente: mentre la signora Smith �rammenda le calze� (2) e il
signor Smith legge il giornale, bussano alla porta. C'� qualcuno o non c'� nessuno?
I coniugi cavillano e litigano su questo punto che ci � noto dal testo pubblicato.
Alla fine, visto che la moglie si rifiuta di aprire la porta, l'incombenza �
sbrigata dal signor Smith. Entra allora il capitano dei pompieri.
La scena che segue, intitolata �Scena seconda�, corrisponde a quella che per noi �
la scena settima. Gli Smith prendono l'ospite a testimone dei loro �conflitti
intimi� (3), cui presiede un ragionamento pseudologico. Terminato questo dibattito,
il pompiere interpella gli ospiti: per caso dagli Smith non ci sarebbe un incendio?
Ahim�, no! Un poco alla volta, seguendo il filo dei ricordi, si parla del signor
Bok, commerciante di fiammiferi, e del signor Cook. Quest'ultimo, disgraziatamente,
non ha diritto ai servizi pubblici della citt� �perch� sua madre � d'origine
ebraica... � proibito spegnere gli incendi in casa degli ebrei� (4).
Quest'osservazione, e le altre che seguono, alludono alla condizione degli
israeliti in Romania durante la seconda guerra mondiale, ed in particolare ad un
caso specifico noto a Ionesco (5). Il drammaturgo non si sofferma sull'iniquit� di
tale imposizione. Posto davanti all'irrazionale, � affascinato dalla dialettica del
non-senso che permette di aggirare la stupidit� della legge.
�Scena terza�: il pompiere si � congedato dai suoi ospiti. La conversazione
strampalata degli Smith indugia sulla morte di Bobby Watson e sugli accostamenti
bizzarri che ci sono noti grazie al testo pubblicato. La conversazione � gi�
ritmata dalla pendola, in maniera meno eccentrica, per�, che nella versione
definitiva. All'improvviso, bussano di nuovo alla porta. Questa volta, nessuno dei
coniugi � disposto ad aprire. Allora, �la porta s'apre da sola. Entrano la signora
e il signor Martin [...] lui ha molto caldo, si deterge la faccia con un
fazzoletto; lei ha molto freddo; indossa una pelliccia e tiene le mani in un
manicotto� (6). I coniugi Smith abbandonano gli ospiti per vestirsi in maniera pi�
conveniente. A questo punto segue la colorita scena di riconoscimento recitata dai
Martin che risulta per� "abbreviata" poich� il frammento termina allorch� gli
interlocutori scoprono di abitare entrambi nel medesimo appartamento, al numero 9
della via Bromfield, al quinto piano.
Cos� com'�, il manoscritto "non contiene n� le indicazioni sceniche" sull'ambiente,
"n� la scena introduttiva" nella quale gli Smith scambiano un dialogo composto di
frasi fatte. "Mancano quattro scene". Si tratta della seconda, in cui Mary si
presenta ed annuncia i Martin, della terza, minuscola, composta di due righe e
mezzo, della quinta, nella quale Mary gioca a fare Sherlock Holmes, e della
settima. In che modo Ionesco ha rimaneggiato il manoscritto ed � giunto al
dattiloscritto? Su questo punto non abbiamo informazioni.

VERSIONE PRIMITIVA (7).

SCENA PRIMA.

SIGNOR SMITH: C'� qualcuno? Chi �?


SIGNORA SMITH: Non c'� nessuno.

Si siede. Rammenda le calze. Un silenzio. Bussano di nuovo.

SIGNOR SMITH (continuando a leggere il giornale): Hanno bussato. Dev'esserci


qualcuno.
SIGNORA SMITH: Vado ad aprire. (Va alla porta, l'apre, la richiude) Ancora nessuno.

Si risiede. Cuce. Pausa. Si sente bussare.

SIGNOR SMITH: Hanno bussato di nuovo.


SIGNORA SMITH: Non vado pi� ad aprire. Di sicuro non c'� nessuno. Non voglio
disturbarmi per niente.
SIGNOR SMITH: E se questa voltaci fosse qualcuno? Va' a vedere, forse c'� qualcuno!
SIGNORA SMITH: Sta' bene, ci vado.

Apre. Non c'� nessuno.

SIGNOR SMITH: C'� qualcuno. Chi �?


SIGNORA SMITH: Nessuno, ancora nessuno!
SIGNOR SMITH: Ancora nessuno. Mi sembra che la cosa cominci ad essere sorprendente.

La signora Smith si risiede, riprende a cucire.

SIGNORA SMITH: Mi hai disturbata per niente.


SIGNOR SMITH : S�, ma poteva esserci qualcuno, visto che hanno bussato.
SIGNORA SMITH: Non c'� nessuno.
SIGNOR SMITH: Ma capisci bene che avrebbe potuto esserci qualcuno.
SIGNORA SMITH (seccata): Non c'� nessuno. Mi sono disturbata i-nu-til-men-te.
SIGNOR SMITH: Ti dico e ti ripeto che poteva esserci qualcuno poich� hanno bussato,
e quando si sente bussare alla porta, normalmente...
SIGNORA SMITH (sempre pi� irritata): Era logico pensare che
non ci fosse nessuno, visto che non c'era nessuno le due prime volte che hanno
bussato! Mi sono disturbata per niente. Non c'era ragione di farmi alzare per
andare ad aprire la porta una terza volta!
SIGNOR SMITH: Siamo moralmente tenuti ad avere la coscienza a posto. Bisogna sempre
aprire quando bussano alla porta! Anch'io lo faccio: apro quando bussano e, in base
alla mia esperienza, posso dirti che cosa dobbiamo aspettarci quando si bussa alla
porta: capita spesso che, quando bussano, dapprima non ci sia nessuno e poi, quando
bussano ancora, spesso c'� qualcuno.

Si sente bussare.
SIGNOR SMITH: Hanno bussato di nuovo. Forse c'� qualcuno, va' a vedere, cara.
SIGNORA SMITH (furiosa): Oh, no, questa poi! (Grida, pesta i piedi, tende i pugni)
Non seccarmi, non seccarmi, non seccarmi! (Si lascia cadere nella poltrona) Va' ad
aprire tu, se ne hai voglia! Io non ci vado pi�! Vacci! Non ci sar� nessuno!

Il signor Smith, imperturbabile; ironico; l'aria leggermente sprezzante; senza


rispondere, si dirige verso la porta e la apre. Sulla soglia, il capitano dei
pompieri della citt�.

SCENA SECONDA.
[Inizio].
GLI STESSI, IL CAPITANO DEI POMPIERI costui, d'et� fra i quaranta e cinquant'anni,
� in uniforme e indossa un casco sfolgorante.

SIGNOR SMITH: Buongiorno, signor pompiere! (Alla signora Smith, in tono di


vittoria) Vedi che c'era qualcuno! (La signora Smith non risponde). Avevo ragione!
CAPITANO DEI POMPIERI: Che diceva, signor Smith?
SIGNOR SMITH: Non mi rivolgevo a lei. Parlavo a mia moglie. Mi aveva detto di non
aprire la porta perch� sosteneva che non c'era nessuno.
CAPITANO DEI POMPIERI: Ah! Ah! Ah! Ah! Questa s� che � bella!
SIGNORA SMITH "offesa, si alza, si avvicina ai due; al marito): Ti prego di non
immischiare gli estranei nei nostri conflitti intimi!
CAPITANO DEI POMPIERI (Confuso): Voglia scusarmi!...

Si raffronti la scena i nella stesura iniziale al suo equivalente nella versione


definitiva, cio� la seconda parte della scena settima (e l'inizio della scena
ottava). Essa comincia con queste righe: �Suonano alla porta d'ingresso. SIGNOR
SMITH: Guarda un po', hanno suonato� (8) e si conclude con: �SIGNORA SMITH (al
signor Smith): Ti prego di non immischiare gli estranei nelle nostre beghe
familiari� (9).
Senza alcun dubbio la versione definitiva � migliore, pi� netta. Ripulito delle
imperfezioni stilistiche che offuscavano la versione precedente, il dialogo,
ripartito fra quattro personaggi anzich� fra due, � pi� vario ed incisivo. Facendo
finta di niente, sorridendo, Ionesco sottolinea la guerra dei sessi con i luoghi
comuni ben noti alla vita quotidiana e al teatro boulevardier: �Oh! Voialtre donne
vi date sempre man forte�. Al che la signora Smith risponde: �Ah! questi uomini che
vogliono sempre aver ragione e che invece hanno sempre torto!� (10). Inoltre la
scena termina in maniera pi� drammatica e la dialettica oppositiva, cos� efficace a
teatro, si prolunga in tono burlesco. Anticipando una formula che diverr�
ricorrente negli sketches comici di Ionesco, l'opposizione si condensa nelle
esclamazioni �Si!� e �No!� (11), che riassumono vigorosamente lo scontro degli
antagonisti. Ed infine l'ingresso del pompiere appare teatralmente migliore.
Difatti l'incongruenza del passaggio all'inglese, equivalente al saltare di palo in
frasca, suscita il riso (12).
Su alcuni punti particolari, si confrontino le differenze raggruppate informa di
tabella:

Versione primitiva. SIGNOR SMITH: Bussano.

Versione finale. SIGNOR SMITH: Guarda un po', hanno suonato.

Versione primitiva. SIGNORA SMITH: Vado ad aprire.


Versione finale. SIGNORA SMITH: Ci dev'essere qualcuno. Vado a vedere.

Versione primitiva. Il signor Smith reagisce al rifiuto della moglie, assumendo


un'aria ironica e sprezzante.
Versione finale. Si limita ad alzare le spalle.
Versione primitiva. Le didascalie caratterizza no con precisione i gesti di collera
della signora Smith.
Versione finale. L'autore, pi� vago, indica una crisi di collera.

Fine della scena (13).


CAPITANO DEI POMPIERI: [...] Se c'� un incendio da voi, ditemelo, mi farete un
piacere.
SIGNORA SMITH: D'accordo... Si vedr�. Se c'� un incendio, l'avvertiremo, non
dubiti. Ma intanto potrebbe informarsi dai vicini... Vada, se crede, dal signor
Bok, il mercante di fiammiferi... Avr� pi� probabilit�...
SIGNOR SMITH: E' molto gentile... Gli dica che l'abbiamo mandato noi.
CAPITANO DEI POMPIERI: E' vero... Ma, vedete... Il signor Bok � mio cognato...
SIGNOR SMITH: E con questo?
CAPITANO DEI POMPIERI: Ma non sapete che la legge mi proibisce di spegnere gli
incendi della mia famiglia?
SIGNOR SMITH: Giusto... Non ci avevo pensato...
SIGNORA SMITH: Guardi un po' se c'� un incendio dal signor Cook...
CAPITANO DEI POMPIERI: Neanche l� posso andare perch� sua madre � d'origine
ebraica... � proibito spegnere gli incendi in casa degli ebrei, salvo tra il primo
e il 3 giugno dell'anno prossimo...
SIGNOR SMITH: Giusto!
CAPITANO DEI POMPIERI: Del resto la sua casa � bruciata, sei anni fa...
SIGNOR SMITH (guardando dalla finestra): Eppure vedo chela sua casa � intatta!
CAPITANO DEI POMPIERI: Perch� se l'� spento da solo, l'incendio, per vendicarsi.
SIGNOR SMITH: Ma non � permesso.
CAPITANO DEI POMPIERI: Naturalmente... Gli hanno fatto un processo... che non �
ancora finito.
SIGNORA SMITH: E se lo perde?
CAPITANO DEI POMPIERI: Appiccheranno il fuoco alla casa, ufficialmente, e gli
proibiranno di mettersi in mezzo... Ma glielo diranno in anticipo. Avr� il diritto
di portarsi via i mobili...
SIGNOR SMITH: La legge non � poi cos� dura...
CAPITANO DEI POMPIERI: Oh, no... Del resto Cook ha diritto a questo favore, perch�
il suo bisnonno materno � stato decorato per via d'una scommessa che aveva vinta...
cos� i discendenti godono d'un trattamento speciale...
SIGNORA SMITH: Questo non mi stupisce!
SIGNOR SMITH: Allora vada dal vicario...
CAPITANO DEI POMPIERI: Non posso neppure l�. E il fuoco sacro. Suvvia, abbiamo
chiacchierato abbastanza... continuer� il mio giro... (Consulta l'orologio) E'
tardi, ho un incendio alle quattordici e quattordici... e devo anche aver il tempo
di andare a prendere la pompa. Arrivederci, e se ci sar� un incendio da voi non
dimenticate di annunciarmelo...
SIGNORA SMITH: Ce lo ricorderemo. D'accordo? Arrivederci...

Il capitano dei pompieri se ne va. Il signore e la signora Smith si risiedono nelle


poltrone. La pendola suona quattro volte.
Si confronti quest'ultimo brano con la versione condensata ed ellittica del testo
pubblicato, che inizia con queste battute:

SIGNOR MARTIN: Allora provi a passare, a mio nome, dal vicario di Wakefield!
POMPIERE: Non sono autorizzato a spegnere i fuochi degli ecclesiastici. Il vescovo
se l'avrebbe a male. Quella � gente che se li spegne da sola, oppure se li fa
spegnere dalle vestali.
SIGNOR SMITH: Vada un po' in casa del signor Durand.
POMPIERE Neppure l� posso. Non � inglese. E' solo naturalizzato. Gli stranieri
naturalizzati hanno il diritto di possedere case, ma non quello di farsele spegnere
quando bruciano.
SIGNORA SMITH: Eppure lo scorso anno, gli � scoppiato un incendio in casa ed �
stato spento lo stesso.
POMPIERE: Se l'� sbrigata tutta da solo. Clandestinamente. Oh, non sar� certo io a
denunciarlo.
SIGNOR SMITH: Neppure io.

NOTE.

Nota 1. Vedi la versione primitiva a p. 729.


Nota 2. Cfr. p. 727.
Nota 3. Cfr. p. 40 del manoscritto.
Nota 4. Cfr. p. 45 del manoscritto.
Nota 5. Colloquio con l'autore, 27 ottobre 1987. Si trattava d'un professore
d'ascendenza ebraica. Uno dei suoi ex studenti, il quale rivestiva un incarico
pubblico in seno al governo, lo trasse d'impaccio facendo modificare il
regolamento: risult� cos� che qualsiasi individuo, considerato ebreo ma con un
nonno colonnello o ufficiale medico durante la guerra del 1870, per la legge
sarebbe stato considerato romeno a tutti gli effetti. L'autore precisa altres� che
questo brano, e la disputa bizantina degli Smith su una questione di logica, furono
redatti durante la guerra. La ricerca intermittente ne indica la data: 1943
(Guanda, Parma 1989, p. 43).
Nota 6. Cfr. p. 53 del manoscritto.
Nota 7. Si tratta della versione originaria, manoscritta.
Nota 8. Cfr. p. 20.
Nota 9. Cfr. p. 23.
Nota 10. Cfr. pp. 21-22.
Nota 11. La farsa intitolata "Scena a quattro" si apre con questo dialogo: �DUPONT:
... No... | DURAND: S�... | DUPONT: No... | DURAND: S�... | DUPONT: No... | DURAND:
S�...� (p. 377).
Nota 11. �SIGNOR SMITH: [...] Ah! how do you do!� (p. 22).
Nota 12. Versione manoscritta.

RINOCERONTE (1).
Commedia in tre atti.

"A Jean-Louis Barrault, a Genevi�ve Serreau e al dottor T. Fraenkel" (2).

PERSONAGGI
in ordine d'entrata in scena.

LA CASALINGA.
LA DROGHIERA.
JEAN.
BPRENGER.
LA CAMERIERA.
IL DROGHIERE.
IL VECCHIO SIGNORE.
IL FILOSOFO.
IL PADRONE DEL GAFFE.
DAISY.
IL SIGNOR PAPILLON.
DUDARD.
BOTARD.
LA SIGNORA BOEUF.
UN POMPIERE.
IL SIGNOR JEAN.
LA MOGLIE DEL SIGNOR JEAN.

La commedia � stata rappresentata per la prima volta in tedesco allo Schauspielhaus


di D�sseldorf il 6 novembre 1959, regia di Karl-Heinz Stroux. In Francia fu
allestita per la prima volta il 22 gennaio 196o all'Od�on-Th��tre de France. regia
di Jean-Louis Barrault (che impersonava pure B�renger), scene di Jacques No�l,
musica di scena di Michel Philippot.

ATTO PRIMO.

Piazza di una cittadina di provincia. Al fondo, una casa composta di pianterreno e


primo panno. A pianterreno, a vetrina di una drogheria. Vi si entra da una porta a
vetri cui si accede salendo due o tre scalini. Sopra la vetrina, ima scritta a
grossi caratteri. DROGHERIA. Al primo panno, lue finestre (quelle dell'alloggio dei
droghieri). La drogheria � al fondo del palcoscenico, a sinistra, vicino alle
quinte, Sopra il tetto della casa si vede, in lontananza, al campanile di una
chiesa. Tra la drogheria e il lato destro della scena, si vede in prospettiva una
strada. Sulla destra, un po' di sbieco, la vetrina di un caff�. Sopra il caff�, un
piano con una finestra. Davanti al caff�, tavolini e sedie oc--ispano il
palcoscenico sano al centro. Presso le sedie del caff�, un albero polveroso. Cielo
azzurro, luce intensa, muri bianchissimi. E' una domenica d'estate, verso
mezzogiorno. Jean e B�renger vanno a sedersi a un tavolino del caff�.

Prima che il sipario si alzi, si sente scampanare. Il rumore delle campane cesser�
qualche secondo dopo l'apertura completa del sipario. Mentre il sipario si alza,
una donna (che ha sotto braccio la borsa della spesa, vuota, e sotto l'altro
braccio un gatto) attraversa in silenzio la scena da destra a sinistra. Mentre
passa, la droghiera apre la porta del negozio e guarda la donna.

LA DROGHIERA: Ah, quella! (Rivolta al marito che � in negozio) Quella si d� delle


arie! Non vuol pi� servirsi da noi.

La droghiera rientra. Palcoscenico vuoto per alcuni secondi.


Jean entra da destra, mentre da sinistra entra B�renger.
Jean � vestito con molta cura: abito e cappello marrone, cravatta rossa, colletto
inamidato. Ha una faccia rubiconda. Calza scarpe gialle lucidate per bene.
B�renger, invece, non si � fatto la barba, � senza cappello, spettinato, con il
vestito stazzonato. Tutto in lui denota negligenza e disordine; ha l'aria stanca e
intontita e ogni tanto sbadiglia.

JEAN (entra da destra): Oh, B�renger, finalmente.


B�RENGER (arriva da sinistra): Buongiorno, Jean.
JEAN: Sempre in ritardo, eh! (Guarda l'orologio al polso) Dovevamo trovarci alle
undici e mezzo. E' quasi mezzogiorno.
B�RENGER: Mi scusi. E' molto che aspetta?
JEAN: No, come vede arrivo adesso.

Vanno a sedersi a un tavolino del caff�.

B�RENGER: Allora non mi sento tanto in colpa visto che... anche lei...
JEAN: Per me � diverso, non mi va di aspettare, non ho tempo da perdere, io. Dato
che lei non � mai puntuale, arrivo apposta in ritardo, all'ora in cui prevedo che
avr� il piacere di trovarla.
B�RENGER: Giusto, giusto. Per�...
JEAN: Non vorr� dirmi che � arrivato puntuale!
B�RENGER: Ah, certo, non posso dirlo.

Jean e B�renger si sono seduti.

JEAN: Appunto.
B�RENGER: Che cosa beve?
JEAN: Come? Lei ha gi� sete a quest'ora? Di mattina?
B�RENGER: Mah... fa cos� bello, cos� caldo...
JEAN: La scienza popolare dice che pi� si beve e pi� si berrebbe...
B�RENGER: Ma se potessimo fare arrivare anche qui, nei nostro cielo, delle nuvole
scientifiche, farebbe meno caldo e avremmo meno sete.
JEAN (osserva B�renger): S�, ma a lei non servirebbe lo stesso. Non � d'acqua che
lei ha sete, caro B�renger.
B�RENGER: E con questo che intende dire, caro Jean?
JEAN: Oh! Lei mi ha capito benissimo. Parlo della sua gola secca: ci vuol altro per
innaffiarla!
B�RENGER: La sua frase mi pare...
JEAN (interrompendolo): Lei � su una cattiva strada, amico mio.
B�RENGER: Su una cattiva strada? E perch�?
JEAN: Non sono cieco. Lei crolla dalla stanchezza, ha ancora passato una notte
bianca, sbadiglia, � morto di sonno...

B�RENGER: Ho un leggero mal di testa...


JEAN: ... e puzza di alcol!
B�RENGER: Gi�, � vero, ho anche la bocca impastata!
JEAN: Ogni domenica mattina � la stessa storia, per non parlare degli altri giorni
della settimana.
B�RENGER: No, no, in settimana succede di rado, per via dell'ufficio...
JEAN: E la cravatta? Dove ha messo la cravatta? Per:iuta durante le orge notturne!
B�RENGER (porta la mano al colletto): Si, � vero, strano: chiss� dov'� andata a
finire?
JEAN (estrae una cravatta dalla tasca della giacca): Eco: prenda la mia.
B�RENGER: Oh, grazie, molto gentile.

Si annoda la cravatta.

JEAN (mentre B�renger sistema alla cieca la cravatta): E' , tutto spettinato!
(B�renger si passa le dita tra i capelli). Su: prenda il mio pettine.

Estrae un pettine dall'altra tasca della giacca.

B�RENGER (prende il pettine): Grazie.

Si pettina alla meglio.

JEAN: E non si � neppure fatto la barba! Si guardi! Ma guardi che faccia!


B�RENGER (si guarda, poi tira fuori la lingua e la osserva): Uhm... ho la lingua
molto bianca.
JEAN (riprende lo specchietto e lo rimette in tasca): Non mi stupisce!... (Riprende
anche il pettine che B�renger gli rende e lo rimette in tasca) Lei � un candidato
alla cirrosi, amico mio!

B�RENGER (inquieto): Sul serio?


JEAN (a B�renger, che accenna a restituirgli la cravatta): Tenga pure la cravatta,
ne ho altre di scorta.
B�RENGER (ammirato): E proprio ordinato, lei.
JEAN (continua ad osservare B�renger con disapprovazione): Uhm... vestiti tutti
stazzonati... deplorevole! Camicia lurida... e le scarpe poi... (B�renger tenta di
nascondere i piedi sotto il tavolino). Gi�! Non ha neanche lucidato le scarpe! Che
disordine!... Le spalle...
B�RENGER: Be', cos'hanno le mie spalle?
JEAN: Si giri. Avanti, si giri. Ecco, ecco: si � appoggiato a un muro e...
(B�renger tende pigramente la mano a Jean). No! Non mi porto dietro anche la
spazzola. Mi sformerebbe le tasche. (Sempre pigramente B�renger si d� dei colpetti
sulle spalle per togliere la polvere di calce. Jean tira indietro la testa)
Complimenti! Dove si � conciato cos�?
B�RENGER: Non mi ricordo.
JEAN: E' deplorevole, deplorevole! Mi vergogno di essere suo amico.
B�RENGER: Be', adesso lei � un po' troppo severo...
JEAN: C'� di che?
B�RENGER: Senta, Jean. Non ho nessuna distrazione, in questa cittadina ci si annoia
e poi non sono tagliato per il lavoro che faccio... si, tutti i giorni in ufficio,
otto ore, e tre sole settimane di ferie d'estate! Lei capisce, il sabato sera sono
cos� depresso che per distendere i nervi...
JEAN: Ma mio caro, tutti quanti lavorano, anch'io lavoro come lei... faccio anch'io
otto ore al giorno di ufficio e non ho che ventun giorni di ferie all'anno...
eppure, eppure, come pu� constatare... Un po' di amor proprio, che diamine!
B�RENGER: Amor proprio? Eh, non tutti sono come lei. Io non mi ci adatto. Proprio
non mi ci adatto alla vita!

Estrae dalla tasca interna della giacca uno specchietto che passa a B�renger.

JEAN Storie! Tutti dobbiamo adattarci. Perch�, lei forse si crede un essere
superiore?
B�RENGER: No, non pretendo affatto...
JEAN (interrompendolo): Valgo quanto lei - anzi, modestia a parte - valgo molto pi�
di lei. L'uomo superiore � colui che sa compiere il proprio dovere.
B�RENGER: Che dovere?
JEAN: Il suo dovere... il suo dovere d'impiegato, per esempio.
B�RENGER Ah, capisco, il suo dovere d'impiegato...
JEAN E dove si sono svolte le sue orge della notte scorsa? Ammesso che se lo
ricordi...
BERENGER: Abbiamo... s�,: abbiamo festeggiato il compleanno di Augusto, del nostro
amico Augusto...
JEAN: Il nostro amico Augusto? Non sono stato invitato, io, a festeggiare il
compleanno del nostro amico Augusto!

Sulla fine della battuta, si sente, lontano, ma in crescendo, l'ansimare di una


fiera in rapido galoppo e un lungo barrito.

B�RENGER: Mi creda, non potevo rifiutare. Sarebbe stata una scortesia.


JEAN: Ci sono forse andato, io?
B�RENGER: Forse lei non ci � andato perch� non era stato invitato.
LA CAMERIERA (esce dal caff�): Buongiorno, signori, che cosa prendono?

I rumori sono ora forti e vicini.

JEAN (a B�renger, quasi gridando, per sovrastare i rumori cui pare non essersi
accorto): Verissimo, non ero invitato... non ho avuto questo onore... Ma posso
comunque assicurarle che anche se mi avessero invitato, non ci sarei andato,
perch�... (I rumori sono fortissimi). ... Ma che diavolo succede? (Vicinissimo
galoppo di un grosso e pesante animale. Si distingue l'ansimare affannoso della
bestia). ... ma, ma... che cos'�?
CAMERIERA: Ma che cos'�?

B�renger, sempre sonnolento, ha l'aria di non accorgersi di nulla. Risponde


tranquillo a Jean a proposito dell'invito. Muove le labbra e non si sente che cosa
dice.
JEAN (si alza di scatto, rovescia la sedia, sguardo fisso verso la quinta di
sinistra. Fa mimica col braccio, mentre B�renger, sempre intontito, resta seduto):
Oh! Un rinoceronte! (I rumori dell'animale si allontanano rapidamente, in modo che
si possano distinguere le battute seguenti. Tutta questa scena va recitata in modo
serrato. Jean ripete) Oh! Un rinoceronte.
CAMERIERA: Oh! Un rinoceronte!
DROGHIERA (si affaccia alla porta del negozio): Oh! un rinoceronte! (Al marito,
rimasto in negozio) Presto, vieni a vedere... un rinoceronte:

Tutti seguono, lo sguardo fisso a sinistra, la corsa del pachiderma.

JEAN: Galoppa a testa bassa, sfiora le vetrine!


IL DROGHIERE (dal negozio): Dove?
CAMERIERA (appoggia le mani sui fianchi): Oh!
DROGHIERA (al marito che � sempre in negozio): Vieni a vedere, ti dico!

Nello stesso istante il droghiere sporge la testa.

DROGHIERE: Oh! Un rinoceronte!


IL FILOSOFO (entra rapidamente in scena da sinistra): Un rinoceronte al galoppo sul
marciapiede di fronte!

Tutte le battute, ad iniziare dal primo �Oh! Un rinoceronte!� di Jean sono quasi
simultanee. Si distingue un �Oh!� di intonazione femminile. Entra una donno. Corre
sino al centro del palcoscenico. E' la casalinga con la sua sporta sotto il
braccio. Giunta al centro della scena, con mimica di terrore, lascia cadere la
sporta. Le provviste si sparpagliano sulla scena, una bottiglia va in pezzi.
Tuttavia ella non abbandona il gatto che tiene con l'altro braccio.

LA CASALINGA: Ah! Oh!

Il vecchio distinto signore entra da sinistra seguendo la casalinga. Si precipita


nella drogheria, spinge da parte i droghieri che stanno sulla porta ed entra in
negozio.
Il filosofo andr� invece ad appoggiarsi al muro del fondale, a sinistra del
negozio. Jean e la cameriera in piedi e B�renger seduto, sempre apatico, formano un
secondo gruppo. Frattanto si sentiranno da sinistra varie esclamazioni (�Ah! Oh!�)
e passi di gente in fuga. La polvere sollevata dal rinoceronte si alza sul
palcoscenico.
IL PADRONE DEL CAFFE' (si affaccia alla finestra sopra il caff�): Che succede?
IL VECCHIO SIGNORE (si nasconde dietro ai droghieri): Scusate!

E' un vecchio signore distinto ed elegante. Porta ghette bianche, un cappello


floscio, una canna dal pomo di avorio. Il filosofo resta appoggiato al muro di
fondo. Ha baffetti grigi, un pince-nez e una paglietta.

DROGHIERA (urtata ed urtando il marito, rivolgendosi al vecchio signore): E stia


pi� attento con quella canna!
DROGHIERE: Ma vuol fare attenzione?

Si scorger� la testa del vecchio signore spuntare dietro i droghieri.

CAMERIERA (al padrone del caff�): Un rinoceronte!


PADRONE (dalla finestra, alla cameriera): Storie! E dov'�? (Scorgendo il
rinoceronte) Ah, questa poi!
CASALINGA: Ah! (Gli �Ah!� egli �Oh!� che provengono dalle quinte fanno da
sottofondo sonoro alla esclamazione della casalinga. La casalinga pur avendo
lasciato care la bottiglia e le provviste, continua a tener stretto il gatto con
l'altro braccio) Povero micio, ha avuto tanta paura!
Il padrone guarda sempre a sinistra, come a seguire la corsa del pachiderma, mentre
il rumore degli zoccoli e dei barriti decresce e si allontana. B�renger si limita a
tirare indietro la testa, per via della polvere. E' intontito e fa una mimica di
noia.
PADRONE: Ah, questa poi!
JEAN (sposta la testa con gesto nervoso): Ah, questa poi!

Starnutisce.

CASALINGA (al centro della scena, rivolta verso sinistra. Le provviste sono sparse
per terra, intorno a lei): Ah, questa poi!

Starnutisce.

VECCHIO SIGNORE e DROGHIERI (sul fondo, riaprendo la porta del negozio che il
vecchio signore aveva chiuso dietro di s�): Ah, questa poi!
JEAN: Ah, questa poi! (A B�renger) Ma ha visto?!

I rumori del rinoceronte (zoccola; barriti; eccetera) sono passati. Tutti seguono
ancora con lo sguardo l'animale. Solo B�renger � rimasto seduto, apatico.

TUTTI (tranne B�renger): Ah, questa poi!


B�RENGER (a Jean): Mi pareva proprio che fosse... gi�, un rinoceronte! E che
polverone!

Estrae il fazzoletto e si soffia il naso.

CASALINGA: Ah, questa poi! Ho preso uno spavento!


DROGHIERE (alla casalinga): La borsa... le sue provviste, signora...

Il vecchio signore si avvicina alla casalinga e si china a raccogliere le provviste


sparpagliate per terra. Saluta cerimoniosamente togliendosi il cappello.

PADRONE: Certo che... sembra impossibile...


CAMERIERA: Cose dell'altro mondo!
VECCHIO SIGNORE (alla casalinga): Signora: mi permetta di aiutarla a raccogliere le
provviste.
CASALINGA (al vecchio signore): Grazie, signore. Ma, la prego, si rimetta il
cappello. Oh! Ho preso uno spavento!
FILOSOFO: La paura � un fatto irrazionale. La ragione deve vincerla.
CAMERIERA: Per fortuna non si vede pi�.
VECCHIO SIGNORE (alla casalinga, indicando il filosofo): Il mio amico � un
filosofo.
JEAN (a B�renger): Be', che ne dice lei?
CAMERIERA: Come corrono questi animali!
CASALINGA (al filosofo): Molto lieta, signore.
DROGHIERE (alla droghiera): Le sta bene, a quella l�. Non aveva fatto la spesa da
noi.
JEAN (al padrone del caff� e alla cameriera): Be', che ne dite?
CASALINGA: Per� il mio gatto l'ho tenuto stretto!
PADRONE (dalla finestra, alzale spalle): Certo che non succede tutti i giorni!
CASALINGA (al filosofo, mentre il vecchio signore le raccoglie le provviste): Le
dispiace tenermelo un momento?
CAMERIERA (a Jean): Io non ne avevo mai visti!
FILOSOFO (alla casalinga, mentre prende il gatto): Non graffia?
PADRONE (a Jean): E' come una cometa!
CASALINGA (al filosofo): No, � tanto carino. (Agli altri) Il mio vino, con quel che
costa!
DROGHIERE (alla casalinga): Se � solo per questo, da me non manca!
JEAN (a B�renger): Ma, mi dica: che ne pensa lei?
DROGHIERE (alla casalinga): E' di prima qualit�!
PADRONE (alla cameriera): Su, basta perder tempo! Occupati dei signori!

Indica Jean e B�renger, poi ritira la testa dalla finestra.,

B�RENGER (a Jean): Di che stava parlando?


DROGHIERA (al droghiere): E vai a prendere un'altra bottiglia per la signora,
svelto!
JEAN (a B�renger): Ma del rinoceronte, no? Del rinoceronte!
DROGHIERE (alla casalinga): Ho dell'ottimo vino in bottiglie infrangibili.

Sparisce nel negozio.

FILOSOFO (accarezza il gatto che tiene tra le braccia): Micio, micio, micio!
CAMERIERA (a B�renger e a Jean): Che cosa prendono pignori?
B�RENGER (alla cameriera): Due "pastis".
CAMERIERA: Subito, signori.

La cameriera si avvia verso il caff�.

CASALINGA (raccattando le provviste con l'aiuto del vecchio signore): Non so


proprio come ringraziarla...
CAMERIERA: Allora due "pastis"!

Entra nel caff�.

VECCHIO SIGNORE (alla casalinga): Ma di che, signora? Mio dovere...

La droghiera rientra in negozio.

FILOSOFO (al vecchio signore e alla casalinga intenti a rimettere le provviste nel
paniere): Rimettetele a posto con metodo.
JEAN (a B�renger): Allora, che ne dice?
B�RENGER (a Jean, non sa cosa rispondere): Be', niente... ha fatto un polverone...
DROGHIERE (esce dal negozio con una bottiglia di vino. Rivolto alla casalinga): Ho
anche dei porri.
FILOSOFO (continua ad accarezzare il gatto): Micio, micio, micio!
DROGHIERE (alla casalinga): Costa cento franchi al litro.
CASALINGA (d� i soldi al droghiere. Poi si rivolge al vecchio signore che �
riuscito a sistemare tutto nella sporta): Lei � molto gentile. Ah, la cortesia dei
francesi! Non � come i giovani del giorno d'oggi!
DROGHIERE (intasca i soldi della casalinga): Dovrebbe servirsi sempre da noi. Cos�
non avr� neanche bisogno di traversare la strada. Eviterebbe di fare brutti
incontri!

Rientra in negozio.

JEAN (si � seduto. Pensa sempre al rinoceronte): Certo che son cose da non
credersi!
VECCHIO SIGNORE (si toglie il cappello e bacia la mano alla casalinga): Lietissimo
di conoscerla!
CASALINGA (al filosofo): La ringrazio per avermi tenuto il gatto.

Il filosofo rid� il gatto alla casalinga.

CAMERIERA (esce dal caff� con le consumazioni): Ecco i "pastis", signori!


JEAN (a B�renger): Lei � incorreggibile!
VECCHIO SIGNORE (alla casalinga): Posso accompagnarla per un tratto?
B�RENGER (a Jean, indicando la cameriera che rientra nel caff�): Avevo ordinato
dell'acqua minerale. Si � sbagliata.

Jean, incredulo, alza le spalle con mimica di disprezzo.

CASALINGA (al vecchio signore): La ringrazio, signore, ma mio marito mi aspetta.


Sar� per un'altra volta...
VECCHIO SIGNORE (alla casalinga): Me lo auguro di tutto cuore, cara signora.
CASALINGA (al vecchio signore): Anch'io.

Sorride compiaciuta, poi esce da sinistra.

B�RENGER: Meno male, la polvere � sparita.

Jean alza di nuovo le spalle.

VECCHIO SIGNORE (al filosofo, seguendo con lo sguardo casalinga): Incantevole!


JEAN (a B�renger): Un rinoceronte! Non riesco a crederci!

Il vecchio signore e il filosofo si dirigono adagio verso destra, discorrendo cosa


calma.

VECCHIO SIGNORE (al filosofo, dopo aver gettato un ultimo sguardo a sinistra, ove �
uscita la casalinga) Deliziosa, vero?
FILOSOFO (al vecchio signore): Ora le spiegher� cos'� il sillogismo.
VECCHIO SIGNORE: Ah, s�, il sillogismo!
JEAN (a B�renger): Non posso crederci! E' inammissibile!

B�renger sbadiglia.

FILOSOFO (al vecchio signore): Il sillogismo comprende la proposizione principale,


la secondaria e la conclusione.
VECCHIO SIGNORE: Che conclusione?

Il filosofo e il vecchio signore escono di scena.

JEAN: No! Non ci posso credere!


BFRENGER (a Jean): Lo vedo bene che non ci pu� credere. Eppure, era un rinoceronte,
eh, gi�, proprio un rinoceronte! Ma adesso � lontano... lontano...
JEAN: Ma scusi... ma... E' inaudito! Un rinoceronte in libert� in una cittadina...
e lei non si stupisce? Dovrebbero vietarlo! (B�renger sbadiglia). E si metta almeno
la mano davanti alla bocca!
BFRENGER (sbadiglia): Gi�... gi�... dovrebbero vietarlo! Certo, � pericoloso... non
ci avevo pensato. Ma non se la prenda, ormai siamo fuori pericolo.
JEAN: Bisogna protestare con le autorit� municipali! Che diavolo ci stanno a fare
le autorit� municipali?
B�RENGER (come sopra, poi si porta in fretta la mano dinanzi alla bocca): Oh, mi
scusi... Forse il rinoceronte � scappato dal giardino zoologico!
JEAN: Lei sogna!
B�RENGER: Ma se ho gli occhi aperti.
JEAN: Aperti o chiusi, fa lo stesso.
B�RENGER: Eh no, � diverso.
JEAN: Comunque non si tratta di questo.
B�RENGER: Ma se � proprio lei a dire che fa lo stesso a occhi aperti o chiusi.
JEAN: Lei non mi ha capito. Dicevo: aperti o chiusi, fa lo stesso quando si sogna!
B�RENGER: Eh, s�, sogno... la vita � un sogno.
JEAN: ... e sogna quando afferma che il rinoceronte � scappato dallo zoo.
B�RENGER: Ho detto: forse...
JEAN: ... perch� in questa citt� non abbiamo pi� lo zoo da quando gli animali sono
stati decimati dalla peste... tanto tempo fa...
B�RENGER (apatico): Allora pu� darsi che venga da un circo.
JEAN: Ma di che circo parla?
B�RENGER: Non so... un circo di passaggio.
JEAN: Lei sa benissimo che il municipio ha proibito agli zingari di accamparsi nel
territorio comunale... Non ne vengono pi� da quando eravamo bambini.
BFRENGER (tenta invano di frenare uno sbadiglio): In tal caso pu� darsi che da
allora l'animale sia rimasto nascosto nei boschi paludosi dei dintorni.
JEAN (braccia al cielo): I boschi paludosi dei dintorni? I boschi paludosi dei
dintorni?! Ah, povero B�renger, i fumi dell'alcol le d�nno alla testa!
B�RENGER (candido): Gi�, infatti... salgono su dallo stomaco e...
JEAN: Appunto, le d�nno alla testa. Ma quando mai lei ha visto dei boschi paludosi
nei dintorni? La nostra provincia � chiamata �La piccola Castiglia� tanto � arida e
brulla!
B�RENGER (seccato e stanco): E che ne so, allora! Si sar� nascosto sotto un
sassolino... oppure avr� fatto il nido su un ramo secco.
JEAN Se crede di essere spiritoso, lei si sbaglia di grosso, glielo dico io. Lei mi
ha proprio stufato con questi... con questi paradossi! Non � possibile parlare sul
serio con lei!
BFRENGER (si tocca la fronte, con gesto vago): Oggi, solo oggi, per via di... s�,
perch� io...
JEAN: Oggi come sempre!
B�RENGER: Piano, non esageriamo...
JEAN: Le sue battute di spirito non valgono un soldo.
B�RENGER: Non pretendo certo di...
JEAN (interrompendolo): Detesto di essere preso in giro!
B�RENGER (mano sul cuore): Ma caro Jean, non mi permetterei mai...
JEAN (interrompendolo): S�, caro B�renger, lei se lo � permesso.
B�RENGER: No, non � vero, non me lo sono permesso...
JEAN: S� invece, se lo � appena permesso...
B�RENGER: Come pu� credere che io...
JEAN (come sopra): Lo credo perch� � vero!
B�RENGER: Ma le garantisco...
JEAN (come sopra): ... che mi prende in giro!
B�RENGER: Ma lei � davvero testardo!
JEAN E non basta: mi d� anche del mulo! Vede? M'insulta.
BFRENGER: Insultare lei? Non mi � mai saltato in testa.
JEAN: Lei non ha testa.
B�RENGER Appunto. Proprio per questo non mi � mai saltato in testa.
JEAN: Ci sono cose che saltano in testa anche a quelli che sono senza testa.
B�RENGER: Impossibile.
JEAN: Perch� dice che � impossibile?
B�RENGER: Ma perch� � impossibile.
JEAN: E allora si degni di spiegarmi perch� � impossibile, dal momento che ha la
pretesa di spiegare tutto.
B�RENGER: Non ho mai avuto una pretesa simile.
JEAN: E allora perch� parla come se ce l'avesse? E torno a chiederle, perch�
m'insulta?!
B�RENGER: Io non la insulto affatto. Al contrario. Lei non ha neanche idea di
quanto io la stimi.
JEAN: Se mi stima, perch� mi viene a dire che non � pericoloso lasciar galoppare un
rinoceronte in pieno centro, specie di domenica mattina, proprio quando le strade
sono piene di ragazzi... e anche di adulti...
B�RENGER: Molti sono andati a messa. E quelli non corrono pericoli...
JEAN (interrompendolo): Scusi... all'ora del mercato, per di pi�!
B�RENGER: Non ho mai detto che non fosse pericoloso lasciar galoppare un
rinoceronte in pieno centro. Ho semplicemente detto di non aver pensato al
pericolo. Non mi sono posto il problema, ecco tutto!
JEAN: Ma non pensa mai a niente, lei?
B�RENGER: Va bene, d'accordo. Un rinoceronte in libert� � pericoloso.
JEAN: Non dovrebbe nemmeno esistere!
B�RENGER: D'accordo, non dovrebbe esistere. Anzi, � un fatto pazzesco. Bene. Ma non
c'� nessuna ragione perch� lei se la prenda con me a causa di quel pachiderma. Che
diavolo ci posso fare io se un qualsiasi perissodattilo � passato per caso davanti
a noi... Uno stupido quadrupede, poi, che non vai neanche la pena di parlarne! E
feroce, per giunta... E che � sparito... che non c'� pi�... Non vogliamo mica
preoccuparci di un animale che non esiste, le pare? Parliamo d'altro, caro Jean,
parliamo d'altro... gli argomenti di conversazione non mancano... (Sbadiglia e
prende in mano il bicchiere) Alla sua salute!

Sulla battuta, rientrano da destra il filosofo e il vecchio signore. Sempre


discorrendo, andranno lentamente a sedersi a uno dei tavoli del bar, abbastanza
distanti da B�renger e Jean, sul fondo verso destra.

JEAN: Rimetta quel bicchiere sul tavolo! Non beva!

Beve un grande sorso di "pastis" e posa il bicchiere a met� vuoto sul tavolo.

B�RENGER (continua a tenere il bicchiere in mano, ma non osa pi� bere): Mica voglio
lasciarlo al padrone!

Se lo avvicina alle labbra.

JEAN: Le ho detto di posarlo!


B�RENGER: E va bene. (Sta per posare il bicchiere sul tavolo. Nello stesso istante
passa Daisy, una giovane dattilografa bionda, che attraversa la scena da destra a
sinistra. B�renger, alla vista di Daisy, si alza di scatto e con gesto brusco
rovescia il bicchiere che cade a terra, dopo aver innaffiato i calzoni di Jean) Oh,
Daisy!
JEAN: Attento! Ah, ma com'� sbadato lei!
B�RENGER: Oh, mi scusi... � Daisy... (Si nasconde per non essere visto da Daisy)
Non voglio che mi veda in questo stato...
JEAN: Lei � incorreggibile, assolutamente incorreggibile! (Guarda Daisy che esce da
sinistra) Ha paura di quella ragazza?
B�RENGER: Zitto, Zitto.
JEAN: Eppure non ha l'aria cattiva!
B�RENGER (ritorna presso Jean, dopo che Daisy � uscita): Le rinnovo le mie scuse
per...
JEAN: Ecco. Ecco che cosa significa bere... lei non � pi� padrone dei suoi gesti,
non ha pi� forza nei muscoli, lei � intontito, balordo. Lei si sta scavando la
fossa, amico mio, lei si rovina!
B�RENGER: Le assicuro che l'alcol non mi piace poi tanto. Ma, vede: se non bevo,
non va. E' come se avessi paura, e allora bevo per non avere paura.
JEAN: Paura di che?
B�RENGER: Be', non saprei dirle. Angosce... � difficile sia spiegare. Nella vita,
in mezzo alla gente, mi sento a disagio, e allora bevo un bicchiere. Mi calma,
capisce, mi distende, mi fa dimenticare.
JEAN: Gi�, e di questo passo lei dimentica anche la pi� elementare...
B�RENGER: Sono anni che mi sento stanco... anni! Faccio un tale sforzo a trascinare
in giro la mia carcassa.
JEAN (diagnostico): E' la tipica nevrastenia dell'alcolizzato. La malinconia
cronica del bevitore...
B�RENGER: ... ho sempre l'impressione che il mio corpo sia di piombo... come se
portassi un altro sulle spalle. Non riesco ad aver coscienza di me stesso... non so
nemmeno se sono proprio io... Allora, appena bevo un po', tutto il peso sparisce,
mi ritrovo e divento io.
JEAN: Elucubrazioni, B�renger, elucubrazioni... ma guardi me! Peso pi� di lei.
Eppure mi sento cos� leggero, leggero, leggero!

Muove le braccia come se stesse per spiccare il volo. Il vecchio signore ed il


filosofo avanzano lentamente parlando tra di loro. Sulla fine della battuta,
passano di fianco a Jean e B�renger. Un braccio di Jean urta violentemente il
vecchio signore che cade tra le braccia del filosofo.

FILOSOFO (continuala discussione): Un esempio di sillogismo... (Viene urtato) ...


Oh!
VECCHIO SIGNORE (a Jean): Attento! (Al filosofo) Scusi.
JEAN (al vecchio signore): Scusi.
FILOSOFO (come sopra): Ma di che.
VECCHIO SIGNORE (a Jean): Ma di che.

Il vecchio signore ed il filosofo vanno a sedersi a un tavolo a destra, dietro Jean


e B�renger.

B�RENGER (a Jean): Accidenti, com'� forte lei!


JEAN: Certo. Sono forte, sono forte per diverse ragioni. Prima di tutto, sono forte
perch� sono forte. Secondariamente, sono forte perch� ho della forza morale. Poi mi
sento forte perch� non sono alcolizzato. Senza offesa, mio caro amico, ma secondo
me ci� che le pesa � l'alcol, n� pi� n� meno.
FILOSOFO (al vecchio signore): Ecco dunque un sillogismo perfetto. Il gatto ha
quattro zampe. Isidoro e Fricot hanno ciascuno quattro zampe. Dunque Isidoro e
Fricot sono due gatti.
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): Anche il mio cane ha quattro zampe.
FILOSOFO (al vecchio signore): Allora � un gatto.
B�RENGER (a Jean): Io, invece, � tanto se mi sento ancora la forza di vivere...
forse non ne ho nemmeno pi� voglia.
VECCHIO SIGNORE (al filosofo, dopo aver riflettuto a lungo): Dunque, secondo la
logica, il mio cane sarebbe un gatto.
FILOSOFO (al vecchio signore): Secondo la logica, s�. Ma � vero anche il contrario.
B�RENGER (a Jean): La solitudine mi pesa... ma anche la compagnia mi pesa!
JEAN (a B�renger): Ecco, ecco: vede che si contraddice! E' la solitudine o la
moltitudine che le pesa? Lei si d� delle arie da pensatore e non ha un briciolo di
logica.
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): Per�, � bella la logica!
FILOSOFO (al vecchio signore): S�, ma a condizione di non abusarne.
B�RENGER (a Jean): Vivere � una cosa anormale.
JEAN: Ma niente affatto! E' assolutamente normale. La prova? Tutti quanti viviamo.
B�RENGER: I morti sono pi� numerosi dei vivi. E il loro numero cresce sempre. Noi
vivi siamo cos� pochi.
JEAN: I morti non esistono, s�, � proprio il caso di dirla! Ah! Ah! (Risata) Anche
loro le pesano? Come possono pesarle delle cose che non esistono?
B�RENGER: Certe volte mi domando se io stesso esisto!
JEAN (a B�renger): No, mio caro, lei non esiste perch� non pensa. Pensi e sar�:
"cogito, ergo sum".
FILOSOFO (al vecchio signore): Altro sillogismo. I gatti sono mortali. Ma anche
Socrate � mortale. Dunque, Socrate � un gatto.
VECCHIO SIGNORE: ... e ha proprio quattro zampe. Verissimo. Ho un gatto che si
chiama Socrate.
FILOSOFO: Vede...
JEAN (a B�renger): In fondo lei non � altro che un commediante e un bugiardo. Dice
che la vita non le interessa: per� qualcuno le interessa!
B�RENGER: Chi?
JEAN: Quella sua collega d'ufficio che � passata adesso. E' innamorato di lei, dica
la verit�!
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): Socrate dunque era un gatto.
FILOSOFO: La logica ce l'ha appena dimostrato.
JEAN (a B�renger): Non voleva farsi vedere da lei in questo stato pietoso... (Gesto
di diniego di B�renger). E questo prova che lei non � indifferente a tutto. Ma come
pu� pensare che Daisy sia attratta da un ubriacone?
FILOSOFO (al vecchio signore): Torniamo ai gatti.
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): La seguo.
B�RENGER (a Jean): In ogni modo, credo che lei abbia gi� qualcuno.
JEAN (a B�renger): Chi?
B�RENGER: Dudard. Un altro collega d'ufficio: laureato in legge, giurista, grande
carriera in ditta e nel cuore di Daisy: capisce? Come posso competere con lui?
FILOSOFO (al vecchio signore): Il gatto Isidoro ha quattro zampe.
VECCHIO SIGNORE (stupito): E come lo sa lei?

FILOSOFO: E' dato per ipotesi.


B�RENGER (a Jean): ... � simpatico al padrone. Io invece non ho avvenire, non ho
titoli di studio, non ho nessuna possibilit�!
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): Ah, per ipotesi!
JEAN (a B�renger): E cos�, lei si d� per vinto...
B�RENGER (a Jean): E che potrei fare?...
FILOSOFO (al vecchio signore): Anche Fricot ha quattro zampe. Quante zampe avranno
Fricot e Isidoro?
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): In totale o separatamente?
JEAN (a B�renger): La vita � lotta, e non lottare � da vili!
FILOSOFO (al vecchio signore): In totale o separatamente, secondo i casi.
B�RENGER (a Jean): Che vuole, mi sento completamente disarmato!
JEAN: E allora si armi, mio caro, si armi!
VECCHIO SIGNORE (al filosofo, dopo penosa riflessione): Otto. Otto zampe.
FILOSOFO: Vede? La logica favorisce il calcolo mentale.
VECCHIO SIGNORE: Certo, apre tante possibilit�...
B�RENGER (a Jean): E poi, dove trovare le armi adatte?
FILOSOFO (al vecchio signore): La logica non conosce limiti.
JEAN: Ma in lei stesso! Nella sua volont�!
B�RENGFR (a Jean): Quali armi?
FILOSOFO (al vecchio signore): Stia bene a sentire...
JEAN (a B�renger): Le armi della pazienza, della cultura... le armi dell'ingegno!
Si sforzi di diventare uno spirito vivo, un uomo brillante. Si tenga aggiornato.
BPRENGER (sbadigliando, a Jean): Aggiornato? In che modo?
FILOSOFO (al vecchio signore) Ora, togliamo due zampe ai gatti. Quante ne
resteranno a ciascuno?
VECCHIO SIGNORE: E' difficile...
B�RFNGER (a Jean): E' difficile...
FILOSOFO (al vecchio signore): E' facilissimo, invece!
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): Forse sar� facile per lei, ma non per me.
B�RENGER (a Jean): Forse sar� facile per lei, ma non per me.
FILOSOFO (al vecchio signore): Andiamo, un piccolo sforzo mentale... si
concentri...
JEAN (a B�renger): Andiamo, un piccolo sforzo di volont�... si applichi...
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): Non ci riesco.
B�RENGER (a Jean): Non ci riesco assolutamente!
FILOSOFO (al vecchio signore): Ah! Devo proprio suggerirle tutto!
JEAN (a B�renger): Ah! Devo proprio suggerirle tutto!
FILOSOFO (al vecchio signore) Prenda un foglio di carta e faccia il conto.
Togliendo sei zampe da due gatti, quante zampe resteranno ad ogni gatto?
VECCHIO SIGNORE: Un momento...

Fa il conto su un foglio di carta che estrae di tasca.

JEAN: Le dir� io che cosa deve fare: si vesta correttamente, si faccia la barba
tutti i giorni, si metta una camicia pulita...
B�RENGER (a Jean): La lavandaia � cos� cara...
JEAN (a B�renger): E lei risparmi sugli aperitivi. Questo per quanto riguarda
l'aspetto esterno: cappello, cravatta come la mia, un vestito elegante, le scarpe
lucide...

Parlando del vestiario, accenna compiaciuto al cappello, alla cravatta e alle


scarpe che indossa.

VECCHIO SIGNORE (al filosofo): Ecco... ci sarebbero molte soluzioni possibili...


FILOSOFO (al vecchio signore): Sentiamo.
B�RENGER (a Jean): E poi, che cosa dovrei fare? Sentiamo...
FILOSOFO (al vecchio signore): Mi dica.
B�RENGER (a Jean): Mi dica.
JEAN (a B�renger): Lei � timido, per� ha dei doni di natura.
B�RENGER (a Jean): Doni di natura? Io?
JEAN: Certo! Li valorizzi! Bisogna essere aggiornati! Si tenga al corrente dei
fatti letterari e culturali del nostro tempo.
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): Ecco: prima possibilit�. Uno dei due gatti pu� avere
quattro zampe e l'altro solo due.
B�RENGER: Ho cos� poco tempo libero...
FILOSOFO: Vede? Lei ha dei doni di natura: bastava valorizzarli.
JEAN: Non importa, quel poco tempo che le resta lo faccia fruttare. Non si lasci
andare alla deriva.
VECCHIO SIGNORE: Purtroppo non ne ho avuto la possibilit�. Sono un ex funzionario.
FILOSOFO (al vecchio signore): Si trova sempre il tempo per istruirsi.
JEAN (a B�renger): Il tempo lo si trova sempre.
B�RENGER (a Jean): E' troppo tardi.
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): E un po' tardi per me.
JEAN (a B�renger): Non � mai troppo tardi!
FILOSOFO (al vecchio signore): Non � mai troppo tardi!
JEAN (a B�renger): Dopotutto lei fa otto ore di lavoro, come me, come tutti quanti.
Ma la domenica... la sera... le tre settimane estive di ferie, non le conta? Con un
po' di metodo, bastano.
FILOSOFO (al vecchio signore): E le altre soluzioni? Con metodo, per�, con
metodo...

Il vecchio signore riprende i suoi calcoli.

JEAN (a B�renger): Per esempio: invece di bere e rovinarsi il fegato, non sarebbe
meglio sentirsi sani e forti anche in ufficio? Senza contare che potrebbe
utilizzare il tempo libero in modo pi� intelligente.
B�RENGER (a Jean): Cio�?
JEAN (a B�renger): Visiti i musei, legga le riviste letterarie, vada alle
conferenze. Tutto questo la distrarr� dall'angoscia, dalla depressione, e le far�
bene allo spirito. In quattro settimane lei sar� un uomo colto.
B�RENGER (a Jean): Lei ha proprio ragione.
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): Potrebbe esserci un gatto con cinque zampe...
JEAN (a B�renger): Ecco, lo ammette anche lei.
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): ... e un secondo gatto con una zampa sola. Ma in
questo caso, sarebbero ancora gatti?
FILOSOFO (al vecchio signore): E perch� no?

JEAN (a B�renger): Invece di sprecare i soldi che guadagna in bevande alcoliche,


non sarebbe meglio investirli in posti a teatro e assistere a spettacoli
interessanti? Per esempio: conosce lei il Teatro d'Avanguardia di cui si discute
tanto? Ha visto le commedie di Ionesco?
B�RENGER (a Jean): Purtroppo no. Ma ne ho sentito parlare.
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): Togliendo a due gatti due zampe su otto...
JEAN (a B�renger): Ne d�nno una proprio in questi giorni. Ne approfitti!
VECCHIO SIGNORE: ... potremmo avere un primo gatto a sei zampe...
JEAN: E' un'ottima occasione per prendere contatto a vita artistica del nostro
tempo.
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): ... e un secondo gatto senza zampe.
B�RENGER: S�, lei ha ragione, tutte le ragioni. Voglio �aggiornarmi�, come dice
lei.
FILOSOFO (al vecchio signore): In tal caso avremmo un atto privilegiato.
B�RENGER (a Jean): Glielo prometto.
JEAN: Lo prometta a se stesso, prima di tutto.
VECCHIO SIGNORE: E un gatto senza zampe, declassato?
B�RENGER: S�, me lo prometto solennemente. E manterr� la parola con me stesso.
FILOSOFO: Sarebbe ingiusto. Quindi non sarebbe logico.
B�RENGER (a Jean): Invece di continuare a bere, ho deciso di istruirmi. Sul serio:
mi sento gi� meglio, ho le idee pi� chiare.
JEAN: Eh? Cosa le dicevo...
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): Perch� non sarebbe logico?
B�RENGER: Oggi stesso andr� a visitare il museo civico. E questa sera prendo due
posti a teatro. Vuol venire con me?
FILOSOFO (al vecchio signore): Perch� la giustizia � la logica stessa.
JEAN (a B�renger): S�, ma dovr� perseverare... la volont� non dev'essere un fuoco
di paglia.
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): Adesso capisco. La giustizia...
B�RENGER (a Jean): Promesso. A lei e a me. Allora, viene con me al museo, oggi
pomeriggio?
JEAN (a B�renger): Mi spiace. Oggi mi riposo, fa parte del mio programma.
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): La giustizia � un altro aspetto della logica.
B�RENGER (a Jean): Be', allora verr� con me questa sera a teatro.
JEAN: No, questa sera no.
FILOSOFO (al vecchio signore): Vedo che la sua mente s'illumina.
JEAN (a B�renger): Mi auguro che continui a seguire questi buoni propositi. Ma
stasera, purtroppo, devo vedere alcuni amici in trattoria e...
B�RENGER (interrompendolo): In... trattoria?
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): D'altra parte, un gatto completamente privo di
zampe...
JEAN (a B�renger): S�. Ho promesso di andarci, e siccome mantengo sempre le
promesse...
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): ... non potrebbe correre abbastanza in fretta per
acchiappare i topi.
B�RENGER (a Jean): E cos�, tocca a lei dare il cattivo esempio stavolta! Chiss� che
sbornia!
FILOSOFO (al vecchio signore): Noto con piacere che lei fa dei progressi nel campo
della logica.

Si sentono di nuovo, in rapido aumento, i rumori di prima. Galoppo, un barrito,


soffio affannoso e scalpiccio degli zoccoli di un rinoceronte. Ora provengono dal
senso opposto: dal fondo della scena verso il proscenio, dietro le quinte di
sinistra.

JEAN (seccato, a B�renger): Caro mio, una volta ogni tanto non � la stessa cosa.
Per lei... per lei � diverso!
B�RENGER (a Jean): E perch� per me � diverso?
JEAN (ad alta voce, sovrastando i rumori che provengono dal negozio): Non sono un
alcolizzato, io!
FILOSOFO (al vecchio signore): Eppure, anche senza zampe, il gatto deve acchiappare
lo stesso i topi. E' nella sua natura.
B�RENGER (gridando): Non dico che lei sia un alcolizzato. Ma perch�, nelle stesse
condizioni, dovrei esserlo pi� di lei?
VECCHIO SIGNORE (come sopra, al filosofo): Che cos'� nella natura del gatto?
JEAN (a B�renger, gridando): Eh, no, � una questione di equilibrio! Contrariamente
a lei, sono un uomo equilibrato, io!
FILOSOFO (al vecchio signore. Gli grida all'orecchio facendo megafono con la mano):
Che cosa dice?

I forti rumori coprono le battute dei quattro personaggi.

B�RENGER (grida all'orecchio di Jean): Contrariamente a che? Che cosa ha detto?


JEAN (gridando): Dico che...
VECCHIO SIGNORE (come sopra): Dico che...
JEAN (si accorge improvvisamente del fracasso): Ma che succede?
FILOSOFO: Ma che cos'�?

Jean si alza di colpo, rovescia la sedia e fissa lo sguardo alla quinta di sinistra
donde provengono i rumori del rinoceronte che corre in senso inverso.

JEAN: Oh, un rinoceronte!


FILOSOFO (si alza di scatto e fa cadere la sedia): Oh, un rinoceronte!
VECCHIO SIGNORE (come sopra): Oh, un rinoceronte!
B�RENGER (sempre seduto, ma meno intontito): Rinoceronte! In direzione opposta!
CAMERIERA (esce dal caff� con un vassoio e dei bicchieri): Che cos'�? Oh, un
rinoceronte!

Lascia cadere il vassoio. I bicchieri vanno in pezzi.

PADRONE (esce dal locale): Che cos'�?


CAMERIERA (al padrone): Un rinoceronte!
FILOSOFO: Un rinoceronte a gran carriera sul marciapiede di fronte!
DROGHIERE (esce dal negozio): Oh, un rinoceronte!
JEAN: Oh, un rinoceronte!
DROGHIERA (si affaccia alla finestra sopra il negozio) Oh, un rinoceronte!
PADRONE (alla cameriera): Non � una buona ragione per rompere i bicchieri!
JEAN: Galoppa a testa bassa, sfiora le vetrine...
DAISY (entra da destra): Oh, un rinoceronte!
BFRENGER (vedendola): Oh, Daisy!

Passi precipitosi di gente in fuga. Degli �Ah!� e degli �Oh!� come nella scena
precedente.

CAMERIERA: Ah, questa poi!


PADRONE (alla cameriera): I bicchieri te li faccio pagare!

B�renger cerca di nascondersi per non essere visto da Daisy. Il vecchio signore, il
filosofo e il droghiere si dirigono verso il centro della scena ripetendo
meccanicamente.

TUTTI: Ah, questa poi!


JEAN e B�RENGER: Ah, questa poi!

Si sente un miagolio straziante, seguito da un grido femminile di terrore.

TUTTI: Oh!

Sull'�Oh!�, mentre i rumori si allontanano rapidamente, entra la casalinga, senza


la borsa della spesa. Tiene tra le braccia il cadavere del gatto sanguinante.

CASALINGA (gemendo): Mi ha schiacciato il gatto! Mi ha schiacciato il gatto!


CAMERIERA: Le ha schiacciato il gatto!

Il droghiere e la droghiera - dalla finestra -, il vecchio signore e Daisy, si


fanno intorno alla casalinga, ripetendo.

TUTTI: Ah, che brutta fine, povera bestia!


VECCHIO SIGNORE: Povero micio!
DAISY e CAMERIERA: Povero micio!

Il droghiere e la droghiera - dalla finestra -, il vecchio signore e il filosofo


ripetono: �Povero micio!�

PADRONE (alla cameriera, indicando i bicchieri rotti e le sedie rovesciate): Be',


che fai? Tira su questa roba!

A loro volta Jean e B�renger si avvicinano alla casalinga che continua a gemere con
il cadavere del gatto tra le braccia.

CAMERIERA (si dirige verso il caff� per raccogliere i cocci rialzare le sedie
rovesciate, sempre fissando il gruppo) Povero micio!
PADRONE (fa cenno alla cameriera di eseguire l'ordine): Su, sbrigati!
VECCHIO SIGNORE (al droghiere): Lei che ne dice?
B�RENGER (alla casalinga): Coraggio, signora, non pianga pi�... che pena!
DAISY (a B�renger): Oh, signor B�renger: c'era anche lei? Ha visto?
BLRENGER (a Daisy): Buongiorno, signorina Daisy... ecco, io non ho fatto in tempo a
farmi la barba... la prego di scusarmi se...
PADRONE (segue con lo sguardo la cameriera che riordina, poi guarda verso la
casalinga): Povero micio!
CAMERIERA (di spalle, raccogliendo i cocci): Povero micio!

Recitazione serrata. Interventi quasi simultanei.

DROGHIERA (dalla finestra): Ma questa volta � una cosa seria!


JEAN: Gi�, questa volta � una cosa seria!
CASALINGA (geme e coccola il gatto tra le braccia): Il mio povero micio! Il mio
povero micio!
VECCHIO SIGNORE (alla casalinga): Cara signora, avrei preferito rivederla in altre
circostanze!
FILOSOFO (come sopra): Eh, che vuole mai, signora: tutti i gatti sono mortali!
Bisogna farsi una ragione.
CASALINGA (gemendo): Il mio gatto! Il mio gatto! Il mio gatto!
PADRONE (alla cameriera che ha il grembiale pieno di cocci): Avanti, gettali via!
(Rialza le sedie) Mi devi mille franchi!
CAMERIERA (rientra nel caff�. Al padrone): Pensa solo ai soldi, lei!
DROGHIERA (dalla finestra, alla casalinga): Coraggio, cara signora, si calmi...
VECCHIO SIGNORE (alla casalinga): S�, signora, si calmi...
DROGHIERA (dalla finestra): Per�, fa proprio pena a pensarci!
CASALINGA: Il mio gatto! Il mio gatto! Il mio gatto!
DAISY: Eh, certo, fa proprio pena!
VECCHIO SIGNORE (sostiene la casalinga e con dolce pressione la dirige verso un
tavolino del caff�, seguito da tutti): Ecco, cos�: si segga un momento, signora.
JEAN (al vecchio signore): Mah... che ne dice, lei?
DROGHIERE (al filosofo): Mah... che ne dice, lei?
DROGHIERA (dalla finestra, a Daisy): Mah... che ne dice, lei?
PADRONE (alla cameriera, sulla porta del caff�): Un bicchier d'acqua per la
signora!

Frattanto gli altri aiutano la casalinga a prender posto al tavolino. Essa continua
a lamentarsi e a piangere.

VECCHIO SIGNORE (alla casalinga): Coraggio, si segga, cara signora!


JEAN: Povera donna!
DROGHIERA (dalla finestra): Povera bestia!
B�RENGER (alla cameriera): Le porti un cognac, piuttosto!
PADRONE (come sopra): Un cognac! (Indica B�renger) E' il signore che offre!

La cameriera entra nel caff� ripetendo: �Subito, un cognac!�

CASALINGA (singhiozza): No... non lo voglio, non lo voglio!


DROGHIERE: Era gi� passato poco fa davanti al mio negozio!
JEAN (al droghiere): Ma questo � un altro.
DROGHIERE (a Jean): Pure...
DROGHIERA: S�, s�: � lo stesso di prima!
DAISY: Come? E la seconda volta che passa?
PADRONE: Per me, era quello di prima.
JEAN: No, permetta: non era lo stesso rinoceronte! Quello di prima aveva due corna
sul muso - era un rinoceronte asiatico - invece questo qui aveva un solo corno, era
un rinoceronte africano.

Appare la cameriera con il cognac per la casalinga.

VECCHIO SIGNORE: Eccole un po' di cognac... la tirer� su...


CASALINGA (in lacrime): Nooo...
B�RENGER (d'improvviso, seccato. A Jean): Ma non dica sciocchezze! Come ha fatto a
vedere le corna? Il pachiderma � passato cos� in fretta che lo abbiamo appena
intravisto e...
DAISY (alla casalinga): Ma s�, signora: le far� bene...
VECCHIO SIGNORE (a B�renger): Effettivamente correva molto in fretta...
PADRONE (alla casalinga): Lo assaggi, almeno... � di marca!
B�RENGER (a Jean): ... e non ha certo avuto il tempo di contare le corna...
DROGHIERA (dalla finestra, alla cameriera): Glielo faccia bere... insista.
B�RENGER (a Jean): ... per di pi�, in mezzo a quel polverone...
DAISY (alla casalinga): Lo beva, signora...
VECCHIO SIGNORE (come sopra): ... solo un sorsino, cara signora... su, coraggio...

La cameriera aiuta la casalinga a bere il cognac portandole il bicchiere alle


labbra. Questa fa per rifiutare, poi lo beve.

CAMERIERA: Ecco fatto!


DROGHIERA (dalla finestra): Ecco fatto!
DAISY: Ecco fatto!
JEAN (a B�renger): Io non sono intontito come lei... ho i riflessi pronti, calcolo
rapidamente, ho una prontezza...
VECCHIO SIGNORE (alla casalinga): Va meglio, signora?
B�RENGER (a Jean): Ma mi faccia il piacere! Correva a testa bassa...
PADRONE (alla casalinga): Vero che � buono, signora?
JEAN (a B�renger): Appunto, il corno si vedeva meglio.
CASALINGA (dopo aver bevuto): Il mio gatto!
B�RENGER (irritato, a Jean): Sciocchezze! Sciocchezze!
DROGHIERA (dalla finestra, alla casalinga): Glielo dar� io un altro gatto.
JEAN (a B�renger): Come? Lei osa affermare che dico delle sciocchezze?
CASALINGA (alla droghiera): No! Non ne voglio un altro!

Singhiozza e culla al gatto tra le braccia.

B�RENGER (a Jean) Precisamente: delle sciocchezze!


PADRONE (alla casalinga): Bisogna farsi una ragione!
JEAN (a B�renger): Per sua norma, io non dico mai sciocchezze!
VECCHIO SIGNORE (alla casalinga): Un po' di filosofia!
B�RENGER (a Jean): Lei non � altro che un arrogante! (Ad alta voce) Un pedante!
PADRONE (a Jean e B�renger): Signori... signori...
B�RENGER (a Jean, continuando): ... s�, un pedante che non � nemmeno sicuro delle
sue cognizioni zoologiche... gi�, perch�, tanto per cominciare, � il rinoceronte
asiatico che ha un solo corno, mentre invece quello africano ne ha due!

Gli altri personaggi si scostano dalla casalinga per avvicinarsi a Jean e B�renger
che discutono ad alta voce.

JEAN (a B�renger): Lei si sbaglia, � il contrario!


CASALINGA (sola): Era cos� carino!
B�RENGER Vogliamo scommettere?
CAMERIERA: Vogliono scommettere.
DAISY (a B�renger): Non s'arrabbi, signor B�renger.
JEAN (come sopra): Non scommetto con un simile individuo! Le due corna � lei che le
ha! Maledetto asiatico!
CAMERIERA Oh!
DROGHIERA (dalla finestra, al marito): Ora se le d�nno!
DROGHIERE (alla moglie) Ma no, � una scommessa!
PADRONE (a Jean e B�renger): Niente scene nel mio locale!
VECCHIO SIGNORE: Vediamo un po'... che specie di rinoceronte ha un solo corno sul
muso? (Al droghiere) Lei, lei che fa il commerciante dovrebbe saperlo!
DROGHIERA (dalla finestra, al marito): S�, dovresti proprio saperlo!
B�RENGER (a Jean): Non ho mai avuto le corna! E non le avr� mai!
DROGHIERE (al vecchio signore): I commercianti non possono sapere tutto!
JEAN (a B�renger): E io le dico di s�!
B�RENGER (a Jean): E non sono asiatico. A parte poi che gli asiatici sono gente
come tutti gli altri...
CAMERIERA: S�, s�; gli asiatici sono uomini come noi...
VECCHIO SIGNORE (al padrone): Pi� che giusto!
PADRONE (alla cameriera) Nessuno le ha chiesto il suo parere!
DAISY (al padrone): Ma ha ragione. Sono uomini come noi.
CASALINGA (durante queste battute, continua a gemere. Tra s�): Era cos� caro, era
come noi...
JEAN (fuori di s�): Sono gialli! (Il filosofo un po' discosto, tra la casalinga ed
il gruppo che si � formato intorno a Jean e B�renger, segue attento la discussione
ma senza parteciparvi). Arrivederci, signori! (A B�renger) Quanto a lei, le tolgo
il saluto!
CASALINGA (come sopra): Era affezionatissimo a noi, davvero...
DAISY: Andiamo signor B�renger... e lei, signor Jean...
VECCHIO SIGNORE: Io ho avuto degli amici asiatici... no, forse non erano proprio
dei veri asiatici, per�...
PADRONE: Io invece ho conosciuto dei veri asiatici!
CAMERIERA (alla droghiera): Io ho avuto un amico asiatico.
CASALINGA (come sopra): L'avevo preso da piccolo!
JEAN (sempre fuori di s�): Sono gialli! Gialli! Giallissimi
B�RENGER (a Jean): E lei invece � paonazzo!
DROGHIERA (dalla finestra): Oh!
CAMERIERA: Oh!
PADRONE: Qui finisce male!
CASALINGA (come sopra): Era cos� ben educato.... sporcava sempre nella sua
cassettina...
JEAN (a B�renger): Se la prende su questo tono, non mi rivedr� mai pi�! Sono stufo
di perder tempo con un imbecille come lei!
CASALINGA (come sopra): ... e riusciva a farsi capire!

Jean esce bruscamente da destra, infuriato. Prima di uscire si gira ancora, di


scatto.

VECCHIO SIGNORE (al droghiere): ... per� ci sono anche degli asiatici bianchi,
neri, turchini e altri come noi.
JEAN (a B�renger): Ubriacone!

Tutti lo fissano costernati.

B�RENGER (a Jean): Non le permetto, sa!


TUTTI (rivolti a Jean): Oh!
CASALINGA (come sopra): Non gli mancava che la parola. Ma nemmeno!
DAISY (a B�renger): Non doveva farlo arrabbiare.
B�RENGER (a Daisy): Mi creda, non � colpa mia...
PADRONE (alla cameriera): Avanti, va' a cercare una cassetta per sotterrare questa
povera bestia!
VECCHIO SIGNORE (a B�renger): S�, credo proprio che abbia ragione lei. Il
rinoceronte d'Asia ha due corna, mentre il rinoceronte d'Africa ha un corno solo.
DROGHIERE Ma veramente il signore sosteneva il contrario.
DAISY (come sopra): Sbagliavate tutti e due!
VECCHIO SIGNORE (come sopra): Lei non s'era sbagliato.
CAMERIERA (alla casalinga): Venga, signora: mettiamolo nella cassetta....
CASALINGA (singhiozzi strazianti): Mai! Mai!
DROGHIERE: Chiedo scusa, io credo proprio che abbi a ragione il signor Jean.
DAISY (alla casalinga): Andiamo, signora, non la prenda cos�.

Daisy e la cameriera sospingono la casalinga (che ha sempre il gatto tra le


braccia) verso il caff�.

VECCHIO SIGNORE (a Daisy e alla cameriera): Volete che vi accompagni?


DROGHIERE: Dunque: il rinoceronte d'Asia ha un solo corno, invece quello d'Africa
ne ha due. E viceversa.
DAISY (al vecchio signore): Grazie, non � il caso.

Daisy e la cameriera entrano nel caff� sospingendo la casalinga sempre in lacrime.

DROGHIERA (dalla finestra, al marito): Oh, tu hai sempre delle idee diverse dagli
altri.
B�RENGER (tra s�, mentre gli altri continuano a discutere sul rinoceronte): Daisy
ha ragione: non avrei dovuto contraddirlo.
PADRONE (alla droghiera): Suo marito ha ragione: il rinoceronte d'Asia ha due
corna, mentre quello d'Africa dovrebbe averne due. E viceversa.
B�RENGER (tra s�): Non tollera divenir contraddetto. La minima obiezione lo fa
andare in bestia.
VECCHIO SIGNORE (al padrone): Lei � in errore, amico.
PADRONE (al vecchio signore): Scusi se insisto, ma...
BERENGER (come sopra): La collera � il suo unico difetto.
DROGHIERA (dalla finestra, al vecchio signore, al padrone e al marito): Magari sono
tutti e due uguali.
B�RENGER (come sopra): In fondo ha un cuore d'oro e mi ha aiutato un sacco di
volte.

Singhiozza.

PADRONE (alla droghiera): Se uno ne ha due, l'altro non pu� averne che uno solo.
VECCHIO SIGNORE: Forse, l'uno ne ha uno e l'altro ne ha due.
B�RENGER (come sopra): Mi spiace di non esser stato pi� arrendevole. Ma perch�
intestardirsi cos�? Non volevo mica farlo uscire dai gangheri. (Agli altri)
Sostiene sempre delle cose inverosimili! Vuole sempre sbalordire tutti quanti con
la sua cultura. E non ammette mai di sbagliarsi.
VECCHIO SIGNORE (a B�renger): Ha delle prove?
B�RENGER: Prove? Che prove?
VECCHIO SIGNORE: Be', di quello che sosteneva poco fa e che ha suscitato la
spiacevole lite con il suo amico.
DROGHIERE (a B�renger): Gi�, che prove ha?
VECCHIO SIGNORE (come sopra): Come fa a sapere che uno dei rinoceronti ha due corna
e l'altro un corno solo? E poi, quale dei due?
DROGHIERA: Uhm... ne sa quanto noi.
B�RENGER Un momento, distinguiamo. Prima di tutto non si sa se erano due. Anzi, io
continuo a dire che c'era un solo rinoceronte.
PADRONE Ma supponiamo che ce ne fossero due. Qual � quello unicorne, il rinoceronte
asiatico?
VECCHIO SIGNORE: No, no! E' quello africano che � bicorne. Almeno, credo.
PADRONE: Qual � bicorne?
DROGHIERE: Non � quello africano.
DROGHIERA: Eh, non � facile mettersi d'accordo.
VECCHIO SIGNORE: A questo punto bisogna chiarire il problema.
FILOSOFO (esce dall'incognito): Mi scusino, signori. Se mi � concesso di
intervenire, vorrei precisare che il problema � un altro. Ma, prima di tutto,
permettetemi di presentarmi...
CASALINGA (in lacrime): E' un filosofo!
PADRONE: Oh, un filosofo!
VECCHIO SIGNORE (presenta il filosofo a B�renger): Il mio amico filosofo.
B�RENGER: Onoratissimo.
FILOSOFO (prosegue): Faccio il filosofo di professione: ecco qui la mia carta
d'identit�.

Esibisce il documento.

B�RENGER Onoratissimo.
DROGHIERE: Signore, siamo tutti molto onorati.
PADRONE: Ci vuol dire allora, signor filosofo, se il rinoceronte africano �
unicorne...
VECCHIO SIGNORE: ... o bicorne...
DROGHIERA: E se il rinoceronte asiatico � bicorne.
DROGHIERE: O invece unicorne.
FILOSOFO: Ecco, appunto: il problema � un altro. E' ci� che mi premeva di rilevare.
ROGHIERE: Ma era proprio quello che ci interessava.
FILOSOFO: Se mi lasciate parlare, signori...
VECCHIO SIGNORE: S�, lasciatelo parlare!
DROGHIERA (dalla finestra, al marito): E lascialo parlare!
PADRONE: L'ascoltiamo, signore.
FILOSOFO (a B�renger): Mi rivolgo a lei in particolare. E, naturalmente, anche agli
altri.
DROGHIERE: Anche a noi...
FILOSOFO: Vedete, la discussione all'inizio era imperniata su un fatto importante,
che poi, vostro malgrado, avete trascurato. Vi chiedevate all'inizio se il
rinoceronte passato poco fa era lo stesso di prima, oppure un altro. Ebbene, � a
questo che dobbiamo rispondere.
B�RENGER: In che modo?
FILOSOFO: Ecco: per cominciare, potreste aver visto due volte di seguito lo stesso
rinoceronte con un solo corno...
DROGHIERE (ripete per meglio afferrare): ... due volte di seguito lo stesso
rinoceronte.
PADRONE (come il droghiere): ... con un solo corno.
FILOSOFO (continuando): ... o potreste invece aver iato due volte di seguito lo
stesso rinoceronte con due corna.
VECCHIO SIGNORE (ripete): ... lo stesso rinoceronte con due corna, due volte di
seguito.
FILOSOFO: Esatto. Ancora: potreste aver visto un primo rinoceronte con un solo
corno, poi un secondo che aveva anche lui un solo corno.
DROGHIERA (dalla finestra): Ah! ah!
FILOSOFO: O infine, un primo rinoceronte con due corna, poi un altro rinoceronte
con due corna.
PADRONE Esatto.
FILOSOFO: Ora: se aveste visto...
DROGHIERE: Se avessimo visto...
VECCHIO SIGNORE: S�, se avessimo visto...
FILOSOFO: Se aveste visto la prima volta un rinoceronte con due corna...
PADRONE: ... con due corna...
FILOSOFO: ... e la seconda volta un rinoceronte con un corno...
DROGHIERE: ... con un corno...
FILOSOFO: ... questo non sarebbe ancora un fatto probante.
VECCHIO SIGNORE: Non sarebbe ancora un fatto probante.
PADRONE: E perch�?
DROGHIERA: Aaah! Non ci capisco pi� niente!
DROGHIERE: Lo sappiamo, lo sappiamo.

La droghiera alza le spalle e rientra.

FILOSOFO: In realt�, signori... in realt� pu� darsi benissimo che, dopo il primo
passaggio, il rinoceronte bicorne abbia perduto un corno, e quindi che quello di
dopo sia quello di prima.
B�RENGER: Capisco, ma...
VECCHIO SIGNORE (interrompe B�renger): Non interrompa, prego.
FILOSOFO: Oppure � possibile che due rinoceronti bicorni abbiano perduto entrambi
uno dei loro corni.
VECCHIO SIGNORE: E' possibile.
PADRONE: Ma certo che � possibile!
DROGHIERE: E perch� no?
B�RENGER: Si, per�...
VECCHIO SIGNORE (a B�renger) Non interrompa, prego.
FILOSOFO: Se riuscite a dimostrare di aver visto la prima volta un rinoceronte a un
corno, asiatico o africano, poco importa...
VECCHIO SIGNORE (ripete): Asiatico o africano...
FILOSOFO: ... e la seconda volta un rinoceronte a due corna...
VECCHIO SIGNORE: ... a due corna...

FILOSOFO: ... africano o asiatico, poco importa...


DROGHIERE: ... africano o asiatico...
FILOSOFO (prosegue la dimostrazione): ... a questo punto potremmo concludere che
abbiamo a che fare con due distinti rinoceronti, perch� � molto improbabile che usi
secondo corno abbia potuto spuntare in modo visibile sul muso di un rinoceronte in
pochi minuti.
VECCHIO SIGNORE: Gi�, � improbabile.
FILOSOFO (felice del suo ragionamento): Questo trasformerebbe un rinoceronte
asiatico o africano...
VECCHIO SIGNORE: ... asiatico o africano...
FILOSOFO: ... in un rinoceronte africano o asiatico.
PADRONE: ... africano o asiatico.
DROGHIERE: Giusto, giusto!
FILOSOFO: Ora, in termini di stretta logica, ci� non � possibile, perch� una stessa
creatura non pu� essere nata contemporaneamente in due luoghi diversi.
VECCHIO SIGNORE: ... e neppure in un secondo tempo.
FILOSOFO (al vecchio signore): Be', questo � ancora da dimostrare.
B�RENGER: Si, � chiaro, ma non risolve la faccenda.
FILOSOFO (a B�renger, con un sorriso da esperto): Ma � evidente, caro signore: per�
adesso il problema pu� dirsi impostato in modo esatto.
VECCHIO SIGNORE: Perfettamente logico.
FILOSOFO (saluta con il cappello) Arrivederci, signori.

Si volta ed esce a sinistra, seguito dal vecchio signore.


VECCHIO SIGNORE: Arrivederci, signori.

Saluta con il cappello ed esce dietro al filosofo.

DROGHIERE: Mah... forse sar� logico... (Nello stesso momento esce dal caff� la
casalinga in lutto stretto. Tiene in mano la cassettina. E' seguita da Daisy e
dalla cameriera, in fila, come per un funerale. Il corteo si dirige verso l'uscita,
a destra). ... Forse sar� logico, per�, come possiamo permettere che i nostri gatti
vengano schiacciati sotto i rostri occhi da rinoceronti con un corno, o due corni,
asiatici o africani!

Il droghiere indica con un gesto teatrale il corteo che sta uscendo.

PADRONE Ha ragione! E' vero! Non possiamo permettere che i nostri gatti siano
schiacciati da rinoceronti o da qualsiasi altro animale!
DROGHIERE: No! Non possiamo permetterlo!
DROGHIERA (si affaccia alla porta del negozio. Al marito): Su, entra! I clienti
stanno per arrivare!
DROGHIERE (va verso il negozio): No, non possiamo permetterlo!
B�RENGER (tra s�) Non avrei dovuto litigare con Jean! (Al padrone) Mi porti un
cognac. Doppio!
PADRONE: S�, subito.

Entra nel caff� per prendere il cognac:

B�RENGER (come sopra): Non avrei dovuto, non avrei dovuto perdere la pazienza!
(Riappare il padrone con il doppio cognac). Ah... mi sento troppo agitato adesso
per andare al museo. Vuol dire che mi istruir� un'altra volta...

Prende il cognac e lo beve di un fiato.

SIPARIO.

ATTO SECONDO.

SCENA PRIMA.
Ufficio di un ente statale o di una ditta privata: un'importante casa di edizioni
legali, per esempio. Al centro, sul fondo, una grande porta a due battenti,
sovrastata da un cartello: CAPUFFICIO. A sinistra, sul fondo, presso la porta del
capufficio, il tavolino di Daisy con la macchina da scrivere. Appoggiato al muro di
sinistra, tra la porta che d� sulla scala e il tavolino di Daisy, un secondo tavolo
sul quale di solito vi sono i cosiddetti �fogli di presenza� che gli impiegati
devono firmare arrivando in ufficio. Poi, a sinistra, sempre in primo piano, la
porta che d� sulla scala. Si vedono gli ultimi scalini, la parte terminale della
ringhiera ed il pianerottolo. In primo piano, un tavolo con due sedie. Sul tavolo,
bozze di stampa, calamaio e portapenne: � il tavolo di lavoro di Botard e B�renger.
Questi occupa la sedia sinistra, mentre Botard occupa la sedia destra. A destra,
vicino alla parete, un altro tavolo, pi� grande, rettangolare, anch'esso ingombro
di fogli, bozze di stampa, eccetera, e due sedie (pi� belle e �imponenti�) l'una di
fronte all'altra. E' il tavolo di lavoro di Dudard e del signor Boeuf. Dudard
occupa la sedia contro la parete, in modo da avere gli impiegati di fronte. Svolge
la mansione di vicecapufficio. Tra la porta di fondo e la parete di destra, c'� una
finestra. Nel caso che il teatro disponesse di una fossa d'orchestra, sarebbe
meglio piazzare il semplice riquadro di una finestra in primissimo piano, di fronte
al pubblico. In fondo, nell'angolo di destra, un attaccapanni sul quale sono appesi
camici grigi e vecchie giacche. L'attaccapanni potrebbe eventualmente essere
piazzato verso il proscenio, vicino alla parete di destra.
Contro le pareti, scaffali di libri e pratiche polverose. Sul fondo, a sinistra,
sopra gli scaffala, alcuni cartelli:,GIURISPRUDENZA, CODICI. Sulla parete destra,
lievemente obliqua, altri cartelli: GAZZETTA UFFICIALE, LEGGI FISCALI. Sopra la
porta del capufficio, un orologio che segna le nove e tre minuti.

All'alzarsi del sipario, Dudard � in piedi presso la sua sedia, profilo destro
verso il pubblico; dall'altra parte del tavolo, profilo sinistro verso il pubblico,
sta Botard. In mezzo a loro, anch'egli vicino al tavolo, sta il capufficio, faccia
al pubblico. Subito dietro di lui verso sinistra, vediamo Daisy che tiene in mano
alcuni fogli dattiloscritti. Sul tavolo intorno al quale stanno i tre personaggi vi
sono delle bozze di stampa e un grande quotidiano ripiegato.
All'alzarsi del sipario - per alcuni astanti - i personaggi rimangono immobili
nella posizione in cui verr� recitata la prima battuta, formando un �quadro
vivente�. La stessa immobilit� l'avremo gi� osservata all'inizio del primo atto.
Il capufficio: sulla cinquantina, vestito con cura, completo blu scuro, nastrino
rosso della Legion d'onore all'occhiello, colletto duro, cravatta nera, grossi
baffi neri. E' il signor Papillon.
Dudard: trentacinquenne. Completo grigio, mezze maniche di lustrino nero per
proteggere la giacca. Pu� portare gli occhiali. Statura alta, genere impiegato
(quadro) che fa carriera. Se il capufficio diventasse vicedirettore, sarebbe
senz'altro lui che passerebbe al suo posto. E' antipatico a Botard.
Botard: maestro in pensione. Viso orgoglioso, baffetti bianchi. Ha una sessantina
d'anni ma li porta bene. E' al tipo che sa tutto e ha capito tutto. Porta un basco
in testa, indossa un lungo camice da lavoro, occhiali, naso pronunciato, matita
all'orecchio e mezze maniche di lustrino.
Daisy: giovane e bionda.
In seguito: la signora Boeuf: dai quaranta ai cinquant'anni, grassa e sfiatata.
All'alzarsi del sipario, i personaggi, come si � detto, stanno immobili intorno al
tavolo di destra. Il capufficio ha un indice teso verso il giornale. Dudard fa
mimica con il braccio a Botard come se gli dicesse: �Ecco, vede anche lei!� Botard,
mani in tasca, sorriso incredulo, ha l'aria di dire: �A me non me la fanno�. Daisy,
con i fogli dattiloscritti in mano, sembra approvare con lo sguardo Dudard. Dopo
qualche istante, Botard comincia a parlare.

BOTARD: Storie! Storie che non stanno n� in cielo n� in terra!


DAISY: Ma se le dico che l'ho visto, l'ho visto coi miei occhi, il rinoceronte!
DUDARD: E poi, c'� anche scritto sul giornale, qui, chiaro come il sole, non pu�
negarlo.
BOTARD (con tono di profondo disprezzo): Pff!
DUDARD: Se le dico che c'� scritto, � perch� c'� scritto: ecco, guardi qui, nella
rubrica �Incidenti ai gatti�! Lo legga lei, signor capufficio!
IL SIGNOR PAPILLON (legge): �Ieri, domenica, nella nostra citt�, in piazza della
Chiesa, all'ora dell'aperitivo, un gatto � rimasto schiacciato sotto le zampe di un
pachiderma�.
DAISY: Be', non � proprio successo in piazza della Chiesa.
PAPILLON: Tutto qui: non ci sono altri particolari.
BOTARD: Pff!
DUDARD: E' pi� che sufficiente, � chiarissimo.
BOTARD: Storie! Io non credo a quello che scrivono i giornalisti. Sono tutti una
manica di bugiardi... e non lo affermo per sentito dire! Perci� credo soltanto a
quello che vedo con i miei occhi. Inoltre, quale maestro pensionato, amo le cose
esatte, scientificamente dimostrate, perch� mi vanto di avere uno spirito metodico,
preciso!
DUDARD: Ma che diavolo c'entra lo spirito metodico?
DAISY (a Botard): A me pare, signor Botard, che la notizia sia molto precisa.
BOTARD: Lei la chiama precisione quella? Ma andiamo! Intanto: di che genere di
pachiderma si tratta? E poi, che cosa intende questo redattore della rubrica degli
incidenti ai gatti, quando parla di un pachiderma? Non lo spiega. E che cosa
intende per gatto?
DUDARD: Ma tutti sanno che cos'� un gatto.
BOTARD: Gi�, ma si tratta di un gatto o di una gatta? E di che colore? Di che
razza? Con questo vi prego di credere che non sono razzista, anzi, sono
antirazzista.
PAPILLON: Ma signor Botard, non si tratta di questo: che c'entra qui il razzismo?
BOTARD: Signor capufficio, voglia scusarmi. Lei non pu� negare che il razzismo sia
uno dei pi� grandi flagelli del nostro secolo.
DUDARD: Si, certo, siamo tutti d'accordo, ma qui non si tratta di...
BOTARD Signor Dudard, non � un argomento da prendersi alla leggera. Recenti fatti
storici ci hanno purtroppo dimostrato quanto il razzismo...
DUDARD: Torno a dirle che non si tratta di questo.
BOTARD: Nondimeno...
PAPILLON: Il razzismo � fuori discussione.
BOTARD: Ogni occasione � buona per condannarlo.
DAISY: Ma se le abbiamo detto che qui nessuno � razzista! Lei sposta il problema;
si tratta semplicemente di un gatto schiacciato da un pachiderma, un rinoceronte,
nel caso specifico.
BOTARD: Non sono nato nel Mezzogiorno, io. I meridionali hanno troppa fantasia:
magari era solo una pulce schiacciata da un topolino. E diventa una montagna.
PAPILLON (a Dudard): Calma, cerchiamo di mettere a fuoco la cosa: dunque lei
afferma di aver visto con i suoi occhi il rinoceronte passeggiare tranquillamente
per le vie del centro.
DAISY: Non passeggiava, correva.
DUDARD: Sar�: io personalmente non l'ho visto. Per�, alcune persone di assoluta
fiducia sostengono...
BOTARD (interrompendo): ... ecco, lo vede anche lei che sono delle storie; non c'�
dubbio, � tutta una montatura dei giornalisti che non sanno pi� cosa inventare per
vendere la loro cartaccia, per servire i padroni di cui sono soltanto i miserabili
lacch�! E lei presta fede a simili invenzioni? Proprio lei, signor Dudard, un
giurista, un dottore in legge... Mi permetta di ridere. Ah! Ah! Ah!
DAISY: Ma io l'ho visto; l'ho proprio visto, il rinoceronte! Ci metto la mano sul
fuoco!
BOTARD: Ma mi faccia il santo piacere! La credevo una ragazza seria.
DAISY: Signor Botard, le garantisco che non soffro di allucinazioni! E poi non ero
sola, c'erano altri vicino a me che stavano a guardare.
BOTARD: Pff! Chiss� cosa guardavano in quel momento! Perdigiorno, gente che non ha
niente da fare, che non lavora, degli sfaccendati!
DUDARD: Ma ieri era domenica.
BOTARD: E con questo? Io lavoro anche di domenica. Non do retta ai preti che ci
mandano in chiesa per impedirci di fare il nostro dovere e di guadagnarci il pane
col sudore della fronte!
PAPILLON (indignato): Oh!
BOTARD: Mi scusi, non volevo offenderla. Se disprezzo le religioni, tuttavia non le
disistimo... (A Daisy) Prima di tutto: sa dirmi lei cos'� un rinoceronte?
DAISY: Be', � un... un enorme bestione orrendo!
BOTARD: Ah, cos�! E lei si vanta di avere idee esatte! Il rinoceronte, cara
signorina...
PAPILLON: Spero che non vorr� tenerci un corso sui rinoceronti. Questa non � una
scuola!
BOTARD: E' un vero peccato!

Durante le ultime battute si vede B�renger che sale con aria circospetta gli ultimi
gradini della scala, socchiude con prudenza la porta dell'ufficio che, aprendosi,
scopre un cartello: EDIZIONI LEGALI.

PAPILLON (a Daisy): Be': sono le nove passate, signorina. Pu� ritirare il foglio di
presenza. E tanto peggio per i ritardatari!
Daisy va verso il tavolo per prendere il foglio di presenza e nello stesso istante
entra B�renger.

B�RENGER (entra, mentre gli altri continuano a discutere. A Daisy): Buongiorno,


signorina. Sono in ritardo?
BOTARD (a Dudard e al signor Papillon): Io mi batto contro l'ignoranza, ovunque
essa si trovi!
DAISY (a B�renger): Faccia presto, signor B�renger.
BOTARD: ... nei palazzi e nelle catapecchie!
DAISY (come sopra): Presto, firmi il foglio di presenza!
B�RENGER: S�, grazie. Il capo � gi� arrivato?
DAISY (un dito sulle labbra, a B�renger): Ssst! E' di l�!
B�RENGER: Come? Cos� presto!

Si precipita a firmare il foglio di presenza.

BOTARD: ... ovunque, vi dico! Anche nelle case editrici!


PAPILLON (a Botard): Signor Botard, credo proprio che...
B�RENGER (firmando, a Daisy): ... eppure non sono ancora le nove e dieci...
PAPILLON (a Botard): Mi pare che lei stia passando i limiti della buona educazione.
DUDARD (a Papillon): Sono d'accordo con lei, signore.
PAPILLON (a Botard): Non mi dir�, spero, che il signor Dudard, mio collaboratore e
suo collega, laureato in legge ed ottimo impiegato, � un ignorante?
BOTARD: Non arriver� al punto di sostenere una cosa simile. Per�, signore,
l'Universit� e le varie facolt� non sono certo all'altezza della Scuola comunale.
PAPILLON (a Daisy): Allora, signorina, questo foglio di presenza?
DAISY (al signor Papillon): Eccolo.

Glielo porge.

PAPILLON (a B�renger): Oh, ecco B�renger.


BOTARD (a Dudard): Ci� che manca agli universitari sono le idee chiare, lo spirito
di osservazione e il senso pratico.
DUDARD (a Botard): Ma mi faccia il piacere!
B�RENGER (al signor Papillon): Buongiorno, signor Papillon. (Va verso il capufficio
che � di spalle, gira intorno al gruppo dei tre personaggi, e si dirige verso il
portamantelli. Prende il camice da ufficio, oppure una vecchia giacca, e appende al
posto la giacca che indossa. Quindi va verso il suo tavolo, apre il cassetto e ne
estrae le mezze maniche di lustrino nero. Saluta) Buongiorno, signor Papillon!
Scusi se ho rischiato di essere in ritardo. Salve, Dudard! 'giorno, signor Botard!
PAPILLON (a B�renger): Dica un po', B�renger: li ha visti anche lei i rinoceronti?
BOTARD (a Dudard): Gli universitari hanno una mentalit� astratta e non sanno niente
della vita.
DUDARD (a Botard): Sciocchezze!
B�RENGER (continua a riordinare la sua cancelleria con eccesso di zelo, come per
giustificare il ritardo. Al signor Papillon, con tono naturale): Ma certo, si
capisce che l'ho visto.
BOTARD (si volta): Pff!
DAISY: Ecco, vede che non sono pazza!
BOTARD (ironico): Oh, il signor B�renger lo dice per galanteria... perch� � un tipo
galante, lui, anche se non ne ha per niente l'aspetto.
DUDARD: Perch�? E' una galanteria dire di aver visto un rinoceronte?
BOTARD: Certo, quando si tratta di sostenere le stravaganti asserzioni della
signorina Daisy. Tutti sono galanti con la signorina, � evidente!
PAPILLON: Signor Botard, lei adesso � in malafede: il signor B�renger non ha
partecipato alla discussione. E' appena arrivato.
B�RENGER (a Daisy): Vero che l'ha visto anche lei? Tutti l'abbiamo visto.
BOTARD: Pff! S�, s�, � possibile che il signor B�renger abbia creduto di vedere un
rinoceronte. (Fa segno, dietro le spalle di B�renger, che egli beve) Ha una tale
fantasia! Per lui, tutto � possibile!
B�RENGER: Non ero solo quando ho visto il rinoceronte! O, forse, i due rinoceronti.
BOTARD: Ah, ecco! Non sa nemmeno quanti ne ha visti!
B�RENGER: Vicino a me c'era anche il mio amico Jean... e tanta altra gente.

BOTARD (a B�renger) Parola d'onore, lei d� i numeri!


DAISY: Era un rinoceronte unicorne.
BOTARD: Pff! Si sono messi d'accordo tutti e due per prenderci in giro!
DUDARD (a Daisy): Io credo invece che avesse due corna; almeno, a quanto ho sentito
dire.
BOTARD: Be', sarebbe meglio se vi metteste d'accordo.
PAPILLON (guarda l'ora): Ora basta, signori, il tempo passa.
BOTARD: Ma lei, signor B�renger, ne ha visto uno o due di rinoceronti?
B�RENGER: Ehm... Io, ecco...
BOTARD (interrompendo): Che vi dicevo? non lo sa. La signorina Daisy afferma di
aver visto un rinoceronte unicorne. Ma il suo rinoceronte, signor B�renger - sempre
che si tratti di un rinoceronte -, era unicorne o bicorne?
B�RENGER: Vede, il problema sta tutto l�.
BOTARD: E' una storia che non sta in piedi.
DAISY: Oh!
BOTARD: Non voglio offendervi, ma non credo alla vostra storia. Non si sono mai
visti dei rinoceronti, da queste parti!
DUDARD: Basta una volta sola!
BOTARD: Mai visti, ripeto! Tranne che sulle illustrazioni dei libri di testo...
Uhm... mi pare proprio che questi rinoceronti siano sbocciati dalla fantasia di
qualche donnicciola.
B�RENGER L'espressione �sbocciati� riferita a dei rinoceronti mi sembra a dir poco
impropria.
DUDARD: Giusto!
BOTARD (continua): Il vostro rinoceronte � un mito!
DAISY: Un mito?
PAPILLON: Signori.... prego, � ora di mettersi a lavorare.
BOTARD (a Daisy): Precisamente: un mito! Come la storia dei dischi volanti!
DUDARD: In ogni modo non vorr� negare che c'� stato un gatto schiacciato.
BPRENGER: Certo, posso testimoniare...
DUDARD (indica B�renger): ... e dei testimoni...
BOTARD: Bella testimonianza!
PAPILLON: Signori... signori!
BOTARD (a Dudard): Un fenomeno di psicosi collettiva, caro Dudard: psi-co-si col-
let-ti-va! Proprio come la religione, che � l'oppio dei popoli!
DAISY: Se lo vuol sapere, io ci credo ai dischi volanti!
BOTARD: Pff!
PAPILLON (burocratico): Adesso basta, qui si esagera. Avete chiacchierato
abbastanza! Rinoceronti o no, dischi volanti o no, � ora di lavorare! La ditta non
vi paga lo stipendio per discutere sugli animali veri o immaginari!
BOTARD: Ecco, immaginari!
DUDARD: Veri!
DAISY: Verissimi!
PAPILLON: Signori... vi richiamo ancora una volta all'ordine: questo � l'orario di
ufficio. Permettetemi di troncare questa sterile discussione e...
BOTARD (offeso, ironico): D'accordo, signor Papillon. E' Lei � il capufficio. Se ce
lo ordina, siamo costretti a ubbidire.
PAPILLON: Signori, sbrigatevi. Non vorrete mettermi nella spiacevole necessit� di
applicarvi una multa sullo stipendio. Signor Dudard: a che punto � col commento
alla legge sulla repressione antialcolica?
DUDARD: Sto correggendolo, signor capufficio.
PAPILLON: Benissimo, cerchi di finirlo. E' urgente. Quanto a voi, B�renger e
Botard, avete finito di correggere le bozze della legislazione sui vini d'origine
controllata?
B�RENGER: Non ancora, signor Papillon. Ma � a buon punto.
PAPILLON: Bene. Finite di correggerla insieme: la tipografia l'aspetta. Lei
signorina, mi porti le lettere da firmare nel mio ufficio. Le batta subito.
DAISY: S�, signor Papillon.

Daisy va al suo tavolo e comincia a battere a macchina. Dudard siede al tavolo e


comincia a scrivere. B�renger e Botard vanno ai loro tavolini (entrambi di profilo
rispetto al pubblico). Botard volta le spalle alla porta della scala: � di cattivo
umore. B�renger � apatico e come intontito. Sistema le bozze sul tavolo, poi passa
il manoscritto a Botard che siede brontolando.

PAPILLON: A tra poco, signori.

Esce sbattendo la porta.

B�RENGER (legge e corregge, mentre Botard con la matita in mano segue il


manoscritto): Legislazione sui vini d'origine controllata. (Corregge) Origine, non
origgine. Controllata con due elle. (Corregge) Dunque: �I vini muniti di "marchio
d'origine controllata" della regione bordolese, zona meridionale delle colline
settentrionali...�
BOTARD: Ferma! Qui non c'�. Hanno saltato una riga.
B�RENGER: Allora rileggo. �I vini muniti di "marchio d'origine controllata"...�
DUDARD (a B�renger e Botard): Pi� piano, per piacere! Non si sente che voi, mi
impedite di concentrarmi sul mio lavoro!
BOTARD (a Dudard, sopra la testa d� B�renger chino sulle bozze, riprende la
discussione interrotta, mentre B�renger per qualche attimo corregge da solo e legge
muovendo le labbra senza emettere la voce, come se pregasse): E' una
mistificazione!
DUDARD: Che cos'� una mistificazione?
BOTARD: La storia del rinoceronte, perdiana! E' la vostra propaganda che mette in
giro queste voci!
DUDARD (interrompe il lavoro): Che propaganda?
B�RENGER (interviene): Non � affatto propaganda.
DAISY (smettendo di scrivere a macchina): Se vi dico e l'ho visto... l'ho visto, lo
abbiamo visto!
DUDARD (a Botard): Ma non mi faccia ridere! Propaganda? E a che scopo?
BOTARD (a Dudard): Ma andiamo! Lei lo sa meglio di me! Non faccia l'ingenuo!
DUDARD (aspro): In tutti i casi, signor Botard, non sono pagato dai Pontenegrini,
io!
BOTARD (rosso di collera, pugno sul tavolo): E' una calunnia! Non le permetto di...

Scatta in piedi.

B�RENGER (calmandolo): Via, signor Botard...


DAISY: Via, signor Botard...
BOTARD: Ripeto che � un'infame calunnia!

La porta dell'ufficio si apre improvvisamente. Botard e Dudard si siedono di


scatto. Entra il capufficio che tiene in mano il foglio di presenza. Alla sua
vista, silenzio improvviso.

PAPILLON: Il signor Boeuf non � venuto in ufficio, oggi?


B�RENGER (si guarda intorno): Gi�... effettivamente non c'�.
PAPILLON: Naturalmente! Proprio quando avevo bisogno di lui... (A Daisy) Non ha
avvisato se era malato o aveva qualche motivo preciso?
DAISY: No, non m'ha detto niente.
PAPILLON (apre del tutto la porta ed entra): Ah, ma se continua cos�, lo metto alla
porta! Non � la prima volta che mi fa questo scherzo. Sinora ho chiuso un occhio,
ma adesso basta! Qualcuno di voi, per caso, ha la chiave della sua scrivania?
Nel medesimo istante entra la signora Boeuf. Durante l'ultima battuta la si era
vista salire in gran fretta gli ultimi gradini della scala. Apre bruscamente la
porta. E' ansante e agitata.

B�RENGER: Ah, c'� la signora Boeuf.


DAISY: Buongiorno, signora.
LA SIGNORA BOEUF: Buongiorno, signor Papillon. Signorina... signori...
PAPILLON: Allora: e suo marito? Che cosa gli � successo? Non si degna pi� di venire
in ufficio?

SIGNORA BOEUF (ansante): La... la prego di scusarlo... di scusare mio marito... �


andato a passare la domenica dai suoi... ha un po' d'influenza e...
PAPILLON: Ah! Un po' d'influenza!
SIGNORA BCEUF (porge un biglietto al capufficio): Appunto... ecco: mi ha mandato
questo telegramma... dice che spera di ritornare mercoled�... (quasi
barcollando) .., per favore... un bicchier d'acqua... una sedia...

B�renger sposta al centro della scena la sua sedia. La signora Boeuf si accascia.

PAPILLON (a Daisy): Le dia un bicchier d'acqua!


DAISY Subito!

Le porta un bicchier d'acqua e la fa bere, durante le battute che seguono.

DUDARD (al capufficio): Forse soffre di cuore.


PAPILLON E' molto spiacevole che il signor Boeuf sia assente, ma non � il caso che
se la prenda cos�, signora!
SIGNORA BOEUF (con sforzo): E' che... che sono stata inseguita da un rinoceronte da
casa fino a qui.
B�RENGER: Unicorne o bicorne?
BOTARD (risata): Non fatemi ridere!
DUDARD (indignato): La lasci dire!
SIGNORA BOEUF (con sforzo, cerca di precisare e col braccio indica la scala): S�...
� ancora l�, nell'entrata. Ha l'aria di voler salire la scala...

Nello stesso istante si sente un frastuono. Si vedono gli scalini crollare, come
sotto un peso enorme. Si sentono, provenienti dal basso, dei barriti lancinanti. La
polvere provocata dal crollo si dissolve, e si vede il pianerottolo sospeso sul
vuoto.

DAISY: Mio Dio!


SIGNORA BOEUF (seduta, una mano sul cuore): Oh!!! Ah!!!
B�RENGER (le si avvicina e cerca di rianimarla. Le d� qualche schiaffetto sulle
guance, la fa bere): Calma, signora, calma!

Frattanto il signor Papillon, Dudard e Botard corrono verso sinistra, spalancano la


porta urtandosi e si ritrovano sul pianerottolo tra la polvere. Continuano dal
basso i barriti.

DAISY (alla signora Boeuf): Va meglio adesso, signora?


PAPILLON (sul pianerottolo): Eccolo l�! Guardate che bestione!
BOTARD: Io non vedo niente. E' un'illusione ottica.
DUDARD: Ma s�, guardi laggi�! gira in tondo...
PAPILLON: Signori, non c'� dubbio: gira in tondo.
DUDARD: Non pu� salire... gi�, se non c'� pi� la scala!
BOTARID: Strano, molto strano. Che vorr� dire?
DUDARD (si gira verso B�renger): Venga a vedere. Presto, venga a vederlo il suo
rinoceronte!
B�RENGER Vengo.

Accorre verso il pianerottolo seguito da Daisy che lascia la signora Boeuf.

PAPILLON (a B�renger): Ecco... lei che � l'esperto in rinoceronti: guardi,


guardi...
B�RENGER: Non sono affatto un esperto in rinoceronti.
DAISY: Oh... ma guardate come gira in tondo! Si direbbe che soffra... ma che vuole?
DUDARD: Gi�: pare proprio che cerchi qualcuno. (A Botard) Lo vede, adesso?
BOTARD (seccato): Effettivamente, s�, lo vedo.
DAISY (al signor Papillon): Che sia un'allucinazione collettiva? Forse anche lei...
BOTARD: Non ho mai allucinazioni, io. Per�, c'� qualcosa sotto...
DUDARD (a Botard): Che cosa?
PAPILLON (a B�renger): E' proprio un rinoceronte, vero? Lo stesso che lei ha visto
ieri? (A Daisy) Quello che ha visto anche lei?
DAISY: S�, certo.
B�RENGER: Ha due corna, E' un rinoceronte africano, anzi, asiatico. Ah! Adesso non
so pi� se il rinoceronte africano ha un corno o due!
PAPILLON: Ci ha demolito la scala; tanto meglio! Me l'aspettavo che crollasse! Sono
anni che chiedo alla direzione generale di sostituire questa vecchia scala tarlata
con dei gradini di cemento...
DUDARD: Proprio la settimana scorsa ho spedito un ennesimo rapporto, signor
capufficio.
PAPILLON: Doveva succedere, doveva succedere. C'era da aspettarselo. I fatti mi
hanno dato ragione.
DAISY (ironica, al signor Papillon): Come sempre.
B�RENGER (a Dudard e al signor Papillon): Dunque... dunque: la bicornutezza
caratterizza il rinoceronte asiatico o africano? L'unicornutezza caratterizza
quello africano o quello asiatico?...
DAISY: Povera bestia! Continua a barrire e a girare in tondo. Ma che cosa vorr�?
Oh, ecco: adesso ci sta guardando... (rivolta al rinoceronte) ... micio, micio,
micio...
DUDARD: Non vorr� accarezzarlo? Non � certo domestico.
PAPILLON: In ogni modo � fuori portata.

Il rinoceronte barrisce in modo sinistro.

DAISY: Povera bestia!


B�RENGER (a Botard, continuando): ... lei che sa tante cose, non crede invece che
sia la bicornutezza a...
PAPILLON: Lei sta divagando, caro B�renger, lei � ancora intontito. Il signor
Botard ha ragione.
BOTARD: Com'� possibile che in un paese civile...
DAISY (a Botard): Va bene. Ma insomma: esiste o non esiste?
BOTARD: E' un'infame macchinazione! (Con gesto oratorio, punta il dito verso Dudard
e lo fulmina con lo sguardo) ... e la colpa � sua!
DUDARD: Perch� mia e non sua?
BOTARD (in collera): Colpa mia? Eh gi�, sono sempre gli oppressi a pagare. Ma se
dipendesse da me... PAPILLON: Ah, siamo conciati bene, senza scala!
DAISY (a Botard e Dudard): Signori, calmatevi, non � il momento!
PAPILLON: E' tutta colpa della direzione generale!
DAISY: Pu� darsi. Ma adesso come facciamo a scendere?
PAPILLON (accarezza galantemente la guancia della dattilografa): La prendo tra le
braccia, e poi saltiamo tutti e due, stretti stretti...
DAISY (respinge la mano del capufficio): Non mi metta in faccia le sue mani rugose,
razza di pachiderma!
PAPILLON: Ma scherzavo.

Frattanto, mentre il rinoceronte continua a barrire, la signora Boeuf si alza e


raggiunge il gruppo sul pianerottolo. Fissa attentamente per qualche istante il
rinoceronte che gira in tondo, poi improvvisamente lancia un grido angosciato.

SIGNORA BOEUF: Mio Dio! E' mai possibile!


B�RENGER (alla signora Boeuf): Che c'� signora?
SIGNORA BCEUF: E' mio marito! Boeuf, mio povero Boeuf, che cosa ti � successo?!
DAISY (come sopra): E' proprio sicura?
SIGNORA BCEUF: S�, lo riconosco, lo riconosco!

Il rinoceronte risponde con un barrito violento ma affettuoso.

PAPILLON: Ah, ma questa volta lo metto alla porta sul serio!


DUDARD: E' assicurato almeno?
BOTARD (tra s�): Ora capisco tutto!
DAISY: Come far� l'assicurazione a pagare in un caso simile?
SIGNORA BOEUF (sviene tra le braccia di B�renger): Ah, mio Dio!
B�RENGER: Oh!
DAISY: Presto, portiamola di l�.

B�renger; aiutato da Dudard e da Daisy, sorregge la signora Boeuf sino alla sedia e
l'aiuta a sedersi.

DUDARD (mentre la sorregge): Non se la prenda cos�, signora Boeuf...


SIGNORA BOEUF: Ah! Oh! Oh!
DAISY: A tutto c'� rimedio...
PAPILLON (a Dudard, burocratico): Giuridicamente, come ci si pu� regolare?
DUDARD: Mah! Sentiremo il contenzioso.
BOTARD (segue il gruppo, alzando le braccia al cielo): Cose da pazzi! Che societ�!
(Tutti circondano la signora Boeuf e cercano di farla rinvenire. Lei apre gli
occhi, sospira, e li richiude. Nuovi tentativi di rianimarla mentre Botard parla)
In ogni modo, state sicuri che riferir� il fatto al mio Comitato d'azione. Non
abbandoner� mai un collega in difficolt�. Parler�.
SIGNORA BOEUF (rinviene): Poverino, non posso lasciarlo in quello stato, povero
Boeuf! (Un forte barrito). Mi chiama, sentite? (Tenera) Mi chiama!
DAISY: Va meglio, signora Boeuf?
DUDARD: S�, sta riprendendosi.
BOTARD (alla signora Boeuf): Stia certa dell'appoggio della nostra delegazione.
Perch� non s'iscrive al Comitato d'azione?
PAPILLON: E intanto il lavoro subir� un ulteriore ritardo. Signorina Daisy, la
corrispondenza!
DAISY: Prima di tutto mi piacerebbe sapere come faremo ad uscire di qui.
PAPILLON: Certo, � un problema... Ah, dalla finestra!

Si dirigono tutti verso la finestra, tranne la signora Boeuf abbandonata sulla


sedia, e Botard, entrambi al centro del palcoscenico.

BOTARD: So che cosa c'� sotto tutto questo!


DAISY (alla finestra): Ma � troppo alto!
B�RENGER: Forse sar� meglio chiamare i pompieri, che vengano con le scale...
PAPILLON: Signorina Daisy, vada subito nel mio ufficio e telefoni ai pompieri.

Accenna a seguirla.

DAISY (esce dal fondo. Si sente la sua voce al telefono): Pronto, pronto: i
pompieri?

Segue un brusio indistinto di telefonata.

SIGNORA BOEUF (si alza di scatto): Non posso lasciarlo cos�... non posso lasciarlo
cos�!
PAPILLON: Se voleva divorziare, adesso ha un motivo validissimo.
DUDARD: Gi�, daranno senz'altro la colpa a lui!
SIGNORA BOEUF: No! Poveretto! Non � il momento! Non posso lasciare mio marito in
queste condizioni.
BOTARD: Lei � una brava moglie.
DUDARD (alla signora Boeuf): Ma che cosa far�?

Correndo verso destra, la signora Boeuf si porta sul pianerottolo.

B�RENGER: Attenzione!
SIGNORA BOEUF: Non posso lasciarlo, non posso lasciarlo!
DUDARD: Fermatela!
SIGNORA BOEUF: Me lo riporto a casa!
PAPILLON: Ma che vuol fare?
SIGNORA BOEUF (si dispone a saltare dal pianerottolo): Vengo, caro, vengo!
B�RENGER: Vuole buttarsi gi�!
BOTARD: E' suo dovere.
DUDARD: Non ci riuscir�!

Tutti - tranne Daisy che continua a telefonare - sono ora presso la signora Boeuf
sul pianerottolo. La signora Boeuf spicca il salto.

B�RENGER (che ha tentato di trattenerla, rimane con la sottana della signora Boeuf
in mano): Non ho potuto fermarla!

Si sentono dal basso teneri barriti del rinoceronte.

SIGNORA BOEUF: Eccomi, caro, eccomi!


DUDARD: Gli � caduta proprio in groppa, a cavalcioni.
BOTARD: Che amazzone!
VOCE DELLA SIGNORA BOEUF: A casa, caro, torniamo a casa!
DUDARD: Se ne vanno al galoppo.

Dudard, B�renger, Botard e il signor Papillon ritornano sul palcoscenico e si


avvicinano alla finestra.

B�RENGER: Come corrono!


DUDARD (al signor Papillon): Ha mai cavalcato, lei?
PAPILLON: Una volta... un poco... (Si gira verso la porta di fondo. A Dudard) Non
ha ancora finito di telefonare?
B�RENGER (segue il rinoceronte con lo sguardo): Ormai sono lontani... non si vedono
pi�.
DAISY (esce dall'ufficio): Non � stato facile far venire i pompieri.
BOTARD (come a conclusione di un monologo interiore): E' una vergogna!
DAISY: Non � stato facile far venire i pompieri.
PAPILLON: Ci sono molti incendi?
B�RENGER: Sono anch'io d'accordo con il signor Botard. Il comportamento della
signora Boeuf � veramente commovente, ha dimostrato che � una donna di gran cuore.
PAPILLON: Gi�, e io ho un impiegato di meno e dovr� sostituirlo.
B�RENGER: Crede proprio che non potr� pi� esserci utile?
DAISY: No, signor Papillon, non si tratta di incendi, i pompieri sono stati
chiamati per via di altri rinoceronti.
B�RENGER: Altri rinoceronti?.'
DUDARD: Come, per altri rinoceronti?
DAISY: S�, per altri rinoceronti. Sono segnalati in molti posti: stamattina ce
n'erano sette, ora ce ne sono diciassette.
BOTARD: Eh, che vi dicevo?
DAISY: ... anzi, di segnalati ce ne sono trentadue. Non � ancora una cifra
ufficiale, ma sar� certamente confermata.
BOTARD (meno convinto): Pff! Le solite esagerazioni!
PAPILLON: Ma verranno bene a tirarci fuori di qui, spero!
B�RENGER: Io ho fame!...
DAISY: S�, stanno arrivando, i pompieri sono gi� partiti.
PAPILLON: E il lavoro?
DUDARD: Io ritengo che questo sia un caso di forza maggiore.
PAPILLON: Dovremo ricuperare le ore di lavoro perdute.
DUDARD: E cos�, signor Botard, continua sempre a negare l'evidenza rinocerontica?
BOTARD: Il nostro comitato si oppone al licenziamento senza preavviso del signor
Boeuf.
PAPILLON: Non spetta a me decidere. Esamineremo le risultanze dell'istruttoria.
BOTARD (a Dudard): No, signor Dudard, non nego l'evidenza rinocerontica. Non l'ho
mai negata.
DUDARD: Lei � in malafede!
DAISY: Ah, s�! Proprio in malafede!
BOTARD: Ripeto che non l'ho mai negata. Volevo solo rendermi conto della portata
effettiva del fatto. Quanto a me, so bene come regolarmi. Non mi limito a prendere
atto del fenomeno. Lo esamino e posso anche spiegarlo. Per lo meno, potrei
spiegarlo, se...
DUDARD: E allora ce lo spieghi anche a noi.
DAISY: S�, ce lo spieghi, signor Botard.
PAPILLON: Lo spieghi, dato che i suoi colleghi glielo chiedono.
BOTARD: Ve lo spiegher�...
DUDARD Sentiamo.
DAISY: Sono proprio curiosa.
BOTARD: ... ve lo spiegher�... un giorno...
DUDARD: E perch� non adesso?
BOTARD (al signor Papillon, minaccioso): Comunque, avremo presto una spiegazione
noi due! (A tutti) Conosco il movente del fatto e il retroscena di tutta la
faccenda!
DAISY: Che retroscena?
B�RENGER: Che retroscena?
DUDARD: Mi piacerebbe proprio vederlo, questo retroscena...
BOTARD (riprende, terribile): E non � tutto! Conosco anche i nomi dei responsabili,
uno per uno. E dei traditori. Non sono un ingenuo: vi riveler� il movente preciso e
il significato di questa provocazione! E toglier� la maschera ai provocatori!
B�RENGER: Ma chi pu� avere interesse a...?
DUDARD (a Botard): Non divaghi, signor Botard.
PAPILLON: S�, non divaghiamo.
BOTARD: Come? Io divago? Divago?
DAISY: Un momento fa lei ci accusava di soffrire di allucinazioni.
BOTARD: Prima, s�. Ma adesso l'allucinazione si � trasformata in provocazione.
DUDARD: Ah! E, secondo lei, com'� successo questo cambiamento?
BOTARD: Ma � il segreto di Pulcinella! Signori! Anche i bambini lo capiscono! Solo
gli ipocriti fanno finta di non capire.

Si sente il rumore e la sirena dell'autopompa in arrivo. Rumori, macchina che frena


e si arresta bruscamente sotto la finestra.

DAISY: Ecco i pompieri!


BOTARD: Ma le cose cambieranno, non finir� cos�!
DUDARD: Signor Botard, questa storia non significa proprio niente. I rinoceronti
esistono, ecco tutto. Non vuol dire nient'altro.
DAISY (alla finestra, guarda in basso): Da questa parte, signori pompieri!

Dal basso, rumore di trambusto, scompiglio, sportelli d'auto sbattuti.

VOCE DI UN POMPIERE: Alzate la scala!


BOTARD (a Dudard): Ho in mano la chiave degli avvenimenti, un mezzo di
interpretazione infallibile!
PAPILLON: In ogni modo, oggi pomeriggio, dobbiamo tornare in ufficio.

Si scorge la scala dei pompieri che si posa contro la finestra.

BOTARD Tanto peggio per gli affari, signor Papillon.


PAPILLON: Gi�! Ma che cosa dir� la direzione generale?
DUDARD: E' un caso di forza maggiore.
BOTARD (indica la finestra): Non vorr� obbligarci a risalire dalla finestra.
Dovremo aspettare che aggiustino la scala.
DUDARD: Certo: se qualcuno si rompesse una gamba potrebbe far avere delle grane
alla direzione...
PAPILLON: Giusto.

Appare alla finestra il casco di un pompiere, poi il pompiere.

B�RENGER (a Daisy, indicandola finestra): Prego, dopo di lei, signorina Daisy.


POMPIERE: Coraggio, signorina.

Prende Daisy tra le braccia. Daisy scavalca la finestra e sparisce in basso con il
pompiere.

DUDARD: Arrivederci, signorina! A presto!


DAISY (mentre sta per sparire): A presto, signori!
PAPILLON (dalla finestra): ... e mi telefoni domattina, signorina! Verr� da me a
copiare la corrispondenza. (A B�renger) Signor B�renger, desidero richiamare la sua
attenzione sul fatto che non siamo in ferie, e che il lavoro verr� ripreso appena
possibile. (Ai due altri) Mi sono spiegato, signori?
DUDARD: D'accordo, signor Papillon.
BOTARD: Vedete? Ci sfruttano fino all'osso!
POMPIERE (riaffiora alla finestra): Be', a chi tocca, adesso?
PAPILLON (rivolto ai tre): Coraggio.
DUDARD: Dopo di lei, signor Papillon.
B�RENGER: S�, dopo di lei, signor capufficio.
BOTARD: Dopo di lei, naturalmente.
PAPILLON (a B�renger): Allora, presto! Mi dia la corrispondenza della signorina
Daisy. E' l�, sul tavolo.

B�renger va a prendere la corrispondenza e la consegna al signor Papillon.

POMPIERE: Avanti, sbrigatevi! Non abbiamo tempo da perdere. Ci sono tanti altri che
ci hanno chiamati.
BOTARD: Eh? Che vi dicevo?

Il signor Papillon, con la corrispondenza sotto il braccio, scavalca la finestra.

PAPILLON (al pompiere): Attenzione alle mie cartelle! (A Dudard, Botard e B�renger)
Signori, arrivederci!
DUDARD: Arrivederci, signor Papillon.
B�RENGER: Arrivederci, signor Papillon!

Il signor Papillon scompare. Si sente ancora la sua voce che ripete: �Attenzione
alle mie cartelle!� e a Dudard: �Dudard! Chiuda a chiave l'ufficio!�

DUDARD (ad alta voce): Stia tranquillo, signor Papillon! (A Botard) Dopo di lei,
signor Botard.
BOTARD: Signori, io scendo. E prender� immediatamente contatto con le autorit�
responsabili. Far� luce su questo falso mistero!
Si dirige verso la finestra per scavalcarla.

DUDARD (A Botard): Credevo che per lei fosse gi� tutto chiaro.
BOTARD (scavalca): La sua ironia non mi tocca. Voglio darle le prove, i
documenti... s�, la dimostrazione del suo tradimento!
DUDARD: E' assurdo!
BOTARD: Questo insulto...
DUDARD (interrompendolo): E' lei che m'insulta!
BOTARD (sparisce): Il mio non � un insulto: � la verit�!
VOCE DEL POMPIERE: Andiamo, andiamo...
DUDARD (a B�renger): Che cosa fa oggi pomeriggio? Potremmo andare insieme a bere
qualcosa.
B�RENGER: Mi spiace. Voglio approfittare di questo pomeriggio libero per andare a
trovare il mio amico Jean. S�, devo proprio far pace con lui. Ci siamo lasciati
male. Forse per colpa mia.

La testa del pompiere riappare alla finestra.

POMPIERE: Avanti, sbrigatevi!


B�RENGER (indica la finestra): Dopo di lei.
DUDARD (a B�renger): Dopo di lei!
B�RENGER: Ah, no! Dopo di lei!
DUDARD: Ma assolutamente! Dopo di lei!
B�RENGER: La prego: dopo di lei, dopo di lei!
POMPIERE: Sbrighiamoci, sbrighiamoci!
DUDARD (a B�renger): Dopo di lei, dopo di lei!
B�RENGER (a Dudard): Dopo di lei, dopo di lei!

Scavalcano nello stesso tempo la finestra. Il pompiere li aiuta ascendere, mentre


cala il sipario.

FINE DELLA SCENA.

SCENA SECONDA.
In casa di Jean. La struttura della scena � quasi identica alla scena precedente.
Cio�, il palcoscenico � diviso in due settori. A destra si vede la camera di Jean
che occupa i tre quarti (o i quattro quinti) dello spazio, secondo le dimensioni
del palcoscenico. Contro la parete di fondo � piazzato il letto sul quale Jean �
sdraiato. Al centro della scena, una sedia o una poltrona su cui prender� posto
B�renger. Al centro, verso destra, una porta che d� nel bagno di Jean. Quando Jean
andr� in bagno per lavarsi, si sentir� il rumore dell'acqua del lavabo e della
doccia. A sinistra della camera, un tramezzo divide in due il palcoscenico. Al
centro la porta che d� sulla scala. Volendo fare uno scenario meno realistico e pi�
stilizzato, si pu� piazzare direttamente detta porta senza il tramezzo. A sinistra
della scena si vede la scala: gli ultimi gradini che portano all'appartamento di
Jean, la ringhiera e il pianerottolo. Sul fondo, all'altezza di questo
pianerottolo, la porta d'entrata dell'appartamento dei vicini. Pi� in basso, sul
fondo, si scorge la parte superiore di una porta a vetri sormontata da un cartello:
CUSTODE.
All'alzarsi del sipario, Jean � a letto, sotto le coperte, spalle al pubblico.
Sussulta per un accesso di tosse. Dopo qualche astante compare B�renger che sale
gli ultimi scalini e bussa alla porta. Jean non risponde. B�renger bussa ancora.
B�RENGER: Jean! (Bussa ancora) Jean!

La porta in fondo al pianerottolo si apre a met�. Si affaccia un vecchietto con la


barba bianca.
IL VECCHIETTO: Che c'�?
B�RENGER: Vengo a trovare Jean, il signor Jean, un mio amico.
VECCHIETTO: Ah, credevo che cercasse me. Mi chiamo anch'io Jean... E invece � per
l'altro...
VOCE DELLA MOGLIE DEL VECCHIETTO (dal fondo della camera): Chi �?
VECCHIETTO (volgendosi verso la moglie che non si vede): No, cercano l'altro.
B�RENGER (bussa): Jean!
VECCHIETTO: Non l'ho visto uscire. L'ho visto ieri sera. Sembrava di cattivo umore.
B�RENGER: S�, lo so, � colpa mia.
VECCHIETTO: Ah! Forse non vuole aprire... provi ancora.
VOCE DELLA MOGLIE DEL VECCHIETTO: Jean! Smettila di chiacchierare, Jean!

B�RENGER (bussa): Jean!


VECCHIETTO (alla moglie) Un momento. Uff, che barba! Vengo!

Chiude la porta e sparisce.

JEAN (sempre di spalle al pubblico, con voce rauca): Che c'�?


B�RENGER: Sono venuto a trovarla, caro Jean.
JEAN: Ma chi �?
B�RENGER: Sono io, B�renger. Disturbo?
JEAN: Ah, � lei. Avanti.
B�RENGER (cerca di aprire): E' chiusa a chiave.
JEAN: Un momento. Uff, che barba! Vengo! (Si alza con evidente irritazione. Porta
un pigiama verde ed � spettinato. Ripete, seccato) Un momento! (Gira la chiave
nella serratura) Un momento! (Va di nuovo a letto, sotto le coperte) Avanti.
B�RENGER (entra): Salve, Jean.
JEAN (a letto): Ma che ora �? Come mai non � in ufficio?
B�RENGER: E' ancora a letto, come mai non � in ufficio? Mi scusi, forse la
disturbo.
JEAN (sempre di spalle): Strano, non avevo riconosciuto la sua voce.
B�RENGER Anch'io non avevo riconosciuto la sua voce.
JEAN (come sopra): Si accomodi.
B�RENGER: E' malato? (Jean risponde con un grugnito). Volevo dirle, Jean, � stato
stupido da parte mia arrabbiarmi con lei per quella storia.
JEAN: Che storia?
B�RENGER: Ma s�, ieri...
JEAN: Ieri quando? Ieri dove?
B�RENGER: Non si ricorda? Era a proposito del rinoceronte, di quel disgraziato
rinoceronte!
JEAN: Che rinoceronte?
B�RENGER: Ma s�, il rinoceronte, o - se preferisce - quei due disgraziati
rinoceronti che abbiamo visto.
JEAN: Ah, s�, mi ricordo... Ma chi le ha detto che quei due rinoceronti erano
disgraziati?
B�RENGER: E' un modo di dire.
JEAN: Va bene. Non parliamone pi�.
B�RENGER: Lei � un vero amico.
JEAN: E allora?
B�RENGER: Niente... ci tenevo solo a dirle quanto mi � spiaciuto di aver sostenuto
in modo cos� ostinato... testardo.... collerico.... si, insomma... E' stato stupido
da parte mia.
JEAN: Be', non mi stupisce.
B�RENGER: Le chiedo scusa.
JEAN: Non sto molto bene.

Tosse.

B�RENGER: E' per questo che � rimasto a letto? (Su un altro tono) Sa che le dico,
Jean: avevamo ragione tutti e due!
JEAN: Che ragione?
B�RENGER: S�, a proposito, del... della stessa cosa. Mi scusi se gliene parlo
ancora per un momento. Volevo soltanto dirle, caro Jean, che, secondo i diversi
punti di vista, avevamo ragione tutti e due. Ora ne ho le prove. In citt� ci sono
rinoceronti con due corna e rinoceronti con un solo corno.
JEAN: E che cosa le dicevo io? Bah, tanto peggio.
B�RENGER: Tanto peggio.
JEAN: Oppure tanto meglio, dipende.
B�RENGER: Da dove vengano gli uni e da dove vengano gli altri, oppure, da dove
vengano gli altri e da dove vengano gli uni, in fondo non ha importanza. L'unica
cosa che conta, a mio avviso, � l'esistenza del rinoceronte in s�, perch�...
JEAN (si gira e si razza a sedere sul letto disfatto, verso B�renger) Ah, non mi
sento bene, non mi sento affatto bene!
B�RENGER: Mi spiace. Ma che cos'ha?
JEAN: Mah, non lo so... un malessere, come dei malesseri...
B�RENGER: Debolezza?
JEAN: No, al contrario, mi sento come se avessi del fuoco dentro.
B�RENGER Volevo dire, una debolezza momentanea... succede a tutti....
JEAN: A me mai.
B�RENGER: Forse, un eccesso di salute. Troppa energia: alle volte fa male anche
questo. D� degli squilibri al sistema nervoso.
JEAN: Sono perfettamente equilibrato. (La sua voce diventa sempre pi� rauca) Sono
sano di corpo e di mente. E la mia costituzione...
B�RENGER: Certo, certo. Avr� preso freddo senza accorgersene. Ha la febbre?
JEAN: Non lo so. Si, probabilmente devo avere un po' di febbre: ho mal di testa.
B�RENGER: Gi�, un po' di emicrania. Se vuole, me ne vado subito.
JEAN: No, resti: non mi d� nessun fastidio.
B�RENGER: La trovo anche un po' rauco.
JEAN: Rauco?
B�RENGER: S�, un po' rauco: per questo non riconoscevo la sua voce.
JEAN: E perch� dovrei essere rauco? La mia voce non � cambiata, � lei, invece, che
ha una voce strana.
B�RENGER: Strana? La mia voce?
JEAN: E perch� no?
B�RENGER: Sar�... ma non me n'ero accorto.
JEAN: Si accorge mai di niente, lei? (Appoggia la mano sulla fronte) Ecco, � la
fronte, qui, che mi fa male... Devo aver picchiato da qualche parte, non c'� altra
spiegazione.

La sua voce diventa ancora pi� rauca.

B�RENGER: Ah s�? E quando ha picchiato la testa?


JEAN: Non so, non mi ricordo.
B�RENGER: Avrebbe dovuto farle male, al momento.
JEAN: Forse ho picchiato mentre dormivo.
B�RENGER Eh, no, il colpo l'avrebbe svegliata. E' probabile che lei abbia soltanto
sognato di picchiare la testa.
JEAN: Non sogno mai.
B�RENGER: ... il mal di testa le sar� venuto durante il sonno, e lei ha dimenticato
di aver sognato. Oppure se ne ricorda inconsciamente.
JEAN: Inconsciamente? Io? Controllo sempre tutti i miei pensieri, non mi lascio
andare alla deriva. Vado sempre diritto, sempre diritto alla meta.
B�RENGER: S�, lo so. Non mi sono spiegato bene.
JEAN: Sia pi� preciso, allora. Non � il caso di dirmi delle cose spiacevoli.
B�RENGER Quando si ha mal di testa, si ha spesso l'impressione di aver preso un
colpo. (Si avvicina a Jean) D'altronde, se avesse picchiato la fronte, ci sarebbe
un bernoccolo... (Osserva Jean) Ma s�, che strano! C'� proprio un bernoccolo,
infatti!
JEAN: Un bernoccolo?
B�RENGER: S�, ma piccolo.
JEAN Dove?
B�RENGER (indica la fronte di Jean): L�: spunta proprio sopra il naso.
JEAN: Non ho nessun bernoccolo! Nella mia famiglia non ne abbiamo mai avuti.
B�RENGER: Ha uno specchio?
JEAN: Ah, questa poi! (Si tocca la fronte) Gi�: pare proprio un... Vado a vedere in
bagno. (Si alza bruscamente e va in bagno. B�renger lo segue con lo sguardo. Voce
dal bagno) E' vero: c'� proprio un bernoccolo. (Ritorna. Ha l'aspetto pi� pallido e
verdastro) S�, devo aver battuto la testa.
B�RENGER: Ha una brutta cera, lo sa? Pallido e verde.
JEAN: Lei proprio ci tiene a dirmi delle cose spiacevoli. S'� guardato nello
specchio, lei?
B�RENGER: Mi scusi, non volevo offenderla.
JEAN (svolto seccato): Non si direbbe.
B�RENGER Ha il respiro agitato, mi sembra. Le fa male la gola? (Jean va a sedersi
sul letto). Forse ha l'angina.
JEAN: E perch� dovrei avere l'angina?
B�RENGER: Non c'� niente di infamante, anch'io ho avuto delle angine. Mi lasci
sentire il polso.

B�renger si alza e prende il polso a Jean.

JEAN (con voce sempre pi� rauca): Oh, passer�.


B�RENGER: Il polso � molto regolare: non si preoccupi.
JEAN: Ma non sono affatto preoccupato. Perch� dovrei esserlo?
B�RENGER: Ma s�, ha ragione. Qualche giorno di riposo, e star� di nuovo benissimo.
JEAN: Non ho tempo di riposarmi: devo pensare a procurarmi il cibo.
B�RENGER: Ecco, vede? Se ha fame vuol dire che non � niente di grave. Per� farebbe
meglio a riposarsi per qualche giorno, per prudenza. Ha chiamato il dottore?
JEAN: Non ho nessun bisogno del dottore.
B�RENGER Ma s�, invece: bisogna chiamare il dottore.
JEAN: Non vorr� chiamare il dottore se non voglio chiamare il dottore! Mi curo da
solo, io!
B�RENGER: Fa male a non credere nella medicina.
JEAN: I dottori s'inventano malattie che non esistono.
B�RENGER: Be', l'intenzione � buona: lo fanno per il piacere di curare il prossimo.
JEAN: S'inventano le malattie, s'inventano le malattie!
B�RENGER: Pu� anche darsi che se le inventino. Per� guariscono le malattie che
inventano.
JEAN: Io ho fiducia solo nei veterinari.
B�RENGER (che aveva finito di tastare il polso di Jean, lo prende nuovamente):
Strano, mi pare che le vene siano un po' gonfie.
JEAN: E' un segno di energia.
B�RENGER Certo, � un segno di buona salute e di energia. Per�...

Osserva da vicino l'avambraccio.

JEAN (si libera con forza): Che le prende di guardarmi come se fossi uno strano
animale?
B�RENGER: La pelle...
JEAN: Che diavolo le importa della mia pelle? Mi occupo della sua, io?
B�RENGER: Si direbbe... si direbbe che stia cambiando colore a vista d'occhio....
diventa verde... (Vuole riprendere la mano a Jean) ... e anche spessa.
JEAN (tira indietro la mano): E non mi palpi cos�! Che le salta in mente? Lei mi ha
seccato.
B�RENGER (tra s�): Forse � pi� grave di quanto immaginavo. (A Jean) Bisogna
chiamare il dottore.
Va verso il telefono.

JEAN: Lasci stare il telefono. (Si precipita verso B�renger e lo respinge. Questi
barcolla). E s'immischi degli affari suoi!
B�RENGER: D'accordo, d'accordo. Lo facevo solo per il suo bene.
JEAN (tossisce e respira raucamente): So benissimo qual � il mio bene.
B�RENGER: Ma lei respira con difficolt�!
JEAN: Respiro come posso! Se non le va il mio modo di respirare, a me non va il
suo. Lei respira troppo piano, non si sente neppure, si direbbe che stia per
crepare da un momento all'altro.
B�RENGER: Certo, non sono forte come lei.
JEAN: Appunto. Io non la mando mica dal dottore per farsi dare un ricostituente.
Ognuno fa quel che gli pare.
B�RENGER: Va bene, non se la prenda. Sa che io le sono amico.
JEAN: L'amicizia non esiste. Non credo alla sua amicizia.
B�RENGER: Lei mi offende.
JEAN: E lei non si offenda.
B�RENGER: Ma caro Jean...
JEAN: E non sono il caro Jean di nessuno!
B�RENGER: E' una vera crisi di misantropia!
JEAN: Va bene, sono misantropo, misantropo, misantropo... mi va di essere
misantropo!
B�RENGER: Lei � ancora offeso con me per la discussione di ieri... s�, lo ammetto,
� stata colpa mia... � appunto per questo che sono venuto, per farle le mie scuse
e...
JEAN: Di che discussione sta parlando?
B�RENGER: Ma s�, gliel'ho gi� detto. Il rinoceronte, no?
JEAN (senza ascoltare B�renger) Per esser sincero, non � che io odi gli uomini, mi
sono indifferenti, ecco, oppure mi fanno schifo... ma guai se mi vengono tra i
piedi: li schiaccio!
B�RENGER: Lei sa che io non cercher� mai di intralciarla.
JEAN: So dove voglio arrivare, io. E vado dritto al mio scopo.
B�RENGER: S�, s�, lei ha perfettamente ragione. Per� credo che stia attraversando
una crisi morale. (Dalla precedente battuta, Jean cammina per la stanza come una
bestia in gabbia, da una parete all'altra. B�renger lo osserva e, di quando in
quando, si sposta per evitarlo. La voce di Jean diventa sempre pi� rauca). Si
calmi... si calmi...
JEAN: Mi sentivo a disagio con il vestito, e adesso anche il pigiama mi d�
fastidio.

Slaccia e richiude rapidamente la giacca del pigiama.

B�RENGER: Ah, ma che cos'ha sulla pelle?


JEAN: Uff! Ancora la mia pelle? E' la mia e non la cambierei certo con la sua.
B�RENGER: Mi sembra cuoio!
JEAN: E' pi� robusta. Resiste meglio alle intemperie.
B�RENGER: Lei � sempre pi� verde...
JEAN: Lei ha la mania dei colori, oggi! Allucinazioni, lei ha di nuovo bevuto!
B�RENGER: Ho bevuto ieri, oggi no.
JEAN: E' il risultato di un passato di stravizi!
B�RENGER: Le ho promesso di emendarmi, e manterr� la promessa, perch� io seguo i
consigli degli amici come lei. E non mi umilia affatto, anzi!
JEAN: Me ne infischio. Brr...
B�RENGER: Che ha detto?
JEAN: Niente. Faccio �brr�... mi diverte.
B�RENGER (fissa Jean negli occhi): Lo sa che cos'� successo a Boeuf? E' diventato
un rinoceronte!
JEAN: Che cos'� successo a Boeuf?
B�RENGER: E' diventato un rinoceronte.
JEAN (facendosi vento con la giacca del pigiama): Brr...
B�RENGER: Su, la smetta di scherzare.
JEAN: E mi lasci respirare, ne avr� pure il diritto, no? Sono a casa mia!
B�RENGER: E chi le dice niente?
JEAN: Fa bene a non contraddirmi. Uff, che caldo! Che caldo! Brr... Un momento:
vado a rinfrescarmi in bagno.

B�RENGER (mentre Jean si precipita in bagno): E' la febbre.

Jean � in bagno e lo si sente ansare. Rumore dell'acqua che scorre.

JEAN (dall'altra stanza): Brr...


B�RENGER: Ha i brividi. Telefono al dottore, non c'� altro da fare.

Si dirige di nuovo verso il telefono, poi si arresta bruscamente sentendo la voce


di Jean.

JEAN: Cos� quel bravo Boeuf � diventato un rinoceronte. Ah, ah, ah! ... Vi ha preso
tutti in giro... si � mascherato. (Sporge la testa dalla porta socchiusa del bagno.
E' verdissimo. Il bernoccolo sul naso � cresciuto) ... si � mascherato.
BERENGER (cammina per la stanza, senza guardare Jean): Le garantisco che sembrava
proprio una cosa seria.
JEAN: Be', comunque, sono affari suoi.
B�RENGER (si volta verso Jean che sparisce ancora in bagno): No, non pu� averlo
fatto apposta. II cambiamento avvenuto contro la sua volont�.
JEAN (dal bagno): Perch�, che ne sa lei?
B�RENGER: Tutto lo lascia credere.
JEAN: E se l'avesse fatto apposta, eh? Se l'avesse fatto apposta?
B�RENGER: Mi stupirebbe. Comunque la signora Boeuf non lo sapeva di certo.
JEAN (con voce molto rauca): Ah! ah! ah! Quella cicciona della signora Boeuf! Ma
s�, � una stupida!
B�RENGER: Che sia stupida o no...

Jean entra rapidamente, si toglie la giacca del pigiama e la getta sul letto.
B�renger si volta con discrezione: Jean ha ora il petto e la schiena completamente
verdi.

JEAN (entrando ed uscendo dal bagno): Boeuf non raccontava mai i fatti suoi alla
moglie...
B�RENGER: Lei si sbaglia: � una coppia molto unita, invece.
JEAN: Unita? Ne � proprio sicuro? Hum, hum, brr...

B�renger va verso il bagno, ma Jean lo previene e gli sbatte la porta sul naso.

B�RENGER: S�, molto unita. E la prova � che appunto...


JEAN (dal bagno): Boeuf aveva una vita propria. Si era scavato un angolino segreto
in fondo al cuore.
B�RENGER: Non dovrei farla parlare, mi pare che le faccia male.
JEAN: No, anzi, mi libera.
B�RENGER: In ogni modo, la prego, mi lasci telefonare al dottore.
JEAN: Glielo proibisco nel modo pi� assoluto. Non mi va la gente testarda! (Rientra
nella stanza. B�renger indietreggia spaventato perch� Jean � diventato ancora pi�
verde e parla con molta difficolt�. La sua voce � irriconoscibile) ... e poi, che
sia diventato rinoceronte volente o nolente, � tanto di guadagnato per lui.
B�RENGER: Ma, amico mio, che dice mai? Come pu� pensare che...
JEAN: Lei vede sempre il male dappertutto. Se gli fa piacere diventare un
rinoceronte, meglio per lui! Che c'� di strano?
B�RENGER: Certo, non c'� niente di strano. Ma io dubito che una cosa simile possa
fargli piacere.
JEAN: E perch� no?
B�RENGER: Be'... � difficile da spiegare, ma mi pare chiaro.
JEAN: Le ripeto che pu� anche essere piacevole. Dopotutto i rinoceronti sono delle
creature come noi e hanno diritto di vivere esattamente quanto noi!
B�RENGER: S�, a patto che lascino vivere chi rinoceronte non �. Ma si rende conto
della differenza di mentalit�?
JEAN (mentre passeggia per la stanza ed entra ed esce dal bagno): Perch�? Crede che
la nostra sia meglio?
B�RENGER: Ma noi abbiamo una morale umana che ritengo incompatibile con quella di
quegli animali.
JEAN (come sopra): La morale! Gliela raccomando, la morale! Ne ho abbastanza della
morale; bella roba! Dobbiamo andare oltre la morale!
B�RENGER: E con che cosa vuole sostituirla?
JEAN (come sopra): Con la natura,
B�RENGER: La natura?
JEAN (come sopra): Certo. La natura ha le sue leggi. La morale � contronatura.
B�RENGER: Se ho capito bene, lei vorrebbe sostituire la legge morale con la legge
della giungla!

JEAN: E' l�, � l� che andr� a vivere...


B�RENGER: Per modo di dire. Ma in fondo, nessuno di noi...
JEAN (va e viene. Lo interrompe) Dobbiamo ricostruire le basi della nostra
esistenza... dobbiamo ritornare ai primordi.
�RENGER: Non sono affatto d'accordo con lei.
JEAN (respiro affannoso): Voglio respirare!
BPRENGER: Ma rifletta un momento: si rende conto che abbiamo una filosofia che
quegli animali non posseggono, e una scala di valori che non si pu� abolire? Ci
sono soluti secoli di umana civilt� per costruirla!
JEAN (in bagno) Demoliamo tutto quanto, staremo meglio!
B�RENGER: Ma lei non dice sul serio. Lei sta scherzando, lei fa della poesia...
JEAN: Brr!
B�RENGER: ... e dire che non sapevo che lei fosse un poeta.

Quasi un barrito.

JEAN (esce dal bagno): Brr!...

Barrito.

B�RENGER: Ma la conosco troppo bene per credere che lei pensi veramente quello che
dice. Perch� lei sa benissimo che l'uomo...
JEAN (lo interrompe): ... l'uomo! Non dica pi� questa parola!
B�RENGER: Voglio dire, l'essere umano, l'umanesimo...
JEAN: L'umanesimo � finito! E lei � un ridicolo romantico!

Rientra in bagno.

B�RENGER: E tuttavia, lo spirito...


JEAN (dal bagno): Luoghi comuni! Lei dice delle sciocchezze!
B�RENGER: Sciocchezze?
JEAN (dal bagno con voce molto rauca, quasi incomprensibile): Ma certo:
sciocchezze!
B�RENGER: Mi stupisce di sentirle dire certe cose, caro Jean. Che cosa ha in testa?
S�, dico, le piacerebbe davvero essere un rinoceronte?
JEAN: E perch� no? Non ho i pregiudizi che ha lei, io.
B�RENGER: Parli pi� chiaro. Non capisco. La sua pronuncia � confusa.
JEAN (dal bagno): E lei apra le orecchie!
B�RENGER Come?
JEAN: Apra le orecchie! Ho detto: �Perch� non essere un rinoceronte? Mi piacciono i
cambiamenti�.
B�RENGER: Certe cose da lei non me le sarei mai aspettate... (Si interrompe perch�
Jean appare, sfigurato. E' diventato completamente verde. Il bernoccolo sulla
fronte si � quasi trasformato in un corno di rinoceronte), Oh, ma lei sta
letteralmente perdendo la testa! (Jean si precipita sul letto, getta per terra le
coperte, pronuncia parole furiose e incomprensibili, emette suoni strani). Non si
arrabbi: calma, calma! Non la riconosco pi�!
JEAN (quasi incomprensibile): Caldo.. troppo caldo... demolire tutto!... Vestito
gratta, vestito gratta...

Lascia cadere i pantaloni del pigiama.

B�RENGER: Ma che fa? Non la riconosco pi�! Lei che era sempre cos� pudico...
JEAN: La palude! La palude!
B�RENGER: Ma mi guardi! Riesce ancora a vedermi? Mi capisce?
JEAN: Vedo benissimo! Capisco benissimo!

Si lancia a testa bassa verso B�renger, che si scansa.

B�RENGER: Attento!
JEAN (ansando forte): Mi scusi!

Si precipita in bagno.

B�RENGER (fa per uscire dalla porta di sinistra, poi fa mezzo giro su se stesso e
segue Jean in bagno): Non posso lasciarlo in questo stato, � un amico! (Dal bagno)
Telefono al dottore: � indispensabile, mi creda � assolutamente indispensabile!
JEAN (dal bagno): No!
B�RENGER (come sopra): S�, invece! Si calmi, Jean! Su, non faccia cos�! Oh... il
corno sulla fronte si allunga a vista d'occhio!... � un rinoceronte!!
JEAN (come sopra): Ti schiaccer�! Ti schiaccer�!

Fracasso in bagno. Barriti. Rumore di oggetti e di specchio infranto. Riappare


B�renger, terrorizzato, che chiude a stento la porta del bagno, vincendo la
resistenza che si suppone dall'altra parte.

B�RENGER (spingendo la porta del bagno): E' un rinoceronte! E' un rinoceronte!


(Riesce infine a chiudere del tutto la porta. Ha la giacca forata da una cornata.
Nello stesso istante in cui � riuscito a chiudere la porta, il corno del
rinoceronte la sfonda. Mentre la porta vacilla sotto i colpi tremendi dell'animale,
e il fracasso prosegue in bagno, donde provengono barriti, frasi sconnesse come
�Schifoso�, �Lo ammazzo!�, eccetera, B�renger si precipita verso la porta di
destra) Non me lo sarei mai aspettato da lui! (Apre l'ingresso sulla scala e bussa
alla porta del pianerottolo, ripetutamente) Aiuto! C'� un rinoceronte in casa!
Chiamate la polizia!

La porta si apre.

VECCHIETTO: Che le prende?


B�RENGER: Chiami la polizia! Un rinoceronte in casa!
VOCE DELLA MOGLIE DEL VECCHIETTO: Che c'�, Jean? Perch� fai tanto baccano?
VECCHIETTO (alla moglie): Non capisco che cosa vuole. Dice che ha visto un
rinoceronte.
B�RENGER: Ma s�! Qui in casa! Chiamate la polizia!
VECCHIETTO (seccato): Giovanotto, che le salta in testa di disturbare cos� la
gente? Bella educazione!

Gli sbatte la porta in faccia.


B�RENGER (si precipita per la scala): Portinaio! Portinaio! C'� un rinoceronte in
casa! Chiami la polizia! Portinaio!... (La porta della portineria si apre. Appare
una testa di rinoceronte). Un altro! (Risale di volata le scale. Vuol entrare nella
stanza di Jean, poi esita, si dirige ancora verso la porta del vecchietto che,
nello stesso astante si apre. Si affacciano due piccole teste di rinoceronte). Mio
Dio! (Entra in camera di Jean, mentre la porta del bagno continua ad essere
scrollata. Si lancia verso la finestra di proscenio, accennata da un semplice
riquadro, e si arresta, di fronte al pubblico. E' sfinito. Barcolla, balbetta) Ah,
Dio mio! Dio mio! (Con grande sforzo scavalca la finestra, ma quando � gai passato
dall'altra parte del riquadro, la riscavalca vivamente perch�, nello stesso
istante, si vede un gran numero di corna di rinoceronte affiorare dalla fossa
d'orchestra e passare a tutta velocit�. Si ritira di scatto e guarda un attimo
dalla finestra) Adesso ce n'� un intero branco sul viale! Un'armata di rinoceronti
che galoppa per la strada!... (Guarda a destra e a sinistra) Come uscire? Come
uscire?... Se almeno stessero in mezzo alla strada! Ma la occupano tutta, persino i
marciapiedi! Dove uscire, come uscire!... (Si dirige atterrito verso le varie
porte, verso la finestra, mentre la porta del bagno continua a tremare e si sente
Jean barrire e brontolare insulti incomprensibili. La sua mimica continua per
alcuni minuti: ogni volta che fa un tentativo di fuga, dirigendosi verso la porta
dei vecchietti o sulla scala, si scontra con teste di rinoceronte che barriscono e
che lo obbligano a retrocedere. Va un'ultima volta alla finestra) Un intero branco
di rinoceronti! E poi dicono che il rinoceronte vive in solitudine! E' falso! E'
una nozione sbagliata! Ah! Hanno demolito tutte le panchine del viale! ...
(Torcendosi le mani) Come fare? Come fare?! (Si dirige nuovamente verso le diverse
uscite, ma la vista dei rinoceronti lo fa indietreggiare. Ora � dinanzi alla porta
del bagno che minaccia di crollare. Allora si lancia contro la parete del fondo che
cede e si squarcia. Dalla breccia, si vede la strada. Fugge, urlando) I
rinoceronti! I rinoceronti!!

Fracasso della porta del bagno che sta per crollare.

SIPARIO

ATTO TERZO.
La pianta della scena � quasi identica a quella della scena precedente. Camera di
B�renger. La stanza ricorda molto da vicino quella di Jean. Soltanto alcuni
particolari diversi - uno o due mobili in pi� - ci indicheranno che si tratta di
un'altra camera. A sinistra la scala e il pianerottolo. Infondo al pianerottolo,
una porta. Non c'� portineria. Sul fondo, un divano. Una poltrona, un tavolino con
sopra il telefono, magari un altro tavolo e una sedia. La finestra sulla parete del
fondo � aperta. Riquadro stilizzato di una finestra in proscenio. B�renger,
vestito, � allungato sul divano, spalle al pubblico. Ha la testa fasciata, pare
dormire. Sta facendo un brutto sogno perch� lo si sente gemere durante il sonno.

B�RENGER: No! (Pausa). Le corna, attenti alle corna! (Pausa. Rumore di molti
rinoceronti che passano in strada, sotto la finestra in fondo). No! (Cade a terra e
si dibatte nell'incubo. Di colpo si sveglia. Porta la mano alla fronte, allucinato:
poi si alza e va verso lo specchio. Il frastuono esterno si allontana. B�renger
solleva un poco la benda sulla fronte. Con un sospiro di sollievo constata che non
ha nessun bernoccolo in fronte. E' incerto: va verso il divano, si sdraia, si
rialza immediatamente. Poi va verso il tavolo, prende la bottiglia di cognac e un
bicchiere e fa per versarsi da bere. Dopo un breve conflitto interiore rinuncia e
posa bottiglia e bicchiere) Un po' di volont�, eh? Volont�! (Sta per andare
nuovamente verso il divano, quando da fuori si sentono ancora i rumori della folle
corsa dei rinoceronti che passano sotto la finestra del fondo. Porta una mano al
cuore, con spavento) Oh! (Va verso la finestra del fondo, guarda un attimo, poi,
con rabbia, la chiude. I rumori si dissolvono. B�renger va verso il tavolino, esita
un istante, poi, con una mimica che significa �Tanto peggio!�, si versa un
bicchiere pieno di cognac e lo beve in un sorso. Posa bottiglia e bicchiere.
Tossisce. Si deve notare che la sua tosse lo preoccupa. Tossisce ancora e si
ascolta tossire. Si guarda ancora allo specchio, tossendo, poi apre la finestra.
Ansare dei pachidermi in aumento. B�renger tossisce) No! � tutto diverso! (Si
calma, chiude la finestra, si tocca la fronte sopra le bende, va verso il divano,
siede, sembra addormentarsi. Frattanto si scorge Dudard salire gli ultimi gradini
della scala, arrivare sul pianerottolo e bussare alla porta di B�renger, che
sussulta) Che c'�?
DUDARD: Sono venuto a trovarla, B�renger, sono venuto a trovarla.
B�RENGER: Ma chi �?
DUDARD: Sono io, sono io.
B�RENGER: Chi, io?
DUDARD: Io, Dudard.
B�RENGER: Ah, � lei. Avanti.
DUDARD: Non disturbo? (Cerca di aprire) E' chiusa a chiave.
B�RENGER: Un momento. Uff, che barba!

Va ad aprire.

DUDARD (entra): Salve, B�renger.


B�RENGER: Salve, Dudard. Ma che ora �?
DUDARD: E cos�? Sempre barricato in casa? Come si sente, un po' meglio?
B�RENGER Mi scusi: non avevo riconosciuto la sua voce. (Va ad aprire la finestra)
S�, s�, va un po' meglio, o almeno, spero.
DUDARD: La mia voce non � cambiata, io ho riconosciuto subito la sua.
B�RENGER: Mi scusi: mi pareva... s�, � vero, la sua voce � sempre uguale... E la
mia, non � mica diversa per caso?
DUDARD: E perch� dovrebbe essere diversa?
B�RENGER: Non sono mica un po'... un po' rauco?
DUDARD: No, non mi pare.
B�RENGER: Tanto meglio. Mi tranquillizza.
DUDARD: Ma che cos'ha?
B�RENGER: Non so... non si sa mai. La voce pu� cambiare, succede, purtroppo!
DUDARD: Perch�? Ha preso freddo anche lei?
B�RENGER: No, spero proprio di no... ma si accomodi, caro Dudard, si accomodi. Si
metta in poltrona.
DUDARD (siede in poltrona): Sta sempre poco bene? Ha ancora mal di testa?

Indica la testa fasciata di B�renger.

B�RENGER: Ma s�, ho ancora mal di testa. Ma non ho un bernoccolo, non ho affatto


picchiato la testa, vero?

Solleva la benda e mostra la fronte a Dudard.

DUDARD: No, non ha nessun bernoccolo. Non vedo niente.


B�RENGER: E spero di non averne mai. Mai!
DUDARD: Ma... se non picchia la testa, come potrebbe venirle un bernoccolo?
B�RENGER Gi�, infatti: basta non picchiarla. E io non la picchier� assolutamente!
DUDARD: Ma certo, basta starci attenti. Ma che le succede? La trovo nervoso,
agitato. Dev'essere l'emicrania. Cerchi di evitare il movimento, vedr� che sentir�
meno il dolore.
B�RENGER Un'emicrania? Non mi parli di emicrania! Non la nomini nemmeno!
DUDARD: Ma � pi� che logico che lei abbia l'emicrania dopo un tale spavento.
B�RENGER: Ah, s�, stento proprio a riprendermi!
DUDARD: Appunto: non c'� niente di straordinario se un po' di mal di testa.
B�RENGER (si precipita allo specchio, solleva la fasciatura): No, niente! Sa:
comincia sempre cos�...
DUDARD: Che cosa comincia cos�?
B�RENGER: Ho... ho paura di diventare un altro.
DUDARD: Su, si calmi, si rimetta a sedere. A camminare cos�, avanti e indietro per
la stanza, i nervi ci vanno di mezzo.
B�RENGER: Si, certo, ha ragione... calma. (Siede) Non riesco ancora a capacitarmi.
DUDARD: Per il fatto di Jean? Eh, lo credo.
B�RENGER: Per Jean e anche per gli altri.
DUDARD: Eh, capisco che dev'essere stato un colpo.
B�RENGER: Succede per molto meno, lo ammetter� anche lei.
DUDARD: S�, certo, per�, non bisogna poi esagerare: non � una buona ragione perch�
lei...
B�RENGER: Avrei voluto vedere lei al mio posto! Jean era il mio migliore amico.
Questo voltafaccia a vista d'occhio, questa furia improvvisa!
DUDARD: Naturale, � stata una brutta esperienza. Ma non ci pensi pi�, tanto non
serve a niente.
B�RENGER: Non pensarci pi�... � una parola! Era un ragazzo cos� umano, un grande
difensore dell'umanesimo. Chi l'avrebbe mai detto! Lui, proprio lui! Ci conoscevamo
da... da sempre. Non mi sarei mai sognato che sarebbe cambiato in quel modo! Ero
pi� sicuro di lui che di me stesso!... Ah, farmi una cosa simile, a me!
DUDARD: Non penser� che ce l'avesse proprio con lei!
B�RENGER: Eppure... se l'avesse visto scatenato!... e la sua espressione, poi...
DUDARD: Be', � toccato a lei perch� per caso era a casa sua. Ma sarebbe successo
nello stesso modo anche con un altro.
B�RENGER: Ma davanti a me... almeno per rispetto a tutti i comuni ricordi... poteva
controllarsi, mi pare!
DUDARD: Lei crede di essere il centro dell'universo, pensa sempre che tutto quello
che succede riguardi lei personalmente! Ma non � mica il polo magnetico!
B�RENGER: Sar�. Cercher� di farmi una ragione. Per�, il fenomeno, anche preso a s�,
� inquietante. A me, per dirle la verit�, fa paura. Come lo spiega, lei?
DIIDARD: Ecco... per il momento non ho ancora trovato una spiegazione che mi
soddisfi. Cos� mi limito a constatare i fatti e a prenderne atto. E poi, dal
momento che la cosa esiste, ci sar� bene una spiegazione, no? Curiosit� di natura,
bizzarrie, stravaganze, forse solo un gioco, chiss�?
BP:RENGER: Jean aveva molto orgoglio. Io invece, non ho ambizioni: mi accontento di
ci� che sono.
DUDARD: Forse gli piaceva l'aria aperta, la campagna, il cielo... forse sentiva il
bisogno di lasciarsi andare... Non lo dico per scusarlo...
B�RENGER: S�, capisco, o per lo meno, mi sforzo di capire. Ma anche se mi
accusassero di non avere una mentalit� aperta, di essere solo un piccolo borghese,
chiuso nel suo gretto mondo, non cambierei la mia opinione.
DUDARD: Ma naturale: nessuno ha voglia di cambiare. E. allora perch� se la prende
tanto per qualche caso di rinocerontite? Magari � una malattia.
B�RENGER: Appunto: ho paura che sia contagiosa.
DUDARD: Bah, non ci pensi pi�! Sul serio, lei d� troppa importanza alla cosa, Il
caso di Jean non � poi cos� sintomatico, non significa ancora niente, lei stesso
diceva prima che Jean era un ambizioso. Ebbene, secondo me - scusi se parlo male di
un suo amico - era un irrequieto, un eccentrico, un po' orso... non ci si pu�
basare su certi originali. E' la media che conta.
B�RENGER: Allora � tutto chiaro. Poco fa lei diceva di non essere riuscito a
spiegare il fenomeno; ma questo � un motivo pi� che plausibile, mi pare. Certo che
per arrivare a quel punto deve aver avuto una crisi, un eccesso di pazzia... Eppure
ragionava perfettamente, dava l'impressione di aver ponderato bene la cosa, di aver
preso una seria decisione... Ma Boeuf? Anche Boeuf era pazzo? E gli altri? Gli
altri?
DUDARD: Resta l'ipotesi dell'epidemia. Sar� come l'influenza. Le epidemie non sono
una novit�.
B�RENGER: D'accordo, ma nessuna � mai stata come questa. E se venisse dall'Africa -
che so? - dalle Colonie?
DUDARD: Comunque non vorr� sostenere che anche Boeuf e tutti gli altri hanno fatto
quel che han fatto, e sono diventati quel che sono diventati, apposta per far
dispetto a lei. Non si sarebbero dati tanta pena, creda a me.
B�RENGER: S�, quel che lei dice � giusto, � una parola rassicurante... o forse
invece, � ancora pi� grave? (Si sentono i rinoceronti galoppare sotto la finestra
del fondo). Ecco: li sente?

Si precipita alla finestra.

DUDARD: E li lasci stare! (B�renger chiude la finestra). Che cosa fanno poi per
darle tanto fastidio? E' una vera ossessione la sua! No, cos� non va: lei si rovina
i nervi. D'accordo, ha avuto uno choc. Ma adesso, basta. Adesso cerchi di
rimettersi in sesto.
B�RENGER: Mi domando se sono immunizzato.
DUDARD: Mah... in ogni modo non � mortale. Ci sono certe malattie salutari. Io sono
convinto che, se uno vuole, pu� guarire. Vedr�, passer� anche a loro.
B�RENGER: S�, ma lascer� certo dei postumi! Un tale squilibrio organico non pu� non
lasciare il segno.
DUDARD: E' un fatto passeggero, non c'� da allarmarsi.
B�RENGER: E' proprio sicuro?
DUDARD: Mah,.. credo, suppongo...
B�RENGER: Ma se proprio non ci si vuole ammalare - capisce? - se assolutamente non
ci si vuole ammalare di questa malattia che in sostanza � una malattia nervosa...
allora non ci si ammala, non ci si ammala!.. Prende un goccio di cognac?

Va verso la tavola dove si trova il cognac.

DUDARD: No, grazie, non si disturbi. Ma se lei ne ha voglia, non faccia


complimenti... Attento, per�, perch� � facile che le aumenti il mal di testa, dopo.
B�RENGER: L'alcol protegge dalle epidemie. Rende immuni. S�, per esempio, distrugge
i microbi dell'influenza.
DUDARD: Be'... non � che distrugga tutti i microbi di tutte le malattie. Per la
rinocerontite non sappiamo ancora che effetto fa.
B�RENGER: Jean non beveva mai alcolici. Almeno, cos� diceva. Forse � proprio per
questo che... s�, dico, forse questo pu� spiegare il suo contegno. (Porge un
bicchiere pieno a Dudard) Davvero non ne vuole?
DUDARD: No, grazie, Non bevo mai prima dei pasti. (B�renger vuota il bicchiere e
continua a tenerlo in mano, con la bottiglia. Tossisce). Vede? Vede? Non lo
sopporta: la fa tossire.
B�REIVGER (preoccupato): Gi�, mi fa tossire. Come ho tossito?!
DUDARD: Ha tossito come chi beve qualcosa di forte.
B�RENGER (posa sul tavolo il bicchiere e la bottiglia): Non era una tosse un po'
strana? Era proprio una vera tosse umana?
DUDARD: Ma che diavolo va a pensare? Se era una tosse umana?... e che altro tipo di
tosse poteva essere?
B�RENGER: Be', non so... forse una tosse bestiale... Che lei sappia, il rinoceronte
tossisce?
DUDARD: Ma andiamo B�renger, lei � ridicolo con queste storie, lei si pone dei
problemi completamente assurdi... Le ricordo che proprio lei ha detto che la
volont� � la miglior difesa contro tutto questo.
B�RENGER: S�, certo.
DUDARD: Ebbene, dimostri di avere della volont�.
B�RETIGER: Le assicuro che ne ho...
DUDARD: Ma prima lo dimostri a se stesso... ecco, tanto per cominciare, non beva
pi� cognac... si sentir� pi� sicuro di s�.
B�RENGER: Lei non vuol capirmi. Le ripeto che io bevo solo perch� preserva dal
peggio, unicamente per questo: � tutto calcolato. Quando finir� l'epidemia non
berr� pi�. Prima di questi avvenimenti avevo gi� preso la decisione di smetterla.
Ora la rimando, provvisoriamente.
DUDARD: Lei cerca solo delle scuse.
B�RENGER: Ah, s�, lei crede?... In ogni modo questo non ha niente a che vedere con
quanto sta succedendo.
DUDARD: E chi lo sa?
B�RENGER (con terrore): Come? Lei davvero pensa che ci sia un rapporto? Lei crede
che l'alcol prepari il terreno a ...? Non sono un alcolizzato! (Va verso lo
specchio, si guarda attentamente) Non avr� per caso... (Si passa la ;nano sulla
faccia, si tocca la fronte sotto la benda) No, niente di nuovo, non mi ha fatto
male... questo prova che fa bene o per lo meno che � una cosa innocua.
DUDARD: Ma andiamo, caro B�renger, io scherzavo! Lei vede tutto nero. Stia attento,
lei finir� per diventare nevrastenico. Appena si sar� ripreso dallo choc, dalla
depressione, e potr� uscire a prendere una boccata d'aria, vedr� che tutto andr�
meglio. E le sue angosce spariranno.
BERENGER: Uscire? Gi�, dovr� pur uscire. La sola idea mi d� i brividi. Ne
incontrer� sicuramente...
DUDARD: E con questo? Basta non tagliargli la strada, scansarsi in tempo. Del resto
non sono poi tanti.
B�RENGER: Ma se non vedo altro! Lei adesso dir� che la mia � una fissazione
morbosa.
DUDARD Non attaccano l'uomo. A lasciarli stare, neanche ti guardano. In fondo non
sono cattivi. Anzi, c'� in loro come una ingenuit� naturale, s�, una specie di
candore. D'altronde io stesso per venir qui ho fatto a piedi tutto il viale. E,
come vede, sono sano e salvo: non ho avuto nessun incidente.
B�RENGER: A me, solo a vederli, mi mettono l'agitazione addosso. E' un fatto
nervoso. Non � che facciano rabbia, no, non ci si deve arrabbiare, la collera pu�
portarci chiss� dove, io ci sto attento, ma mi fa un certo effetto qui... (si tocca
il cuore) ... mi si stringe il cuore, ecco!
DUDARD: Be', fino a un certo punto si pu� anche capire. Ma lei � troppo
impressionabile. Lei non ha il senso dell'umorismo; s�, � questo il suo difetto pi�
grave: lei non ha il senso dell'umorismo. Bisogna prender le cose pi� alla leggera,
con maggior distacco.
B�RENGER: E' che io mi sento sempre solidale con tutto quello che succede. Io
partecipo, non posso restare indifferente.
DUDARD: Non giudicate se non volete essere giudicati. E poi, se ce la prendessimo
per tutto quello che succede, non vivremmo pi�.
B�RENGER: Gi�, ma vede, se questo fosse successo altrove, in un altro paese, se
l'avessimo letto sui giornali, allora potremmo discuterne tranquillamente, studiare
la questione sotto tutti i suoi aspetti, e arrivare anche a trarne delle
conclusioni obiettive. Si organizzerebbero dei convegni accademici, si
interpellerebbero scienziati, scrittori, magistrati, professoresse, artisti. E
anche la gente qualunque: sarebbe interessante, appassionante, istruttivo. Ma
quando si � presi nell'ingranaggio... quando ci si trova di colpo dinanzi alla
brutale realt� dei fatti... non � possibile non sentirsi parte in causa, si �
troppo scossi per conservare il sangue freddo. Io sono sbalordito, sbalordito,
assolutamente sbalordito! Non ci capisco pi� niente!
DUDARD: S�, anch'io sono sbalordito come lei. O meglio, lo ero. Adesso comincio ad
abituarmi.
B�RENGER: Si vede che lei ha un sistema nervoso meglio equilibrato del mio. Beato
lei. Ma non le pare una cosa triste che...
DUDARD (interrompe): Intendiamoci, io non dico che sia un fatto positivo. E non
creda che sia poi del tutto d'accordo con i rinoceronti...

Nuovi rumori di rinoceronti che passano, ma questa volta sotto il riquadro della
finestra di proscenio.

B�RENGER (sussulta): Eccoli di nuovo! Eccoli di nuovo! No, no, � inutile: non
riesco ad abituarmi! Forse avr� torto, ma � pi� forte di me: mi preoccupano
talmente che non posso pi� dormire. Soffro d'insonnia. Cos� dormicchio di giorno,
tanto sono stanco.
DUDARD: E lei prenda dei sonniferi.
B�RENGER: Non � una soluzione. Se dormo � ancora peggio. Li sogno di notte, ho
degli incubi.
DUDARD: Ecco cosa vuol dire prender le cose al tragico. Dica la verit�, lei ci
piglia gusto a tormentarsi cos�.
B�RENGER: Le giuro che non sono un masochista.
DUDARD: E allora sia superiore, li ignori. Dal momento che � cos�, non pu� essere
altrimenti.
B�RENGER: Ma questo � fatalismo!
DUDARD: No, � saggezza. Se un simile fenomeno succede, esiste certamente un buon
motivo perch� succeda. E questo motivo che dobbiamo sforzarci di capire.
B�RENGER (si alza): Ebbene, io non accetto questa situazione.
DUDARD: E che vuol farci? Che cosa pensa di fare?
B�RENGER Per ora, non so. Ci penser�. Mander� delle lettere ai giornali, scriver�
degli appelli, solleciter� un'udienza dal sindaco, o dal vicesindaco, se il sindaco
ha troppo da fare.
DUDARD: Lasci che le autorit� facciano la loro parte. Dopotutto mi domando se,
moralmente, lei ha il diritto di immischiarsi nella faccenda. E, d'altra parte, io
continuo a credere che non sia niente di grave. Mi pare assurdo agitarsi tanto
perch� qualche persona ha voluto cambiar pelle. Non stavano pi� bene nella loro.
Sono liberi, facciano quel che gli pare.
B�RENGER: Eh, no! Bisogna tagliare il male alla radice!
DUDARD: Il male, il male! Parola vuota! Lo sappiamo noi che cos'� il bene e che
cos'� il male? Certo, abbiamo delle preferenze. Lei ha paura soprattutto per s�,
questa � la verit�. Ma non diventer� mai un rinoceronte... le manca la vocazione!
B�RENGER: Ecco, ecco! Se tutti i dirigenti e i concittadini la pensano come lei,
chi si decider� ad agire?
DUDARD: In ogni caso, non vorr� chiedere aiuto anche all'estero. E' un fatto
interno, riguarda soltanto il nostro paese.
B�RENGER: Io credo alla solidariet� internazionale...
DUDARD: Lei � un donchisciotte? Ah, non lo dico in senso cattivo, non voglio
offenderla? E' per il suo bene, mi creda, solo per il suo bene: lei deve ritrovare
la calma!
B�RENGER: Mi scusi, lei ha tutte le ragioni. Sono troppo agitato, cercher� di
controllarmi. E le chiedo scusa se la trattengo e la obbligo a stare a sentire le
mie geremiadi. Perch� lei avr� certamente del lavoro da fare. A proposito: ha poi
ricevuto la mia richiesta di permesso per malattia?
DUDARD: Stia tranquillo: � tutto a posto. Del resto l'ufficio non ha ancora ripreso
la sua attivit�.
B�RENGER: Come? Non hanno ancora aggiustato la scala? Che trascuratezza! E' proprio
per questo che tutto va male!
DUIDARD: Stanno aggiustandola. Ma va per le lunghe. E' difficile trovare degli
operai. Li assumiamo, lavorano un giorno o due, poi se ne vanno. Spariti! E
dobbiamo sostituirli.
B�RENGER: E poi si lamentano della disoccupazione! Speriamo almeno di avere una
scala di cemento.
DUDARD: No, sempre di legno, ma nuova, per�.
B�RENGER: Ah, la burocrazia, la burocrazia! Buttano via i soldi, poi, quando si
tratta di fare una spesa utile, sostengono di non avere i fondi necessari. Il
signor Papillon sar� seccato. Ci teneva molto alla scala in cemento. Come ha
reagito?
DUDARD: Non abbiamo pi� capufficio. Il signor Papillon ha dato le dimissioni.
B�RENGER: Non � possibile?
DUDARD: Glielo assicuro.
B�RENGER: Molto strano... Forse � proprio per la faccenda della scala?
DUDARD: Non credo. In ogni modo, non � questo il motivo ufficiale.
B�RENGER: E allora, perch�? Che gli � successo?
DUDARID: Mah... dice che vuole andare a stare in campagna...
B�RENGER: Va in pensione? Ma non � vecchio, avrebbe potuto ancora diventare
direttore.
DUDARD: Ci ha rinunciato. Dice che aveva bisogno di riposo.
B�RENGER: La direzione generale sar� molto dispiaciuta di non averlo pi�, dovranno
sostituirlo. Tanto di guadagnato per lei, con le sue lauree ha delle buone
possibilit�, no?
DUDARD: Ecco, per dirle tutto, � buffo, ma... � diventato un rinoceronte.

Rumori lontani di rinoceronti.

B�RENGER: Un rinoceronte! Il signor Papillon � diventato un rinoceronte! Ah, questa


poi! Questa poi! Io non ci trovo niente di buffo! Ma perch� non me l'ha detto
subito?
DUDARD Vede? Lei non ha il senso dell'umorismo. Non volevo dirglielo... non
gliel'ho detto subito perch�, conoscendola bene, sapevo che lei non ci avrebbe
trovato niente di buffo. Lei � cos� impressionabile!
B�RENGER (braccia al cielo): Ah, questa poi! Questa poi! Anche il signor Papillon!
Con la posizione che aveva!
DUDARD: Be', almeno questo dimostra che la sua metamorfosi � sincera.
B�RENGER: Ah, non l'ha fatto apposta di certo: sono sicuro che si tratta di una
metamorfosi involontaria.
DUDARD: Che ne sappiamo noi? E' difficile sapere le ragioni segrete delle decisioni
del prossimo.
B�RENGER: Sar� il risultato di una frustrazione... aveva sicuramente dei complessi.
Avrebbe dovuto farsi psicanalizzare.
DUDARD: Anche se si tratta di un transfert, � un fatto rivelatore. Ognuno si
sublima come pu�.
B�RENGER: Si � lasciato trascinare, ci scommetterei.
DUDARD: Bah, pu� succedere a tutti.
B�RENGER (atterrito): A tutti? Ah, no: a lei no, vero? a lei no! E neanche a me!
DUDARD: Speriamo.
B�RENGER: Perch� se uno non vuole... � vero?... se uno veramente non vuole...
DUDARD: Ma s�, ma s�...
B�RENGER (si calma): Eppure avrei giurato che Papillon avrebbe avuto la forza di
resistere. Lo credevo un uomo di carattere! Anche perch� non riesco a capire che
interesse, interesse pratico, spirituale...
DUDARD: Il suo � un gesto disinteressato, questo � indubbio.
B�RENGER: Gi�. E' una circostanza attenuante... o non invece aggravante? Ecco il
problema. Io direi aggravante, perch� se l'ha fatto per il suo piacere... Vede:
sono sicuro che Botard, per esempio, avr� giudicato la cosa molto severamente...
che ne pensa Botard, che dice del suo capufficio?
DLDARD: Povero Botard, era indignato, offeso. Non ho mai visto un uomo tanto fuori
di s�.
B�RENGER: Be', questa volta non posso proprio dargli torto. Dopotutto Botard non �
un cretino qualsiasi. E' un uomo di buon senso. E dire che l'avevo sempre giudicato
male.
DUDARD: Anche lui la giudicava male.
B�RENGER: Questo prova la mia obiettivit� nel caso presente. Del resto, anche lei
aveva una cattiva opinione di lui.
DUDARD: Cattiva opinione... non � la parola giusta. Non ero sempre d'accordo con
lui, questo s�. Il suo scetticismo, la sua mancanza di fede, la sua diffidenza, mi
davano fastidio. Neppure questa volta, del resto, accetto fino in fondo le sue
conclusioni.
B�RENGER: S�, ma adesso per ragioni opposte.
DUDARD: Be', non � del tutto esatto. Il mio punto di vista, la mia opinione, �, mi
permetto di dirle, un po' meno grossolana di quanto lei sembra credere. Perch� in
realt� Botard non portava argomenti precisi, obiettivi. Oh, beninteso, non � che io
approvi i rinoceronti, la prego di crederlo! Per�, l'atteggiamento di Botard �
quello di sempre... troppo passionale e quindi semplicistico. La sua presa di
posizione mi pare unicamente dettata dall'odio per i superiori. Di qui, complesso
d'inferiorit�, rancore. E poi, non fa che dire frasi fatte, e a me i luoghi comuni
non piacciono.
B�RENGER: Ebbene, questa volta - non se l'abbia a male- sono pienamente d'accordo
con Botard. E' un tipo a posto, ecco!
DUDARD: Ah, non dico di no, ma non vuole ancora dire...
B�RENGER: Si, un tipo a posto! Eh, in giro non ce ne sono poi tanti, di tipi a
posto! Tutto d'un pezzo, con quattro piedi per terra... s�, voglio dire, due piedi
per terra:, Sono proprio contento di sentirmi solidale con lui. E quando lo vedr�,
voglio congratularmi. Io non posso approvare il signor Papillon. Aveva il dovere di
resistere!
DUDARD: Lei � un intollerante! Forse Papillon, dopo tanti anni di vita sedentaria,
ha provato il bisogno di sfogarsi un po'.
B�RENGER (ironico): E lei � troppo tollerante, troppo comprensivo!
DUDARD: Ma caro B�renger, dobbiamo sempre cercare di capire il prossimo. E quando
vogliamo capire un fenomeno e i suoi effetti, � necessario risalire alla causa, con
serio impegno intellettuale. Dobbiamo sforzarci di farlo perch� siamo degli esseri
ragionevoli. Io non ci sono riuscito, lo ripeto, e in coscienza non so se ci
riuscir�. In ogni modo, dobbiamo imporci a priori un atteggiamento favorevole o,
per lo meno, l'obiettivit�, l'ampiezza di vedute proprie di una mente scientifica.
Tutto ha una logica: comprendere vuol dire giustificare.
B�RENGER: Lei diventer� presto un simpatizzante dei rinoceronti, glielo dico io.
DUDARD: Ma no, ma no. Non arriver� mai a tanto. Sono soltanto uno che cerca di
veder le cose come stanno, freddamente: sono un realista, io. E poi sono anche
convinto che tutto ci� che � naturale non � vizioso. Guai a colui � che vede il
vizio dovunque! E' tipico degli inquisitori.
B�RENGER: E le pare che tutto questo sia naturale?
DUDARD: Che c'� di pi� naturale di un rinoceronte?
BFRENGER: Gi�, ma un uomo che diventa rinoceronte � un fatto indiscutibilmente
anormale.
DUDARD: Oh, indiscutibilmente � una parola forte.
B�RENGER: Indiscutibilmente anormale, assolutamente anormale!
DUDARD: Vedo che lei � molto sicuro di s�. Come stare dove finisce la normalit� e
dove comincia l'anormalit�? Come distinguere questi concetti: �normale� e
anormale�? Badi che, n� in filosofia, n� in medicina, nessuno � mai riuscito a
risolvere il problema. Lei dovrebbe essere al corrente di queste cose.
BPRENGER: Pu� anche darsi che filosoficamente non a possibile decidere, ma in
pratica � facilissimo. Se ti dimostrano che il movimento non esiste, ti metti a
camminare, e cammini, cammini, cos�... (cammina avanti e indietro per la
stanza) ... si cammina oppure ci si dice come Galilei: �Eppur si muove�.
DUDARD: Ma lei sta facendo una confusione gravissima. Nel caso di Galileo era
proprio il pensiero teorico e scientifico a trionfare sul conformismo e sul
dogmatismo.
B�RENGER (confuso): Ma che storie sono? Conformismo, dogmatismo... parole, parole!
Pu� darsi che io abbia una certa confusione in testa, ma lei per� la perde, la
testa! Non sa pi� distinguere il normale dall'anormale! Lei mi ha scocciato con
questo Galileo... me ne infischio, io, di Galileo!
DUDARD: Ma se � stato proprio lei a tirarlo in ballo, a porre il problema,
sostenendo che la pratica ha sempre l'ultima parola. Pu� anche darsi che sia vero,
per� si ricordi che la pratica deriva dalla teoria. Tutta la storia del pensiero e
della scienza sta a dimostrarlo.
BPRENGER (sempre pi� seccato): Non sta a dimostrare un accidente! E' tutto un
rebus, una pazzia!
DUDARD: Prima di tutto bisognerebbe stabilire che cos'� la pazzia...
B�RENGER: La pazzia � la pazzia, no?! La pazzia � semplicemente pazzia! Lo sanno
tutti che cos'� la pazzia! E i rinoceronti, sono pratica o teoria?
DUDARD: L'uno e l'altro.
B�RENGER: Come sarebbe adire l'uno e l'altro?
DUDARD: L'uno e l'altro o l'uno o l'altro. E' da vedere.
B�RENGER: Allora a questo punto io... io mi rifiuto di pensare!
DUDARD: Ecco, lei va subito in bestia. Stia a sentire: noi non abbiamo le stesse
idee. Non c'� nulla di male, possiamo discuterle, tranquillamente; anzi, dobbiamo
discuterle!
B�RENGER (atterrito): Lei trova che vado in bestia? Mi sto comportando come Jean.
Ah, no, non voglio diventare come Jean! Ah, no, non voglio. (Si calma) Non sono
ferrato in filosofia. Non ho studiato, mentre lei ha due lauree. Ecco perch� se la
cava meglio nelle discussioni, mentre io non so pi� cosa risponderle... sono
impacciato, ecco! (Rumori pi� forti di rinoceronti che passano sotto la finestra
del fondo, poi sotto quella di proscenio). Per�, sono sicuro che ha torto lei... lo
sento, per istinto - o meglio - no, sono i rinoceronti che hanno l'istinto... io lo
sento per intuito - ecco la parola - per intuito!
DUDARD: Che cosa intende per intuito?
B�RENGER: Intuito significa... ma s�, �cos�. E io sento, �cos�, che la sua
tolleranza... questa eccessiva indulgenza, in realt�, mi creda, non � che
debolezza... cecit�!
DUDARD: Questo � quello che pensa lei, ingenuamente.
B�RENGER: Oh, con me lei avr� sempre buon gioco. Ma le far� vedere: cercher� di
rintracciare il filosofo e...
DUDARD: Che filosofo?
B�RENGER: Ma s�, il filosofo, il pensatore, un filosofo, insomma. Sa che cos'� un
filosofo no? E' appunto uno di questi filosofi che mi ha spiegato...
DUDARD: Che cosa le ha spiegato?
B�RENGER: Mi ha spiegato che i rinoceronti asiatici sono africani e che quelli
africani, invece, sono asiatici.
DUDARD: Non mi � molto chiaro.
B�RENGER: No, no... ci ha dimostrato il contrario, ossia che gli africani sono
asiatici e che gli asiatici... mi spiego? Be', non � esattamente quello che volevo
dire. In ogni modo, se la vedr� con lui. E' un tipo come lei, uno in gamba, un
intellettuale, sottile, erudito... (Rumori crescenti di rinoceronti. Le battute dei
due sono sovrastate dal fragore dei pachidermi che passano sotto le due finestre.
Per qualche istante B�renger e Dudard muovono le labbra senza che la loro voce si
senta). Ancora loro! Ma non finir� mai! (Corre verso la finestra del fondo: grida)
Basta! Basta! Schifosi!

I rinoceronti si allontanano. B�renger fa mimiche minacciose col pugno.

DUDARD (seduto): Lo conoscer� con piacere il suo filosofo. Se vorr� illuminarmi sui
punti pi� misteriosi, misteriosi e oscuri... Non domando di meglio, mi creda.
B�RENGER (corre verso la finestra di proscenio): Certo: lo porter� qui e lui le
parler�. Vedr�, � una persona veramente eccezionale. (Ai rinoceronti, alla
finestra) Schifosi!
DUDARD: Li lasci correre! E sia pi� educato. Non � il modo di parlare a delle
creature...
B�RENGER (sempre affacciato alla finestra): Eccone degli altri! (Dalla fossa
d'orchestra, sotto la finestra, affiora una paglietta trapassata da un corno di
rinoceronte che, da sinistra, sfila velocissima verso destra ove scompare). Una
paglietta infilata nel corno di un rinoceronte! Ah, ma quello � il cappello del
filosofo! Il cappello del filosofo!! Merda! Merda! Il filosofo � diventato
rinoceronte!
DUDARD: Non � una ragione per essere volgare!
B�RENGER: Ah, Dio mio, di chi ci si pu� pi� fidare! Di chi? Il filosofo un
rinoceronte!
DUDARD (va alla finestra): Dov'�?
B�RENGER (lo indica col braccio): Laggi�, vede: quello l�!
DUDARD: Gi�: � l'unico rinoceronte con il cappello. Questo le fa effetto. E'
proprio il suo filosofo!.
B�RENGER (allibito): Il filosofo un rinoceronte!
DUDARD: Per� ha conservato un'impronta della sua primitiva personalit�!
B�RENGER (tende il pugno verso il rinoceronte con il cappello che ora � scomparso):
Io non vi seguir�! Non vi seguir�!
DUDARD: Se, come lei afferma, era un autentico filosofo, non si sar� lasciato
raggirare. Prima di fare la sua scelta avr� soppesato bene il pro e il contro.
B�RENGER (sempre alla finestra, grida, pugno teso verso l'ex filosofo ed i
rinoceronti che si sono allontanati) Non vi seguir�, maledetti!
DUDARD (siede in poltrona): Certo che queste cose d�nno da pensare!
B�RENGER (chiude la finestra di proscenio e si dirige verso quella del fondo sotto
la quale passano altri rinoceronti che, presumibilmente, girano intorno alla casa.
Apre la finestra e grida): No! Non vi seguir�, maledetti!
DUDARD (tra s�): Girano intorno alla casa. Giocano... sono proprio dei bambinoni!
(Dalla precedente battuta, si vede Daisy che sale gli ultimi gradini della scala, a
sinistra. Bussa alla porta di B�renger. Ha un cestino sottobraccio). B�renger:
bussano, c'� qualcuno!

Tira per la manica B�renger che � sempre alla finestra.

B�RENGER (grida verso i rinoceronti): E' una vergogna! Un'ignobile mascherata!


DUDARD: Bussano alla porta, B�renger, non sente?
B�RENGER: Apra lei, se ne ha voglia.

Continua a guardare i rinoceronti che si allontanano, senza dire pi� niente. Dudard
va ad aprire la porta.

DAISY (entrando): Buongiorno, signor Dudard.


DUDARD: Oh, � lei, signorina Daisy!
DAISY: B�renger � in casa? Va meglio?
DUDARD: Buongiorno, signorina. Viene spesso da B�renger?

DAISY: E dov'�?
DUDARD (indicandolo): L�.
DAISY: Poveretto, non ha nessuno. E' anche un po' malato, adesso, e bisogna dargli
una mano, no?
DUDARD: Lei � veramente una brava collega, signorina.
DAISY: Ma certo che sono una brava collega.
DUIDARD: E ha molto buon cuore.
DAISY: Sono una brava collega e basta.
B�RENGER (si volta e lascia la finestra aperta): Oh, cara signorina Daisy! E molto
gentile da parte sua esser venuta a trovarmi. Un pensiero veramente gentile.
DUDARD: E come no?
B�RENGER: Ma sa che � successo, signorina? Il filosofo � diventato un rinoceronte!
DAISY: S�, lo so, l'ho visto per strada mentre venivo. Galoppava in fretta per uno
della sua et�! Ma, mi dica: va meglio, signor B�renger?
B�RENGER (a Daisy): Mah, la testa, sempre la testa. Mal di testa. E' terribile. Che
ne pensa lei?
DAISY: Io penso che lei dovrebbe riposarsi... restare ancora in casa per qualche
giorno, tranquillo, calmo...
DUDARD (a B�renger e a Daisy): Spero di non darvi fastidio!
B�RENGER (a Daisy): Parlavo del filosofo...
DAISY (a Dudard): E perch� mai dovrebbe darci fastidio? (A B�renger) Ah, il
filosofo. Mah... che vuole che le dica... non so proprio che cosa pensare.
DUDARD (a Daisy): Forse sono di troppo...
DAISY (a B�renger): Cosa vuole che pensi? (A B�renger e a Dudard) E poi ho un'altra
notizia da darvi: Botard � diventato un rinoceronte.
DUDARD: No!
BERENGER: Non � possibile! lui era contrario... lei lo confonde con qualcun
altro... aveva persino protestato... Dudard me l'ha assicurato poco fa, vero
Dudard? DUDARD: Certo.
DAISY: S�, lo so che era contrario. Ma � diventato lo stesso un rinoceronte,
ventiquattr'ore dopo la trasformazione del signor Papillon.
DUDARD: Avr� cambiato idea! Tutti hanno diritto di cambiare idea.
B�RENGER: Ma allora... allora ci si pu� aspettare di tutto!
DUDARD (a B�renger): Poco fa lei lo giudicava una brava persona.
B�RENGER (a Daisy): Non riesco a crederci. Le hanno mentito.
DAISY: No: � successo davanti a me.
B�RENGER: Ma allora � lui che ha mentito, che ha fatto finta...
DAISY: No, no, era sincero... faceva sul serio.
B�RENGER: E le ha dato qualche spiegazione?
DAISY: Ha detto testualmente: �Bisogna seguire il proprio tempo!� Sono state le sue
ultime parole umane!
DUDARD (a Daisy): Ero quasi sicuro di trovarla qui, signorina Daisy.
B�RENGER: ...seguire il proprio tempo! Ah, che mentalit�!

Ampio gesto di disapprovazione.

DUDARD (a Daisy): Dopo la chiusura dell'ufficio non mi � stato possibile


incontrarla in nessun posto.
B�RENGER (continuando, a parte): Che ingenuit�!

Stesso gesto di prima.

DAISY (a Dudard): Se voleva vedermi, poteva telefonarmi!


DUDARD (a Daisy): Io sono discreto, signorina, molto discreto...
BERENGER: Be', ripensandoci, il colpo di testa di Botard non mi stupisce. In fondo
la sua forza morale era tutta apparenza. Questo, naturalmente, non significa che
non sia, o non sia stato, un uomo onesto. Le persone oneste diventano onesti
rinoceronti. Ahim�! E' proprio perch� sono in buona fede che si lasciano ingannare!
DAISY (esegue): Mi scusi... poso il cestino sul tavolo.
B�RENGER: Era un brav'uomo, ma pieno di rancori...
DUDARD (a Daisy, aiutandola a posare il cestino): Mi scusi, ci scusi... avremmo
dovuto pensarci noi.
B�RENGER: ... � stato travolto dall'odio per i superiori, da un complesso
d'inferiorit�...
DUDARD (a B�renger): Il suo ragionamento non regge: Botard ha seguito l'esempio del
suo capufficio, il �simbolo stesso dello sfruttamento�, per usare le sue parole.
Invece mi pare che, nel suo caso, sia una vittoria dell'istinto collettivistico
sulle sue tendenze anarcoidi.
B�RENGER: Gli anarchici sono i rinoceronti, dato che si tratta di una minoranza.
DUDARD: Per ora sono in minoranza...
DAISY: Eh, s�, � una minoranza numerosa, in aumento. Anche mio cugino � diventato
rinoceronte... e sua moglie. Per non parlare di tutte le personalit�: il cardinale
di Retz...
DUDARD: Un presule!
DAISY: Mazarino...
DUDARD: Vedrete che si estender� anche all'estero.
B�RENGER: E pensare che il male � partito proprio di qui:
DAISY: ... e anche degli aristocratici: il duca di Saint-Simon.
B�RENGER (braccia al cielo): I nostri classici!
DAISY: ... e tanti altri. Molti altri. Forse un quarto dell'intera popolazione
della citt�.
B�RENGER: Non importa! Siamo ancora i pi� forti! Dobbiamo approfittarne! Far
qualcosa prima di essere sopraffatti!
DUDARD: Ma loro sono efficienti... molto efficienti...
DAISY: Per ora sarebbe meglio far colazione. Ho portato qualcosa da mangiare.
B�RENGER: Molto gentile, signorina.
DUDARD (tra s�): S�, molto gentile.
BERENGER (a Daisy): Non so come ringraziarla.
DAISY (a Dudard): Vuol fare colazione con noi?
DUDARD: Grazie, ma non vorrei essere di troppo...
DAISY (come sopra): Ma che dice, signor Dudard? Sa benissimo che ci far� piacere.
DUDARD: Sa benissimo che non voglio disturbare...
B�RENGER (come sopra): Ma certo, Dudard, la prego. La sua compagnia � sempre un
piacere per noi.
DUDARD: Il fatto � che ho fretta... un appuntamento...
B�RENGER: Ma se prima aveva detto che era libero!
DAISY (toglie le provviste dal cestino): Sa, non � stato facile trovar da mangiare.
Molti negozi sono devastati: divorano tutto! E gli altri sono chiusi �Per
trasformazioni�, cos� � scritto sui cartelli.
B�RENGER: Dovrebbero chiuderli in recinti, oppure imporre loro un domicilio coatto.
DUDARD: Non mi pare possibile applicare questi provvedimenti. E poi la Societ�
protettrice degli animali sarebbe la prima ad opporsi.
DAISY: Eh, gi�. Senza contare che ormai ognuno ha un amico o un familiare tra i
rinoceronti e questo complica ancora le cose.
B�RENGER: Ma allora sono tutti d'accordo!
DUDARD: Be', sono tutti solidali.
B�RENGER: Ma come si fa a essere rinoceronte? E' una cosa impensabile, impensabile!
(A Daisy) Vuole che l'aiuti a preparare la tavola?
DAISY (a B�renger): Non si disturbi: so dove sono i piatti.

Si dirige verso un mobile e ritorna con i piatti in mano.

DUDARD (tra s�): Guarda, guarda: conosce bene la casa...


DAISY (a Dudard): Allora, metto tre piatti? Lei resta con noi?
B�RENGER (come sopra): Ma s�, resti, resti!
DAISY (a B�renger): Eppure ci si abitua, sa? Pi� nessuno fa caso ai branchi di
rinoceronti che passano per le strade a gran carriera. I passanti si scansano, poi
riprendono la loro passeggiata e fanno gli affari loro come se niente fosse.
DUDARD: E' l'unica cosa da fare.
B�RENGER: Ah, no. Io non mi abituer� mai!
DUDARD (riflettendo): Mi domando se non sia un'esperienza da tentare.
DAISY: Be', adesso mangiamo.
B�RENGER: Ma come, proprio lei, un giurista, venirmi a sostenere che...
(Dall'esterno, rumore di un branco di rinoceronti in rapido galoppo, e suoni di
trombe e tamburi). Che succede? (Corrono tutti alla finestra di proscenio). Ma che
succede? (Fracasso di un muro che crolla. La polvere invade met� palcoscenico: se �
possibile, i personaggi saranno nascosti dalla polvere. Li si sentir� parlare). Non
si vede pi� niente: che cosa succede?
DUDARD: Non si vede, ma si sente.
B�RENGER: Non basta!
DAISY: Santo cielo! Questa polvere sporcher� tutti i piatti.
B�RENGER: Che mancanza d'igiene!
DAISY: Sbrighiamoci a mangiare. Non pensiamo pi� a queste cose.
B�RENGER (indica con il braccio verso il pubblico): Hanno demolito la caserma dei
pompieri!
DUDARD: Ma � vero: l'hanno demolita!
DAISY (che si era allontanata e si trovava vicino al tavolo intenta a pulire un
piatto, accorre presso i due): Guardate! Escono!
BERENGER: Tutti i pompieri! Sono tutti dei rinoceronti! Un reggimento di
rinoceronti con la banda in testa!
DAISY: Sfilano sul viale!...
B�RENGER: E' la fine, la fine!
DAISY: ... altri rinoceronti escono dai portoni!
B�RENGER: ... dalle case...
DUDARD: ... persino dalle finestre...
DAISY: ... e raggiungono gli altri!

Il polverone si disperde.
Si vede uscire dal pianerottolo a sinistra un uomo che scende le scale correndo;
poi un secondo, che ha un grande corno sopra il naso, quindi una donna con la testa
da rinoceronte,
DUDARD: Ormai sono la maggioranza.
B�RENGER: Quanti unicorni e quanti bicorni ci saranno?
DUDARD: Gi�: scommetto che gli studiosi di statistica stanno statisticando in
merito. Che magnifica occasione per delle controversie scientifiche!
BERENGER: La percentuale degli uni e degli altri potr� essere soltanto
approssimativa... Non hanno tempo, non avranno pi� tempo di contarli!
DAISY: A me pare che la cosa pi� ragionevole sia di lasciare gli statistici alle
loro statistiche. Coraggio, caro B�renger, venga a tavola. Le far� bene: servir� a
calmarle i nervi. (A Dudard) E far� bene anche a lei.

Si ritirano dalla finestra. B�renger, condotto per mano da Daisy, si avvicina al


tavolo.

DUDARD (si arresta a met� scena): Ecco... non ho molta fame, e poi non mi piace la
roba in scatola. Avrei voglia di mangiare sull'erba, in campagna.
B�RENGER: Per carit�, non lo faccia! Non sa che rischio corre?
DUDARD: Davvero, non voglio disturbare.
B�RENGER: Ma se le abbiamo detto che...
DUDARD (interrompendo): Senza complimenti.
DAISY (a Dudard): Be', se proprio vuole andarsene, non possiamo obbligarla a...
DUDARD: Non voglio offendervi, ma...
B�RENGER (a Daisy): No! Non lo lasci andare, non lo lasci!
DAISY: Per me, se rimane mi fa piacere, ma ognuno � libero di...
B�RENGER (a Dudard): L'uomo � superiore al rinoceronte!
DUDARD: Non lo nego. Ma neanche lo affermo. Non lo so, solo l'esperienza ce lo
dir�!
B�RENGER (come sopra): Anche lei, anche lei!! ... Lei � un debole, Dudard! Mi
ascolti!... � un entusiasmo passeggero... se ne pentir�!
DAISY: S�, certo, � un entusiasmo passeggero, il pericolo non � grave!
DUDARD: Ma io ho degli scrupoli! Il dovere m'ingiunge di seguire i miei superiori e
i miei amici nella buona e nella cattiva sorte.
B�RENGER: Ma non li ha mica sposati!
DUDARD: Ho rinunciato a sposarmi: preferisco la grande famiglia degli uomini a una
piccola famiglia privata.
DAISY (stancamente): La rimpiangeremo molto, Dudard, ma non possiamo farci niente.
DUDARD: Sento che � mio dovere non abbandonarli... seguo la voce del dovere!
B�RENGER: No! Il suo dovere invece � di... ma come non capisce qual � il suo vero
dovere!... E' suo dovere resistere lucidamente, fermamente.
DUDARD (comincia a girare in tondo sul palcoscenico): Conserver� la mia lucidit�.
Tutta la mia lucidit�. Se c'� da criticare, � meglio farlo dall'interno che
dall'esterno. Non li abbandoner�, non posso abbandonarli!
DAISY: Ha buon cuore!
B�RENGER: Ha troppo buon cuore. (A Dudard che si precipita verso la porta) Lei ha
troppo buon cuore, lei � umano! (A Daisy) Lo fermi! Si sbaglia! Lui � umano! DAISY:
Che posso farci!

Dudard apre la porta e fugge. Lo si vede scendere le scale di corsa, seguito da


B�renger che gli grida, dal pianerottolo.

B�RENGER: Dudard! Si fermi! Torni indietro! Le vogliamo bene, non ci vada!...


Troppo tardi! (Rientra in casa) Troppo tardi!

DAISY: Non potevamo farci niente.

Chiude la porta.

B�RENGER (si precipita alla finestra di fronte): Li ha raggiunti... dove sar�


adesso?
DAISY (sopraggiunge): Con loro.
B�RENGER: Ma quale sar�?
DAISY: E chi lo sa? Non si pu� gi� pi� riconoscerlo.
B�RENGER: Sono tutti uguali, tutti uguali! (A Daisy) Ha ceduto. Avrebbe dovuto
trattenerlo, ad ogni costo!
DAISY: Non ho osato.
B�RENGER: Avrebbe dovuto essere pi� decisa, avrebbe dovuto insistere, era
innamorato di lei, vero?
DAISY: Non mi ha mai fatto una dichiarazione ufficiale.
BFRENGER: Tutti lo sapevano. L'ha fatto per una delusione d'amore! Era un timido!
Ha voluto fare un gesto clamoroso per impressionare lei. Non le vien voglia di
seguirlo?
DAISY: Ma niente affatto. Come vede, sono rimasta.
B�RENGER (guarda dalla finestra): Non ci sono pi� che loro, in strada! (Si
precipita alla finestra del fondo) Soltanto loro! Perch� non � andata anche lei,
Daisy? (Guarda ancora dalla finestra di proscenio) Non un essere umano a vista
d'occhio... sono padroni delle strade... unicorni, bicorni, misti, nient'altro che
li distingua! (Si sente il galoppo dei rinoceronti. Questi rumori, per�, sono ora
pi� musicali. Sul muro del fondo appaiono e scompaiono alcune teste di rinoceronte
stilizzate, che verso la fine della commedia diventeranno sempre pi� numerose. Le
teste verranno proiettate sul muro per tratti via via pi� lunghi, e alla fine la
proiezione diverr� fissa. Inoltre queste teste dovranno diventare sempre pi� belle,
malgrado l'apparenza mostruosa). Non � delusa, Daisy? Davvero? Non ha rimpianti?
DAISY: Oh, no, no.
B�RENGER: Vorrei tanto consolarla... Ti amo, Daisy, non lasciarmi!
DAISY: Chiudi la finestra, caro. Fanno troppo fracasso. E poi la polvere arriva fin
qui. Ci sporcher� tutta la casa.
B�RENGER: S�, hai ragione. (Chiude la finestra di proscenio, mentre Daisy chiude
quella del fondo. Ritornano al centro del palcoscenico). Finch� staremo insieme,
niente mi fa paura, tutto mi � indifferente. Ah, Daisy, non avrei mai pensato di
innamorarmi cos�!

Le stringe le mani, le braccia.

DAISY: Vedi? Tutto � possibile.


BPRENGER: Come vorrei farti felice! Sarai felice con me?
DAISY: E perch� no? Se tu lo sei, lo sono anch'io. Dici che non hai paura di
niente, e invece hai paura di tutto. Cosa vuoi che ci succeda?
B�RENGER (balbettando): Amore, tesoro! Tesoro, amore... dammi le tue labbra, non
pensavo che avrei mai pi� potuto innamorarmi cos�.
DAISY: Su, cerca di esser calmo, abbi fiducia in te stesso.
B�RENGER: S�, s�... sono calmo... dammi le tue labbra!
DAISY: Caro, sono tanto stanca. Calmati, riposati. Mettiti in poltrona.
BCRENGER (va a sedersi in poltrona, guidato da Daisy): Certo, non valeva proprio la
pena che Dudard litigasse con Botard.
DAISY: Non pensar pi� a Dudard. Ora ci sono io vicino a te. In fondo, non abbiamo
il diritto di intervenire nella vita degli altri.
B�RENGER: Perch�? Tu, per esempio, intervieni nella mia. E sai anche importi, con
me.
DAISY: E' un'altra cosa, non ho mai amato Dudard.
BCRENGER: Si, ti capisco. Se fosse rimasto qui, sarebbe stato un ostacolo per noi.
Eh, s�, la felicit� � egoista.
DAISY: Dobbiamo difendere la nostra felicit�, non � vero?
B�RENGER: Ti adoro, Daisy. E ti ammiro.
DAISY: Forse, quando mi conoscerai meglio, non me lo dirai pi�.
BLRENGER: Perch�? Pi� ti conosco e pi� mi piaci. Sei cos� bella, cos� bella!
(Rumori di un nuovo passaggio di rinoceronti). Soprattutto se ti paragono a
quelli... (Indica la fine) tra) Tu mi dirai che non � un complimento, ma, vedi, di
fronte a loro la tua bellezza risalta ancora di pi�!
DAISY: Hai mantenuto la promessa, oggi? Non hai bevuto cognac?
B�RENGER: S�, s�, ho mantenuto la promessa.
DAISY: Sul serio?
ENGER: Ma s�, ti assicuro.
DAISY: Devo crederti?
B�RENGER (un po' confuso): Ma certo che devi credermi.
DAISY: Allora puoi berne un bicchierino. Ti far� bene. (B�renger si alza di
scatto). No, stai pure seduto, caro. Dov'� la bottiglia?
B�RENGER (indica con il braccio il tavolino): L�, sul tavolino.
DAISY (va verso il tavolino e prende la bottiglia e un bicchiere): L'hai nascosta
bene.
BLRENGER: L'ho fatto per evitare la tentazione.
DAISY (versa un bicchierino e lo passa a B�renger): Sei proprio di carattere. Fai
dei progressi.
B�RENGER: Con te far� molti progressi.
DAISY (d� il bicchiere a B�renger): Bevi, te lo sei proprio meritato.
BERENGER (vuota il bicchiere di colpo): Grazie, cara.

Tende ancora il bicchiere vuoto.

DAISY: Ah, no, caro. Basta per stamattina. (Prende il bicchiere e lo ripone con la
bottiglia sul tavolo) Non vorrei che ti facesse male. (Ritorna vicino a B�renger) E
il mal di testa, come va?
B�RENGER: Molto meglio, amore.
DAISY: Allora possiamo togliere questa benda. Non ti sta molto bene, sai?
B�RENGER: No! Non toccarla!
DAISY: Ma s�, adesso la togliamo.
B�RENGER: No! Ho paura che ci sia qualcosa sotto...
DAISY (toglie la benda vincendo l'opposizione di B�renger): Sempre le tue paure, le
tue angosce. Vedi? Non c'� proprio niente. La tua fronte � perfettamente liscia.
B�RENGER (si tasta la fronte): S�, � vero! Ah, tu mi liberi da tutti i complessi!
(Daisy lo abbraccia e gli d� un bacio in fronte). Come sarei finito senza di te!
DAISY: Non ti lascer� mai pi� solo.
B�RENGER: Con te non avr� mai pi� degli incubi.
DAISY: S�, vedrai che riuscir� a farli sparire.
B�RENGER: Leggeremo dei libri insieme. Mi far� una cultura.
DAISY: E nelle ore di minor traffico, faremo delle lunghe passeggiate.
B�RENGER: S�, sulle rive della Senni, al parco del Luxembourg.
DAISY: Al giardino zoologico.
B�RENGER: Sar� forte e coraggioso. Anch'io ti protegger� contro tutti i malvagi.
DAISY: Non ci sar� nessun bisogno di proteggermi, caro. Non ce l'abbiamo con
nessuno e nessuno ce l'ha con noi.
B�RENGER: Spesso si fa del male senza volerlo. Oppure non facciamo niente per
evitarlo. Vedi, per esempio a te non piaceva quel povero signor Papillon. Per�,
quel giorno che Boeuf si � trasformato in rinoceronte, non avresti dovuto dirgli
che aveva le mani rugose.
DAISY: E perch�? Era vero: erano proprio rugose.
B�RENGER Ci credo, ci credo. Per� avresti potuto dirglielo meno brutalmente, con un
po' pi� di tatto. E' rimasto scosso.
DAISY: Credi?
B�RENGER: Si capisce. Ha fatto finta di niente perch� � un uomo che ha dell'amor
proprio, ma nel suo intimo ne ha sofferto. Anzi, probabilmente � stato proprio
questo a precipitare gli eventi. Chiss�! Forse avresti potuto salvare un'anima!
DAISY: Ma come potevo prevedere quel che gli sarebbe successo... E' stato
maleducato!
B�RENGER: Da parte mia, non posso perdonarmi di esser stato cos� poco tollerante
con Jean. Non sono mai riuscito a dimostrargli tutta la mia amicizia. E non sono
stato abbastanza comprensivo con lui.
DAISY: Non stare a tormentarti. Hai fatto del tuo meglio. Non si pu� pretendere
l'impossibile. I rimorsi non servono. Non pensar pi� a quelli l�, cerca di
dimenticarli: metti via i brutti ricordi.
B�RENGER: Sono ancora troppo vivi questi ricordi, vicini... Sono reali.
DAISY: Non ti credevo cos� realista, ti credevo molto pi� poetico. Non hai un po'
di fantasia? Vedi: ci sono tonte realt� diverse. Scegli quella che ti piace di pi�.
Cerca di evadere nella fantasia.
BFRENGER: Facile a dirsi!...
DAISY: Non ti basto, io?
B�RENGER: Oh, s�, ampiamente, ampiamente!
DAISY: Tu ti rovini la vita con i tuoi casi di coscienza. Tatti, forse, hanno la
loro parte di colpa. Eppure a me pare che noi due siamo meno colpevoli di molti
altri. B�RENGER: Credi proprio?
DAISY: S�, siamo relativamente migliori di tanta gente. Siamo buoni, tutti e due.
B�RENGER: E' vero: tu sei buona. E anch'io sono buono! E' vero.
DAISY: Vedi che allora abbiamo il diritto di vivere, anzi, abbiamo il dovere, di
fronte a noi stessi, di essere felici indipendentemente da tutto. Il complesso di
colpa � un sintomo pericoloso. Significa che non siamo innocenti.
B�RENGER: Certo, questo pu� portare a... (Indica col braccio le due finestre sotto
le quali passano i rinoceronti, poi la parete di fondo sulla quale appare una testa
di rinoceronte) Molti di loro hanno cominciato cos�!
DAISY: S�, sforziamoci di non sentirci pi� colpevoli!
B�RENGER: Hai ragione, tesoro, angelo mio! Siamo insieme, no? E nessuno potr�
separarci. Non c'� che il nostro amore, non c'� che questo di vero! Nessuno ha il
diritto di impedirci di essere felici! (Suona il telefono). Chi pu� essere?
DAISY (con timore): No! Non rispondere!
B�RENGER: Perch�?
DAISY: Non so... forse � meglio.
B�RENGER: Magari pu� essere il signor Papillon, o Botard, o Jean o Dudard che ci
avvisano di aver cambiato idea... L'hai detto anche tu che il loro era soltanto un
entusiasmo passeggero!
DAISY: Non credo. Non possono aver cambiato idea cos� presto. Non hanno avuto il
tempo di riflettere. Vedrai che andranno fino in fondo.
B�RENGER: E allora... forse sono le autorit� che hanno deciso di agire... che
lanciano un appello perch� collaboriamo alle misure di sicurezza!
DAISY: Mi stupirebbe.

Nuovo squillo del telefono.

B�RENGER: Ma s�, certo: � il centralino delle autorit�, lo riconosco! Uno squillo


lungo. Devo rispondere al loro appello. Sono proprio loro! (Stacca il ricevitore)
Pronto? (Come risposta si sentono, provenienti dal ricevitore, dei barriti). Senti?
Dei barriti! Ascolta...
DAISY (accosta il ricevitore all'orecchio, sussulta, e riaggancia con violenza. Con
terrore) Ma che sta succedendo?
B�RENGER: Adesso ci fanno anche gli scherzi!
DAISY: Scherzi di cattivo gusto!
B�RENGER: Vedi? Te l'avevo detto, io!
DAISY: Non mi avevi detto un bel niente!
B�RENGER: Me l'aspettavo, l'avevo previsto!
DAISY: Non avevi previsto niente. Non prevedi mai niente. Prevedi solo le cose
quando sono gi� successe.
B�RENGER: No, no, ti assicuro che io le sento, le cose...
DAISY: Per�, non sono gentili. E' una cosa veramente antipatica. Non mi piace esser
presa in giro.
B�RENGER: Non oserebbero prenderti in giro. Prendono in giro me.
DAISY: Si, ma siccome sono con te, � chiaro che ce l'hanno anche con me. Si
vendicano. Ma che cosa gli abbiamo fatto? (Nuovo squillo del telefono). Basta!
Strappa il filo!
B�RENGER: Non si pu�! E' proibito!
DAISY: Ah, tu! Dici di proteggermi e poi non osi far niente!

Strappa con violenza il filo. La suoneria cessa.

B�RENGER (corre verso la radio): Accendiamo la radio, sentiamo le notizie!


DAISY: S�, bisogna sapere a che punto siamo. (Dalla radio provengono dei barriti.
B�renger sposta il pulsante. La radio si spegne. Si sentono ancora, come in
lontananza, gli echi dei barriti trasmessi). Ma andiamo di male in peggio! Non mi
va questa storia, non riesco a capire!

Trema.

B�RENGER (agitatissimo): Calma! Calma!


DAISY: Hanno occupato la stazione radio!
B�RENGER (tremante e agitato): Calma! Calma! Calma!

Daisy corre verso la finestra del fondo. Guarda fuori, poi si sposta verso quella
di proscenio. B�renger fa le stesse cose in senso opposto, poi si ritrovano
entrambi in mezzo alla scena, di fronte.

DAISY: Ma questo non � pi� uno scherzo, fanno sul serio, adesso!
B�RENGER: S�, ci sono solo loro! Solo loro! Le autorit� sono passate dalla loro
parte!

Corrono come sopra alle due finestre. Poi s'incontrano nuovamente al centro della
scena.

DAISY: Non c'� pi� nessuno, da nessuna parte!


BERENGER: Siamo soli... siamo rimasti soli!
DAISY: Era quello che volevi.
BTRENGER: Tu lo volevi!
DAISY: Io? No, eri tu!
B�RENGER: Tu!

Rumori da tutte le parti. Le teste di rinoceronte ora pullulano sul muro di fondo.
Nella casa, da destra e da sinistra, si sentono passi affrettati e ansimare di
pachidermi. Tutti questi orribili rumori sono ora come musicalizzati, ritmati.
Soprattutto dal piano superiore, provengono rumori e trapestio forti. Dello stucco
cade dal soffitto. La casa sussulta.

DAISY: La terra trema!


B�RENGER: No, sono i nostri vicini, i perissodattili! (Fa mimiche con il pugno a
destra e a sinistra) Basta! Finitela! Non ci lasciate lavorare! I rumori molesti
sono vietati! Proibito far fracasso!
DAISY: E' inutile, non ti ascoltano.

Il fracasso per� decresce e diventa come un sottofondo musicale.

B�RENGER (atterrito): Non aver paura, amore. Siamo insieme... non stai bene qui con
me? Non ti basto, io? Terr� lontani da te tutti gli incubi.
DAISY: Forse la colpa � nostra.
B�RENGER: No, tesoro, non pensarci pi�. Non devi avere rimorsi. Il complesso di
colpa � pericoloso. Viviamo la nostra vita, siamo felici! Abbiamo il diritto di
essere felici! Non sono cattivi, vedi? e poi non gli facciamo niente... Ci
lasceranno in pace. Calmati, riposati. Siediti l� in poltrona. (La guida verso la
poltrona) Siediti. (Daisy siede in poltrona). Vuoi un bicchierino di cognac per
tirarti su?
DAISY: No, ho mal di testa.
B�RENGER (prende la benda che aveva all'inizio della scena e l'avvolge intorno alla
testa di Daisy): Ti amo, tesoro. Non aver paura: la smetteranno! E' una cosa
passeggera.
DAISY: No, non la smetteranno! Continueranno sempre!
B�RENGER: Ti amo, ti amo alla follia!
DAISY (toglie la fascia): Succeda quel che vuole. Cosa possiamo farci?
B�RENGER: Mah... sono tutti impazziti, anche il mondo � malato: sono tutti malati.
DAISY: Gi�, ma non saremo noi a guarirli.
B�RENGER: Come faremo a vivere con loro?
DAISY (ragionando): Bisogna essere ragionevoli. Dobbiamo trovare un modus vivendi,
cercare di farci capire da loro...
B�RENGER: Non possono capirci.
DAISY: Ma � necessario! Non c'� altra via d'uscita!
B�RENGER: Tu riesci a capirli?
DAISY: Non ancora. Ma dobbiamo sforzarci di capire la loro psicologia, di imparare
la loro lingua.
B�RENGER: Ma non � una lingua! Ascolta... ti pare che sia una lingua?
DAISY: Che ne sai? Non sei mica un poliglotta!
B�RENGER: Ne riparleremo pi� tardi. Adesso dobbiamo far colazione.
DAISY: Non ho fame. Basta! Non resisto pi�!
B�REKGER: Ma tu sei pi� forte di me... non vorrai lasciarti impressionare. Io ti
ammiro proprio per la tua forza d'animo!
DAISY: Me l'hai gi� detto.
B�RENGER: Sei sicura del mio amore?
DAISY: Ma s�!
B�RENGER: Ti amo.
DAISY: Continui a ripeterti, tesoro.
B�RENGER: Ascoltami, Daisy: qualcosa possiamo fare! Avremo dei bambini, i nostri
bambini a loro volta avranno dei bambini... ci vorr� del tempo, d'accordo, ma noi
due potremo rigenerare l'umanit�.
DAISY: Come? Rigenerare l'umanit�?
B�RENGER: L'hanno gi� fatto una volta.
DAISY: S�, al tempo di Adamo ed Eva... Avevano del coraggio, per�!
B�RENGER: Anche noi dobbiamo farci coraggio. Non ce ne vuole poi tanto. Son cose
che vanno avanti da s�, col tempo e con la pazienza.
DAISY: Ma a che serve?
B�RENGER: Un po' di coraggio: ci vuole solo un po' di coraggio!
DAISY: Non voglio aver bambini. E' una seccatura.
B�RENGER: Ma allora, come potrai salvare l'umanit�?
DAISY: E perch� dovrei salvarla?
B�RENGER: Che domanda! Fallo per me, Daisy. Salviamo il mondo!
DAISY: E chi ti dice che non siamo noi che abbiamo bisogno di essere salvati? Forse
gli anormali siamo proprio noi!
B�RENGER: Tu stai delirando, Daisy. Hai la febbre.
DAISY Perch�? Ne vedi degli altri, tu, della nostra specie?
B�RENGER: Daisy: ti proibisco di dire certe cose!
DAISY (si guarda intorno e vede rinoceronti ovunque: sulle pareti, alla porta
d'entrata, anche sulle scale): Guarda! Sono loro l'umanit�! Sono cos� allegri... si
sentono cos� bene nella loro pelle! Non hanno affatto l'aria di essere pazzi. Sono
normalissimi. E hanno tutte le ragioni.
B�RENGER (stringendo le mani, guarda Daisy con sgomento): Siamo noi che abbiamo
ragione, Daisy! Siamo noi!
DAISY: Oh, che pretesa!
B�RENGER: Sai benissimo che ho ragione io.
DAISY: Non esiste una ragione assoluta. La ragione � sempre della maggioranza, noi
non contiamo niente!
B�RENGER: No Daisy, ho ragione io. E lo dimostra il fatto che quando ti parlo tu mi
capisci.
DAISY: Questo non dimostra niente.
B�RENGER: La prova � che ti amo come un uomo ama una donna.
DAISY: E questo che c'entra?
B�RENGER: Ma io non ti capisco pi�, Daisy! Amore, non sai pi� quello che dici!
L'amore, Daisy, l'amore, il nostro amore...
DAISY: Mi vergogno un poco di questo cosiddetto amore... questo sentimento morboso,
questa debolezza dell'uomo. E anche della donna. Come puoi paragonarlo con
l'ardore, la straordinaria energia che emana da questi esseri che ci circondano?
B�RENGER: Energia? Ah, vuoi dell'energia, tu? Tieni, eccoti dell'energia!

Le d� uno schiaffo.

DAISY: Ah, non avrei mai creduto...

Si abbandona piangendo sulla poltrona.

B�RENGER: Oh, scusami, tesoro, perdonami! (Tenta di abbracciarla, ma lei si


scosta). Perdonami, tesoro, non volevo. Non so proprio come sia successo, ho perso
la testa!
DAISY: E' chiaro: non sapevi pi� che cosa dire...
B�RENGER: Dio mio! In pochi minuti abbiamo vissuto venticinque anni di matrimonio.
DAISY: Anche tu mi fai pena: ti capisco, sai.
B�RENGER (mentre Daisy piange): Eh, s�, � proprio vero: non so pi� che cosa dire!
Tu pensi che siano pi� forti di me, pi� forti di noi.
DAISY Certo.
B�RENGER: Ebbene, malgrado tutto, ti giuro che non mi arrender� mai, non mi
arrender� mai, io!
DAISY (si alza e va verso B�renger. Lo abbraccia): Povero amore, resister� con te,
fino alla fine!
B�RENGER: Davvero? Ci riuscirai?
DAISY: Ti do la mia parola. Abbi fiducia in me. (Rumori di rinoceronti. Sono
melodiosi e musicali). Li senti? Cantano.
BLRENGER: No, non cantano: barriscono.
DAISY: Cantano!
B�RENGER: Ti dico che barriscono.
DAISY: Ma sei pazzo: cantano!
B�RENGER: Allora non hai orecchio!
DAISY: Tu non capisci niente di musica, povero amore, e poi, guarda: giocano,
ballano.
B�RENGER: Lo chiami ballare, questo?
DAISY: E' il loro modo di ballare. Come sono belli!
B�RENGER: Sono orrendi!
DAISY: Non ti permetto di insultarli. Mi offendi!
B�RENGER: Scusa. Non vorrai che ci mettiamo a litigare per loro?
DAISY: Sono meravigliosi, divini!
B�RENGER: Ma Daisy, esageri: guardali bene!
DAISY: Non esser geloso, tesoro. Perdonami anche tu.

Va verso B�renger per abbracciarlo, ma ora � lui che si scosta.

B�RENGER: Devo constatare che le nostre idee sono assolutamente all'opposto.


Finiamola di discutere!
DAISY: Che mentalit� meschina!
B�RENGER: Che mentalit� stupida!
DAISY (a B�renger che, voltandole la schiena, si osserva allo specchio, si squadra
con attenzione) La vita in comune non � pi� possibile. (Mentre B�renger continua a
guardarsi, si dirige adagio verso la porta, dicendo) Sei cattivo con me, sei
proprio cattivo!
Daisy va via. La si vede scendere lentamente la scala.

B�RENGER (sempre guardandosi allo specchio): Infondo un uomo non � poi tanto
brutto! E dire che come uomo non sono una bellezza. Credimi, Daisy! (Si volta e non
la vede) Daisy! Daisy! Dove sei, Daisy? Non farai anche tu questa pazzia! (Si
lancia verso la porta, gridando) Daisy! (Giunto al pianerottolo, si sporge dalla
ringhiera) Daisy! Torna indietro, Daisy! Non hai neanche mangiato... Daisy, non
lasciarmi! Me lo avevi promesso! Daisy! Daisy!... (Rinuncia a chiamarla. Con un
gesto di disperazione, rientra nella stanza) Naturalmente. E' logico. Non ci si
capiva pi�... una coppia disunita... non era pi� possibile tirare avanti, cos�...
Ma non avrebbe dovuto lasciarmi senza una spiegazione... (Si guarda intorno) Se n'�
andata cos�, senza una parola... Non � il modo di fare! E adesso sono proprio solo.
(Va a chiudere la porta a chiave, con cura, ma con rabbia) Ma non mi arrendo!
(Chiude con cura le finestre) Avete capito? Non mi arrendo! (Si rivolge a tutte le
teste di rinoceronte) Non vi seguir� mai, non vi capisco! Rester� quello che
sono... Sono un essere umano. Un essere umano! (Va a sedersi in poltrona) Ah, che
situazione impossibile! E' colpa mia se lei se ne � andata. Ero tutto, per lei...
che le succeder�, adesso?! Ah... ancora una persona sulla coscienza! Devo
immaginarmi il peggio, perch� il peggio � possibile... Povera bambina abbandonata
in questo mondo di mostri! Nessuno pu� aiutarmi a ritrovarla, nessuno, perch� non
c'� pi� nessuno! (Nuovi barriti; corse sfrenate, nuvole di polvere). Non voglio
sentirli... Meglio mettere del cotone nelle orecchie. (Si mette del cotone nelle
orecchie e si parla da solo allo specchio) Non c'� altra via che tentare di
convincerli... gi�, ma convincerli di che? E queste metamorfosi, saranno
reversibili? Eh? Saranno reversibili?... Sarebbe una fatica d'Ercole, al di sopra
delle mie possibilit�. E, prima di tutto, per convincerli, bisognerebbe parlare con
loro... Ma per parlare, dovrei imparare la loro lingua... O forse loro impareranno
la mia?... Ma che lingua parlo, io? Qual � in realt� la mia lingua? E' italiano,
questo? S�, dev'essere italiano. Ma che cos'� poi l'italiano? Possiamo anche
chiamarlo italiano, se vogliamo, tanto nessuno pu� contraddirmi: sono il solo a
parlarlo. Ma che sto dicendo? Che dico? Riesco ancora a capirmi, poi? (Va verso il
centro della stanza) E se, come diceva Daisy, fossero proprio loro ad aver ragione?
(Si volta verso lo specchio) Eppure un uomo non � brutto, un uomo non � brutto! (Si
osserva, passandosi la mano sulla faccia) Che strano essere, per�! Chiss� mai a che
cosa assomiglio... (Si precipita verso uno scaffale e ne estrae delle fotografie
che sfoglia febbrilmente) Fotografie! Ma chi sono tutti questi tipi?! Il signor
Papillon, oppure Daisy? E questo qua? Sar� Board? Dudard? Jean? Che sia io?... (Si
precipita di nuovo verso lo scaffale e ne estrae due o tre ritratti) S�, adesso mi
riconosco: sono io! io! io! (Va ad appendere i ritratti sulla parete di fondo tra
le teste di rinoceronte) Sono io! Sono proprio io! (Mentre li appende, vediamo che
i ritratti raffigurano un vecchio, una donna grassa e un altro uomo. La bruttezza
delle persone ritratte contrasta ora con le teste dei rinoceronti che sono
diventate molto belle. B�renger fa un passo indietro per osservare meglio i quadri)
No, non sono bello, non sono per niente bello! (Stacca i quadri, li getta per terra
con ira, va verso lo specchio) Sono loro che sono belli! Avevo torto! Ah, vorrei
essere come loro! Non ho niente in testa, neanche un corno! Com'� brutta mia fronte
cos� piatta, liscia... ci vorrebbero un corno o due, cos� anche i miei tratti
risalterebbero meglio... Chiss�, forse spunteranno, e allora non mi sentir� pi�
cos� umiliato, potr� andare a raggiungerli... Ma no... le corna non spuntano... (Si
guarda le palme delle mani) Le mie mani sono sudate... Chiss� se diventeranno
grosse, rugose... (Si toglie la giacca, sbottona la camicia, osserva il petto allo
specchio) Ho la pelle tutta flaccida. Ah, questo corpo cos� bianco e peloso! Come
vorrei avere una pelle ruvida, e quel magnifico colore verde scuro... come vorrei
avere un nudo decente, senza peli, come il loro! (Ascolta i barriti) Il loro canto
� attraente, forse un po' rauco, ma certo attraente! Se potessi anch'io cantare
cos�! (Cerca di imitarli) Aah! aah! Brr! Brr! No, non � cos�! Proviamo pi� forte!
Aah! aah! Brr! No, non � cos�! Troppo debole, manca di forza, di vigore! Non riesco
a barrire! Urlo soltanto! Aah! aah! Brr!... ma gli urli non sono barriti! Cono mi
sento in colpa! Avrei dovuto seguirli quand'ero acori in tempo! Troppo tardi,
adesso! E' finita, sono un mostro! Sono un mostro! Non diventer� mai pi� un
rinoceronte, mai, mai, mai! ... Non posso pi� cambiare. Vorrei tanto, ma non posso,
non posso! E non posso pi� sopportarmi, mi faccio schifo, ho vergogna di me stesso!
(Si volta, spalle allo specchio) Come sono brutto! Guai a colui che vuole
conservare la sua originalit�! (Ha un brusco sussulto) E allora, tanto peggio! Mi
difender� contro tutti! La mia carabina, la mia carabina! (Si volta verso la parete
del fondo dove si vedono le teste di rinoceronte. Urlando) Contro tutti quanti mi
difender�, contro tutti quanti! Sono l'ultimo uomo, e lo rester� fino alla fine! Io
non mi arrendo! Non mi arrendo!

SIPARIO.

NOTE.

Nota 1. Conformemente alle dichiarazioni dello stesso Ionesco (cfr. p. 890, nota 1)
� stato eliminato l'articolo definito che compariva nella prima edizione di questa
traduzione ("Teatro I", Einaudi, Torino 1961). [N.d.T.]
Nota 2. Dopo aver abbandonato gli studi alla scuola del Louvre, Jean-Louis Barrault
frequenta i corsi di Charles Dullin al Th��tre de l'Atelier (1934 Sostiene piccole
parti, comincia a esercitarsi nel mimo con Etienne Decroux e si lega con Antonin
Artaud e i surrealisti. Collabora con il gruppo del Rideau de Paris (Marcel Herrand
e Jean Marchat) con il quale interpreta, nel 1934, "Il colpo di Trafalgar" di Roger
Vitrac, recita nel cinema ed in tal modo incontra Madeleine Renaud che sposa nel
1940. Nominato �soci�taire� alla Com�die Fran�aise nel 1942, porta in scena - e
recita - "Lo scarpino di raso" di Claudel con Marie Bell e Madeleine Renaud. Lo
spettacolo ebbe un grandissimo successo. Nel 1946, abbandona la Com�die Fran�aise e
fonda la Compagnia Madeleine Renaud-Jean-Louis Barrault. La compagnia si sistema al
Th��tre Marigny dove rappresenta "Amleto" di Shakespeare tradotto da Andr� Gide.
Nel 1947 mette in scena per la prima volta "Il processo" di Kafka - tradotto da
Andr� Gide - e, nel 1948, "Lo stato d'assedio" di Camus e "Crisi meridiana" di Paul
Claudel. Nel 1954 inaugura il Petit-Marigny con "La serata dei proverbi" di Georges
Sch�had�. Nel 1956, vi allestisce "Il personaggio combattente" di Jean Vauthier.
Nel 1957, lascia il Th��tre Marigny per presentare al Th��tre Sarah-Bernhardt
"Storia di Vasco" di Georges Sch�had�. Parte con la sua compagnia per il Canada e
gli Stati Uniti dove recita nella grande sala dell'assemblea dell'Onu. Nel 1959,
trasloca all'Od�on-Th��tre de France, porta in scena "Testa d'oro" di Claudel con
la collaborazione di Pierre Boulez, e "La piccola Moli�re" di Jean Anouilh e Roland
Laudenbach. Nel 1960, rappresenta per la prima volta "Rinoceronte" e nel 1963 "Il
pedone dell'aria". Sempre nel 1963, ospita Roger Blin, che cura la regia di "Giorni
felici" di Samuel Beckett, commedia nella quale la parte principale � sostenuta da
Madeleine Renaud. Nel 1966, presenta "Delirio a due" e "La lacuna" di Ionesco. Nel
1968, abbandona l'Od�on e si insedia all'Elys�e-Montmartre dove rappresenta
"Rabelais" con la collaborazione di Matias per i costumi e di Michel Polnareff per
la musica. Nel 1974 - e fino al 1980 - si stabilisce al Th��tre d'Orsay poi al
Th��tre du Rond-Point (1981-88). Oltre alle sue attivit� d'attore e di regista,
vanno ricordate quelle di editore dei �Cahiers Renaud-Barrault�. Fra le sue
pubblicazioni, citiamo: "R�flexions sur le th��tre" (Ed. Jacques Vautrain, Paris
1949); "A propos de Shakespeare et du th��tre" (La Parade, Paris 1949); "Une troupe
et ses auteurs" (Ed. Jacques Vautrain, Paris 1950); "Nouvelles r�flexions sur le
th��tre" (Flammarion, Paris 1959); "Souvenirs pour demain" (Ed. du Seuil, Paris
1972). Per maggiori informazioni si pu� consultare Andr� Frank, "Jean Louis
Barrault", Seghers, Paris 1971. Per Genevi�ve Serreau e il dottor Fraenkel vedi il
Commento, p. 888, nota 1.

RINOCERONTE.
COMMENTO.
Cronistoria della commedia.

Ionesco scrisse "Rinoceronte" su richiesta di Genevi�ve Serreau, segretaria di


redazione della rivista �Lettres nouvelles� e moglie del regista Jean-Marie
Serreau. Il racconto, dedicato ad Andr� Fr�d�rique, fu pubblicato nel 1957 (1), poi
ripreso nei �Cahiers Renaud-Barrault� (2) e ne �L'Avant-Sc�ne� (3), prima di essere
inserito nella raccolta intitolata "La foto del colonnello" (4).
Come per "Orifiamma", "La foto del colonnello" e "Una vittima del dovere", Ionesco
realizz� un adattamento teatrale del testo. Il 28 novembre 1958, al Vieux-
Colombier, diede lettura dell'atto terzo. Umorista, e anche un po' provocatorio,
affermava in quell'occasione: �Una commedia � fatta per essere rappresentata, non
per essere letta; se fossi stato in voi, non sarei venuto� (5).
Il 20 agosto 1959, la B.b.c. mand� in onda "Rinoceronte" nella traduzione di Derek
Prouse. Ma la prima mondiale ebbe luogo in tedesco allo Schauspielhaus di
D�sseldorf il 6 novembre. Il regista, Karl-Heinz Stroux, aveva affidato il ruolo
principale a Karl Maria Schley.
In Francia, fu Jean-Louis Barrault a mettere in scena la commedia, il 22 ottobre
1960, all'Odeon-Th��tre de France. Molto soddisfatto del successo, il drammaturgo
confid� a Paul-Louis Mignon: �Il ricordo pi� memorabile che ho sono "I Miserabili"
all'Odeon. Una scena che si chiudeva su un'esclamazione di Jean Valjean: "Sono un
miserabile!" Da quel giorno, l'Od�on mi � parso il solo vero teatro, quello in cui
ho sempre desiderato di venir rappresentato� (6).
Tre mesi dopo (7), la commedia venne messa in scena al Royal Court Theatre da Orson
Welles, che affid� il ruolo principale a Laurence Olivier. Questa rivincita oltre
Manica, dove il noto critico dell'�Observer�, Kenneth Tynan, aveva schernito
l'autore delle "Sedie", � sintomatico di un fenomeno pi� generale. "Rinoceronte" �
in effetti uno dei pi� grandi successi del dopoguerra, insieme ad "Aspettando
Godot" di Samuel Beckett (8) e "Trappola per topi" di Agatha Christie (9). La
consacrazione di Ionesco - come quella di Genet, di Beckett e di Brecht, che si
imposero anch'essi negli anni cinquanta - ha dunque dimensioni internazionali.
Riflette una corrente di pensiero, una sensibilit�, che trascendono i
particolarismi nazionali.

Dal racconto alla commedia.

Costruito come una �tetralogia�, il racconto comporta un'alternanza di modulo


narrativo e scenette dialogate. La prima parte presenta successivamente il
protagonista, una passante il cui gatto viene schiacciato da un rinoceronte, e un
filosofo stravagante.
La seconda parte mette in scena il capufficio, i suoi dipendenti (Daisy, Dudard e
Botard) e la signora Boeuf.
La terza evoca la visita del narratore all'amico Jean, malato, che lo riceve assai
malamente. Posseduto da un �furore cieco�, si scaglia sul visitatore gridando: �Ti
schiaccer�! Ti schiaccer�!� (10). Il protagonista fugge precipitosamente ma, gi�,
la via brulica di perissodattili.
Il narratore non si � ancora del tutto ripreso dall'emozione quando arriva Daisy
che gli fa una rivelazione: il capufficio Botard e il filosofo hanno entrambi
contratto la rinocerontite. Dopo un breve duetto amoroso interrotto dal suono del
telefono (11), la coppia ascolta la radio: vanno in onda solo barriti. Il
protagonista esclama allora: �Sono diventati tutti matti. Il mondo � malato� (12).
Tremante ma affascinata, Daisy ha �un po' vergogna di quello che tu chiami amore,
questa cosa morbosa� che �non � paragonabile con l'energia straordinaria che
sprigionano tutti questi esseri� (13). Scesa la notte, senza dire una parola, Daisy
abbandona l'amante. Rimasto solo, costui termina il racconto in termini che
riflettono un senso di colpa misto a incapacit� a rinunciare alle proprie
convinzioni: �Mi sentivo un mostro. Ahim�! Non sarei mai diventato rinoceronte
[...]. Avevo vergogna. Eppure non potevo, no, non potevo� (14).
Una rete di analogie unisce il racconto alla commedia: costruzione, temi, nomi
(15), atmosfera insolita, dialoghi ripresi alla lettera. E' indubbio che il
racconto � servito da abbozzo.
Naturalmente, le esigenze proprie a generi diversi producono delle differenze.
Alcuni personaggi minori e il lungo dialogo tra B�renger e Dudart esistono per
esempio solo nell'opera drammatica. Ma � soprattutto il monologo finale, portatore
di un messaggio, che si allontana dall'originale. Mentre il protagonista del
racconto vuole �convincere� i rinoceronti (16), B�renger, pi� realista e pi�
incisivo, afferra la sua carabina e, in un soprassalto, esclama: �Io non mi
arrendo!� (17).
Infine e soprattutto, mancano nel racconto due elementi essenziali per lo
spettacolo: da una parte, l'accelerazione del movimento drammatico - che
contribuir� a creare l'impressione di accerchiamento - e, dall'altra, la dimensione
comica - che emerge dall'assurdit� dei ragionamenti del filosofo e dal contrasto
tra la condotta morale che Jean rivendica e quella del tutto opposta che adotta. Se
Ionesco ha cura di sottolineare la comicit� nell'atto primo, � certo per divertire,
ma anche per porre lo spettatore in uno stato di ricettivit� che, per contrasto,
render� angosciante l'evoluzione verso il tragico. Evoluzione tanto pi� angosciante
quanto pi� l'accelerazione del ritmo intensifica l'emozione. Si prova allora la
sensazione di un progressivo accerchiamento che ci conduce verso la catastrofe.

Genesi della commedia (18).

Il racconto e, di conseguenza, la versione teatrale che ne deriva, recano tracce di


un'esperienza vissuta. Accuratamente distanziata tramite l'umorismo e la patina
letteraria e drammaturgica, essa riflette i sommovimenti politici e sociali in cui
Ionesco si trov� coinvolto negli anni trenta, quando la Romania, la Germania,
l'Italia e la Spagna prendevano la strada del fascismo:
�[...] l'opera si propone di descrivere il processo di nazificazione di un paese e
nello stesso tempo lo smarrimento di chi, allergico per natura al contagio, assista
alla metamorfosi mentale della collettivit� [...]. Il nazismo � stato, per lo pi�,
fra le due guerre, un'invenzione di intellettuali, ideologi e semintellettuali alla
moda che l'hanno diffuso. Essi erano rinoceronti. Pi� ancora che la massa, questa
gente ha una mentalit� di massa. Non pensano: recitano slogans "intellettuali"�
(19).
In "Presente passato. Passato presente," Ionesco dedica numerose pagine ai
conflitti che lo opposero ai suoi ex amici divenuti fascisti o guardie di ferro.
Testimone di un rivolgimento cui soccombono il suo entourage e suo padre, sente
pesare su di s� la minaccia e l'isolamento:
�Ritornare in Francia, � il mio solo scopo, disperato [...]. Esilio spaventoso.
Solo, sono solo, circondato da gente che � per me dura come la pietra, pericolosa
come un serpente, implacabile come una tigre. Com'� possibile comunicare con una
tigre, con un cobra, com'� possibile convincere un lupo o un rinoceronte a
comprendervi, a risparmiarvi, quale lingua adoperare. Come far loro riconoscere i
miei valori, il mio mondo interiore. In realt�, come se fossi l'ultimo uomo in
quest'isola mostruosa, io non rappresento pi� nulla, se non un'anomalia, una
mostruosit� (20).
Il suo rifiuto, il suo orrore per il fascismo non si fondano su una ideologia. E'
una reazione istintiva. Il cuore ha le sue ragioni che la ragione fascista non pu�
comprendere. Divenuti impossibili, il dialogo, la comprensione e l'amicizia
lasciano il posto al senso di isolamento e alla paura. Bisogna fuggire dalla
Romania, possibilit� che si presenta nel 1938.
"Rinoceronte" deve la sua esistenza anche a un'esperienza vissuta da Denis de
Rougemont, un autore di cui Eug�ne Ionesco aveva una grande stima, e che aveva
assistito nel 1938 a Norimberga a una manifestazione nazista. Attendendo l'arrivo
di Hitler, �i presenti stavano gi� dando segni di impazienza, quando, in fondo a
una via e rimpicciolito dalla distanza apparve il F�hrer circondato dal suo
seguito. Lo scrittore vide la folla, progressivamente travolta da una specie di
isterismo, acclamare con frenesia l'uomo sinistro. L'isterismo si spandeva,
avanzava, con Hitler, come una marea. Sulle prime il narratore rimase sbalordito di
fronte a questo delirio. Ma quando il F�hrer si avvicin� e tutti, intorno a lui,
furono contagiati dal generale isterismo, Denis de Rougemont s'accorse che quel
furore cercava di impadronirsi anche di lui, che quel delirio "l'elettrizzava".
Stava per soccombere alla magia, quando qualcosa sal� dal pi� profondo del suo
essere, opponendosi alla tempesta collettiva [...]. [Si sentiva] a disagio,
spaventosamente solo, in mezzo alla folla, [aveva] resistito ed esitato allo stesso
tempo. Poi sentendosi "letteralmente" drizzare i capelli in testa, capi ci� che
significa Orrore Sacro. In quel momento, non era il suo pensiero a resistere, non
erano le argomentazioni che gli venivano in mente; era tutta la sua "personalit�"
che si ribellava. Ecco probabilmente il punto di partenza di Rinoceronte [...]�
(21).
Cos�, la testimonianza di un altro rinforza l'esperienza che il drammaturgo visse
in Romania, conferendole un valore assoluto pi� forte. E fornendo inoltre due
elementi fondamentali: da un lato, "l'immagine del �delirio�, dell'�isteria�", che
come una �marea� si espande �progressivamente�; dall'altra "la conclusione", la
vittoria dell'individualismo e del buon senso sull'istinto gregario. Vittoria
certo, ma che determina una sensazione di esilio: �Io sono solo, loro sono insieme�
(22).
Se le fonti fanno luce sull'immagine del �rinoceronte�, non indicano per� il modo
con cui essa si impose a Ionesco. Un'intervista accordata al �Figaro litt�raire� �
a tale proposito chiarificatrice: �Ho fatto, molto tempo fa, l'esperienza del
fanatismo... Era terribile... il fanatismo sfigura la gente... la disumanizza.
Avevo l'impressione fisica di avere a che fare con esseri che non erano pi� umani,
sentivo che non era pi� possibile intendersi con loro... Ebbi l'idea di ritrarre
sotto l'aspetto di un animale quegli uomini decaduti allo stato animale, quelle
buone fedi ingannate, quelle cattive fedi che ingannano� (23).
Desideroso di proporre un mito moderno che presenti l'animalit� come simbolo del
fanatismo, Ionesco consulta il dizionario e fa una scelta di cui rende conto con
umorismo: �Il toro? No: troppo nobile. L'ippopotamo? No: troppo molle. Il bufalo?
No: i bufali sono americani, nessuna allusione politica... Il rinoceronte! Vedevo
finalmente il mio sogno materializzarsi, concretizzarsi, diventare realt�, massa.
Il rinoceronte! Il mio sogno!� (24).
Il simbolo � dunque scelto e l'idea del contagio accolta. Restava la metamorfosi.
Ed ecco che Ionesco s'ispira a un testo di Kafka - autore ch'egli leggeva molto in
quell'epoca - intitolato appunto "La metamorfosi". Che cosa ne trae? Il racconto di
Kafka inizia in questo modo:
�Destandosi un mattino da sogni inquieti Gregor Samsa si trov� tramutato, nel suo
letto, in un enorme insetto. Se ne stava disteso sulla schiena dura come una
corazza e, per poco che alzasse la testa, poteva vedersi il ventre abbrunito e
convesso, solcato da nervature arcuate, sul quale si reggeva a stento la coperta,
ormai prossima a scivolare completamente a terra. Sotto i suoi occhi annaspavano
impotenti le sue molte zampette, di una sottigliezza desolante se raffrontate alla
sua corporatura abituale.
"Che cosa mi � accaduto?" si domand�. Non stava affatto sognando [...]� (25).
La principale analogia tra il testo di Kafka e "Rinoceronte" risiede nel carattere
"inesplicabile" e insolito della metamorfosi. Come in certi miti, si constata una
regressione dell'umano all'animalit�, un ritorno teratologico della cultura alla
natura. C'� dunque inversione del processo di civilizzazione che si fonda sulla
capacit� di dominare gli istinti distruttori e sulla valorizzazione della
razionalit� e della socievolezza.
Al carattere irrazionale della metamorfosi si aggiungono altri elementi: Gregor ha
l'andatura alterata, �una schiena dura come una corazza�, una voce cui si mescola
�un incontenibile e penoso pigolio, che pareva salire dal basso�. Scoprendo la
mostruosit� del figlio, la madre lancia un grido e sviene. Gregor resta allora
segregato nella sua camera, isolato dal mondo. La sorella, cui � molto attaccato,
lo ha abbandonato anche lei. Egli dispera di �trovare un modo qualsiasi per
ristabilire la pace e l'ordine in quella societ� dispotica� (26) da cui � esiliato.
In "Rinoceronte", nella scena seconda dell'atto secondo, Jean, costretto a letto
come Gregor, ha la voce rauca, �sempre pi� rauca�, e la sua pelle �diventa verde� e
sempre pi� �spessa� (27). Altro elemento interessante: nella scena precedente, la
signora Boeuf, osservando l'animale che gira in tondo, �improvvisamente lancia un
grido angosciato�, urla �E' mio marito!�, e sviene (28). Infine, ultima analogia,
la donna amata, Daisy, abbandona B�renger. Anche lui, come Gregor, � profondamente
conscio della sua condizione di derelitto e dell'assenza di comunicazione tra gli
esseri. Questi dunque i punti di contatto tra Ionesco e Kafka.
Gli succede anche, per�, di andare controcorrente. Se, sin dall'inizio, l'eroe di
Kafka si scopre trasformato in enorme insetto, in "Rinoceronte" solo i personaggi
secondari subiscono una trasformazione che, va notato, � progressiva. Lungo tutto
il racconto, Gregor lotta per comunicare con gli altri, per restare membro della
societ�; B�renger invece lotta per preservare la sua umanit� "opponendosi" alla
societ�.
Se Gregor ha coscienza della sua disumanizzazione, questa consapevolezza al
contrario non sfiora mai i �rinoceronti�. L'animalit� dell'eroe di Kafka -insetto
gigante e appiccicoso - ispira la repulsione a coloro che lo circondano, mentre la
�rinocerontite� invece seduce. Cos� i barriti sono �musicali� (29). Allo stesso
modo, andando a raggiungere i mostri, Daisy esclama, commossa: �Come sono belli!
[...]. Sono meravigliosi, divini!� (30).
Aggiungiamo, per concludere il parallelo, che il racconto di Kafka � immerso in
un'atmosfera di angoscia, di sofferenza e di senso di colpa, mentre "Rinoceronte",
opera poliedrica, si differenzia tramite gli elementi drammaturgici - elementi su
cui si innestano la fantasia (31), la caricatura, la satira e l'impegno contro
l'ideologia diventata idolatria.
Riassumendo, "Rinoceronte" trae ispirazione da Kafka, da Denis de Rougemont e
dall'esperienza romena del fascismo. L'opera � inoltre la risposta di Eug�ne
Ionesco ai critici francesi e inglesi che lo accusavano di nichilismo. Mentre "Il
nuovo inquilino" e "Assassino senza movente" terminavano con una nota di
pessimismo, il monologo finale di B�renger termina in maniera positiva: �Sono
l'ultimo uomo, e lo rester� fino alla fine! Io non mi arrendo! Non mi arrendo!�
(32).

Fortuna della commedia.

A D�sseldorf, "Rinoceronte" ricevette un'accoglienza trionfale. Alain Cl�ment, che


aveva assistito alla prima dello spettacolo, constat� che applausi frenetici
interruppero a pi� riprese la rappresentazione. Una volta calato il sipario,
autore, attori e regista furono richiamati in scena per mezz'ora (33). Poirot-
Delpech poteva cos� scrivere su �Le Monde�: �L'ultima opera di Ionesco era fatta
per essere recitata in tedesco, in Germania e nel tono con cui � stata allestita
allo Schauspielhaus� (34).
In Francia, il pubblico che si ricordava, come l'autore, del fascismo e dello
stalinismo, gli riserv� un'accoglienza calorosa. Ogni sera, la sala era piena,
anche perch� gli interpreti erano eccezionali. Attori di talento come Jean-Louis
Barrault, Marie-H�l�ne Dast�, Jean Martin, Jean Par�d�s e Simone Val�re (35), erano
gi� allora sicura garanzia di divertimento e virtuosismo.
I critici furono, nell'insieme, favorevoli. Tra gli altri, Jacques Lemarchand,
fervente difensore di Ionesco fin dagli esordi, scriveva: �"Rinoceronte" dice le
cose cos� limpidamente - bench� sotto forma di allegoria - che chi affermasse di
non capirle farebbe davvero la figura del babbeo. E mi pare, avendole capite,
ch'esse riguardino la sensibilit� (36).
Da parte sua, Jean Vigneron notava: �Questa volta non ci si pu� pi� sbagliare,
Ionesco scrive in francese! E il suo "Rinoceronte" � un'opera totalmente chiara, di
un simbolismo limpido, tanto pi� forte in quanto pi� accessibile e di una portata
tanto pi� grande poich� tutti possono coglierne il significato� (37).
Pi� circospetto, Alfred Simon constatava: �Ionesco ha molto umorismo e altrettanta
buona volont�. Contrariamente alle apparenze, non ha mai cercato di essere
sgradevole. Al contrario. E per ringraziare questi signore-e-signori (il bel mondo
ufficiale di un teatro di porpora e oro) di averlo portato via dai teatri
scantinati, fa finta di prendersi sul serio e di prenderli sul serio; si d�
all'umanesimo integrale, ai buoni sentimenti e alle grandi idee� (38).
Quanto a Poirot-Delpech, rimpiangeva l'autore d'avanguardia che aveva scoperto
�l'insolito della banalit� ma che oggi si accontentava della �banalit�
dell'insolito� e di un simbolismo didascalico che precedentemente aveva condannato.
In questo modo, aggiungeva, Ionesco �si ricongiunge per cos� dire con l'accademismo
dei "rinoceronti" del teatro� (39).
Una circostanza straordinaria permise peraltro di confrontare le interpretazioni
che due culture diverse e due registi diversi davano di "Rinoceronte". Il primo
aprile infatti, due rappresentazioni ebbero luogo a Parigi, quella francese
all'Od�on, quella tedesca al Th��tre des Nations, messa in scena allo
Schauspielhaus.
All'estero, in particolare a Londra, a Zurigo e a New York, "Rinoceronte" ottenne
il favore del pubblico. L'influente critico del �New York Herald Tribune�, per�,
Walter Kerr, espresse qualche riserva. Americano pragmatico, avrebbe desiderato che
il drammaturgo proponesse una soluzione positiva, valida, che non si accontentasse
di denunciare il male. Indispettito, Ionesco gli rispose aspramente:
�Mi sembra ridicolo chiedere, ad un autore di teatro, una bibbia; la via della
salvezza; � ridicolo pensare per tutti e fornire a tutti quanti una filosofia
automatica; l'autore drammatico pone problemi� (40).
Ognuno trovi poi la soluzione da s�, al di fuori dei sistemi. E Ionesco aggiungeva:
�Diffido degli intellettuali che, da una trentina d'anni, non fanno che diffondere
le rinocerontiti e sostenere filosoficamente gli isterismi collettivi di cui interi
popoli divengono periodicamente preda� (41).

Ionesco e le interpretazioni della commedia.

Opera �postmoderna� (42), Rinoceronte esce dai canoni fissati dalla tradizione e
scavalca le barriere che separano i generi. Il tragico e il comico vi si
compenetrano secondo modalit� variabili:
�I tedeschi, precisa Ionesco, ne avevano fatto una tragedia; Jean-Louis Barrault
invece ne ha fatto una farsa terribile e una favola fantastica. Le due
interpretazioni sono valide; esse costituiscono le due realizzazioni tipiche del
dramma� (43).
Ma dopo aver letto alcune critiche americane aggiunge:
�[...] tutte erano d'accordo nel giudicare la commedia divertente. Invece non �
divertente; per quanto sia una farsa, essa � soprattutto una tragedia� (44).
Ionesco denuncia tanto il desiderio di far ridere a ogni costo quanto un doppio
controsenso:
�Mi � sembrato di capire che avevano trasformato un personaggio duro, feroce,
angosciante, in un personaggio comico, in un debole rinoceronte: Jean, l'amico di
B�renger. Mi � sembrato anche che la regia avesse trasformato un personaggio
indeciso, eroe suo malgrado, allergico all'epidemia rinocerontica, in altre parole
B�renger, in una sorta di intellettuale lucido, duro, in una specie di non-
sottomesso o di rivoluzionario ben cosciente di ci� che faceva (forse cosciente, ma
incurante di spiegarci le ragioni del suo atteggiamento)� (45).
Ionesco rifiuta insomma tutte le letture riduttive. Ammette peraltro svariate
interpretazioni: "Rinoceronte" � sia un �dramma struggente e doloroso�, sia una
�tragedia nuda, senza concessioni, appena velata da una mortale ironia�, sia ancora
�un dramma grave� (46). Definizioni che riflettono le tonalit� con cui l'opera fu
rappresentata in Italia, in Germania e in Polonia.
In Francia, Barrault �ritmava la sfilata dei rinoceronti con canti da marcia e da
parata della Wehrmacht� (47), sottolineando cos� il referente storico. Certo, il
significato di Rinoceronte non si limita al nazismo; comprende tutti i
totalitarismi contemporanei, tanto �di destra�, che �di sinistra�, europei o
sudamericani, come suggerisce Ionesco:
�"Rinoceronte" � senza dubbio [... ] un'opera contro gli isterismi collettivi e le
epidemie che si celano sotto il manto della ragione e delle idee, cio� contro un
genere di malattie alle quali le ideologie non forniscono che gli alibi [...]�
(48).
I rinoceronti sono la rappresentazione caricaturale degli �intellettuali ideologi�.
Adottando lo spirito del gregge, mettono la loro ragione smarrita al servizio delle
loro pulsioni.

Logica dello slancio creatore.

Il racconto, come il diario o il romanzo in prima persona, si organizza intorno al


protagonista. E' il suo sguardo che osserva e giudica, anche se i personaggi
secondari incarnano punti di vista diversi o divergenti. Applicata al testo
teatrale, questa tecnica conferisce unit� e coerenza, e permette al drammaturgo di
attingere ai suoi ricordi. L'apatia e il gusto per l'alcool manifestati da B�renger
non ricordano quelli di Ionesco (49)? Allo stesso modo, nella scena prima dell'atto
secondo, l'�"ufficio di un ente statale o di una ditta privata: un'importante casa
di edizioni legali, per esempio"� (50) evoca la ditta Durieu, la casa editrice del
"Juris classeur" e de �La Semaine juridique� in cui Ionesco esercit� il mestiere di
correttore di bozze.
L'evoluzione del protagonista � in funzione degli avvenimenti. Dapprima
�spettatore� disilluso, B�renger si trova davanti a situazioni sempre pi� gravi che
si moltiplicano a un ritmo crescente. Soccomber� o si preserver�? Minacciato nella
libert� e nell'integrit� fisica, esce dal suo letargo e dal male esistenziale. La
metafisica cede il passo al fisico, all'istinto di conservazione.
Parallelamente all'evoluzione del protagonista, la metamorfosi degli abitanti di
una citt� di provincia, la loro trasformazione psicosomatica, si spiega con la
fascinazione esercitata dal male: il contagio ideologico poggia sulla seduzione
(51).
L'atmosfera che accompagna gli avvenimenti slitta dal comico al tragicomico, dalla
stramberia alla follia, dal riso iniziale all'angoscia finale di fronte alla
tirannia e alla prospettiva dell'annientamento.
A sua volta, la tematica partecipa dello slancio creatore. Il male esistenziale e
il suo sintomo, la letargia depressiva, appaiono in contrappunto, accompagnati
dalla prima incarnazione della rinocerontite: il filosofo - caricatura
dell'irragionevolezza - prefigura nel registro assurdo quella, tutta ideologica, di
Botard e di Jean (52). Staccata dal �reale�, non temperata dal buon senso, la
logica conduce direttamente al teratologico.
Una seconda serie di temi rivela la fragilit� e l'inadeguatezza dell'atteggiamento
incarnato da Dudard. Eccessiva, ben lontana da un pragmatismo e da un empirismo di
buona lega, la sua tolleranza intellettuale sfocia in un fallimento. E' certo bene,
come insegnava Socrate, voler capire l'altro, ma senza oltrepassare certi limiti,
perch� tollerare l'intollerabile porta alla soppressione della libert� collettiva.
Falso e caricaturale, l'umanesimo di Dudard deve essere denunciato. Cos� B�renger e
lo spettatore sono indotti a respingerlo, come ne "Le mosche" Oreste aveva respinto
le lezioni semplicistiche del Pedagogo (53). Simile a Oreste, B�renger si vede
condannato alla solitudine di colui che rifiuta i conformismi sociali e ideologici.
La logica creatrice e la tematica che vi � sottesa s'inscrivono nel contesto
generale della scrittura. La conoscenza delle �fonti�, e le testimonianze
dell'autore permettono di cogliere meglio il processo della creazione. Ionesco si
�racconta� e si traspone. Fa vivere i suoi fantasmi e rivivere il suo passato, le
sue esperienze e le sue angosce. Il suo alter ego realizza ci� che lui non ha
potuto realizzare. Mentre Eug�ne Ionesco ha dovuto fuggire il nemico, nella
finzione teatrale B�renger brandisce un'arma, riproducendo a modo suo il gesto
dell'eroe di Hemingway in "Per chi suona la campana" (1940). Cos�, la scrittura,
rivalsa della letteratura sulla vita, costituisce, conformemente alle teorie di
Jung e di Adler, un fenomeno compensatorio; fenomeno che si ispira ai valori
profondi in cui crede l'autore, ma che non esclude minimamente il ruolo
dell'immaginazione.
Tutto questo per� non rende conto a pieno della logica creatrice. Lo scrittore, e
pi� ancora il drammaturgo - mago della visione - � costretto a pensare agli effetti
che produrr�. Perci� Ionesco non sottovaluta n� le riserve avanzate dai critici
(54) n� i desideri del pubblico che esige di essere divertito e illuminato. L'arte
- lunga e bella esitazione tra il senso e i sensi - deve condurre lo spettatore a
�sentire� la commedia, a simpatizzare con l'eroe, a passare dallo stupore divertito
per l'insolito e per l'assurdo, all'angoscia che ispira la prospettiva
dell'asservimento o dell'annientamento. Ritroviamo qui uno dei principi di Ionesco:
�l'arte e la letteratura non possono essere altro che affettivit� e conoscenza
delle cose attraverso il cuore� (55).

Comico e tragico.

Nel 1960, nel corso di un'intervista, Ionesco afferm�: �Il comico nelle mie
commedie non � che una tappa della costruzione drammatica, e anche un mezzo per
costruire la commedia. Diventa sempre di pi� uno strumento, per fare da
contrappunto al dramma. - E aggiunse: - Il comico � un'altra faccia del tragico�
(56).
Di questa dichiarazione che fa luce sulla sua concezione del teatro, tre punti sono
da ritenere: il comico, elemento strategico privilegiato, d� l'impulso alla
creazione; facendo da contrappunto al dramma, intrattiene necessariamente con esso
un rapporto di opposizione; infine, curiosamente, Ionesco fa ricorso a due termini
- �dramma� e �tragico� - che, in ambito teatrale, non hanno lo stesso significato.
Le sue opere sono tragedie nel senso tradizionale con cui si � soliti definire il
genere in Francia (57)? Evidentemente no. Ionesco attribuisce al termine �tragico�
un senso pi� ampio e pi� vago, vicino all'accezione quotidiana.
Le opere cui si riferisce implicitamente appartengono a un genere di cui � stato
uno dei fondatori: la farsa tragica che fa coesistere due tonalit� a lungo
considerate antitetiche. "Rinoceronte" appartiene cos� all'universo della derisione
e dell'assurdo, ma anche alla sfera tragica perch� mette in discussione il mondo
occidentale degli anni trenta e quaranta. L'ascesa del fascismo, il meccanismo del
contagio e le sue conseguenze catastrofiche ispirano, in chi ha un po' di memoria o
di immaginazione, l'angoscia, se non decisamente il terrore: la �rinocerontite�
distrugge l'amicizia, l'amore, la morale �umanistica� e le istituzioni
democratiche, in una parola, l'apporto della civilizzazione. Lo spettatore, che si
identifica con B�renger, vede il mondo disgregarsi. Pu� dunque intuire, se non
provare, l'emozione tragica.
E' per� il registro comico, quello con cui inizia "Rinoceronte" (58).
Incondizionatamente appassionato dell'insolito, Ionesco gioca a pi� riprese con
situazioni incongrue. Come un illusionista, Jean estrae di tasca una cravatta, un
pettine e uno specchio. Un rinoceronte venuto non si sa da dove compare nel corso
di una scena il cui ritmo accelera come nei film di Charlie Chaplin o dei fratelli
Marx. Con grande sorpresa dei passanti che manifestano il loro sbalordimento con un
concerto di esclamazioni, il rinoceronte compare, sparisce e poi riappare,
schiacciando al suo passaggio un gatto la cui proprietaria disperata prender� il
lutto!
Questa comicit� che nasce dall'insolito impregna anche la lezione di logica
impartita dal filosofo, che riprende in maniera curiosa un sillogismo secolare:
�IL FILOSOFO (al vecchio signore): [...] Il gatto ha quattro zampe. Isidoro e
Fricot hanno ciascuno quattro zampe. Dunque Isidoro e Fricot sono due gatti.
IL VECCHIO SIGNORE (al filosofo): Anche il mio cane ha quattro zampe.
FILOSOFO (al vecchio signore): Allora � un gatto [...].
VECCHIO SIGNORE (al filosofo dopo aver riflettuto a lungo): Dunque, secondo la
logica, il mio cane sarebbe un gatto.
FILOSOFO (al vecchio signore): Secondo la logica, s�. Ma � vero anche il contrario�
(59).
E Ionesco ne approfitta per proporre una variante:
�IL FILOSOFO (al vecchio signore): [...] I gatti sono mortali. Ma anche Socrate �
mortale. Dunque, Socrate � un gatto.
IL VECCHIO SIGNORE: ... e ha proprio quattro zampe. Verissimo. Ho un gatto che si
chiama Socrate.
FILOSOFO: Vede... [...].
VECCHIO SIGNORE (al filosofo): Socrate dunque era un gatto.
FILOSOFO. La logica ce l'ha appena dimostrato� (60). L'insolito ha un impatto
particolarmente forte perch� questo dialogo strampalato s'intreccia con una
discussione molto seria tra Jean e B�renger; una conversazione fa cos� eco
all'altra, la mortifica, mettendo contemporaneamente in ridicolo la falsa cultura e
la falsa ragione. La comicit� non ha quindi solo la funzione di distrarre il
pubblico. L'eccessiva bizzarria del filosofo che, con diletto, cavilla
sull'unicornuit� e la bicornuit� dei rinoceronti prefigura, sul registro
dell'assurdo, la �rinocerontite� ideologica di cui Jean, Botard, Dudard e altri
ideologi ottusi cadranno vittime.
Creatore di marionette, Ionesco tratta ci� che � vivo come se fosse meccanico (61).
Questo principio bergsoniano che sottende anche l'accumulazione o la ripetizione
dei luoghi comuni, utilizza le risorse dell'incongruit�. Cosi, le reazioni
pappagallesche di Botard - maestro in pensione, ottuso e presuntuoso che �sa tutto
e ha capito tutto� (62) - sfociano in conclusioni sbalorditive. Ci sono testimoni
che hanno visto un rinoceronte in citt�, ma Botard, stupido e orgoglioso, negher�
l'evidenza: �Un fenomeno di psicosi collettiva, caro Dudard: psi-co-si col-let-ti-
va! Proprio come la religione, che � l'oppio dei popoli!� (63). Trasformato in
automa, reagisce agli impulsi che riceve pronunciando formule imparate a memoria.
La volont� di derisione e di caricatura � assecondata da un clima farsesco.
Verdastri, con il corno sulla fronte, i personaggi colpiti da �rinocerontite�
caricano a testa bassa, e la signora Boeuf lascia la scena come un'amazzone, in
groppa al marito. Quanto a Daisy, si rivolge affettuosamente a un perissodattilo
come se si trattasse di un comune gattino: �micio, micio, micio�. Con la massima
seriet�, Dudard le dice allora: �Non vorr� accarezzarlo? Non � certo domestico�
(64). Infine, per coronare il tutto, l'atto primo si chiude su una nota bizzarra:
guidati dalla casalinga �in filato stretto� (65) (dietro consiglio della cameriera,
si fa un dovere di... mettere in una �cassetta� (66) la salma del gatto!) i
personaggi escono in fila indiana.
L'alternanza tra il registro farsesco e quello tragico ha tuttavia lo scopo di
suscitare un senso di disagio. La trasformazione di Jean ci permette di cogliere il
meccanismo. E' infatti lo stesso individuo che arrivava �apposta in ritardo� (67),
che dispensava con eloquenza lezioni di morale ma ben si guardava dal rispettarle;
e che, alla fine dell'atto secondo, pronuncer� minacce di morte. Il comico non �
insomma fine a se stesso.
Quando per� il riferimento � al destino dell'umanit�, quando evoca in noi il
ricordo dei milioni di morti, di deportati e di torturati, vittime del fascismo.
Ionesco sopprime la farsa. Ci troviamo allora immersi in un mondo colpito da
follia. L'inferno � alla nostra portata. Retrospettivamente, il potere
affabulatorio del filosofo - non � forse in grado di far credere qualsiasi cosa a
chiunque? - appare spaventoso. Da questo punto in poi, non � pi� questione di
anestetizzare l'angoscia. La decisione finale di B�renger - resistere ai
rinoceronti - � condivisa dallo spettatore. Il destino che � andato in senso
contrario alla vita ci ha portati alle soglie del tragico. Una cupa ondata ha
sommerso le spiagge del riso.

I personaggi.

L'universo di Rinoceronte - diciassette personaggi, tra cui solo sei donne, visto
che i ruoli preponderanti sono riservati agli uomini - si organizza intorno al
protagonista. B�renger � attorniato da un amico (Jean), dalla fidanzata (Daisy,
superficiale ed estremamente influenzabile), dai colleghi di lavoro e da alcuni
vicini. La maggior parte di queste persone sono dei tipi rappresentati dalla loro
funzione: capufficio, vicecapufficio, impiegati, casalinga, droghiera, cameriera,
padrone del caff�.
Il fatto che Ionesco si impegni in una commedia a connotazione politica non implica
tuttavia il realismo. Non vi � nessuna allusione ai deportati, agli ebrei, ai
milioni di morti che addolorarono gli anni trenta e quaranta. La sua arte cerca
l'universalit�, pur senza bandire dei riferimenti specifici: l'ideologia
totalitaria e le formule che la denunciano ricordano sia il fascismo sia lo
stalinismo.
Come si � gi� osservato, il personaggio centrale somiglia stranamente al suo
creatore di cui condivide il malessere, il gusto per l'alcool euforizzante,
l'individualismo e la nostalgia per l'amicizia e per l'amore. Uomo di buona volont�
quando � in vena, deciso a �tagliare il male alla radice� (68), �, come Ionesco,
ossessionato da �paure�, �incubi�, rimpianti e rimorsi.
Di fronte a lui: Jean, che gli fa da spalla. Pignolo, intollerante, impaziente,
subissa B�renger di rimproveri, fino al punto di dichiarargli: �Mi vergogno di
essere suo amico� o �valgo molto pi� di lei� (69). Rappresentante della casta
superiore, si considera al di sopra dei comuni mortali (70). Edonista e in cattiva
fede, segue una condotta incompatibile con quella che predica.
Jean appare presto come l'incarnazione del pensiero totalitario che schiaccia ogni
forma di opposizione. Per quanto inizialmente scandalizzato dalla comparsa di un
rinoceronte, si trasforma poi fisicamente, intellettualmente e moralmente in
rinoceronte: la sua voce si fa rauca, il suo respiro rumoroso, la pelle gli diventa
verde, un corno gli spunta sulla fronte. Ormai, la sua psicologia s'ispirer� al
pensiero nietzschiano deformato e strumentalizzato dal nazismo. L'esclamazione �La
morale! Gliela raccomando, la morale!� (71) riecheggia, ovviamente, il titolo di
un'opera di Nietzsche: Al di l� del bene e del male. Simile all'autore del
Crepuscolo degli idoli, saggio che ha per sottotitolo Come si filosofa col
martello, Jean vuole demolire �secoli di umana civilt�, abbandonare �la morale
[perch�] � contronatura�. Bruto fanatico, predica il ritorno alla natura, �ai
primordi� (72). Se Jean appare immediatamente come un uomo di estrema destra che
crede nell'ordine, nella forza, nell'�uomo superiore� e nell'ereditariet�, Botard �
concepito come la caricatura del comunista tradizionale. Disprezza �le religioni�,
perch� la religione �� l'oppio dei popoli� (73) - vede ovunque mistificazione e
�propaganda� e vive nell'ossessione dei �traditori� (74) che vanno smascherati.
Crede nel valore didattico dei fatti storici, disprezza gli universitari per via
della loro mentalit� astratta incapace di pragmatismo, e pretende di possedere �la
chiave degli avvenimenti, un mezzo d'interpretazione infallibile� (75).
Maniaco di politica come i personaggi di Caragiale (76), Botard ha valore, sul
piano teatrale, per il suo carattere eccessivo e ridicolo che gli conferisce forza
e sapore. Sul piano del messaggio affidatogli dall'autore, appare come il tipo del
comunista ottuso che pu� facilmente diventare stalinista.
Meno caricaturale di Jean e di Botard, Dudard tende per� ad essere unidimensionale.
Intellettuale, apparentemente neutrale, volentieri scettico, consiglia l'umorismo
per �prendere le cose pi� alla leggera, con maggior distacco�, con �saggezza�. �Lo
sappiamo noi che cos'� il bene e che cos'� il male?� (77). Bisogna quindi �sempre
cercare di capire�. Ma oltrepassa una soglia pericolosa in periodo d'isterismo
collettivo quando sostiene che �comprendete vuol dire giustificare� (78).
Accontentandosi delle belle parole, vive nello stato psicologico che Sartre ha
battezzato come �malafede�. Infatti quando i rinoceronti diventano la maggioranza,
egli abbandona i suoi principi: �Il dovere m'ingiunge di seguire i miei superiori e
i miei amici nella buona e nella cattiva sorte� (79). Dudard � certo una finzione -
sorta di prototipo dell'Intellettuale - ma � anche, in minor misura, un personaggio
composito (80). Come Eugen Ionescu, di cui il figlio schizz� il ritratto politico
in "Presente passato. Passato presente" (81), � per �dovere� nei confronti dei
�superiori� che egli si accoda all'ideologia dominante. In realt�, cede alla
fascinazione esercitata dall'autorit�, all'appello carismatico dei numero, al
desiderio di andare nella direzione della storia.
Quanto ai personaggi di terzo piano - la casalinga, il droghiere e la droghiera, il
padrone del caff�, la cameriera e il vecchio Signore -, hanno una doppia funzione:
commentare l'azione e creare un'atmosfera che conferisca vita, colore e credibilit�
alla commedia. Il signor Papillon e la signora Boeuf ne sono un esempio, marionette
che l'attore manovra a seconda delle necessit�.

La scrittura scenica.

E' la materializzazione, nello spazio e nel tempo, tramite mezzi audiovisivi, del
mondo interiore dell'artista che egli proietta esteriormente secondo le
potenzialit� e la resistenza offertagli dai materiali di cui dispone.
L'elemento registico che salta maggiormente agli occhi � la scenografia, che evolve
secondo una successione quadripartita (82). L'atto primo evoca la piazza di un
borgo di provincia, con la chiesa, la drogheria e il caff�. Il secondo ci porta
nell'ufficio di una casa editrice. (83) Qui, secondo un procedimento shakespeariano
adottato da Brecht, il drammaturgo designa i referenti servendosi di cartelli:
�DROGHERIA�, �CAPUFFICIO�, �GIURISPRUDENZA�, �GAZZETTA UFFICIALE� (84). Questa
tecnica semplice ma efficace applicata sin dall'atto primo � ripresa nella seconda
scena dell'atto secondo: una porta a vetri, visibile dall'appartamento di Jean, �
sormontata dall'iscrizione �CUSTODE�. Quanto all'ultimo atto, esso modifica assai
poco la scena: a parte qualche dettaglio, la carnera di B�renger �"ricorda molto da
vicino quella di Jean"� (85).
Questa scenografia tradizionale � munita di accessori altrettanto tradizionali -
pendola, letti, quadri, telefono - ad eccezione dei tavoli e delle sedie che,
tramite la loro differenziazione, simbolizzano la gerarchia del potere tra gli
impiegati. L'impressione di realismo visivo che, nel 1960, sembrava prevalere fu
modificata nella ripresa del 1977. Il regista e lo scenografo erano gli stessi, ma
la stilizzazione venne accentuata.
Per l'autore, una delle difficolt� tecniche maggiori consisteva nel rappresentare
la trasformazione fisica di Jean. Ionesco trov� tana soluzione dotando la camera di
Jean di un bagno, dove l'attore si allungava il corno e accentuava il colore verde
del trucco.
Ma l'elemento principale, in tura commedia basata sulla metamorfosi e la
proliferazione, � il gioco delle variazioni. Da una parte, esso scandisce la
scrittura scenica; dall'altra, modifica i significati. Cos�, a seconda delle
esigenze del testo, il comportamento e l'aspetto dei personaggi si trasformane, le
voci diventano rauche e i rumori vanno crescendo o decrescendo, i barriti si fanno
musicali e le teste dei rinoceronti, sempre pi� numerose, vengono stilizzate,
�sempre pi� belle malgrado l'apparenza mostruosa� (86). Un tale insieme
coreografico mostra a che punto Ionesco dia importanza al ritmo. D'altronde,
l'accelerazione ritmica e il fenomeno di proliferazione devono necessariamente
rafforzare l'impressione di accerchiamento provata da B�renger (87). Lungi
dall'essere puramente intellettuale, la creazione assume una dimensione sensoriale.
Ionesco afferma in effetti senza esitare: �E dunque non soltanto permesso, ma
consigliabile far recitare gli accessori, far vivere gli oggetti, animare gli
scenari, concretizzare i simboli� (88). Nel 1960, il drammaturgo, che possiede gi�
una solida esperienza teatrale, si mostra perfettamente padrone delle risorse
offerte dalla scenografia.
Aiutato da Jean-Louis Barrault, egli ricorre sistematicamenre alla "tecnica
dell'eco", utile a far emergere sia l'analogia sia il contrasto. Nell'atto primo,
ad esempio, il filosofo e Jean fanno entrambi una passeggiata - che risulta
simmetrica in relazione ai rispettivi tavoli -, poi �il filosofo cammina come un
maestro� e Jean �come un dimostratore-indossatore�. Pi� tardi, entrambi �si chinano
sui rispettivi "pazienti"�, poi �camminano rigidi e dotti�, �s'incrociano
distrattamente e pronunciano le loro battute sbagliando partner�. �Il filosofo si
lascia cadere sulla sedia� (89) e si dondola, atteggiamento che verr� ripreso da
Jean (90). A un certo punto �Jean picchia con forza sul tavolo� e, alla battuta
successiva, il filosofo fa lo stesso gesto. (91) Questo parallelismo dei giochi
scenici rinforza evidentemente la corrispondenza tra il comportamento
�rinocerontico� di Jean e quello del filosofo. Allo stesso modo, nell'atto terzo,
B�renger riprende alcuni atteggiamenti adottati da Jean nell'atto secondo, quando
era in piena metamorfosi.
Riassumendo, la tecnica dell'eco ha tre funzioni principali: suggerire con una
reazione a catena i sintomi del male, scandire la recitazione dall'inizio della
commedia far nascere la comicit�.

E' stato rimproverato a Ionesco di proporre una filosofia poco lungimirante. Certo,
preso alla lettera, l'ultimo soprassalto di B�renger appare ridicolo confrontato
alla terribile efficacia dei totalitarismi. Ma questo teatro non propone n� sistemi
n� soluzioni. In modo semplificato, ma "drammatico", cosa indispensabile per una
conclusione, impone, un'immagine o un'idea, nell'occorrenza l'imperiosa necessit�
di resistere a tutte le barbarie. Il grande pubblico ha dimostrato di capirlo bene,
"Rinoceronte" � apprezzato in tutto il mondo.
In una commedia basata su un mito, che gioca sul suo valore letterario e sul
pericolo ideologico che esso comporta, sarebbe per� stato interessante accordate
maggiore attenzione agli espedienti cui ricorrono i regimi totalitari. Non hanno
forse bisogno, per reggersi e affermarsi, del �nemico�, interiore o esteriore, che
minaccia, corrompe e complotta - e che va dunque schiacciato...? Per convincersene,
basta evocare, nel corso dei secoli, i capri espiatori che sono stati chiamati di
volta in volta �eretici�, �capitalisti�, �borghesi reazionari� o, all'opposto
�agitatori comunisti�. Passare sotto silenzio questo fatto essenziale nella nascita
e proliferazione delle �rinocerontiti�, sarebbe a nostro avviso una lacuna.
Comunque sia, l'istinto gregario non concerne solo la politica e la morale, ma
anche la sociologia e l'antropologia. Il ritorno alla natura alla legge della
giungla (fenomeno inverso a quello preso in considerazione da Freud ne "Il disagio
della civilt�", 1930) per il tramite subdolo dell'ideologia e delle sue metastasi
linguistiche, � il segno di un'epidemia che, periodicamente, colpisce l'umanit�. Il
gusto perverso per le torture e i massacri fa scendere molto pi� in basso della
condizione animale, che difatti ignora totalmente il sadismo. Viene da chiedersi se
il drammaturgo ha chiuso gli occhi su questo problema per pudore, o forse perch�
non era teatralmente rappresentabile.

Ionesco e l'universo delle metamorfosi.

Le religioni, la mitologia e l'arte ricorrono spesso alla metamorfosi. Gli dei si


trasformano o trasformano gli esseri umani in animali, alberi, fiori o rocce. Dio -
quello della Genesi - crea l'uomo a partire da tiri pugno di polvere ed Eva a
partire da una costola di Adamo (92). In ambito estetico, scultori, architetti e
scrittori prendono a prestito i loro materiali, se non la loro ispirazione, dalla
mitologia. Essa � un elemento fondamentale che sgorga dalle profondit�
dell'immaginario e dal bisogno imperioso che prova l' uomo di spiegare o di
rappresentarsi il mondo, e dunque di decifrarne il significato. Essa appartiene al
vasto dominio dell'antropologia le cui componenti psicologiche, sociali e ludiche
sono in stretto rapporto con le esigenze proprie del genere teatrale: la necessit�
di stupire, di suscitare l'illusione, il riso o la paura, di "materializzare" i
fantasmi e le allucinazioni.
Conformemente alla logica manichea della percezione e dell'affettivit�, la
metamorfosi pu� apparire sotto una luce favorevole - persino eccitante - o, al
contrario, sfavorevole-fino ad essere intollerabile o mostruosa. Questa duplicit�
si armonizza perfettamente con le linee di forza che dirigono l'opera di Eug�ne
Ionesco, segnata contemporaneamente dall'aspirazione allo spirituale e
dall'invischiamento nella materialit� o, se si preferisce, dall'euforia e dalla
depressione.

1. Gli aspetti negativi della metamorfosi:


Traducono una regressione poich� dallo stato di cultura si scivola in quello di
natura, dall'umanit� nella bestialit�. Gi� nella "Metamorfosi" ("Die Verwandlung",
1915) - racconto di Kafka particolarmente amato dai drammaturghi - Gregor Samsa si
svegliava un bel mattino trasformato in un'enorme insetto. Allo stesso modo, in
Ionesco, molti personaggi ritornano al regno animale. Questa trasformazione
corrisponde a una scoperta che il drammaturgo fece leggendo Kafka: �chiunque pu�
diventare un mostro� (93); come provano ampiamente i pogrom, i crimini collettivi e
i regimi tirannici che insanguinano la storia. Non c'� dunque da stupirsi, in
questo contesto, di fronte all'insorgere e al proliferare dei pachidermi in
"Rinoceronte".
Certo, la metamorfosi non genera necessariamente il mostro crudele, assetato di
potere. Talora, pi� semplicemente, sono il principio del piacere, il richiamo della
carne, il determinismo biologico che dominano l'essere umano. In "Jacques ovvero la
sottomissione" ad esempio, Roberte, che cede all'eccitazione erotica, evoca
l'immagine di uno stallone che nitrisce, con la criniera infiammata, poi quella
della fauna insolita - libellule, scarafaggi, scolopendre e batraci - che popola il
pantano del suo ventre (94). Alla fine della commedia, circondando Jacques e
Roberte, le due famiglie dei futuri coniugi miagolano, gracchiano ed emettono
�gemiti bestiali� mentre la promessa sposa - seduttrice e mostro con tre nasi -
ondeggia e mostra le sue �nove dita� che si agitano �come rettili� (95).
Continuazione di "Jacques ovvero la sottomissione", "L'avvenire � nelle uova"
propone altre immagini teriomorfe: Roberte, per esempio, deporr� uova a cesti e
far� �co-cod�.
Altri volatili, pi� inquietanti, appaiono spesso nell'opera di Ionesco. Nell'atto
terzo di "Assassino senza movente" ad esempio, comare Pipa che, simbolicamente,
brandisce �una bandiera verde con un'oca al centro� � adulata da una folla che la
acclama, ma che lei inganna (96). Da vero demagogo, alleva le �oche pubbliche� e le
indottrina perch� tirino �il carro dello Stato� (97).
Il teatro di Ionesco opera dunque il ritorno all'animalit� essenzialmente
attraverso tre animali: il rinoceronte, la chioccia e l'oca, cui si aggiungono qua
e l� varie creature teriomorfe alcune delle quali emanano dal patronimico di certi
personaggi comici, ad esempio la signora Boeuf e il signor Papillon in Rinoceronte.
Tramite le rappresentazioni animali, Ionesco stupisce, diverte e denuncia gli abusi
ideologici, i crimini contro la nazione o contro l'umanit�, crimini che riportano
alla mente quelli perpetrati dai nazisti, dagli stalinisti, dai fanatici di ogni
genere. La metamorfosi mette dunque in gioco le convinzioni dell'autore, del suo io
intimo che attinge ai suoi ricordi, pronto a far risorgere l'esperienza vissuta e
traumatizzante dell'ascesa del nazismo in Romania, e poi dell'installazione del
regime stalinista. Il materiale biografico conferisce una precisa struttura e
valorizza la finzione, passa attraverso il filtro dell'immaginazione e dei
fantasmi, pur sempre poggiando sulla tradizione della metamorfosi e sulla visione
teatrale e umoristica che l'autore privilegia. Egli crea una scrittura retta dalla
logica di un modello �comportamentale�, nell'occorrenza quello della regressione
allo stadio istintuale caratterizzato dalla "libido dominandi", dal gregarismo o
dal principio di piacere. La metamorfosi presuppone dunque un processo e un
verdetto: si giudica segnando a dito.

2. Gli aspetti positivi della metamorfosi:


Riflettono l'aspirazione allo spirituale, il rifiuto di ogni costrizione -
politica, sociale o familiare che sia - la sete di libert� e il desiderio di
elevarsi. Com'� naturale, il protagonista fugge il carcere, il labirinto
dell'esistenza prendendo la sola direzione in cui non incontri ostacoli: quella
verso l'alto. Il volo - atto sorprendente ed efficace a teatro - ci ricorda quello
di Icaro e caratterizza la tentazione provata dall'alter ego dell'autore: �Volare -
come sostiene il pedone dell'aria - � un bisogno primordiale dell'uomo� (98). Un
altro doppio dell'autore, Amedeo, nella commedia omonima, riesce a fuggire
dall'universo soffocante della coppia, che genera in lui sensi di colpa,
sbarazzandosi dell'insolito cadavere che cresce e invade la sua vita, e scappando
dai poliziotti che lo inseguono. Nel "Pedone dell'aria", un altro alter ego ancora
- B�renger - si sottrae a tutto quello che lo preoccupa: il suo intimo nichilismo,
l'irragionevolezza della storia. l'impotenza della letteratura, l'ossessione della
morte, in sintesi un'esistenza per nulla conforme a quella che egli desidera.
Raggiunge allora l'antimondo, "a priori" luogo di speranza, ma che, ben presto, gli
offre una visione apocalittica (99). B�renger ridiscende cos� sulla terra dove
ritrova il... nido familiare.
I due poli - il positivo e il negativo - della metamorfosi sono tradotti in
linguaggio teatrale tramite le leggi del genere. Ionesco ricorre cio� a determinate
"materializzazioni sceniche": il movimento verticale corrisponde alla fuga fuori
dai mondo sociale e il movimento circolare a un automatismo ripetitivo e nevrotico
illustrato dai movimenti concentrici dei fanatici nel "Rinoceronte" (100).

3. I rappresentanti delle istituzioni:


Non sfuggono neanche loro al fenomeno perverso della metamorfosi. Incarnazioni
dell'autorit� abusiva e del potere giudiziario, ecclesiastico, medico o
psicoanalitico, con i suoi riti, i suoi regolamenti, i suoi protocolli e le sue
sanzioni, proiettano un'immagine inquietante, smisuratamente ampliata dal
gigantismo. Nel "Pedone dell'aria", il giudice il grande uomo bianco e il carnefice
con tanto di cappuccio, sistemati accanto ad una forca con uno sfondo alle spalle
che raffigura un �cielo crepuscolare, un sole rosso� (101), sono figure enormi -
imposte dal super-io - che terrorizzano Jos�phine. Ne "La fame e la sete", il
superiore che dirige una sorta di monastero-caserma-prigione � �anormalmente alto�
(102). Allo stesso modo, ne "L'uomo con le valigie", l'enorme siringa
dell'infermiera-seviziatrice spaventa i vecchi infermi che il dottore non esita ad
abbattere a colpi di pistola. Gi� ne "Il re muore", il medico era un ibrido perch�
esercitava anche la funzione del boia simbolizzata dal cappuccio e dall'abito color
porpora. Mai tuttavia, � bene osservarlo, nelle opere cui facciamo riferimento, lo
spettatore assiste al processo di metamorfosi dei personaggi istituzionali, la cui
anormalit� simbolizza sulla scena il potere che esercitano tanto nella societ�,
quanto nella coscienza - o nell'inconscio - dell'individuo sul quale pesa la
minaccia.

4. I personaggi-fantocci:
Numerosi, sono meccanici come lo erano quelli di "Ubu re". Questa caratteristica �
sensibile ne "La cantatrice calva", ma pi� marcata ne "I saluti", "Il maestro" e
"Scena quattro", in cui � ausiliaria del riso, mentre ne "Il gioco dell'epidemia"
si manifesta in un'atmosfera a un tempo grottesca e tragica.
A proposito di una �burattinata� - "Il quadro" - che tratta esplicitamente e in
maniera parodistica il tema della metamorfosi (103), va segnalato il punto di vista
dell'autore che afferma elle �potrebbe essere un racconto di fate o di vecchie
fattucchiere� (104). Altrove, e in un'ottica pi� generale, egli sottolinea il
bisogno che prova l'essere umano di plasmare la sua esistenza a immagine dei suoi
desideri; �Noi siamo come Cenerentola che vive nell'attesa di una trasfigurazione
del inondo, che vive nell'attesa di qualche ora di festa fastosa, gloriosa, il
resto del tempo siamo qui vestiti di stracci, nelle tane sporche della realt�
(105). In quanto creatore e prestigiatore, il drammaturgo ricorre alla metamorfosi
come il poeta ricorre alla metafora. Ma mentre quest'ultima � una figura retorica
che richiede da parte del lettore un'interpretazione, la metamorfosi � un
procedimento del racconto. In essa, il comparante ricopre interamente il comparato,
e si attua un cambiamento di categoria ontologica. E' ovvio dunque che la messa in
scena della metamorfosi presuppone, da parte dello scrittore, un modo di pensiero e
una strategia- pi� o meno conscia- che miri all'efficacia della comunicazione
artistica la quale, secondo Roman Jakobson, interessa uno dei due assi
dell'attivit� psichica (l'altro serve per la metonimia) (106).
In Ionesco, come nei miti, nei sogni e nei racconti di fate, l'individuo diventa un
altro: fantoccio, rinoceronte, volatile, figura abitata dalla megalomania o dal
sadismo. Incarnazione del male, del gregarismo, della stupidit�, del conformismo o
del determinismo biologico, perde la sua individualit� andando ad accrescere la
folla dei tanti Bobby Watson della "Cantatrice calva", dei Jacques e delle Roberte
di "Jacques o della sottomissione". Strumento e vittima della sua mutazione,
prigioniero pi� o meno volontario di automatismi, egli si trasforma in mostro
(107).

NOTE.

Nota 1. �Les Lettres nouvelle�, n. 52, settembre 1957.


Nota 2. Nel n. 29, intitolato "Eug�ne Ionesco et son oeuvre".
Nota 3. �L'Avant-Sc�ne�, n. 215, marzo 1960. II racconto � illustrato con sette
fotografie. Una di esse rappresenta Ionesco che posa davanti a un rinoceronte, le
altre sei illustrano vari momenti della commedia allestita e recitata da Jean-Louis
Barrault.
Nota 4. "La foto del colonnello", Spirali, Milano 1987, pp. 63-82.
Nota 5. Cl. Abastado, "Rhinoc�ros", Bordas, Paris 1985, p. 42.
Nota 6. �L'Avant-Sc�ne�, n. 373. Per testimoniare la sua riconoscenza, Ionesco
dedic� la commedia a Barrault e ad altre due personalit� di cui disse: �Genevi�ve
Serreau, romanziera, autrice drammatica, segretaria di redazione di "Lettres
nouvelles", mi aveva chiesto a pi� riprese di scrivere una novella e mi ha
fortemente incoraggiato a farlo. La novella s'intitolava "Rinoceronte", la commedia
ne � la fedele ripresa. Il dottor Fraenkel, amico di Andr� Breton, di Philippe
Soupault e di altri surrealisti, � il medico che mi ha curato, essendo io malato in
quell'epoca, e che mi ha messo in condizioni di poter scrivere la novella
"Rinoceronte"� (citato da R. Ellison, S. Goding e Albert Raffanel nella loro
edizione scolastica di "Rinoceronte", Holt, Rhinehart & Winston, New York 1976, p.
28).
Nota 7. Nel maggio del 1960.
Nota 8. La commedia fu pubblicata nel 1952 dalle �ditions de Minuit e rappresentata
a partire dal gennaio 1953 al Th��tre de Babylone, per la regia di Roger Blin. Gli
interpreti erano: Pierre Latour (Estragone), Lucien Raimbourg (Vladimiro), Jean
Martin (Lucky), Roger Blin (Pozzo), Serge Leconte (Il ragazzo). [Vedi la traduzione
italiana: Einaudi, Torino 1961].
Nota 9. "The Mousetrap", 1952, fu rappresentata a Londra all'Ambassadors Theatre,
per ventun anni.
Nota 10. "La foto dei colonnello" cit., pp. 75-76.
Nota 11. Ma all'altro capo del filo non si sentono che �barriti selvaggi� (Ibid.,
p. 79). Nota 12. Ibid.
Nota 13. Ibid., p. 80.
Nota 14. Ibid., pp, 81-82.
Nota 15. Nel racconto per� il protagonista non ha nome.
Nota 16. In questo senso, il protagonista del racconto assomiglia ancora a quello
della commedia precedente. Infatti, alla fine di "Assassino senza movente" B�renger
(che, si noti, ha lo stesso nome del protagonista di "Rinoceronte") tenta in ogni
modo di comprendere e di convincere l'assassino. Ma al termine del suo lungo
soliloquio, � costretto a constatare la vanit� dei suoi sforzi: �Mio Dio, non si
pu� fare niente!� (p. 543)
Nota 17. Cfr. p. 652. Due altre differenze meritano di essere sottolineate: nel
racconto, Jean non rinnega esplicitamente l'amicizia; e d'altra parte, le
idiosincrasie di Botard (la sua gelosia, la sua cattiva fede e i suoi discorsi
infarciti di luoghi comuni) non sono ancora manifeste.
Nota 18. E' per via di un errore che il titolo della commedia comporta talora
l'articolo definito, come dimostra il dialogo che segue: �Abastado: Incerte
edizioni, la commedia s'intitola "Il rinoceronte"; nell'edizione del teatro
completo, il titolo � "Rinoceronte". Come bisogna dire (o scrivere)? La parola
"Rhinoc�ros" � al singolare o al plurale? [in francese � invariabile, N.d.T.].
Ionesco: "Rhinoc�ros" � forse singolare, forse plurale. Io gioco sull'equivoco
ortografico. Penso comunque che sia singolare; indica la totalit� rinocerontica. E
si deve dire "Rinoceronte", non "Il rinoceronte". Nella collana "Manteau
d'Arlequin", il correttore ha creduto di far bene aggiungendo l'articolo�
(Abastado, "Rhinoc�ros" cit., p. 48).
Nota 19. "Note e contronote", Einaudi, l'orino 1965, p. 197. Ionesco risponde qui
al critico Pierre Marcabru.
Nota 20. In "Passato presente", Rizzoli, Milano 1970, p. 278, Ionesco lasci� la
Romania nel 1938, torn� a Bucarest nel 1940 e ne ripart� nel 1942.
Nota 21. "Note e contronote" cit., p. 190.
Nota 22. Sono le parole con le quali Denis de Rougemont conclude il brano
intitolato "Une c�r�monie sacr�e (journal d'une �poque: 1926-1946", Gallimard,
Paris 1968, pp. 319-20).
Nota 23. �Le Figaro litt�raire�, 21 gennaio 1960, p. 9. Legato alla tradizione
della mitologia greca con il suo Minotauro e i suoi ciclopi, il rinoceronte
rappresenta qui l'archetipo dell'istinto, della forza bruta, l'insieme delle forze
passionali e istintuali che abitano l'individuo.
Nota 24. Ivi.
Nota 25. "La metamorfosi", Rizzoli, Milano 1992, p. 51.
Nota 26. "La metamorfosi" cit., cfr. rispettivamente le pp. 51, 54 e 63.
Nota 27. Cfr. pp. 606, 609.
Nota 28. Cfr. p. 586.
Nota 29. Gi� ne "Il nuovo inquilino", i rumori esterni, dapprima sgradevoli,
subiscono una metamorfosi: �i rumori dall'esterno, gi� trasformati, [erano]
diventati musica� (p. 366).
Nota 30. Cfr. p. 649.
Nota 31. Jean, come un illusionista, estrae di tasca una cravatta, uno specchio e
un pettine. Si noti inoltre, che i nomi dei personaggi fanno sorridere: signore e
signora Boeuf, signor Papillon, Botard, Dudard.
Nota 32. Atto terzo, p. 652. Una tale osservazione, una conclusione di questo tipo,
apparenta Ionesco a un autore come Camus, il cui decesso ebbe luogo mentre Barrault
dirigeva le prove di "Rinoceronte".
Nota 33. �Le Monde�, 6 novembre 1959.
Nota 34. Ivi, 2 aprile 1960, p. 12.
Nota 35. Le scene erano di Jacques No�l, la musica di Mich�le Philippot e la regia
di Jean-Louis Barrault. La commedia fu allestita per la televisione francese cinque
anni dopo da Roger Igl�sis (27 aprile 1965).
Nota 36. �Le Figaro litt�raire�, 30 gennaio 1960.
Nota 37. �La Croix�, febbraio 1960.
Nota 38. �Esprit�, n. 283, aprile 1960, p. 119.
Nota 39. �Le Monde�, 23 gennaio 1960.
Nota 40. "A proposito de �Rinoceronte� negli Stati Uniti", in "Note e contronote"
cit., pp. 201-2. Articolo originariamente pubblicato su �Arts� nel 1961.
Nota 41. Ibid., p. 201.
Nota 42. Il postmoderno fa appello a criteri quali la discontinuit�,
l'eterogeneit�, la frammentazione, la molteplicit� delle soluzioni, il carattere
indecidibile dei fenomeni, la polisemia e il paradosso (vedi I. T. Lyotard, "La
Condition postmoderne", �d. de Minuit, Paris 1979 [trad, it. Feltrinelli, Milano
1981(2)]).
Nota 43. "Note e contronote" cit., p. 198: "Nota su �Il rinoceronte�",
originariamente pubblicata su �Arts�, gennaio 1961.
Nota 44. "A proposito del �Rinoceronte� negli Stati Uniti", in ibid., p. 199.
Nota 45. Ibid.
Nota 46. Ibid., p. 200.
Nota 47. Abastado, "Eug�ne Ionesco" cit., p. 151. Parlando dell'arrivo del F�hrer a
Norimberga, Denis de Rougemont segnala che il pubblico cant� l'"Horst Wessel Lied"
(vedi "Journal d'une �poque: 1926-1946" cit., p. 320).
Nota 48. "Note e contronote" cit., p. 191.
Nota 49. �Ho sempre avuto una cattiva cenestesi: a disagio nella mia pelle. Donde
la necessit� di euforizzanti o di alcool...� ("Briciole di diario", in "Passato
presente" cit., p. 42).
Nota 50. Atto secondo, p. 582.
Nota 51. Il drammaturgo potrebbe essersi ispirato alla descrizione che fa Camus
della peste, a sua volta ispirata all'opera di Daniel Defoe, "La peste di Londra"
(1722).
Nota 52. Questo casista assomiglia curiosamente ai quattro logici panglossiani che,
candidamente, il giovane autore metteva in scena in "Non" (1934).
Nota 53. Il Pedagogo immaginato da Sartre ha voluto insegnate a Oreste la libert�,
una libert� che respinge ogni ostacolo, ogni impegno e ogni responsabilit�. Ed �
non senza fierezza che egli constata rivolto al suo interlocutore: �Ora eccovi
giovane, ricco e bello, avveduto come un vecchio, liberato da tutte le servirti e
da tutte le credenze, senza famiglia, senza patria, senza religione, senza
mestiere, libero per tutti gli impegni e sapendo che non bisogna mai impegnarsi, un
uomo superiore [...]�. Ma Oreste replica senza indugi: �Ci sono uomini che nascono
impegnati: non hanno scelta, sono stati gettati su una via, in fondo alla via c'�
un atto che li aspetta, il loro atto [...]. Ma io... io sono libero, grazie a Dio.
Ah! come sono libero. E che superba assenza, la mia anima�. Qualche istante prima,
in due battute incisive, aveva respinto un umanesimo accademico che considerava
erroneo: �Lascia andare la tua filosofia. Mi ha fatto troppo male� (J.-P. Sartie,
"Le Mosche", Bompiani, Milano 1984, rispettivamente pp. 19-20 e 18).
Nota 54. Ionesco ha tenuto conto pi� di quanto non creda o ammetta dei diverbi
avuti con i critici francesi. E cos� pure della �controversia londinese� che
l'aveva opposto a Kenneth Tynan, Toynbee e Orson Welles.
Nota 55. Cl. Bonnefoy, "Entretiens avec Eug�ne Ionesco", Belfond, Paris 1966, p.
177. Afferma inoltre a proposito della poesia e del teatro: �Bisogna impedire al
pensiero razionale di intervenire� (p. 82).
Nota 56. Citato da �. Frois, "Rhinoc�ros", Hatier, Paris 1970, p. 59.
Nota 57. Soggetto che ispira piet� o terrore; spettacolo di passioni che sfocia
nella catastrofe: eroi nobili pi� grandi del naturale; linguaggio castigato che
proscrive qualsiasi volgarit� e distanziamento comico.
Nota 58. Vedi l'atto primo (pp. 547-82) e la scena prima dell'atto secondo (pp.
381-603).
Nota 59. Cfr. pp. 562-63.
Nota 60. Cfr. pp. 563-64.
Nota 61. Vedi H. Bergson, "Il riso. Saggio sul significato del comico", Rizzoli,
Milano 1991, p. 58.
Nota 62. Cfr. p. 584.
Nota 63. Cfr. p. 590.
Nota 64. Cfr. p. 595.
Nota 65. Cfr. p. 581.
Nota 66. Cfr. p. 577.
Nota 67. Cfr. p. 548.
Nota 68. Cfr. p 625.
Nota 69. Cfr. pp. 550-1.
Nota 70. �L'uomo superiore � colpi che sa compiere il proprio dovere� (p. 551).
Ionesco allude qui alla nozione di �razza superiore� resa famosa dal nazismo...
Nota 71. Cfr. p. 613. Jean fa inoltre un dichiarazione di tipo sartriano: �Bisogna
essere aggiornati!� (p. 566).
Nota 72. Cfr. pp. 613-14.
Nota 73. Atto secondo, scena prima, rispettivamente pp. 586, 590.
Nota 74. Rispettivamente pp. 591 e 600.
Nota 75. Cfr. p. 601.
Nota 76. Proveniente da una famiglia di attori, Ion Luca Caragiale divenne
direttore del Teatro nazionale di Bucarest. Scrisse numerose commedie tra cui "Una
notte burrascosa" (1879), "Il signor Leonida di fronte alla reazione" (1880), "La
calunnia" (1890) e "La lettera smarrita" (1884) che, nel 1955, fu rappresentata al
Th��tre de Poche per la regia di Marcel Cuvelier.
Ionesco present� questo drammaturgo e narratore rumeno in un articolo intitolato
"Ritratto di Caragiale. 1852-1912" (pubblicato in "Note e Contronote" cit., pp.
131-34). Vi afferma che i personaggi messi sotto processo nell'opera di Caragiale
sono i commercianti, la pubblica amministrazione, i politici. � In realt�, partendo
dagli uomini del suo tempo, Caragiale � un critico dell'uomo e d: tutta la societ�.
Ci� che gli � caratteristico, � la violenza eccezionale della critica. Infatti
l'umanit�, come ci � presentata da questo autore, sembra non meritare di esistere.
I suoi personaggi sono esemplari umani degradati a tal punto da non lasciarci
alcuna speranza. In un mondo in cui tutto � derisione, bassezza, solo il comico
puro, il pi� spietato, pu� manifestarsi. La principale originalit� di Caragiale �
che tutti i suoi personaggi sono degli imbecilli. [...] Questi antropoidi sociali
sono avidi e vanitosi: senza intelligenza sono, per contro, straordinariamente
scaltri; vogliono "arrivare" [...]. Spirito naturalista, egli ha scelto i suoi
personaggi nel mondo quotidiano, ma ce li ha rivelati nella loro essenza profonda.
Ne ha fatto dei tipi, dei modelli: ognuno fu obbligato ad ammettere la loro
esistenza [...] Gli eroi di Caragiale impazziscono perla politica. Sono dei cretini
politici. A tal punto che hanno deformato il loro linguaggio pio usuale. I giornali
sono l'alimento di tutta la popolazione: scritti da idioti, sono letti da altri
idioti. La deformazione del linguaggio, l'ossessione della politica sono tanto
grandi che tutte le azioni della vita sono intrise di una bizzarra eloquenza, fatta
di frasi tanto risonanti quanto straordinariamente improprie, in cui le peggiori
insensatezze s'accumulano con fertilit� instancabile e servono a giustificare,
nobilmente, azioni inqualificabili: si tradiscono gli amici, "nell'interesse del
partito"; abbandonata dall'amante, una donna gli getta in faccia del vetriolo
perch� "ha un temperamento repubblicano"; si "firma con coraggio una delazione
anonima" che si manda al ministro conservatore; si � falsari per il bene della
patria; si vuole diventare deputati per amore della "cara piccola patria"; si fa
parte di tutti i regimi perch� si � "imparziali" [...]�. Un critico romeno rileva
delle somiglianze tra l'opera di Caragiale e quella di Eug�ne Ionesco: �L'atmosfera
borghese, i discorsi della comare Pipa o del "Maestro", l'incongruit� della
"Ragazza da marito" possono costituire un repertorio di "incontri" o di prestiti.
La favolosa memoria delle parole, dei luoghi comuni e delle idee acquisite � il
tratto essenziale, comune a questi due scrittori. Tratto che apparenta entrambi
all'autore di "Bouvard et P�cuchet" (G. Ionesco, "Les d�buts litt�raires roumains
d'Eug�ne Ionesco (1926-1940)", Carl Winter Universit�tverlag, Heidelberg 1989, p.
141).
Nota 77. Atto terzo, pp. 624-25.
Nota 78. Cfr. p. 629.
Nota 79. Cfr. p. 638. Nell'"Essere e il nulla", questo concetto d� luogo a una
trattazione di cui citiamo un breve passaggio: �Il vero problema della malafede
proviene evidentemente dal fatto che la malafede � "fede". Essa non pu� essere n�
menzogna cinica n� evidenza, se l'evidenza � possesso intuitivo dell'oggetto. Se si
chiama credenza l'adesione dell'essere al suo oggetto, quando l'oggetto non � dato
o � dato in modo indistinto, la malafede � credenza e il problema essenziale della
malafede � un problema di credenza. Come si pu� credere in malafede ai concetti che
ci si forgia espressamente per persuadersi? � (Il Saggiatore, Milano 1964, p. 110).
Nota 80. Ionesco assimila Dudard a un critico con il quale ebbe a ridire: �Bernard
Dort nel suo libro su Brecht constata che le teorie brechtiane si estendono anche
al cinema. Tale "brechtianesimo" - egli dice - � un'epidemia, ma un'epidemia
igienica. Questo giovane critico delirante parla esattamente come il mio
personaggio Dudard il quale, a proposito del rinocerontismo, dichiara che esistono
malattie sane� ("Note e contronote" cit., p. 217).
Nota 81. Vedi "Passato presente" cit., pp. 292-94.
Nota 82. La commedia � divisa in tre atti, il secondo dei quali comprende due
scene.
Nota 83. Vedi le didascalie, pp. 547 e 582-83.
Nota 84. Cfr. pp. 547 e 582-83.
Nota 85. Cfr. p. 617.
Nota 86. Cfr. p. 640.
Nota 87. In effetti, la scala � crollata - bloccando ogni uscita - e i rinoceronti
pullulano nella via. Il protagonista � dunque braccato.
Nota 88. "Note e contronote" cit., p. 32.
Nota 89. Vedi le note di regia di Jean-Louis Barrault riportate in S. Benmussa,
"Ionesco", Seghers, Paris 1966, pp. 119-21.
Nota 90. Ibid.
Nota 91. Ibid.
Nota 92. "Genesi" II 7.
Nota 93. Bonnefoy, "Entretiens avec Eug�ne Ionesco" cit., p. 45.
Nota 94. Cfr. p. 109.
Nota 95. Cfr. p. 111.
Nota 96. [In francese �piper�. N.d.T.].
Nota 97. Cfr. p. 526.
Nota 98. Cfr. t. II, p. 74.
Nota 99. Cfr. t. II, pp. 100-1.
Nota 100. Sugli schemi della polarizzazione, vedi P. Vernois, "La Dynamique
th��trale d'Eug�ne Ionesco", Klincksieck, Paris 1972, e M.-A. Daveluy,
"M�tamorphoses et monstruosit�s dans l'oeuvre d'Eug�ne Ionesco", tesi universitaria
di terzo ciclo, Bordeaux 1987.
Nota 101. Cfr. t. II, p. 94
Nota 102. Quarto episodio, t. II, p. 223.
Nota 103. Cfr. pp. 385-426.
Nota 104. "Note e contronote" cit., p. 187.
Nota 105. "Passato presente" cit., p. 320.
Nota 106. R. Jakobson, "Saggi di linguistica generale", Feltrinelli, Milano 1966,
pp. 65-76.
Nota 107. In appendice a queste riflessioni sulla metamorfosi, segnaliamo
l'esistenza di precursori noti, tra i quali figurano Kafka e Sartre. L'autore de
"La nausea (1938) comp� in quest'opera uno sforzo per liberarsi della visione
antropomorfica delle cose, al fine di cogliere la contingenza, l'esistenza bruta,
al di fuori della nominazione e delle categorie razionali e tradizionali. Si
trattava cio� di comprendere l'esistenza attraverso la fenomenologia, il cui
obiettivo � di studiare l'apparizione del mondo in una coscienza senza presupporre
un'essenza. In un passaggio celebre de "La nausea", il sedile di un autobus subisce
sotto gli occhi di Roquentin una vera e propria metamorfosi: �Mormoro: � un sedile,
un po' come un esorcismo. Ma la parola mi resta sulle labbra: rifiuta di andare a
posarsi sulla cosa. Questa rimane quella che �, con la sua felpa rossa, con
migliaia di striscette rosse, tutte rigide, che sembrano zampette morte. Questo
enorme ventre rivolto all'aria, sanguinante, rigonfio-rimpinzato, con tutte le sue
zampe morte, ventre che fluttua in questa scatola, nel cielo grigio, non � un
sedile. Potrebbe essere altrettanto bene un asino morto, per esempio, gonfiato
dall'acqua e che fluttua alla deriva, a pancia all'aria in un gran fiume grigio, un
fiume d'inondazione; e io sarei seduto sul ventre dell'asino e i miei piedi
sarebbero a bagno nell'acqua chiara. Le cose si sono disfatte dei loro nomi. Sono
li, grottesche, caparbie, gigantesche e sembra stupido chiamarle sedili o dire
qualsiasi cosa su di esse: io sono in mezzo alle Cose, le innominabili � ("La
nausea", Einaudi, Torino 1980, pp. 169-70).

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