Scarica in formato docx, pdf o txt
Scarica in formato docx, pdf o txt
Sei sulla pagina 1di 57

Prima lezione: 14/02/2023

Persuasione: Convincimento di qualcuno per qualcosa.

Neuroscienze, studiano il funzionamento cerebrale con tecnologie avanzate, esempio uso di risonanza magnetica. Conoscere il
cervello ha permesso di conoscere il suo funzionamento anche con finalità diverse da quelle che sono le finalità mediche, esempio
finalità di persuasioni. Non si parla solo di messaggio, si parla anche di messaggio. PERCEZIONE, come noi percepiamo la realtà,
quella realtà che diventa oggetto di PERSUASIONE.

Percezioni, emozioni, decisioni, atteggiamento, personalità – per capire come questi elementi possono essere modificati da un
messaggio comunicativo; di fatto la persuasione agisce sulla percezione della realtà, sulle decisioni delle persone, sulle emozioni
delle persone, sugli atteggiamenti delle persone. L’effetto persuasivo di un messaggio può essere diversamente percepito in base
alla personalità della persona.

GRUPPO DI LAVORO FONDATO DAL PROFESSORE:

Centro di ricerca di neuromarketing che utilizza tecnologie avanzate, attraverso lo studio del cervello. Gruppo nato nel 2008. Hanno
collaborato con il Politecnico di Milano, Noldus ecc. Viene misurata l’intensità emotiva, quello che il corpo comunica a livello
emotivo, per capire se il messaggio pubblicitario è efficace, persuasivo.

I principali cardini sono le analisi neuroscientifiche di ciò che provoca il messaggio persuasivo in termini emotivi e di decisione,
vengono studiati i comportamenti del consumatore, viene studiata anche la virtual reality, ovvero quello che succede nel cervello di
una persona mentre sta navigando in un probabile futuro metaverso.

Quando c’è un concetto difficile, i nostri muscoli si irrigidiscono, si ha uno stress cognitivo. I tempi di reazione, è la velocità che ci
mette una persona a rispondere. Il nostro cervello agisce per associazione di idee.

La percezione non è una fotografia reale di ciò che abbiamo difronte. La percezione è sempre una ricostruzione, di cui il nostro
cervello ci aggiunge sempre qualcosa di suo.

CERVELLO:

Behaviour economics – economia studiata in base al comportamento dell’uomo

Neuropsicologia – mette insieme alcune aree cerebrali con alcuni comportamenti

Neuroscienza cognitiva – studia quali parti del cervello guidano processi cognitivi ben precisi

Ghiandole del nostro cervello che hanno a che fare con le nostre emozioni: nucleus accumbens (è una ghiandola che a che fare con
l’esperienza positiva), amygdala, insula (è una ghiandola che a che fare con il disgusto): se il messaggio persuasivo funziona il n.a. si
attiva, se c’è qualcosa che ci disgusta si attiva l’insula, è una ghiandola che a che fare con il disgusto, l’amygdala è una ghiandola più
sviluppata negli uomini, questa ha a che fare con la rabbia.

Poi abbiamo l’ippocampo che ha a che fare con la memoria.

Il nostro cervello è plastico, pi+ viene stimolato, più si sviluppa e viceversa. Noi siamo una generazione digitale, quindi abbiamo una
struttura del cervello digitale rispetto a chi non è nato con un telefono ecc.

Il cervello si divide in dorso (sopra), ventre (sotto), mediale, laterale. Il cervello si suddivide in 4 grandi lobi: frontale, occipitale,
temporale, parietale.

CORTECCA PREFRONTALE DORSOLATERALE, è quella che viene utilizzata per pianificare le azioni, per valutare cognitivamente
quello che ci stanno comunicando.

CORTECCIA PREFRONTALE VENTROMEDIALE, è una piccola area che ha a che fare con esperienze positive, collegata al n.a.

Corteccia prefrontale dorso laterale, si fa riferimento a qualcosa che sta in alto ma esterno, è anche frontale.

Consume neuroscience, rapporto che c’è tra l’attivazione di alcune aree cerebrale con il marketing.
La zona prefrontale è quella proprio sopra la nostra fronte. La zona frontale è quella che si è sviluppata di più nel tempo. 180mila
anni fa abbiamo l’homo sapiens, infatti lui si è differenziato da quello erectus proprio grazie allo sviluppo della zona prefrontale,
questa zona ha permesso loro di pianificare le azioni, ma non solo perché insieme alla zona parietale ha permesso di costruire
utensili, quindi costruire armi, quindi uccidere nemici/animali per cibarsi. Sapiens diventa più intelligente grazie a queste zone,
prefrontale, parietale e frontale.

Corteccia (nella zona verde) piena di rivoli, solchi, buchi. Anni e anni fa probabilmente era liscia, ma mano a mano che cresceva il
cervello la zona prefrontale e parietale si è sviluppata, ma il cranio è rimasto piccolo, quindi il cervello si è dovuto raggomitolare su
se stesso. Se oggi prendiamo il cervello e lo allunghiamo diventa una “sciarpa” di 1.20x60h.  si suddivide in lobi, lobo frontale,
lobo parietale (tutto ciò che ha che fare con il movimento, che sta vicino alla zona occipitale, e la sensorietà, che sta vicino alla zona
frontale – la zona occipitale ha che fare con la visione, quindi vedere un oggetto e prendere un oggetto sono due processi molto
vicini tra di loro, quindi anche le due aree del nostro cervello devono stare vicine), lobo temporale (parte sx/dx cervello), lobo
occipitale.

Per chi si occupa di persuasione, l’aspetto più importante sta nella zona centrale, che si chiama sistema limbico, l’area del nostro
cervello più antica, quella che il sapiens aveva uguale all’erectus, non è mai cambiata, ha che fare con le nostre emozioni. Ogni
singola parte è collegata a tutte le altre. Questo sistema vuole essere stimolato da 6 grandi categorie e stimoli.

Questa è una neuromappa: mappatura di quanto un messaggio riesce ad essere persuasivo per il cervello più antico, per il sistema
limbico, quanta parte di questi 6 piccoli trucchi ci sono per poter dire che il messaggio è particolarmente funzionale e persuasivo.
Perché ci possa essere persuasione è necessario che si parli al cervello primario, che ci sia una chiara informazione di qual è il
guadagno di chi fa una cosa in maniera chiara e precisa, i claim e il pain, cioè la probabilità di aumentare la persuasione di un
messaggio dipende dalla capacità di intercettare i pain, quindi la preoccupazione dell’interlocutore, e di utilizzare i claim semplici ed
immediati.

Se vuoi essere persuasivo devi intercettare i bisogni del tuo interlocutore, i pain del tuo interlocutore, devi usare parole
chiavi/semplici, devi essere in poco tempo chiaro, spiegare l’elemento del guadagno, parlare al cervello primario.

4 passaggi fondamentali nel processo della persuasione:

- Intercettare/diagnosticare il pain dell’interlocutore


- Individuare dei claim che si differenziano dagli altri
- Dimostrare nel messaggio il guadagno che le persone hanno da quel particolare servizio/prodotto ecc
- Parlare alla parte più antica del cervello, vedendo come giocare con altri 7 catalizzatori della persuasione

Seconda lezione: 21/02/2023

Un elemento fondamentale è la conoscenza del cervello.

In che percentuale la maggior parte delle persone sfrutta le proprie potenzialità cerebrali? Molta gente risponde il 10%, una piccola
parte. Gli specializzandi di psicologia hanno risposto negli anni 90 sempre del 10%. Questa storia del 10% nasce nel lontano 1908
quando uno dei padri della psicologia (William James) individua un ragazzino (William James Sidis) che diventa attrattivo perché è
super intelligente, fa calcoli che nessuno sa fare, diventa talmente famoso perché lo psicologo lo vuole studiare. Lui scrisse il primo
trattato di psicologia nel 1890, la psicologia nasce nel 1879 quando William Wundt, studioso dei comportamenti della
mente/cervello volle costruire un lab oratorio per misurare il funzionamento della mente umana. (si dava fiducia alla scienza,
perché pieno Positivismo) Si voleva cercare di misurare in maniera scientifica la mente umana, l’anima. William James per studiare
questo ragazzino prodigio si serve di uno strumento di misura, ovvero il primo questionario di intelligenza (QI), il primo fu utilizzato
nel 1905 quando si volle trovare un modo per distinguere l’intelligenza tra i vari ruoli dell’esercito.

La psicologia nasce per 3 motivi:

1. Per risolvere il problema della malattia mentale, la follia. È un problema di malfunzionamento.


2. Per poter rendere più efficaci le armi, studiandone i limiti percettivi degli uomini, le abilità percettive/visiva/uditiva per
rendere gli armamenti più potenti
3. Per la pubblicità, studiavano come rendere più persuasivo un messaggio, studiandone la percezione

William James ha scoperto che il ragazzino aveva un QI di circa 250-300. “Stiamo facendo uso di solo una piccola parte delle nostre
possibili risorse mentali e psicologiche” disse William James. Qui nasce il mito del 10%. Bisogna coltivarlo questo mito, quindi nel
World Almanac del 1929 vi è una frase che dice “non ci sono limiti in quello che può fare il cervello umano, scienziati e psicologici ci
dicono che ne utilizziamo il 10%” (PRIMA VOLTA CHE VIENE NOMINATA QUESTA PUBBLICITARIA). Quindi vengono attuati/venduti
corsi di miglioramento per essere più intelligenti, a scopo pubblicitario. È un concetto che viene ribadito anche in un libro di Dale
Carnegie, ovvero “come vincere gli amici ad influenzare le persone”, un saggista Thomas Lowell scrisse «Il prof. W. James soleva
dire che l’uomo medio sviluppa solo il 10% delle sue abilità mentali latenti. Dale Carnegie aiutando gli uomini e donne d’affari a
sviluppare le loro potenzialità latenti».  Thomas Lowell fa dire a William James “10%”, fino ad ora James aveva solo detto “ne
usiamo una piccola parte”. Si dice, infine, che lo stesso Albert Einstein avrebbe lasciato scritto, in alcuni appunti personali, che
l'individuo medio usa solo il 10% del cervello.

Freud ci parlava di una mente conscia ed inconscia, la prima è una piccolissima parte di un iceberg, quindi questo 10% è in linea con
il funzionamento della psiche umana detta da Freund.

Anche l'organizzazione religiosa Scientology proclama che l'individuo medio utilizzi soltanto il 10% della sua capacità mentale. i
membri della setta credono che con la pratica della Dianetica, la disciplina pseudoscientifica ideata da Ron Hubbard, la percentuale
di utilizzo del cervello possa aumentare.

Il sedicente sensitivo Uri Geller (mentalist) dice nel 1985 “di fatto, la maggior parte delle persone impiega solo il 10% circa del
cervello o addirittura neppure quello…”. Lui riusciva a piegare i cucchiaini con la forza del pensiero, e diceva che lui riusciva a fare
questo perché lui era in grado di utilizzare più del 10%.

Perché non donare il 90% che non utilizziamo, se effettivamente ne usiamo solo 10? Ogni parte del cervello ha un ruolo molto
importante. Negli anni ‘90 neuro-anatomisti hanno dimostrato che esistono neuroni che costituiscono la «materia bianca»
(interneuroni) e neuroni che sono alla base dei processi mentali (materia grigia). Gli interneuroni se si infiammano vuol dire che si
ha la sclerosi multipla.

Il nostro cervello pesa il 2%, a si mangia il 20% delle nostre energie. La maggior parte del consumo di energia non è determinata da
momenti in cui si pensa/si combatte/si litiga, ma è determinata da processi automatici, la parte del cervello che si attiva in maniera
automatica è molto più di quella che si attiva quando si è consapevolmente attivo. Il 90 % del nostro cervello è quello che si mangia
a riposo la maggior parte delle nostre energie. 90% del 20% del nostro corpo, modello basale del funzionamento del cervello.
Quelle poche volte in cui ci focalizziamo/ci concentriamo, ci sentiamo molto stanchi per 2 motivi;

1. Perché già di suo il cervello è stanco perché attua processi automatici, consumando energia, quindi quando si aggiunge un
minimo di fatica, ce ne si rende subito conto.
2. Perché di questa fatica siamo consapevoli

Poche volte: perché le volte in cui veramente utilizziamo il calcolo matematico, esempio all’Esselunga ci sono 144 referenze di
biscotti e noi ne leggiamo tutti gli ingredienti di ognuno? Assolutamente no. Il nostro cervello funziona in maniera
meccanica/automatizzata senza affaticarsi se non quando abbiamo bisogno di farlo, quindi questo lavoro in più lo sente
maggiormente. Noi uomini siamo legati ad automatismi, quindi quando facciamo cose energicamente più affaticanti, il nostro
cervello si stanca.

La persuasione gioca sul fatto che il nostro interlocutore non è razionale, ma emozionale. Non fa calcoli, ma siamo semplificatori,
poche info per potere decidere perché il cervello non si vuole stancare in particolar modo di fronte ad un cervello razionale, che già
lo è di suo stanco.

Se il cervello fosse così semplice da potere essere compreso, noi saremmo tanti semplici da non riuscire a capirlo. Frase di un
neurologo Watson. Pesa 1kg donne/1kg e mezzo uomini (il 2% di una persona – Foer, 2012) ma consuma il 25% dell’energia che
consumiamo. Capace di fare 200 miliardi di calcoli al secondo. Ma ha solo 10Gb (ogni neurone è uguale a solo 1 bit). Abbiamo
potenzialità enormi, ma siamo risparmiatore di energia.

Noi siamo molto razionali.

IL PROCESSO DECISIONALE – modello del consumatore razionale, di Star Trek, di Spock

Stadi del processo decisionale:

1. Ricognizione del problema


2. Ricerca di informazioni (tutte)
3. Valutazioni delle alternative possibili ed immaginabili
4. Scelte
5. Verifica dei risultati

Questo modello prevede che prima di scegliere, vengano ricercate tutte le alternative. Questo processo è un lunghissimo processo
di calcoli complessi, e realmente parlando non accade praticamente mai. Quindi non è poi così vero che siamo così razionali.

Secondo Herbert Simon (+ grandi esperti in processi decisionali, premio Nobel per l’economia) l’individuo non cerca la soluzione
ottimale (quindi non attua questo processo) ma cerca la soluzione più SODDISFACENTE in relazione al contesto e alla situazione.
(soddisfacente può essere il prezzo, oppure la provenienza, oppure per conoscenza). Lui vince il premio Nobel per l’economia nel
1978 dimostrando che l’individuo non è razionale, ma è LIMITATAMENTE RAZIONALE, perché quindi noi decidiamo con poche
informazioni e ci lasciamo trasportare molto dalle emozioni.  TEORIA DELLA RAZIONALITA’ LIMITATA

Ogni 15/20 anni si dà un premio Nobel all’economia a chi ci ricorda che siamo più emozionali che razionali.

- 1978 HERBERT SIMON – teorico della razionalità limitata


- 2002 DANIEL KAHNEMAN – teorico della teoria del prospetto
- 2017 RICHARD ATHALER

= quello che dice uno è abbastanza simile a quello che dice l’altro.

Richard Davidson è il più grande esperto di plasticità cerebrale, lui ha studiato e ha comparato il cervello di un monaco tibetano
con il cervello di una persona che pensa in maniera normale, dimostrando che il cervello è plastico e che cambia continuamente, è
uno dei più grandi esperti di funzionamento cerebrale. Questi due cervelli sono totalmente diversi l’uno dall’altro, anche
strutturalmente. Il cervello non è statico, ma cambia continuamente, cambia non solo perché agiamo ma anche perché agiamo in
maniera diversa. (STILE EMOTIVI DI RICHARD DAVIDSON, ogni stile è collegato ad una particola struttura cerebrale). Lui scrive nel
1970 “la vita emotiva del cervello”, lui qui dice che per tanto tempo noi abbiamo considerato l’uomo essere un uomo razionale
perché abbiamo avuto una forma di snobismo corticale, cioè abbiamo sempre pensato che la parte più importante fosse la
corteccia cerebrale, ovvero la parte più esterna e non il sistema limbico, ovvero quello che sta sotto che ha che fare con le
emozioni, perché le emozioni sono sempre state considerate qualcosa di negativo dal punto di vista della decisione – sempre detto
dagli studiosi tutto questo. La parola emozione è sempre stata associata a qualcosa di negativo. PERO’ NOI DECIDIAMO CON
L’EMOZIONE. È ovvio che se seguiamo le emozioni, possiamo anche commettere errori, però dobbiamo fare i conti con un sistema
cerebrale che si attiva prima con le emozioni e poi con la razionalità.

Un’altra frase di Davidson, “Occuparsi di emozione dimostrandone la loro valenza di guida nelle decisioni e nei processi
“intelligenti” fino a qualche decennio fa sarebbe stata un’azione donchisciottesca.” Lui dice che dire che l’emozione guida le nostre
scelte sarebbe stato impensabile e assurdo.
Noi per essere intelligenti dobbiamo essere emotivi. Negli anni 90 c’è stato un libro intitolato “intelligenza emotiva”, grande
scalpore.

Nel 1981 due autori “Petty e Cacioppo” hanno sviluppato un modello decisionale, che si chiama “Modello dell’elaborazione delle
informazioni” oppure “Modello delle due vie decisionali”. Loro hanno detto che per poter scegliere in maniera razionale, la
motivazione delle persone deve essere alta (quando decidiamo siamo motivati, esempio se faccio una dieta voglio capire se fa per
me, quindi sono motivato) e anche l’abilità cognitiva deve essere alta. = ESSERE CONSAPEVOLE, esempio io vado al supermercato e
comprendo il valore nutrizionale di quella cosa, io non posso farlo perché non ho le abilità cognitive alte in quanto non sono una
nutrizionista.

A noi piace essere descritti come razionali, ma comunque non lo siamo sempre. Posso essere competente da un lato, quindi essere
razionale, ma in un altro campo devo fidarmi di un esperto, quindi basarmi sulla fiducia, che è un’emozione, quindi essere
emozionale. La scelta tra essere razionale od emozionale parte da sistema centrale = razionalità, sistema periferico = emozioni.
Quando compriamo qualcosa di particolarmente costoso, la maggior parte delle persone non sono razionali perché non sono
dell’ambito/del mestiere, quindi ci basiamo spesso sulle nostre emozioni.

DOVE AVVIENE IL NOSTRO PROCESSO DECISIONALE? (iceberg)

- Processi consci, guidati da razionalità, conoscenza e riflessione (parte alta dell’iceberg)


- Processi inconsci, guidati da emozione ed inconscio (parte bassa dell’iceberg) – legati alla persuasione

La persuasione sì deve passare per la razionalità, quindi le cose devono essere ben spiegate così il consumatore le comprende, MA
non è l’unica cosa, anzi è importante anche la dimensione emotiva che va a coinvolgere quella razionale.

Gazzaniga scrive uno dei libri più importanti “cognitive neuroscience”, legato quindi ad una materia che studia il cervello quando
elabora le informazioni e dice che il 98% delle attività del cervello avviene a livello INCONSCIO, quindi senza piena consapevolezza.

Come si fa ad essere più persuasivi? Giocando sui limiti del cervelle, se li conosciamo possiamo essere più competenti su come
essere più persuasivi.

Zaltman nel 1995 scrive “come pensano i consumatori” dice che il 95% del processo decisionale di acquisto di un prodotto avviene
a livello INCONSCIO, questo a noi non piace, perché è come dire che siamo stupidi/istintivi.

I metodi tradizionali ci dicono come le persone reagiscono razionalmente.


Eyetracker per vedere quello che le persone guardare. EEG per vedere quale parte del cervello si attiva difronte a stimolazioni. La
risonanza magnetica ci permette di scoprire com’è fatto il cervello al suo interno.

Joseph LeDoux – come funziona il nostro cervello

La parte più antica del cervello è il sistema limbico, è l’area del cervello deputata alle emozioni, si attiva per prima quando abbiamo
un’emozione, dentro quest’area ci sono delle ghiandole, come l’amygdala, è una delle più importanti ghiandole del nostro sistema
cerebrale, è quella che si attiva quando ci sono emozioni negative, ha un ruolo importante. Accanto c’è l’insula, che ha che fare con
il disgusto, allontanamento. Accanto abbiamo il nucleus accumbens, ha che fare con l’emozione positiva. Poi c’è l’ippocampo, che
ha che fare con la memoria. C’è anche il talamo, dove giungono tutte le informazioni, è la prima area del cervello ad attivarsi, il
talamo attraverso la bassa via (low road) comunica all’amygdala di intervenire e percepire se quell’informazione sia buona o meno
(questo avviene in 13millisecondi), e l’amygdala se non è un’info non buona fa battere più velocemente il cuore, fa sudare le mani,
fa dilatare le pupille, fa aumentare il respiro o ci fa rallentare se è un’info buona: l’amygdala riesce in qualche modo anche a farci
capire quanto quel particolare stimolo possa essere pericoloso o meno (ma tutto questo è irrazionale, immediato, inconscio).
Amygdala no buono = scappa.

Soltanto dopo 500mille secondi il talamo attraverso la via alta (high road) dice alla corteccia cerebrale cerca di capire facendo un
po’ di calcoli se l’amygdala ha ragione, quindi abbiamo sempre inizialmente una risposta emotiva, solo dopo attraverso la corteccia
abbiamo una risposta più razionale. La corteccia è la parte più esterna, situata nella zona occipitale, parte più razionale; il sistema
limbico è più interno.

ESEMPIO: quando vediamo un video con una palla arrivarci addosso, l’amygdala ci consente di reagire inconsapevolmente
(saltando in aria/urlando). Poi attraverso il talamo, la corteccia dice “no è un video, non è la realtà”. Talamo dice all’amygdala fai
scappare subito ma automaticamente parla con la corteccia visiva (perché la vediamo) e quest’ultima dice all’Amygdala che alla fine
era solo un video.

 memoria ed emozioni sono situate dalla stessa parte del cervello, quindi spiegato il motivo per cui io quando vivo una forte
emozione, quello che l’ha provocata non me lo dimenticherò mai. Come mai quando sentiamo l’odore di un cibo che non ci piace
non lo vogliamo proprio? Perché nel sistema limbico, dove c’è l’emozione e ippocampo-memoria, si viene creare quello che è
marcatore somatico, ovvero un collegamento strutturale tra le nostre sinapsi che mette insieme il ricordo dello stimolo e
l’emozione ad esso connessa. Quando quindi risento quell’odore, si attiva l’insula e quindi io mi allontano. Questo accade anche per
le cose positive, solo che qui si attiva il nucleus accumbens, ricordandomi i bei ricordi. Queste cose negative/positive possono anche
sparire allenandosi, avvicinandosi anche ai vecchi sapori.

La scatola cranica è rimasta piccola, il cervello no, è aumentato soprattutto la zona prefrontale, quella con cui noi prendiamo le
decisioni in maniera nazionale e per entrare dentro la scatola cranica si è dovuto raggomitolare su se stesso, creando quindi solchi,
circoli, involuzioni. Il cervello è suddiviso in zona occipitale (parte dietro) ed è deputata alla visione, poi abbiamo la zona parietale
(zona alta) qui abbiamo il movimento delle mani, contatto con il nostro corpo, movimento in generale, poi abbiamo la corteccia
frontale/prefrontale, e per finire abbiamo la zona laterale, che prende il nome di lobo temporale.

Quindi abbiamo lobo temporale, lobo occipitale, lobo parietale e lobo frontale.

Il nostro cervello è predisposto da madre naturale ad essere attivato prima con il sistema limbico e poi con la corteccia cerebrale
(visiva, uditiva ecc..).

Antonio Damasio ha scritto un libro “l’errore di Cartesio”, lui dice “noi non siamo macchine pensanti che si emozionano ma
macchine emotive che pensano” = un cambiamento di paradigma mostruoso, significa capovolgere quello che abbiamo detto fino
ad ora della razionalità – ma se pensiamo a cosa si attiva prima e dopo comprendiamo le parole “macchine emotive”, infatti prima
si attiva l’amygdala = emozione ecc…
Tutto questo modo di vedere il cervello umano ci fa capire la frase di David Ogilvy “il vero problema di chi studia la
persuasione/comunicazione/marketing è che le persone non pensano a quello che sentono, non dicono quello che pensano e non
fanno quello che dicono”.

- They don’t think how they feel  Significa che c’è una parte del cervello che si attiva in maniera inconsapevole e che
influenza il nostro comportamento (chi è abile nella persuasione, deve essere abile questa parte del cervello in maniera
automatizzata)
- They don’t say what they think  significa che è proprio inconscio, infatti quando qualcuno viene intervistato ognuno si
racconta al meglio mentendo
- They don’t do what they say  significa esempio che mi piace e la compro sicuramente, lo dico in un momento in cui
sono razionale, il problema è quando sono sul campo e gioca l’emotività di vedere il mondo.

Terza lezione: 28/02/2023

Quando si parla di persuasione un elemento fondamentale ha che fare con la percezione, queto perché se la persuasione funziona
ci fa percepire diversamente la realtà. Quando si parla di persuasione possiamo categorizzare 3 elementi importante:

- Percezione
- Decisione
- Emozione

Sono elementi che vengono influenzati dalla persuasione e sono alla base della persuasione stessa.

LA PERCEZIONE

La capacità di persuadere parte dal presupposto di poter far percepire le cose diverse da come sono, ATTENZIONE non si tratta di
manipolazione, anzi può essere la capacità di raccontare qualcosa di non visto/penso di non aver visto per essere un po’ più
convincenti nel fare cambiare idea all’altra persona. La conoscenza della percezione è una conoscenza essenziale per il persuasore.

Il migliore persuasore al mondo è l’illusionista/mentalist, che ci fa vedere cose che non ci sono/non vedere cosa che ci sono. Ma
effettivamente in che modo lo fa? Giocando con i limiti percettivi del nostro cervello.

SENSAZIONE E PERCEZIONE: la prima è quella che i nostri sensi percepiscono, invece la seconda è una ricostruzione che fa il nostro
cervello, ecco perché può essere soggetta a diversi meccanismi persuasivi, diverse letture della realtà. In pratica quello che noi
percepiamo non coincide con quello che ci sta nella realtà.

Sono due cose completamente diverse, la sensazione è ciò che attiva i nostri sensi. Quanti sono i nostri sensi? Classici 5,
vista/udito/olfatto/tatto/gusto – MA IN REALTA’ SONO 8, si aggiungono anche il senso vestibolare, è quel senso che ci permette di
stabilire se il nostro corpo si trova perfettamente in equilibrio su un piano, cioè se il piano è inclinato di 10 gradi, noi lo sentiamo.
Questo senso dipende da dei liquidi presenti dentro il nostro sistema uditivo, quindi capiamo se il piano è perfettamente
orizzontale oppure no. E’ legato anche al senso cinestetico, ovvero che ci fa percepire il movimento del corpo nello spazio, anche
qui entrano in gioco i liquidi presenti dentro il nostro sistema uditivo. Poi c’è il senso viscerale/organici, ovvero quando sentiamo
dolori interni agli organi interni, è un senso più sviluppato nelle donne, perché le donne hanno più necessità di sentire se i loro
organi funzionano bene o no, per un’esigenza di sopravvivenza della specie.

Nel campo della persuasione gli altri sensi si usano. Che cos’è reale? Impulsi elettrici elaborati dal nostro cervello, il cervello li
trasforma in consapevolezza attraverso un processo che sembra lineare/pulito ma non è così, perché il cervello aggiunge qualcosa.

COME DALLA SENSAZIONE, ESSERE DETERMINATA DAGLI 8 SENSI, ARRIVA QUALCOSA CHE E’ DIVERSO A QUELLO CHE E’ LA
REALTA’/STIMOLAZIONE CHE HA ATTIVATO QUESTI SENSI = percezione

Per esempio, noi percepiamo =/= le cose da come sono. Esiste la psicologia della Gestalt (forma, buona forma, buona reazione
positiva) che nel 1930 ci ha fatto capire come la costruzione delle cose/percezione è più della semplice somma delle parti. Si sono
occupati delle illusioni ottiche, che ci permettono di vedere cose che in realtà non ci sono:
La prima foto è una barra che sembra essere più chiara a sx e più scura a dx, in realtà i due colori sono uguali, ma quello che cambia
è il colore dello sfondo che ci fa percepire diversamente anche il colore della barra. Le illusioni ottiche si basano sul vedere cose che
non ci sono. La seconda foto, invece è il triangolo di Kanizsa (Canoscia), qui c’è un triangolo bianco, ma in realtà non c’è un
triangolo, ci sono delle torte che hanno una parte mancante, diciamo che è un triangolo con dei pezzi mancanti, quindi per noi è più
facile immaginare che ci sia un triangolo bianco che va ad interrompere l’equilibrio di altre immagini che preferiremmo avere in un
formato più equilibrato.

Questa di dx ci sembra più piccola, perché è il contesto che ci fa percepire diversamente le cose; la percezione dipende anche dal
contesto.

Quello di dx ci sembra più chiaro, ma in realtà sono gli stessi colori, sono le cambia la differenza di sfondo.

Questo quadrato nero sotto il rettangolo grande sembra più piccolo, ma i due quadrati sono identici.

Se io chiudo quest’immagine con un contorno, il colore dentro sembra più scuro rispetto a quella foto di sx.

TUTTO QUESTO DIPENDE NON DALLA REALTA’ DEI FATTI, MA DA COME VENGONO RICOSTRUITE LE INFORMAZIONI.
Abbiamo semplicemente aggiunto dei contorni e quindi ci sembrano molto più accesi quelli di sx rispetto a dx.

Colore che cambiano in base allo sfondo che c’è dietro.

Le cose che noi percepiamo le percepiamo in rapporto ad altre cose, esempio lo sfondo. Questo ci fa comprendere su quali basi si
appoggia la persuasione, quindi cerca di farci percepire un prodotto migliore rispetto ad un altro giocando con elementi come
colori/luci/figure/forme.

https://www.dailymotion.com/video/x4q8n7f

Il nostro cervello è condizionato ad associare il colore ad un oggetto. Esempio, non mangeremo mai un uovo verde, ma una mela
verde sì. Il colore è solo un’illusione. Quello che noi percepiamo non coincide con la realtà dei fatti.

COME’ FATTO IL NOSTRO OCCHIO/SISTEMA VISIVO?

Cellule deputate al riconoscimento delle onde elettromagnetiche che ci fanno vedere le cose. Nei nostri occhi c’è un buco dove
passano i nervi che dalla retina va verso il nervo occhio che poi porta le informazioni al cervello, questo buco qui è senza quelle
cellule che vanno a vedere le cose (no coni, no bastoncelli). Il nostro occhio è particolare, un’immagine passa attraverso il
cristallino e viene capovolta nella retina, noi la vediamo normale, quindi il cervello deve ricostruire quelle stimolazioni che giungono
all’occhio; ovviamente le informazioni dall’occhio passano al nervo ottico e poi arriva nella zona occipitale del cervello, ovvero
quella deputata alla visione, area visiva primaria. Un’immagine venga capovolta fa capire quanto è complessa questa macchina
percettiva.

Il cervello elabora l’immagine che gli arriva capovolta, raddrizzandola e riportandola alla misura reale.
Buco – bastoncelli e coni, nella nostra retina ci sono queste cellule a forma di bastoni che hanno la capacità di riconoscere
piccolissime quantità di luminosità, che ci permettono di vedere in chiaro scuro (quindi sono grigi) durante la notte. I colori
derivano dai coni (adibite ai colori), sono cellule/ghiandole di colore blu, verde, rosso (sono sensibili a questi colori), ovviamente le
diverse tonalità di colore vanno ad attivare altre cellule, quindi se c’è un’arancione vi sarà un mix di queste cellule deputate ai
colori.

In questo buco non ci sono coni e/o bastoncelli, eppure noi non vediamo però questo buco, non lo vediamo perché il nostro occhio
si muove a movimenti saccadici, piccoli movimenti di piccolissimi mm che permette all’occhio di ottemperare a quel buco, poi il
cervello prende queste informazioni e le ricostruisce, riformando continuamente le immagini. (PROCESSO RAPIDISSIMO)

Giusto per scoprire dove sta il nostro buco, si può fare questo esercizio, se chiudiamo l’occhio sx e con il dx manteniamo lo sguardo
sulla stessa, se ci avviciniamo il cerchio scomparirà. Questo è il punto esatto in cui c’è il buco del nervo ottico. Se ci allontaniamo o
ci riavviciniamo può ricomparire.

Noi utilizziamo la fovea, luogo in cui sono concentrati maggiormente i coni, mentre la zona periferica è la zona sono concentrati i
bastoncelli, che non hanno la precisione visiva come la fovea (coni) ma ci permettono di vedere in maniera periferica. Infatti i
bastoncelli sono molti di più che i coni.

Noi usiamo tantissimo la visione periferica, ce le fa vedere in maniera un po’ sfocata, mentre la fovea (coni) ci dà la possibilità di
guardare in maniera molto chiara le aree che osserviamo. Noi percepiamo le cose in maniera chiara, ma in realtà al cervello
arrivano confuse, grazie alla fovea giungono in maniera chiara quelle immagini che noi stiamo vedendo direttamente, ma tutto
quello che ci sta intorno è ombreggiato/nebuloso ma il nostro cervello riesce a ricostruire perfettamente l’immagine.

Perché però è importante studiare in ambito di comunicazione quello che osserviamo con la visione periferica? Perché quando noi
guardiamo in un punto vendita le cose non le guardiamo, a meno che non le stiamo cercando, in maniera focalizzata/precisa, quindi
per strategie di marketing il venditore ci propone colori/forme che in qualche modo ricordano il prodotto migliore.

Private label = prodotti fatti dall’azienda che fanno il verso/copiano il format e il packaging dei prodotti a marchio, questo perché on
la visione periferica ci sembrano uguali.

Perché le immagini con il flash ci piacciono meno che quelle senza? Beh nel nostro sistema visivo ci sono cellule sotto i coni e sotto i
bastoncelli che si chiamano cellule intrinsecamente fotosensibili, si chiamano così perché sono sensibili alla luce naturale, quando
noi abbiamo la luce naturale queste cellule si attivano, liberano una sostanza (un neurotrasmettitore) come la dopamina (quella che
ci fa star bene), in questo caso però che viene liberata si chiama melanopsina, che attiva nel cervello quella parte che ci fa sentire
un pochino meglio, ecco perché noi preferiamo le immagini con una luce/colore naturale.

Per capire come funziona la percezione, dobbiamo conoscere meglio il nostro cervello. Il nostro cervello è diviso in 4 grandi lobi:

1. zona frontale e prefrontale: più cresciuta e ci ha differenziato dall’homo sapiens, la utilizziamo per razionalizzare, per fare
calcoli, per pianificare, parte più intelligente
2. zona occipitale: sta dietro sopra la nuca, se il bambino sbatte la nuca diventa ceco perché nella nuca c’è questa zona che
è deputata alla visione
3. zona temporale: laterale in prossimità dell’orecchio, dove si hanno le principali informazioni linguistiche
4. zona parietale: sta in mezzo alla frontale e occipitale, in cui si hanno la manualità e movimento

Lo studio del cervello si faceva con l’autopsia, quindi si aspettava la morte per constatare un danno cerebrale. Grazie alla
traumatologia abbiamo scoperto cose importanti su come percepiamo le cose, e come possiamo utilizzare le informazioni per
essere più persuasivi.

Broca, medico francese, che ha studiato il caso di un signore normale ma ad un certo punto non riesce più a parlare,
riconosce/capisce le parole, ma non riesce più a parlare; dopo 9 anni questo signore muore e con l’autopsia viene scoperto che in
questo buco c’era un grosso tumore che è andato ad intaccare quell’area del linguaggio parlato (area di Broca). Nella zona
temporale sx c’è un’area deputata al linguaggio. Grazie ad altri esperimenti abbiamo scoperto che c’è l’area di Wernicke, è il
medico che ha scoperto che accanto alla zona di Broca c’è la sua area (di Wernicke), se un paziente ne soffre non può capire le
parole.

- Area di Broca – ci fa parlare – zona della parola


- Area di Wernicke – ci fa capire il parlato – ci permette di riconoscere le parole

Prevalentemente le aree del linguaggio si trovano nella parte sx del cervello, questa parte sembra essere importante per il
linguaggio, questo non è solo legato al parlato e alla recezione del parlato ma anche alla lettura, scoperto da Dejerine, che si trova
nella zona temporale sinistra, accanto alle due aree scoperte, nel lobo occipitale della zona sx.

- Area di Dejerine – lettura, si trova in prossimità della zona occipitale ma sempre nella zona temporale

La parte sx è legata al linguaggio.

La parte dx abbiamo scoperto che ci sono tutte aree deputate all’analisi delle immagini, prevalentemente a sx abbiamo il linguaggio
e a dx le immagini. Tutto arriva nella zona occipitale e poi viene proiettato nella zona dx se si tratta di immagini e nella zona sx se si
tratta delle parole/linguaggio.

Questa che viene chiamata lateralizzazione del cervello, ovvero che i due emisferi sono diversi tra di loro, è più sviluppata negli
uomini che nelle donne, cioè i due emisferi sono più simili nelle donne, significa che questa potente differenziazione tra linguaggio
e immagini è molto più radicata negli uomini.

Sempre con la traumatologia abbiamo scoperto che la zona occipitale, dietro, ha che fare con la visione. Durante la prima guerra
mondiale i militare erano cavie perfette, per esempio questo colonnello inglese che aveva una scodella al posto dell’elmetto
ricevette un proiettile nella zona occipitale destra, lui divenne cieco ma non di tutto il campo visivo ma solo di ciò che sta a sinistra;
il proiettile entra a dx e lui diventa ceco a sx, quindi il nostro sistema visivo funziona così, tutto ciò che si trova a dx del campo visivo
viene elaborato molto velocemente nella parte sx e tutto ciò che sta a sx del campo visivo viene elaborato velocemente nella parte
dx del nostro cervello. (SITUAZIONE STRANA)

*Ciò che sta a sx viene elaborato a dx e viceversa.

Ipotizziamo di essere quelli che devono posizionare su un corridoio di un punto vendita un cartellone pieno di immagini e poche
parole, (zona sx deputata al linguaggio, zona dx deputata alle immagini) dove lo posizioniamo? A sinistra, perché viene elaborato
nell’altro emisfero. Tutto ciò che sta a sx, se legato alle immagini, viene gradito di più qui che in quello a dx. *

Il cervello umano elabora 60.000 volte più velocemente le immagini. Il 90% delle stimolazioni al cervello sono visive. Si ricorda il
20% di ciò che si legge, del 10% ciò che si sente e dell’80% di ciò che si vede.

Nel verde abbiamo il processamento del testo, nel rosso abbiamo il


processamento delle immagini.
(VOLTO CHIMERICO) Nella foto B la parte sorridente è a sinistra ed è quella che verrà maggiormente tenuta in considerazione
perché recepita dalla metà destra del cervello maggiormente predisposta all'elaborazione delle immagini.  è quella parte che
viene elaborata più velocemente dalla parte dx del cervello (deputata alla visione delle immagini) e ci sembra più allegro.

In una pubblicazione si scopre che due soggetti che hanno lo stesso danno cerebrale nella zona temporale, zona di lato, però chi c’è
lo ha a dx ha grosse difficoltà nel riconoscere le emozioni rispetto a chi ha lo stesso danno a sx, questo perché il danneggiamento
della zona a dx non permette di avere questa rapidità nel riconoscere le emozioni.

Questa forma di lateralizzazione, reazione alle immagini, non è soltanto presente negli uomini ma anche nei macachi, quindi siamo
più rapidi a tradurre le emozioni con la parte sx del volto che stiamo guardando. Questo serve a non commettere errori, quindi a
posizionare a sx la parte triste, e questa immagine è meno allegra rispetto alla immagine dove è sorridente con la parte sinistra del
volto che io che è quella che io guardo con la parte dx del cervello.

LA CONOSCENZA DEL FUNZIONAMENTE CEREBRALE E’ IMPORTANTISSIMO PER RENDERE PIU’ CONVINCENTE UN MESSAGGIO

Se capovolgiamo il nostro cervello e lo osserviamo dal basso verso l’alto, c’è un’area deputata al riconoscimento dei volti, al
riconoscimento dei paesaggi, riconoscimento degli oggetti

Aree diverse sono responsabili del riconoscimento di alcuni stimoli. Vi sono zone come quella blue e gialla che hanno il compito di
assemblare le informazioni per dare un’immagine unica e un significato unico.

Abbiamo visto che nella parte temporale dx abbiamo il riconoscimento dei volti, ma vi è anche accanto quella degli oggetti e dei
paesaggi. Noi siamo particolarmente sensibili a dei volti, questo perché il volto ha a che fare con un qualcosa che di per sé è
attrattivo.

Quindi per essere persuasivi bisogna giocare con i volti, perché il cervello di chi sta guardando capisce le nostre emozioni dal nostro
volto, e riesce anche ad interpretare ciò che noi non diciamo, ma lo diciamo dal volto.
PROSOPAGNOSIA = cecità per i volti: malattia deputata al fatto che viene alterata/distrutta/infiammata quell’area che ha che fare
con il riconoscimento dei volti. Queste persone capiscono che si tratta di un volto ma non riescono a riconoscerlo perché hanno
perso la capacità di interpretare questi stimoli. Esistono dei volti riescono ad essere più persuasivi, volti più gradevoli e meno,
perché magari esprimono attraverso un giusto modo le giuste emozioni.

Le immagini sono gradevoli anche in relazioni a nostre esperienze passate.


I mancini preferiscono quella di sx e viceversa.

Ultima molto più persuasiva


è gradevole trovare le posate dove dovrebbero stare

VISIONE DI UN VIDEO IN INGLESE: Cervello rettiliano, sistema limbico

La persuasione deve essere un meccanismo che gioca sia nella dimensione della razionalità (nel dire cose giuste/comprensibile), ma
deve anche essere capace di intercettare la parte più antica (EMOTIVA) del cervello. Gli studi neuroscientifici ci fanno capire che
questa parte antica è molto preponderante, funziona in maniera inconsce e ha che fare con le emozioni. Il nostro cervello è come
un cane, ha un dorso e un fronte, zona mediale e zona laterale. Corteccia prefrontale dorso (alto) laterale (esterna) è un’area
importante perché noi utilizziamo per pianificare le azioni in maniera razionale.

Quarta lezione: 7/03/2023

NEURONI SPECCHIO: se vedo una persona sbadigliare, sbadiglio anche io; meccanismi relativo al fatto che si attivano gli stessi
neuroni quando facciamo qualcosa o quando vediamo qualcuno che la sta facendo.

Ma come sono stati scoperti i neuroni specchio? Siamo a Parma, estate (umido e caldo) i ricercatori di Giangiacomo Rizzolatti
stavano facendo uno studio sul movimento delle braccia e delle gambe dei macachi, quindi abbiamo un macaco con elettrodi messi
sul cranio; durante la pausa pranzo escono e appena rientrano uno di questi tiene in mano un gelato difronte al macaco, e si
accorge che tutte le volte che lui avvicina le mani alla bocca per il gelate, l’area del cervello relativa al movimento del braccio nel
macaco si attiva come se fosse lui ad avvicinare la mano alla bocca, e allora nasce una scoperta per serendipità, ovvero quando è
dovuta al caso.  nonostante il macaco fosse bloccato l’area del cervello del macaco si attiva perché si sono attivati quando una
cosa la faccio e/o quando una cosa la vedo fare.

Questi neuroni specchio si sono scoperti nella zona parietale motoria, che a che fare con il movimento delle braccia e delle gambe.

Il processo di imitazione non è legato soltanto ad una riflessione cognitiva per cui io imito un tuo comportamento razionalmente
ma è legato ad una serie di meccanismi naturali, come quelli deputati ai neuroni specchio, noi possiamo muoverci come si muove il
mio interlocutore.

I neuroni specchio sono aree che si attivano sia quando faccio una cosa, sia quando la vedo fare.

Il percorso visivo è; occhi, nervo ottico che passa dal sistema limbico e poi l’informazione arriva nella zona visiva primaria (le info
passano a dx se si tratta di immagini e a sx se si tratta di parole/testo).

Nel 2003 Rizzolatti riesce a dimostrare che i NS non sono soltanto nella zona del cervello che ha che fare con il movimento del
corpo ma anche nel sistema limbico. Esempio, se io provo disgusto mi si attiva l’insula, ma se io vedo qualcuno che sta provando il
disgusto, mi si attiva l’insula anche a me. (vomita qualcuno – anche io vomito)  i neuroni specchio presenti in quelle cellule si
attivano, in questo caso i NS presenti nell’insula.

(parte bianche è
dove si trova la perfetta sovrapposizione di chi sta guardando chi prova disgusto e di chi lo sta veramente provando)

Ovviamente è interessante perché ci fa capire come il nostro volto può essere convincente agli occhi degli altri grazie appunti ai NS.
Per cui se noi stiamo parlando pubblicamente e sorridiamo, siamo certi che trasmetteremo il sorriso anche ai nostri auditori.
(attiviamo il nucleo acumbens). Molti politici tendono a sorridere, perché quest’ultimo tende ad essere quasi contagioso.

Un paziente con cecità corticale a causa di un ictus, diventa totalmente cieco, ictus nella zona occipitale (zona che ha che fare con le
visioni). Però se gli mostriamo dei volti allegri o tristi egli può indovinare di che tipo di emozione si tratti. Ma come fa se è cieco?
Probabilmente mentre lui sta svolgendo il compito di distinguere volti allegri e/o volti tristi, l’amygdala si attiva in maniera diversa,
dovuta al fatto che esistono i NS nel sistema limbico, quindi in base a come io mi sento posso dire che la persona davanti a me è
una persona triste o allegra. = COSA MOLTO STRANA, articolo pubblicato su Nature Neuroscience.

Ci sono stati altri risultati simili e alcuni ricercatore hanno dimostrato che i segnali emotivi sociali (volti allegri o tristi) inducono nei
pazienti ciechi risposte specifiche e fisiologiche (diversa reazione pupillare) e comportamentali (diversa mimica facciale). Quindi
esite una sorta di vista cieca affettiva. Quindi pensiamo che se un cieco riesce a capire le nostre emozioni, figuriamoci chi ci vede…

I NS si attivano in maniera coerente quando l’immagine è coerente con quello che io mi aspettavo.
ESEMPIO:

In questa immagine vediamo un uomo che tiene con la mano sx il trapano e con la dx fa forza, quindi capiamo che è destrorso – in
questo caso i NS nella zona motoria si attivano e si attivano tanto; ma se io sono destrorso ma l’uomo per dire fa forza con la sx e
tiene in mano il trapano con la dx l’area della corteccia premotoria si attiva di meno.

ALTRO ESEMPIO:

In una tazzina la presa si trova a dx e io sono un destrorso la parte del cervello che si attiva grazie ai NS è quella che ha che fare con
il movimento della mano, se invece la tazzina ha la presa a sx ma io sono comunque un destrorso non ci sarà questa attivazione, ci
sarò un’attivazione più bassa.

Perché nonostante le stimolazioni sensoriale siano le stesse il cervello percepisce cose diverse?

“Un vino ad un prezzo presentato ad prezzo di 45$ viene percepito e giudicato più buono rispetto allo stesso vino venduto al prezzo
di 5$”  viene dato questo vino a dei consumatori non esperti, loro assaggiano e dicono che il vino migliore è quello con il prezzo
più alto, peccato che il vino è lo stesso, in questo caso c’è un BIAS. Nell’aver dimostrato che esiste un’area ovvero la corteccia
orbitofrontale al cui interno esiste la corteccia prefrontale ventromediale ovvero una sorta di area del piacere; la corteccia
orbitofrontale è collegata al gusto e all’olfatto, quindi se c’è qualcosa che ci piace si attiva di più MA IN QUESTO CASO il vino è lo
stesso, eppure sapere che il vino costa di più fa attivare la corteccia orbitofrontale di più rispetto a quando il vino costa meno,
nonostante lo stimolo sensoriale del vino sia identico.

 SITUAZIONE STRANE, se io dico che il vino costa 90$ contro 10$ quell’area spara da matti e io probabilmente il vino lo
percepisco pi+ buono; questo significa che in base a come noi presentiamo le cose possiamo fare attivare il cervello in
maniera diversa, facendoci rendere più gradevole una cosa rispetto ad un’altra.

Ogni tanto abbiamo esperienze gradevoli e tutto quello che mangiamo e beviamo durante queste esperienze sono percepite
migliori. Esempio se sono felicissima di andare in una cantina, assaggio il vino mi sembra buonissimo, lo compro, torno a casa e lo
bevo in una giornata in cui non sono proprio felicissima e il vino non mi sembra così buono come era. (IL CONTESTO È
ACCOGLIENTE CHE CI HA FATTO ATTIVARE LA ZONA DELLA PIACEVOLEZZA, OVVERO LA CORTECCIA ORBITOFRONTALE).

La corteccia orbitofrontale è quella che con la comunicazione possiamo attivare e se l’attiviamo le esperienze diventano più
interessanti. Questa corteccia ha che fare con stimoli visivi positivi, esperienze olfattive positive, piacevolezza del tocco umano
positivo e anche il vedere dei soldi la fa attivare. Area del cervello che ha a che fare con le esperienze positive.

“profumo ricco e delizioso” =/= “puzza di verdure bollite”  con il primo si attiva la corteccia orbitofrontale in soggetti sottoposti
allo stesso profumo

“formaggio duro” =/= “sudore di ascelle”  lo stesso profumo presentato come formaggio viene preferito e si attiva la COF

Quindi anche il modo di come descriviamo le cose ha un effetto sulla percezione di queste cose.

ESEMPIO SU COCA COLA E PEPSI:

In questo caso abbiamo una battaglia tra Pepsi e Coca Cola. Siamo nel 1985 e la Coca Cola trovandosi incalzata dalla Pepsi che
vince, decide di fare una ricerca più importante della sua vita studiando come mai la Pepsi piacesse così, ha coinvolti 200mila
persone. La ricerca dimostra che la Pepsi piace di più perché è più dolce e più gasata, allora che fa Coca Cola? Si inventa una nuova
Coca Cola e la chiama New Coke dimostrando che di fronte a questo le persone sono più disposte a comprarla perché ha le stesse
caratteristiche della Pepsi. Sul lancio di questa, viene fatta una ricerca che hanno detto che gli americani che hanno sempre
preferito la Pepsi non avevano capito che la Coca Cola sarebbe cambiata, avevano capito che avrebbero trovato una nuova Coca
Cola e basta e non che fosse sostituita. Quindi successe un finimondo al quartiere generale di Atlanta, protestarono tutti. La Coca
Cola capisce di aver commesso l’errore più grave della sua vita e dopo 79 giorni ritira la Ne Coke e lancia sul mercato la Coca Cola
Classica, la Pepsi non poteva rimanere con le mani in mano e quindi parte una campagna spietata di lotta contro la Coca Cola che
ne approfitta per mettere KO la Coca. Fecero sia spot riferiti a nuove e vecchie generazioni.
Preambolo di una ricerca fatta nel 2004 da un gruppo di ricercatori di neuromarketing, che si sono chiesti che se fosse esistita
questa scienza avrebbero commesso questo gravissimo errore, anche perché la New Coke ha creato gravi danni; questi ricercatori
hanno provato ad utilizzare il neuromarketing per questa ricerca facendo assaggiare alla cieca Coca Cola e Pepsi, e il campione
americano ha ripreferito la Pepsi; si scopre che si attiva alla cieca (senza saperlo) la corteccia orbitofrontale, ovvero quella
dell’esperienza positiva, e si attiva tanto con l’assaggio della Pepsi. MA che succede quando dico loro che una è Coca Cola e l’altra è
Pepsi? Succede che le persone che prima dicevano che la Pepsi era più buona alla cieca, ora cambiano parere, dicono che la Coca
Cola è più buona, magari pensando al marchio importante che ha. La cosa interessante è che in risonanza magnetica si vede che
coloro che amano la Pepsi si vede perché viene attivata sempre la COF, invece coloro che dicono che la Pepsi era buona, poi Coca
Cola, quando riconosco la Coca Cola gli si attivano due aree diverse, quindi l’ippocampo (memorizzazione) e la corteccia prefrontale
dorso laterale (area collegata alla pianificazione delle azioni in base a esperienze positive), della serie “ho riconosciuto il marchio, e
la percepisco più buona”. Le aree che si attivano in quelle persone che hanno cambiato idea, si vede che con pepsi si attiva sempre
la COF, mentre con Coca Cola quando hanno cambiato parere si attiva con l’ippocampo e la corteccia prefrontale dorso laterale. 
la Coca Cola piace di più perché ippocampo (nostalgia, la mia Coca Cola), e corteccia (pianificare azioni su base esperienze passare)

La Coca Cola ha che fare con la storia di un popola e di una nazione

ESEMPIO:

Stesso prodotto che viene rappresentato in maniera diversa/randomizzata (Cheesecake/New York style cheesecake con salsa di
cioccolato God), quando viene rappresentata nella seconda maniera, il comportamento dei consumatori cambia e la preferiscono.
Come nei menu se viene scritto un piatto in maniera più aulica viene preferito.

L’USO DELLE PAROLE PUO’ FAR PERCEPIRE AL CERVELLO DIVERSAMENTE LA FRASE. (ruolo della comunicazione è importantissimo)

“La cantante ha la voce gradevole” =/= “La cantante ha la voce di velluto”  con il primo caso si attiva l’area di Wernicke (deputata
al riconoscimento delle parole) e un pochino l’area di Broca (ci fa parlare), nel secondo caso non solo si attiva l’area di Wernicke
(riconosce la parola velluto) ma anche la zona parietale alta (che ha la percezione somatosensoriale quindi il tatto). La parola
velluto ha fatto sì che il cervello si attivasse con quelle aree che hanno a che fare con il tatto.

Esistono frasi che da un punto di vista razionale non dicono nulla ma che ci fanno attivare in maniera particolare, e questa
attivazione ci fa percepire in maniera diversa un medesimo prodotto

- Clinicamente testato o sottoposto a test di laboratorio


- L’acqua… facilita la diuresi  TUTTE LE ACQUE FACILITANO LA DIURESI
- Può aiutare a ridurre la caduta dei capelli
- Nessuno lava più bianco che si può… Anche se almeno altri cento lo fanno

Esistono anche frasi che descrivono prodotti per far attirare meglio l’attenzione. Soltanto una parola può far cambiare idea al
consumatore.

- Pollo tenere alla griglia =/= pollo alla griglia  PREFERITA LA PRIMA
- Torta salata alle zucchine della nonna =/= torta salata alle zucchine = PREFERITA ALLA PRIMA
- Merluzzo dell’Antartico =/= Spigola Cilena  GIA’ CON LA PAROLA SPIGOLA SI OTTIENE IL 1000% DI VENDITE IN PIU’
- Pasta Salad =/= Salad with Pasta  LA SECONDA PUO’ SEMBRARE PIU’ SALUTARE

Il nostro cervello si fa proprio condizionare dall’utilizzo delle parole.

Testo ha usato nomi fake di immaginarie aziende agricole per vendere più prodotti agroalimentari come per esempio Rosedene,
Nightingale facendo intendere che provenivano dalle campagna inglese, ma in realtà provenivano dal Marocco e dal Cile 
risultato: MAGGIORE QUALITA’ PERCEPITA.
Anche il modo di guardare le cose può essere condizionato, il volto attira molto l’attenzione; un’immagine come questa fa sì che gli
occhi attirano molto l’attenzione. GUARDARE GLI OCCHI CHE PUNTANO AL MARCHIO DEL VINO

Conoscendo il nostro funzionamento cerebrale se voglio mettere attenzione a quello che è il marchio del vino punto la direzione dei
suoi occhi al marchio, è chiaro che il messaggio è “che sta guardando?” “ah lì”.

Dopo c’è più colore c’è maggiore visualizzazione. Giallo, minore visualizzazione, dove c’è verde, ancora meno, dove invece non c’è
proprio colore non c’è il passaggio oculare.
Abbiamo una maggiore visualizzazione del prodotto in basso rispetto a quella che abbiamo in alto a sx. Quando dobbiamo i
comportamenti altrui, un volto che guarda da un lato è fortemente condizionante.

Posizionare il volto di lui verso il testo fa trasformare la


quantità di visualizzazione sul testo

Nel primo caso abbiamo una visualizzazione di un certo


tipo ma non è così forte, rispetto alla seconda.

QUINDI: La presenza di un volto incide molto sulla visualizzazione di un contenuto, ma soprattutto in quei casi in cui quel volto
viene rivolto verso il contenuto. Il migliore per poter creare visualizzazione del testo è quando c’è un banner verticale, però
possibilmente con l’advert gate, ovvero che il volto guardi verso il contenuto.  MIGLIORE CAPACITA’ DI ATTENZIONE DEL COPY.

IMPORTANZA DEI VOLTI SU UNO SPOT PUBBLICITARIO, andato in onda su UNHCR, campagne di aiuto profughi, la risposta emotiva
dei partipanti è stata quasi sempre positiva, la “Call to Action” non ha attirato l’attenzione dei partecipanti. Strano che uno spot che
parla di guerra abbia così tante cose positive, infatti lo spot non ha funzionato tantissimo, non ha attirato quello che era lo scopo,
ovvero per esempio donazioni.

RISULTATI:

- Attrazzione eccessiva dei volti e pochi ricordano la CTA (call to action, ovvero numero verde, siamo attratti dai volti e non
dal numero verde)
- La “Call to Action” non viene quasi mai notata tranne che per le prime due scene.
- La voce fuori campo non è particolarmente capace di attirare l’attenzione, non dire il numero verde coincide con la
contestuale lettura del numero verde
- La bambina attira troppo l’attenzione, distrae , così come anche il volto della nonna
- Solo il 20% dei sotti cita il numero verde
- Durante il voiceover “per infor chiama…” l’attenzione del partecipanti non era diretta alla CTA, ma era focalizzata sulla
figura della nonna

Questo spot deve ingaggiarre paura/timore.

QUINDI SOLUZIONE PROPOSTE:

1. Aumento delle emozioni negative, includento scene drammatiche relative alla rappresentazione dei rifugiati al fine di
generare un maggiore coinvolgimento ed emozioni maggiormente negative
2. Maggiore salienza per la CTA, usando soluzioni come animazione sincronizzata con il voice over, aumneto delle
dimensioni della CTA, la bambina guarda il quaderno che non si vede ma comunque è nella direzione del numero per la
CTA.

Questo tipo di cambiamento ha portato al 237% in più di chiamate di eprsone che hanno sottoscritto un lascito testamentario e un
553% in più di chiamare di persone che richiedono informazioni per il lascito testamentario.

ANCHE PER GLI ANIMALI: animali che guardano in camera sono molto più attrattivi e convincenti rispetto agli animali che guardano
in un'altra direzione

Ci sono trucci per manipolare/guidare comportamneti consumatore, che hanno a che fare con guardare/muoversi. Il movimento
delle parole segue il movimento del corpo.

ESEMPIO: https://www.youtube.com/watch?v=uCMEnJRH7OY&list=RDCMUCVPKDwOYDBZ0cMSQyYum9oQ&start_radio=1&t=0
 nei loro movimenti ci spingono a guardare informazioni indispensabile alla vendita del prodotto.

RAPPORTO GUSTO E VISTA: le parole possono condizionare quello che noi percepiamo, gli sguardi guidano i nostri comportamenti,
stiamo continuando a dimostrare come la persuasione nasce anche dalla capacità di giocare con i limiti del cervello umano. Ha dei
limiti percettivi, non percepiamo la cosa cos’ come realtà ma come la vogliamo vedere, la stimolazione gustativa viene percepita
diversamente in base alle aspettative, il brand incide sull’attivazione cerebrale facendoci percepire diversamente lo stesso stimolo.

 IL NSOTRO SISTEMA VISIVO PUO’ ESSERE FORTEMENTE CONDIZIONATO

Ultimi esperimenti hanno a che fare con le influenze del nostro sistema sensoriale e quelle che per noi è assolutamente una cosa
oggettiva, ovvero il gusto: qui entrano in gioco i colori.

Soluzioni colorate (con colori inodori e insapori, esempio coloranti), vengono percepiti più fortemente odorose di quelle incolore
anche se effettivamente è uguale, c’è solo il colorante. Si usano dei colori per potere persuadere l’interlocutore facendo credere
che è più ricco di zuccheri/frutta.

In una pubblicazione si è preso un liquido e si è fatto asaggiare un liquido dicendo loro “attenzione questo è un liquido molto
amaro, ditemelo”, loro lo assaggiano ed effettivamente lo confermano. Con risonanza magnetica quando loro bevono un qualcosa
che pensano sia amaro, si è scoperto che si attiva l’insula in maniera significativa. Se io però lo faccio assaggiare dicendo “assaggialo
ora, ma ora però è meno amaro rispetto a prima” ma è uguale, le persone non solo dicono che è meno amaro, ma l’insula si attiva
meno. Quindi anche sapere qualcosa per messaggio rispetto ad un qualcosa mi fa percepire diversamente quella cosa.

Un’etichetta tendente al giallo/verde fa percepire una birra al limone più limonosa della stessa birra presentata da un’etichetta
rossa/marrone.

Ora si capisce questo cambiamento della Seven Up, si è passtao da un verde inteso, ad un verde più chiaro quasi tendente al giallo
aggiungendoci anche un limone. + incassi di vendita in questo modo. L’aumento del 15r% per colore giallo della lettina fa percepire
questa bibita più gradevole e limonosa.
Lo swtesso tipo di caffe assaggiato in una tazza di ceramica blu, trasparente, bianche fa percepire diversamente il apore, nella blu il
caffe è più dolce, con la tazza bianca l’aroma/amarezza/qualità superiore, ma tutti quanti preferiscono avere la tazza blu.

La mouse al cioccolato su un piatto bianco viene percepita più dolce/piuù profumata/più gradevole di una messa su un piatto nero.

Colori che servono anche a far mangiare di più per coloro che hanno particolare sofferenze, esempio per coloro affetti da Alzheimer
che non mangiano troppo, MA se si crea un contrasto cromatico tra il piatto e il cibo loro tendenzialmente sono più spinti a
mangiare, c’è un aumento del consumo del cibo del 25% in più e del consumo dei prodotti liquidi di un 84% in più. Esempio il
merluzzo triste, se c’è lo mettono su un piatto blu, ci piace di più.

1% del cervello dedicato alla percezione del gusto. Gli esseri umani processano le immagini con una velocità 60,000 volte più
superiori rispetto a quanto impiegano a elaborare i testi scritti.

I COLORI INCIDONO SULLA PERCEZIONE DELLE COSE.

Esiste una dominanza visiva, ovvero perché noi vediamo questa influenza potente sulle nostre stimolazioni; il 50% delle cellule del
cervelle sono deputate alla visione, anche quindi il volto, ma anche su tutto il resto.

McGurk Effect: ci fa vedere come la stessa nota musicale viene eprcepita diversamente in base al labbiale che stiamo esprimendo.

h=p://brainrules.net/brain-rules-video

Conoscendo il nostro cervello ci fa un po’ di scherzi:

1. Dominanza visiva 
2. Subadditività  quando c’è un miss match tra odore e colore; a fronte di un colore che io mi aspetto, esempio orsa nello
yogurt alla fragola, ci trovo il colore giallo della vaniglia, in questo caso il match fa sì che il sistema olfattivo si attivi meno
e io percepisco meno gi odori e rinosco meno il profumo del prodotto. Odore fragola, ma colore è vaniglia, io non
riconoscerò la fragola perché c’è un errore tra colore e odore, quindi non sentirò la fragola.
3. Superaddittività  quando 2 sensi si rimpostano l’uno con l’altro perch èsono coerenti tra di loro; esempio un succo di
frutta alla fragola (rosso) e faccio sentire l’odore a delle persone ma senza far vedere loro il colore, io so che il senso
olfattivo si attiva senza aver visto i lcolore; ma se io faccio vedere ikl colore e il colore è coerente con la mia aspettativa
(quindi rosso) il sistema olfattivo si attiva molto molto di più e l’odore lo sento più forte, benchè l’odore non sia cambiare
Quindi creare coerenza tra colore e odore è un effetto di SUBADDITTIVITA’.
Le parole che sono coerenti con alcuni concetti/esperienze attesi, fanno sì che l’esoerienza venga vissuta in maniera
diversa. QuNDO 2 SENSI VANNO NELLA STESSA DIREZIONE, E UNO INFLUENZA L’ALTRO IN TERMINI POSITIVI, QUANDO
C’E UNA COERENZA TRA ODORE E COLORE, L’ODORE VERRA’ PERCEPITO MAGGIORMENTE. Sento odore yogurt fragola e
poi vedo colore rosa, lo sentirò di più l’odore.

Il sistema olfattivo è molto complesso e viene viziato da come percepiamo le cose e dall’in fluenza che possono avere stimolazioni
diversa. I sensi si influenzano tra di loro. La persuasione racconta esperienze facendo percepire diversamente le stimolazioni.
Quinta lezione: 14/03/2023: anche con Mara

Quello che noi percepiamo non consiste con la realtà dei fatti, il sistema cerebrale ricostruisce quello che i nostri sensi hanno
percepito, questi sono i meccanismi del cervello.

Il nostro sistema è molto automatizzato. Il sistema limbico (emozioni) si attiva prima, la corteccia cerebrale sembra attivarsi in un
secondo momento.

“Lo zio di Paperino ha 3 nipoti, Qui Quo e?” , il nostro modo di decidere può essere razionale, quindi ioca sulla riflessione, o
istintivo.

Daniel Kahneman uno dei più grandi studiosi del funzionamento cerebrale, vincerà un premio Nobel per l’economia nel 2002, e ci
dice che noi quando decidiamo o scegliamo un procedimento rapido ed istintivo/irrazionale oppure un procedimento un po’ meno
rapido ma più razionale e pensato/riflessivo.

Esiste un modo di rispondere istintivo ma questo ci porta a dei bias cognitivi giustificabilissimi, perché il nostro sistema cerebrale è
fortemente condizionato dal risparmio di energia – quindi è più propenso a dare queste tipo di risposte istintive, irrazionali e non
pensate piuttosto che fare ragionamenti e calcoli.

Teoria dell’utilità attesa: (1947) questa è la prima teoria che dice che tutte le volte che noi decidiamo sempre e comunque
facciamo calcoli matematici per ottenere il massimo guadagno, quindi secondo questa teoria sembra dirci che siamo sempre
razionali. (PER MASSIMIZZARE L’UTILITA’)

Molte volte quello che sembra essere una scelta che ci massimizza il guadagna in realtà non lo fa, se fosse vera questa teoria noi
non avremmo un Iphone/Samsung perché se cerchiamo di avere un telefono, un telefono può essere anche il più semplice; questo
perché noi vogliamo il massimo della potenza che poi utilizziamo al 10%, è questa la massimizzazione dell’utilità? Beh se la
massimizzazione dell’utilità è il nostro benessere personale magari ci sta, ma se è la funzionalità tecnica del prodotto magai no.

In realtà questa teoria dice che noi siamo molto matematici che secondo questa teoria noi cerchiamo di ottenere il massimo
possibile, anzi tendiamo a ottenere la massimizzazione dell’utilità attesa che corrisponde al valore dell’utilità di un risultato
ponderata per la probabilità di occorrenza = secondo questa teoria quando noi decidiamo, decidiamo facendo un calcolo di quanto
è il guadagno che otteniamo moltiplicandolo per la probabilità che abbiamo di ottenere veramente quel guadagno, quindi è una
formula matematica che dovremmo utilizzare. Detta così possiamo dire che la persuasione si base su facili calcoli matematici.

Esempio per come dovremmo ragionare con questa teoria: ipotizziamoci giocatori di azzardo e dobbiamo scegliere tra 2 giocate:

- 20% di probabilità di vincere 25 euro o niente


- 40% di probabilità di vincere 10 euro o niente

Come avrebbe risposto la teoria dell’utilità attesa?

L’utilità di A è 25 euro, qual è la probabilità di vincere 25 euro? 20%, l’utilità attesa quindi è data da 25x20% = 25x0,2 = 5

L’utilità di B è di 10 euro, qual è la probabilità di vincere 10 euro? 40%, l’utilità attesa quindi è data da 10x40% = 10x0,4 = 4

Quindi secondo questa teoria facendo questi calcoli riguardo alla probabilità di ottenere una vincita moltiplicata per il valore della
vincita, la risposta è A.
Di fronte a B che ci dice 40% di vincere 10 euro è molto più conveniente di A, quindi istintivamente il nostro cervello dice giochiamo
B, ma il nostro cervello con calcoli matematici ci dà risposta A.

IL SISTEMA DECISIONALE È FORTEMENTE CONDIZIONATO DA DUE MECCANISMI: UNO RAZIONALE/FATICOSO CHE FA CALCOLI
MATEMATICI E L’ALTRO CHE È MOLTO PIE’ ISTINTIVO.

Altro esempio: siamo dentro al Sali tabacchi e vediamo questa insegna della lotteria. Il primo dice che vinci 28 milioni di euro e
l’altro vinci 75 milioni di euro, entrambi i biglietti costano uguali, quindi cosa scelgo io? Ovvio il secondo. In realtà perché il
ragionamento sarebbe di chiedersi non solo qual è la vincita ma qual è la probabilità di poterla vincere. Noi possiamo vincere 28
milioni di euro ma la probabilità è di 0,000 (vedi seconda immagine) e stessa cosa per la vincita da 75 milioni di euro è do 0,000
(vedi immagine sotto). Istintivamente è più attraente e emotivamente più coinvolgente.

L’utilità è ciò che produce vantaggio e che rende minimo il dolore e massimo il piacere.

 Si bella teoria , però implica che il nostro cervello sia profondamente razione ed implica due cose:
1. Che il mio interlocutore abbia tutte le informazioni per poter decidere in maniera razionale
2. Che abbia anche la capacità di elaborare le informazioni e di fare calcoli matematici

Ma in realtà vediamo che così non è, molte volte non abbiamo tutte le informazioni a disposizione e anche quando ne avessimo
non ne abbiamo la capacità/voglia/forza/motivazione ad analizzare ogni elemento dell’informazione.

Questa teoria che si basa sulla perfetta informazione e sulla grande competenza crolla di fronte alla vita quotidiana.

Quando si parla di persuasione facciamo quindi riferimento alle decisioni, e abbiamo di fronte una descrizione del comportamento
decisionale che da una parte è normativo (dovrebbe essere secondo le norme, quindi secondo calcoli matematici) e una teoria
descrittiva (cioè quella che parte non da come deve essere il comportamento delle persone secondo principi normativi astratti ma
come in realtà si comportano le persone quotidianamente.  proprio da questa dicotomia nascono le tecniche di persuasione.

Per essere persuasivi non è necessario parlare alla parte razionale del cervello come se lui fosse abile e capace di fare calcoli
matematici ma bisogna giocare con la parte irrazionale ed emozionale, esempio nel gruppo di amici c’è gente che sembra
veramente convincente ma non per quello che dice ma per COME LO DICE.

La persuasione passa dalla piena consapevolezza che alcune teorie sulla decisione sono teorie un po’ falsate.

QUESTA IMMAGINE RAPPRESENtA UOMO RAZIONALE CHE UTILIZZA LA TEORIA DELL’UTILITA’ ATTESA PER DECIDERE:
Teoria della razionalità limitata: di Herbert Simon che già nel 1957 studiò i limiti della teoria dell’utilità attesa, lui mostrava come
noi non siamo razionali, noi siamo limitatamente razionali.  quando noi ci lasciamo convincere dagli altri non lo facciamo perché
abbiamo raccolto tutte le informazioni e fatto poi calcoli matematici, ci serviamo solo di poche informazioni per lasciarci convincere
o per decidere, esempio basta a volte che il modo in cui ci vengono raccontate sia buono, basta a volte anche che chi racconta
queste cose sia un personaggio famoso. Poche informazioni anche superficiali per poter dire “va bene mi hai convinto”  questa
teoria lascia uno spazio enorme all’irrazionalità/emotività/istintività.

Simon 1978 Premio Nobel per l’economia diceva che noi non cerchiamo proprio tutte tutte tutte le informazioni per poter decidere,
non diamo tutte le informazioni, ma solo quelle che possono essere emotivamente coinvolgenti – lui parla di soluzioni
soddisfacIenti (mette insieme la parola soddisfacente con sufficiente), basta che qualcosa sia apparentemente soddisfacente per
essere sufficiente, esempio se un prodotto costa tanto vuol dire che è buono, se un ristorante è pieno di persone vuol dire che è
buono, quindi questo vuol dire che siamo dei grandi SEMPLIFICATORI.

Il mondo della persuasione è fatto poco di razionalità e molto di istintività, molto poco di teoria dell’utilità attesa (calcoli
matematici) e molto della teoria della razionalità limitata. E quando studiamo la comunicazione pubblicitaria andiamo a vedere
quello che emotivamente dice un messaggio, se è convincente o meno.

Nel 1981 due famosi autori Petty e Cacioppo hanno sviluppato un modello che si chiama Teoria dell’elaborazione delle
informazioni/modello della probabilità dell’elaborazione  dice che se le motivazioni delle persone è molto alta e se le abilità
cognitive delle persone sono molto alte allora per potere decidere usano un percorso razionale (percorso centrale), MA se la
motivazione è bassa e anche le abilità cognitive lo sono allora per potere decidere usano un percorso basato sulle emozioni
(percorso periferico).

Esistono due percorsi, uno razionale (teoria dell’utilità attesa, calcoli matematici, probabilità x il valore) e altro periferico
(emozione).

A parte gli esperti che sono motivati a capire o andrebbero a guardare gli ingredienti, gli altri si servono di percorsi periferici per
decidere, il colore del packaging è già un indicatore potentissimo per decidere.

Due grandi percorsi nel sistema decisionale:

- Razionale – tutte le informazioni, calcoli matematici


- Irrazionale – poche informazioni con forte connotazione emotiva

La terza teoria mette insieme entrambe le cose. (vedi penultima immagine)

--- Mara Bellati, si occupa di ricerca sull’efficacia della comunicazione


CASO DI UNO SPOT ISTITUZIONALI

Formaggi storici tradizionali del Sud Italia, il comparto lattiero caseario ha avuto un po’ di confusione.

Valorizzazione dei formaggi del Canestrum Casei – difficoltà che questi prodotti avevano la difficoltà nell’essere comunicati sul
mercato internazionale.

Packaging e logo – si è lavorato su questi due ambiti perchè carseggiavano

E si è partiti da campioni e stimoli alla cultura francese, il campione aveva 600 soggetti.

I 3 fattori analizzati:

- fattori legati alla territorialità


- la sicurezza percepita (prodotti con latte crudo) – era necessario dare sicurezza ai consumatori sulle materie prime
- intention to buy

I risultati hanno mostrato l’importanza della territorialità sottolineando quindi l’origine e la provenienza di questi prodotti,
associata ad una maggiore propensione di acquisto e percezione di sicurezza.

Questi due driver avevano un ruolo importante nell’acquisto di formaggi, importante il ruolo di comunicare elementi relativi alla
sicurezza alimentare attraverso l’espressione della territorialità.
Mentre le persone guardavano lo spot il packaging e il logo, avevano montato un elettroencefalogramma (cuffietta con sensori) che
andava a rilevare l’attività elettrica che viene prodotta dai nostri neuroni, in modo passiva si registra l’attivazione cerebrale e
attraverso il processamento dei dati possono essere calcoli gli indicatori emozionali o cognitivi nello specifico si sono concentrati su:

AWI = ci da un’indicazione in merito a quanto quello che vediamo ci piace o non ci piace, ci allontana o ci avvicina, più si attiva
l’emisfero prefrontale sinistro più questa cosa ci aggrada quindi ci avviciniamo. Valeza emotiva, in merito all’attivazione
emozionale.

Willingness to pay = indicatore che deriva tra un calcolo delle zone prefrontali del nostro cervello e ci dà una previsione neuro
cognitiva in merito a quanto sono disposto a spendere per quel packaging/prodotto.

Altro strumento è skin conductance = due anellini posti sull’indice e sul medio della persona che misurano la micro sudorazione
delle mani, è un indicatore fisiologico che ci dice qualcosa sullo stato di attivazione dal punto di vista emozionale, e ci comunica
come ci siamo sentiti dal punto di vista emozionale davanti allo stimolo. A volte viene anche utilizzato come altro indicatore
fisiologico il battito cardiaco.

Eye tracker = strumento che è in grado di mappare lo sguardo dei partecipanti per mettere in evidenza i punti di esplorazione, se
qualcosa viene osservato di più o meno.

Self report = valutazione razionale del vissuto, questionario.


Uno dei driver fondamentali era quello di legare la comunicazione ad una sensazione di sicurezza percepita nel prodotto.
Ulteriori consigli su come impostare il layout, altra lingua ecc.
Sesta lezione: 28/03 (il 21 il prof non c’era)

L’altra volta abbiamo parlato un po’ delle teorie sulle decisioni, perché quado si parla di persuasione/comunicazione/tecniche
persuasive si fa riferimento a come modificare le decisioni altrui. Nelle teorie sulle decisioni abbiamo citato 3 teorie:

- teoria dell’utilità attesa, teoria fortemente razionalizzante


- teoria della razionalità limitata, che dice che noi fondamentalmente quando decidiamo non facciamo tutti quei calcoli
matematici richiesti dalla teoria dell’utilità attesa ma ci serviamo di informazioni (quelle che reputiamo le più
soddisfacenti per poter decidere)
- teoria di Petty e Cacioppio, chiama teoria dell’elaborazione delle informazioni che ci dice che fondamentalmente esistono
due processi quando decidiamo, uno razionale che può essere supportato quando c’è una forte motivazione e un’elevata
abilità cognitiva, e uno periferico quando o la motivazione o l’abilità cognitiva o entrambe sono basse.

Lui diceva se la ragione che ti porta a pensare è l’emozione che ti porta ad agire = in poche parole noi essere umani, sì siamo spinti
dalla razionalità ma la dimensione emotiva è quella più potente in termini di capacità/muovere le masse/interlocutori. Il problema
però sta nel fatto che le emozioni non sono sempre state studiate come avremmo dovuto studiarle, e lo diceva Richard Davidson,
lui è l’autore di un libro che si intitola “La vita emotiva del cervello”, qui ci parla delle sue scoperte, lui ha scoperto la plasticità
cerebrale, non è vero che cresce fino ad una certa età e poi si ferma, È UNA STUPIDITA’.

Un articolo letto dal prof diceva che la maggiore potenza di sviluppo/la migliore potenzialità l’abbiamo a 48 mesi, degli studiosi
hanno dimostrato che un cervello di un bambino di 4 anni ha la maggiore potenzialità di sviluppo che si possa avere, ipotizzando un
bambino normali, soggetto a stimolazioni normali ecco; la quantità di sinapsi (collegamenti tra i vari neuroni nel cervello) è la
massima a 48 mesi, significa che mano a mano che il bimbo cresce i neuroni si organizzano in base all’esperienza e quelli che non
tendiamo a mantenere in attivazione tendono in qualche modo a deperire/scomparire, mentre appaiono tante altre connessioni. Il
nostro cervello è formato da tante associazioni di neuroni. Noi siamo nella migliore condizione per poter essere tutto il controllo di
tutto a 48 mesi, poi dipende dall’esperienza, però questo non significa che durante l’età adulta il nostro cervello non cresca, anzi
proprio Richard Davidson ha dimostrato che il nostro cervello continua a cambiare continuamente, ecco perché durante in età
avanzata gli anziani se si allenano a riflettere/giocare/fare cruciverba/avere interessi il cervello continua a crescere, ma appena gli
interessi vengono meno beh si ha una predisposizione alla demenza senile, Alzheimer.

Davidson è il papà scientifico di un autore Daniel Goleman che è famoso perché scrisse nel 1995 un libro chiamato “intelligenza
emotiva”, proprio qui per la prima volta qualcuno ha messo insieme questi due concetti, l’intelligenza con l’emozione. Due concetti
sempre considerati l’uno il contrario dell’altro; quindi sarebbe un ossimoro dire che siamo emotivamente intelligente ma in realtà
non è proprio così. Abbiamo visto proprio che la prima parte del nostro cervello che si attiva è proprio il sistema limbico, quindi
quello deputato alle emozioni, e soltanto dopo si attiva la parte più razionale del nostro cervello ovvero la corteccia cerebrale,
abbiamo citato Joseph LeDoux ovvero colui ha scoperto che la prima parte del cervello che si attiva è proprio il sistema limbico,
mentre la parte razionale, quella che ha a che fare con la corteccia cerebrale si attiva solo dopo 500 mille secondi che lo stimolo è
stato già digerito e che ha stimolato l’amygdala in 13 mille secondi.

Questo signore qui, Daniel Goleman è anche il capo all’università anche di Paul Ekman (Lie to me), in cui un grande esperto e
consulente della FBI riesce a riconoscere la menzogna degli intervistati guardando il volto delle persone, osservandone le micro
espressioni che sono direttamente collegate con il sistema limbico e che noi non possiamo controllare. Questo modello viene
utilizzato anche dalla magistratura in America per intercettare colui che mente o no. L’analisi delle micro espressioni non può
essere portata durante una trattazione giuridica, però durante la fase preliminare di indagine si può utilizzare il face rider, per
vedere quindi se l’intervistato sta mentendo o meno.

Richard Davidson è colui che ha scoperto la potenza della plasticità del cervello, ha scoperto che questo cambia continuamente e
lo ha misurato mettendo a confronto un cervello di una persona che vive la sua quotidianità nella normalità e di una persona che
invece vive la sua quotidianità in una maniera un po’ strana, come per esempio un monaco buddista. Lui ha pubblicato l’unico
paper/studio al mondo sulla differenza di cervello tra un monaco tibetano e un soggetto normale. Questa operazione fu stata fatta
con il Dalai Lama e anche con questo è stato difficile convincere i monaci tibetani a farsi analizzare con dei primordiali
encefalogramma, e ha dimostrato che i due cervelli pur pensando in maniera diversa producono strutture cerebrali completamente
diverse.

Quando si parla di decisioni, Richard Davidson è stato il primo a dire che è assurdo pensare che le emozioni sono un elemento di
disturbo delle decisioni, le emozioni non sono un elemento di disturbo, noi non siamo razionali noi siamo intelligenti grazie alle
emozioni, cioè riusciamo a riconoscere il vissuto degli altri grazie alla nostra sensibilità/empatia; ed è proprio questa empatia che ci
fa essere intelligenti nei confronti delle relazioni sociali. Quando comprendiamo gli altri, non li comprendiamo solo grazie alla
razionalità, ma anche grazie ad una forte carica empatica. E’ proprio grazie ai neuroni specchio che siamo empatici perché si
attivano quando una persona sta provando piacere oppure guarda una persona che sta provando piacere, tutto questo ha a che
fare con l’intelligenza emotiva.

Il vero problema per Davidson era che noi per tanti hanno abbiamo subito una forma di snobismo corticale, cioè lui dice che
eravamo talmente convinti di essere dei soggetti razionali che le aziende stesse alla fine hanno commesso un errore non
finanziando la ricerca sul sistema limbico. Occuparsi di emozione, dimostrandone la loro valenza di guida nelle decisioni e nei
processi “intelligenti”, fino a qualche decennio fa sarebbe stata un’azione donchisciottesca.  in poche parole lui voleva far notare
che le emozioni per molto tempo non sono mai state considerate al pari dei processi cognitivi, questo è contrario a qualsiasi studio
che dimostra quanto sia importante e potente l’emozione.

L’emozione serve:

- Per attirare l’attenzione


- Per migliorare il ricordo
- Per cambiare il comportamento
- Per persuadere
- Per intrattenere

E se noi prendiamo gli spot pubblicitari (analisi fatta su uno studio di 1400 spot pubblicitari) distinguendo quelli che hanno una forte
carica emotiva da coloro che hanno uno stile prettamente razionale da quelli che hanno avuto un sistema misto, beh si è visto che
tutti gli spot pubblicitari che usano potentemente le emozioni sono quelli che producono più cambiamento di comportamento;
allora vediamo come l’emozione non sia qualcosa di così banale o separata dalla decisione eppure per tanto tempo purtroppo
l’emozione è stata considerata non appartenente ai processi decisionali/cognitivi.

Una rivista che si intitola “Psicologia Cognitivista” nel 1968 diceva espressamente “la disciplina (l’emozione) non tratta dei fattori
dinamici come le emozioni”. L’emozioni sono fuori dall’ambito di ciò che è cognitivo – ma è sbagliato perché è proprio tramite le
emozioni riusciamo a capire meglio e a rappresentarci cognitivamente ciò che succede nel mondo e nelle persone che abbiamo di
fronte.

Esempio della fila: Dagli anni 70 in poi abbiamo raccolto una quantità infinita di studi/ricerca/sperimentazioni che dimostrano in
realtà che le emozioni hanno un ruolo fondamentale nelle decisioni, basta guarda studi sull’irrazionalità per scoprire quanto la
decisione e quella emozionale sono fortemente connesse tra di loro, pubblicazione fatta nel 2006 da dei ricercatori (Oberholder –
Gee)che si sono infilati lungo una lunghissima fila di persone che devono fare fotocopie e hanno voluto vedere una reazione
quando uno di questi provava a chiedere se era disponibile a lasciarlo passare avanti anche o con una banalissima giustificazione
(per fretta esempio), e la gente lo faceva passare avanti, la ricerca diventa poi più assurda perché si è cercato di misurare fino a che
punto la gente era disponibile a far passare avanti le persone quando questi erano disponibili a pagare 1/2/5 dollari, mano a mano
che la cifra aumentava l’accettazione aumentava dal 50 al 76%, ma la cosa più assurda è che dopo aver fatto passare la persona
davanti non si chiedevano i soldi che erano stati in qualche modo promessi, quindi siamo veramente irrazionali.

Quanto io/voi/il mondo è non stupido, prevedibilmente irrazionale – tanto irrazionale da non ottenere il max guadagno per sé
stessi con la minima spessa ma tanto da comportarsi in maniera del tutto irrazionale e del tutto strana.

Antonio Damasio, è anche un neurochirurgo, si è anche occupato di neoplasie cerebrali (quindi tumori cerebrali) è colui che citò
quella frase “noi non siamo macchine pensanti che si emozionano ma macchine emotive che pensano” – frasetta che propone un
profondo cambiamento di rotto/paradigma perché ci dice che non siamo razionali, noi siamo emozionali e poi giustifichiamo le cose
a posteriore. Ma come ha fatto a dimostrare questo? E’ un neuroscienziato un po’ strano ma pazzesco, e scrisse questo libro
“L’errore di Cartesio”, Cartesio fu quello che disse esiste Res cogitans e res extensa (pensiero e la materia – o meglio le decisioni e
le emozioni) il che sono completamente separate ma in realtà EQ (intelligenza emotiva) è un perfetto risultato di un bilanciamento
tra il lobo frontale (utilizziamo per decidere in maniera razionale facendo calcoli e pianificando) e il sistema limbico (centro delle
emozioni).
Lobo frontale che noi utilizziamo per pianificare e il
centro emozionale che è il sistema limbico.

Se i due sistemi non si parlano tra di loro, non sono connessi l’uno con l’altro, beh noi non siamo più intelligenti.

 MA COME HA FATTO ANTONIO DAMASIO A DIMOSTRARE QUESTO?? Lui tra i suoi pazienti, quindi quelli che opera che hanno un
tumore nella zona frontale, si accorge di una cosa strana, tutte le volte che si interrompe il collegamento tra la zona frontale e il
sistema limbico le persone non diventano stupide, ma non riescono più a prendere decisioni intelligenti – si decidono ma non ne
azzeccano una.

In realtà nel libro di Damasio, c’è il caso di Phineas Gage, era un operaio che lavorava in America nel periodo in cui le ferrovie
americane facevano la linea per far passare il treno, il suo compito delicato e preciso era quello di posizionare la polvere da sparo
all’interno di un foro nella roccia, mettere una quantità di sabbia sopra la polvere da sparo e poi fare esplodere il tutto facendo in
modo che l’esplosione si propagasse verso la roccia e non verso l’esterno. Per fare bene il suo mestiere si era fatto costruire una
barra pesante di ferro (6km, aveva un diametro di 3cm e un’altezza di 120cm) che serviva a pressare la sabbia sulla polvere da
sparo. Il 13 settembre del 1848 non si era accorto che la sabbia sopra la polvere da sparo era talmente insufficiente che già al primo
colpo ci fu una scintilla e l’esplosione, e da qui la tragedia, la barra entra nel suo zigomo attraversa il cranio ed esce completamente
dal suo cervello.
Quindi Antonio Damasio ha iniziato a studiare questo caso perché Gage non morì, fu subito creato, ma il danno fu grosso, la barra
era uscita portandosi via tutta la zona prefrontale del cervello, quindi quella che utilizziamo per decidere.

Il medico John Martyn Harlow lo curò e in 12 settimane riprese le normali attività di lavoro e di vita, rimane comunque il fatto che
una parte del cervello è saltata. Cage parla, cammina, mangia, fa quello che faceva con una piccola differenza ovvero non riesce più
a decidere in mnaiera corretta, è diventato irascibile, non riesce a controllare più le sue emozioni, è spesso rabbioso, è diventato un
animale, quando deve decidere decide in maniera razionale sbagliando tutto, quindi non ha più l’intelligenza emotiva.

Nel suo cervello si è interrotto il collegamento tra il sistema limbico e la corteccia prefrontale del cervello, giusto questo punto di
incontro, qui c’è proprio un punto chiamato corteccia cingolata che circonda il sistema limbico che mette in connessione il sistema
limbico con la corteccia prefrontale, l’interruzione di queste 2 aree ha fatto sì che lui non potesse più prendere delle corrette
decisioni.

La cosa che ha scoperto Damasio è che il caso Gage è molto simile ai casi che lui opera dove c’è l’interruzione tra queste due cose.
Nel suo paper (pubblicato su Science 1994) scrive espressamente “Il danneggiamento della corteccia orbito frontale, la porzione
mediale o la corteccia prefrontale ventromediale provoca un cambiamento nei processi decisionali”, le persone quindi non riescono
più a decidere.

Esperimenti di Damasio: Lui metteva di fronte al soggetto 4 mazzi di carte e il comportamento di una persona che ha avuto questo
tipo di interruzione (a causa di un tumore) è quello di girare la parte per poter vincere evitando di perdere ed evitando di perdere
danaro. In queste 4 carte ci sono 2 carte che fanno perdere tanto e 2 che non fanno perdere; il nostro soggetto tutte le volte che
gira la carta e vede la carta che fa perdere tanto non prova nessuna emozione, mentre un soggetto normale mentre rischia di
perdere tanto ha un’attivazione fisiologica molto alta, in più il nostro paziente non riesce a ricordare l’esperienza che ha appena
provato, così ogni volta continua a girare la carta sbagliata, non è quindi intelligente.

(visione video) interrompere questo collegamento è determinato per essere/non essere emotivamente intelligente.

PARADOSSO: Un treno procede spedito lungo i binari e sta correndo verso 5 persone sconosciute. Il treno ha un problema e non
può essere fermato. Cinque persone finirebbero per essere uccise se il treno continuasse la sua corsa. C’è un altro binario che puoi
utilizzare per deviare il treno. Alla fine di quel binario c’è un uomo che morirà se deciderai di cambiare il percorso del treno.
Cambieresti il binario? Quindi sacrifichiamo una persona per salvarne 5 oppure sacrifichiamo le 5 persone per salvarne 1?

La decisione più funzionale alla specie è quella di sacrificare la persona per salvarne 5.

ALTRO PARADOSSO: Un treno procede spedito lungo i binari e sta correndo verso 5 persone. Il treno ha un problema e non può
essere fermato, a meno che un uomo molto pesante non venga spinto sui binari. Vicino a te c’è un uomo molto grasso e l’unico
modo che hai di fermare il treno è quello di spingere l’uomo sui binari, uccidendolo per salvare cinque persone. Spingeresti l’uomo?

Entrambi gli scenari sono caratterizzati dallo stesso valore atteso: il decisore deve decidere se compiere un’azione che
provocherebbe in modo diretto la morte di un uomo al fine di salvare 5 vite. In caso contrario, la salvezza di una persona
comporterebbe la morte di 5.

Eppure, mentre la stragrande maggioranza delle persone ragiona in termini di costi-benefici quando si tratta di deviare il treno
lungo un binario dove c’è una sola persona, in pochissimi ritengono permissibile spingere un uomo sul binario. Questa è una
ulteriore dimostrazione che le persone non ragionano in termini «economici», ma sono guidate dalle emozioni nel prendere le
decisioni.

Nel primo caso è chiaro che si sceglie di cambiare binario ma è molto dolorosa, nel secondo caso è altrettanto dolorosa ma è
proprio immorale. 74% dicono si cambio leva e un 19% che lancerebbero la persona contro il treno.
Tutti i soggetti che hanno un danno nella zona prefrontale e che hanno una separazione tra la zona prefrontale e il sistema limbico
di fronte a questi dilemmi non si pongono problemi, non hanno questa sofferenza (in entrambi i casi), per lui è assolutamente
identico cambiare binario o lanciare la presenza, non c’è alcun effetto  quindi abbiamo capito qual è quell’area che ha a che fare
con il giudizio morale ovvero quell’area che mette insieme il sistema limbico con la zona prefrontale.

C’è uno studio che ha dimostrato che se il dilemma viene presentato in un’altra lingua che non è la lingua madre, ma un’altra
lingua su cui devi riflettere e pensare, le % cambiano in maniera significativa, nel secondo caso le percentuali passano dal 19% al
43%, quindi quando non è le nostra lingua madre le persone ritengono molto più permissibile l’idea di spingere l’uomo sul binario,
forse perché in questa fase stiamo riflettendo maggiormente/ci stiamo concentrando razionalmente sulle parole che perdiamo di
vista la dimensione morale ed emozionale dell’esperimento.

Charles Joseph Whitman il 1° agosto del 1966 poco dopo la mezzanotte uccise la madre strangolandola con un tubo di gomma e la
moglie con 5 coltellate mentre dormiva. Invece, nella tarda mattinata si recò all’Università del Texas e nei 96 successivi esplose 46
colpi di fucile, tutti a segno, causando la morte di 16 persone (tra cui un poliziotto centrato a 500 metri di distanza) e ferendone
altre 30.

La cosa interessante, non è solo che è stata la prima strage in un’università americana, ma è che lui stesso aveva fatto una sorta di
diagnosi riguardo al suo comportamento: “In questi giorni non riesco davvero a capirmi. Si presume che io sia un giovane uomo
mediamente ragionevole e intelligente. Tuttavia, ultimamente non posso ricordare quando tutto questo sia cominciato. Sono stato
vittima di molti pensieri irrazionali e insoliti. Dopo la mia morte desidero che sia condotto su di me un’autopsia per vedere se ci sia
qualsiasi visibile traccia di disturbo.”

L’autopsia poi fu fatta e che giusto nel punto esatto in cui c’è il collegamento tra la zona del sistema limbico e la corteccia
prefrontale lui aveva un tumore abbastanza importante, e nel frattempo era cresciuto interrompendo il collegamento. Non si
possono più prendere decisioni intelligenti senza mettere insieme il sistemo limbico con la corteccia prefrontale.

Daniel Kahneman uno dei primi premi Nobel per l’economia nel 2002, ne abbiamo già citato un altro Herbert Simon nel 1978 colui
che dice che siamo limitatamente razionali. Daniel è uno psicologo che si occupa di problematiche sanitarie, lui si ispira molto alla
teoria di Petty e Cacioppo e dice che esiste un sistema numero 1 per potere decidere e un sistema numero 2. Il numero 1 è
veloce/rapido istintivo e irrazionale quello che insomma avremmo chiamato con Petty e Cacioppo il sistema periferico, mentre il
sistema numero 2 quello lento/faticoso razionale ovvero quello che avremmo chiamato con Petty e Cacioppo il sistema centrale. La
cosa più interessante è che Daniel che scrive “Thinking fast and slow”, dice noi dal 50% al 95% delle decisioni che prendiamo
giornalmente le prendiamo con il sistema numero 1 che è inconscio/emozionale ed è rapido e per questo motivo gli hanno
assegnato il Premio Nobel nel 2002

PREMI NOBEL IMPORTANTI:

- 1978 HERBERT SIMON – teorico della razionalità limitata


- 2002 DANIEL KAHNEMAN – teorico della teoria del prospetto
- 2017 RICHARD ATHALER

 tutti e tre parlano la stessa lingua, ci dicono tutti e tre che alla fine siamo più emozionali che razionali, e la cosa che più inquieta
è che danno un po’ ragione anche a Richard Davidson in quanto abbiamo subito una sorta di snobismo corticale e che ogni 15/20
anni noi diamo il premio a qualcuno che ci ricordi che noi siamo più macchine emotive che pensano piuttosto che macchine
pensanti che si emozionano.

Settima lezione: 4/4/2023 con Mara Bellati

BIAS ED EURISTICHE COGNITIVE

Teorie di riferimento da cui si parte per arrivare a studiare questi meccanismi:

Tradizionalmente l’economia ha considerato l’essere umano come un PERFETTO DECISORE – durante il processo di decision making
l’uomo ricerca le informazioni necessarie, le prende, le analizza, valuta costi e benefici facendo un bilanciamento perfetto in modo
logico-matematico  output: decisione migliore, più conveniente proprio dal punto di vista più razionale.

MODELLO DELLA RAZIONALITA’ LIMITATA, idealizzata da Simon che nel 1978 vince il Nobel sull’economia, inserisce a questi
ragionamenti logici quasi matematici (come se fosse un computer) il ruolo della soggettività, inserendo quindi un modello cognitivo
e dinamico che prende in considerazione tutti i processi decisionali e fallaci che stanno alla presa della decisione – sì l’uomo è un
essere razionali ma ci sono dei fattori legati alla soggettività.

Da qui, l’economia e il marketing iniziano a riflettere su come utilizzare questo nuovo approccio per rendere più funzionale la
comunicazione, per essere più efficaci nel messaggio – RIDURRE LA COMPLESSITA’ CI AIUTA A PERSUADERE (a far prendere delle
decisioni)

Quindi, una primissima strategia che viene applicata quando abbiamo da confrontare per esempio piani di Netflix esempio è quello
di non sobbarcare l’acquirente, ma fornire una semplificazione anche grafica dove facilmente recupero le informazioni per poi
confrontare e poi prendere una decisione velocemente nel modo più semplice. – questo è il motivo in cui quasi tutti i motori di
ricerca puntano all’essere più semplice e facile possibile, in modo da confrontare più opzioni possibili.

Poi, arriva Davidson, il papa neuroscientifico di chi fa neuromarketing, che inserisce una nuova variabile e quindi ci parla delle
emozioni, che fino a lui erano viste un po’ come fattore confondente, ora finalmente vengono tenute in considerazioni, in quanto le
emozioni favoriscono le attività cognitive.

Le emozioni giocano un ruolo non solo nei comportamenti “impulsivi”, ma anche su quelle che consideriamo essere comportamenti
pianificati.

Si passa da non solo analizzare la corteccia, che è la parte più superficiale del nostro cervello e tradizionalmente responsabile di
tutti i processi logici razionali legati al linguaggio/sensorialità, ma anche la parte più centrale del nostro cervello, come il sistema
limbico e tutto ciò che ci sta dietro, legato alla nostra vita emozionale.

 Petty e Cacioppo ci parlano di come prendiamo le decisioni descrivendo un modello a due vie distinte, la prima via
chiamata via alta è quella che fa riferimento ad un percorso centrale, razionale. Laddove ho un’alta motivazione e delle
abilità cognitive/conoscenze alte attivo un percorso centrale, ci penso, raccolgo le info, mi informo per compiere la scelta.
Esempio, sto acquistando una macchina nuova, la motivazione è piuttosto alta perché devo spendere un bel po’ di soldi e
quindi è sicuramente attivato un percorso alto perché sto raccogliendo informazioni ecc.
Convive anche un percorso periferico legato ad una via bassa, laddove la motivazione è scarsa, l’abilità
cognitiva/conoscenze sono carenti, entrano in gioco tutte quelle che sono delle semplificazioni dal punto di vista
cognitiva.

Questi due tipi di percorsi coesistono, sono paralleli.

Il modello della probabilità di elaborazione ELM vede la persuasione come un processo intenzionale per cambiare atteggiamenti
che può avvenire attraverso due differenti vie: via centrale e via periferica.

La persuasione si inserisce in questo continuum.

Il percorso periferico sfrutta diverse euristiche. = Per rendere il processo intenzionale si possono sfruttare, conoscendole, alcune
euristiche/errori cognitivi che siamo portati tutti in modo naturale a mettere in atto.

La più salutare per tutti generalmente è quella gialla, per una serie di colori, immagini presenti sulla confezione. Se andiamo a
confrontare le etichette nonostante in una ci sia la componente cacao ecc, probabilmente dal punto di vista nutrizionale sono
uguali.
Per cui con l’avanzare delle neuroscienze Le Doux a metà degli anni 90 dice che la via bassa è legata ad una parte più primitiva del
nostro cervelle, quindi al sistema limbico e al talamo che è responsabile di una parte emotivo e solo successivamente la via alta
viene controllata dalla corteccia, la parte più superficiale e razionale.

Goleman (1995) con l’intelligenza emotiva, il fattore emotivo viene messo in relazione alla facoltà razionale per eccellenza ovvero
l’intelligenza. Sempre lui ci parla degli stili emotivi (tratti legati al nostro essere che riflettono differenze comportamenti ed
emozionali sia nelle relazioni che nelle prese di decisioni di tutti i giorni), che sono:

- Resilienza
- Prospettiva
- Intuizione sociale
- Auto consapevolezza
- Sensibilità al contesto
- Attenzione

Kahneman e Tversky (1974) per loro i processi decisionali sono determinati da errori e bias sistemici, con loro vi è la TEORIA DEL
PROSPETTO in contrapposizione processo razionalistico (uomo = computer), ma l’essere umano fortemente condizionato da
emozioni e prospettiva.  FRAME/EFFETTO FRAMING = prospettiva, la cornice può farci cambiare prospettiva, può farci modificare
la presa di decisione.

1. Il diletta della malattia asiatica – Il dilemma della febbre

Immaginiamo di essere in università negli Stati Uniti e dividiamo due gruppi di studenti per risolvere questo dilemma: sta arrivando
una nuova malattia, sono a rischio le vite di 600 persone.

Al primo gruppo è stato proposto quanto segue:

• Programma A: 200 persone si salvano

• Programma B: 1/3 di probabilità di salvare tutti, 2/3 di probabilità di non salvare nessuno

I programmi per il secondo gruppo:

• Programma C: 400 persone muoiono

• Programma D: 1/3 di probabilità che nessuno muoia, 2/3 di probabilità che muoiano tutti

Nel primo gruppo è stato scelto il programma A nel 72% dei casi e il programma B nel restante 28%; nel secondo gruppo la scelta
prioritaria (78%) è caduta sul programma D mentre il programma C è stato preferito solo nel restante 22% dei casi.

 sono la stessa cosa, cambia solo il focus, nel primo è il fatto che si salvano, nel secondo è su quello che si va a perdere

2. QUALE SCEGLI?

A. Su cento persone che si sottopongono alla cura 90 sono vive dopo 5 anni

B. Su cento persone che si sottopongono alla cura 10 sono decedute entro 5 anni

 stessa cosa, il focus è diverso, porre l’accento sulle conseguenze negative può avere un peso sulla scelta di una persona

3. Pagare 1 euro al giorno per un mese è meglio che pagare 30 euro per una t-shirt!

 Stessa cosa
DOVE CLICCHERESTI?

A. Le 10 regole per ottimizzare i tuoi consumi alimentari

B. Le 10 regole per risparmiare il 15% sullo scontrino al supermercato  Sfruttare l’avversione alle perdite per rendere il
messaggio più persuasivo

Ma cosa dicono le neuroscienze dell’effetto framing mentre lo viviamo? Mettendo i nostri decisori nella risonanza magnetica
funzionale per vedere le zone più profonde dell’encefalo, si attivano due parti del cervello, ovvero l’amigdala e la parte mediale e
orbitofrontale della corteccia.

Euristiche e bias:

- Sono scorciatoie ed errori che fanno parte del nostro sistema decisionale
- Ci aiutano a semplificare la realtà complessa a prendere delle scorciatoie mentali
- Decisioni in contesti di incertezza e limitate risorse individuali (TEMPO o INFORMAZIONI)
- Sono più di 220

Come essere persuasivi usando bias, euristiche e nudge? (NUDGE =

1. Il paradosso della troppa scelta: “non ho niente da mettermi”, quando ci troviamo di fronte a moltissime informazioni è
molto più difficile scegliere, non aiutiamo il nostro cervello, provoca uno stress forte.
2. Teoria della reattanza: esempio se si entra da Foot Locker, commerci che hanno un approccio alla vendita piuttosto attivo,
quasi insistenti, ti seguono sin da subito, questo può essere un rischio perché può scatenare un processo psicologico
chiamato reattanza, ovvero rifiuto
Invece l’esempio opposto è quello di Uniqlo dove hanno un approccio alla vendita diversissimo, il commesso è presente,
ma non insiste, non intervengono finché non si va a disturbarli che per alcuni può essere efficace, per altri funziona
meglio foot locker
3. Euristica della disponibilità: ci porta a fare delle valutazioni sulle informazioni disponibili su eventi passati, esempio si
avvicina pasquetta e per tutti gli anni per me a pasquetta piove, per cui la nostra mente associa eventi simili o che sono
più facili da richiamare alla memoria. Esempio è più pericoloso viaggiare in macchina o in aereo? Sicuramente molte
rispondono che l’aereo è più pericoloso perché in base alle esperienze quando cade un aereo cade e muoiono quasi tutti,
invece in base alle statistiche ci sono più incidenti con la macchina
4. Overconfience Bias o “già lo so”: è la tendenza a sopravvalutare la qualità delle proprie conoscenze e decisioni, è la stessa
cosa che capita quando sentiamo che un amico viene truffato da operatori telefonici “mamma mia, a me proprio non
capiterà mai”. Ci porta ad avere delle distorsioni delle nostre poi reali capacità, chi è più suscettibile a questi bias è quello
più probabile a commettere errori.
5. Confirmation Bias: ci porta a ricercare continuamente la conferma delle nostre idee, i social lo sfruttano molto bene,
esempio tutte le sponsorizzazioni legati agli algoritmi
6. Effetto Alone: è il passaggio di una caratteristica di persone su un prodotto, uso del testimonial
7. Ancoraggio: siamo al cinema, abbiamo un popcorn piccolo da 3.50 e uno grande da 7, c’è una grandissima differenza di
prezzo, magari rimango sul prezzo di quella piccola, se aggiungiamo una confezione media da 6.50; abbiamo molta fame,
quindi optiamo per il grande perché dal medio al grande ci sono solo 50 centesimi, aggiungendo il prezzo medio il
venditore ci ha ancorato ad un prezzo.

Qui l’ancora è la sbarra rossa che mi porta magari anche ad acquistarlo


Studio condotto dall’American Child Health Association

Un pediatra, il dottor A, deve visitare 400 bambini non ancora sottoposti a tonsillectomia e indicare per quanti di loro suggerirebbe
l’intervento. Il dottor A consiglia l’operazione per il 45% dei bambini.

Un secondo specialista, il dottor B, visita i bambini ai quali il dottor A non aveva suggerito l’operazione e ne giudica operabile il 46%

Dottor C visita i bambini che B non avrebbe so8oposto all’operazione e raccomanda la tonsillectomia nel 44% dei casi

Ogni pediatra è ancorato all’idea che circa il 50% ne ha bisogno! – è ancorato a questo magari per esperienza, per vissuto

8. Profezia che si autoavvera/Effetto Pigmalione: all’interno della scuola sottopongono dei bambini ad un test Harvard test
of Inflected Acquisition, un test totalmente inventato, segnalando agli insegnati alcuni bambini particolarmente dotati in
base al risultato del test, i nomi erano stati inventati; dopo alcuni mesi sono stati valutati i bambini in base ad un test vero
e i bambini segnalati maggiormente performanti sono anche quelli che effettivamente erano migliorati al secondo testo:
guarda caso sono quelli che sono stati stimolati/incentivati/spronati maggiormente dagli insegnanti, convinti che fossero
bravi – quindi sempre meglio circondarsi di persone che pensano che tu ce la possa fare, cosi sei spronato ed
effettivamente ce la fai.
9. Bandwagon effect/Effetto carrozzone: quando siamo all’estero e dobbiamo scegliere un ristorante in cui mangiare è
quello dove si dice “ma andiamo lì dove c’è gente e non in quello più vuoto”, è un effetto che viene molto sfruttato.
Pandora lo ha sfruttato molto bene quando non aveva ancora preso così tanto piede, perché pagava persone che si
mettevano in fila per creare una falsa fila proprio per incentivare questo meccanismo.
10. Effetto placebo/nocebo: profezia che si autoavvera, se pensi che una cosa ti faccia bene allora ti farà bene, se pensi che ti
faccia male, ti farà male, oppure con il colpo di freddo se mi dimentico la sciarpa è sicuro che mi verrà il mal di collo ed è
così. Dal punto di vista dei brand non è semplicissimo utilizzare questi effetti in paragone con i competitor, si tratta di
costruire un’identità specifica con il brand.
11. Avversione alla perdita: per cui al nostro cervello piace molto di più il guadagno e si prodiga molto per allontanarsi dalle
perdite, quindi forte motivazione al guadagno e forte motivazione a stare lontano dalle perdite. Per questo nel marketing
online/store viene spesso scritto “ultimi 2 pezzi disponibili”, “restano solo 2 camere”, vengono spesso usati questi
indicatori di scarsità.
12. Status quo: mantenere questo status, è molto più semplice dire di no per mantenere la situazione attuale piuttosto che
accettare la proposta, motivo per cui proprio quando un operatore telefonico mi chiama per propormi un’offerta più
vantaggiosa in ogni caso dico di no: quello che dovrebbe fare un venditore, per mitigare la mia decisione, potrebbe essere
non mettere in moto il principio di reattanza/rifiuto, mantenere una comunicazione in cui il decisore rimane l’utente
finale, non costringere l’utente al cambio, semplificare il processo di cambio rendendo tutto più facile possibile
13. Salienza: è quando un oggetto (o un suo dettaglio) passa ad avere più importanza rispetto al contesto in cui si trovano e di
conseguenza vengono subito identificati a livello visivo. (la prof con i capelli blu, si ricordano dei capelli e non del viso per
dire). Per quanto riguarda un brand quel dettaglio/specifico oggetto prende un’importanza totalizzante per cui tutto il
resto viene un po’ appiattito, alcuni brand lo hanno fatto e lo sanno fare molto bene, esempio Apple-mela, Coca-rosso.
14. Social proof: riprova sociale di condividere gusti e decisioni con gruppo di appartenenza. “A .. piace questo elemento”
15. Euristica dell’influenza: hai cercato un qualcosa, ecco nei giorni successivi vedrai sempre e solo quello, esempio hai
adocchiato un modello che mi piace, bene in giro vedrò quell’automobile ovunque; la nostra realtà è influenzata da ciò
che desideriamo in quel dato momento.
In un esperimento a due gruppi di persone è stato chiesto di riconoscere alcune parole mostrate su uno schermo per un
secondo. Le parole in questione erano: porta, torta, corta. Gli individui del primo gruppo hanno individuato le 3 parole
con una frequenza simile.
• Gli individui del secondo gruppo invece hanno individuato nell’80% dei casi esclusivamente la parola “torta”.
• La differenza tra i 2 gruppi? Il primo è stato sottoposto all’esperimento dopo pranzo, il secondo prima di pranzo

CONSAPEVOLEZZA E USO DEI BIAS:

- Mettere in discussione le certezze


Prestare attenzione all’euristica del passato
- Confronto e triangolazione
Valutazione e controllo dell’emotività
- Conoscere quali sono gli stimoli che attivano la parte più antica del cervello

A meno che non si stia puntando ad acquisti “mordi e fuggi”, i bias cognitivi sono solo una piccola parte del rapporto fra gli utenti e
un brand: è sempre necessario pensare alla relazione nel lungo termine, costruendo un valore crescente da parte di un marchio che
deve avere una relazione con il suo pubblico e con il mercato in generale.

Ottava lezione: 18/04/2023

Modello sulla persuasione sviluppato da un gruppo di francesi che vivono in America, loro sono fondatori di un’azienda che si
chiama Brain Cells (?), hanno sistematizzato le conoscenze di questi errori cognitivi i bias all’interno di un modello che se
opportunamente seguito ci permette di capire se la nostra comunicazione è persuasiva o meno, loro partono dal presupposto che
ci sono due riflessioni da fare quando si parla di persuasione, da una parte quello che si dice e dall’altra parte come lo si dice.

La tematica del come si dicono le cose è fondamentale, mette in piede tutto quel know-how, public speaking = molte volte è più
importante come si dicono le cose piuttosto della cosa vera e propria detta.

WHAT YOU SAY = pain, claim, gain

HOW YOU SAY IT = primal brain (visual and emotional message trigger the Primal Brain)

Tutta la comunicazione che ci arriva nel cervello la possiamo paragonare ad una fontana di acqua fresca che cade, sempre che non
facciamo in modo che arrivi alla parte più antica del cervello ecco perché ci occuperemo di questa parte del cervello.

Sto parlando alla parte più razionale del cervello, ho un’immagine


che deve essere capita

Sto parlando alla parte più antica del cervello, immagine abbastanza
potente dal punto di vista comunicativo, questa immagine parla al cervello primario che a sua volta influenza il cervello razionale.

Con lo stimolo visivo:

- Si è ottenuto una maggiore visualizzazione del 27%


- Più sollecitazione del 69%
- Più valenza emotiva del 100%
- Riducendo la distrazione del 25%

Abbiamo due cervelli:

CERVELLO PRIMARIO (parte più antica) CERVELLO RAZIONALE

- è veloce ma limitato - il secondo è lento ma molto abile (calcoli


- è molto vecchio matematici, riflette sulle cose)
- ha un’immediatezza delle esperienze (vuole - consuma energia tanta
tutto e subito) - è molto più recente, pensa al passato,
- è sempre attivo anche se dormite (perché ci fa presente e futuro (proiezione temporale)
respirare, perché ci fa sentire i rumori non - lo si deve accendere
usuali e quindi ci svegliamo) - ha a che fare con il pensiero
- ha a che fare con l’intuizione - ama la novità
- ama tutto ciò che è familiare, se devo - conscio
raccontare qualcosa a qualcuno cercherò di - lo possiamo controllare moderatamente
farlo facendo ricordargli qualcos’altro
- è inconscio/automatico
- lo controlliamo pochissimo
Quando noi utlizziamo le tecniche di neuromarketing utilizziamo una serie di strumenti che vanno a misurare l’attivazione del
cervello primario (analisi del battito cardiaco, la sudorazione, il movimento del volto ecc). Elettroencefalogramma non riesce ad
arrivare sotto, ci permette di arrivare alla parte più razionale.

COS’E CHE RENDE UN MESSSAGGIO PERSUASIVO UTILIZZANDO I DUE CERVELLI?

Sicuramente diventa molto persuasivo un messaggio quando crea un engagement razionale ed un engagement del cervello
primario, il primo ha a che fare con gli aspetti tecnici (COSA DIRE?), mentre l’attivazione del cervello primario rappresenta il COME
DIRE.

Noi sappiamo che esistono 6 grandi categorie di stimoli che se opportunamente giocate ci permettono di attivare quella parte più
antica del cervello, con piccoli trucci/strategie.

MA QUALI SONO? Questi trucchi funzionano perché il cervello primario ha delle peculiarità particolari.

Partiamo da un presupposto questi stimoli (6) funzionano bene perché il cervello primario:

- Rifiuta il dolore (non ama soffrire, non vuole fare calcoli, non vuole sprecare energia)
- Prende decisioni veloci
- Riduce lo sforzo cognitivo
- Ha poca memoria
- Confida sulla dominanza visiva
- Usa la neurochimica per decidere
- Ama le storie

Sono 6 grandi categorie di stimoli che se opportunamente giocati rendono il nostro messaggio persuasivo:

- PERSONALIZZAZIONE: tecnica più banale, dobbiamo personalizzarlo in base a chi ci sta ascoltando, per esempio vado in
un ristorante ed il proprietario mi riconosce e mi chiama per nome, ecco questa è una tecnica di personalizzazione perché
mi ha chiamato per nome, sa che lavoro faccio e magari mi dice “è arrivato un vino rosso buono, glielo faccio assaggiare”
perché sa anche la mia passione dei vini, ecco così lui è un gran venditore
La personalizzazione permette di valorizzazione ciò che conosciamo ovvero noi stessi
E’ la modalità più banale di personalizzare il messaggio, c’è un modo più complesso per coloro che sono più esperti, è un
aspetto sempre legato alla personalizzazione ma di un livello superiore cioè partendo dal presupposto che il nostro
cervello ama la semplificazione, non ama il dolore/non ama la minaccia, la prima cosa da fare è concentrarsi sul problema
del mio interlocutore, quindi non solo riconoscere per esempio come prima dal nome e cognome MA ANCHE provare ad
intercettare il suo vero pain/preoccupazione: tutti coloro che cercano di vendere un prodotto e prima di farlo si
concentrano sul prodotto e non sul problema del mio interlocutore SBAGLIANO, perché non mettono il focus
sull’interlocutore.
Esempio, ho preso un cane nuovo e vorrei assicurarlo, lui mi ha detto prima di presentare le soluzioni per assicurarlo “ti
può capitare questo e questo, non sia mai che ti capiti questo”  tecnica molto potente di persuasione, perché in primis
fai capire che stai ascoltando l’interlocutore, fa capire che sei in empatia con l’interlocutore, metti al primo a posto
l’interlocutore
Prima di fornire soluzioni bisogna sollevare il problema
Se tu ti concentri su quello che devi vendere e non sul problema dell’interlocutore non stai creando una relazione ma stai
creando una brochure.
La personalizzazione consiste proprio nel comunicare facendogli capire che siamo i primi ad aver compreso le sue
esigenze.
Esempio, Dominos Pizza quando ha lasciato il suo primo servizio non c’erano quei servizi che ti portano il cibo a casa e
quindi ha intercettato quelle che erano le preoccupazioni dell’interlocutore, ovvero quello di avere una pizza non fredda e
dopo averla prenotata telefonicamente. La soluzione di Dominos Pizza è stata quella di dire “ok ti regaliamo la pizza se
arriva con un ritardo di 30 minuti”
Altro esempio, quando si prende un taxi la preoccupazione è che non si faccia la strada giusta (quindi con molto traffico,
sbagli strada per fare quella più lunga ecc), questa è una preoccupazione infantile, irrazionale, inconscia che abbiamo
tutti. La soluzione è stata UBER per dire, che ti dice costi fissi (quanto ci metti per giungere a destinazione e quando arriva
il taxi) ancora prima di prenotare e se dovesse allungare sono affari suoi.
Il problema vero è quindi intercettare il pain dell’interlocutore e come si fa? Beh il mondo delle recensioni ci aiuta, ci
sono scritte molte cose che non vanno e molte che vanno, quindi già da qui si percepiscono le varie preoccupazioni.

Altro esempio, è un sito che poco pensa al mio interlocutore, perché come vediamo parla sempre di WE WE WE, bene il
sito stesso può essere abile a fare passare un messaggio di personalizzazione o meno.

 Trasformando il tutto in YOU, YOU, YOU (versione CUSTOMER-CENTRIC): ovvero mi concentro sul cliente.

Far capire che noi stiamo trattando un problema che è importante per il nostro interlocutore non è una banalità perché ci sono
studi che hanno dimostrato che se noi parliamo di qualcuno o facciamo parlare qualcuno, il cervello produce dopamina (ormone
della felicità), ecco perché si usa la tecnica più semplice della personalizzazione, che è quella di riconoscere il mio interlocutore
chiamandolo anche per nome, pensiamo alle bottiglie di Coca Coca e ai barattoli di Nutella. Alla fin fine riconoscere qualcosa come
proprio, è un riconoscimento anche del nostro narcisismo.

Nel campo degli studi sulla comunicazione e persuasione, cercare di individuare qual è il vero pain/problema delle persone non è
semplice, Ernest Dichter negli anni 60 diceva che per essere persuasivi con i messaggi pubblicitari dobbiamo andare al di là di
quello che le persone ci dichiarano, dobbiamo percepire quali sono i loro veri problemi, intercettando il vero pian abbiamo maggiori
informazioni/opportunità di essere persuasivi.

Alcuni suoi casi studiati, questo caso ha a che fare con una torta in America, un’azienda produce una torta finita/già pronta che
viene venduta in una grande catena di distribuzione. In questo punto vendita la casalinga americana poteva comprare gli
ingredienti per fare la torta, come avrebbe dovuto fare, la torta viene pensata progettata e sperimentata; il gruppo delle donne
coinvolte nella sperimentazione apprezzano tanto questa torta, perché dicono che è molto buona, packaging accattivante, prezzo
buono e che la possono comprare senza fare fatica; però questa torta non viene venduta tanto, non ha successo, perché? Perché
alimenta nelle donne il senso di colpa di non fare le cose, quindi qual è stata la soluzione? Aggiungere delle indicazioni nel
packaging di aggiungere zucchero a velo o qualche crema spalmabile in modo tale che quindi le casalinghe che la compravano non
avevano le mani vuote (erano inutili) ma dovevano fare comunque qualcosa per questa torta. Dichter per capire ciò si è servito di
alcuni strumenti, ovvero i test proiettivi che servivano per studiare quello che le persone avrebbero proiettato come storia vedendo
un’immagine (stimoli ambigui). Quello che fa però Dichter è cercare di studiare quello che le persone non dicono, cercando di
osservare i comportamenti delle persone.

Dichter ha cercato di risolvere la paura del volo con uno spot per American Airlines, scoprì che la paura non era di volare e morire,
ma di come sarebbe stata comunicata la morte alla famiglia (senso di colpa per la distanza…). L’obiettivo era contenere la paura di
morire volando, questa comunicazione non ebbe successo, perché studiando e andando al di la del dichiarato Dichter scoprì che il
vero problema non era la paura di volare e morire, ma di lasciare la paura scoperta, cioè il senso di colpa di aver lasciato la famiglia
a causa di una morte di aereo. Allora hanno cambiato completamente la comunicazione, anziché parlare di sicurezza dell’aereo
hanno parlato di velocità di rientro a casa, hanno trasformato quindi un punto di debolezza in un punto di forza.

BARBIE, Dichter contribuì al lancio della Barbie di Mattel, per Dichter la Barbie avrà successo perché l’immagine della bambola
come una modella affascinante rientrava nei desideri della madre di avere una figlia simile…attraente per li uomini. In maniera
subconscia il messaggio pubblicitario di Mattel era proprio questo, è impensabile che una mamma dica che vuole una figlia come
proprio la bambola, ma era quello il messaggio che ebbe un grande effetto sullo slancio della Barbie in America negli anni 60.

Altro elemento che ha a che fare con la personalizzazione e che rende il messaggio più persuasivo è il concetto di somiglianza*
secondo Robert Cialdini, noi amiamo coloro che ci assomigliano, perché il cervello primari ama la familiarità e perché coloro che ci
somigliano sono rassicuranti perché vorrebbe dire che non sono l’unica a fare/essere così. La somiglianza aiuta a migliorare la
relazione, cerchiamo spesso dei prodotti che ci assomigliano, la comunicazione funziona per cercare di esaltare certe somiglianze, la
Apple fece una pubblicità in cui dice che Apple è così, se tu vuoi assomigliare a questo più figo dell’altro, scegli Apple, ora invece
non c’è più questo tipo di pubblicità ora è più politically correct.

“Come tu mi vuoi” – film in cui si racconta una cosa interessante che ilo mondo del consumo diventa un mood per comunicare e chi
si è, c’è un passaggio in cui si vede lei che cerca di capire come le marche cercano di ricostruire l’identità, per dire se scegli Gucci
cerchi un determinato tipo di identità e così via. Le marche hanno creato in tutti questi anni un’immagine, che poi viene proiettata
su di noi e che noi utilizziamo per raccontare chi vogliamo essere. Come dice Baumann, uno dei più grandi sociologi dei consumi, il
tema dell’identità è un tema potentissimo e servirsi dei consumi/marche/del mondo della comunicazione è un tema molto
importante.  tutto questo c’entra con la personalizzazione perché i prodotti quando vengono scelti vengono scelti perché ci
somigliano oppure perché ci danno quello che non abbiamo.

Quindi a questo proposito abbiamo due approcci di personalizzazione legata all’identità, approccio complementare (scelgo il
prodotto che mi somiglia per raccontare agli altri come sono) e un approccio compensatorio (scelgo quello che non ho grazie ad un
prodotto che mi da ciò che non ho). Si tratta sempre di relazione con qualcosa e quindi con la possibilità di personalizzare il
messaggio in ogni caso.

Assomigliare agli altri* è una tecnica di persuasione molto potente, è una tecnica studiata già negli anni 70 (si è studiato tanto in
termini di persuasione, in generale dalla fine della 2GM molti studiosi provarono a capire tutti i meccanismi che stavano dietro
all’olocausto, molta della psicologia nasce per comprendere le dinamiche della guerra, molti psicologhi sociali scappati dal nazismo
si posero domande ovvero ma come è possibile che le persone si comportano così, quindi nacquero un sacco di studi sulla
propaganda militare/persuasione militare/persuasione autorità/somiglianza).

Esempio di somiglianza: Quando ci si veste come gli interlocutori, questi ci riconoscono e sono più gentili nei nostri confronti, per
esempio dei ricercatori fecero uno studio in un campus universitario chiedendo una moneta per telefonare, se erano vestiti da
hippie due volte su tre la ricevevano, se vestiti da ricercatori quasi sempre no. L’appartenenza ad uno stesso gruppo determina
specifici comportamenti. Se io ho di fronte un interlocutore che è vestito da hippie, ovvio che io avrò un modo di parlare diverso dal
solito cercando di raccontare le mie esperienze in merito al suo mondo da hippie, questa familiarità aiuta.

Altro esempio di somiglianza: Estraendo a caso due palline, rosse e blu, da un’urna i soggetti (non conoscenti) che ebbero la stessa
pallina donarono di più a coloro aventi lo stesso colore di pallina. L’avere estratto una pallina dello stesso colore li ha spinti a
collaborare maggiormente in un secondo momento. ASSURDO

THE STANFORD PRISON EXPERIMENT = “effetto Lucifero” / “The experiment “– film dove vengono invertiti i ruoli all’interno di un
carcere, prese un gruppo di ragazzi universitari e li divise in 2 gruppi, guardie e prigionieri, tutto questo x 14gg,
registrati/videosservati per capire come le dinamiche tra due gruppi si evolvevano. Questo produttore, psicologo sociale, Philip
Zimbardo divenne famoso non per la riuscita di questo esperimento sociale, bensì per il suo fallimento, dopo 6 giorni Zimbardo è
stato costretto a bloccare l’esperimento perché due gruppi separati, identificati come guardie e prigionieri, si sono andati a
scontrare in maniera troppo violenta da rischiare la vita degli studenti stessi, eppure erano compagni di classe, eppure l’idea di
essere divisi e di essere due ruoli ben differenti, si sono massacrati. Esperimento più famoso sulle dinamiche di gruppo e il più
assurdo perché si è dovuto intervenire.
C’è una ricerca che dimostra che l’essere esclusi da un gruppo provoca un dolore che nel cervello è comparabile al dolore fisico.
L’area del cervello che si attiva quando noi abbiamo un problema fisico è l’insula, ed è quella che si attiva quando abbiamo
un’esclusione da un gruppo. Noi possiamo distinguere le culture in culture molto collettiviste e quelle molto individualiste, la non
appartenenza ad un gruppo in una cultura collettivista è molto più attivante (?) di quella individualista; esempio cultura
cinese/giapponese/coreana sono culture molto collettiviste, la possibilità di non appartenere oppure per loro non essere stati in
grado di rispettare le aspettative nel gruppo di appartenenza è una colpa talmente profonda per un giapponese, esistono anche dei
fenomeni come il suicidio sociale. Italiano e americano = contesto individualista, chissene frega di questi comportamenti, quando
c’è un errore, la colpa non è nostra ma di un’altra persona che mi ha spinto a farla, chissene frega dell’appartenenza al gruppo.

Il nostro comportamento è sempre un mix di biologia e cultura e distinguerli l’uno dall’altro è impossibile, noi siamo biologicamente
predisposti in un determinato modo e culturalmente quelle abilità possono essere influenzate o meno. = LA BIOLOGIA CI DA LA
BASE, LA CULTURA/ESPERIENZA CI DA IL CARICO. Il cervello di un uomo nasce diverso da quello di una donna, quest’ultimo è molto
più multitasking biologicamente parlando, ma è l’esperienza che può far sì che questa predisposizione del cervello venga rafforzata
o attutita.

Se io voglio essere più persuasivo utilizzerò un linguaggio è coerente con il linguaggio usato con il mio interlocutore.  la
somiglianza paga.

Esperimento in cui hanno fatto credere ad un gruppo di persone che avevano un’impronta abbastanza simile, quando non si hanno
indicazioni sulle proprie impronti generalmente si collabora nel 48% dei casi, se invece si dice che l’impronta è uguale si collabora
nel 55%, se invece si dice che l’impronta è uguale e rara si collabora nell’82%.

…..

- CONTRASTO:

Altro esempio di contrasto, dove abbiamo 5 piani con 5 prezzi differenti, attenzione perché il colore rosso sotto come
sfondo per i prezzi più bassi non è casuale, questa cosa anzi ci spinge a non sceglierlo perché per noi il rosso è colore del
pericolo, quindi come se fosse un servizio non buono per noi, quindi questo colore fa passare
inconsapevolmente/irrazionalmente questo messaggio. Invece il verde speranza fa passare il messaggio opposto.
Quando noi abbiamo 3/5 alternative, quella centrale è quella che viene maggiormente scelta, perché ovviamente a pari di
disponibile il nostro cervello dice che la prima no magari fa schifo, invece l’ultima costa troppo, quindi dai scelgo quella di
mezzo. Ecco perché il 102 non è rosso sangue, ma neanche verde speranza e poi se ci facciamo caso, è leggermente più
grande e infatti è quella che viene più venduta.

Se io ho una pagina web tutta piena di quadrati appena ho una figura diversa tipo cerchio, so per certo che viene
guardato prima il cerchio e poi il quadrato. Stessa cosa con i colori. Noi quindi possiamo progettare
ambienti/relazioni/parole facendo in modo che ci sia sempre qualcosa di contrasto che sia particolarmente attrattivo.

L’EFFETTO VON RESTORFF (effetto stranezza), tutto ciò che è strano ci attira l’attenzione.

BIAS -ANCORAGGIO; qualcosa che ci mantiene fissi su un’idea, esempio un prodotto che costa 150 dollari, se voglio essere un
pochino più persuasivo su questo prodotto posso fare una piccola operazione tipo mettere un prezzo 500 sbarrato a 199 (non più
150) dollari, quindi il prezzo iniziale, infatti quel 500 diventa un’ancora che ci fa pensare che queste prima effettivamente
costassero 500 euro, e sono così conveniente da venire ora solo 150. Paradossalmente questo 199 sembra più conveniente di 150.
L’avere messo quell’ancora è potentissimo perché ci fa percepire molto più conveniente quel prodotto.  FUNZIONAMENTO DEI
SALDI.
DOMANDA: È più a nord Napoli o Bari? È più a est Trieste o Napoli? Bari è più a nord di Napoli e Napoli è più a est di Trieste.
Avremmo risposto tutti diversamente ovvero l’opposto, ma questo perché abbiamo degli ancoraggi, delle convinzioni.

Quando troviamo frasi “Non è necessario pagare 4500 dollari! Il nostro servizio parte con 2885!” – questa frase qui fa sì che noi ci
fissiamo con questa ancora a 4500, quindi tutto il resto sarà molto più conveniente.

Ancoraggio in generale sono le cifre 999,99 perché 599,00 ci fa pensare che non sia 600.

Cosi prendiamo 3. Così prendiamo 4.

EFFETTO ESCA CHE NASCE DAL CONTRASTO: Ipotizziamo di essere a fare la spesa, aver preso tutto e in prossimità delle casse e ci
siamo dimenticati di comprare il cioccolato per fare la torta, non vogliamo uscire dalla fila perché ne abbiamo fatta già 30min, e
quindi ci troviamo davanti 2 cioccolate uguali ma una costa 2 euro e una 4 euro, istintivamente cosa prendete? Generalmente quasi
tutti rispondono 2.

Ci troviamo in un altro supermercato, siamo alle casse, ma ci sono 3 prodotti, da 2,4, e 6 euro.

Appena abbiamo inserito 6 una buona parte dice di comprare 4, il meccanismo è che il cervello primario dice ma se c’è uno da 6
euro perché prendere quello da 2, quindi il primo che fa schifo, quindi preferisco il secondo.

Nona lezione: 2/05/2023

- TANGIBILITA’: il cervello riceve 11 milioni di bit al secondo, però ne può elaborare circa una 50ina, quanto più il cervello
viene aiutato con concretezza o tangibilità tanto meglio. Il cervello primitivo è sempre alla ricerca di ciò che è
familiare/amichevole, di ciò che si può riconoscere in fretta, di ciò che è semplice, concreto ed immutabile.
(immagine) Se si entra in un sito, esempio Group On, si nota che la tangibilità si esprime con tantissimi strumenti,
esempio l’immagine è potentissima (esempio prenotazione hotel, guardi solo le immagini), con la certezza del guadagno
del rispetto rappresentato non solo il termine di sconto ma anche in base a quello che ti rimane in tasca, con la scarsità
del tempo/coupon e infine abbiamo anche la certezza/tangibilità del guadagno e risparmio.

20 persone stanno guardando questa camera, ne restano solo 2 = sono frasi potentissime a livello persuasivo, perché
gioca sul meccanismo della SCARSITA’

La tangibilità si esprime anche con la possibilità virtuale di poter far mostrare le etichette di un gioiello, possibilità di
comprare occhiali, tu ti proietti gli occhiali per vedere come stai e per poter comprarli.

Si possono anche modificare le frasi per renderle più tangibili “weekend da sogni a prezzi incredibili” – qui non abbiamo
tangibilità, ma se diciamo invece “weekend da sogno a partire da 50 euro a coppia”  “weekend da sogno 3 giorni 2 notti
+ cena x 2 persone a partire da 50 euro a coppia” = TANGIBILISSIMO – infatti più si andava verso la concretezza/tangibilità
più cresceva l’interesse della persona ad acquistare questo pacchetto = il messaggio è sempre uguale al primo solo che
viene reso molto più chiaro spingendo il cervello primario a non sforzarsi più di tanto , poi per finire in bellezza visto che il
nostro cervello è legato alla famiglia mettiamoci anche un “cena ma bambino gratis fino a 6 anni”.

Il cervello è predisposto a risparmiare energia.

MEMORABILE: Il nostro cervello ha veramente poca memoria, il cervello ha solo 10Gb di memoria di lavoro. e allora tutto
ciò che fa aumentare e muovere la memoria aiuta/colpisce la persona, per esempio colpi di scena, la battuta, iniziare
sempre con una frase positiva/motto che faccia ridere. Nel campo della memorizzazione esistono frasi/parole ben precise
da utilizzare, esiste l’effetto primacy e l’effetto recency.  OVVERO SI TENDE SEMPRE A MEMORIZZARE I PRIMI E GLI
ULTIMI ELEMENTI, più è lunga la lista, più vige l’effetto recency, più breve è la lista più vige l’effetto primacy.

Se io sono un bravo venditore e voglio vendere, so che se la lista è lunga mi conviene che il prodotto che mi fa fare più
bella figura lo metto per ultimo, i prodotti più costosi lì metterò nel mezzo – visto che anche online funziona così
sappiamo così che tutto ciò che sta prima viene venduto 2.5 volte in più rispetto alle altre opzioni, benché siano simili

Nel 2007 Save The Children fece uno studio, ha voluto mettere a confronto l’effetto propulsivo che aveva nello spingere
persone a donare la storia di una bambina, Rokia, oppure i dati statistici delle morti in Africa oppure una via di mezzo. – la
narrazione di una bambina ben fatta ha un valore 100% di possibilità di ingaggiare e far sì che le persone donino qualcosa.

- VISIVO: Esistono oggi tanti meccanismi che ci permettono di migliorare la memorizzazione, per esempio la
musica/profumi/colori – Il cervello primario è visibile, ama le immagini, oltre il 50% del cervello è dedicato alla visione
invece 1% del cervello è dedicato alla perfezione del gusto, infatti la visibilità permette di facilitare i processi e creare
esperenzialità.

Il cervello umano elabora 60.000 volte più velocemente le immagini, il 90% delle stimolazioni al cervello sono visive.

Normalmente, si ricorda il 20% di ciò che si legge, il 10% di ciò che si sente e l’80% di ciò che si vede.

Basta pochissimo per osservare un volto che può darci fiducia o destarci sensazioni negative. Infatti siamo attratti dai visi,
se soprattutto gradevoli e simmetrici.

La bellezza del volto femminile: sopracciglia arcuate, occhi grandi, labbra carnose, visto stretto e mento fino sono
caratteristiche associate ad altruismo, capacità di allevare figli e attrattività sessuale.

La bellezza del volto di un bambino/a: sopracciglia arcuate, occhi gradi, labbra carnose e viso largo.
La bellezza del volto maschile: mento e fronte sporgenti, profilo della mandibola marcato, guance pronunciate,
spalle/gomiti/ginocchia possenti e squadrati  segni di virilità e aggressività.

I VOLTI HANNO UNA POTENZA EVOCATIVA ABNORME – RIFERIMENTO AI NEURONI SPECCHIO* (giù)

Le immagini devono essere al centro del campo visivo, usare volti, usare movimento e aumentare la dimensione per la
sua attrattività.

- EMOZIONALE: l’emotività ha a che fare con le emozioni, noi amiamo le storie narrativamente coinvolgenti, amiamo
l’empatia che sta in una narrazione

Se ci viene raccontato la storia dietro ad un’altra sono cose che piacciono da matti al cervello. Il nostro cervello ama
sentirsi raccontare storie empatiche.

Steve Jobs quando colpì e raccontò una storia però con un colpo di scena, ovvero presentarsi con la busta delle lettere
americane e dentro c’era il computer, il primo mc book air, altro esempio quando Bill Gates per dare il colpo di scena si
presentò ad una riunione sulla malaria con un barattolo pieno di zanzare che lasciò andare in giro per la sala appena
entrato  gli spettatori non se lo dimenticheranno mai.

Il nostro cervello ama le storie e quando le storie sono particolarmente empatiche, il nostro cervello produce ossitocina,
ovvero neurotrasmettitori potente, lo si conosce durante il parto però attenzione l’ossitocina la produce anche una
mamma che osserva il proprio bambino, il fidanzato che guarda la fidanzata = tutte le volte che si ha una reazione
positiva, il nostro cervello produce ossitocina e ci sentiamo anche meglio e disponibili agli altri. Uno studio ha provato a
spruzzare dell’ossitocina via nasale ad un gruppo di persone e ad un altro gruppo un effetto placebo, il risultato è stato
che quelli sotto effetto di ossitocina sono stati molto ma molto più disponibili a collaborare con gli altri dell’altro gruppo.

Una buona narrazione empatica ed emotiva produce nel cervello dei nostri spettatori ossitocina rendendo sia
convincente la nostra storia ma anche loro maggiormente disponibili a donare/comprare un prodotto.

C’è uno studio pubblicato su Plus One, il titolo è “l’ossitocina incrementa la generosità degli esseri umani”, che ha
dimostrato che dopo aver fatto vedere un video sulle malattie tumorali nei bambini i soggetti che decisero di donare di
più erano coloro a cui si era maggiormente prodotta una quantità di ossitocina nel cervello. L’attivazione della sostanza è
aumentata nel momento in cui nel video un padre inizia a raccontare al figlio il rischio legato alla malattia e inizia a
parlare e raccontare del loro periodo più critico.

Per essere convincenti quindi usare storie, l’uso della storia attiva la medesima parte del cervello del narratore, se il
narratore si emoziona, le persone che sentono la storia si emozionano nella stessa materia.

La capacità di comunicare in pubblico ha a che fare con la capacità anche di saper controllare le proprie emozioni.

Quando siamo presi dal panico/preoccupazione, ci concentriamo su di noi; problema perché poi aumenta il battito cardiaco, la
sudorazione delle mani e quindi la preoccupazione viene trasformata in panico; ci sono tecniche per abbassare il livello di ansia,
come quello di respirare con l’addome e non con le spalle, quindi respirare non con la parte alta dei polmoni ma quella bassa –
citare anche la propria difficoltà non è un elemento di debolezza, ma di forza.

Il nostro cervello si lascia condizionare dal modo in cui vengono presentate le cose (effetto framing), lavoro magnifico di DANIEL
KAHNEMAN.

NEUROMAPPA: valutazione di quanto questi 6 elementi sono presenti in un sito = la neuromappa ci permette di studiare quanto in
una comunicazione c’è di:

- Personalizzazione: non soltanto un riferimento al mio interlocutore ma anche l’intercettazione all’individuazione a quelli
che sono i pain/preoccupazioni del nostro interlocutore

- Contrasto: possibilità di comparare/confrontare/mettere a paragonare due cose


- Tangibilità: il nostro cervello ama le cose tangibili, dalla descrizione alla visione

- Visione: intensa come la potenza/dominanza visiva, il nostro cervello ha il 50% delle cellule deputate alla visione e solo
l’1% deputata al gusto e all’olfatto – potenza evocativa che hanno i NEURONI SPECCHIO*, si attivano quando una cosa la
faccio e quando una cosa la vedo fare, i neuroni hanno una potenza evocativa nel riconoscimento dell’emozioni altrui
particolarmente importante e rientrano in quell’elemento che ha a che fare con la dominanza visiva

- Memorabile: il nostro cervello ha pochissima memoria, per cui i colpi di scena/azioni che sono accompagnati anche da
oggetti di scena sono particolarmente funzionali/interessanti ed efficace

- Potenza evocativa della narrazione, dello story-telling empatico: che ha di produrre ossitocina nel cervello, uno dei
neurotrasmettitori più importanti studiati da Bolzac (professore americano), lui chiama questo neurotrasmettitore “la
molecola della fiducia”.

Sono 6 stimoli che se ben utilizzati, possono attivare la parte più antica del cervello, però tutto nasce da una serie di studi sulla
qualità degli studi fatti sulla persuasione in generale. Gli studi sulla comunicazione persuasiva cominciano in America ma anche in
Inghilterra, prevalentemente in America, questo perché la sua popolazione rimase turbata dalla potenza evocativa della
propaganda politica della 2gm; alcuni studiosi (di origine ebraica) sono stati costretti a fuggire dall’Europa per evitare di essere
deportati dai nazisti nei lager e per fuggire andarono molto in America e Inghilterra.

---

La neuromappa può basarsi anche sugli elementi di persuasione secondo ROBERT CIALDINI. Scrive uno dei libri più famosi a livello
internazionale, ovvero “Le armi della persuasione”, pubblicato in 26 lingue in cui lui sistematizza gli studi fatti sulla persuasione in
generale, libro pubblicato intorno agli anni 80 e oggi ripubblicato sotto un altro titolo “Pre-suasione” (2017) – qui ci parla anche del
modello neuroscientifico, ovvero della scoperta dell’irrazionalità/inconscio

Sei principi di base per essere persuasivi secondo Robert Cialdini:

- RECIPROCITÀ
- IMPEGNO E COERENZA: convincere qualcuno a fare qualcosa anche di piccolo per potere avere la garanzia che in un
futuro se gli chiedo qualcosa di più grande da fare si comporterà nella stessa maniera anche in un secondo momento,
proprio perché lo ha già fatto.
Esempio: quando si fanno corsi di formazione, all’inizio si chiede di scrivere gli obiettivi e di appenderli al muro e
discuterli, questa operazione diventa una pietra miliare che ha una potenza persuasiva importante perché mi sono già
esposto  se io riesco a far dire qualcosa pubblicamente è molto probabile che poi farà quello che io gli chiederò in
maniera più impegnativa.
Altro esempio: se io chiedo ad un gruppo di persone “sei collaborativo” e questo risponde sì e poi gli si chiede di
collaborare questo qui è molto probabile che lo farà.
Se si riesce a fare prendere un impegno (assumere una posizione, dire pubblicamente qualcosa), Si sarà preparato il
terreno per una condotta automatica e irriflessiva, coerente con quell'impegno iniziale. Una volta presa posizione,
c'è una tendenza naturale ad attenersi caparbiamente all'impegno.

C’è un esperimento fatto in America su questa storia del prendersi un impegno:


Siamo in un quartiere americano con casette, parco sistemato, allora Cialdini ha deciso di studiare e chiedere alle persone
di posizionare nel proprio giardino un cartello grande con la scritta “guida con attenzione” – la risposta è stata al 17% SI,
mentre poi è stato chiesto di mettere un cartello piccolo dietro la finestra – la risposta è stata all’inizio il 76% SI e
successivamente a questo 76% viene chiesto di mettere anche quello grande quindi il 30% accettò di mettere il cartello
grande (questo perché ormai diciamo avevano detto di “si” quindi si sentono quasi obbligati a dover mettere quello
grande avendo prima messo quello piccolo)

Quando noi chiediamo ad un gruppo di persone di partecipare ad una ricerca, bene il 30% accetta; ma se si riesce a creare
una prima relazione e si chiede alla persona e se questa è disponibile normalmente e questa risponde si, la percentuale
cresce dal 30% al 43%.

LA FORZA DEL “PIEDE DIETRO LA PORTA”:  un noto ristorante di Chicago stava affrontando un problema che affligge
tutti i ristoratori; ovvero la gente prenota e non si presenta, senza disdire.
Io posso utilizzare due tipi di frase: “perfavore mi chiami se cambia idea”, oppure porre una domanda “chiamerà se
cambia idea?” – la prima è molto passiva l’azione che viene chiesta alla persona, mentre nella seconda vi è un
coinvolgimento/mi richiede un impegno che io mi sono presa.

Se io voglio rendermi la vita difficile e chiedo ad una persona quanto si sente insoddisfatta, il ricordo dei fatti spiacevoli
aumenta del 37,5% rispetto a quando si chiede quanto si è soddisfatti. La prima frase crea un priming negativo.
Se si chiede ad un gruppo di persone se è disposta ad assaggiare una bibita senza prepararmi una relazione
prima/preparare il terreno la risposta è 33% SI, ma se prima faccio una serie di domande su quanto la persona è
avventurosa ecco il 33% passa al 75%.

Steven Sherman ha incrementato del 700% il numero di volontari disposti a bussare porta a porta per chiedere una
donazione benefica, anziché chiedere la disponibilità subito ha introdotto una fase precedente. Ponendo questa frase
come domanda: “Una domanda telefonica sulla perpetuale di persone che in genere rispondono a questa richiesta
positivamente offrendo supporto per 3 ore di volontariato” – ecco una volta risposta in maniera pubblica, una % molto
alta accetta.

In Texas Howard chiese ad un gruppo di persone se volessero fare del volontariato per una società di no profit per
vendere in casa propria biscotti per una buona causa, solo il 18% accettò, ma se prima veniva chiesto come si stessa
quella sera prima della domanda di richiesta di volontariato, su 120 persone contattate il 29% ha accettato

 Il modo di fare domande, incide sulla risposta. LA CHIAVE È L’IMPEGNO PRESO.

Spronare le persone a votare, telefonandole prima ricordando che a breve ci sarò la votazione/chiedendo se va a votare e
a che ora, e quindi se si ottiene una risposta positiva, è come l’esempio della prenotazione del ristorante, si sente
l’impegno che una persona si è assunta.

A 146 soggetti, a metà si è chiesto di immaginarsi nell’atto del voto e all’altra metà di vedersi dall’estero nell’atto del voto.
Tre settimane dopo le elezioni si è verificato che fosse andato realmente a votare, il 72% di chi era nel primo gruppo e il
90% di chi era nel secondo gruppo  vedersi votare dall’esterno.

Nella campagna di Obama sono state distribuite cartoline con la foto di Obama in cui si chiedeva di compilare con il
proprio nome e di firmare sotto la citazione “mi impegno a votare” – IMPEGNO E COERENZA

Si può chiedere quanto importante è per te essere un elettore oppure quanto è importante per te andare a votare, la
prima formula incrementa dell’11%il comportamento di voto.

LA DISSONANZA COGNITIVA DI FESTINGER: questa teoria nasce da una constatazione del senso comune, ovvero l’uomo
tende ad essere coerente con sé stesso nel modo di pensare e di agire; in quanto l’incoerenza genera stato di disagio
psicologico e dissonanza. La dissonanza è quel meccanismo che ci spinge a modificare non solo i nostri comportamenti
ma anche la percezione della realtà. Si cercano delle giustificazioni per poter riequilibrare questa dissonanza cognitiva.

Esempio: c’è qualcuno che fuma e sa perfettamente che il fumo provoca il cancro ma nonostante ciò continua a fumare;
allora il comportamento che viene agito a fumare è contrari alle informazioni che si hanno, questo disequilibrio i chiama
dissonanza cognitiva, c’è un atteggiamento/opinione e un comportamento che è completamente contrastante con
questo, quindi o modifichi il tuo comportamento smettendo di fumare oppure utilizzi una serie di meccanismi per creare
di nuovo alcuni equilibri per esempio si dice a se stessi “si mangiano così tante schifezze figuriamoci se una sigaretta mi fa
questo”.

Allora questa dissonanza cognitiva nell’impegno e coerenza come funziona? Se io mi impegno pubblicamente e visto che
saremmo in dissonanza se ci comportassimo in maniera diversa dall’impegno esplicitato, allora io metto in gioco il
comportamento che ho espresso oppure dico a me stesso “mi hanno costretto a dire quella frase”.

Festinger fece fare un esperimento molto noioso, il gruppo veniva diviso in 2 sottogruppi, che dovevano raccontare
questo esperimento a degli studenti che dovevano poi parteciparci e il compito di questi due gruppi era quello di
raccontare quanto interessante era l’esperimento, ma era super noioso. Ad un gruppo si è dato come rimborso per
convincere gli studenti 1 solo dollaro, all’altro gruppo si era dato 20 dollari; si è visto che il primo gruppo hanno innescato
un meccanismo di autoconvincimento che era veramente interessante perché c’era una dissonanza cognitiva, ovvero un
comportamento contrario all’esperienza realmente fatta, l’altra gruppo non subì la dissonanza cognitiva, in quanto non si
accorsero della noiosità effettiva dell’esperimento perché erano stati pagati e dicevano “mi stanno pagando” e quindi
posso dire qualcosa che è contrario a quello che penso.

NUDGE/PRIMING (spinta gentile): Uno degli esempi diventati ormai storici, risalente a molti anni prima degli studi di
Thaler, datato 1937. Parliamo di una compagnia petrolifera: Texaco. La domanda posta regolarmente dai benzinai ai
propri clienti durante il rifornimento era: “Oggi diamo una controllatina all’olio?”. Associando, tuttavia, la richiesta ad una
spesa per un’attività percepita come poco utile, facilmente immaginabile che la maggior parte delle risposte fosse
negativa. Fortunatamente, una geniale intuizione ha modificato la domanda in: “Oggi l’olio al livello giusto?”, la quale
sposta il focus dall’aspetto commerciale a quello della sicurezza dell’auto.

Carver et al fece un esperimento, secondo cui due gruppi dì soggetti dovevano usare 30 gruppi di parole per creare delle
frasi: un gruppo con parole che rimandavano alla gioia/felicità/ricchezza al secondo invece parole che rimandavano alla
povertà. Il loro compito era quello di scegliere una serie di prodotti condizionati da queste parole; il primo gruppo
condizionati dalle parole di successo mettendo a confronto delle calze Nike (da 5.25 dollari un paio) o sottomarche (da 6
dollari due paia) hanno comprato i prodotti Nike al 48%, mentre il secondo gruppo scelsero Nike solo al 19% -
CONDIZIONAMENTO CHE RIENTRA ALL’INTERNO DEL MECCANISMO IMPEGNO-COERENZA

Due gruppi di soggetti dovevano usare 30 gruppi di parole per creare delle frasi:
Un gruppo con parole che istigavano alla violenza. Un gruppo con parole neutre.
Dopo questa fase i soggetti parteciparono ad un compito in cui avrebbero dovuto dare delle scariche elettriche ad altri
soggetti (esperimento simile all’’es. Milgram). Il primo gruppo aumentò il grado di intensità delle scariche fino ad un 48%
in più rispetto al gruppo.

L’inserimento in un call center di un’immagine di successo (per esempio un corridore che taglia il traguardo) dopo tre ore
di turno di lavoro ha prodotto un miglioramento della performance degli operatori del 60%.

I rivenditori di auto non utilizzano la parola «usato» associata alla parola «usura» ma parlano di «precedenti proprietari»
espressione che rimanda al possesso e non all’usurato.

Nella vendita è meglio non usare termini come «prezzo» o «costo» ma investimento o acquisto, parole legate al
guadagno e non alla perdita.

In aereo è meglio dire Gate e non Terminal. La vostra Destinazione e non la destinazione finale. Meglio sempre evitare i
riferimenti impliciti alla morte.

La partecipazione dei giornalisti - 20 marzo 2003 – ha avuto un effetto positivo sulla narrazione. Fargli raccontare
la guerra li ha resi più «disponibili» ad accettare alcune azioni.
Il 93% degli articoli erano a favore dei soldati americani, prendendo il 71% delle prime pagine dei giornali.
L’inesistenza delle armi di distruzione di massa era citata solo nel 2%dei casi. Ciò dipende anche dalla richiesta
di occuparsi di elementi minori della guerra (la vita dei militari)

Fare descrivere le caratteristiche o semplicemente farne immaginare le caratteristiche di una macchina fotografica
della Canon aumenta la probabilità che venga acquistata. La probabilità si riduce se si fa riflettere sui vantaggi delle
altre marche. Chiedere un parere sembra una risposta necessaria per migliorare i servizi ma in realtà fare ricordare i
vantaggi aumenta la gradevolezza percepita dell’oggetto o della marca. Indurre a parlare bene di un servizio induce a
percepirlo migliore… questione di coerenza.

Sempre a proposito di coerenza, ci sono piccoli meccanismi che si possono adottare per spingere le persone ad avere una
percezione diversa della realtà.

Esempio; viene chiesto ad un gruppo di persone di valutare il curriculum di potenziali candidati e si è visto che quando il
selezionatore tiene in mano un computer pesante o un computer leggero paradossalmente la valutazione che viene fatta
è diversa; quando il computer è pesante, il curriculum viene riconosciuto come più ricco/affidabile rispetto a quanto il
computer è leggere; è come se la pesantezza del prodotto si proiettasse alla qualità del curriculum.

IMPEGNO-COERENZA ha a che fare con tutto ciò che ci permette di preparare il capo per ottenere un risultato
coerentemente con le parole utilizzate/le domande poste/le azioni che le facciamo fare. Sembra manipolazione, ma la
verità è che noi possiamo manipolare nessuno, possiamo solo far percepire loro diversamente le cose, cioè un prodotto
migliore rimane migliore come anche uno cattivo rimane cattivo; magari cambia come lo si vede utilizzando parole
migliori.

Decima lezione: 9/05/2023

- RIPROVA SOCIALE
- SIMPATIA
- AUTORITÀ
- SCARSITÀ

Potrebbero piacerti anche