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Italo Pentimalli
Nessuna delle informazioni riportate in questo libro può essere presa o interpretata come
volontà dell’autore di offrire consiglio medico o terapeutico.
In caso di patologie o difficoltà di qualsiasi tipo, sia fisiche sia psicologiche, consigliamo
di rivolgersi al proprio medico di fiducia.
Il le ore si assume la responsabilità dell’uso delle informazioni riportate in questo libro,
sollevando l’autore e l’editore da qualsiasi tipo di responsabilità, dire a o indire a, verso se
stessi o verso terzi.
Se sei qui, con gli occhi che seguono e leggono queste parole, hai già
fa o una serie di scelte, prova a pensarci.
Hai le o pochissime pagine dall’inizio di questo libro e si sta già
sviluppando un nuovo potenziale futuro.
Ora ti chiedo di prendere un’altra decisione.
Immagina questa scena.
È una giornata di pioggia intensa, stai guidando la tua auto per
andare al lavoro e passi davanti alla fermata dell’autobus.
Lì davanti, ad aspe are so o la pioggia, vedi tre persone: una
vecchie a, il tuo migliore amico (o la tua migliore amica) e poi lei (o
lui)… la persona dei tuoi sogni, quella che hai sempre cercato – e lo
capisci subito a livello profondo!
Cosa fai? Ti fermi e dai un passaggio a qualcuno dei tre o tiri
dri o?
Se ti fermi hai già fa o una prima scelta, e dopo ogni scelta, se ci
pensi, si evolve una nuova linea di futuro, già presente a livello
potenziale anche un momento prima che fosse compiuta.
Il problema è che la tua è una piccola utilitaria, quindi ha solo due
posti.
Puoi far salire con te solo una persona.
Allora, chi fai salire in macchina?
La vecchie a, il tuo migliore amico (o la tua migliore amica) o la
persona dei tuoi sogni?
Dietro alla risposta che hai dato, infa i, si cela un conce o molto
più profondo, un’influenza invisibile che ha determinato la tua
scelta.
Su questi microcondizionamenti, ovvero su come e perché i nostri
sensi influenzano la nostra mente, esistono numerosi esperimenti,
per esempio quelli della do oressa Thalma Lobel (psicologa di fama
che insegna alla School of Psychological Science dell’Università di
Tel Aviv), che rivelano aspe i sorprendenti su come funziona il
nostro cervello.
Forse ti sembrerà strano, ma davanti a una tazza di caffè bollente
siamo più propensi ad abbassare la guardia, seduti su una sedia
morbida siamo più aperti e flessibili ad acce are le richieste di chi ci
sta di fronte, una foto sca ata dal basso verso l’alto ci fa percepire la
persona ritra a più potente e ci me e in soggezione nei suoi
confronti, così come l’odore della menta ci rende più propensi
all’acquisto e dopo avere de o una bugia o nascosto qualcosa siamo
più inclini a decidere di lavarci le mani o farci una doccia (come per
lavarci la coscienza). 1
Alcune di queste cose ti sembreranno davvero molto strane, lo so,
ma è proprio così e ovviamente sono meccanismi che non si possono
scoprire con domande dire e (alle quali in pratica ognuno di noi
risponderebbe di no) ma sono rilevabili, appunto, tramite una serie
di test a volte apparentemente innocui.
Ma tornando al nostro test, ora che ti sei fa o coinvolgere
nell’esperimento e sei arrivato alla fine, ti chiederai: ho dato la
risposta giusta? La più appropriata? La migliore possibile?
La domanda da porsi, però, è un’altra.
p p
Esistono scelte giuste?
Questa è la domanda che dovresti porti: giusta rispe o… a che cosa?
Giusta rispe o ai tuoi riferimenti, direi. Allora quali sono i
riferimenti, e quindi le programmazioni mentali, rispe o ai quali tu
valuti tu e le tue scelte, le tue azioni, addiri ura la tua intera
esistenza?
Secondo questa logica tu e e tre le risposte sono “giuste o lecite” e
il tuo giudizio cambia secondo la programmazione che hai ricevuto.
Interessante, vero?
Luis Ángel Díaz, esperto in memorie cellulari e terapeuta di
kinesiologia applicata, dà una definizione chiarissima di ciò che
accade nella nostra mente quando dobbiamo prendere una
decisione:
La modalità della mente è di fare le cose “nel modo giusto”. Ho visto che molto
spesso preferiamo essere nel giusto piu osto che essere felici. Preferiamo essere nel
giusto piu osto che essere liberi. La programmazione della nostra mente ci dice
che c’è un solo modo corre o di fare le cose e, se crediamo in questa
programmazione senza porci mai questioni, questa continuerà a farci ritornare
sugli stessi passi. 2
✓ Anche le più piccole scelte che così spesso definiamo nostre, così
come la valutazione che diamo di noi stessi o riguardo alla
fa ibilità di un proge o, sono in realtà condizionate da influenze
invisibili, forze nascoste che plasmano il nostro comportamento.
Ciao Italo,
sono tornato da poco da un viaggio con la mia famiglia. Ma
cominciamo dall’inizio, vorrei essere conciso ma mi risulta difficile
esserlo senza riuscire a spiegare bene il tu o.
Intanto chi sono: mi chiamo Alessandro, ho 44 anni, sposato con
Barbara da 21 anni, con due figli di 18 e 16 anni, da quando avevo 20
anni lavoro nell’azienda di famiglia nel campo del turismo e
trasporto persone, entrato quasi per sbaglio dopo la maturità e il
servizio militare per dare un supporto e far andare avanti l’a ività in
seguito a un lu o molto importante.
Dopo questa breve presentazione, sorvolando tu i gli anni
intermedi, arriviamo a fine anno 2015, inizi 2016. Avevo 42 anni,
sposato con una donna eccezionale e con due figli altre anto
eccezionali (hanno preso tu o dalla mamma!), una buona situazione
economica, un’altre anto buona situazione di salute di tu a la
famiglia, ma… purtroppo ero tristissimo, quasi disperato! Tu mi
dirai “Perché?! Sei pazzo?! Sai quanti vorrebbero essere al tuo
posto?!”… Te lo spiego subito: il motivo è lo stress lavorativo. Il
lavoro in proprio che non è mai finito, 24 ore al giorno, i pensieri che
ti svegliano alla no e e non ti fanno più dormire, investimenti
continui per non restare mai indietro, il sistema che invece di
premiare chi cerca ancora di creare lavoro lo bastona con tasse,
normative assurde e burocrazia insensata che ti fa sentire sempre in
una condizione di inadeguatezza, mai a posto e sereno.
Sì, insomma, mi sembrava di vivere da prigioniero, condannato
per tu a la vita a essere risucchiato in questo vortice quotidiano
senza possibilità di uscirne.
Da questa situazione però ne volevo uscire, e ho quindi pensato
intanto di me ere in vendita degli appartamenti che non servivano,
ma in due anni non è arrivato alcun potenziale acquirente.
Poi mia moglie mi ha fa o conoscere PiùChePuoi, segnalato per
puro caso a lei da un conoscente.
Mi sono subito interessato, ho acquistato gli audio, poi il libro fino
ad arrivare ad aprile 2016 all’evento live Il Potere del Cervello
Quantico, dove, a Rimini, ho avuto il piacere di ascoltarti dal vivo.
Dopo il live ho continuato ad ascoltare gli audio, in particolare la
traccia “Coincidenze favorevoli” e a esercitare la coerenza del
Cervello Quantico. Mi sono convinto che qualcosa sarebbe potuto
cambiare, ho parlato con mia moglie e i miei figli e abbiamo deciso
di me ere in vendita anche l’azienda, cosa non semplice perché è
difficile da pubblicizzare senza rischiare un ritorno negativo, devi
pensare che comunque finché ce l’hai deve produrre e se si sparge in
giro la voce che vuoi vendere rischi di perdere clienti, quindi di
conseguenza può diventare sempre meno appetibile. Inizialmente
quindi è stato molto difficile cercare il sistema di vendere e
continuare a lavorare tenendo nascosta questa intenzione.
Poi, ad aprile 2017, ormai in uno stato psicologico alternante tra il
rassegnato e il fiducioso, ma sempre continuando con le
“Coincidenze favorevoli”, sono uscito allo scoperto con un collega
con il quale ho sempre avuto rapporti di collaborazione, gli ho
proposto di acquistare la mia azienda e lui ha acce ato praticamente
subito!
Così da se embre, portati a termine tu i i passaggi del caso, sono
finalmente libero! Eliminati tu i i pensieri, tornato leggero e
ritrovata la serenità e la voglia di godermi la vita!
Ma non è finita qui, ho parlato per caso con un conoscente di
quegli immobili che non riuscivo a vendere, sapevo che faceva il
designer d’interni ma non avevo idea che avesse da poco tempo
un’agenzia immobiliare, non ci crederai ma in pochi mesi mi ha
trovato degli acquirenti, cosa che non era riuscita a varie agenzie
immobiliari e a cartelli affissi su una strada di forte passaggio. Be’…
se non sono queste coincidenze favorevoli!
Ecco fa o, questo è il mio racconto, il racconto di come la mia vita
è cambiata quando è cambiato il mio approccio mentale a ciò che mi
accade intorno!
Grazie di tu o e a presto, spero.
Ma sopra u o, buona vita!
Livello 2
Lì fuori non c’è niente
Talmud
Di fronte a un bivio
«Secondo te cosa dovrei fare?»
Era un po’ che non ci vedevamo, e quella volta Amy mi stava
aggiornando sugli sviluppi della sua carriera lavorativa.
Era sempre stata una donna che porta i pantaloni, come dico io. La sua
invidiabile determinazione, unita alla grande professionalità, l’avevano
portata, in quel preciso momento della sua vita, davanti alla possibilità di
un importante avanzamento di carriera.
Era di fronte a un bivio! Da un lato aveva la possibilità di ricoprire un
incarico davvero prestigioso, di o enere quel risultato che aveva sempre
a eso come giusto riconoscimento del suo lavoro, dall’altro questo scenario
la me eva al cospe o di sfide che in quel momento le sembravano più grandi
di lei, responsabilità e cambiamenti che avrebbero riscri o le priorità della
sua sfera personale.
Avrebbe certamente guadagnato di più e avrebbe avuto più prestigio, ma
di contro sarebbe diminuito il tempo libero per fare le cose che amava e
sarebbero aumentate le responsabilità e lo stress legato al lavoro.
Questa indecisione, questo spazio fra due forze contrapposte in cui si era
venuta a trovare suo malgrado, le provocava non poca tensione, e una
sensazione di immobilità alla quale non era certamente abituata.
«Che ne pensi, Italo?» mi chiese dopo aver finito di spiegarmi quale fosse
la scelta davanti alla quale si trovava in quel momento.
Dopo la sua domanda rimasi qualche secondo in silenzio. Ogni giorno
affronti bivi che me ono alla prova la tua capacità di capire qual è la mossa
migliore per te nella realtà che ti circonda: da quando a raversi la strada e
guardi prima a destra o a sinistra, al percorso di studi che imbocchi, alle
scelte lavorative che ti possono cambiare il futuro. E ogni volta non sai mai
se quella che fai è la scelta giusta e quali conseguenze avrà.
La guardai dri a negli occhi e risposi: «Lì fuori non c’è niente, Amy…».
Sul suo viso per alcuni secondi restò scolpita un’espressione di stupore,
per poi trasformarsi velocemente in un lieve sorriso.
Sapeva che non era insolito ricevere da me quel tipo di risposte, ci era
abituata, e sapeva che andavano a parare sempre da qualche parte. Stavolta
però la mia risposta l’aveva davvero disorientata, perché evidentemente non
riusciva a capire cosa avessi in mente.
Il suo sorriso sembrava dirmi: “Ok, mi hai stupito con effe i speciali, e
adesso cos’hai in serbo?”.
Magari stava pensando: il solito enigmatico. Ma la sua curiosità
razionale era di certo ca urata e il suo sguardo, oltre il verbale, mi stava
dicendo: “Vai avanti, Italo, ti ascolto”.
2. Li organizza in un “modello”
• Ma la luce che vediamo è solo una parte dello “spe ro ele romagnetico”.
• Da qui, a raverso innumerevoli fibre nervose, l’immagine raggiunge il lobo occipitale del nostro
cervello.
1. LEGAMI
2. ABBRACCIATI
3. LEGATI
Cosa hai le o?
Cos’è un sasso?
Amy era stata ad ascoltarmi in un silenzio a ento e concentrato,
intervallando la sua espressione curiosa con piccoli cenni di assenso.
A questo punto del discorso però mi interruppe: «Ho capito, Italo, tu o
dipende dalla nostra mente! Ma per quanto tu abbia il gusto del paradosso,
le cose là fuori esistono eccome! Se io mi alzo e sba o contro quel masso»
disse indicandomi un grande sasso che era a pochi metri da noi, «quel masso
esiste eccome! Così come il dolore che proverò!».
«Mi hai fa o tornare in mente una storia Sufi» le risposi eludendo la sua
domanda provocatoria.
È la storia di un maestro che prese un sasso e lo posò davanti alla sua
allieva.
«Cos’è?» chiese il maestro.
«Un sasso» rispose l’allieva.
«Il violento» continuò il maestro «lo userebbe come arma per fare del
male.
«Il costru ore ne farebbe un ma one su cui edificare una ca edrale.
«Per il viaggiatore stanco sarebbe una sedia dove incontrare il riposo.
«L’artista scolpirebbe il volto della sua musa.
«Chi è distra o vi inciamperebbe.
«Il bambino ne farebbe un gioco.
«In tu i i casi, la differenza non la fa il sasso, ma l’uomo.
«Sei ancora convinta» concluse il maestro «che sia un sasso? Almeno
per come lo intendevi tu?»
Appena terminai di raccontare questa piccola storia, Amy replicò
divertita: «Ho capito, Italo, vuoi dirmi che io sarei quella distra a, allora?».
«Voglio dire che la differenza non la fa il sasso: la fai tu. Voglio dire,
Amy, che tu hai il controllo su tu o ciò che avviene dentro e fuori di te.»
Amy stava cominciando ad annoiarsi. I sofismi e tu o ciò che sfugge a
una razionalità immediata l’avevano sempre stancata. Se c’è una
cara eristica innegabile in lei è il pragmatismo.
«Resto comunque convinta che se mi alzassi e urtassi contro quel sasso
sentirei dolore!» disse.
«Certo, Amy» le risposi senza lasciare passare un a imo, «perché sei tu,
ma se fossi un masochista proveresti piacere. Quello che sto cercando di
dirti, Amy, è che le cose prendono senso nella testa di chi le riceve.»
Restò perplessa, quasi senza parole. Dopo qualche istante, con tono
lievemente seccato, mi guardò e concluse: «Ok, gran bel discorso il tuo,
Italo. Ma cosa c’entra tu o ciò con la decisione che devo prendere
nella mia vita?».
Si era fa o ormai tardi, l’indomani eravamo già d’accordo che ci
saremmo rivisti per un aperitivo visto che Amy restava in ci à per qualche
p p y p q
giorno.
Tirai fuori la biro dalla tasca, presi un foglio di carta, ci scrissi sopra due
domande e lo consegnai a Amy.
«Vorrei che per domani tu rispondessi a queste due domande» le dissi.
Livello 2
Punti essenziali
C’è una distesa di acqua davanti a te. Di cosa si tra a? (Scrivi almeno
5 possibilità.)
Ciao Italo,
a dicembre 2016 ho le o il tuo libro, Il Potere del Cervello Quantico,
poi ho comprato la PSQ (Programmazione Subliminale Quantica), a
febbraio 2017 ho preso parte al live di Milano e subito dopo mi sono
iscri a al percorso XP (Deva Experience).
In tu o questo tempo sono cambiata io, è cambiato il modo in cui
vedo le cose e ho cominciato ad amarmi.
Esercito la professione di fisioterapista, mi sono laureata nel 1996,
da alcuni anni sono libera professionista.
Fino al dicembre 2016 mi sentivo una fallita, in a esa che si
realizzasse il mio sogno, cioè che gli altri mi considerassero una
bravissima fisioterapista. Il giudizio negativo di mio padre
peggiorava la situazione. Poi durante le vacanze natalizie del 2016
ho cominciato a leggere e applicare le tecniche descri e nel tuo libro,
i conce i li conoscevo a livello interiore, ma mi mancava la capacità
di plasmare la realtà intorno a me come io voglio.
Quindi già a gennaio 2017 il “vento è cominciato a cambiare”,
sono stata conta ata da più pazienti. Poi con il live, la PSQ e il
percorso Deva le cose sono migliorate.
In quest’ultimo anno mi sono accorta che è cambiata la qualità del
mio lavoro, sono diventata molto più intuitiva e le mie mani sono
diventate più “sensibili”, è cambiato il modo in cui faccio i
tra amenti ai pazienti rispe o al passato, così sto risolvendo con
successo casi difficili e particolari, e comunque se le persone non
guariscono stanno decisamente meglio. Uno dei miei nuovi pazienti
è una bimba nata con plagiocefalia (aveva un dismorfismo cranico)
piu osto grave, infa i gli occhi e la rima della bocca erano
asimmetrici e l’occhio sinistro era molto storto e piccolo. I medici
dicevano ai genitori che non c’era alcun rimedio per far apparire la
testa e il viso della bimba “normali”. La pediatra di famiglia, invece,
suggerì alla madre della piccola di provare con me, e così, dopo un
lungo e difficile “percorso”, la bambina è guarita e appare con un
viso simmetrico, con gli occhi in “asse”. Il mio scopo principale è
sempre stato quello di fare del bene alle persone, per puro Amore
verso il prossimo, per questo ho scelto di esercitare questa
professione. Adesso mi sono ancora più resa conto dell’importanza
dell’onorario, fa ore economico che in passato consideravo meno,
perché Io per prima devo dare valore al mio lavoro perché lo diano
gli altri, e così ho cominciato ad aumentare, anche se di poco, la mia
parcella.
Il mio obie ivo è quello di essere una bravissima fisioterapista,
con un o imo guadagno, che mi consenta di godere della compagnia
di mio marito e di mia figlia, senza trascurarli, lavorando al massimo
5/6 ore al giorno dal lunedì al venerdì, di perme ermi anche gli sfizi
e di esercitare in uno studio, dove ci sia un’atmosfera positiva.
Durante la vita c’è sempre tempo e modo di cambiare. E voglio
passare questa convinzione anche ai miei figli, così per loro sarà più
facile iniziando da piccoli.
Grazie Italo, ti abbraccio e spero di avere il piacere un giorno di
poter parlare di persona con te.
Con affe o, stima e simpatia.
Livello 3
La tua mente ha un compito: dimostrarti che hai ragione
«Hai risposto alle domande che ti ho dato ieri?» chiesi a Amy mentre ci
sedevamo al tavolino di un bar il giorno dopo.
«Sì, Italo» rispose, «ho capito cosa volevi dire.»
«Non è quello che ti ho chiesto» le risposi, «ti ho chiesto se hai risposto a
quelle domande che ti ho scri o ieri sul foglie o di carta.»
«Non ho scri o le risposte» replicò Amy, «ma ci ho pensato. Alla fine è
uguale. E poi non ho avuto tempo, ieri sera era ormai tardi e oggi ho una
riunione importante, ma ho capito cosa volevi dire Italo, ho pensato alle
risposte, sì.»
«Vedi, Amy» dissi assumendo un’espressione seria, anche per me erla
un po’ in difficoltà, «tu non te ne sei resa conto, ma quello che hai appena
usato è proprio uno dei meccanismi mentali che fa in modo che le
esperienze che vivi confermino ciò che pensi.
«Si chiama giustificazione, o autogiustificazione.»
Amy mi interruppe quasi seccata: «Ora non vorrai mica tra armi come
una bambina che non ha fa o i compiti?».
«Non voglio dire questo Amy» continuai, «voglio solo dirti che hai fa o
una cosa molto comune: avevi un compito da eseguire, non lo hai fa o, e hai
inventato una storia, molto credibile per il tuo cervello, sul motivo per cui
non ci sei riuscita.
«Lo sai anche tu che ci volevano al massimo cinque minuti e non dirmi
che non avresti potuto trovare cinque minuti per una cosa importante, a
costo di svegliarti qualche minuto prima la ma ina.»
«Senti, Italo, ho dormito male, ho un meeting tra poco ed è un momento
in cui devo prendere una decisione cruciale! Ti pare il caso di farmi la
morale?!» mi rispose Amy con un misto di stanchezza e impazienza.
«Certo che no, Amy, lo sai che ti voglio bene come se fossi mia sorella!
Volevo solo farti capire quello che ti spiegavo ieri, cioè che la realtà là fuori
non è altro che la “proiezione” delle nostre esperienze, e che la tua mente
tende sempre a far combaciare i tuoi ragionamenti, le tue convinzioni, con
“la versione dei fa i” che ti sei data; questo meccanismo agisce in ogni
momento, anche nella tua reazione di stama ina.»
«E che c’entra il fa o che io non ho scri o le risposte a quelle domande,
scusa, Italo?» disse lei.
«C’entra, Amy, eccome. Almeno per due ragioni. Primo perché hai
appena visto in azione uno dei cinque fenomeni che ingannano la mente,
l’autogiustificazione, di cui ti parlerò tra poco. Secondo, perché fra il
credere di sapere una cosa, cioè farne esperienza solo mentalmente, e invece
farne esperienza nella realtà c’è una differenza enorme!»
Poiché Amy mi guardava con aria diffidente, feci un a imo di silenzio e
poi di punto in bianco le chiesi: «C’è un libro che ti ha cambiato la vita,
Amy?».
«Ma che c’entra, Italo? Salti da un discorso all’altro. E poi che paroloni
usi: cambiato la vita!»
«Non è una domanda banale, pensaci Amy» la incalzai con tono dolce.
«Mah, difficile indicare un libro che mi ha “cambiato la vita”. Ci sono
molti libri che sicuramente per me hanno fa o la differenza» rispose Amy.
«Per esempio, studiare alcuni tra ati sulla comunicazione ha avuto un
profondo impa o su come mi relaziono con gli altri e, nella mia professione,
è stato un grande valore aggiunto. Ma uno in particolare non so…»
Amy titubava e questo, lo sapevo, a una persona amante del controllo e
razionale come lei dava fastidio. Per uscire dall’impasse mi rilanciò la palla.
«E tu? Ce l’hai questo libro che ti ha cambiato la vita?»
«Sì» risposi senza esitare un a imo e spiazzandola.
p p
«Quale?» replicò lei stupita.
«È… il primo che ho messo in pratica, Amy!
«Per anni avevo le o libri sullo sviluppo del potenziale umano, ma un
giorno mi accorsi che di ciò che leggevo applicavo poco. La conoscenza è
inutile senza l’azione.
«Non basta sapere, quello è il primo livello.»
«E il secondo è me ere in pratica, certo!» replicò Amy con una punta di
sarcasmo. «Ma dai, ti facevo meno banale!»
«Non è banale quando si ha a che fare con lo sviluppo del potenziale
umano. Ho visto che la stragrande maggioranza delle persone tende a
fermarsi a questo primo livello: il sapere.
«Il saper fare è il livello successivo, ed è decisamente più determinante.
«Per tanti anni l’ho fa o anch’io, come ti dicevo. Se in quel libro c’era
scri o “rispondi per iscri o a queste domande” io non lo facevo,
pensavo alle risposte (forse), dicendomi che tanto era uguale,
giustificandomi con la curiosità di andare al capitolo successivo e poi
all’altro ancora e pensando che alla fine, forse, avrei risposto alle domande
che, in fondo, non erano così importanti (tanto io capivo uguale).
«In realtà, cimentarsi nel rispondere a delle domande o seguire delle
esercitazioni fa andare dire amente al secondo livello, quello esperienziale,
un livello che ha un impa o 1000 a 1 rispe o al solo leggere. E sai perché?
Perché ti “costringe” a esplicitare pensieri che sono solo latenti e impliciti
nella tua mente, e mentre ti me i in gioco e tiri fuori questi pensieri, ti
rendi conto di come la tua mente rielabori grazie ai suoi modelli
l’esperienza che stai facendo.
«Il livello esperienziale è fondamentale per vedere come agisce la tua
mente a tua insaputa, ed è per questo che ogni livello del mio libro è
completato da una serie di “punti chiave”.
«La mente agisce, ricordatelo, e devi me ere le mani in pasta nelle
conseguenze delle sue azioni per capire come controllarla!»
Aprì nuovamente il foglio di carta che le avevo consegnato la sera prima.
C’era scri o:
1. C’è una distesa d’acqua davanti a te. Di cosa si tra a? (Scrivi almeno
5 possibilità.)
2. Qual è la situazione più importante che stai vivendo in questo
momento? (Può essere un obie ivo da realizzare, una decisione
da prendere, un ostacolo da superare.)
3. Prova a me erti nei panni di altre persone, come la vedrebbero? Cosa
penserebbero una persona di cui ti fidi e una che consideri esperta di
quell’argomento?
Un caso reale
Personalmente mi sono ritrovato ad affrontare una grande varietà di
casistiche che avevano a che fare con esperienze di tipo sia personale
sia professionale.
Uno di questi casi riguarda una società che seguivo e che, a un
certo punto, si era resa conto che uno dei servizi che proponeva
sembrava non funzionare come da loro aspe ative.
Incaricarono dunque uno dei responsabili di quel servizio di fare
un’a enta analisi per individuare dove fosse il punto di blocco e
quali migliorie potessero essere apportate.
L’incaricato svolse alla perfezione il suo lavoro consegnando
qualche se imana dopo un report molto de agliato riguardante le
criticità e i punti di forza del servizio offerto.
Dopo un’a enta analisi dei dati che l’incaricato aveva trasmesso in
modo così preciso, il consiglio amministrativo decise che, proprio a
partire da essi, si evinceva che il costo operativo nel me ere le mani
a quel servizio superava di gran lunga il beneficio che avrebbe
portato. Decisero dunque di apportare delle piccole migliorie, solo ai
punti veramente cruciali, ma di lasciare praticamente inalterato il
cuore del servizio stesso.
Qualche mese dopo il manager di quell’azienda si rese conto che
alcuni dei dipendenti sembrava avessero perso motivazione nel
lavoro, e iniziò dunque una serie di colloqui per cercare di
comprenderne le ragioni.
Quando fu il turno del responsabile di quel proge o, il manager
scoprì una cosa che in qualche modo lo sconvolse: uno dei motivi
della perdita di motivazione che quell’uomo presentò era il fa o di
non sentirsi preso in considerazione. Come esempio usò proprio
quell’importante analisi che gli era stata commissionata qualche
mese prima e per la quale aveva investito così tanto tempo e così
tante risorse e che, secondo lui, non era stata apprezzata come lui si
sarebbe aspe ato.
Il manager restò allibito poiché, nella sua visione, era accaduto
completamente il contrario: i dati prodo i in modo così professionale
avevano permesso all’azienda di prendere una decisione importante,
calcolando i costi e i possibili benefici, aveva permesso di investire
dove i benefici sarebbero stati maggiori e di apportare solo piccole
modifiche nei proge i che comunque non avrebbero provocato un
aumento dei profi i.
Eppure per quell’uomo, per il responsabile di quel proge o, a
partire da quell’evento si erano innescate una serie di conseguenze
che gli avevano fa o perdere motivazione fino a spingerlo quasi
all’idea di un licenziamento per il riposizionamento in un’altra
società.
Ma come può essere che lo stesso evento possa avere provocato
due reazioni così diverse? E come è possibile che lo stesso evento
abbia dato il via a una serie di esperienze che con il tempo sono
riuscite a provocare una perdita di motivazione così importante?
Questo avviene fondamentalmente per due motivi:
Questo non è uno scioglilingua, vuol dire che è errato pensare che
i fa i esterni agiscano come causa dei nostri convincimenti interni,
ma sono le nostre convinzioni profonde e inconsce a valutare in
modo positivo o negativo i fa ori della realtà che ci circonda e a
determinare le nostre azioni.
Te lo spiego meglio con questa storia che può essere applicata a
qualunque ambito.
È la storia di due venditori di scarpe, rappresentanti di due
diverse aziende, che vengono inviati in Africa per valutare la
possibilità di aprire dei punti vendita del loro marchio in un paese
africano.
Dopo alcuni giorni ciascun venditore chiama la sua azienda per
riferire l’analisi della situazione.
Il primo venditore dice al suo responsabile: niente da fare, qui le
scarpe non le usa quasi nessuno, tu i vanno con i sandali, rinunciamo,
sarebbe un pessimo investimento.
Il secondo venditore invece ha un’altra visione: qui c’è un mare di
possibilità, in pochi usano le scarpe, per il caldo, ma tu i usano i sandali,
vendiamo sandali e diventeremo ricchi!
Vedi cosa vuol dire che sono le convinzioni che provocano le
condizioni del nostro agire? E anche qui troviamo lo schema in tre fasi
che continuo a ripetere. Il dato della realtà è neutro (cioè, il fa o che
quasi nessuno usa le scarpe ma tu i usano i sandali). In qualche
modo il modello sogge ivo dei due venditori ha interpretato la realtà in
maniera completamente diversa fra loro. Di conseguenza, ha
plasmato la reazione di ognuno in modo talmente forte da far
prendere loro decisioni opposte e, da quel punto, esplorare due nuovi
possibili futuri.
Questa storia dimostra che la percezione è un fenomeno talmente
a ivo che è in grado di plasmare le eralmente la realtà: non solo perché
proie a all’esterno ciò che credi ma perché, qualsiasi cosa venga
proie ata, tenderà ad avere sempre riscontro e influenzerà anche chi ti
circonda.
In poche parole, sai cosa significa?
1. ATTENZIONE SELETTIVA
pur essendo una macchina molto potente, il nostro cervello è in grado di portare
allo stato di coscienza solo alcune informazioni, quelle che riguardano
l’argomento su cui sei concentrato.
Solitamente, per far fare esperienza di questo semplice ma
potentissimo fenomeno, uso questo esperimento di osservazione
immediata.
Guarda l’immagine qui so o per qualche istante e conta quanti
pallini neri ci sono.
Fallo ora.
Fa o?
Bene, quanti sono quelli bianchi?
Probabilmente non lo sai, o comunque non sai dirlo con la stessa
precisione di quelli neri.
Come mai? Perché la tua a enzione era concentrata sui pallini neri.
2. MEMORIA SELETTIVA
3. I FALSI RICORDI
Non solo ciò che crediamo stia succedendo è invece una proiezione dei nostri
pensieri, ma meccanismi come l’attenzione, la memoria selettiva e i falsi ricordi
tenderanno a confermare sempre la validità di ciò che crediamo.
4. IL CORRETTORE AUTOMATICO
Correggere in tempo reale ciò che vedi e pensi, vuol dire che il tuo
cervello agisce un po’ come fa il “corre ore automatico” dei
programmi di videoscri ura sulla base del vocabolario e della
sintassi che hanno in memoria. Correggere le parole mentre le digiti
è possibile perché il programma ha una serie lunghissima di
istruzioni nella quale cerca di far rientrare le novità che non conosce.
Tu o questo spesso sbagliando, come ben sai.
Anche il tuo cervello funziona così, cerca di correggere visioni,
pensieri e interpretazioni, sulla base delle istruzioni del tuo
programma mentale. Lo fa di default, senza che tu lo comandi.
E sai perché? Uno dei motivi è perché il tuo cervello è
costantemente indaffarato a svolgere numerosissime funzioni,
dunque è se ato per fare le cose, giustamente, nel minor tempo
possibile. Gli bastano pochi de agli per capire di cosa stiamo parlando.
Guarda queste due semplici figure, le riconosci vero?
È COMNUE AEVRE
SEPCIE DI CORRTETORE
AUTOMTATICO CHE IT FA
5. LE AUTOGIUSTIFICAZIONI
I tunnel di realtà
Leggi questo “innocente” scambio di messaggini.
Cosa noti?
No, non è una banale gag comica che gioca sugli stereotipi di “lei”
romantica e “lui” insensibile. È un equivoco che può capitare a
chiunque in qualunque momento della giornata. E siccome sono fa i
irrilevanti, non ci soffermiamo mai a ragionare su cosa significano e
cosa ci rivelano riguardo a ciò che avviene dentro di noi. Ma è
proprio in questi momenti apparentemente insignificanti che si
vedono in azione i meccanismi che ti ho descri o fin qui.
Riconosci lo schema dell’autoinganno?
Fra tu e le interpretazioni alternative alla scena che “lui”
descrive, “lei” sceglie quella che più si ada a al pacche o di
informazioni depositato al suo interno e poi la proie a nella realtà.
Nei prossimi capitoli scopriremo insieme cosa si cela dietro a
questi modelli, e quali meccanismi li regolano (proverai sulla tua pelle
che è proprio così), intanto voglio farti capire che i tunnel di realtà
possono essere davvero potenti e avvolgere tu a la percezione di ciò
che vivi, addiri ura la tua stessa percezione corporea.
Leggi questa storia vera, avvenuta nel 2015.
La ventitreenne canadese Ada Guan era in volo per Tokyo, dove
aveva prenotato una vacanza con il fidanzato.
A un certo punto durante il volo inizia ad accusare forti dolori
addominali, viene portata in business class dove un medico che si
trova sullo stesso aereo la visita e scopre che… è in travaglio.
Sì, Ada aveva notato di aver messo su qualche chilo, ma aveva
anche fa o il test di gravidanza (risultato negativo) e mai si sarebbe
aspe ata di essere quindi incinta. Invece lo era e stava partorendo,
proprio lì, proprio su quel volo per Tokyo.
“Ma come è possibile non accorgersi di essere incinta?” ti starai
chiedendo. L’assenza del ciclo mestruale, la nausea, l’aumento di
peso. Eppure non è il primo caso del genere e non sarà neanche
l’ultimo, anzi, la le eratura medica è piena di casi analoghi. 7
La tv satellitare Sky tempo fa ha prodo o addiri ura una serie
che racconta questi strani scherzi della mente, “Non sapevo di essere
incinta”.
A causa di un mix tra i fenomeni che ti ho appena descri o e le
reazioni fisiologiche da essi sprigionate è possibile.
Sì, la mente è molto potente.
Un impa o profondo
Conosci il film Matrix? Pur essendo un film di fantascienza, ha solide
basi scientifiche, tanto da aver suscitato, all’epoca della sua uscita,
intensi diba iti filosofici sul rapporto fra mente-corpo e realtà.
Ricordi da chi è alimentato il gigantesco programma di simulazione
con cui le macchine fanno sognare gli umani? Proprio dall’a ività
ele rica e biochimica prodo a dai cervelli degli umani usati come
pile biologiche. E magari ricordi anche che Neo e i suoi amici,
quando erano “dentro la matrice”, trasme evano ogni reazione fisica
al corpo collegato a distanza – paure, piacere, dolore – al punto che
se nella simulazione neuronale credevano di morire il loro corpo
moriva davvero.
Di storie come questa, in cui la mente è così potente da
determinare lo stato di salute del corpo, è costellata anche la storia
della medicina, dalla quale il cinema ha preso spunto molte volte.
Oggi esistono, infa i, numerosi studi che confermano il potere della
mente sul corpo.
Pensa che quasi la metà dei pazienti con asma riferisce un
alleviamento dei sintomi dopo aver fa o ricorso a un inalatore che
credevano contenesse un farmaco (mentre in realtà non conteneva
nulla), 9 circa il 40% delle persone con mal di testa migliora la sua
situazione grazie al placebo (effe o per il quale una persona migliora
il proprio stato di salute credendo di assumere una sostanza con potere
curativo che invece non contiene nessun principio a ivo). 10 Sempre a
causa dell’effe o placebo, metà dei pazienti che soffrono di colite si
sente meglio 11 e più della metà dei pazienti che soffrono di ulcera
vede alleviati i propri sintomi. 12 Per quanto riguarda l’alleviamento
del dolore, numerosissimi studi sembrano indicare chiaramente che i
placebo risultano essere efficaci quasi quanto la morfina. 13 Per il
cervello, dunque, assumere una sostanza o credere di assumerla
sembra portare benefici molto simili.
Ma il potere della mente sul corpo è evidente non solo a raverso
la le ura dei numerosissimi studi sull’effe o placebo, forse lo è
ancora di più andando ad analizzare ricerche che avevano come
obie ivo proprio quello di verificare questa connessione mente-
corpo.
Una delle ricerche più importanti realizzate su larga scala è il
famoso studio Grant, 14 in cui tra il 1942 e il 1944 vennero selezionati
268 tra i più prome enti studenti dell’Università di Harvard,
considerati tra l’altro al top della salute fisica e mentale. Questi
studenti vennero monitorati da quel momento per il resto della loro
vita a raverso approfonditi controlli periodici.
Molti anni più tardi, il famoso psicologo Martin Seligman riprese
in mano i dati di quella ricerca scoprendo che all’età di 45 anni gli
studenti dello studio Grant che erano stati etiche ati come pessimisti
avevano iniziato ad ammalarsi prima e più gravemente degli o imisti.
All’età di 60 anni i pessimisti erano molto più malati.
Altre ricerche indicano come le persone dall’a eggiamento
positivo abbiano il 45% in meno di probabilità di morire entro un
certo periodo rispe o ai pessimisti (e addiri ura il 77% in meno di
morire per mala ia cardiaca) 15 e come un a eggiamento positivo abbia
anche il potere di tenere lontane le mala ie infe ive. 16
Una ricerca della psicologa di Harvard Laura Kubzansky, che per
dieci anni ha seguito e studiato 1300 uomini, ha evidenziato come il
tasso di mala ia cardiaca tra gli o imisti era la metà di quello tra i
pessimisti. Pensa, la differenza tra i due gruppi era notevole come
quella tra fumatori e non fumatori. 17
I risultati di queste e di moltissime altre ricerche confermano che i
nostri pensieri e in generale l’a eggiamento che abbiamo nei
confronti della vita hanno un impa o anche a livello fisico. Sebbene i
risultati di queste ricerche possano apparire strani, non c’è niente di
magico, sono reazioni biologiche. Il do or Walter Cannon, fisiologo
statunitense considerato il padre della psicosomatica (la branca della
medicina che pone il suo focus sulla correlazione fra impronta
psicologica e disturbo fisico), fu il primo a identificare nel corpo una
reazione di stress, anche nota come reazione fight or flight, lo a o fuggi
(reazione che vedremo in modo approfondito anche nel Livello 6 di
questo libro).
Si tra a di un meccanismo di sopravvivenza che si innesca quando il
cervello percepisce una minaccia. Se questa reazione viene innescata da
un pensiero o un’emozione (come la paura), il cervello invia segnali
che innalzano i livelli corporei di alcuni ormoni, fra i quali il
p q
cortisolo e l’adrenalina, che, con il tempo, potrebbero sovraccaricare
il corpo e causare sintomi fisici predisponendolo alla mala ia. 18
Sebbene i dati che ti ho presentato avranno sicuramente innalzato
il tuo livello di comprensione della potenza dei nostri pensieri anche
sul nostro corpo, lo farà di più sapere che questi fenomeni
avvengono anche in situazioni che potremmo considerare limite.
Il do or Bruce Moseley, un chirurgo ortopedico noto per un
particolare tipo di intervento rivolto alle persone affe e da
debilitanti dolori al ginocchio, escogitò un ingegnoso studio
controllato i cui risultati sono stati pubblicati nel 2002 sul “New
England Journal of Medicine”. 19 Cosa ideò il do or Bruce Moseley?
Un finto intervento chirurgico. Sì, hai capito bene. In pratica un
gruppo di pazienti riceveva l’intervento per cui Moseley era famoso,
mentre un secondo gruppo riceveva un intervento fi izio: i pazienti
di questo secondo gruppo venivano sedati, subivano tre incisioni
come nell’intervento autentico e vedevano sul monitor un intervento
preregistrato credendo che fosse il loro. Come ci si poteva aspe are,
una percentuale di pazienti che aveva ricevuto il vero intervento
guarì dal dolore al ginocchio, ma il dato scioccante fu che lo stesso
risultato venne o enuto dal gruppo della finta operazione chirurgica. A un
certo punto dell’esperimento, addiri ura, chi aveva subito
l’intervento finto provava meno dolore dell’altro gruppo,
probabilmente perché non doveva fare i conti con il trauma post-
operatorio.
Ma per alcuni aspe i ancora più significativa è l’ultima storia che
sto per raccontarti, riportata anche dal famoso biologo cellulare
Bruce Lipton nel suo libro La biologia delle credenze. La storia racconta
del do or Clifton Meador, che nel 1974 disse a un suo paziente di
nome Sam Londe che il cancro all’esofago di cui era affe o era
ritenuto fatale. Qualche se imana dopo che il do or Meador ebbe
riferito questa condanna a morte, il suo paziente, Sam Londe, morì.
Ma l’autopsia effe uata dopo la morte riservò ai medici una
sorpresa: il tumore era troppo piccolo e troppo circoscri o per avere
provocato la dipartita di Sam. Decenni dopo il do or Meador disse:
“È morto con il cancro, ma non di cancro. Io pensavo che lui avesse il
cancro. Lui pensava di avere il cancro. Tu i, intorno a lui, lo
pensavano. Forse, in qualche maniera, ho eliminato la speranza”. 20
Ora, non è assolutamente mia intenzione me ere bocca in un
campo che non mi compete e che, oltre a essere un campo minato,
potrebbe nascondere numerose sfacce ature, ma a questo punto, per
quello che ci riguarda, la domanda chiave è:
Amy mi guardava con l’ovale del viso appoggiato sulla mano, era
concentrata, come se il mio discorso l’avesse quasi portata in un’altra
dimensione in cui, iniziava a capire, era lei stessa a modellare le esperienze
che viveva.
Immaginavo che mentre sorseggiava la sua bevanda stesse pensando che
il suo sapore non fosse buono o ca ivo, ma fosse buono o ca ivo
semplicemente a partire dai suoi gusti.
Sono sicuro che, mentre mi guardava in silenzio, rifle esse sul fa o che
quella giornata non era né calda né fredda, la giornata era semplicemente la
giornata, ogni cosa è semplicemente ciò che è, e in tu o questo non c’è
niente di filosofico.
«Ho capito» disse a voce bassa come uscendo da quel momento di trance,
«tu o dipende dai miei pensieri, Italo. A seconda dei miei pensieri
percepisco le cose in un certo modo e, a seconda della mia percezione, decido
di fare o non fare determinate cose, di avere la possibilità di farle o di
non farle. Ogni risultato di ogni percezione, poi, manda anche un
messaggio biochimico ed ele rico al corpo, facendo diventare quel singolo
pensiero molto più potente di quanto io potessi immaginare. A questo punto
mi sembra chiaro che quella che considero realtà è piu osto, in qualche
modo, qualcosa di malleabile, sono io che la modello.»
Fece un a imo di silenzio.
«In poche parole» disse Amy, che aveva la tendenza a sintetizzare quello
che le raccontavo, «la mia mente è un creatore di realtà!»
«Esa amente, mia cara! Ma c’è qualcosa ancora di più» replicai facendo
un piccolo cenno di assenso. «Quei pensieri di cui parli, Amy, non sono
neanche tuoi.»
Livello 3
Punti essenziali
Ti viene in mente qualche episodio in cui hai vissuto almeno uno dei
5 fenomeni dell’autoinganno? (A enzione sele iva, memoria sele iva,
falsi ricordi, corre ore automatico, autogiustificazioni.)
KATHLEEN TAYLOR
CORTECCIA PREFRONTALE
Affidarsi alla forza di volontà, ovvero alla nostra parte cosciente, è dunque come
scendere in battaglia in 5… contro 95.
Il vero problema è che lotti contro decisioni che, ad altri livelli, sono già state
prese.
Ciò che pensi è solo il risultato di programmi che inconsciamente esegui. Pensi
che le tue decisioni siano decisioni “tue”. Che le tue valutazioni siano valutazioni
“tue”. Ma non c’è niente di più falso.
Le tue paure non sono paure tue. I tuoi presunti limiti non sono
limiti tuoi. Sono paure e limiti contenuti in quei pacche i di
informazioni che costituiscono i tuoi modelli.
Così come li hai acquisiti puoi liberartene e riscrivere nuove
informazioni, usando gli stessi meccanismi con i quali sono state
immesse.
Questa volta, però, a tuo vantaggio.
Per arrivare alla “matrice” del tuo pensiero origine, per riscrivere le
informazioni dei tuoi programmi ed essere tu a imprimere le scene
sulla pellicola del tuo film, devi capire come entrare nei tre spazi
sconosciuti della tua “mente” che corrispondono ai 3 strati
metaforici della pellicola:
Vieni con me, adesso, alla scoperta di questi tre spazi sconosciuti
della tua persona! Sta per aprirsi davanti a te un nuovo mondo di
possibilità.
Livello 4
Punti essenziali
✓ Le tue paure non sono paure tue. I tuoi presunti limiti non sono
limiti tuoi. I tuoi presunti blocchi non sono blocchi tuoi. Sono
paure, limiti e blocchi contenuti in quei pacche i di informazioni
che costituiscono i tuoi modelli. (Il cervello riceve segnali, li
organizza in un modello e li proie a nella realtà.)
✓ Nella pellicola risiede il codice segreto della tua mente, che può
essere immaginato e compreso in tre strati progressivi.
• Nel primo strato, quello più in superficie, c’è lo spazio
mentale.
• Nel secondo strato, quello di mezzo, c’è lo spazio emozionale.
• Nel terzo strato, quello più profondo, c’è lo spazio energetico.
a. Lo stato di coerenza è uno stato appreso durante il live Il Potere del Cervello Quantico, uno
stato in cui, secondo autorevoli studi, il nostro sistema lavora all’unisono e abbiamo
accesso a risorse profonde.
Livello 5
Lo spazio mentale
Siamo ciò che siamo in virtù di ciò che abbiamo imparato e che ricordiamo.
ERIC KANDEL
«E adesso cosa sarebbe questa storia dei tre livelli della pellicola?» mi chiese
Amy con un tono misto fra il provocatorio e il sarcastico.
«Hai presente la sensazione che ti resta dopo aver visto un bel film?» le
chiesi.
«In che senso…»
«Pensaci bene. Hai un livello di godimento “mentale”, dato dalle
immagini che hai visto, dall’interpretazione, dal realismo, dalla bellezza
della storia… Poi ti resta un piacere “emotivo”, che ti riesce più difficile
definire, e che ha a che fare con i sentimenti che ti ha lasciato quel film, che a
loro volta innescano emozioni profonde legate al tuo passato. Infine, c’è un
livello più ampio, energetico, che ti ricollega al tuo posto nell’ordine della
vita e del mondo, al senso del destino e delle infinite possibilità che ci offre la
vita e di cui la storia che hai visto era solo un assaggio. È un livello che ha
più a che fare con il significato…»
«Mmmm… sì, e quindi?» indagò Amy.
«Quindi, fuor di metafora, quando guardi il film della tua vita, dentro la
tua testa, avviene la stessa cosa. In termini di profondità, lo spazio mentale
è il primo strato che incontriamo della pellicola del film che stai
proie ando.»
«Ma che vuol dire essere nello spazio mentale?» scandì Amy. «E quando
sei nello spazio mentale?»
«Te lo dico io Amy, la risposta è praticamente sempre, a meno che tu non
compia precisi esercizi di consapevolezza per uscirne.
«Sei nello spazio mentale ogni volta in cui, consciamente o
inconsciamente:
dialoghi con te stesso (hai mai sentito quella specie di vocina dentro di
te? È una voce che appartiene allo spazio mentale, in gergo si chiama
self talk, dialogo interiore, ed è il fru o del chiacchiericcio della
mente);
sei focalizzato sul passato o sul futuro;
razionalizzi tu o e “rimugini” su quello che accade o è accaduto;
prendi decisioni in base alle esperienze pregresse (anche in questo caso
consciamente o inconsciamente);
infine, ogni volta in cui il tuo sforzo principale è capire.
La programmazione dire a
Durante tu a la nostra vita accumuliamo informazioni che definirei
istruzioni su come fare le cose. Acquisiamo le informazioni da svariate
fonti: dal nostro nucleo familiare, dalla scuola, dalle le ure ed
esperienze, e da tu e quelle persone che per qualsiasi motivo hanno
assunto un ruolo di riferimento, di guida.
Prova a pensare a un bimbo nei primi mesi della sua vita: non sa
fare nulla, e ogni giorno apprende azioni che lo aiuteranno a crescere
e a inserirsi nel mondo. Forse non ti sei mai fermato a pensarci, ma è
un processo meraviglioso. Dalle informazioni che riguardano le cose
più semplici si passa rapidamente ad azioni molto più complesse. Pensa
al gesto universale che tu i gli adulti fanno con i neonati, quando gli
dicono “Fai ciao ciao con la manina”! Questo gesto che tu ritieni così
elementare in realtà è molto complesso. Presuppone che il bambino
comprenda delle parole, le elabori in modo che quei suoni possano
assumere un senso compiuto e le traduca in un’azione. È una vera e
propria meraviglia, non ti pare?
Me iti nei panni di quel bimbo: credo che veda aprire la bocca
della persona davanti a lui e senta qualcosa del tipo “Auao ouarati
avanaini!”. Trado o: qualcosa di assolutamente insensato! Perché fino a
quel momento il bimbo non ha il programma mentale che traduce i
suoni in parole e le parole in significati. Eppure, giorno dopo giorno
il bimbo inizia a dare un senso a quelle parole (pensa che cosa difficile!)
e magari aiutato dal gesto che vede fare (il “ciao ciao” della manina
di chi sta dicendo “Auao ouarati avanaini!”) comprende il significato
della scena e successivamente passa all’azione (mandare un segnale
al braccino di alzarsi, alle dita della mano di aprirsi e di richiudersi e,
finalmente, di fare “ciao ciao” per la felicità di mamme, zie, nonni e
di tu o il vicinato).
Da quel momento il bambino, e poi l’adolescente, e l’adulto, non
sme erà mai di introie are istruzioni sulla vita. Istruzioni che
riguardano azioni via via più complesse, dal leggere allo scrivere, al
calcolare, da guidare l’auto a fare sport, da eseguire certi compiti nel
lavoro a interpretare certi modi di comportarsi in società, dai
rapporti con l’altro sesso a quelli con il proprio corpo.
Qui veniamo a un punto che ti ho già anticipato nel livello
precedente: per il particolare modo in cui si è evoluto il nostro
cervello, che deve “fare spazio” a istruzioni nuove ogni volta, tu e
quelle azioni, anche complesse, che abbiamo acquisito alla fine le
compiamo senza esserne consapevoli, cioè senza più compiere uno
sforzo volontario.
Come mai?
I 4 livelli dell’apprendimento
Tu i i processi di apprendimento, dai più semplici ai più complessi,
passano a raverso qua ro fasi.
L’effe o pappagallo
Negli anni Novanta il professor Giacomo Rizzola i, un
neuroscienziato italiano che lavora all’Università di Parma, stava
studiando quali processi neurali fossero innescati nella trasformazione
da pensiero ad azione, e sopra u o come agivano.
Con il suo team eseguì una serie di esperimenti che portarono a
una delle scoperte più importanti degli ultimi vent’anni nel campo
delle neuroscienze. 1
I sogge i dell’esperimento, delle scimmie, erano stati messi
davanti a una ruota girevole che conteneva dei premi. La ruota veniva
azionata. A un tra o si fermava, si illuminava un led verde e, a quel
punto, i sogge i erano autorizzati ad allungare la mano per afferrare il
premio contenuto nella ruota.
Durante l’azione si monitorava con la risonanza magnetica
funzionale quali aree del cervello si a ivavano, per scoprire la
regione e l’esa a sequenza cerebrale con cui si trasforma
l’informazione in azione.
Una volta individuato lo schema di base, i ricercatori vi
associarono un segnale acustico: in questo modo, ogni volta che il
sogge o allungava la mano per prendere il premio, un amplificatore
eme eva un suono e i ricercatori potevano registrare l’esa a
sequenza dei neuroni messi in azione.
Un giorno, mentre stava per iniziare l’esperimento e i sogge i
erano già stati collegati alle varie apparecchiature per il
monitoraggio della loro a ività cerebrale, una persona del team
afferrò uno dei premi per me erlo all’interno della ruota.
L’esperimento non era ancora iniziato, la ruota non era stata messa
ancora in azione. Eppure l’amplificatore collegato ai circuiti cerebrali
del sogge o che stava per effe uare l’esperimento emise un suono.
Il professor Rizzola i e il suo team non diedero particolare peso
all’accaduto: immaginarono semplicemente che il sogge o avesse in
qualche modo mosso la mano proprio in quel momento, provocando
dunque l’accensione di quei circuiti motori.
Ma il fenomeno continuò a ripetersi per diversi mesi. Scartata
l’ipotesi che fosse un errore strumentale, o che la scimmia muovesse
un arto apposta, restava da capire se per caso vi erano altre aree del
cervello che si a ivavano a fronte di un movimento. Ma gli
strumenti non rivelarono il benché minimo segnale di movimento.
Finalmente, Rizzola i iniziò a capire quello che probabilmente
accadeva:
Dal punto di vista del cervello, voleva dire che fare una cosa o
osservare qualcuno che la faceva erano la stessa cosa. Questo
“rispecchiamento” nell’altro ha spinto i ricercatori a chiamare i
neuroni responsabili di tale meccanismo “neuroni specchio”. Tale
prodigio della nostra mente è stato anche definito scherzosamente
da Lynne McTaggart (scri rice e giornalista scientifica di fama
internazionale) effe o pappagallo. È stata una scoperta che ha
rivoluzionato le neuroscienze e le scienze cognitive e ci ha fa o
capire come noi apprendiamo a livello profondo “per imitazione”.
La programmazione indire a
E qui – passando dai neuroni specchio – arriviamo alla seconda
modalità con la quale veniamo programmati, quella indire a.
C’è un pensiero di Umberto Eco che vorrei condividere con te:
“Credo che si diventi quel che nostro padre ci ha insegnato nei tempi
morti, mentre non si preoccupava di educarci. Ci si forma su scarti di
saggezza”. Pensaci, hai mai fa o caso a quanto è vero?
Ti sei mai accorto di avere un atteggiamento tipico di tua madre o di tuo padre?
Il condizionamento invisibile
Questo è un punto davvero importante! Il lato oscuro di questa
cara eristica del nostro cervello è che tale programmazione nascosta
è così profonda e radicata dentro di noi che facciamo persino fatica a
me erla in discussione.
4. Sei come la mia amica Amy, che deve decidere se acce are una
sfida e una crescita professionale unica, ma non riesce a far
emergere tu e le potenzialità necessarie per fare il grande salto.
non è detto che quella informazione non sia esatta, il problema è che tu credi
sia tua e non la metti neanche in discussione.
Ricordati che tu pensi a seconda di ciò che sai. Parli e agisci a seconda di ciò
che pensi.
Il tuo mondo si trasforma in base a ciò che sai e tu stesso, a tua volta,
insegni quello che ti è stato insegnato, in un circolo educativo senza
fine.
Ma stai a ento: il fa o che tu in realtà non conosci la realtà là
fuori, perché è una proiezione del tuo film interiore, vuol dire che
non acce i ciò che non coincide con il tuo pacche o di informazioni
e, nella maggior parte dei casi, non sei d’accordo con il pacche o di
informazioni depositato nella mente degli altri.
La conseguenza è che tu i credono di avere ragione… e ce
l’hanno, ma solo in base ai loro modelli. E dato che costa molta fatica
accorgersi dei condizionamenti profondi del nostro programma
mentale – e ancor più difficile è uscirne – è più facile rige are nuove
idee piu osto che me ersi in gioco.
Ciò che ti aspe i è più importante di ciò che fai
Hai mai notato che quando guardi un film sei in simbiosi con le
azioni del protagonista? Non ti fermi a rifle ere sulle ragioni e sulle
cause di quello che succede. Questo meccanismo, tanto più, è
fortissimo quando “guardi il film di te stesso”. Ciò che pensi e vivi
(di cui tu, adesso dovresti averlo capito, non sei il vero autore fino in
fondo) viene prima ed è più importante di ciò che fai.
Ricapitola quello che hai appreso finora: i programmi di
educazione familiare e/o sociale, interni ed esterni, producono dei
micro condizionamenti che influenzano i tuoi modelli di realtà. Ma c’è
un dato in più: le aspe ative inculcate dall’esterno producono
risultati tangibili nei tuoi comportamenti.
La psicologa Thalma Lobel, esperta di scienze sociali e docente
all’università di Tel Aviv, di cui abbiamo già parlato, si è occupata a
lungo di questi aspe i, e con i suoi studi ha evidenziato un dato
importante:
L’aspe o delle cose varia secondo le emozioni; e così noi vediamo magia e
bellezza in loro, ma, in realtà, magia e bellezza sono in noi.
KHALIL GIBRAN
Perché ci dice che non dobbiamo più ricorrere a quella situazione perché ci fa
male, quindi va a tracciare la memoria “scappa che ti fa male”.
Lo stesso tipo di reazioni, però, viene tracciato anche per tutte le esperienze
che viviamo, fin da quando nasciamo. Vai che ti fa bene… scappa che ti fa
male.
Basta una goccia di emozione per fare in modo che, sebbene il mio cervello sia
addestrato, io sia preparata e abbia parlato in contesti molto più impegnativi di
questo, la mia voce la manifesti e io non riesca a controllare la voce perché
l’emozione è più potente del sistema cognitivo. È il grande decisore. È un
sistema intelligente, ma ha solo due risposte: mi duole o mi fa bene.
Nella mia memoria emotiva, il concetto di denaro era associato a quel periodo
cupo della mia vita, aveva tracciato una memoria a lungo termine che diceva:
“Scappa che ti fa male”…
Le programmazioni emozionali
Restiamo sull’argomento soldi. Credi che una persona che punta ad
avere un ricco conto in banca lo faccia per il gusto feticista di vedere
tanti numerini su un pezzo di carta? O per i tanti beni che può
comprare? Sì, certo, ma non solo. Il senso della ricchezza non è nel
valore di quei numeri, ma nell’emozione che provocano, piacere, potere,
senso di libertà.
Naturalmente, ogni esperienza che hai fa o nel tuo passato, oltre
a essersi fissata nella tua mente come schema comportamentale
razionale, si intreccia a un correlativo emotivo. Ogni esperienza che
abbiamo vissuto nella nostra vita ha provocato, oltre a una
programmazione mentale, anche una emozionale. Ogni volta in cui
recuperi l’informazione mentale recuperi anche la memoria con cui
l’hai tracciata.
Vogliamo parlare del grande tema dell’amore? Non importa che
tu sia la persona più cinica o romantica del mondo, quando cerchi
una persona con cui avere una relazione, non lo fai per dormire con
qualcuno nel le o ma per trovare una profonda gratificazione
emotiva, una risposta ai tuoi bisogni affe ivi che a sua volta ha una
storia parallela a quella di cui sei cosciente.
La tua idea dell’amore non è un conce o astra o, ma un
programma emotivo nutrito di esempi familiari, le ure, film, e che ti
guida silenziosamente per tu a la vita a tua insaputa, in ogni
circostanza piccola o grande.
Quando per esempio pensi al matrimonio, carichi il programma
mentale relativo che ti raffigura l’unione di due persone, che me ono
su casa, decidono di avere dei figli con tu o ciò che ne consegue in
termini di educazione, soldi, vecchiaia ecc. Ma tu o ciò sarebbe
un’immagine astra a se non fosse intrecciato a un programma
emozionale che ti fa vibrare come un diapason a quel pensiero. Una
vibrazione positiva o negativa, intendiamoci, a seconda del tuo
vissuto.
Ciò significa che se in te quell’informazione in qualche momento
ha provocato dolore (magari perché il matrimonio dei tuoi genitori
non è andato bene e hai sofferto per tu a la giovinezza), alla parola
matrimonio assocerai, senza esserne cosciente, dolore. E questo
dolore è come una tensione ele rica a bassa intensità che guiderà i
tuoi pensieri e, stanne certo, lavorerà costantemente contro di te
perché ti spingerà a livello so erraneo ad aver sempre paura
dell’unione stabile e a fuggire da ogni impegno, visto come minaccia
di sofferenza.
Ogni volta in cui senti che le cose non vanno in modo fluido, in cui vedi che fra
quello che vorresti e quello che senti c’è un conflitto, probabilmente è in atto
dentro di te un cortocircuito emozionale.
Se un padre continua a dirti che sei un buono a nulla e mentre te lo dice magari
ti picchia pure, va a finire che prima o poi tu ci credi veramente.
«Un impa o tremendo, Italo. Adesso che te l’ho spiegato, capisci qual è la
mia paura?»
Stimolata dai miei discorsi sui confli i interiori, mi aveva parlato del
suo. Non che non me ne fossi accorto negli ultimi tempi, ma quella fu la
prima volta in cui Amy me ne parlò dire amente. Fra lei e Marco le cose
non andavano bene. Si erano sposati dieci anni prima, avevano due figli, le
cose viste da fuori filavano lisce, ma in realtà fra loro c’era sempre qualcosa
che non andava.
Acce are il prestigioso incarico che le era stato proposto significava per
Amy andare a coinvolgere anche la sua sfera personale: probabilmente
sarebbe stata più impegnata, probabilmente avrebbe dovuto viaggiare di più
e non voleva che, per questo motivo, la sua storia matrimoniale potesse
subire un grave contraccolpo.
In realtà, mi confidò, non era più neanche troppo sicura che sarebbe
voluta invecchiare con Marco. Non che non fosse il marito ideale, lo era
eccome: faceva di tu o, era sempre pieno di grandi a enzioni, era un o imo
padre, un o imo marito. Eppure c’era qualcosa che non andava, qualcosa
che non riusciva a me ere a fuoco e lei non si spiegava il perché. Mentre me
lo raccontava – fu una delle pochissime volte che accadde – vidi i suoi occhi
riempirsi di lacrime, quasi pronti a traboccare.
La decisione di Amy
y
Fu una chiacchierata intensa quella volta, Amy si aprì e mi rivelò i segreti
che si teneva dentro, le sue indecisioni, le sue paure. Apparentemente era
tu o perfe o: una carriera spianata, un marito modello, eppure c’era
qualcosa che la bloccava e non riusciva a capire perché. Ma io sapevo che
stava guardando nel posto sbagliato.
«Amy» le dissi a un certo punto prendendole la mano, «tu in pratica sei
cresciuta con tuo padre.»
«E quindi?» rispose, «cosa c’entra?»
Anche la madre di Amy era stata una donna in carriera. Non che non
fosse stata una buona madre, ma spesso era in viaggio, sempre impegnata e,
nonostante Amy avesse avuto un’infanzia felice, riempita di amore da parte
del padre, dei fratelli e dei nonni, spesso aveva sentito la mancanza emotiva
di quella figura materna.
«È vero» mi disse Amy, «questo lo sai, ne abbiamo parlato tante volte
anche quando eravamo ragazzi, ma cosa c’entra con tu o quello che ti ho
de o?»
Conoscevo molto bene anche Marco, erano stati fidanzati a lungo prima
di sposarsi e ovviamente, all’inizio, aveva fa o fatica ad acce are la nostra
amicizia così intima, ma con il tempo aveva capito che si tra ava solo ed
esclusivamente di quello: una profonda e intima amicizia, nulla di più.
Più volte ci eravamo ritrovati a parlare delle nostre vite. Marco era
sempre stato il prototipo della persona perfe a. Si era sempre comportato
bene, non aveva mai dato problemi in casa, era uno studente modello. Ma
era vissuto in un ambiente in cui sembrava che ciò che faceva non fosse mai
abbastanza. I genitori erano piu osto rigidi e pretendevano da lui sempre il
massimo. Non che ci sia niente di male in tu o questo, ma Marco esternava
questa sensazione, senza rendersene conto, ripetendo più volte queste
parole: «Sembrava che tu o ciò che facevo non fosse mai abbastanza…».
Un confli o di confli i
Ricordai a Amy dei messaggi emozionali che vengono tracciati nelle nostre
memorie. Era molto affascinata, ma continuava a non capire.
«Vedi Amy» le dissi, «tu hai ricevuto tu o l’amore da parte di tuo padre
e dei tuoi fratelli. Ma non era quello che volevi. O meglio, lo volevi, ma
quello che desideravi di più era l’amore e le a enzioni di tua mamma.
«Il programma emozionale tracciato dentro le tue memorie a lungo
termine ti porta a dire “scappa che ti fa male” riguardo all’amore delle
figure maschili, e “vai che ti fa bene” riguardo alle figure femminili.»
A quel punto Amy mi fissò intensamente. Iniziò a rendersi conto che
anche sul lavoro era così: era una persona di grande personalità, la
chiamavano “il generale”, quando doveva tra are con le figure maschili,
con gli uomini. Mentre si scioglieva come neve al sole quando aveva di
fronte figure femminili, cercando inconsciamente di a irare le loro
a enzioni, di me erle dalla sua parte magari essendo larga di maniche.
«E Marco?» disse mentre a bassa voce aveva iniziato a fare questi
collegamenti.
«Marco» continuai, «è cresciuto in un ambiente che gli ha passato il
messaggio: quello che fai non è abbastanza. È in confli o di svalutazione. E
cosa succede? Che Marco continua a fare qualsiasi cosa per te, vero?»
«Vero» rispose Amy in modo sommesso…
«Eppure non basta. Perché lui sta rispondendo a un suo programma
emozionale e anche tu: la verità è che tu stai fuggendo dalle figure maschili
perché stai cercando ancora l’amore di tua mamma… E più la figura
maschile a te vicina si prodiga di a enzioni per te, più tu senza saperlo ti
distacchi per il meccanismo che ti ho descri o. Così Marco viene confermato
nel suo schema comportamentale ed emozionale: qualunque cosa faccio per
lei non è mai abbastanza. E tu sei confermata nel tuo schema che diventa
paradossale: rifuggi dall’amore maschile perché pensi che ti ingabbi come
nella tua infanzia, ma al tempo stesso rischi di diventare come tua madre.»
Ogni situazione che fa emergere una difficoltà o una reazione emotiva, ogni
esperienza verso la quale sentiamo un blocco, ci mette davanti ai nostri nodi
irrisolti.
Ciao Italo,
volentieri scrivo sui cambiamenti avvenuti nella mia vita a seguito
della le ura del tuo libro, dell’acquisto della PSQ e della
partecipazione al seminario nel febbraio 2017.
Ma tieniti forte, perché credo che sia una vera e propria
“rivoluzione”. Sì, perché io non nasco come Christian. Nasco con
una bella “F” sul certificato anagrafico. Non so quanto possa esserti
d’aiuto la mia storia, ma sono sicuro che ti renderà felice sapere che
sono quasi alla fine del mio percorso, che ho subìto diversi interventi
chirurgici al riguardo e che, senza “un modo diverso di vedere le
cose”, probabilmente non ce l’avrei fa a. Prendo la decisione più
importante della mia vita, quella di trasformare Debora in Christian,
subito dopo aver le o il tuo libro, e inizio un’avventura difficile, con
la paura di chi non sa come andrà a finire, ma lo immagina. Vorrei
riuscire a sintetizzare in maniera chiara un percorso che dura da tre
anni circa, iniziato a maggio 2015, ma dubito di riuscirci facilmente.
Quello che so, è che già subito dopo la le ura del libro ho
cominciato a essere il protagonista di una vita che, fino ad allora,
subivo. Immagino che non sia necessario spiegare la sofferenza di
chi nasce in un corpo sbagliato, ma credo sia altre anto importante
che tu sappia con quale coraggio ho affrontato gli ostacoli (o le
opportunità) che ho incontrato sul mio cammino. Ho acquistato la
PSQ subito dopo il primo intervento, una mastectomia. Ero in casa, in
convalescenza, felice del primo traguardo raggiunto, ma allo stesso
tempo spaventato per un percorso che si presentava lungo, nonché
pericoloso a causa dei rischi legati alla sala operatoria. E invece…
acquisto la PSQ e comincio a seguirne le linee guida. Sapevo di dover
aspe are un anno per il secondo intervento, una istero-
annessiectomia, necessaria anche per continuare l’iter burocratico e
avere nuovi documenti. E invece… un “errore” nella gestione delle
liste di a esa dell’ospedale che mi seguiva fa sì che io “scavalchi” gli
altri utenti e a marzo, dopo solo due mesi, vengo operato. Mi sono
de o: “Azz… funziona!”.
Ma non finisce qui. Dopo l’istero riesco ad accelerare l’iter
burocratico e in meno di sei mesi ho i miei documenti. Manca
un’operazione, quella più invasiva, quella più pericolosa e quella che
in Italia viene ancora svolta con tecniche poco all’avanguardia. La
“falloplastica”. Molti di noi evitano questa operazione, rimanendo “a
metà”, proprio per la paura legata a risultati non proprio
soddisfacenti. Ma io avevo già vissuto a metà per troppo tempo.
Così, consapevole dei rischi e delle inefficienze del Servizio sanitario
nazionale, provo a capire come fare per effe uare l’operazione
all’estero. Scelgo l’Inghilterra, dove lavora un medico di origini
italiane. Però… ci vogliono 70.000 dollari per l’intervento. Dove li
prendo? “Sono un dipendente Autogrill (per ora), non riuscirò mai a
trovare la somma necessaria” mi dicevo… così lascio passare del
tempo. Partecipo al Live## di febbraio a Milano e, nonostante la
carica e l’adrenalina che mi hanno accompagnato subito dopo,
decido comunque di aspe are. L’idea era quella di capire come e
dove recuperare i soldi per l’operazione. Alla fine, decido di
rivolgermi a un do ore italiano, uno dei pochi che effe ua
operazioni di questo tipo, nonostante sapessi che le sue operazioni
non potevano garantirmi alcune funzionalità. Conoscevo anche la
lunga lista d’a esa. Minimo due anni. Quel pomeriggio pioveva…
ero seduto di fronte al medico che poteva rendermi fisicamente e
totalmente un uomo.
«Ascoltami… ho una notizia per te. Sono in collaborazione con
l’équipe inglese del Do or… e stiamo programmando un intervento
con tecnica microchirurgica nell’ospedale di… tu o gratuitamente.
Praticamente ti sto regalando una Ferrari. In più salteresti la lista
d’a esa tradizionale. Te la senti?» Ti lascio immaginare la risposta e
la mia felicità. Sono stato operato questo novembre, sono in
convalescenza, sto benissimo e… C’È UN MODO DIVERSO DI VEDERE LE
COSE !
Mentre scrivo, piango, come un adolescente, e ti ringrazio per
tu o il supporto che le tue “creazioni” mi hanno trasmesso.
Felice di darti una mano…
Grazie Italo,
PIÙ CHE PUOI SEMPRE!
Livello 7
Il programma più potente
Poi, quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come
hai fa o ad a raversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia
finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel
vento, non sarai lo stesso che vi è entrato. Sì, questo è il significato di quella
tempesta di sabbia.
Un peso sconosciuto
La storia che ti voglio raccontare comincia all’alba di un giorno di
qualche anno fa. Era un ma ino estremamente scuro, di quelli che
sembrano fa i apposta per restarsene a le o tu o il giorno. Io,
invece, aprii gli occhi di sca o, come chi si ridesta da un incubo,
anche se non stavo sognando.
Immediatamente fui assalito da un malessere profondo, da un
peso indicibile. I minuti passavano e quella sensazione sgradevole
non accennava a lasciarmi. Non capivo. Cosa poteva opprimermi
così tanto e crearmi tanta angoscia? La mia vita stava procedendo
per il meglio: facevo il lavoro dei miei sogni, la situazione economica
era florida, avevo o ime relazioni ed ero considerato un uomo di
successo. Eppure, quel peso…
Il successo di cui stavo godendo me l’ero costruito con le mie
mani pezzo dopo pezzo e, se guardavo indietro a tu o il percorso
fa o, mi sentivo orgoglioso di me. Ma c’era qualcosa che strideva
dentro quella ma ina, e che si faceva sentire con forza, come se mi
risucchiasse da dentro. Era come una specie di silenzio interiore, un
silenzio profondo che faceva male perché la sua eco evidenziava
l’effe iva grandezza del vuoto in cui ero immerso.
È ciclico, mi dissi, nella vita di un uomo: devi essere pronto a
rime erti in discussione, se vuoi salire al tuo livello superiore. Al costo
di giocarti tu o, non puoi sederti sugli allori. E io non sono mai stato
una di quelle persone che si siedono sugli allori.
I buddhisti la chiamano “legge dell’impermanenza”: tu o cambia,
costantemente, ed è vano aggrapparsi a ciò che crediamo permanga.
La sensazione di vuoto di quella ma ina mi spiazzava, perché mi
chiedevo se ero arrivato alla soglia di un grande cambiamento e
dovevo evitare di aggrapparmi a ciò che avevo, anche se
apparentemente, agli occhi di un comune osservatore, dovevo
sembrare in un o imo momento.
Ancora non avevo idea che, in risposta a quella sensazione, da lì a poco la mia
vita sarebbe cambiata totalmente, di nuovo.
Me ersi in ascolto di sé
Ricordi cosa ti dicevo alla fine del livello precedente? Per riconoscere
i cortocircuiti emozionali alla base dei nostri confli i bisogna
me ersi in ascolto. Proprio così, non analizzare la catena di cause ed
effe i dei tuoi comportamenti, ma ascoltare la tua voce interiore
finché non si me e a fuoco quell’emozione che ti fa star male. E
dunque non potevo non ascoltare quella sensazione, proprio io.
Anche se faceva male, anche se rime ersi in discussione costa
sempre fatica, cominciai un viaggio profondo dentro di me,
ascoltandomi.
Capii che il mio disagio era dovuto a questo: ultimamente mi ero distratto e non
avevo più rispettato il programma che avevo un tempo.
Ci sono solo due modi di vivere: uno basato sulla paura, l’altro
sull’amore.
Siamo nella paura quando non esprimiamo noi stessi al cento per
cento, quando ci ada iamo a ciò che i programmi sociali, culturali e
di ogni altro tipo consiglierebbero come scelta giusta, quando
viviamo intorno a ciò che gli altri si aspe erebbero da noi.
Siamo nell’amore ogni volta in cui ci concediamo la libertà di
essere totalmente, profondamente, incondizionatamente ciò che
potremmo essere e sperimentiamo qualsiasi situazione potremmo
sperimentare. Quando decidiamo, a costo di rime ere tu o in
discussione, di rivelare la nostra più profonda essenza, di far
emergere tu o il nostro potenziale.
Dunque, ora vorrei rivolgere a te che stai leggendo una domanda,
una domanda importante. Vorrei che immaginassi che io fossi lì, di
fronte a te, che ti stessi guardando negli occhi.
Gira la pagina e troverai la domanda che voglio farti.
Tu sei felice?
Livello 7
Punti essenziali
✓ Succede perché preferiamo essere nel giusto piu osto che essere
felici: nel giusto rispe o a ciò che la società, i programmi
culturali, quello che viene comunemente definito buonsenso si
aspe erebbero da noi.
✓ Ci sono solo due modi in cui possiamo vivere: uno è basato sulla
paura e uno sull’amore. Puoi fallire anche in ciò che non ti piace,
quindi puoi darti anche una possibilità di fare ciò che ami.
□ Relazioni
□ Fisico/Salute/Vitalità
□ Beni materiali
□ Famiglia
□ Vita sociale
□ Lavoro/Carriera
□ Finanze
□ Spirito (missione personale, contributo al mondo)
Ciao Italo,
prima di iniziare il mio racconto ci tengo a ringraziarti per avermi
dato la possibilità, tramite i tuoi insegnamenti, di poter vivere una
vita migliore.
Ho 51 anni, sono sempre stato un irrimediabile o imista, ma negli
ultimi anni una vita di rincorse, delusioni e mancanza di autostima
hanno fa o sì che il mio o imismo se ne sia andato. Vivo una
situazione sentimentale molto difficile: la mia metà tre anni e mezzo
fa è stata colpita da un aneurisma cerebrale con conseguente
emorragia. E dopo una lunghissima fase di degenze ospedaliere,
interventi e riabilitazioni, ha comunque dei danni importanti e
permanenti. A questo aggiungo che due mesi prima che mia moglie
fosse colpita da aneurisma, mia madre era venuta a mancare dopo
una lunga ba aglia contro il cancro. Tu o ciò mi aveva ovviamente
messo KO dal punto di vista emotivo. Come se non bastasse, in quel
periodo l’economia italiana era un disastro e di conseguenza anche
la mia vita lavorativa non prosperava, costringendomi a
reinventarmi un lavoro che mi perme esse di stare vicino anche a
mia moglie e mia figlia.
Mi ritrovai quindi da solo, con una figlia minorenne, senza un
lavoro sicuro e senza l’aiuto di nessuno. Dopo aver toccato il fondo
più e più volte, arriva però la rinascita. Non ricordo in che modo, ma
mi sono trovato davanti a un video di Italo che parlava della
possibilità di migliorarsi e o enere una vita migliore. Oggi so che
niente succede “per caso”, quindi comprai il libro Il Potere del Cervello
Quantico, che ovviamente ho divorato, e mentre andavo avanti con la
le ura non riuscivo a crederci: mi stavo sentendo meglio, “Ma com’è
possibile” mi chiedevo, “vivo una vita piena di problemi e come
faccio a sentirmi cosi?”. Più leggevo e più si apriva il mondo delle
infinite possibilità. Avevo la certezza di non essere un figlio di un dio
minore ma stavo ricominciando a credere che io valevo, e solo grazie
al mio valore potevo essere veramente di aiuto per gli altri. Quando
ho finito il libro ho acquistato anche la Programmazione Subliminale
Quantica. Inizialmente non è stato semplice, ma alla lunga dopo aver
ripetuto a me stesso più e più volte che io valgo, posso cambiare la
mia vita, voglio il meglio da me stesso, be’, le cose hanno iniziato a
cambiare. Ho continuato ad ascoltare le tracce della PSQ e a
interagire con il gruppo su Facebook, che nel tempo per me è
diventato una seconda famiglia. Passava il tempo e a distanza di
mesi quella persona piena di problemi non esisteva più, questo
nuovo me aveva un “sorriso” sempre acceso e pronto per tu i.
Oggi mi sento tornato o imista, riesco a sentirmi sereno e sono
consapevole che posso o enere tu o ciò che voglio. Una prova?
Dopo essermi rimboccato le maniche mi sono deciso a migliorare
l’aspe o economico, e oggi sto lavorando in modo continuativo con
un buon ritorno. Ma siccome oramai avevo capito che funzionava,
ho deciso di puntare sul mantra della ricchezza economica. E da
quando ho cominciato a ripetere il mio mantra, da subito sono
iniziate a cambiare le cose. Ho rivisto una persona che non vedevo
da moltissimi anni che mi racconta di un nostro amico in comune e
della sua a ività. Poi mi imba o in una pubblicità che parla di nuove
a ività inerenti a lavori molto ben remunerati; ormai nel flusso
decido di provare, non so perché ma sentivo che era la cosa giusta da
fare. Inizio subito un corso che poi mi porta a conoscere un’altra
persona che poi risulterà importante per la mia crescita
professionale, passa del tempo ed ecco la svolta! Tu o ciò che mi era
accaduto mi porta a riconta are la persona di cui avevamo parlato
con il mio vecchio amico, ed ecco il punto di svolta: un nuovo
lavoro, e proprio quello che cercavo, che con l’aiuto dell’amico in
comune ritrovato diventa realtà. Un “CASO ”? Se vi piace chiamatelo
così, ma per me non lo è stato di certo!
Oggi le mie giornate sono totalmente diverse da quelle di prima,
ho cambiato molte cose, vivo in modo positivo, sono più sorridente,
sono amato da chi mi sta vicino, ho cambiato alimentazione
o enendo subito dei benefici di peso, forma e salute; e non meno
importante, ho cambiato lavoro, migliorando la mia situazione
economica.
Oggi so che io posso, perché io valgo.
Grazie ancora, Italo.
Livello 8
Lo spazio energetico
CARL SAGAN
La nostra ricerca dimostra che ancor prima di poter fare proprie esperienze, i
bambini possono acquisire esperienze delle madri ricavandole dalle espressioni
materne di paura. Ancora più importante, questi ricordi materni trasmessi sono
di lunga durata, mentre altri tipi di apprendimento infantile, se non rinforzati
dalla ripetizione, svaniscono rapidamente. 1
Non sono l’unico a pensarla così. Fin dai primi anni Novanta
questa tesi è stata proposta e sostenuta da due studiosi, l’anestesista
americano Stuart Hameroff (docente presso l’Università
dell’Arizona) e Sir Roger Penrose (fisico matematico dell’Università
di Oxford, nonché collega e amico del grande Stephen Hawking, con
cui ha scri o diversi libri notissimi). È la cosidde a teoria quantistica
della coscienza. Fondamentalmente Penrose sostiene – e lo ha scri o
nel suo libro del 1989 La mente nuova dell’imperatore – che i fenomeni
della coscienza avvengono a livello quantistico, in una dimensione
così piccola dove vige il principio di indeterminazione, e non si può
applicare una logica algoritmica di calcolo. Il “luogo” in cui
avverrebbe questa a ività è indicato dal professor Hameroff nei
“microtubuli”, cioè delle stru ure molto più piccole dei neuroni del
cervello, le cui funzioni vanno dal trasporto dei neurotrasme itori
fra le sinapsi alla crescita e la formazione delle stesse cellule
neuronali.
Penrose e Hameroff affermano che la coscienza è il risultato degli
effe i della gravità quantistica che agisce su questi microtubuli
orchestrando in maniera non computazionale l’a ività. E che,
quando diciamo che una persona “muore”, i microtubuli perdono il
loro stato quantico ma mantengono le informazioni che sono al loro
interno. Secondo questa idea, la nostra coscienza viene di nuovo
dispersa nell’Universo. 2
Non ti nascondo che questa teoria ha i suoi detra ori. Ma se un
giorno riuscissimo a indagare a livello sub-molecolare questi
microtubuli, e se confermassimo la teoria, significherebbe che niente
g
“muore”, almeno per come intendiamo noi il morire. Significherebbe
che siamo una forma di energia e l’energia non nasce né muore, non si
crea né si distrugge, ma si trasforma. Significherebbe che
quell’energia contiene informazioni che vengono di nuovo condivise
con l’Universo.
Se dovessi spiegarlo con una metafora userei questa: se me i
dell’acqua in una pentola e la osservi, cosa vedi? Acqua,
naturalmente. Ma se accendi il fuoco per un tempo sufficiente cosa
accade? Che l’acqua evapora, cambia forma. Allora ti avvicini alla
pentola e non vedi più l’acqua. Puoi dire che l’acqua non c’è più? In
realtà come sai l’acqua c’è ancora, è solo evaporata, è solo in un’altra
forma. Onestamente non posso dire con certezza che sia proprio così,
ma questa ipotesi, ovvero che ci sia una sorta di passaggio, di
cambio di forma, di transizione, è stata indagata anche in altri
ambiti.
Konstantin Korotkov, per esempio, è un eminente fisico russo.
A ra o dallo studio delle emissioni luminose, durante la sua
carriera sviluppò uno speciale macchinario chiamato GDV Camera
(Gas Discharge Visualization, visualizzatore delle scariche di gas). Il
GDV si serve della tecnologia o ica più avanzata, di matrici digitali e
di un potente computer per analizzare, riconoscere ed estrapolare
l’immagine in tempo reale delle emissioni luminose (energetiche) dei
corpi, compreso il biocampo (ovvero le emissioni luminose delle
cellule, un’emissione che circonda l’organismo). Se ti sembrano studi
“esoterici”, sappi che a irarono l’a enzione del ministro della Salute
russo, che riconobbe l’importanza della sua invenzione per misurare,
a partire dal biocampo, lo stato di salute delle persone e
diagnosticare le mala ie. I suoi studi e la macchina GDV vennero
usati anche a livello sportivo per la valutazione fisica degli atleti
olimpionici.
In una serie di esperimenti condo i alla fine degli anni Novanta,
analizzando la scarica di gas di persone decedute, scoprì che per
diverse ore la luminosità della scarica dei gas dei viventi e quella dei
cadaveri restava identica. 3 Con il passare del tempo, poi, i pa ern
luminosi seguivano andamenti completamente diversi che
sembravano rifle ere la natura del decesso: quando le persone
morivano con serenità lo stesso accadeva con le loro emissioni,
mentre se la morte era più violenta anche la luce subiva cambiamenti
più repentini. Chi moriva per cause naturali eme eva onde luminose
con oscillazioni più ampie che poi si riducevano progressivamente.
Sebbene i materialisti obie assero che la luce fosse il residuo
dell’a ività fisiologica dei tessuti, i dati di Korotkov dicevano
un’altra cosa.
L’unica conclusione possibile era che la luce si mantenesse anche
dopo che la vita era cessata, segnalando una qualche forma di
transizione. Il fisico Korotkov scrisse diversi libri sulle sue scoperte,
con la conclusione di considerare la stru ura energetico-
informazionale un analogo di quella che viene definita “anima”.
Come vedi, questi stati di coscienza, queste situazioni di passaggio,
di transizione, l’idea che qualcosa esista e sopravviva, che vada oltre
lo stato fisico e visibile, sono state indagate da un alto numero di
ricercatori. Non possiamo parlare di prove, ovviamente, ma di forti
evidenze che, personalmente, mi spingono a pensare che potrebbe
davvero essere così.
Anche il do or Pim Van Lommel, cardiologo olandese che ha
dedicato gran parte della sua vita professionale a indagare i
fenomeni della NDE (Near Death Experience, esperienza di pre-
morte), racconta di questi particolari stati di coscienza che si
verificano durante un periodo di imminente o effe iva morte fisica,
psicologica ed emozionale. Momenti di incredibile lucidità in cui i
pazienti raccontano di avere visto cose che non avrebbero potuto
vedere, osservare, sapere. Come a confermare che c’è qualcosa che
sopravvive alla morte fisica e psicologica. 4
Nel 1975 il do or Raymond Moody, laureato in filosofia
all’Università della Virginia e in medicina al Medical College della
Georgia, dopo numerosi anni di studio sulle esperienze NDE
sperimentate da persone di ogni cultura – dunque non rischiando
che i contenuti e le cara eristiche di queste esperienze fossero fru o
di immaginazione, programmazione culturale, religiosa, sociale e
così via dicendo –, stilò una lista dei punti in comune fra le
esperienze NDE di ogni tipo di persona proveniente dai contesti
culturali più diversi.
L’ineffabilità dell’esperienza, un senso di pace e di quiete, uno
spazio scuro in fondo al quale c’è una piccola luce dalla quale le
persone si sentono a irate e che descrivono come un’esperienza di
tunnel, la percezione di un ambiente ultraterreno, il vedere una luce
brillante e sperimentare un senso di completa acce azione e di
amore incondizionato con un accesso a una conoscenza e una
saggezza più profonde, sperimentare una visione panoramica della
propria vita, avere una visione estremamente chiara con fenomeni di
preveggenza o visioni flash del futuro, l’assoluta inesistenza dei
confini di spazio e tempo. 5
Se ci pensi è strano che così tanti punti siano in comune fra
persone di diversa estrazione, diverse culture, diverse credenze
sociali e religiose. E i molteplici studi effe uati non hanno trovato
nessun legame tra le esperienze NDE e classe sociale, razza, sesso,
livello di istruzione, professione, ci à di residenza e stato sociale di
chi le ha vissute. È strano anche che così tanti punti in comune siano
sperimentati persino da bambini a volte anche molto piccoli.
Potrei continuare per ore a parlarti di esempi e studi di questo
tipo ma credo che sia abbastanza. Siamo nel campo delle ipotesi,
ovviamente, ma sono ipotesi ben documentate.
Iniziò a dire che Minu era sua figlia, cosa piu osto normale per i bambini. Meno
normale, invece, fu il fa o che iniziò a raccontare una storia sempre più ricca di
de agli, tra cui il nome di un villaggio, sostenendo che Minu fosse stata
veramente sua figlia.
Le insistenze e la particolarità dei de agli riferiti convinsero i genitori di
Sukla, quando lei aveva 5 anni, ad accompagnarla in quel villaggio.
Nel posto in cui segnalò Sukla (ed è già strano che una bimba di 5 anni desse
indicazioni per arrivare in un posto specifico che in teoria non poteva
conoscere) c’era un’abitazione in cui aveva vissuto una donna, morta sei anni
prima, che aveva una figlia di nome… Sì, hai intuito bene. Questa donna, morta
sei anni prima, aveva una figlia di nome Minu. Sukla pianse di gioia quando
incontrò Minu (che allora aveva 11 anni) e, pur essendo più piccola di Minu, si
mostrò affe uosa e materna nei suoi confronti.
Si mostrò anche rispe osa verso il papà di Minu, quello che evidentemente
nella sua personalità precedente era stato suo marito. Più volte i parenti di
quella famiglia cercarono di me ere alla prova Sukla, ma lei rispondeva sempre
con la personalità e con il tipo di conoscenze che aveva avuto la donna morta, la
mamma di Minu.
Una bambina di nome Swaran Lata aveva l’insolita tendenza a pulire le feci
degli altri bambini e si rifiutava categoricamente di andare a scuola. Swaran
diede de agli di una storia che i ricercatori scoprirono essere vera: la persona
che la bambina raccontava di essere stata aveva fa o la spazzina, non era mai
andata a scuola e non aveva mandato i propri figli a scuola. Swaran Lata
ripeteva spesso: “Sono spazzina, nella mia famiglia nessuno studia e io non ho
mandato i miei figli a scuola”.
Shameline Prema è una bambina che, fin da neonata, era assalita dal terrore
ogni volta in cui veniva immersa nell’acqua per fare il bagno. Intorno all’età di 6
mesi, poi, i genitori cominciarono a notare che, per cause assolutamente
misteriose, manifestava chiari segnali di irrequietezza quando si trovava vicino
a un autobus.
Quando arrivò all’età in cui era in grado di parlare, raccontò di una bambina,
di cui diede tu i i de agli, tanto che i ricercatori fecero ricerche approfondite e
scoprirono che questa bambina era veramente esistita e che quando era morta,
all’età di 11 anni (un anno e mezzo prima che nascesse Shameline Prema), stava
camminando lungo una stre a strada quando un autobus la investì e lei cadde
in una risaia che costeggiava la strada e morì affogata. 9
Siamo, in poche parole, ciò che mangiamo e che viviamo, ma anche ciò che
hanno mangiato e come hanno vissuto i nostri nonni. 11
Tu o è informazione
Comprendo che diventare coscienti della possibilità di essere il
risultato di così tanti tipi di programmazione potrebbe creare una
qualche forma di resistenza, di sconforto o dare una sensazione di
impotenza.
Tu o cambia però, e diventa più semplice, se consideriamo ciò di
cui abbiamo parlato alla stregua di informazioni o, se preferisci,
particelle di informazioni. Informazioni che, come hai appena visto,
potrebbero essere scri e in posti così piccoli che non ne sei per nulla
cosciente.
Se per entrare nello spazio mentale la parola d’ordine è capire, per
quello emozionale è sentire, lo spazio energetico è quello in cui si
annidano le informazioni più profonde, quelle che hanno a che fare
con il significato. Il significato profondo di chi sei e del motivo di ciò
che ti sta accadendo.
Lo spazio energetico è quello animico, più istintivo, animale. È lo
spazio che ha a che fare con quella che alcuni chiamerebbero l’anima
(da animus, ciò che anima), ma ogni volta che etiche iamo qualcosa
perdiamo il senso di ciò che è veramente. Quindi consideralo come
preferisci, lo spazio in cui sono impresse le memorie profonde,
quello dell’anima, o quello delle informazioni di tipo energetico che
ci portiamo dietro da chissà quanto tempo. Poco importa come vuoi
chiamarlo, lo spazio energetico è comunque lo spazio del significato.
Se non ti identificassi con il tuo corpo, con i tuoi pensieri (visto che
hai compreso che non sono proprio tuoi), con le tue emozioni (visto
che hai compreso che non sono proprio tue), cosa saresti?
“Dentro di noi c’è qualcosa che non ha nome. Quel qualcosa è ciò che
siamo.”
«Bella questa frase di Saramago» mi disse Amy come se volesse farmi
una concessione sul campo di ba aglia.
«Sì, è vero» le risposi, «ma non è solo le eratura. È molto di più!
Pensaci: perché la nostra essenza non possiamo dirla?»
Amy mi guardò seria, questa era una di quelle frasi che a lei non
dispiacevano. «Perché non siamo… definiti» azzardò.
«Esa o! Né definiti, né definitivi. Siamo un nucleo di possibilità che non
si può esaurire in una definizione. E questo processo dura finché viviamo.
In realtà, però, di questo infinito mare di possibilità che possiamo essere, la
maggior parte di noi ne sfru a solo una minima parte, in quel caso la vita è
come il solco dri o della semina, senza sorprese o svolte.
«Ormai sai che questo dipende da tu a quella programmazione
stratificata che ci fa vedere le cose in un determinato modo, e quel modo
costituisce il corpo, l’emozione viva e l’orizzonte di senso di tu a la nostra
realtà.
«Questa nostra programmazione interferirà sul modo in cui ci
relazioniamo agli altri, e sulla loro risposta ai nostri comportamenti.
Interferirà sulla valutazione che diamo a noi stessi e di conseguenza sulle
scelte che faremo. E infine aprirà o restringerà il campo di opportunità e di
scelte che faremo (ricordi il piccolo test iniziale? Chi fai salire con te in
macchina?).
«Sai qual è il vero problema?» aggiunsi dopo una pausa teatrale.
«Ti ho raccontato già, e spesso lo faccio anche durante alcuni miei corsi
per passare questo conce o, di quando mia figlia Isabel aveva costruito un
orologio in cartone sul quale il giorno dopo, a scuola, avrebbe dovuto
imparare a leggere l’ora in inglese. Era piccolina, avrà avuto intorno ai 6
anni, venne da me e mi disse: papà, dov’è il punto sull’orologio? Io la
guardai non comprendendo la sua domanda. Lei insiste e: dov’è il punto,
papà? Le risposi che non c’era nessun punto. Ma non si arrese, chiese
nuovamente: papà, dai, dimmi dov’è il punto. Non sapevo cosa volesse che le
rispondessi ma, ancora una volta, le confermai: “Isabel, non c’è nessun
punto”. Allora – concluse – perché dici sempre “Sono le qua ro in punto, le
cinque in punto, le sei in punto?!”. Sorrisi, ovviamente, ma funziona così:
prendiamo decisioni in base a ciò che sappiamo, il problema è che non
sappiamo ciò che non sappiamo. E ciò che non sappiamo è scri o proprio lì,
nel codice segreto della mente.
«Siamo ormai giunti all’ultimo livello prima di accedere al metodo che ti
svelerà il codice per liberare il potere quantico della tua mente. Ma è giusto
che prima tu abba a l’ultimo dogma – oltre a quelli sul tuo Io –, cioè quello
della nostra connessione con la realtà fisica fuori di noi. Ti porterò nella
frontiera delle scienze che tentano di spiegare l’inspiegabile, almeno per ora.
Perché devi sapere che quando capisci di essere in connessione col Tu o,
allora puoi o enere quella sorta di fluidità che si percepisce in alcuni
momenti in cui sembra di non essere noi a spingere ma la stessa vita a
venirci incontro…
«Per essere pronta ad arrivare a quel livello di libertà, devi prima
liberarti delle zavorre e dei dogmi con cui vedi l’universo che ti circonda.»
g
In che mondo viviamo? I qua ro dogmi della realtà
Negli ultimi tre-qua rocento anni abbiamo – di generazione in
generazione – gradualmente ado ato la credenza materialista e
determinista figlia della Scienza. Da tempo ormai crediamo che tu o
sia materia e che i ma oni alla base di tu o ciò che ci circonda siano
gli atomi. In pratica concepiamo solo l’idea che la realtà sia fa a di
“cose”.
È dagli inizi dell’O ocento, da quando il chimico e fisico inglese
John Dalton per primo cercò di descrivere l’atomo, che tu i noi
condividiamo la religione materialista, sintetizzabile in questo
conce o:
1. Ogge iva: ovvero, tu o quello che c’è là fuori ha una vita propria
e indipendente da noi.
2. Determinabile: questo significa che a una causa corrisponde
chiaramente un solo effe o.
3. Locale: ovvero che questa azione di causa ed effe o è
ravvicinata, e non c’è interazione fra ogge i distanti fisicamente.
4. Fisica: ovvero, ogni più piccola realtà è riconducibile a effe i
materiali e chimico-fisici.
«Se volessi fare lo stesso discorso con 10 libri, sai quante probabilità ci
sarebbero di trovarli ordinati casualmente in ordine alfabetico? Una su
3.628.800!»
Amy restò a bocca aperta.
«Lo so, Amy, a tu i verrebbe da pensare a un numero molto più grande
rispe o alle probabilità con 4 libri. Ma verrebbe da pensare una su mille, su
10.000, su 100.000. Non sicuramente una su 3.628.800. Questo succede
perché al crescere del numero naturale su cui vogliamo calcolare le
probabilità di qualcosa, il valore del fa oriale cresce in maniera
esponenziale.
«Ti ho fa o questo esempio per dirti una cosa e riprendo le parole di
Robert Lanza, che ho già citato:
Il vero problema, quando ci si affida al caso per spiegare ciò che altrimenti è inspiegabile,
è che si sopravvaluta di molto il potere degli eventi casuali. 3
«La nostra mente ha dei bug – cioè degli errori di funzionamento del
programma – quando si tra a di grandi numeri. Per cui tendiamo ad
a ribuire al caso una sorta di volontà che fa accadere le cose. In realtà non è
affa o così.
«Ora, tu mi hai contestato che l’indeterminazione quantistica e il
probabilismo non hanno nulla a che fare con la nostra vita reale, fa a di
eventi e decisioni, e non di particelle. Bene, sposta l’esempio dei libri su una
qualunque situazione della tua vita vissuta. Pensa a una di quelle volte in
cui si è realizzato ciò che pensavi o in cui si è in qualche modo manifestato il
risultato delle tue paure. Pensa a uno che riceve la telefonata sperata da
parte di una persona che gli piace, o a uno che deve valutare le variabili
favorevoli di un buon posto di lavoro, o a chi deve comprare la casa dei suoi
sogni e fare un mutuo. Quando devi affrontare queste decisioni ci saranno
più di qua ro variabili in gioco, giusto?»
p q g g
«Direi proprio di sì, Italo» rispose Amy, che aveva messo da parte il suo
sarcasmo di fronte alla logica dei numeri.
«Bene, dunque la probabilità che si verifichi l’evento positivo o
indesiderato è già molto inferiore al 50%, sei d’accordo?»
«Sì» rispose ancora Amy, «sono statisticamente d’accordo!»
«Bene» proseguii sorridendo, «forse non ci saranno stati 10 elementi in
gioco nella tua valutazione (ma forse sì), ma anche se fossero state 5, 6, 7
variabili, l’eventualità che fosse accaduta proprio quella cosa lì sarebbe
stata di una su centinaia, probabilmente migliaia di possibilità. Allora
Amy, credi ancora che quell’evento X sia capitato proprio per caso?»
«Va bene, Italo, posso essere d’accordo con te che caso e fortuna sono solo
nomi che diamo all’imponderabilità degli eventi. Non ho capito però dove
vuoi arrivare!»
Quello che stiamo cercando di capire è se viviamo in una realtà oggettiva, che
non dipende dalla nostra osservazione, oppure soggettiva, che ci chiama in
causa direttamente. Quello che stiamo cercando di capire è se l’intenzione
umana sia veramente in grado di influenzare la realtà.
È un po’ come dire: se vuoi che accada qualcosa e accade proprio quello che
vuoi tu, in modo statisticamente rilevante rispetto all’aspettativa casuale,
allora… non è un caso.
«Sei d’accordo?»
«Sono d’accordo, Italo» rispose Amy, «e cosa è successo con questi
esperimenti?»
«Negli anni successivi l’esperimento è stato ripetuto tantissime volte, da
molti ricercatori differenti. Nel 1989, due studiosi, lo scienziato Dean Radin
(ricercatore presso l’Istituto di Scienze Noetiche fondato dall’astronauta
della NASA Edgar Mitchell, in Nord California) e la psicologa Diane Ferrari
dell’Università di Princeton, decisero di effe uare una meta-analisi, ovvero
raccogliere i risultati degli esperimenti passati in un’analisi statistica
dell’insieme dei risultati. I risultati combinati di 148 serie sperimentali
svolte tra il 1935 e il 1987 da 52 ricercatori diversi (per un totale di 2,6
milioni di lanci di dado) hanno messo in evidenza un effe o relativamente
rido o ma statisticamente significativo, mentre i test di controllo erano al
livello del caso. Le probabilità che questi risultati siano dovuti al caso sono
di 1 su 10 96 (vale a dire 1 seguito da 96 zeri). 4
«Come vedi, decenni di esperimenti miravano a cercare di capire se la
realtà può essere in qualche modo “sogge iva”, cioè dipende – e si tra a di
capire come – dalla nostra interferenza, cioè da quello che in meccanica
quantistica si chiama “effe o osservatore”, cioè la modifica dell’esistenza
probabilistica di una particella da parte dell’osservazione del ricercatore.»
È come se avessimo la capacità di comunicare con ogni cosa che ci sta intorno e quel
qualcosa recepisca le nostre informazioni e reagisca in coerenza alle nostre intenzioni.
«Ecco forse perché, Amy, se una persona con questa “sensibilità” pensa
qualcosa è capace di trasferire la sua intenzione ad altri, inducendoli a
q p f
calmarsi, a focalizzare meglio l’a enzione ecc.»
«Sì, Italo» replicò Amy, questa volta senza l’aggressività diale ica che la
contraddistingue. «Siamo ritornati al punto dove avevamo interro o prima
di questa tua lunga digressione sulle menti interconnesse. Ma tu o ciò
significa che posso far fare a qualcuno qualcosa che non vuole? E che
qualcuno può farlo fare a me? Questa ipotesi sarebbe inquietante, devi
amme erlo. E poi» continuò, «abbiamo parlato di elementi correlati, in
qualche modo posso comprendere “una sintonia” fra madre e figlio, fratelli,
i gemelli, sforzandomi un po’ posso immaginarla fra innamorati, ma che
cos’ho da spartire io con una persona all’altro capo del mondo che
non ho mai visto, mai conosciuto né incontrato?»
«No, no, certo, Amy» mi affre ai a dire, «non sto dicendo che possiamo
controllare le menti di altri. La mia idea è fisica, metafisica e spirituale
insieme. Penso che esista una sorta di Matrice, una sorta di campo
energetico invisibile all’interno del quale le intenzioni, i pensieri, si
incontrano e, come fosse il gioco del Tetris, trovano un incastro per
creare la realtà che osserviamo. Se la tua domanda è ancora “chi vince e
chi perde”, la risposta è che nessuno vince e nessuno perde,
La verità è che siamo tutti in entanglement, siamo tutti stati parte dell’uno
iniziale. Potremmo dire che siamo parte della stessa famiglia.
Non puoi avere la certezza che tu o sia fa o di atomi, è solo una tua
supposizione. Inizia invece a pensare che tu o sia fa o di energia, compresi gli
atomi. 14
Che ci piaccia o no, siamo noi la causa di noi stessi. Nascendo in questo mondo,
cadiamo nell’illusione dei sensi; crediamo a ciò che appare. Ignoriamo che
siamo ciechi e sordi. Allora ci assale la paura e dimentichiamo che siamo esseri
divini.
GIORDANO BRUNO
L’uso corre o dello strumento che stai per avere fra le mani può
essere in grado di avviare trasformazioni profonde, nei tuoi pensieri,
nelle tue emozioni, nelle tue scelte, nei tuoi risultati. Trasformazioni
che possono essere anche molto rapide, a volte istantanee. Mi sento
in dovere di avvertirti che l’uso di questo strumento può far
accadere qualsiasi cosa, tranne una però. L’unica cosa che non può
accadere… è che non accada nulla. È impossibile (e a questo punto
sai quanto io non vada d’accordo con la parola “impossibile”).
Semplicemente perché usano gli stessi principi con i quali sei stato
programmato, dunque hanno già dimostrato di funzionare.
Il tuo compito è semplicemente quello di seguire le istruzioni, il
resto verrà da sé.
Fase 1: setup
Questa prima fase consiste nella creazione vera e propria del tuo
Sigillo. Quando dovrai farla? La prima volta, ovviamente, e poi ogni
volta in cui avrai un nuovo obie ivo da raggiungere. Il Sigillo
contiene le chiavi e le coordinate informazionali per liberarti dai
vecchi condizionamenti invisibili, riprogrammarti su tu i e tre i
livelli e trasformare i tuoi risultati nella direzione che desideri.
Puoi dapprima leggere le istruzioni senza fare nulla, alla fine
verrai comunque guidato alla creazione del tuo primo Sigillo.
Ciò che vuoi realizzare, ciò che vuoi o enere. Il mio obie ivo?, ti
starai chiedendo. Dipende dal “peso” che dai alla parola obie ivo.
Solitamente un obie ivo è qualcosa che può essere identificato come
un risultato che vuoi raggiungere e che è nella tua testa. Se invece
perme i a questo obie ivo di coinvolgere la tua sfera emotiva, allora
diventa ben più di un obie ivo, diventa uno scopo, e uno scopo,
me erà in moto in modi molto più potenti tu e le tue risorse. Per
farti un esempio, se la tua idea è lasciare un paese migliore ai tuoi
figli, questo è un obie ivo che così, sulla carta, ha una cara eristica
pre amente mentale. Ma se lo identifichi come uno scopo
coinvolgerà la tua parte emotiva: uno scopo risponde alle domande
“Perché vuoi farlo? Perché ci tieni tanto?”. Capisci benissimo che
sono domande che danno una spinta incredibile alle tue risorse. Le
persone hanno scopi diversi, alcuni a un osservatore esterno possono
sembrare “piccoli”, altri ambiziosi, ma quello che li accomuna è che
per la persona che li desidera rappresentano tu o ciò che conta nella
loro vita. Può esserci il calciatore che vuole vincere la finale di
campionato, il padre che vuole sistemare il figlio e comprargli la
casa, la signora che vuole aprirsi un negozio per animali, o – scopo
fra i più frequenti – trovare un lavoro migliore e meglio pagato. Per
questo motivo, d’ora in poi, lo chiameremo scopo. Al centro del
Sigillo, dunque, scriverai il tuo scopo, ma per non incorrere nelle
insidie di cui parlavo sopra stai a ento a seguire queste 5 semplici
linee guida.
A volte per spiegare questo conce o dico: trasforma ciò che non
vuoi in ciò che vuoi. Non voglio avere paura… sono coraggioso.
Insomma, non dare al tuo inconscio la possibilità di indulgere su tue
paure, tentennamenti o ristre ezze di visione, perché stai certo che
vi si aggrapperà. Guarda avanti e me i a fuoco i tuoi desideri!
Guadagno TOT.
Dimagrisco TOT.
Vinco la finale.
Compro la casa a mio figlio.
Apro il “mio” negozio.
• Principio 2: consapevolezza.
Conoscenza e azione sono sempre indispensabili l’una all’altra, come gli occhi e
le gambe: senza gambe, gli occhi non possono camminare; senza occhi, le
gambe non possono vedere.
ZHU XI
Più sono semplici, più sono chiare, più funzionano. Dunque non
cadere nell’equivalenza ingannevole che il metodo base funzioni
meno di quello intermedio. Funziona benissimo se ancora non ti
senti pronto per quello intermedio, d’accordo?
• Se il tuo scopo fosse quello di realizzare un sogno che hai nel casse o, diciamo pubblicare un tuo
romanzo.
Magari una delle risorse che senti che ti sarebbe utile potrebbe essere
la fiducia, fiducia nella tua scri ura, nella tua storia e in quello che
hai da dire. Questo perché ti sentiresti davvero libero di esprimere i
tuoi pensieri più puri, e sarebbe anche un modo per recuperare una
fiducia in te che hai perso su altri fronti.
Come vedi, una volta creato il Sigillo (ti ricordo che dovrai crearlo
una sola volta per ogni ciclo di 21 giorni) tu o ciò che ti viene
richiesto in modo a ivo sono 3 minuti al giorno.
Quello che rimane è consapevolezza e osservazione (già, ancora
consapevolezza). Cose che non richiedono tempo a ivo. Passiamo
dunque alla fase 3 del metodo del Sigillo.
Livello 12
Il metodo: fase 3 - Osservazione e amplificazione
La credenza che la realtà che ognuno vede sia l’unica realtà è la più pericolosa
di tu e le illusioni.
PAUL WATZLAWICK
La verità è che a volte le cose sembrano ferme. In realtà, sotto il loro apparente
non movimento la trasformazione è già in atto.
1. NUOVI PENSIERI
2. NUOVE REAZIONI
3. COINCIDENZE ED EVENTI SINCRONICI
NUOVI PENSIERI
NUOVE REAZIONI
Non sempre la vita ci dà ciò che vogliamo, ma ci dà sempre ciò di cui abbiamo
bisogno.
Livello 13
Adesso tocca a te: nel campo delle infinite possibilità
Non c’è mistero più grande di questo, che continuiamo a cercare di creare la
realtà sebbene, di fa o, noi siamo la realtà.
RAMANA MAHARSHI
«Adesso tocca a te»: fu questo ciò che dissi a Amy, guardandola negli occhi,
al termine delle nostre chiacchierate. Le consegnai lo stesso Sigillo che ho
consegnato a te, dandole le stesse istruzioni che ho dato a te. Sapevo che era
una tipa difficile da convincere, lo sapevo fin dall’inizio, ma il mio obie ivo
non era mai stato quello di convincerla. Volevo solo che potesse avere una
nuova possibilità e, dal suo sguardo, capii che l’aveva colta.
Sapevo che adorava le schematizzazioni, che le piacevano le cose che si
toccano con mano, e che la cosa più importante per lei non erano le parole
ma l’esperienza che producevano, i risultati che portavano.
Fu di quello che mi parlò qualche tempo dopo, quando ci incontrammo
nuovamente. Non era ancora giunta alla fine del secondo ciclo, aveva deciso
di acce are il mio consiglio e aveva fa o un primo ciclo con la versione base
e ne stava per concludere uno con il livello intermedio. Mi disse che non
sapeva se avrebbe provato il livello avanzato, non le andava di me ersi a
comprare una piantina e poi non aveva mai avuto il pollice verde.
«Ma poco importa» le dissi. Così come le avevo accennato durante le
nostre chiacchierate, l’importante era fare qualcosa che la facesse sentire
bene e non in modo forzato.
Mi disse che, guardandosi indietro, in quelle poche se imane erano
successe molte più cose di quante ne fossero accadute in tu o l’anno
precedente. Aveva deciso di acce are il suo nuovo ruolo, si era insediata e la
sua carriera aveva avuto un decisivo balzo in avanti. Nello stesso tempo
aveva iniziato a risolvere i problemi sentimentali con suo marito. Aver
riconosciuto l’ombra ingombrante del padre che aveva sostituito la madre
assente, e il rischio per lei di diventare anaffe iva come la madre, le aveva
permesso di sciogliere i suoi nodi e le aveva fa o capire che gli impegni del
nuovo lavoro potevano convivere con un rapporto rinnovato e più saldo in
famiglia.
Non era tipa da grandi complimenti e parole dolci, Amy, non lo era mai
stata. Ma i suoi occhi dicevano molto più di quanto le sue parole potessero
riuscire a esprimere.
www.latuamentepuotutto.it
Livello 10. Entrare nel codice segreto della mente. Il metodo: fase 1 - Setup
1. C.G. Jung, L’uomo e i suoi simboli, Raffaello Cortina, Milano 1996.
2. J. Kefir, La scienza dei sigilli del Re Salomone, Psiche 2, Torino 2017.
3. L. McTaggart, La scienza dell’intenzione, cit., pp. 255-257.
www.librimondadori.it
Copertina
L’immagine
Il libro
L’autore
Frontespizio
La tua mente può tu o
Avvertenza
Cosa sta per accadere?
Livello 0. Da cosa dipende?
Livello 1. Ogni istante è una scelta
Livello 1. Punti essenziali
Coincidenze favorevoli. di Alessandro Bagnara
Livello 2. Lì fuori non c’è niente
Livello 2. Punti essenziali
Livello 2. Esperienza
Cominciare ad amarsi. di Vi oria Trepiccione
Livello 3. La tua mente ha un compito: dimostrarti che hai ragione
Livello 3. Punti essenziali
Livello 3. Esperienza
Ritrovare la fiducia. di Alessia Barmaz
Livello 4. I se e secondi che cambiano ogni cosa
Livello 4. Punti essenziali
Livello 4. Esperienza
Rinascere a 51 anni. di Claudia Cerrone
Livello 5. Lo spazio mentale
Livello 5. Punti essenziali
Livello 5. Esperienza
Ritrovare se stessi. di Erika Lissandrin
Livello 6. Lo spazio emozionale
Livello 6. Punti essenziali
Livello 6. Esperienza
Diventare protagonisti della propria vita. di Christian Cocuzzoli
Livello 7. Il programma più potente
Tu sei felice?
Livello 7. Punti essenziali
Livello 7. Esperienza
Un irrimediabile o imista. di Stefano Lazzerini
Livello 8. Lo spazio energetico
Livello 8. Punti essenziali
Livello 8. Esperienza
Cancellare la rabbia. di Lorenza Na a
Livello 9. La scienza dell’inspiegabile
Livello 9. Punti essenziali
Livello 9. Esperienza
De-programmare l’infelicità. di Andrea Zaccardi
Livello 10. Entrare nel codice segreto della mente. Il metodo: fase 1 - Setup
Livello 10. Esperienza
Livello 11. Il metodo: fase 2 - Applicazione
Livello 12. Il metodo: fase 3 - Osservazione e amplificazione
Livello 13. Adesso tocca a te: nel campo delle infinite possibilità
Note
Ringraziamenti
Copyright