Sei sulla pagina 1di 312

Il libro

C mente e prendessi il controllo di quello spazio in cui si compiono tu e le


decisioni, le scelte, e si forma il tuo destino?

Che si tra i di trasformare un’idea in un proge o di vita, di raggiungere un


importante risultato imprenditoriale o di o enere la serenità che da sempre
rincorri, poco importa: senza conoscere quel codice tu o viene lasciato al
caso. Tu o dipende dalla tua mente, e quindi prima di ogni altra cosa devi
capire come funziona.
È questo il cuore del nuovo libro di Italo Pentimalli, uno strumento alla
portata di tu i per diventare finalmente padrone dei meccanismi inconsci
che influenzano le tue scelte, le tue idee e, con esse, i tuoi risultati.
Sì, perché l’evoluzione ti ha dotato di un cervello in grado di elaborare
programmi che ti guidano a tua insaputa, veri e propri “condizionamenti
inconsapevoli” che agiscono su tre livelli: mentale, emozionale ed energetico.
Unendo le scoperte più recenti nell’ambito delle neuroscienze alla rile ura
di antichi prece i delle filosofie orientali, questo libro presenta un percorso
suddiviso in tredici livelli per comprendere proprio quei meccanismi
inconsci e accedere così al codice segreto della tua mente.
Insieme offre un metodo semplice ma efficace che in soli tre minuti al
giorno ti consentirà di scardinare i vecchi programmi mentali disfunzionali e
a ivare il tuo Cervello Quantico, facendo emergere risorse e potenzialità che
sono già dentro di te senza che tu ne sia consapevole.
Regalandoti così l’opportunità di scoprire che c’è sempre un modo diverso
di vedere le cose.
L’autore

Italo Pentimalli è uno studioso dei meccanismi della


mente. Autore e conferenziere, nel 2004 fonda
PiuChePuoi.it®, a ualmente in Italia la più grande
comunità di persone interessate a migliorare i propri
risultati a raverso il potere del Cervello Quantico. È
stato uno dei pionieri della formazione e della crescita
personale sul web in Italia, allo scopo di diffondere
conoscenza e collegare persone accomunate dalle
stesse passioni. Nel 2014 ha scri o il libro Il Potere del Cervello Quantico, che è
diventato un bestseller con oltre 100.000 copie vendute. Trado o in varie
lingue, a distanza di anni continua a trovare nuovi le ori e ad aiutare
migliaia di persone a capire che “c’è un modo diverso di vedere le cose”.

piuchepuoi
groups/poterecervelloquantico
piuchepuoiofficial
Italo Pentimalli

LA TUA MENTE PUÒ TUTTO


Scopri il codice segreto della mente e sprigiona le tue risorse con il potere
del Cervello Quantico
La tua mente può tu o

Non basta fare del proprio meglio.


Prima bisogna sapere cosa fare.
Poi fare del proprio meglio.

WILLIAM EDWARDS DEMING


Avvertenza

Nessuna delle informazioni riportate in questo libro può essere presa o interpretata come
volontà dell’autore di offrire consiglio medico o terapeutico.
In caso di patologie o difficoltà di qualsiasi tipo, sia fisiche sia psicologiche, consigliamo
di rivolgersi al proprio medico di fiducia.
Il le ore si assume la responsabilità dell’uso delle informazioni riportate in questo libro,
sollevando l’autore e l’editore da qualsiasi tipo di responsabilità, dire a o indire a, verso se
stessi o verso terzi.

I marchi Il Potere del Cervello Quantico, Deva XP e Programmazione Subliminale Quantica


sono marchi registrati.
Cosa sta per accadere?

Nessuno può dirlo.


Ogni istante abbiamo davanti a noi infiniti possibili futuri, tu i in
qualche modo potenzialmente disponibili. Anche in questo momento,
prova a pensarci.
Quante possibilità.
Eppure, ogni volta in cui scegliamo di fare o non fare qualcosa, di
pensare una cosa piu osto che un’altra, selezioniamo uno di quei
futuri escludendo tu i gli altri e restringendo il campo originario di
infinite possibilità. Da quel momento in poi scegliamo e sviluppiamo
solo uno dei possibili futuri fra gli infiniti che erano disponibili.
È una grossa responsabilità.
Ma c’è un particolare: nel momento in cui abbiamo coscienza dei
nostri pensieri, e decidiamo di fare o non fare una cosa, proprio in
quell’istante accade un fa o molto strano.
Strano come questa pagina, probabilmente starai pensando.
Se ti stai chiedendo se c’è un errore di stampa, la risposta è no, è
stata impaginata appositamente così. Al contrario (starai pensando)?
Chi l’ha de o che è al contrario? Al contrario rispe o a cosa?
Non è al contrario in senso assoluto, ma solo rispe o a ciò che sei
abituato ad aspe arti, alle regole che in modo invisibile guidano i
tuoi pensieri più profondi, le tue scelte. E questo, senza che tu ne sia
pienamente cosciente, vale per ogni situazione della tua vita, a
livello privato, intimo e professionale. Quali fra gli infiniti possibili
futuri stai selezionando proprio in questo momento?
Prova a pensarci…
C’è un modo diverso di vedere le cose…
Livello 0
Da cosa dipende?

Māyā … non significa che il mondo è un’illusione, come spesso viene


erroneamente affermato. L’illusione, semplicemente, si trova nel nostro punto di
vista, se pensiamo che le forme e le stru ure, le cose e gli eventi a orno a noi
siano realtà della natura, invece di comprendere che sono conce i della nostra
mente la quale misura e classifica. Māyā è l’illusione che deriva dallo scambiare
questi conce i per realtà.

FRITJOF CAPRA , Il Tao della fisica

Tu sai di cosa sto parlando, probabilmente anche tu hai un chiodo


fisso, come me, il cruccio segreto di tu i: siamo noi a guidare la
nostra vita? Siamo noi a scegliere fra gli infiniti futuri possibili? O è
il Caso, il gioco delle circostanze, a costruirci un copione che noi
recitiamo?
Tu sai cosa intendo: a volte, per quanto ci affanniamo, ci sembra
di essere governati da forze che vanno ben oltre la nostra volontà,
forze avverse. Altre volte, eventi apparentemente casuali, incontri
fortunati, strane telepatie ci trasportano in un flusso felice di eventi,
e non possiamo fare a meno di pensare che dietro il caos si nasconda
un senso più profondo.
E allora ti chiedi: da cosa dipende?
Cosa accadrebbe se riuscissimo a prendere il controllo di quegli
eventi?
Passi la vita a credere che devi “imparare delle cose”! Sin da
piccolo ti insegnano che qualunque traguardo devi raggiungere
costa fatica, se vuoi o enere il successo nello studio, nel lavoro, negli
affari e anche nelle relazioni con le altre persone, devi imparare cosa
fare e farlo al meglio. Eppure, se fosse così semplice l’equazione
sarebbe facile: più fai e più o ieni. Ma non sempre funziona così, e
tu lo sai. Perché avere tanta forza di volontà e una cocciuta
determinazione non sempre è sufficiente a raggiungere il traguardo?
Non è solo una questione di disponibilità economica o di studi fa i.
Perché alcuni realizzano i propri sogni, e altri falliscono nonostante
tu i i tentativi?
Cos’è che va oltre le apparenze? Ti è mai capitato di chiedertelo?

C’è qualcosa che va oltre


Ognuno di noi ha il suo Santo Graal che cerca per tu a la vita. Il suo
interesse o la sua passione che non sme e mai di approfondire. Per
me, sin da ragazzo, è sempre stata la curiosità per la mente umana e
i suoi poteri. È da allora che ho iniziato un lungo viaggio che dura
da oltre trent’anni e che mi ha permesso di scoprire cose
meravigliose.
Un viaggio che spesso mi ha portato al confine fra la psicologia e
la metafisica, le neuroscienze e la spiritualità, la biologia e la
dimensione quantistica della realtà. Un viaggio che mi ha portato
anche a capire come le proprietà delle particelle subatomiche –
coesistere in una nuvola di probabilità, essere legate ad altre
particelle anche a distanza – abbiano effe i anche nel campo della
coscienza, individuale e colle iva. Quelle ricerche sono confluite nel
mio libro precedente, Il Potere del Cervello Quantico, un traguardo che
mi ha permesso di far conoscere a oltre 100.000 persone in Italia e
all’estero le prove che sì, la mente ha capacità incredibili che se
padroneggiate possono farci o enere risultati oltre ogni possibile
immaginazione.
Eppure, come spesso accade, ogni viaggio che sembra concluso in
realtà spesso è appena iniziato. Sono passati alcuni anni, anni ricchi
di incontri, ricerche e altre scoperte. Che mi hanno fa o capire come
al Cervello Quantico servisse un passo ulteriore. Una necessaria
evoluzione che me esse meglio a fuoco i principi e il metodo del
libro precedente per arrivare a un nuovo metodo, semplice, veloce e
chiaro, tale da perme ere a tu i, anche a chi si affaccia a questi temi
per la prima volta, di trasformare ogni esperienza della propria vita,
se lo vogliono.
Era necessario ripercorrere da altri punti di vista, e alla luce delle
nuove esperienze e studi scientifici, quelle programmazioni mentali
ed emotive che con le loro “istruzioni” nascoste plasmano
le eralmente la realtà in cui viviamo. Siamo così profondamente
immersi in questi programmi che, senza un grande lavoro di scavo,
continuiamo a considerarli l’unico orizzonte della nostra realtà.
Era poi necessario far comprendere che esiste un livello ulteriore
di programmazione, ossia quella energetica, contenuta in particelle
così piccole che diventa impossibile, senza gli opportuni strumenti,
esserne coscienti.
Un altro punto di svolta è stato per me individuare, grazie a una
serie di importanti studi, uno spazio temporale in cui queste
programmazioni prendono vita: un intervallo breve in cui viene
elaborato quel codice contenente i programmi profondi, prima che
abbiamo la possibilità di esserne coscienti. Me ere il focus su quegli
istanti in cui tu o si decide mi ha permesso di isolarli, comprenderli
meglio, più in fondo e, proprio per questo, o enere un metodo che
in tre minuti al giorno non solo “sciogliesse” i vecchi programmi
disfunzionali ma riuscisse a riprogrammare quel codice, su tu i i
livelli, dal suo interno.

Salire al proprio livello superiore


Adesso chiediti: cosa accadrebbe se riuscissi a entrare nel codice
sorgente della tua mente, e prendessi il controllo di quel luogo e tempo
sfuggente in cui si compiono tu e le decisioni, le scelte, e si forma il
tuo destino?
Se riuscissimo a controllarlo proprio con gli strumenti del Cervello
Quantico?
Questa è stata la domanda che mi sono fa o. La risposta a cui
sono arrivato è nelle pagine che stai leggendo, così come il metodo
che ho ideato per prendere il controllo.
Per farlo devi ripercorrere tu i i livelli della mente, capire che il
cervello si è evoluto con meccanismi cognitivi molto efficaci ma che
ci possono ingannare; sapere che alla parte razionale si intrecciano
una parte emotiva e una energetica che ci ricollegano alle coscienze
di altri, anche al passato; e sapere che in queste tre dimensioni si
annidano istruzioni e tare inconsce che decidono per noi.
Per questo il libro è diviso in livelli. Solo passando da un livello
all’altro crescerà la tua consapevolezza della stru ura del Cervello
Quantico, e anche tu salirai di livello. Ogni livello, compreso questo
che stai leggendo proprio ora, apre nuove porte e, nello stesso
tempo, prepara alla comprensione di quello successivo. Solo alla
fine, quando avrai compreso le tre sofisticate dimensioni della
mente, ti consegnerò il metodo e sarai in grado di coglierne la
portata. Non prima, perché se lo leggessi con i tuoi strumenti
mentali a uali, prima che ti sia liberato da equivoci, abbagli e
inganni della tua mente, non lo capiresti nemmeno.
Per cui ti chiedo di procedere con calma, un passo alla volta e
senza pregiudizi. Devi capire gli esempi, leggere alla fine di ogni
livello le testimonianze di persone come te che si sono trasformate,
ed esercitarti praticamente su quello che apprendi. Non vederlo
come una le ura astra a e distante da te. Devi passare dal sapere al
saper fare, e mentre fai quello che sai di nuovo stai già cambiando.
Quindi ti chiedo di predisporti al cambiamento: se troverai
informazioni, esempi, esperimenti scientifici che ti sembreranno
incredibili, per le tue concezioni abituali, non giudicare. Vai avanti,
senza aspe ative: ne coglierai il senso quando arriverai al metodo.
Adesso sei pronto a oltrepassare la prima soglia. Sin dalla
prossima pagina.
Livello 1
Ogni istante è una scelta

Nella vita solo se si è pronti a considerare possibile l’impossibile si è in grado di


scoprire qualcosa di nuovo.

JOHANN WOLFGANG GOETHE

Se sei qui, con gli occhi che seguono e leggono queste parole, hai già
fa o una serie di scelte, prova a pensarci.
Hai le o pochissime pagine dall’inizio di questo libro e si sta già
sviluppando un nuovo potenziale futuro.
Ora ti chiedo di prendere un’altra decisione.
Immagina questa scena.
È una giornata di pioggia intensa, stai guidando la tua auto per
andare al lavoro e passi davanti alla fermata dell’autobus.
Lì davanti, ad aspe are so o la pioggia, vedi tre persone: una
vecchie a, il tuo migliore amico (o la tua migliore amica) e poi lei (o
lui)… la persona dei tuoi sogni, quella che hai sempre cercato – e lo
capisci subito a livello profondo!
Cosa fai? Ti fermi e dai un passaggio a qualcuno dei tre o tiri
dri o?
Se ti fermi hai già fa o una prima scelta, e dopo ogni scelta, se ci
pensi, si evolve una nuova linea di futuro, già presente a livello
potenziale anche un momento prima che fosse compiuta.
Il problema è che la tua è una piccola utilitaria, quindi ha solo due
posti.
Puoi far salire con te solo una persona.
Allora, chi fai salire in macchina?
La vecchie a, il tuo migliore amico (o la tua migliore amica) o la
persona dei tuoi sogni?

1. Hai deciso di far salire la vecchie a?


Questa decisione rivela il tuo senso etico e sociale. Vuol dire che nella
tua scala di valori me i al primo posto chi è in difficoltà e ti muovi
nello spazio di una comunità che si sostiene e si supporta.

2. Hai deciso di far salire il tuo miglior amico (o la tua migliore


amica)?
Da questa decisione si evince che l’amicizia riveste un ruolo
importante nella tua vita, e che ti muovi in base a tale assunto. Nei
tuoi amici ritrovi la forma più sincera di affe o e non tradiresti mai
un amico, perché significherebbe tradire te stesso.

3. E se hai deciso di far salire la persona dei tuoi sogni?


Vuol dire che tu a la tua parte razionale, emotiva, i tuoi
comportamenti abituali, sono pronti a ubbidire a un istinto superiore
che ti fa andare contro le tue timidezze, blocchi e paure, e ti fa
decidere seguendo le emozioni profonde che senti nei confronti di
un’altra persona.

Che razza di test è?


Lo so, probabilmente stai pensando: ma che razza di test è? Non si
verificano scene del genere nella vita reale, e non c’è una risposta
giusta e una sbagliata.
Vero, ma a ogni istante tu sei chiamato a decidere, a scegliere, e
dietro ogni più piccola decisione, apparentemente innocua, si celano
alcuni dei tuoi meccanismi inconsci, o se preferisci, alcuni dei tuoi modelli
mentali ed emozionali.
Questo tipo di test, apparentemente molto semplice, è in realtà
molto usato in Psicologia poiché perme e di aggirare la parte
razionale e di non fare alzare le normali difese, lasciando emergere le
radici vere dei tuoi comportamenti e delle tue reazioni.
Me iamola in questo modo: ogni volta che devi decidere elabori
(proprio così, come un computer) una quantità infinita di
informazioni presenti e passate depositate nel tuo cervello e stabilisci
una strategia che ti porta a decidere.

Ecco perché io li chiamo “meccanismi decisionali”, ovvero cosa ti spinge a


prendere una decisione piuttosto che un’altra, a fare una cosa piuttosto che non
farla, a ritenere possibile una cosa piuttosto che impossibile da realizzare.

Dietro alla risposta che hai dato, infa i, si cela un conce o molto
più profondo, un’influenza invisibile che ha determinato la tua
scelta.
Su questi microcondizionamenti, ovvero su come e perché i nostri
sensi influenzano la nostra mente, esistono numerosi esperimenti,
per esempio quelli della do oressa Thalma Lobel (psicologa di fama
che insegna alla School of Psychological Science dell’Università di
Tel Aviv), che rivelano aspe i sorprendenti su come funziona il
nostro cervello.
Forse ti sembrerà strano, ma davanti a una tazza di caffè bollente
siamo più propensi ad abbassare la guardia, seduti su una sedia
morbida siamo più aperti e flessibili ad acce are le richieste di chi ci
sta di fronte, una foto sca ata dal basso verso l’alto ci fa percepire la
persona ritra a più potente e ci me e in soggezione nei suoi
confronti, così come l’odore della menta ci rende più propensi
all’acquisto e dopo avere de o una bugia o nascosto qualcosa siamo
più inclini a decidere di lavarci le mani o farci una doccia (come per
lavarci la coscienza). 1
Alcune di queste cose ti sembreranno davvero molto strane, lo so,
ma è proprio così e ovviamente sono meccanismi che non si possono
scoprire con domande dire e (alle quali in pratica ognuno di noi
risponderebbe di no) ma sono rilevabili, appunto, tramite una serie
di test a volte apparentemente innocui.
Ma tornando al nostro test, ora che ti sei fa o coinvolgere
nell’esperimento e sei arrivato alla fine, ti chiederai: ho dato la
risposta giusta? La più appropriata? La migliore possibile?
La domanda da porsi, però, è un’altra.
p p
Esistono scelte giuste?
Questa è la domanda che dovresti porti: giusta rispe o… a che cosa?
Giusta rispe o ai tuoi riferimenti, direi. Allora quali sono i
riferimenti, e quindi le programmazioni mentali, rispe o ai quali tu
valuti tu e le tue scelte, le tue azioni, addiri ura la tua intera
esistenza?
Secondo questa logica tu e e tre le risposte sono “giuste o lecite” e
il tuo giudizio cambia secondo la programmazione che hai ricevuto.
Interessante, vero?
Luis Ángel Díaz, esperto in memorie cellulari e terapeuta di
kinesiologia applicata, dà una definizione chiarissima di ciò che
accade nella nostra mente quando dobbiamo prendere una
decisione:

La modalità della mente è di fare le cose “nel modo giusto”. Ho visto che molto
spesso preferiamo essere nel giusto piu osto che essere felici. Preferiamo essere nel
giusto piu osto che essere liberi. La programmazione della nostra mente ci dice
che c’è un solo modo corre o di fare le cose e, se crediamo in questa
programmazione senza porci mai questioni, questa continuerà a farci ritornare
sugli stessi passi. 2

Cominci a intuire dove ti voglio portare?


Siamo indo i a pensare che sia giusta la nostra scelta sulla base di
un “programma” nella nostra mente costituito da tu e le
informazioni, i significati cruciali e le gerarchie di valori che diamo
alla vita.
Certo, se una persona è in pericolo di vita e ti precipiti ad aiutarla
non c’è dubbio che sia la scelta giusta. In realtà, molto spesso le
opzioni non sono così chiare, ma molto più sfumate e intrecciate.
Torniamo all’esempio dell’auto. Non ti è venuto in mente che
potrebbe esserci un’altra soluzione o possibilità rispe o a quelle che
ti ho prospe ato?
Saresti potuto scendere tu dalla macchina, e dare le chiavi al tuo
migliore amico. Lui avrebbe potuto accompagnare a casa la
vecchie a, mentre tu saresti rimasto alla fermata con la persona dei
tuoi sogni. Così avresti potuto coniugare l’altruismo, l’amicizia e
dare spazio alla tua voglia di libertà e amore. Inoltre la persona dei
tuoi sogni rimarrebbe sicuramente colpita dal tuo gesto così insolito,
e dal fa o che sei disposto a tanto per avere l’opportunità di parlare
con lei (o lui). (E poi chiacchierare so o la pioggia fa molto film
romantico.)
Ma torniamo al momento prima della scelta e della tua azione.
Per quanto possa sembrarti strano – almeno per ora – quello che
conta non è quale fra i tre comportamenti proposti hai scelto
(compreso il fa o che tu abbia intuito che ci fosse un’ulteriore
possibilità, quella che ti ho appena prospe ato). Quello che conta è il
come hai deciso.
Il meccanismo inconscio che si è a ivato nell’esempio dell’auto è
un meccanismo decisionale che si ripresenta ogni volta in cui ti
ritrovi ad affrontare una nuova sfida, a fare una scelta, e devi
determinare cosa sia per te possibile e cosa impossibile.
Non vedi mai tu e le possibilità ma, appunto, solo quelle che ti
fanno sentire “nel giusto”, e che sono quindi un match fra i tuoi
valori e le tue azioni.
La conseguenza di questo meccanismo è molto semplice: ti ritrovi
a vivere in un campo ristre o di opportunità. Non perché esse non siano
a tua disposizione, come a questo punto avrai già compreso, ma
perché il programma mentale con cui interpreti la realtà non valuta
tu a una serie di variabili che invece ti aprirebbero gli occhi su scelte
per te impensabili.
E questo impa a su tu e le tue potenzialità di sviluppo:
relazionale, lavorativo, emotivo.
Riuscire a essere un leader nel tuo lavoro, un campione nello
sport, o anche solo avere un buon rapporto con il tuo corpo,
mantenerlo in salute. Riuscire a raggiungere il successo negli affari,
ma anche negli affe i e avere una relazione funzionale, e uno stato
psicofisico di assoluto benessere, sono tu e possibilità o traguardi
potenziali già presenti nella tua vita.
Allora perché spesso capita di fare così fatica a raggiungere o far
sbocciare quelle possibilità?
Qual è lo scopo di questo libro
A questo punto, forse ti starai chiedendo qual è lo scopo di questo
libro.
E ti aspe eresti già che io elenchi una serie di risultati che o errai
leggendolo.
Le regole di una “scri ura acca ivante” mi suggerirebbero di
dirti, facendo una lunga tra azione dei benefici, di come le ultime
scoperte delle neuroscienze insieme alle nuove scienze di confine
abbiano aperto campi fino a poco tempo fa inaspe ati nella
comprensione del modo in cui la nostra mente determina il successo
della nostra vita: campi che ti riguardano dire amente, che riguardano
il tuo potenziale.
E ancora, le regole della “buona scri ura” mi suggerirebbero
altresì di incuriosirti, annunciando che al culmine di questo libro ti
ritroverai a padroneggiare un metodo (il che è vero) che ti perme erà
di fare emergere ed esplodere le tue risorse mentali più nascoste e
portentose, e di come per fare tu o questo la forza di volontà non serva e,
addiri ura, a volte sia dannosa.
Ma se volessi stupirti ancora di più potrei raccontarti di come,
applicando questo metodo, basteranno 3 minuti al giorno per
riuscire a far emergere con chiarezza cristallina il tuo obie ivo, e a
trasformarlo in un catalizzatore di energia che innescherà un
cambiamento di tu o te stesso così semplice, veloce ed efficace che
stenterai a riconoscerti.
Infa i questi traguardi prospe ati non sono magia, ma il fru o di
un lavoro che sprigiona la consapevolezza dei poteri della mente,
una consapevolezza che assapori già quando non ti fermi
all’apparenza ma decidi di andare in profondità nei lati inesplorati
del tuo cervello.
Ma ho deciso che non lo farò.
Voglio invece raccontarti una cosa. Quando nel 2014 scrissi Il
Potere del Cervello Quantico, prima diventato best seller e poi
addiri ura long seller internazionale, non avrei mai immaginato
quante persone avrei raggiunto a raverso quel libro. E a quante
quelle informazioni sarebbero state utili.
Da allora ho incontrato tantissime persone che mi hanno chiesto:
“che tipo di libro sarà il prossimo che scriverai?” Persone di ogni
sesso, professione ed età, che volevano capire ancora di più i segreti
che può schiudere la conoscenza del Cervello Quantico.
Ho scri o questo libro per te e per tu i loro, immaginando di
trovarci insieme in un posto tranquillo, impegnati in
un’appassionata e profonda chiacchierata, guardandoci negli occhi
come si fa tra vecchi amici, amici che si dicono cose vere su di sé e
sulla vita, cose sincere sui propri pregi e dife i, per migliorarsi e
conoscersi a fondo.
A tu e le persone che in questi anni mi chiedevano “che tipo di
libro scriverai?” io ho sempre risposto la stessa cosa: scriverò un
libro onesto.
Io prome o che sarò onesto con te, ti chiedo di esserlo con te
stesso.
Livello 1
Punti essenziali

✓ In ogni istante che vivi, anche se non sempre ne sei cosciente,


compi delle scelte.

✓ Quando devi decidere elabori, come un computer, una quantità


infinita di informazioni presenti e passate depositate nel tuo
cervello e stabilisci una strategia che ti porta a decidere (i
meccanismi decisionali).

✓ Anche le più piccole scelte che così spesso definiamo nostre, così
come la valutazione che diamo di noi stessi o riguardo alla
fa ibilità di un proge o, sono in realtà condizionate da influenze
invisibili, forze nascoste che plasmano il nostro comportamento.

✓ Non vedi mai tu e le possibilità, ma solo quelle che ti fanno


sentire nel giusto rispe o ai tuoi riferimenti nascosti.

✓ Non esistono scelte giuste o sbagliate, esistono scelte giuste o


sbagliate a seconda dei tuoi riferimenti.

✓ Se il tuo “programma mentale” (alla base dei tuoi meccanismi


decisionali) non ti fa valutare tu a una serie di variabili che ti
aprirebbero gli occhi su futuri per te impensabili, il risultato è
che vivi in un campo ristre o di opportunità. E questo debilita il
tuo sviluppo personale, relazionale, lavorativo ed emotivo.
Coincidenze favorevoli
di Alessandro Bagnara

Ciao Italo,
sono tornato da poco da un viaggio con la mia famiglia. Ma
cominciamo dall’inizio, vorrei essere conciso ma mi risulta difficile
esserlo senza riuscire a spiegare bene il tu o.
Intanto chi sono: mi chiamo Alessandro, ho 44 anni, sposato con
Barbara da 21 anni, con due figli di 18 e 16 anni, da quando avevo 20
anni lavoro nell’azienda di famiglia nel campo del turismo e
trasporto persone, entrato quasi per sbaglio dopo la maturità e il
servizio militare per dare un supporto e far andare avanti l’a ività in
seguito a un lu o molto importante.
Dopo questa breve presentazione, sorvolando tu i gli anni
intermedi, arriviamo a fine anno 2015, inizi 2016. Avevo 42 anni,
sposato con una donna eccezionale e con due figli altre anto
eccezionali (hanno preso tu o dalla mamma!), una buona situazione
economica, un’altre anto buona situazione di salute di tu a la
famiglia, ma… purtroppo ero tristissimo, quasi disperato! Tu mi
dirai “Perché?! Sei pazzo?! Sai quanti vorrebbero essere al tuo
posto?!”… Te lo spiego subito: il motivo è lo stress lavorativo. Il
lavoro in proprio che non è mai finito, 24 ore al giorno, i pensieri che
ti svegliano alla no e e non ti fanno più dormire, investimenti
continui per non restare mai indietro, il sistema che invece di
premiare chi cerca ancora di creare lavoro lo bastona con tasse,
normative assurde e burocrazia insensata che ti fa sentire sempre in
una condizione di inadeguatezza, mai a posto e sereno.
Sì, insomma, mi sembrava di vivere da prigioniero, condannato
per tu a la vita a essere risucchiato in questo vortice quotidiano
senza possibilità di uscirne.
Da questa situazione però ne volevo uscire, e ho quindi pensato
intanto di me ere in vendita degli appartamenti che non servivano,
ma in due anni non è arrivato alcun potenziale acquirente.
Poi mia moglie mi ha fa o conoscere PiùChePuoi, segnalato per
puro caso a lei da un conoscente.
Mi sono subito interessato, ho acquistato gli audio, poi il libro fino
ad arrivare ad aprile 2016 all’evento live Il Potere del Cervello
Quantico, dove, a Rimini, ho avuto il piacere di ascoltarti dal vivo.
Dopo il live ho continuato ad ascoltare gli audio, in particolare la
traccia “Coincidenze favorevoli” e a esercitare la coerenza del
Cervello Quantico. Mi sono convinto che qualcosa sarebbe potuto
cambiare, ho parlato con mia moglie e i miei figli e abbiamo deciso
di me ere in vendita anche l’azienda, cosa non semplice perché è
difficile da pubblicizzare senza rischiare un ritorno negativo, devi
pensare che comunque finché ce l’hai deve produrre e se si sparge in
giro la voce che vuoi vendere rischi di perdere clienti, quindi di
conseguenza può diventare sempre meno appetibile. Inizialmente
quindi è stato molto difficile cercare il sistema di vendere e
continuare a lavorare tenendo nascosta questa intenzione.
Poi, ad aprile 2017, ormai in uno stato psicologico alternante tra il
rassegnato e il fiducioso, ma sempre continuando con le
“Coincidenze favorevoli”, sono uscito allo scoperto con un collega
con il quale ho sempre avuto rapporti di collaborazione, gli ho
proposto di acquistare la mia azienda e lui ha acce ato praticamente
subito!
Così da se embre, portati a termine tu i i passaggi del caso, sono
finalmente libero! Eliminati tu i i pensieri, tornato leggero e
ritrovata la serenità e la voglia di godermi la vita!
Ma non è finita qui, ho parlato per caso con un conoscente di
quegli immobili che non riuscivo a vendere, sapevo che faceva il
designer d’interni ma non avevo idea che avesse da poco tempo
un’agenzia immobiliare, non ci crederai ma in pochi mesi mi ha
trovato degli acquirenti, cosa che non era riuscita a varie agenzie
immobiliari e a cartelli affissi su una strada di forte passaggio. Be’…
se non sono queste coincidenze favorevoli!
Ecco fa o, questo è il mio racconto, il racconto di come la mia vita
è cambiata quando è cambiato il mio approccio mentale a ciò che mi
accade intorno!
Grazie di tu o e a presto, spero.
Ma sopra u o, buona vita!
Livello 2
Lì fuori non c’è niente

Non vediamo le cose come sono, le vediamo come siamo.

Talmud

«Quindi mi stai dicendo che devo essere onesta con me stessa?»


«Certo! Come puoi capire le cose là fuori se non capisci come le vedi
dentro di te?»
Era Amy che mi chiamava a rispondere, e lo faceva con quel suo tono
orgoglioso come fosse una provocazione intelle uale. Amy è una di quelle
toste da convincere.
Amici da sempre, ci eravamo persi per un po’, ma non avevamo
comunque mai smesso di sentirci con costanza e, quando i rispe ivi
impegni lo consentivano, passavamo del tempo insieme intavolando quelle
che noi chiamiamo le nostre lunghe e storiche chiacchierate.
A scanso di equivoci, fra me e Amy non c’è mai stato alcun tipo di
relazione sentimentale. Semmai c’è qualcosa di più profondo, infa i le
nostre strade si sono unite grazie a delle coincidenze che hanno qualcosa di
straordinario (extra-ordinario).
Siamo nati lo stesso giorno, dello stesso mese, dello stesso anno. Nello
stesso ospedale. Le nostre mamme erano compagne di stanza e, nei pochi
giorni in cui ste ero all’ospedale dopo il parto, fra loro nacque un’amicizia
che si rivelò duratura dal momento che, ai tempi, le nostre famiglie
abitavano molto vicine e quell’amicizia nata per caso, anche se forse proprio
un caso non fu, ha avuto modo di consolidarsi nel tempo.
Io e Amy siamo cresciuti insieme, e abbiamo imparato a conoscerci bene
fra le pieghe della nostra infanzia prima e della nostra adolescenza poi.
Da bambini eravamo inseparabili, le nostre famiglie si riunivano spesso
anche durante i fine se imana. Abbiamo condiviso le varie fasi della
crescita, molte vacanze, le crisi adolescenziali. Le prime co e, le grandi
decisioni e le prime sfide della giovinezza.
A un certo punto abbiamo scelto di intraprendere strade diverse,
semplicemente come capita a due persone quando diventano adulte.
Amy decise di seguire una carriera di tipo manageriale, spostandosi di
ci à in ci à per lungo tempo. Io, dopo una carriera di oltre quindici anni in
aeronautica militare che mi aveva portato a ricoprire il grado di maresciallo
di 1ª classe con la mansione di capo velivolo istru ore, avevo deciso di
congedarmi per potermi dedicare a tempo pieno a ciò che realmente mi
faceva sentire bene, alla mia grande passione di sempre: scoprire come
funzioniamo.
Il bello del nostro rapporto è che pur essendo piu osto diversi siamo
sempre risultati “complementari”: Amy è quella razionale, testarda,
convinta di avere sempre una risposta a tu o grazie alla sua grande
intelligenza. Io sono quello più intuitivo, sognatore, riflessivo, che ama
scavare dentro le cose per trovare più sfacce ature, più possibilità. Diciamo
che mentre per Amy tu o è bianco o nero, io tendo a vedere anche tu e le
sfumature del grigio.
Le nostre differenze però non sono mai state da intralcio, anzi, credo sia
stato proprio questo a perme ere alla nostra amicizia di radicarsi così a
fondo e di esserci sempre da stimolo. In fondo ci completiamo a vicenda e
ognuno di noi perme e all’altro di vedere cose che altrimenti, da solo,
probabilmente non avrebbe visto.

Di fronte a un bivio
«Secondo te cosa dovrei fare?»
Era un po’ che non ci vedevamo, e quella volta Amy mi stava
aggiornando sugli sviluppi della sua carriera lavorativa.
Era sempre stata una donna che porta i pantaloni, come dico io. La sua
invidiabile determinazione, unita alla grande professionalità, l’avevano
portata, in quel preciso momento della sua vita, davanti alla possibilità di
un importante avanzamento di carriera.
Era di fronte a un bivio! Da un lato aveva la possibilità di ricoprire un
incarico davvero prestigioso, di o enere quel risultato che aveva sempre
a eso come giusto riconoscimento del suo lavoro, dall’altro questo scenario
la me eva al cospe o di sfide che in quel momento le sembravano più grandi
di lei, responsabilità e cambiamenti che avrebbero riscri o le priorità della
sua sfera personale.
Avrebbe certamente guadagnato di più e avrebbe avuto più prestigio, ma
di contro sarebbe diminuito il tempo libero per fare le cose che amava e
sarebbero aumentate le responsabilità e lo stress legato al lavoro.
Questa indecisione, questo spazio fra due forze contrapposte in cui si era
venuta a trovare suo malgrado, le provocava non poca tensione, e una
sensazione di immobilità alla quale non era certamente abituata.
«Che ne pensi, Italo?» mi chiese dopo aver finito di spiegarmi quale fosse
la scelta davanti alla quale si trovava in quel momento.
Dopo la sua domanda rimasi qualche secondo in silenzio. Ogni giorno
affronti bivi che me ono alla prova la tua capacità di capire qual è la mossa
migliore per te nella realtà che ti circonda: da quando a raversi la strada e
guardi prima a destra o a sinistra, al percorso di studi che imbocchi, alle
scelte lavorative che ti possono cambiare il futuro. E ogni volta non sai mai
se quella che fai è la scelta giusta e quali conseguenze avrà.
La guardai dri a negli occhi e risposi: «Lì fuori non c’è niente, Amy…».
Sul suo viso per alcuni secondi restò scolpita un’espressione di stupore,
per poi trasformarsi velocemente in un lieve sorriso.
Sapeva che non era insolito ricevere da me quel tipo di risposte, ci era
abituata, e sapeva che andavano a parare sempre da qualche parte. Stavolta
però la mia risposta l’aveva davvero disorientata, perché evidentemente non
riusciva a capire cosa avessi in mente.
Il suo sorriso sembrava dirmi: “Ok, mi hai stupito con effe i speciali, e
adesso cos’hai in serbo?”.
Magari stava pensando: il solito enigmatico. Ma la sua curiosità
razionale era di certo ca urata e il suo sguardo, oltre il verbale, mi stava
dicendo: “Vai avanti, Italo, ti ascolto”.

Un albero che cade fa rumore?


Per quanto possa apparire curiosa, questa è una domanda che ha
implicazioni profonde. Non è mia, bensì del do or Robert Lanza,
professore presso la Wake Forest University School of Medicine e
dire ore scientifico della Ocata Therapeutics, dove si occupa di
cellule staminali e clonazione. Ha all’a ivo centinaia di pubblicazioni
e breve i e nel 2014 è stato incluso da “Time” fra le 100 persone più
influenti del mondo per le sue scoperte all’avanguardia nell’ambito
delle cellule staminali. 1
Il do or Lanza chiede dunque: un albero che cade fa rumore? La
risposta della maggior parte delle persone è ovviamente: sì, un albero
che cade fa rumore. Sembra ovvio! Ma se ti dicessi che un albero che
cade non fa nessun rumore?
In verità, come spiega lo studioso, la caduta provoca
semplicemente uno spostamento d’aria e quindi di pressione. La
variazione di pressione raggiunge il nostro timpano, lo fa vibrare ed
è proprio quella vibrazione la causa del rumore.
Ti sembra un gioco di parole? No, è solo la prova di come
confondiamo le cause e gli effe i dei nostri fenomeni mentali. Quello
che noi chiamiamo “rumore” non è provocato dal grande ogge o
esterno (l’albero che cade), ma da qualcosa di invisibile e interno a
noi (la vibrazione del nostro timpano).
“E in tu o questo” afferma il do or Lanza “non c’è nulla di
speculativo o filosofico, sono principi elementari di scienza naturale,
imparati alle medie.” 2
Stai cominciando a comprendere il conce o? Come puoi ben
vedere non vi è davvero nulla di magico in tu o questo.
Voglio spiegartelo meglio con un esempio di vita quotidiana. Uno
di quelli a cui non presteresti mai a enzione, giudicandolo poco
rilevante.
Durante un’estate particolarmente calda parlavo con un mio
conoscente dicendogli che, da quando avevo messo il condizionatore
in camera da le o, finalmente riuscivo a dormire tranquillo. Lui mi
disse che preferiva il ventilatore.
Il ventilatore?! Non sarei mai riuscito a dormire con un ventilatore
accanto al le o! In realtà prima di montare il condizionatore ci avevo
provato diverse volte, ma fa troppo rumore, appena riuscivo a
p pp pp
addormentarmi venivo svegliato da “un’altra passata” (non so se hai
presente come “ronza” un ventilatore?). Lui insistendo mi disse,
invece, che senza il ventilatore non riusciva proprio a addormentarsi.
E sai perché? La spiegazione è nelle origini sudamericane di
questo mio conoscente: anche se vive ormai da diversi anni in Italia,
quando era piccolo, nei momenti di particolare calura, la sera la
mamma lo me eva a le o, accendeva il ventilatore per farlo stare fresco…
e lo coccolava finché non si addormentava.
Per me, dunque, il ventilatore era un rumore che non mi faceva
dormire… mentre per lui, quel rumore conciliava il sonno, perché a
livello inconscio gli ricordava le coccole di sua mamma…

Tre passi con cui “crei” la tua realtà


Tu potresti spiegare l’esempio precedente dicendo: il rumore è
sogge ivo. Verissimo! Ma hai mai pensato cosa significa veramente?
Da quando ho memoria mi sono chiesto perché a ognuno di noi la
realtà appare diversamente. O meglio, produce effe i diversi. E la
risposta che ho trovato è che dipende tu o da come funzioniamo.
Ricordo che già a 10 anni, per dare risposta a questa domanda, ero
tremendamente a ra o da tu o ciò che potesse farmi accendere una
lampadina. Crescendo iniziai a leggere di tu o, dai testi della
psicologia classica fino alla metafisica, da tu o ciò che riguardasse il
self-help fino agli studi delle neuroscienze passando per le ultime
scoperte delle scienze di confine e la meccanica quantistica.
Scoperte e verità scientifiche che troverai spiegate in questo libro
man mano che procederai nella le ura. Ma andiamo avanti un passo
alla volta per non fare confusione.
Iniziamo dicendo che, schematizzando, possiamo descrivere il
nostro funzionamento “mentale” in 3 passi, e che questo
meccanismo tripartito si ripresenta centinaia, migliaia di volte durante la
tua giornata, anche se lo vivi in modo del tu o inconsapevole (come
respirare e guardare).
Qualunque forma di vita riceve input dall’esterno, li processa e
quindi elabora un comportamento, da cui dipende la sua
sopravvivenza. Anche noi uomini lo facciamo, ma con un livello di
difficoltà molto più sofisticato e complesso di tu e le altre forme di
vita.
Dunque, ricapitolando:

1. Il nostro cervello riceve “segnali”

Riprendendo la metafora di prima potremmo dire che il segnale è


l’albero che cade o, meglio ancora, il ventilatore. Ma trasportalo nella
tua esperienza di vita: immagina in un istante tu o ciò che vedi o
percepisci, immagina le situazioni che ti ritrovi a valutare e le scelte che
devi affrontare. Ecco, quando dico “ricevere segnali”, intendo tu o
questo.

2. Li organizza in un “modello”

Una volta ricevuto il segnale (riferito all’esperienza reale, quando ti


trovi davanti a una situazione da affrontare) questo viene elaborato a
seconda di “modelli” che contengono le regole che inconsciamente ti
guidano nelle tue scelte. Riprendendo ancora la metafora di prima
potremmo dire che il segnale è il ventilatore che gira. Quel segnale
viene elaborato da un modello e assume un significato sogge ivo
(rumore o amore, a seconda dei tuoi modelli esperienziali) che, come
hai capito, niente ha a che vedere con il segnale originario. Altro non
è che una tua interpretazione. Lo stesso avviene in qualsiasi
situazione o scelta che ti trovi a vivere. La tua “elaborazione” dei
fa i avviene in un a imo, in un nanosecondo, proprio a raverso i
modelli che contengono le regole che ti guidano e che plasmano le
tue idee e i tuoi comportamenti senza che tu ne sia cosciente.

3. Li proie a nella realtà so o forma di esperienze e campi di possibilità

E qui viene il bello, perché tu o questo “lavoro” profondo risale alla


superficie della tua consapevolezza e ti guida a interpretare
esperienze e possibilità della realtà che vivi.
E per realtà intendo l’esperienza dire a di ciò che vivi: qualcosa di
concreto, tangibile, immediato e misurabile. Intendo ciò che ti accade e
le decisioni che devi prendere, ogni istante di ogni giorno.
Perché ho usato il termine “proie a”? Perché è come se dentro di
te una parte del tuo cervello proie asse un film davanti agli occhi. Un
film che non ha niente a che vedere con ciò che sta accadendo
veramente, un film che non ha niente a che vedere con ciò che è
giusto e con ciò che è sbagliato, ma solo con ciò che è giusto o
sbagliato a seconda, appunto, dei tuoi modelli.
Torniamo alla metafora di prima: il segnale è rappresentato dal
ventilatore, l’elaborazione tramite i tuoi modelli ti fa percepire
rumore, la proiezione è rappresentata dal fa o che quel ventilatore
acceso inizia a darti fastidio e tu non riesci a addormentarti. Ma già a
questo punto ti rendi conto che quello che ritieni stia accadendo non
rappresenta la realtà, vero? La realtà è semplicemente ciò che è: un
ventilatore in funzione. Il resto dell’esperienza l’hai creata tu (se ci
fosse stato il mio amico, come sai, quel ventilatore non avrebbe
provocato alcun fastidio).
Ma ancora una volta sostituiamo al ventilatore qualsiasi
esperienza tu possa vivere, cosa succede? Che ciò che vivi ti sembra
“ogge ivo”, invece è assolutamente personale, fru o della
proiezione dei tuoi modelli, del tuo film mentale.

Dentro il film della tua mente


Il cinema è una mirabile finzione che ci aiuta a capire e apprezzare
meglio la realtà. Ma è una finzione. Se c’è una cosa che emerge chiara
dallo schema in tre fasi che ti ho descri o prima è che tu non vedi
dire amente e in modo imparziale il segnale (ciò che accade) ma il film che
vedi è il risultato di un’elaborazione, compiuta dentro il tuo cervello da
modelli che agiscono a tua insaputa.
Lo so che può sembrarti strana questa spiegazione (ma come? La
realtà dentro la nostra mente è simile a un film che non sappiamo
come viene proie ato?). Eppure ti assicuro che ci sono ragioni
fisiologiche e naturali perché tu o ciò avviene. Per fartelo capire
partiamo dalla più semplice delle azioni: guardare. Come facciamo a
“vedere” le cose?

• La luce di ogni cosa che osserviamo raggiunge il cristallino.

Il cristallino è un organo trasparente, situato all’interno del bulbo


oculare. È come una lente naturale dell’occhio che, insieme alla
cornea, consente di me ere a fuoco i raggi luminosi.

• Ma la luce che vediamo è solo una parte dello “spe ro ele romagnetico”.

All’interno di questo continuum che contiene tu e le radiazioni


ele romagnetiche, solo una piccolissima porzione appartiene al
cosidde o spe ro visibile, cioè all’insieme delle lunghezze d’onda a
cui l’occhio umano è sensibile e che sono alla base della percezione
dei colori. Ogni specie vivente ha una banda percepibile, ovvero un
range di frequenze che riesce a percepire. In linea di massima noi
esseri umani percepiamo frequenze che vanno tra i 380 e i 780
nanometri. Tu o il resto non lo vediamo col nostro occhio, ma c’è.
Altre specie, come per esempio le api, vedono differenti range di
onde, in questo caso l’ultraviole o (so o i 380 nanometri), il che
perme e loro di individuare il ne are all’interno dei fori.
In ogni caso, senza scendere in particolari per noi poco
interessanti, sarai d’accordo con me che la nostra stessa fisiologia
provoca già un primo taglio di realtà (noi per esempio non
vedremmo il ne are all’interno dei fiori).
• Dopo questa prima importante “selezione”, la luce visibile arriva alla retina.

La retina è la membrana più interna del bulbo oculare, in cui un


numero molto elevato di cellule (tra i 4 e i 7 milioni di cellule a forma
di cono) riconosce i 3 colori fondamentali (blu, rosso e verde) e crea
un’immagine capovolta di ciò che osserviamo.

• Da qui, a raverso innumerevoli fibre nervose, l’immagine raggiunge il lobo occipitale del nostro
cervello.

In questo luogo l’immagine viene raddrizzata e le viene dato un


“senso” grazie al lavoro di “interpretazione” di circa 100 miliardi di
cellule nervose (i neuroni) e 100.000 miliardi di collegamenti fra esse
(le sinapsi).

È così che funzioniamo, noi operiamo un taglio di realtà: dal grande


mare di dati sensoriali e psichici in cui siamo immersi ne
“selezioniamo” una fe a e su questa “costruiamo” il nostro film, la
nostra storia. E questo meccanismo funziona sia che si tra i di
valutare sensazioni uditive e ta ili, sia quando dobbiamo elaborare
pensieri e valutazioni di ciò che per noi è fa ibile o meno, sia
quando si tra a di percepire il nostro stesso valore.
Tirando le fila, la cosa importante da comprendere, per ora, è che
fra ciò a cui crediamo di trovarci di fronte e ciò che veramente è, c’è
di mezzo un’elaborazione molto profonda.
Ti chiederai: ma tu o ciò cosa significa nella pratica? Significa che
le cose là fuori (sensazioni, pensieri, situazioni, persone, eventi) sono
neutre. Siamo noi a dargli un significato. Un colore è solo un colore,
un suono è solo un suono… e un ventilatore è solo un ventilatore:
ma la loro esperienza dipende da te.
Dunque, ricapitolando l’esempio di prima:

1. Il segnale è sempre neutro: il ventilatore è solo un motorino con


una pala.
2. Il modello agisce a tua insaputa: in base a come sei abituato ne
sentirai solo il rumore, ma se nell’infanzia lo usava la mamma te
la ricorderà.
3. L’esperienza modifica la realtà: in base a quelli che sono i tuoi
ricordi profondi proverai fastidio o amore per il rumore delle
pale.

Vuoi un’ulteriore dimostrazione di quanto sia radicato questo


meccanismo? Prova a leggere:

1. LEGAMI
2. ABBRACCIATI
3. LEGATI

Cosa hai le o?

1. Légami o Legàmi? (me o gli accenti per farti comprendere il


senso della parola)
2. Abbràcciati o Abbracciàti? (abbraccia te stesso/a o due
innamorati abbracciati?)
3. Légati o Legàti? (lega te stesso/a o due nastri che sono legati fra
loro?)
Qualsiasi cosa tu abbia le o è il fru o di un tuo modello che poi ha
influenzato la tua realtà.
Questo esempio, volutamente semplice, serve a farti comprendere
che il meccanismo che ti sto descrivendo agisce su tu e le a ività del
tuo cervello, facendoti interpretare segnali (del tu o neutri) come
esperienze reali.

Ma quali sono le conseguenze? Le catene di eventi


Ora, però, vorrei spiegarti meglio quali sono le conseguenze pratiche
dello schema SEGNALE-MODELLO-REALTÀ di cui stiamo parlando.
Facciamo qualche esempio pratico:

1. Una donna riceve una lunga le era da un corteggiatore


(SEGNALE ).
a) Se non ha alcun interesse per lui penserà: “Ma questo non ha
niente di meglio da fare?”.
b) Se invece è ben disposta verso di lui penserà: “Che
romantico, mi ha scri o una le era a mano, come si faceva
tanti anni fa!”.
Riesci a vedere lo schema? Segnale (neutro) – reazione de ata
da un modello (in questo caso interesse/disinteresse
sentimentale) – diversa esperienza della realtà
(fastidio/piacevole curiosità).
2. Un cliente non ti richiama (SEGNALE ).
a) Se tu, come sales manager, so o so o non sei molto sicuro del
lavoro svolto, e per questo sei titubante nei confronti dei
clienti, penserai: “Non sarà soddisfa o di ciò che gli ho
venduto e non vuole più acquistare da me”.
b) Se invece sei certo di conoscere il tuo cliente e sicuro del fa o
tuo, oltre a essere intraprendente di natura, penserai:
“Magari è occupato, lo richiamo io”.
3. Stai affrontando una sfida professionale importante (SEGNALE ).
a) “È difficile” pensi, la ritieni al di sopra delle tue potenzialità e
ti paralizzi.
b) “È possibile” ti dici, sei certo di potercela fare e sei esaltato
dalla novità.

Hai notato la differenza di questi esempi rispe o ai precedenti? È


evidente, no? Non si tra a più solo della catena “segnale-
interpretazione” a raverso il modello-proiezione nella realtà.
Come vedi il risultato dell’elaborazione ha un impa o molto
importante, dire o, tanto che porta a una diversa decisione, apre le
porte a due futuri divergenti, a due linee di realtà ed esperienze
molto diverse.
Le conseguenze di ogni nostra elaborazione inconscia non sono
innocue: innescano catene di eventi di cui quasi sempre siamo passivi
spe atori.
Fai a enzione, perché questo è un punto importante.
Riprendiamo uno degli esempi appena fa i: il cliente non ti
richiama.
Di per sé questo segnale è neutro, come abbiamo de o, se il
cliente non ti richiama è un dato di fa o, tu o qui.
A questo punto, è il modo in cui valuti e interpreti i segnali che
può dare vita a due opposte reazioni:

1. lo richiami tu (perché pensi che sia occupato, perché non vuoi


lasciare nulla di intentato, per fargli sentire il tuo interesse…
completa tu la lista sulla base della tua esperienza personale);
2. oppure desisti, e per giustificarti ti dici che non vorrà più
acquistare da te (perché in fondo sei timido, o insicuro
professionalmente…).

A seconda di questa elaborazione, che non è un dato di fa o ma


un punto di vista, si aprono due possibili catene di eventi molto
diverse che impa eranno a loro volta sui tuoi stati d’animo e sulla
tua capacità di approcciare le situazioni future.
Prova a immaginare.
Me iamo che tu decida di richiamare il cliente e scopra che
magari aveva bisogno di qualcosa ma non aveva avuto il tempo di
richiamarti. Molto probabilmente farai una vendita. Questo significa
che guadagnerai del denaro, che le tue statistiche come venditore del
mese in corso miglioreranno. Probabilmente, allora, anche il tuo
stato emotivo ne trarrà giovamento, la prossima volta sarai più
motivato a fare una chiamata in più, sarai più predisposto a
comunicare meglio e, molto probabilmente, farai altre vendite.
Me iamo invece che tu decida di non chiamare: come cambierà il
tuo stato d’animo? Sicuramente non in positivo. Avrai effe uato una
vendita in meno, il tuo score come venditore sarà sceso e questo
innescherà la convinzione di essere mediocre, ti farà sentire
sfiduciato, il che abbasserà le tue performance, e così via verso il
basso…
Questa concatenazione di pensieri e azioni, siano essi positivi o
negativi, che partono da un segnale che (ormai lo sai) è sempre
neutro alla sua origine, si traduce in un principio chiaro:

Le esperienze che vivi tenderanno sempre a confermare ciò che pensi in un


ciclo senza fine che tu, senza saperlo, continui ad alimentare con i tuoi pensieri.

Il perché lo vedremo nel prossimo livello. Intanto ti anticipo che la


tua esperienza personale tenderà a combaciare sempre con il livello
di pensiero che l’ha generata. E questo a causa di 5 potenti fenomeni
che ingannano la mente.
Inizi a immaginare quanto sia profonda l’azione di un solo
pensiero?
Di come possa dare vita a esperienze, campi di possibilità e futuri
totalmente diversi?
E di come sia la nostra mente che riempie il vuoto che c’è là fuori?

Cos’è un sasso?
Amy era stata ad ascoltarmi in un silenzio a ento e concentrato,
intervallando la sua espressione curiosa con piccoli cenni di assenso.
A questo punto del discorso però mi interruppe: «Ho capito, Italo, tu o
dipende dalla nostra mente! Ma per quanto tu abbia il gusto del paradosso,
le cose là fuori esistono eccome! Se io mi alzo e sba o contro quel masso»
disse indicandomi un grande sasso che era a pochi metri da noi, «quel masso
esiste eccome! Così come il dolore che proverò!».
«Mi hai fa o tornare in mente una storia Sufi» le risposi eludendo la sua
domanda provocatoria.
È la storia di un maestro che prese un sasso e lo posò davanti alla sua
allieva.
«Cos’è?» chiese il maestro.
«Un sasso» rispose l’allieva.
«Il violento» continuò il maestro «lo userebbe come arma per fare del
male.
«Il costru ore ne farebbe un ma one su cui edificare una ca edrale.
«Per il viaggiatore stanco sarebbe una sedia dove incontrare il riposo.
«L’artista scolpirebbe il volto della sua musa.
«Chi è distra o vi inciamperebbe.
«Il bambino ne farebbe un gioco.
«In tu i i casi, la differenza non la fa il sasso, ma l’uomo.
«Sei ancora convinta» concluse il maestro «che sia un sasso? Almeno
per come lo intendevi tu?»
Appena terminai di raccontare questa piccola storia, Amy replicò
divertita: «Ho capito, Italo, vuoi dirmi che io sarei quella distra a, allora?».
«Voglio dire che la differenza non la fa il sasso: la fai tu. Voglio dire,
Amy, che tu hai il controllo su tu o ciò che avviene dentro e fuori di te.»
Amy stava cominciando ad annoiarsi. I sofismi e tu o ciò che sfugge a
una razionalità immediata l’avevano sempre stancata. Se c’è una
cara eristica innegabile in lei è il pragmatismo.
«Resto comunque convinta che se mi alzassi e urtassi contro quel sasso
sentirei dolore!» disse.
«Certo, Amy» le risposi senza lasciare passare un a imo, «perché sei tu,
ma se fossi un masochista proveresti piacere. Quello che sto cercando di
dirti, Amy, è che le cose prendono senso nella testa di chi le riceve.»
Restò perplessa, quasi senza parole. Dopo qualche istante, con tono
lievemente seccato, mi guardò e concluse: «Ok, gran bel discorso il tuo,
Italo. Ma cosa c’entra tu o ciò con la decisione che devo prendere
nella mia vita?».
Si era fa o ormai tardi, l’indomani eravamo già d’accordo che ci
saremmo rivisti per un aperitivo visto che Amy restava in ci à per qualche
p p y p q
giorno.
Tirai fuori la biro dalla tasca, presi un foglio di carta, ci scrissi sopra due
domande e lo consegnai a Amy.
«Vorrei che per domani tu rispondessi a queste due domande» le dissi.
Livello 2
Punti essenziali

✓ Lì fuori non c’è niente (almeno per come lo intendi tu).

✓ Il cervello riceve segnali (tu o ciò che vedi o percepisci, le


situazioni che ti ritrovi a valutare o la percezione del tuo valore,
le scelte che devi affrontare), li elabora in un modello
(organizzandoli per mezzo di regole di cui non sei cosciente) e li
proie a nella realtà (so o forma di esperienze e campi di
possibilità).

✓ Non vedi dire amente e in modo imparziale il segnale (ciò che


accade) ma il risultato di un’elaborazione.

✓ Il segnale è sempre neutro, il modello agisce a tua insaputa,


l’esperienza modifica la realtà.

✓ Le conseguenze di ogni elaborazione inconscia non sono


innocue: innescano catene di eventi.

✓ Le esperienze che vivi tenderanno sempre a confermare ciò che


pensi, in un ciclo senza fine che tu, senza saperlo, continui ad
alimentare con i tuoi pensieri.
Livello 2
Esperienza

Rispondi alle seguenti domande:

C’è una distesa di acqua davanti a te. Di cosa si tra a? (Scrivi almeno
5 possibilità.)

Qual è la situazione più importante che stai vivendo in questo


momento? (Può essere un obie ivo da realizzare, una decisione da
prendere, un ostacolo da superare.)

Prova a me erti nei panni di altre persone, come la vedrebbero?


Cosa penserebbe:
a) una persona di cui ti fidi;

b) una persona che consideri esperta di quell’argomento.

Per compilare queste pagine puoi scaricare il PDF da stampare


all’indirizzo
www.librimondadori.it/content/uploads/2019/05/esperienza.pdf
Cominciare ad amarsi
di Vi oria Trepiccione

Ciao Italo,
a dicembre 2016 ho le o il tuo libro, Il Potere del Cervello Quantico,
poi ho comprato la PSQ (Programmazione Subliminale Quantica), a
febbraio 2017 ho preso parte al live di Milano e subito dopo mi sono
iscri a al percorso XP (Deva Experience).
In tu o questo tempo sono cambiata io, è cambiato il modo in cui
vedo le cose e ho cominciato ad amarmi.
Esercito la professione di fisioterapista, mi sono laureata nel 1996,
da alcuni anni sono libera professionista.
Fino al dicembre 2016 mi sentivo una fallita, in a esa che si
realizzasse il mio sogno, cioè che gli altri mi considerassero una
bravissima fisioterapista. Il giudizio negativo di mio padre
peggiorava la situazione. Poi durante le vacanze natalizie del 2016
ho cominciato a leggere e applicare le tecniche descri e nel tuo libro,
i conce i li conoscevo a livello interiore, ma mi mancava la capacità
di plasmare la realtà intorno a me come io voglio.
Quindi già a gennaio 2017 il “vento è cominciato a cambiare”,
sono stata conta ata da più pazienti. Poi con il live, la PSQ e il
percorso Deva le cose sono migliorate.
In quest’ultimo anno mi sono accorta che è cambiata la qualità del
mio lavoro, sono diventata molto più intuitiva e le mie mani sono
diventate più “sensibili”, è cambiato il modo in cui faccio i
tra amenti ai pazienti rispe o al passato, così sto risolvendo con
successo casi difficili e particolari, e comunque se le persone non
guariscono stanno decisamente meglio. Uno dei miei nuovi pazienti
è una bimba nata con plagiocefalia (aveva un dismorfismo cranico)
piu osto grave, infa i gli occhi e la rima della bocca erano
asimmetrici e l’occhio sinistro era molto storto e piccolo. I medici
dicevano ai genitori che non c’era alcun rimedio per far apparire la
testa e il viso della bimba “normali”. La pediatra di famiglia, invece,
suggerì alla madre della piccola di provare con me, e così, dopo un
lungo e difficile “percorso”, la bambina è guarita e appare con un
viso simmetrico, con gli occhi in “asse”. Il mio scopo principale è
sempre stato quello di fare del bene alle persone, per puro Amore
verso il prossimo, per questo ho scelto di esercitare questa
professione. Adesso mi sono ancora più resa conto dell’importanza
dell’onorario, fa ore economico che in passato consideravo meno,
perché Io per prima devo dare valore al mio lavoro perché lo diano
gli altri, e così ho cominciato ad aumentare, anche se di poco, la mia
parcella.
Il mio obie ivo è quello di essere una bravissima fisioterapista,
con un o imo guadagno, che mi consenta di godere della compagnia
di mio marito e di mia figlia, senza trascurarli, lavorando al massimo
5/6 ore al giorno dal lunedì al venerdì, di perme ermi anche gli sfizi
e di esercitare in uno studio, dove ci sia un’atmosfera positiva.
Durante la vita c’è sempre tempo e modo di cambiare. E voglio
passare questa convinzione anche ai miei figli, così per loro sarà più
facile iniziando da piccoli.
Grazie Italo, ti abbraccio e spero di avere il piacere un giorno di
poter parlare di persona con te.
Con affe o, stima e simpatia.
Livello 3
La tua mente ha un compito: dimostrarti che hai ragione

L’antichissima sapienza indiana dice: “È Maya, il velo ingannatore, che avvolge


gli occhi dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non può dirsi né che
esista, né che non esista; perché ella rassomiglia al sogno, rassomiglia al riflesso
del sole sulla sabbia, che il pellegrino da lontano scambia per acqua; o anche
rassomiglia alla corda ge ata a terra, che egli prende per un serpente”.

ARTHUR SCHOPENHAUER , Il mondo come volontà e rappresentazione

«Hai risposto alle domande che ti ho dato ieri?» chiesi a Amy mentre ci
sedevamo al tavolino di un bar il giorno dopo.
«Sì, Italo» rispose, «ho capito cosa volevi dire.»
«Non è quello che ti ho chiesto» le risposi, «ti ho chiesto se hai risposto a
quelle domande che ti ho scri o ieri sul foglie o di carta.»
«Non ho scri o le risposte» replicò Amy, «ma ci ho pensato. Alla fine è
uguale. E poi non ho avuto tempo, ieri sera era ormai tardi e oggi ho una
riunione importante, ma ho capito cosa volevi dire Italo, ho pensato alle
risposte, sì.»
«Vedi, Amy» dissi assumendo un’espressione seria, anche per me erla
un po’ in difficoltà, «tu non te ne sei resa conto, ma quello che hai appena
usato è proprio uno dei meccanismi mentali che fa in modo che le
esperienze che vivi confermino ciò che pensi.
«Si chiama giustificazione, o autogiustificazione.»
Amy mi interruppe quasi seccata: «Ora non vorrai mica tra armi come
una bambina che non ha fa o i compiti?».
«Non voglio dire questo Amy» continuai, «voglio solo dirti che hai fa o
una cosa molto comune: avevi un compito da eseguire, non lo hai fa o, e hai
inventato una storia, molto credibile per il tuo cervello, sul motivo per cui
non ci sei riuscita.
«Lo sai anche tu che ci volevano al massimo cinque minuti e non dirmi
che non avresti potuto trovare cinque minuti per una cosa importante, a
costo di svegliarti qualche minuto prima la ma ina.»
«Senti, Italo, ho dormito male, ho un meeting tra poco ed è un momento
in cui devo prendere una decisione cruciale! Ti pare il caso di farmi la
morale?!» mi rispose Amy con un misto di stanchezza e impazienza.
«Certo che no, Amy, lo sai che ti voglio bene come se fossi mia sorella!
Volevo solo farti capire quello che ti spiegavo ieri, cioè che la realtà là fuori
non è altro che la “proiezione” delle nostre esperienze, e che la tua mente
tende sempre a far combaciare i tuoi ragionamenti, le tue convinzioni, con
“la versione dei fa i” che ti sei data; questo meccanismo agisce in ogni
momento, anche nella tua reazione di stama ina.»
«E che c’entra il fa o che io non ho scri o le risposte a quelle domande,
scusa, Italo?» disse lei.
«C’entra, Amy, eccome. Almeno per due ragioni. Primo perché hai
appena visto in azione uno dei cinque fenomeni che ingannano la mente,
l’autogiustificazione, di cui ti parlerò tra poco. Secondo, perché fra il
credere di sapere una cosa, cioè farne esperienza solo mentalmente, e invece
farne esperienza nella realtà c’è una differenza enorme!»
Poiché Amy mi guardava con aria diffidente, feci un a imo di silenzio e
poi di punto in bianco le chiesi: «C’è un libro che ti ha cambiato la vita,
Amy?».
«Ma che c’entra, Italo? Salti da un discorso all’altro. E poi che paroloni
usi: cambiato la vita!»
«Non è una domanda banale, pensaci Amy» la incalzai con tono dolce.
«Mah, difficile indicare un libro che mi ha “cambiato la vita”. Ci sono
molti libri che sicuramente per me hanno fa o la differenza» rispose Amy.
«Per esempio, studiare alcuni tra ati sulla comunicazione ha avuto un
profondo impa o su come mi relaziono con gli altri e, nella mia professione,
è stato un grande valore aggiunto. Ma uno in particolare non so…»
Amy titubava e questo, lo sapevo, a una persona amante del controllo e
razionale come lei dava fastidio. Per uscire dall’impasse mi rilanciò la palla.
«E tu? Ce l’hai questo libro che ti ha cambiato la vita?»
«Sì» risposi senza esitare un a imo e spiazzandola.
p p
«Quale?» replicò lei stupita.
«È… il primo che ho messo in pratica, Amy!
«Per anni avevo le o libri sullo sviluppo del potenziale umano, ma un
giorno mi accorsi che di ciò che leggevo applicavo poco. La conoscenza è
inutile senza l’azione.
«Non basta sapere, quello è il primo livello.»
«E il secondo è me ere in pratica, certo!» replicò Amy con una punta di
sarcasmo. «Ma dai, ti facevo meno banale!»
«Non è banale quando si ha a che fare con lo sviluppo del potenziale
umano. Ho visto che la stragrande maggioranza delle persone tende a
fermarsi a questo primo livello: il sapere.
«Il saper fare è il livello successivo, ed è decisamente più determinante.
«Per tanti anni l’ho fa o anch’io, come ti dicevo. Se in quel libro c’era
scri o “rispondi per iscri o a queste domande” io non lo facevo,
pensavo alle risposte (forse), dicendomi che tanto era uguale,
giustificandomi con la curiosità di andare al capitolo successivo e poi
all’altro ancora e pensando che alla fine, forse, avrei risposto alle domande
che, in fondo, non erano così importanti (tanto io capivo uguale).
«In realtà, cimentarsi nel rispondere a delle domande o seguire delle
esercitazioni fa andare dire amente al secondo livello, quello esperienziale,
un livello che ha un impa o 1000 a 1 rispe o al solo leggere. E sai perché?
Perché ti “costringe” a esplicitare pensieri che sono solo latenti e impliciti
nella tua mente, e mentre ti me i in gioco e tiri fuori questi pensieri, ti
rendi conto di come la tua mente rielabori grazie ai suoi modelli
l’esperienza che stai facendo.
«Il livello esperienziale è fondamentale per vedere come agisce la tua
mente a tua insaputa, ed è per questo che ogni livello del mio libro è
completato da una serie di “punti chiave”.
«La mente agisce, ricordatelo, e devi me ere le mani in pasta nelle
conseguenze delle sue azioni per capire come controllarla!»
Aprì nuovamente il foglio di carta che le avevo consegnato la sera prima.
C’era scri o:

1. C’è una distesa d’acqua davanti a te. Di cosa si tra a? (Scrivi almeno
5 possibilità.)
2. Qual è la situazione più importante che stai vivendo in questo
momento? (Può essere un obie ivo da realizzare, una decisione
da prendere, un ostacolo da superare.)
3. Prova a me erti nei panni di altre persone, come la vedrebbero? Cosa
penserebbero una persona di cui ti fidi e una che consideri esperta di
quell’argomento?

La tua mente ha un compito: dimostrarti che hai sempre ragione


È ora di passare ai livelli successivi del percorso che ti sto
proponendo. Ma prima ricapitoliamo brevemente lo schema base
che ti ho mostrato nel livello precedente per vederlo da
un’angolatura diversa:

1. Riceviamo segnali (tu o è segnale e sono sempre neutri).


2. Li elaboriamo a raverso un modello (che produce una “risposta”,
una “credenza”, in un processo molto veloce e di cui quasi
sempre non siamo consapevoli).
3. Proie iamo nella realtà la risposta, per “gestire” le esperienze che
viviamo.

Ed è proprio nella terza fase che avviene qualcosa di molto


particolare, perché il cervello farà di tu o per far combaciare ciò che
crediamo con le esperienze che viviamo.
Da quel momento, entriamo in veri e propri tunnel di realtà, nel
senso che tu o quello che ci succede, le esperienze e gli input che ci
arrivano, le decisioni che dobbiamo prendere, non faranno altro che
confermare le convinzioni che ci guidano, che sono a loro volta il
risultato del modello inconscio che le ha prodo e. Il tu o avviene in
un ciclo senza fine.
La spiegazione psicologica di questo meccanismo è stata
analizzata in numerosi studi ed enunciata in diversi teoremi fra i
quali il teorema di Thomas:
Se gli uomini definiscono reali certe situazioni, esse saranno reali nelle loro
conseguenze. 1

In base a questo principio William Thomas, sociologo statunitense


degli inizi del Novecento, condusse numerose ricerche, studiò la vita
degli immigrati polacchi guardandola “da dentro”, raccogliendo le
le ere che inviavano ai loro cari in patria, osservando come loro
stessi si percepivano e come quel modo di percepirsi si tramutasse in
una serie di azioni e comportamenti conseguenti.
È facile immaginare come tu o ciò provocasse invisibili influenze
non solo in ciò che avrebbero o non avrebbero fa o, ma anche
sull’idea che gli altri avevano nei loro riguardi.
Riassumendo, questo teorema sostiene che la percezione della realtà
sia in grado di influenzare concretamente la realtà, rendendola più
simile alla percezione di quanto non sia.
Ma come fanno le esperienze che viviamo a confermare ciò che
pensiamo?

Un caso reale
Personalmente mi sono ritrovato ad affrontare una grande varietà di
casistiche che avevano a che fare con esperienze di tipo sia personale
sia professionale.
Uno di questi casi riguarda una società che seguivo e che, a un
certo punto, si era resa conto che uno dei servizi che proponeva
sembrava non funzionare come da loro aspe ative.
Incaricarono dunque uno dei responsabili di quel servizio di fare
un’a enta analisi per individuare dove fosse il punto di blocco e
quali migliorie potessero essere apportate.
L’incaricato svolse alla perfezione il suo lavoro consegnando
qualche se imana dopo un report molto de agliato riguardante le
criticità e i punti di forza del servizio offerto.
Dopo un’a enta analisi dei dati che l’incaricato aveva trasmesso in
modo così preciso, il consiglio amministrativo decise che, proprio a
partire da essi, si evinceva che il costo operativo nel me ere le mani
a quel servizio superava di gran lunga il beneficio che avrebbe
portato. Decisero dunque di apportare delle piccole migliorie, solo ai
punti veramente cruciali, ma di lasciare praticamente inalterato il
cuore del servizio stesso.
Qualche mese dopo il manager di quell’azienda si rese conto che
alcuni dei dipendenti sembrava avessero perso motivazione nel
lavoro, e iniziò dunque una serie di colloqui per cercare di
comprenderne le ragioni.
Quando fu il turno del responsabile di quel proge o, il manager
scoprì una cosa che in qualche modo lo sconvolse: uno dei motivi
della perdita di motivazione che quell’uomo presentò era il fa o di
non sentirsi preso in considerazione. Come esempio usò proprio
quell’importante analisi che gli era stata commissionata qualche
mese prima e per la quale aveva investito così tanto tempo e così
tante risorse e che, secondo lui, non era stata apprezzata come lui si
sarebbe aspe ato.
Il manager restò allibito poiché, nella sua visione, era accaduto
completamente il contrario: i dati prodo i in modo così professionale
avevano permesso all’azienda di prendere una decisione importante,
calcolando i costi e i possibili benefici, aveva permesso di investire
dove i benefici sarebbero stati maggiori e di apportare solo piccole
modifiche nei proge i che comunque non avrebbero provocato un
aumento dei profi i.
Eppure per quell’uomo, per il responsabile di quel proge o, a
partire da quell’evento si erano innescate una serie di conseguenze
che gli avevano fa o perdere motivazione fino a spingerlo quasi
all’idea di un licenziamento per il riposizionamento in un’altra
società.
Ma come può essere che lo stesso evento possa avere provocato
due reazioni così diverse? E come è possibile che lo stesso evento
abbia dato il via a una serie di esperienze che con il tempo sono
riuscite a provocare una perdita di motivazione così importante?
Questo avviene fondamentalmente per due motivi:

Il primo motivo è che la percezione di un evento provoca una


risposta nella direzione di quella percezione. Ciò significa che ti
muoverai in base a ciò che hai percepito, innescando non solo
una catena di azioni e spiegazioni ma anche una risposta
emotiva in quella direzione. La percezione, spesso considerata
un fenomeno passivo, è in realtà un fenomeno a ivo.
Il secondo motivo risiede in 5 particolari fenomeni che
provocano un autoinganno. A raverso questi 5 fenomeni
l’esperienza che vivi tenderà sempre a confermare le tue
convinzioni profonde, i tuoi pensieri, facendoti entrare in veri e
propri tunnel di realtà.

Iniziamo a parlare della percezione.

La percezione è un fenomeno a ivo


Se l’esperienza che vivi, i dati e i fa i che credi di interpretare
autonomamente e senza influenza alcuna, sono in realtà usati dalla
tua mente per proie arvi sopra i suoi modelli in modo da trovare
conferma e agire di conseguenza, allora il tuo rapporto con la realtà
va ribaltato secondo questo assioma:

Non sono le condizioni che provocano le convinzioni, sono le convinzioni che


provocano le condizioni.

Questo non è uno scioglilingua, vuol dire che è errato pensare che
i fa i esterni agiscano come causa dei nostri convincimenti interni,
ma sono le nostre convinzioni profonde e inconsce a valutare in
modo positivo o negativo i fa ori della realtà che ci circonda e a
determinare le nostre azioni.
Te lo spiego meglio con questa storia che può essere applicata a
qualunque ambito.
È la storia di due venditori di scarpe, rappresentanti di due
diverse aziende, che vengono inviati in Africa per valutare la
possibilità di aprire dei punti vendita del loro marchio in un paese
africano.
Dopo alcuni giorni ciascun venditore chiama la sua azienda per
riferire l’analisi della situazione.
Il primo venditore dice al suo responsabile: niente da fare, qui le
scarpe non le usa quasi nessuno, tu i vanno con i sandali, rinunciamo,
sarebbe un pessimo investimento.
Il secondo venditore invece ha un’altra visione: qui c’è un mare di
possibilità, in pochi usano le scarpe, per il caldo, ma tu i usano i sandali,
vendiamo sandali e diventeremo ricchi!
Vedi cosa vuol dire che sono le convinzioni che provocano le
condizioni del nostro agire? E anche qui troviamo lo schema in tre fasi
che continuo a ripetere. Il dato della realtà è neutro (cioè, il fa o che
quasi nessuno usa le scarpe ma tu i usano i sandali). In qualche
modo il modello sogge ivo dei due venditori ha interpretato la realtà in
maniera completamente diversa fra loro. Di conseguenza, ha
plasmato la reazione di ognuno in modo talmente forte da far
prendere loro decisioni opposte e, da quel punto, esplorare due nuovi
possibili futuri.
Questa storia dimostra che la percezione è un fenomeno talmente
a ivo che è in grado di plasmare le eralmente la realtà: non solo perché
proie a all’esterno ciò che credi ma perché, qualsiasi cosa venga
proie ata, tenderà ad avere sempre riscontro e influenzerà anche chi ti
circonda.
In poche parole, sai cosa significa?

Qualsiasi cosa in cui credi profondamente tenderà a essere sempre confermata


nella tua realtà.

E ti dirò di più. Che sia giusto o sbagliato, vero o falso quello in


cui credi, poco importa. La tua mente te lo confermerà comunque.
L’importante da capire per te è che questo autoinganno avviene
a raverso 5 meccanismi chiave che si a ivano in ogni ambito.

Qualsiasi cosa pensi hai sempre ragione: i 5 fenomeni che


provocano il grande autoinganno
Ora, se qualsiasi cosa pensi tenderà sempre a essere confermata, vuol dire
che il meccanismo con cui la tua mente ada a la realtà esterna al film
delle tue esperienze deve essere molto potente. E deve agire a ogni
livello.
Infa i, i 5 fenomeni che adesso ti descriverò hanno a che fare con
l’a enzione primaria, la memoria, i ricordi, la tendenza a correggere
ciò che vedi sulla base di un “corre ore cognitivo di default” e la
tendenza a trovare una giustificazione quando sei a disagio con te
stesso e scegli una soluzione piu osto che un’altra.
Vediamo allora questi 5 meccanismi, uno a uno, in modo che tu
possa riconoscerli nella tua esperienza personale.

1. ATTENZIONE SELETTIVA

Di questo fenomeno ho ampiamente parlato nel libro Il Potere del


Cervello Quantico, ma dal momento che è un fenomeno molto
pervasivo riprendo il discorso in questo livello.
Qualunque cosa guardi, in ogni istante, entra in azione questo
meccanismo. Hai mai fa o caso che quando per esempio vuoi
acquistare qualcosa, diciamo una macchina, inizi a vedere sempre e
dappertu o proprio quel modello di auto che hai in mente di
comprare?
Oppure, ti ricordi di che colore aveva le unghie la cassiera
dell’ultimo supermercato in cui hai fa o la spesa? A meno che tu
non abbia una particolare predilezione per il colore delle unghie la
risposta è no (ma se ti chiedessi di osservare il colore delle unghie
della prossima cassiera che incontrerai al supermercato molto
probabilmente te ne accorgerai).
Tu o questo avviene per un fenomeno straordinario della nostra
mente, la percezione sele iva (in questo caso a enzione sele iva).
Infa i,

pur essendo una macchina molto potente, il nostro cervello è in grado di portare
allo stato di coscienza solo alcune informazioni, quelle che riguardano
l’argomento su cui sei concentrato.
Solitamente, per far fare esperienza di questo semplice ma
potentissimo fenomeno, uso questo esperimento di osservazione
immediata.
Guarda l’immagine qui so o per qualche istante e conta quanti
pallini neri ci sono.
Fallo ora.

Fa o?
Bene, quanti sono quelli bianchi?
Probabilmente non lo sai, o comunque non sai dirlo con la stessa
precisione di quelli neri.
Come mai? Perché la tua a enzione era concentrata sui pallini neri.

L’attenzione selettiva è un processo cognitivo che permette di selezionare


alcuni stimoli ambientali tra i molti disponibili in un dato momento e di ignorarne
altri.

Ovviamente questo meccanismo ha una ragione evoluzionistica.


Prova a pensare se dovessi essere cosciente di tu e le
informazioni a cui in ogni istante sei so oposto. Prova a pensare a
cosa accadrebbe se tu e queste informazioni salissero allo stato di
coscienza: saresti consapevole che stai respirando, che il tuo cuore
sta ba endo, del rumore degli operai fuori casa, di ogni singola
macchina che passa, del suo colore, delle persone che ci sono
all’interno, delle parole che stanno scambiando le persone che ti
sono vicine, del colore delle loro unghie, del loro respiro, saresti
cosciente del loro taglio di capelli, del colore dei loro occhi, di che
tipo di scarpe indossano… e potrei continuare all’infinito. La verità è
una: rischieresti di impazzire.
Il meccanismo dell’a enzione sele iva, invece, ti perme e di
selezionare in mezzo a una miriade di informazioni che ricevi in
ogni istante solo quelle di cui hai bisogno, ovvero quelle su cui sei
concentrato.
Alcune delle regioni del cervello umano sono note per essere
modulate dall’a enzione (area temporale centrale e aree visive) e
dalle regioni che si ritiene siano fonti di segnali di controllo
dell’a enzione (solco intraparietale, lobulo parietale superiore e
campo visivo frontale).
L’a enzione sele iva è necessaria quando il sistema visivo si trova
di fronte a una varietà di informazioni e dati. Le neuroscienze
sostengono che sia probabile che diversi livelli di neuroni abbiano
più stimoli nei loro campi rece ivi. Non tu i questi stimoli possono
essere rappresentati contemporaneamente. L’a enzione sele iva
fornisce dunque un mezzo per specificare cosa verrà rappresentato e
cosa no. 2
Qual è il risultato di questo fenomeno?
Intanto, come hai capito, si tra a di un fenomeno cerebrale molto
potente, che ha a che vedere con le cellule del tuo cervello (i neuroni)
che si accendono o spengono a seconda degli stati di a enzione.
Inoltre il risultato, per quello che interessa a noi, è che senza che tu te
ne renda conto, in mezzo a decine, centinaia, migliaia di
informazioni, il tuo cervello selezionerà sempre quelle su cui sei
concentrato (nel nostro caso ciò che stai pensando). Il resto diventa
sfondo.
Finché si tra a di pallini bianchi o neri poco importa, ma quando
dalla sfera perce iva e sensoriale si passa alla sfera psichica e devi
valutare persone, fa i, dinamiche sociali?
Per quanto sia molto più complesso e difficile da riconoscere, il
meccanismo è in realtà lo stesso. Poniamo che il tuo “programma
mentale” che ti sei creato durante la crescita ti porti a pensare che gli
uomini e le donne di successo sono necessariamente belli. Cosa accadrà? Il
modello di uomo (o donna) che hai in mente ti porterà non solo a
dirigere l’a enzione preferibilmente sui sogge i che hanno quelle
cara eristiche estetiche, a guardare i “belli” con un misto di
ammirazione e invidia inconscia ingiustificata, ma anche a
considerare erroneamente tu i i sogge i non belli, alti e prestanti
come destinati a non avere successo nella società.
Non è psicologia, è prima di tu o biologia. Ti accorgi che ritorna
sempre lo schema dell’autoinganno della mente di cui ti ho parlato
nel livello precedente? Non solo proie i nella tua testa un film che
nasce dai tuoi modelli profondi, ma selezioni dalla realtà solo quelle
scene che confermano la tua tesi, e alimentano questo circolo vizioso.
La conferma arriverà non solo a raverso l’a enzione sele iva, ma
anche grazie ad altri fenomeni, due dei quali sono meccanismi della
memoria.

2. MEMORIA SELETTIVA

La nostra mente è molto complessa, per cui l’autoinganno in cui sei


immerso (che tende a far combaciare ciò che vivi a ciò che pensi) non
avviene solo grazie a ciò che vedi ma anche a ciò che ricordi.
Questo produce un “rafforzamento” del primo meccanismo,
dandoti l’impressione di avere ragione. È quella che si chiama memoria
sele iva.
Come tu i questi fenomeni, anche quello della memoria sele iva
ha un principio evoluzionistico: pensa se dovessimo ricordare, nello
stesso istante, ogni momento che abbiamo vissuto da quando siamo
nati fino a ora. Anche in questo caso rischieremmo un sovraccarico
neuronale.
Invece la natura ci ha fornito di questo sistema di recupero
condizionale.
Le informazioni vengono immagazzinate nella nostra memoria e
vengono recuperate quando ne abbiamo bisogno. Come avviene?

La riattivazione della memoria si riferisce all’attività neurale corrispondente alle


informazioni precedentemente apprese. 3

In pratica, vuol dire che per recuperare un ricordo hai bisogno di


uno stimolo che a ivi gli stessi neuroni con cui hai appreso
quell’informazione.
Anche questa volta voglio passarti il conce o a raverso un piccolo
esperimento mentale.
Quando è stata l’ultima volta in cui hai bevuto un bicchier d’acqua?
Bene, sicuramente facendo un piccolissimo sforzo di memoria lo
ricorderai.
Cosa è successo in questo caso? Ti sei concentrato sul bicchiere
d’acqua, hai inviato uno stimolo al tuo cervello che dunque ha
selezionato, fra i vari ricordi, l’ultima volta in cui ne hai bevuto uno,
ma ha tralasciato i ricordi di ogni altra bevanda che hai ingerito nello
stesso lasso di tempo. Questo perché il cervello è solo un esecutore,
se non glielo chiedi non va mai a fondo, e sopra u o non riesce a
me ere a fuoco in primo piano sia la vita sia il ricordo di più ogge i
o fa i contemporaneamente. Se lo facesse avresti solo una grande
confusione in testa.
Il fa o che tu abbia ricordato di aver bevuto un bicchiere d’acqua,
però, non significa che tu non abbia mai bevuto un bicchiere di vino
o una bibita, ma semplicemente il tuo cervello ha portato allo stato di
coscienza solo il ricordo che tu hai selezionato, quello che ti serviva
in quel momento, proprio come un juke-box.
La memoria e l’a enzione sele iva si completano a vicenda,
quindi non solo vedi ciò su cui sei concentrato (tu o ciò che rientra in
quel tunnel di realtà) ma anche ricordi ciò che associ all’ogge o visto,
ed entrambi i fenomeni confermeranno il tuo modello cognitivo.
Per farti vedere come funziona questa alleanza facciamo un altro
esempio.
Pensi che gli uomini o le donne siano “tu i uguali”? (Magari sei
cresciuto con un padre inaffidabile e hai sempre avuto partner
inaffidabili? O hai avuto una madre iperpossessiva e continui ad
avere relazioni importanti con donne che cercano di controllare la
tua vita?) Bene, non solo tenderai a trovare fra le persone che vedi e
incontri quelle che corrispondono al tuo modello di “tu i uguali”
(uomini inaffidabili e bugiardi / donne possessive e gelose),
scartando, senza che te ne accorga, tu i gli altri, ma tenderai anche a
riportare alla mente solo le persone simili che hai incontrato e che ti
confermano il tuo modello “sono tu i uguali”.
Ma sono veramente tu i uguali gli uomini o le donne? Magari ne
hai incontrati solo un paio che rientrano nel tuo programma
mentale.
Possibile tu non conosca un uomo o una donna diversi? Anche
non personalmente, magari indire amente?
Certo che sì, pensaci. Solo che il tuo cervello non te li fa vedere né
ricordare.
Vedi com’è potente l’autoinganno? Una volta acquisito nel tempo
il tuo programma mentale, il tuo cervello cerca sempre di dargli
ragione.
Per dirla con le parole di Henry Ford, “che tu pensi di farcela o di
non farcela hai comunque ragione”.

3. I FALSI RICORDI

Come se non bastasse, oltre a questi due meccanismi potentissimi, se ne


aggiunge un terzo che riguarda ancora la memoria e nello specifico i
ricordi.
Tempo fa ho le o una definizione che mi è piaciuta molto. Diceva
che i ricordi sono una realtà distorta della mente che li ca ura.
Perché “realtà distorta”? Vuol dire che non sempre i ricordi sono
reali? Proprio così. Possiamo definire i falsi ricordi come la
falsificazione di un ricordo che avviene in buona fede.
Sono diverse le teorie che tentano di spiegare in modo scientifico
la formazione dei falsi ricordi. Una delle più interessanti è quella
elaborata dalla do oressa Valerie F. Reyna, dire rice dell’Istituto di
Neuroscienze alla Cornell University, autrice di numerose
pubblicazioni e del libro The Science of False Memory. 4
La do oressa Valerie F. Reyna, con la sua teoria della fuzzy trace
(traccia sfocata), 5 sostiene che i ricordi non vengono immagazzinati
in forma unitaria ma vengono “spezze ati” e posizionati su più
livelli.
Secondo questa corrente di pensiero, quando viviamo un evento
vengono ca urati sia l’evento stesso, sia i suoi de agli, sia il
significato: se il significato di un evento che non è accaduto è
sovrapponibile al significato di un’esperienza che invece al contrario
stiamo vivendo, si forma un falso ricordo.
In poche parole, significa che se stiamo vivendo una situazione
qualunque e il significato di un’esperienza passata è sovrapponibile
a quella che stiamo vivendo, allora la nostra mente crea una storia
del tu o credibile sul contenuto dell’evento passato, su cosa sia
accaduto, generando un falso ricordo.
Ti dimostro questo meccanismo raccontandoti il mio primo
giorno di scuola in prima elementare. Non fu un giorno semplice,
ero emozionato, ricordo che la no e non riuscii neanche a dormire
troppo.
La ma ina mia mamma mi svegliò presto, mi preparò una bella
colazione e insieme andammo ad affrontare il giorno che in qualche
modo sanciva il mio passaggio nel mondo dei grandi.
Ricordo che tu i quanti, bambini e genitori, ci radunammo
nell’androne della scuola, ma evidentemente c’era stato qualche
problema perché, man mano che scorrevano le liste delle classi, il mio
nome non c’era.
Ricordo un grande caos, gente che parlava ad alta voce, che si
lamentava: molti altri bambini come me, infa i, non risultavano
nelle liste. Se devo dire cosa ricordo di preciso è un gran frastuono:
ancora oggi, a distanza di circa quarant’anni, è questo che mi è
rimasto impresso.
Peccato che non andò proprio così, o almeno, andò così ma solo in
parte.
Anni dopo, infa i, ricordando questo episodio con mia madre,
scoprii che è vero che il mio nome non era nella lista, ma non c’era
stata nessuna protesta vibrante, nessun tipo di “grande caos”.
Semplicemente dopo essere stati chiamati tu i risultò che 2/3
bambini, compreso io, per errore non erano stati inseriti in nessuna
classe. Dunque ci dirigemmo verso l’ufficio del preside (cosa che io
non ricordo assolutamente) e, uno alla volta, tranquillamente,
venimmo assegnati a una classe.
Come mai allora ho conservato questo ricordo così distorto? Prova
a pensarci: hai 6 anni, è un giorno importante, e il fa o di non essere
chiamato in nessuna classe rappresenta un vero e proprio trauma. Quel
pp p p
momento, dunque, nella mia memoria si era fissato come un senso di
rifiuto ed esclusione, corredato da una serie di simboli negativi – le
urla, il caos, le proteste. Mentre in realtà, come mia mamma mi ha
raccontato in seguito, era stato qualcosa di molto più semplice.
Pensaci, probabilmente sarà capitato anche a te di ricordare in modo
non esa o un evento passato e, magari confrontandoti con qualcun
altro che lo ha condiviso con te, scoprire che è… andata
diversamente.
Possiamo dire quindi che la memoria inganna? Sì, e lo fa perché
deforma le informazioni e può farti tornare in mente cose che in
realtà non sono mai accadute o che hai vissuto in modo molto
diverso.
Cosa comporta tu o questo, dunque?

Non solo ciò che crediamo stia succedendo è invece una proiezione dei nostri
pensieri, ma meccanismi come l’attenzione, la memoria selettiva e i falsi ricordi
tenderanno a confermare sempre la validità di ciò che crediamo.

La verità è che ogni volta in cui decidiamo qualcosa non lo


decidiamo mai in base a una valutazione ogge iva di cosa sia giusto
o sbagliato, possibile o impossibile, ma solo in base a cosa è
giusto/sbagliato, possibile/impossibile in riferimento ai nostri modelli
mentali e tu o questo troverà conferme sia in ciò che vediamo sia in
ciò che ricordiamo.
Infa i, non solo i tre fenomeni appena descri i creano una vera e
propria deformazione delle esperienze che vivi, ma il nostro cervello
procede anche a degli ada amenti per fare in modo di modellare le
esperienze che vivi a ciò che pensi dandoti l’illusione che siano reali.

4. IL CORRETTORE AUTOMATICO

Correggere in tempo reale ciò che vedi e pensi, vuol dire che il tuo
cervello agisce un po’ come fa il “corre ore automatico” dei
programmi di videoscri ura sulla base del vocabolario e della
sintassi che hanno in memoria. Correggere le parole mentre le digiti
è possibile perché il programma ha una serie lunghissima di
istruzioni nella quale cerca di far rientrare le novità che non conosce.
Tu o questo spesso sbagliando, come ben sai.
Anche il tuo cervello funziona così, cerca di correggere visioni,
pensieri e interpretazioni, sulla base delle istruzioni del tuo
programma mentale. Lo fa di default, senza che tu lo comandi.
E sai perché? Uno dei motivi è perché il tuo cervello è
costantemente indaffarato a svolgere numerosissime funzioni,
dunque è se ato per fare le cose, giustamente, nel minor tempo
possibile. Gli bastano pochi de agli per capire di cosa stiamo parlando.
Guarda queste due semplici figure, le riconosci vero?

Molto probabilmente le avrai associate a un quadrato e a un


cerchio.
In realtà, credo sarai d’accordo con me, non lo sono.
Sono solo dei segmenti che il tuo cervello interpreta e “completa”
come quadrato e cerchio.
Perché succede? Perché in presenza di informazioni che si
avvicinano a modelli familiari (pacche i di informazioni) al cervello
bastano pochi de agli per passare alle conclusioni.
In effe i noi non percepiamo stimoli sparsi e disordinati, ma li
cogliamo organizzandoli in “forme”. Questo insegnamento risale
alla scuola psicologica della Gestalt (dal tedesco Gestaltpsychologie
ovvero “psicologia della forma”, della “rappresentazione”),
sviluppatasi in Germana all’inizio del Novecento.
Uno dei principi della Gestalt è quello che viene chiamato “il
principio di chiusura”, che si può riassumere così: “La mente
risponde a modelli familiari anche se riceve un’informazione
incompleta”.
Basandosi sulle esperienze passate, in pratica, la mente ha la
portentosa capacità di introdurre le informazioni mancanti quando una
parte è incompleta.
Fai una prova di quello che ti sto dicendo leggendo il testo qui
so o:

È COMNUE AEVRE

NEL CRERVLLEO QEULLA

SEPCIE DI CORRTETORE

AUTOMTATICO CHE IT FA

LEGGRE BNE PESRINO QUSTEO

TETSO QUI. VITSO?

Incredibile, vero? Hai iniziato a leggere, magari con delle


difficoltà, ma riga dopo riga sei riuscito a leggere molto meglio!
Questo ti dimostra che ti basta solo un de aglio, un segnale (che
abbiamo visto essere assolutamente neutro), magari anche non
completamente giusto, per fare in modo che il tuo cervello
“completi” il quadro di ciò che percepisci o pensi. Non solo, se
alcune informazioni sono sbagliate, il tuo cervello le corregge: tu o
questo per un solo motivo, far combaciare ciò che vedi con ciò che sai.
In questo esempio gli errori di scri ura sono macroscopici, e i
meccanismi che ti sto spiegando in questo capitolo entrano in azione
velocemente per interpretare, riempire e correggere ogni
disposizione errata delle le ere fino a formare quelle che possono
essere le parole giuste in una frase sensata, l’unica possibile secondo
la nostra grammatica. In altri casi la lingua si presta a interpretazioni
più ambigue che il cervello deve sciogliere.
È questo l’ambito in cui agisce la Programmazione Neuro-
Linguistica, un approccio allo sviluppo personale e alla psicoterapia
nato negli anni Se anta in California dai fondatori Richard Bandler e
John Grinder e il cui nome deriva dall’associazione fra processi
neurologici (neuro), il linguaggio (linguistica) e i modelli
comportamentali appresi a raverso l’esperienza (programmazione).
La Programmazione Neuro-Linguistica spiega come il cervello si
serva di convinzioni (informazioni nel suo pacche o di dati che
perme ono di contestualizzare ed evitare le ambiguità in ogni frase)
e grazie a queste salti subito alle conclusioni.
Facciamo un piccolo esempio. Se ti dicessi: “Ho accarezzato un
cane con le scarpe”, cosa penseresti? Che ho allungato il piede per
accarezzare il cane con le mie scarpe o che il cane aveva le scarpe? I
dati profondamente radicati nel tuo programma mentale con cui
decodifichi la realtà ti dicono che è insolito pensare che un cane
abbia le scarpe, e quindi propendi chiaramente per la prima
interpretazione.

In ogni caso quello che è successo è che in modalità assolutamente automatica


la tua mente ha riempito i vuoti e corretto le ambiguità delle informazioni
mancanti a seconda delle tue esperienze pregresse.

5. LE AUTOGIUSTIFICAZIONI

Quest’ultimo meccanismo è uno dei più sofisticati, complessi e


insidiosi, poiché non riguarda la sfera sensoriale ma solo quella
psichica, eppure lo usiamo regolarmente anche se inconsciamente,
ed è fra i più difficili da controllare.
Per presentartelo ricorro alla celeberrima favola La volpe e l’uva di
Esopo: “Una volpe affamata, come vide dei grappoli d’uva che
pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in grado.
Allontanandosi però disse fra sé: ‘Sono acerbi’. Così anche alcuni tra
gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà,
accusano le circostanze”.
In queste poche righe scri e nel V secolo a.C. c’è l’essenza, il cuore
di questo quinto fenomeno che produce l’autoinganno: l’incapacità
di arrivare all’uva induce la volpe a elaborare la conclusione “l’uva è
acerba”, conclusione, però, non suffragata da dati reali.
Non è una conclusione cosciente da parte della volpe ma, in
realtà, che tu ci creda o no, è un meccanismo di difesa del suo
cervello.
Ovviamente è quello che capita spesso a ognuno di noi
ogniqualvolta giustifichiamo il mancato raggiungimento di un
obie ivo o alcuni nostri comportamenti che, in realtà, sappiamo
essere distru ivi.
Quando una persona ha idee e comportamenti tra loro coerenti si
trova in una situazione emotiva soddisfacente: in psicologia questo
viene definito uno stato di consonanza cognitiva (idee e
comportamenti che non sono in confli o).
Ma se per qualche motivo si troverà davanti ad alcune difficoltà,
se i comportamenti non saranno coerenti con le sue idee, se
l’individuo piu osto che trovare soluzioni fugge, si troverà in uno
stato emotivo non soddisfacente. In questo caso si parla di dissonanza
cognitiva, ovvero il confli o fra idee e comportamenti.
Il conce o di dissonanza cognitiva è stato introdo o nel 1957
dallo psicologo statunitense Leon Festinger e approfonditamente
studiato da molti altri esponenti della psicologia sociale, fra i quali il
do or Joel Cooper che, tra le altre cose, ha raccolto cinquant’anni di
studi su questo fenomeno. 6
L’individuo in dissonanza cognitiva cercherà immediatamente e
in modo inconscio di eliminare o ridurre la causa del disagio
psicologico e di conseguenza i risultati che quello stato potrebbe
produrre (come per esempio la riduzione dell’autostima). In che
modo lo farà? A iverà vari processi cognitivi che perme eranno di
compensare la dissonanza (e quindi di ripristinare uno stato emotivo
soddisfacente, così come i risultati da esso prodo i, per esempio un
nuovo aumento dell’autostima).
Rifle i su questa storia.
Una madre parla ai suoi figli dell’importanza di tenere la loro
camere a ordinata.
Qualche pomeriggio dopo, entrando nella camera da le o della
madre, uno dei figli nota che è completamente so osopra, panni da
g p p p
stirare nella cesta, le o ancora in disordine.
Il bambino, che qualche giorno prima aveva ascoltato con
a enzione la mamma, le chiede spiegazioni.
A quel punto il cervello della madre andrà in uno stato di
incoerenza (dissonanza cognitiva). Si creerà in lei appunto “il confli o
fra due conoscenze opposte” (so che avrei dovuto me ere i panni in
ordine e sistemare il le o, invece non l’ho fa o) che le procurerà un
disagio per aver violato dei codici morali che lei stessa si è data.
Quanto questo disagio, o imbarazzo, o fastidio, prodo o
dall’incoerenza, possa essere grave, dipenderà dalla sensibilità della
madre, dalla sua rigidità o indulgenza con se stessa.

Ma visto che il cervello è una macchina perfetta, azionerà un “meccanismo di


difesa” (AUTOGIUSTIFICAZIONE ) che per ricreare le condizioni di coerenza
provvederà a degli “aggiustamenti”.

Allora la donna potrebbe giustificarsi con ragionamenti del tipo:


“È vero, ma oggi ho avuto una ma inata indaffaratissima, e poi i
panni mi fanno comodo messi nella cesta, vicino al ferro da stiro”.
Oppure, anziché sminuire il danno potrebbe dare la colpa a fa ori
esterni: “Non è colpa mia, stavo per farlo ma mi hanno chiamata al
telefono e sono dovuta uscire”.
Se pensi che queste giustificazioni mentali siano improbabili,
prova a fare mente locale sulla tua vita: quante volte hai cercato
degli accomodamenti con te stesso per placare i sensi di colpa perché
non hai rispe ato degli impegni che ti eri prefisso?

Da lunedì mi me o a dieta, ma mercoledì è la festa di Paola…


meglio che lo faccia dal lunedì dopo, dài…
Sto guadagnando poco, ma è perché c’è la crisi, è così per tu i,
che ci vuoi fare?
Le mie relazioni sono insignificanti, ma ho vissuto un’infanzia
difficile, e poi è lui/lei che non mi capisce.
In ufficio non riesco a far carriera, ma è colpa del mio capo che
ce l’ha con me. Potrei me ermi in proprio ma di questi tempi
meglio tenersi il posto fisso e accontentarsi…
Ti riconosci anche solo in una di queste situazioni mentali e reali?
Ne hai vissute di simili a casa, al lavoro, nella salute?
Il problema di questo meccanismo è che è difficile da correggere
perché è arduo da riconoscere, visto che le giustificazioni che ti dai
sono in buona fede. E dal momento che le pensi veramente, ogni
evento che “noterai” (tra tu i quelli disponibili) confermerà la tua
tesi autoassolutoria.
È il deli o perfe o, che si consuma con i qua ro fenomeni che ti
ho descri o prima: l’a enzione sele iva ti farà notare solo i de agli
che confermano la tua giustificazione; la memoria sele iva ti farà
ricordare solo ciò che è utile alla tesi, e se non bastasse, il tuo cervello
può sempre modificare qualche ricordo ad hoc, e infine sei spinto a
completare e correggere inconsciamente le situazioni per vedervi gli
indizi che servono al tuo modello.
Così, tu che sei vi ima di un inganno fornisci il miglior alibi al tuo
cervello, e trasformi involontariamente le tue proiezioni interne nella
tua realtà, in un tunnel di realtà.

I tunnel di realtà
Leggi questo “innocente” scambio di messaggini.
Cosa noti?
No, non è una banale gag comica che gioca sugli stereotipi di “lei”
romantica e “lui” insensibile. È un equivoco che può capitare a
chiunque in qualunque momento della giornata. E siccome sono fa i
irrilevanti, non ci soffermiamo mai a ragionare su cosa significano e
cosa ci rivelano riguardo a ciò che avviene dentro di noi. Ma è
proprio in questi momenti apparentemente insignificanti che si
vedono in azione i meccanismi che ti ho descri o fin qui.
Riconosci lo schema dell’autoinganno?
Fra tu e le interpretazioni alternative alla scena che “lui”
descrive, “lei” sceglie quella che più si ada a al pacche o di
informazioni depositato al suo interno e poi la proie a nella realtà.
Nei prossimi capitoli scopriremo insieme cosa si cela dietro a
questi modelli, e quali meccanismi li regolano (proverai sulla tua pelle
che è proprio così), intanto voglio farti capire che i tunnel di realtà
possono essere davvero potenti e avvolgere tu a la percezione di ciò
che vivi, addiri ura la tua stessa percezione corporea.
Leggi questa storia vera, avvenuta nel 2015.
La ventitreenne canadese Ada Guan era in volo per Tokyo, dove
aveva prenotato una vacanza con il fidanzato.
A un certo punto durante il volo inizia ad accusare forti dolori
addominali, viene portata in business class dove un medico che si
trova sullo stesso aereo la visita e scopre che… è in travaglio.
Sì, Ada aveva notato di aver messo su qualche chilo, ma aveva
anche fa o il test di gravidanza (risultato negativo) e mai si sarebbe
aspe ata di essere quindi incinta. Invece lo era e stava partorendo,
proprio lì, proprio su quel volo per Tokyo.
“Ma come è possibile non accorgersi di essere incinta?” ti starai
chiedendo. L’assenza del ciclo mestruale, la nausea, l’aumento di
peso. Eppure non è il primo caso del genere e non sarà neanche
l’ultimo, anzi, la le eratura medica è piena di casi analoghi. 7
La tv satellitare Sky tempo fa ha prodo o addiri ura una serie
che racconta questi strani scherzi della mente, “Non sapevo di essere
incinta”.
A causa di un mix tra i fenomeni che ti ho appena descri o e le
reazioni fisiologiche da essi sprigionate è possibile.
Sì, la mente è molto potente.

L’impa o profondo delle tue parole e dei tuoi pensieri


Che la mente riesca a ingannare in maniera così radicale e
prolungata il corpo, o meglio il sistema nervoso e sensoriale che
controlla il corpo, dimostra come il film che ci proie ano i nostri
modelli è così convincente da sovrapporsi completamente alla realtà
esterna.
Ma c’è un ulteriore aspe o di cui vorrei parlarti, e che aiuta a
capire come, quando ti dico che la mente costruisce i tunnel di realtà,
non mi riferisco a una realtà virtuale e incorporea, ma a una fisica e
concreta per il nostro corpo. I pensieri e le parole che scegliamo di
utilizzare hanno un grande impa o sul nostro fisico.
Un’équipe di neuroscienziati della Emory University di Atlanta
nel 2012 ha pubblicato su “Brain and Language” i risultati di un
esperimento in cui a un campione di sogge i sono state fa e
ascoltare 54 frasi contenenti metafore ta ili (per esempio, “Ho avuto
una giornata dura”), accoppiate a 54 frasi prive di metafore (per
esempio, “Ho avuto una giornataccia”). L’ascolto veniva registrato
da una risonanza magnetica funzionale, che ha rivelato come ogni
volta in cui venivano ascoltate le frasi contenenti metafore ta ili nel
cervello si accendeva la corteccia somatosensoriale, cioè proprio
quella che controlla gli stimoli del ta o. 8
È quindi scientificamente provato che:

Pensieri e parole hanno un impatto diretto sull’attivazione di specifiche aree del


cervello e, quindi, sulle istruzioni che quest’ultimo ti darà per proseguire.

Non parlo “solo” di istruzioni mentali, ma anche fisiche.


Del resto, sappiamo tu i che quando abbiamo un pensiero triste il
nostro cervello manda un impulso alle ghiandole lacrimali e noi
iniziamo a piangere. E se l’emozione non è così forte da farci
piangere, in ogni caso, se magari proviamo compassione o dispiacere
per una persona o per una certa situazione, ne sentiamo le
conseguenze proprio nel nostro corpo (lo sfarfallio nella pancia, il
volto che si corruccia, un groppo in gola).
Questo perché, ogni volta che elaboriamo un pensiero, il cervello
manda anche istruzioni precise alle altre parti del corpo.
I pensieri, dunque, sono una vera e propria fabbrica ele rica e
biochimica, così potente da avvolgere il nostro organismo in un
bozzolo di realtà virtuale che è la nostra unica realtà.
Un esempio medico chiarissimo di questo rapporto dire o fra
cervello e corpo si ha nel caso delle endorfine e del cortisolo, che
vengono chiamati rispe ivamente gli ormoni della felicità e dello
stress. Le endorfine sono quei neurotrasme itori che trasme ono la
sensazione di benessere quando facciamo sport, ma anche l’euforia
di chi è in uno stato mentale positivo. Il cortisolo invece è un ormone
che ci dà energia per affrontare i momenti di stress positivo, cioè
quello che ci perme e di essere rea ivi in una situazione di reale
pericolo, ma che si rivela dannoso per l’organismo se la mente
continua a generare stati mentali negativi e stressanti e il cortisolo
viene prodo o continuamente dal nostro corpo.
Come vedi, dunque, i pensieri (e anche le parole) non solo
costruiscono il nostro film mentale ma producono effe i anche sul
nostro corpo. Sono “cose” molto concrete e possono avere un
impa o decisamente più profondo di quanto pensi.

Un impa o profondo
Conosci il film Matrix? Pur essendo un film di fantascienza, ha solide
basi scientifiche, tanto da aver suscitato, all’epoca della sua uscita,
intensi diba iti filosofici sul rapporto fra mente-corpo e realtà.
Ricordi da chi è alimentato il gigantesco programma di simulazione
con cui le macchine fanno sognare gli umani? Proprio dall’a ività
ele rica e biochimica prodo a dai cervelli degli umani usati come
pile biologiche. E magari ricordi anche che Neo e i suoi amici,
quando erano “dentro la matrice”, trasme evano ogni reazione fisica
al corpo collegato a distanza – paure, piacere, dolore – al punto che
se nella simulazione neuronale credevano di morire il loro corpo
moriva davvero.
Di storie come questa, in cui la mente è così potente da
determinare lo stato di salute del corpo, è costellata anche la storia
della medicina, dalla quale il cinema ha preso spunto molte volte.
Oggi esistono, infa i, numerosi studi che confermano il potere della
mente sul corpo.
Pensa che quasi la metà dei pazienti con asma riferisce un
alleviamento dei sintomi dopo aver fa o ricorso a un inalatore che
credevano contenesse un farmaco (mentre in realtà non conteneva
nulla), 9 circa il 40% delle persone con mal di testa migliora la sua
situazione grazie al placebo (effe o per il quale una persona migliora
il proprio stato di salute credendo di assumere una sostanza con potere
curativo che invece non contiene nessun principio a ivo). 10 Sempre a
causa dell’effe o placebo, metà dei pazienti che soffrono di colite si
sente meglio 11 e più della metà dei pazienti che soffrono di ulcera
vede alleviati i propri sintomi. 12 Per quanto riguarda l’alleviamento
del dolore, numerosissimi studi sembrano indicare chiaramente che i
placebo risultano essere efficaci quasi quanto la morfina. 13 Per il
cervello, dunque, assumere una sostanza o credere di assumerla
sembra portare benefici molto simili.
Ma il potere della mente sul corpo è evidente non solo a raverso
la le ura dei numerosissimi studi sull’effe o placebo, forse lo è
ancora di più andando ad analizzare ricerche che avevano come
obie ivo proprio quello di verificare questa connessione mente-
corpo.
Una delle ricerche più importanti realizzate su larga scala è il
famoso studio Grant, 14 in cui tra il 1942 e il 1944 vennero selezionati
268 tra i più prome enti studenti dell’Università di Harvard,
considerati tra l’altro al top della salute fisica e mentale. Questi
studenti vennero monitorati da quel momento per il resto della loro
vita a raverso approfonditi controlli periodici.
Molti anni più tardi, il famoso psicologo Martin Seligman riprese
in mano i dati di quella ricerca scoprendo che all’età di 45 anni gli
studenti dello studio Grant che erano stati etiche ati come pessimisti
avevano iniziato ad ammalarsi prima e più gravemente degli o imisti.
All’età di 60 anni i pessimisti erano molto più malati.
Altre ricerche indicano come le persone dall’a eggiamento
positivo abbiano il 45% in meno di probabilità di morire entro un
certo periodo rispe o ai pessimisti (e addiri ura il 77% in meno di
morire per mala ia cardiaca) 15 e come un a eggiamento positivo abbia
anche il potere di tenere lontane le mala ie infe ive. 16
Una ricerca della psicologa di Harvard Laura Kubzansky, che per
dieci anni ha seguito e studiato 1300 uomini, ha evidenziato come il
tasso di mala ia cardiaca tra gli o imisti era la metà di quello tra i
pessimisti. Pensa, la differenza tra i due gruppi era notevole come
quella tra fumatori e non fumatori. 17
I risultati di queste e di moltissime altre ricerche confermano che i
nostri pensieri e in generale l’a eggiamento che abbiamo nei
confronti della vita hanno un impa o anche a livello fisico. Sebbene i
risultati di queste ricerche possano apparire strani, non c’è niente di
magico, sono reazioni biologiche. Il do or Walter Cannon, fisiologo
statunitense considerato il padre della psicosomatica (la branca della
medicina che pone il suo focus sulla correlazione fra impronta
psicologica e disturbo fisico), fu il primo a identificare nel corpo una
reazione di stress, anche nota come reazione fight or flight, lo a o fuggi
(reazione che vedremo in modo approfondito anche nel Livello 6 di
questo libro).
Si tra a di un meccanismo di sopravvivenza che si innesca quando il
cervello percepisce una minaccia. Se questa reazione viene innescata da
un pensiero o un’emozione (come la paura), il cervello invia segnali
che innalzano i livelli corporei di alcuni ormoni, fra i quali il
p q
cortisolo e l’adrenalina, che, con il tempo, potrebbero sovraccaricare
il corpo e causare sintomi fisici predisponendolo alla mala ia. 18
Sebbene i dati che ti ho presentato avranno sicuramente innalzato
il tuo livello di comprensione della potenza dei nostri pensieri anche
sul nostro corpo, lo farà di più sapere che questi fenomeni
avvengono anche in situazioni che potremmo considerare limite.
Il do or Bruce Moseley, un chirurgo ortopedico noto per un
particolare tipo di intervento rivolto alle persone affe e da
debilitanti dolori al ginocchio, escogitò un ingegnoso studio
controllato i cui risultati sono stati pubblicati nel 2002 sul “New
England Journal of Medicine”. 19 Cosa ideò il do or Bruce Moseley?
Un finto intervento chirurgico. Sì, hai capito bene. In pratica un
gruppo di pazienti riceveva l’intervento per cui Moseley era famoso,
mentre un secondo gruppo riceveva un intervento fi izio: i pazienti
di questo secondo gruppo venivano sedati, subivano tre incisioni
come nell’intervento autentico e vedevano sul monitor un intervento
preregistrato credendo che fosse il loro. Come ci si poteva aspe are,
una percentuale di pazienti che aveva ricevuto il vero intervento
guarì dal dolore al ginocchio, ma il dato scioccante fu che lo stesso
risultato venne o enuto dal gruppo della finta operazione chirurgica. A un
certo punto dell’esperimento, addiri ura, chi aveva subito
l’intervento finto provava meno dolore dell’altro gruppo,
probabilmente perché non doveva fare i conti con il trauma post-
operatorio.
Ma per alcuni aspe i ancora più significativa è l’ultima storia che
sto per raccontarti, riportata anche dal famoso biologo cellulare
Bruce Lipton nel suo libro La biologia delle credenze. La storia racconta
del do or Clifton Meador, che nel 1974 disse a un suo paziente di
nome Sam Londe che il cancro all’esofago di cui era affe o era
ritenuto fatale. Qualche se imana dopo che il do or Meador ebbe
riferito questa condanna a morte, il suo paziente, Sam Londe, morì.
Ma l’autopsia effe uata dopo la morte riservò ai medici una
sorpresa: il tumore era troppo piccolo e troppo circoscri o per avere
provocato la dipartita di Sam. Decenni dopo il do or Meador disse:
“È morto con il cancro, ma non di cancro. Io pensavo che lui avesse il
cancro. Lui pensava di avere il cancro. Tu i, intorno a lui, lo
pensavano. Forse, in qualche maniera, ho eliminato la speranza”. 20
Ora, non è assolutamente mia intenzione me ere bocca in un
campo che non mi compete e che, oltre a essere un campo minato,
potrebbe nascondere numerose sfacce ature, ma a questo punto, per
quello che ci riguarda, la domanda chiave è:

Se il nostro cervello è in grado di “nascondere” una gravidanza, farci guarire o


ammalare in modo così potente, cosa può fare davanti alle scelte che
compiamo ogni giorno? Davanti alle piccole e grandi decisioni che aprono ogni
volta tunnel di realtà diversi? Cosa può fare alle nostre vite?

L’effe o Rosenthal: i tuoi pensieri influenzano anche chi ti circonda


Ora rifle i. Se, come hai visto, il risultato della tua elaborazione
mentale è così potente da farti credere che ciò che pensi sia vero e se,
addiri ura, può avere effe i sul tuo corpo, ti stupiresti se ti dicessi
che tale meccanismo può avere influenza anche sulle altre persone?
Uno degli effe i più conosciuti è quello che viene definito effe o
Rosenthal (dal nome dello psicologo tedesco che lo studiò),
conosciuto anche come effe o Pigmalione o, ancora, profezia che si
autoavvera.
Cosa fece il do or Robert Rosenthal?
So opose un gruppo di studenti di una scuola elementare a un
test di intelligenza. Una volta fa o il test selezionò, all’interno del
campione e in modo assolutamente casuale, un gruppo di studenti
dicendo loro che erano risultati quelli con il quoziente di intelligenza
più alto.
Informò anche i loro insegnanti che, quelli, erano ragazzi molto
intelligenti.
Dopo un anno tornò a fare visita a quella scuola e verificò che i
ragazzi da lui selezionati, seppur scelti casualmente, avevano
confermato in pieno le sue previsioni migliorando notevolmente il
proprio rendimento scolastico fino a divenire i migliori della classe.
Quando ci aspe iamo che qualcuno si comporti in un certo modo, è probabile
che agiremo così da rendere più probabile il verificarsi del comportamento
previsto. 21

La spiegazione che si diede era che tu e le persone coinvolte


avevano creduto a un modello (quali erano gli studenti più intelligenti)
e lo avevano proie ato nella realtà. Gli studenti si erano autoconvinti
di essere i migliori e avevano reso molto meglio, e gli insegnanti
avevano creduto al fa o che fossero i più intelligenti e come tali li
avevano valutati. A entrambi i gruppi era stato offerto un
convincimento che si era tramutato in un tunnel di realtà che
ognuno dei partecipanti contribuiva a far avverare.
Dopo quello che hai le o prova a pensare alla differenza fra dire a
un bimbo piccolo “Ti cade tu o di mano!” e “Provaci ancora!”, tra
“Guarda gli altri” e “Sono orgoglioso di te”. Prova a pensare alla
differenza fra il ricevere in silenzio il report di un collaboratore e
invece dirgli “Hai fa o un buon lavoro”, fra dire a qualcuno che sta per
affrontare una sfida “È difficile” o “Sono sicuro che puoi farcela”.
A te il compito di trarre le conclusioni.

Ciò che osserviamo non esiste veramente, il cervello riceve


segnali, li elabora e li proie a nella realtà so o forma di esperienze.
Fuori di noi esiste una realtà?
Tu i questi esempi e i meccanismi che ti ho spiegato fin qui
dovrebbero spingerti a pensare che “la realtà” è quantomeno un campo
neutro. Ognuno di noi lo “carica” di forze, positive o negative, che
sono il risultato di una nostra proiezione.
Mi rendo conto che sentirmi dire che “là fuori non c’è niente” o
che “la realtà è un campo vuoto e sei tu a decidere come riempirla”
può sembrarti estremo e disorientarti.
Ma se ti ricordi, all’inizio ti avevo de o che volevo scrivere un
libro onesto.
Non voglio convincerti di nessun conce o, continuerò a fornirti
diverse prove, diverse evidenze scientifiche, diverse esperienze che potrai
fare sulla tua pelle.
Le stesse prove, le stesse evidenze che io ho trovato lungo la mia
strada, le stesse esperienze, in modo che tu poi possa decidere,
liberamente, se crederci o no, se usare o no queste tue potenzialità
latenti.
Man mano che comprenderai il “potere” insito in questi
programmi della mente che hai già (ma che ora è assolutamente
fuori controllo perché non ne sei consapevole), man mano che
imparerai a “usare tale potere” per dirigere le tue scelte e azioni,
diventerai davvero padrone dei tuoi risultati, causa e non effe o di
ciò che accade, riuscirai a plasmare tu stesso il tuo destino.
E lì comincerai a capire che questa frase, che forse ti sembra
estrema, e cioè che la realtà là fuori è vuota e la devi riempire tu, ha
un senso molto più profondo di quello che, a questo punto del libro,
tu sia in grado di percepire. E che ti accompagnerà a raggiungere
una nuova visione del rapporto fra te e la tua mente, ma anche fra te
e l’intero universo.
Non a caso, a proposito dello statuto della realtà fisica
dell’universo, il fisico e matematico statunitense Brian Greene (tra i
più importanti studiosi della teoria delle stringhe, dal 1996
professore alla Columbia University) ha dichiarato:
La realtà che osserviamo, la materia che si trasforma nello spazio e nel tempo,
potrebbe avere ben poco a che fare con la realtà “vera”, che sta davvero “là
fuori”, sempre che là, fuori di noi, esista una realtà. 22

Amy mi guardava con l’ovale del viso appoggiato sulla mano, era
concentrata, come se il mio discorso l’avesse quasi portata in un’altra
dimensione in cui, iniziava a capire, era lei stessa a modellare le esperienze
che viveva.
Immaginavo che mentre sorseggiava la sua bevanda stesse pensando che
il suo sapore non fosse buono o ca ivo, ma fosse buono o ca ivo
semplicemente a partire dai suoi gusti.
Sono sicuro che, mentre mi guardava in silenzio, rifle esse sul fa o che
quella giornata non era né calda né fredda, la giornata era semplicemente la
giornata, ogni cosa è semplicemente ciò che è, e in tu o questo non c’è
niente di filosofico.
«Ho capito» disse a voce bassa come uscendo da quel momento di trance,
«tu o dipende dai miei pensieri, Italo. A seconda dei miei pensieri
percepisco le cose in un certo modo e, a seconda della mia percezione, decido
di fare o non fare determinate cose, di avere la possibilità di farle o di
non farle. Ogni risultato di ogni percezione, poi, manda anche un
messaggio biochimico ed ele rico al corpo, facendo diventare quel singolo
pensiero molto più potente di quanto io potessi immaginare. A questo punto
mi sembra chiaro che quella che considero realtà è piu osto, in qualche
modo, qualcosa di malleabile, sono io che la modello.»
Fece un a imo di silenzio.
«In poche parole» disse Amy, che aveva la tendenza a sintetizzare quello
che le raccontavo, «la mia mente è un creatore di realtà!»
«Esa amente, mia cara! Ma c’è qualcosa ancora di più» replicai facendo
un piccolo cenno di assenso. «Quei pensieri di cui parli, Amy, non sono
neanche tuoi.»
Livello 3
Punti essenziali

✓ La percezione è un fenomeno a ivo: è come un filtro poiché, una


volta ricevuti i segnali ed elaborati a seconda dei tuoi modelli, la
tua mente ha il compito di dimostrarti che hai sempre ragione.

✓ Il primo modo in cui lo fa è il seguente: la percezione di un


evento provoca una risposta nella direzione di quella
percezione. Così come senti di essere agisci, provocando non
solo un movimento in quella direzione ma anche una risposta in
quella direzione.

✓ Il secondo modo è a raverso 5 fenomeni che provocano un


autoinganno: a raverso questi 5 fenomeni l’esperienza che vivi
tenderà sempre a confermare ciò che pensi, plasmando e
modellando ciò che vivi intorno alle tue convinzioni profonde,
facendoti entrare in veri e propri tunnel di realtà.

✓ I 5 fenomeni dell’autoinganno sono:


• A enzione sele iva: tendi a vedere solo ciò su cui sei
concentrato, ciò che vivi come esperienza dunque tenderà a
combaciare con ciò che pensi.
• Memoria sele iva: tendi a riportare alla mente solo ciò su cui
sei concentrato, ricordi che dunque confermeranno il tuo
modello di pensiero.
• Falsi ricordi: per dare una validità ai tuoi pensieri il cervello ha
questa misteriosa capacità di generare falsi ricordi,
recuperando frammenti di memorie e ricompa andoli in
modo errato.
• Corre ore automatico: anche se ricevi un’informazione
incompleta, la fai combaciare con il tuo modello di pensiero;
basterà un piccolo de aglio di esperienza per farti credere che
ciò che pensi sia vero.
• Autogiustificazioni: per non provocare dissonanza cognitiva a
causa della non coerenza fra le tue idee e i tuoi comportamenti
(che porterebbe a uno stato mentale ed emozionale negativo),
senza esserne pienamente cosciente inventi storie molto
credibili per il tuo cervello.

✓ Tu i questi fenomeni ti fanno entrare in veri e propri tunnel di


realtà che niente hanno a che vedere con ciò che è reale, ma solo
con ciò che è reale in base ai tuoi pensieri.
Livello 3
Esperienza

Dopo aver le o il Livello 3, quanto da 1 a 10 (dove 1 corrisponde a


un po’ di più e 10 corrisponde a perfe amente) riesci a comprendere
come i tuoi stessi pensieri modellano, e in qualche modo creano, le
esperienze che vivi?

Qual è la situazione più importante che stai vivendo in questo


momento? (Può essere un obie ivo da realizzare, una decisione da
prendere, un ostacolo da superare.) Dopo aver le o il Livello 3, quali
riflessioni ti vengono in mente? Come i tuoi stessi pensieri la stanno
plasmando e, in qualche modo, creando?

Ti viene in mente qualche episodio in cui hai vissuto almeno uno dei
5 fenomeni dell’autoinganno? (A enzione sele iva, memoria sele iva,
falsi ricordi, corre ore automatico, autogiustificazioni.)

Almeno uno di questi fenomeni potrebbe essere in a o anche in


questo momento della tua vita? Se sì, come?

Qual è la cosa più importante che hai capito o la riflessione più


grande che hai fa o dopo aver le o il Livello 3?
Quanto da 1 a 10 (dove 1 corrisponde a un po’ di più e 10 corrisponde
a moltissimo) è aumentata la tua consapevolezza, dall’inizio della
le ura di questo libro, di come tu stesso determini le situazioni che
vivi?

Per compilare queste pagine puoi scaricare il PDF da stampare


all’indirizzo
www.librimondadori.it/content/uploads/2019/05/esperienza.pdf
Ritrovare la fiducia
di Alessia Barmaz

La mia testimonianza si apre con un GRAZIE DI CUORE a Italo e a tu e


le persone che lavorano con lui perché mi hanno dato la possibilità
di imparare a vedere ogni aspe o di quella che chiamiamo “realtà”
in modo diverso e di trasformare la mia vita in qualcosa di cui vado
davvero fiera.
La mia storia di Cervello Quantico comincia nel marzo del 2016 in
un momento di difficoltà: incertezza lavorativa, incertezza affe iva,
scarsissima autostima, completa stasi e inerzia in ogni campo,
insomma, una vita grigio cupo nella speranza che qualcuno mi
restituisse i colori. Poi, un pomeriggio, arriva una e-mail e scopro
così l’esistenza di PiùChePuoi e della “Programmazione Subliminale
Quantica”. “Fantastico” mi dico, “degli audio da ascoltare anche
mentre faccio altro e non più cari di un qualsiasi seminario che
occupa un weekend… Ci provo, al massimo sarà un altro buco
nell’acqua.” Ascoltando e tenendo un diario degli eventi ho
cominciato a lavorare sull’autostima e la sicurezza di sé, poi sulle
coincidenze favorevoli, sul carisma, sulla coppia felice, sulla forma
fisica e con sorprendente rapidità tante situazioni sono cambiate in
positivo. Ho capito una cosa importante facendo questo percorso: se
avessi persistito in quella zona grigio cupo, sarei ancora lì ad
aspe are che qualcuno colorasse la mia vita. Invece questi strumenti
mi hanno insegnato a destru urare gli schemi mentali che, volenti o
nolenti, governano la nostra vita e a creare nuove prospe ive. Il
percorso è stato un crescendo perché dopo aver ritrovato un buon
equilibrio e voglia di fare ho partecipato al live Il Potere del Cervello
Quantico di Milano dove, oltre alla bellissima esperienza di tangibile
energia vissuta nei due giorni dal vivo, ho scoperto il Deva XP . Ero
appena tornata da un viaggio in Cambogia dove la guida aveva più
volte insistito perché mi facessi sca are una foto vicino alla statua di
uno dei Deva (paragonabili agli angeli della tradizione ca olica)
posti lungo i viali di accesso agli edifici sacri, quindi questa parola è
risuonata in me in modo molto forte e positivo. A marzo 2017 inizio
il più bel viaggio alla scoperta di me stessa che avessi mai
immaginato di fare: il Deva XP . Poco dopo l’inizio di questo
percorso, sono riuscita a stabilizzare la mia posizione lavorativa.
Questo ha implicato una vera rivoluzione perché nel giro di 10
giorni mi sono dovuta trasferire e dire addio a tu o ciò di cui era
fa a la mia vita. Mi sono fidata di me stessa e ho imparato a non
giudicare gli eventi lasciando aperte le porte alle infinite possibilità
che la vita ci offre. Con il Deva XP posso affermare che “si prende
l’autostrada” per la propria realizzazione.
Livello 4
I se e secondi che cambiano ogni cosa

Esiste dunque il libero arbitrio?


La libertà e la capacità di agire che presumiamo di avere sarebbe dunque
illusoria, e il nostro senso del controllo sarebbe un dolce – alla fin fine vuoto –
costru o mentale.

KATHLEEN TAYLOR

Altro che libero arbitrio…


Ogni tanto l’a enzione dei giornali generalisti viene colpita da
ricerche sul cervello che vengono riportate con titoli che ca urano
l’a enzione dei le ori. È il caso di un articolo del 16 aprile 2008
intitolato Quando il cervello è in anticipo 1 e pubblicato sul sito di
Tgcom24. L’articolo prendeva spunto da una ricerca condo a dai
neuroscienziati Chun Siong Soon, Marcel Brass e Hans-Jochen
Heinze, coordinati dal giovane e brillante John-Dylan Haynes, e
pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica “Nature
Neuroscience”. 2

Lo studio, effe uato al Max Planck Institute for Human Cognitive


and Brain Sciences di Lipsia, indagava i fa ori inconsci che agiscono
sul cervello quando prende delle libere decisioni. Questo tema ci
spinge a chiederci cos’è il libero arbitrio dal punto di vista scientifico.
L’articolo inoltre indagava quella parte inconsapevole che entra in
gioco nei processi decisionali più semplici che ognuno di noi compie
ogni giorno.
In quegli anni il tema del libero arbitrio, rivoluzionato dalle
neuroscienze, sembrava andare di moda nella comunità scientifica, e
si discutevano le sue implicazioni anche in ambito penale (chi è
davvero responsabile di un crimine se non siamo noi i registi della
nostra volontà cosciente?).
Poi la moda è passata, e così l’a enzione dei media, ma a me
interessa un aspe o cruciale di quello studio su cui voglio a irare la
tua a enzione.
Lo studio si basava su un esperimento che aveva coinvolto 14
volontari, ai quali era stato chiesto di premere un bo one a scelta, con
la mano destra o con la sinistra, per segnalare il momento esa o in cui
prendevano una decisione. Nel fra empo le reazioni del loro cervello
venivano monitorate con la risonanza magnetica funzionale, ed è
stata proprio questa a rivelare una cosa in qualche modo
sconvolgente: la parte del cervello coinvolta nelle decisioni (la corteccia
prefrontale) si accendeva 7 secondi prima che il sogge o decidesse di
premere il pulsante.
Il do or John-Dylan Haynes, neuroscienziato e dire ore del
Bernstein Center for Computational Neuroscience di Berlino,
dichiara:

L’impressione di essere in grado di scegliere liberamente è fondamentale per la


nostra salute mentale.
Tu avia, le nostre ricerche suggeriscono che questa idea di libertà non è altro
che un’illusione e che le nostre azioni sono iniziate da processi mentali inconsci
molto prima che diventiamo consapevoli della nostra intenzione di agire.

Chi decide allora al posto tuo?


Generalmente, qualsiasi azione compi hai la ne a sensazione di averla
“decisa” tu. Lo stesso vale per qualsiasi decisione che prendiamo. Del
resto, privare l’uomo della paternità delle sue azioni sarebbe il più
grande smacco filosofico della nostra storia, eppure…
La verità è che potrebbe non essere così. Immagina di dare un
calcio a una palla, penseresti che il calcio l’abbia dato il tuo piede e
che il calcio sia stato preceduto dalla tua decisione di darlo.
Vero? Forse no: oggi la ricerca sembra dimostrare che gran parte
delle nostre azioni “ci capitano” e che l’esperienza di volontà
cosciente che precede l’azione è in realtà un falso, generato dal
cervello.
Ma se non decido io, chi decide al mio posto? Forse bisogna
spostare indietro di qualche istante il momento in cui avviene la
presa di coscienza di una decisione!
In ambito neuromuscolare, questo “ritardo di coscienza” è già
acclarato. Lo ha dimostrato nei primi anni Duemila l’équipe di
Benjamin Libet, fisiologo della UCLA di Los Angeles, misurando
l’a ività cerebrale con l’ele roencefalogramma, e l’a ività muscolare
con l’ele romiografia, durante il movimento di un dito: gli
esperimenti hanno mostrato che fra il momento in cui si innesca
l’impulso di movimento e il momento in cui sorge la coscienza di
“voler muovere” quel dito c’è un intervallo di 331 millisecondi. Tu o
ciò mostra come la volontà cosciente “è solo uno degli eventi di una
cascata che alla fine porta al movimento”.

Il mistero di quei 7 secondi chiave


Torniamo dunque allo studio del do or John-Dylan Haynes e del
suo team. Sembrerebbe dunque che avvenga qualcosa di sconcertante:
ogni volta che ci fermiamo per valutare in maniera introspe iva le
nostre motivazioni, le possibilità che abbiamo di superare un
ostacolo, che calcoliamo le mosse per uscire da una situazione,
perché alla fine dobbiamo arrivare ad agire… c’è un buco nero in cui,
in realtà, non siamo noi a prendere la decisione.
Il do or John-Dylan Haynes e il suo team partirono dalla
considerazione che, da molto tempo, era in a o una controversia sul
fa o che le decisioni fossero da ritenere sogge ivamente libere, e
sopra u o che il tempo della decisione fosse differito.
Per appurarlo, fu concepito un primo esperimento in cui era stata
registrata l’a ività del cervello mentre ai sogge i veniva chiesto di
premere un pulsante non appena sentivano la necessità di farlo.
Questo esperimento dimostrò che la loro decisione cosciente di
premere il pulsante era stata preceduta di poche centinaia di
millisecondi da un potenziale negativo del cervello, il cosidde o
“potenziale di prontezza”, che ha origine dall’area motoria
supplementare (SMA, Supplementary Motor Area), una regione del
cervello coinvolta nella preparazione degli a i motori.

Poiché l’a ività cerebrale di quest’area ha costantemente


preceduto la decisione consapevole, è stato sostenuto che il cervello
avesse già preso inconsciamente la decisione di muoversi ancor
prima che il sogge o ne prendesse coscienza.
Tu avia questi intriganti dati, come spiega il do or John-Dylan
Haynes, avevano lasciato aperte una serie di domande spinose:

Innanzitu o, il “potenziale di prontezza” viene generato in


questa particolare area del cervello e quindi fornisce
informazioni solo sulle fasi avanzate della pianificazione. Non era
chiaro se questa zona fosse proprio quella che dava origine alla
decisione stessa.
In secondo luogo, il ritardo temporale tra l’a ivazione di questa
area e la presa di coscienza della decisione era solo di poche
centinaia di millisecondi ed era stato ripetutamente sostenuto
che misurazioni di così breve durata potessero essere imputate a
inesa ezze nella misurazione comportamentale del tempo
intercorso fra l’intenzione generata e l’azione.
In terzo luogo, l’esperimento aveva una sola possibile opzione,
premere il pulsante. Anche in questo caso non era chiaro cosa
sarebbe accaduto se ci fossero state più opzioni di scelta.

Per rispondere a queste domande, gli scienziati decisero di andare


a fondo, cercando di indagare qualsiasi tipo di a ività potesse
precedere l’a ivazione della SMA , l’area motoria supplementare, e
studiando i risultati tra più di un’opzione comportamentale.
In un nuovo esperimento, ai sogge i venne chiesto di rilassarsi
mentre fissavano uno schermo in cui era proie ato un flusso di
le ere. A un certo punto, quando sentivano il bisogno di farlo,
dovevano decidere liberamente di premere uno dei due pulsanti che
avevano alla loro destra e alla loro sinistra.
Una volta premuto il pulsante dovevano anche riferire che le era
era mostrata sullo schermo nel momento in cui avevano deciso di
premere il pulsante. Nello stesso tempo, i ricercatori monitoravano
l’intera area cerebrale per vedere se fossero presenti potenziali
ele rici che avrebbero suggerito l’a ivazione delle diverse aree.
A quel punto avevano a disposizione molti dati: la differenza
temporale fra la scelta e l’azione di premere il pulsante, così come la
possibilità di osservare se, prima di quella scelta, il cervello avesse
mostrato l’a ivazione di qualche area.
Quello che i ricercatori guidati dal do or John-Dylan Haynes
scoprirono con l’avanzare dei loro esperimenti fu straordinario.
Effe ivamente, in diverse zone del cervello era presente un
potenziale ele rico molto prima della scelta cosciente del sogge o di
premere il pulsante.
In particolare scoprirono che, in alcune condizioni, alcuni
potenziali ele rici si manifestavano fino a 10 secondi prima della
scelta conscia, mentre se si focalizzavano solo sulla SMA , l’area
motoria supplementare, riuscivano a scorgere potenziali fino a 5
secondi prima.
Dobbiamo tenere presente che sono numeri statistici, che
presuppongono una media dei risultati e che variavano di pochi
millisecondi. Ma il risultato di questi esperimenti ce lo consegna
proprio il do or John-Dylan Haynes che, con particolare focus sulla
corteccia prefrontale – l’area del nostro cervello considerata la guida
dei nostri pensieri e delle nostre azioni in relazione agli obie ivi che
vogliamo raggiungere, nonché coinvolta nella pianificazione dei
comportamenti cognitivi complessi, così come nell’espressione della
personalità, nei meccanismi decisionali e nella condo a sociale –, nel
suo studio scrive:

Nell’area 10 di Brodmann, nella corteccia prefrontale, l’informazione ele rica


predi iva era già presente 7 secondi prima della decisione motoria del sogge o.

Se ci pensi, questi esperimenti ci consegnano un dato affascinante


sul quale rifle ere in modo approfondito: ogni volta in cui abbiamo
la sensazione di avere preso una decisione, quella decisione è stata
già presa, su qualche livello, 7 secondi prima.

CORTECCIA PREFRONTALE

Il mito della forza di volontà


Diciamoci la verità, se per o enere i risultati che vogliamo
raggiungere nella vita bastassero le informazioni necessarie e la giusta
forza di volontà saremmo tu i persone realizzate.
Allora perché non sempre succede? Perché alcuni riescono in ciò
che vogliono e altri no? Questa è la grande domanda!
Se per dimagrire bastasse una buona dieta allora perché molte
persone non ce la fanno? O ce la fanno momentaneamente,
applicandosi con grande sforzo, per poi avere un crollo di volontà e
recuperare tu i i chili persi (il famoso effe o yo-yo)?
La catena di esempi potrebbe non finire mai.
Se per o enere un certo primato sportivo bastasse allenarsi di più,
allora perché non tu i lo raggiungono? Se per incrementare il proprio
business bastasse acquisire nuovi clienti, o migliorare le proprie
strategie di marketing, allora perché non sempre i fa urati
aumentano e le aziende prosperano?
E che dire delle proprie motivazioni artistiche? Del desiderio di
realizzare quel famoso sogno nel casse o (di recitare, scrivere,
ballare)? Se bastasse studiare tanto, con la giusta motivazione, senza
mollare mai, perché moltissime persone quel casse o finiscono per
chiuderlo, spesso a chiave? Spesso per sempre?
Insomma, me iamola così: quanto è fondato il mito della forza di
volontà che ci inculcano sin da piccoli? Se è vero che con la tenacia,
la dedizione, senza farsi prendere mai dallo sconforto, tu i possono
o enere i risultati agognati, perché alcuni riescono a raggiungere
con facilità e fluidità quello che si prefiggono, e altri sembrano
scalare la montagna di Sisifo con un macigno che li fa rotolare giù
ogni volta? De o in maniera più precisa: perché il cervello di alcuni
sembra trovare sempre le soluzioni, le strade e le risposte giuste,
mentre quello di altri arranca in paludi emotive e si perde sempre in
vicoli ciechi?
Invece di darti una risposta, preferisco farti una domanda.

Affronteresti una ba aglia 5 contro 95?


Ti sembra una strana domanda? E poi perché 5 contro 95? Sarebbe
un massacro. Cosa c’è so o?, penserai.
In effe i, questa differenza percentuale ha un senso, e la dice
lunga su come lavora il nostro cervello. È scientificamente accertato,
dalle neuroscienze e dalla biologia evoluzionistica, che solo il 5%
delle a ività svolte dal cervello giunge al livello della nostra
consapevolezza ed è controllato a livello conscio. Il restante 95% è
occupato da a ività di default per gestire processi involontari come
la respirazione, il ba ito cardiaco, le risposte a stimoli elementari di
a enzione e fuga, ma anche gesti che abbiamo introie ato e facciamo
con il “pilota automatico” (come camminare, suonare, guidare,
leggere ecc.). Se devi firmare un rogito (con tu o ciò che implica quel
gesto), o se devi rispondere a una domanda a un esame
universitario, devi concentrare tu a la tua volontà su quel gesto, ma
se devi scalare la marcia dell’auto puoi farlo mentre svolgi altre
a ività.
Ogni giorno è un campo di ba aglia per tu e le piccole e grandi
sfide e scelte che dobbiamo compiere. Ma se dovessimo farlo
affidandoci alla parte cosciente della nostra mente, se dovessimo
“comandare” con la volontà ogni singolo gesto, questo avrebbe un
costo mostruoso in termini di energia per il nostro cervello. Per
fortuna, l’evoluzione ci ha dotati di questo meccanismo per cui il
95% del lavoro del cervello viene fa o in background – come molte
a ività dei sistemi operativi che usiamo con i nostri computer, del
resto.

Affidarsi alla forza di volontà, ovvero alla nostra parte cosciente, è dunque come
scendere in battaglia in 5… contro 95.

Ti sarai chiesto perché uso questa metafora bellica. Perché


affidarsi a quel 5% della nostra mente per prendere decisioni e
compiere azioni importanti vuol dire armarsi di coraggio, tenacia e
resistenza e affrontare non solo le difficoltà della vita ma anche quel
95% della tua mente che non controlli e che ha già preso la decisione
senza che tu ne sia cosciente. Quindi, significa andare avanti per
sfondamento e sfinimento.
Molte persone scendono in questa ba aglia ogni giorno, senza
sapere bene di quali armi dispongono, e affrontano una guerra di
logoramento contro se stessi, convinti che se resistono alle avversità
prima o poi ce la faranno.
Perché allora molti la perdono quella guerra, e scoprono a caro
prezzo che affidarsi alla forza di volontà non basta?
Perché, come hai visto fin qui, i tuoi programmi mentali profondi
ti controllano ma tu non controlli loro, e quindi se per una qualche
ragione sei “se ato” nel modo giusto, e dal lato inconscio della tua
mente ti arriva la risposta giusta, allora ce la farai a o enere quello
che vuoi. Ma se sei “se ato” nel modo sbagliato, cioè se i tuoi
modelli non ti perme ono di sprigionare il tuo potenziale, allora per
quanto ti appelli alla forza di volontà cosciente non riuscirai mai a
raggiungere il tuo obie ivo.

Il vero problema è che lotti contro decisioni che, ad altri livelli, sono già state
prese.

Quindi, perché non provi a pensare a un’alternativa?


Per questo dico che a volte la forza di volontà è controproducente:
perché consuma energie. Continuando a provare e riprovare con
cocciuta determinazione, ma non vedendo i tuoi sforzi premiati con i
risultati desiderati, potrebbe arrivarti il messaggio di non essere
all’altezza, di non essere capace, quando invece il motivo è più
semplicemente un altro, hai cercato nel posto sbagliato.

Cosa accadrebbe invece se ti alleassi a quei 95?


Quello che sto cercando di farti capire è che la forza di volontà è un
grande equivoco. Quando tu sei in prima linea ad affrontare
problemi e stress, in realtà gli ordini che esegui (e che consideri la
tua “volontà”) sono già stati presi prima, in quei 7 secondi in cui
succede tu o. In quella specie di camera oscura agiscono i tuoi
modelli, in cui sono scri e le regole che tu, senza esserne cosciente,
esegui.
Queste regole, questi modelli, scrivono il “copione” in base al
quale tu ti comporti e che viene proie ato sulle esperienze che vivi,
qualsiasi esse siano. I tuoi modelli, poi, danno vita al pensiero origine
che, come avrai capito, non è proprio nostro, non è proprio tuo.
Ed è lì che ti voglio portare con questo libro, livello dopo livello,
nella cabina di regia dove vengono prese le decisioni, nel quartier
generale di quei 95, per perme erti di allearti con loro.
Perché continuare a lo are contro di loro?
Lottare abbassa la qualità della vita e, per di più, non sempre funziona. Ma se
riesci a prendere il controllo di ciò che accade in quei momenti che precedono
le tue decisioni, allora può accadere ogni cosa.

Cosa significa? Che potrai controllare davvero il flusso dei tuoi


pensieri, allargando moltissimo il campo delle tue possibilità.
E diventare causa e non effe o di ciò che ti succede.

Di chi è il film che stai proie ando?


Mi piace usare la metafora che il pensiero origine è come un proie ore
di esperienze. La tribuna della tua mente è come una sala
cinematografica dove tu assisti alla proiezione di “scene” (ricordi,
sequenze, pensieri) di cui tu credi di essere l’artefice ma che in realtà
arrivano dalla sala proiezione.
È lì dentro che, nei fatidici 7 secondi, vengono prese le decisioni
che poi vengono proie ate e tu scambi per tue. Vengono prese sulla
base di schemi, regole e pacche i di informazioni ben più antichi,
che si sono formati con la tua crescita.

Ciò che pensi è solo il risultato di programmi che inconsciamente esegui. Pensi
che le tue decisioni siano decisioni “tue”. Che le tue valutazioni siano valutazioni
“tue”. Ma non c’è niente di più falso.

Le tue paure non sono paure tue. I tuoi presunti limiti non sono
limiti tuoi. Sono paure e limiti contenuti in quei pacche i di
informazioni che costituiscono i tuoi modelli.
Così come li hai acquisiti puoi liberartene e riscrivere nuove
informazioni, usando gli stessi meccanismi con i quali sono state
immesse.
Questa volta, però, a tuo vantaggio.
Per arrivare alla “matrice” del tuo pensiero origine, per riscrivere le
informazioni dei tuoi programmi ed essere tu a imprimere le scene
sulla pellicola del tuo film, devi capire come entrare nei tre spazi
sconosciuti della tua “mente” che corrispondono ai 3 strati
metaforici della pellicola:

Nel primo strato, quello più in superficie, c’è lo spazio mentale.


Nel secondo strato, quello di mezzo, c’è lo spazio emozionale.
Nel terzo strato, quello più profondo, c’è lo spazio energetico.

Vieni con me, adesso, alla scoperta di questi tre spazi sconosciuti
della tua persona! Sta per aprirsi davanti a te un nuovo mondo di
possibilità.
Livello 4
Punti essenziali

✓ I tuoi pensieri e le tue idee sono solo il risultato di programmi


che esegui inconsciamente. Scambi le tue decisioni con decisioni
tue. Le tue valutazioni con valutazioni tue. Ma non c’è niente di
più falso. Ogni pensiero che generi e ogni scelta che compi non è
tua (almeno per come la intendi tu).

✓ Le tue paure non sono paure tue. I tuoi presunti limiti non sono
limiti tuoi. I tuoi presunti blocchi non sono blocchi tuoi. Sono
paure, limiti e blocchi contenuti in quei pacche i di informazioni
che costituiscono i tuoi modelli. (Il cervello riceve segnali, li
organizza in un modello e li proie a nella realtà.)

✓ Ogni pensiero e ogni decisione che hai l’illusione di avere


generato è in realtà solo il risultato finale di un’elaborazione
avvenuta nei 7 secondi precedenti: l’esperienza di volontà
cosciente che precede l’azione, dunque, è in realtà un falso
generato dal cervello.

✓ L’elaborazione che precede ogni pensiero e ogni scelta che


compiamo avviene a livello inconscio (ovvero, non sei
consapevole di questa elaborazione, vedi solo il risultato finale).

✓ L’inconscio gestisce il 95% delle a ività, il conscio solo il 5%:


affidarsi dunque alla forza di volontà, ovvero alla nostra parte
cosciente, è come scendere in ba aglia in 5 contro 95. Il vero
problema è che lo i contro decisioni che, ad altri livelli, sono già
state prese.
✓ Se riesci a prendere il controllo di ciò che accade in quei 7
secondi può succedere ogni cosa. Potrai controllare il flusso dei
tuoi pensieri, allargando il campo delle tue possibilità. Potrai
diventare causa e non effe o di ciò che ti succede.

✓ Puoi arrivare al codice sorgente della tua mente e riscrivere le


informazioni scri e in quei 7 secondi che rappresentano
metaforicamente la pellicola nella tua mente che proie erà il suo
film nella realtà.

✓ Nella pellicola risiede il codice segreto della tua mente, che può
essere immaginato e compreso in tre strati progressivi.
• Nel primo strato, quello più in superficie, c’è lo spazio
mentale.
• Nel secondo strato, quello di mezzo, c’è lo spazio emozionale.
• Nel terzo strato, quello più profondo, c’è lo spazio energetico.

✓ Accedere al codice e riscriverlo apre il campo delle possibilità.


Livello 4
Esperienza

Ti è mai capitato di pensare, nella tua esperienza personale, che per


raggiungere un certo risultato la determinazione e la forza di volontà
non fossero sufficienti?

Ora ne hai compreso il motivo?

Dopo aver le o il Livello 4, pensando a ciò che stai vivendo, ti capita


di percepire blocchi o resistenze che vanno oltre il livello razionale?

Quanto, da 1 a 10 (dove 1 corrisponde a un po’ di più e 10 corrisponde


a moltissimo), è aumentata la tua comprensione e la chiarezza delle
dinamiche delle esperienze che vivi, dall’inizio della le ura di
questo libro?

Per scoprire nuove cose bisogna essere pronti a me ere in


discussione se stessi: sei disposto a me erti in discussione per
entrare nel codice segreto della tua mente?

Esperimento mentale: per un giorno, anche mentre vai avanti nella


le ura, ogni volta che prendi una piccola decisione, dal fare una
strada piu osto che l’altra ad andare in un posto piu osto che un
altro, chiediti: chi ha deciso? Fai la stessa cosa riguardo ai tuoi
pensieri, chiediti: chi l’ha pensato? (Questo esperimento mentale,
sebbene possa apparire per certi versi buffo e curioso, ti aiuterà a spostare il
tuo punto di percezione e a focalizzarti su cosa avviene prima di ogni
pensiero e ogni decisione.)

Per compilare queste pagine puoi scaricare il PDF da stampare


all’indirizzo
www.librimondadori.it/content/uploads/2019/05/esperienza.pdf
Rinascere a 51 anni
di Claudia Cerrone

Ti ho trovato “per caso” su internet mentre, disperata, cercavo una


soluzione lavorativa. Mi imba o in una finestra dove lampeggiava
“Più che puoi”, clicco, guardo il video, piango e decido di cambiare
la mia vita. Mi dico che posso farcela, compro il tuo libro, vengo al
tuo primo live… chiedo di essere aiutata a trovare la mia strada.
Decido di intraprendere un’a ività autonoma, amministratrice di
condominio, cambio ci à e torno alle mie radici, a Cassino (in
provincia di Frosinone), con mio marito, oggi ex. Mi ritrovo con la
vita stravolta, sola, nessun piano realizzato, senza soldi, obbligata a
tornare da mia mamma, lontana dai miei figli, ancora più sola, in
una ci à che non mi appartiene più dopo qua ordici anni passati a
Imola. Ricucire strappi familiari con l’aggravante di essere bisognosa
d’aiuto è difficile, sentirsi fallita so o tu i i punti di vista anche. Ero
morta a 51 anni.
Un giorno sono costre a ad andare da un mio amico psicologo.
Riscontrando il mio tangibile crollo, mi propone degli psicofarmaci
che io rifiuto. Ma quell’incontro mi serve per farmi rendere conto che
devo fare qualcosa… decido di me ere in pratica il tuo libro e i tuoi
consigli. Ho frequentato qua ro live, seguito la PSQ e mi sono
regalata la Guida Quantica. Nello specifico ascolto molto il mio
cuore, per ogni cosa che affronto cerco di valutare se esiste un altro
modo di vedere la cosa. Se mi va male qualche programma, se non
arriva quel qualcosa, cerco di analizzare dove e/o come correggere e
se ritengo che sia tu o OK , be’, vorrà dire che non era per me e che
arriverà di meglio. Ascolto e mi collego alla Coerenza a ponendomi
in una posizione di ascolto interiore, cercando di essere a enta ai
segnali che mi arrivano. Non sme o di lavorare su me stessa. Che
risultati ho o enuto facendo questo?

1. Lavoro come amministratrice di condominio, non ho ancora


raggiunto la completa autonomia, ma sono fiduciosa che
l’indipendenza economica aumenterà.
2. Faccio finalmente sport… spinning (mi fa sentire bene, in forma
e piena di vita)!
3. Applico nel mio lavoro e in tu i i tipi di relazioni il mio credo:
“Esiste, sempre, un modo diverso di vedere le cose”.
4. Da un mese, Cupido mi ha fa o incontrare un uomo! Con lui
condivido molte passioni, tra cui la bici.

Sono cose accadute senza grande sforzo. Si sono allineate e


incastrate come un puzzle. Certo… c’era la mia intenzionalità, ho
pregato, ho ascoltato no i e no i la Coerenza, ho cercato di
dedicarmi agli altri spostando la mia centralità. Io sono il mio centro,
ma senza la condivisione verso gli altri non sento di splendere. Ho
l’innato bisogno di regalare sorrisi e abbracci. Chissà… a volte penso
che tornare fosse necessario per portare un po’ di novità in questo
paeso o del meridione.
La forza e l’autostima le ho raggiunte con l’aiuto della
Programmazione Subliminale Quantica.
Grazie Italo, non finirò mai di esserti riconoscente.
Un fortissimo abbraccio.

a. Lo stato di coerenza è uno stato appreso durante il live Il Potere del Cervello Quantico, uno
stato in cui, secondo autorevoli studi, il nostro sistema lavora all’unisono e abbiamo
accesso a risorse profonde.
Livello 5
Lo spazio mentale

Siamo ciò che siamo in virtù di ciò che abbiamo imparato e che ricordiamo.

ERIC KANDEL

«E adesso cosa sarebbe questa storia dei tre livelli della pellicola?» mi chiese
Amy con un tono misto fra il provocatorio e il sarcastico.
«Hai presente la sensazione che ti resta dopo aver visto un bel film?» le
chiesi.
«In che senso…»
«Pensaci bene. Hai un livello di godimento “mentale”, dato dalle
immagini che hai visto, dall’interpretazione, dal realismo, dalla bellezza
della storia… Poi ti resta un piacere “emotivo”, che ti riesce più difficile
definire, e che ha a che fare con i sentimenti che ti ha lasciato quel film, che a
loro volta innescano emozioni profonde legate al tuo passato. Infine, c’è un
livello più ampio, energetico, che ti ricollega al tuo posto nell’ordine della
vita e del mondo, al senso del destino e delle infinite possibilità che ci offre la
vita e di cui la storia che hai visto era solo un assaggio. È un livello che ha
più a che fare con il significato…»
«Mmmm… sì, e quindi?» indagò Amy.
«Quindi, fuor di metafora, quando guardi il film della tua vita, dentro la
tua testa, avviene la stessa cosa. In termini di profondità, lo spazio mentale
è il primo strato che incontriamo della pellicola del film che stai
proie ando.»
«Ma che vuol dire essere nello spazio mentale?» scandì Amy. «E quando
sei nello spazio mentale?»
«Te lo dico io Amy, la risposta è praticamente sempre, a meno che tu non
compia precisi esercizi di consapevolezza per uscirne.
«Sei nello spazio mentale ogni volta in cui, consciamente o
inconsciamente:

dialoghi con te stesso (hai mai sentito quella specie di vocina dentro di
te? È una voce che appartiene allo spazio mentale, in gergo si chiama
self talk, dialogo interiore, ed è il fru o del chiacchiericcio della
mente);
sei focalizzato sul passato o sul futuro;
razionalizzi tu o e “rimugini” su quello che accade o è accaduto;
prendi decisioni in base alle esperienze pregresse (anche in questo caso
consciamente o inconsciamente);
infine, ogni volta in cui il tuo sforzo principale è capire.

«Lo spazio mentale, quindi, è lo spazio in cui prendi tu e le decisioni


della tua vita, e in cui sono scri e tu e le istruzioni per fare tu o quello che
sai fare. Ti sei mai chiesta come sai fare le cose?»
«Che domanda» rispose Amy, «le ho imparate.»
«Ovviamente» risposi sorridendo, «ma come?»

Come sai cosa fare? Il programma della mente


Nel film di Christopher Nolan Inception, in cui si immagina un
futuro in cui ladri di sogni riescono a entrare nella mente delle loro
vi ime per carpirne i segreti, viene posta una domanda cruciale:
“Riesci a ricordare il momento in cui comincia il tuo sogno?”.
Nessuno ci riesce, perché avviene a un livello troppo profondo:
quando cominciamo a ricordarlo è già iniziato da un po’.
La stessa cosa vale per tu e le istruzioni depositate nella nostra
mente, che formano il nostro grande programma mentale.
Ma hai mai pensato come fai a sapere cosa fare?
E per “sapere cosa fare” intendo tu e le minime scelte e le azioni
che compi ogni giorno.
La risposta è piu osto semplice: hai le informazioni necessarie.
Ma riesci a ricordare – come nel film Inception – da dove vengono
e come si sono assemblate le istruzioni del tuo programma?
Sicuramente no. Perché sono il risultato di un processo lungo,
talmente stratificato da aver fa o sì che queste informazioni
costituiscano le mura portanti della tua casa mentale, e tu ne sei
l’abitante, non il costru ore.
Nel mio libro precedente, Il Potere del Cervello Quantico, ho
spiegato quali sono le fonti di queste istruzioni, come vengono immesse
nel nostro cervello e come vengono eseguite. Non ti preoccupare, anche
se non l’hai le o ti riassumo qui alcuni conce i base per perme erti
di capire il seguito del ragionamento. Se invece l’hai le o, questa
parte ti servirà per risvegliare alcune conoscenze acquisite e
considerarle da un altro punto di vista, in ogni caso sarà come
osservare qualcosa di nuovo.
Ma prima di proseguire accertiamoci di aver fermato questo
conce o:

Per sapere cosa fare abbiamo bisogno di informazioni.

Ho già usato l’analogia con il computer. Come qualsiasi


elaboratore ele ronico per funzionare ha bisogno di programmi, di
informazioni che gli dicano come comportarsi di fronte a determinati
stimoli, così anche noi abbiamo bisogno delle nostre “istruzioni” per
sapere come agire nelle miriadi di situazioni che ci troviamo ad
affrontare ogni giorno, per tu a la vita.
E io devo aiutarti a capire come entrare e padroneggiare i
meccanismi e gli inganni di questo immenso programma. Immagina
come se un singolo neurone fosse una le era dell’alfabeto. Da sola, però,
una le era dell’alfabeto lascia il tempo che trova. Per avere un senso
deve unirsi ad altre le ere, collaborare alla formazione di parole e
poi di frasi più complesse e di senso compiuto, secondo regole
grammaticali che controllano tu e le variabili.
Ma se un alfabeto medio di qualsiasi lingua è formato da qualche
decina al massimo di le ere, il nostro “alfabeto neuronale” è
composto da circa 100 miliardi di le ere.
La domanda chiave per te a questo punto è: perché se tu i
possediamo le stesse le ere dell’alfabeto (lo stesso numero di neuroni)
alcuni riescono a malapena a esprimersi mentre altri riescono a
p p
produrre cose grandiose – che si tra i di opere d’arte, imprese
economiche, rivoluzioni sociali e culturali, oppure grandi idee per il
bene del mondo?
La risposta è semplice: perché hanno imparato a usare quell’alfabeto a
loro vantaggio, nel loro specifico campo.
La questione è di portata immensa, ma bisogna partire da come
acquisiamo le istruzioni necessarie a far funzionare il nostro
programma (che poi è quello che scrive il nostro film interiore).
Questa acquisizione avviene in due modi: tramite programmazione
dire a e programmazione indire a.

La programmazione dire a
Durante tu a la nostra vita accumuliamo informazioni che definirei
istruzioni su come fare le cose. Acquisiamo le informazioni da svariate
fonti: dal nostro nucleo familiare, dalla scuola, dalle le ure ed
esperienze, e da tu e quelle persone che per qualsiasi motivo hanno
assunto un ruolo di riferimento, di guida.
Prova a pensare a un bimbo nei primi mesi della sua vita: non sa
fare nulla, e ogni giorno apprende azioni che lo aiuteranno a crescere
e a inserirsi nel mondo. Forse non ti sei mai fermato a pensarci, ma è
un processo meraviglioso. Dalle informazioni che riguardano le cose
più semplici si passa rapidamente ad azioni molto più complesse. Pensa
al gesto universale che tu i gli adulti fanno con i neonati, quando gli
dicono “Fai ciao ciao con la manina”! Questo gesto che tu ritieni così
elementare in realtà è molto complesso. Presuppone che il bambino
comprenda delle parole, le elabori in modo che quei suoni possano
assumere un senso compiuto e le traduca in un’azione. È una vera e
propria meraviglia, non ti pare?
Me iti nei panni di quel bimbo: credo che veda aprire la bocca
della persona davanti a lui e senta qualcosa del tipo “Auao ouarati
avanaini!”. Trado o: qualcosa di assolutamente insensato! Perché fino a
quel momento il bimbo non ha il programma mentale che traduce i
suoni in parole e le parole in significati. Eppure, giorno dopo giorno
il bimbo inizia a dare un senso a quelle parole (pensa che cosa difficile!)
e magari aiutato dal gesto che vede fare (il “ciao ciao” della manina
di chi sta dicendo “Auao ouarati avanaini!”) comprende il significato
della scena e successivamente passa all’azione (mandare un segnale
al braccino di alzarsi, alle dita della mano di aprirsi e di richiudersi e,
finalmente, di fare “ciao ciao” per la felicità di mamme, zie, nonni e
di tu o il vicinato).
Da quel momento il bambino, e poi l’adolescente, e l’adulto, non
sme erà mai di introie are istruzioni sulla vita. Istruzioni che
riguardano azioni via via più complesse, dal leggere allo scrivere, al
calcolare, da guidare l’auto a fare sport, da eseguire certi compiti nel
lavoro a interpretare certi modi di comportarsi in società, dai
rapporti con l’altro sesso a quelli con il proprio corpo.
Qui veniamo a un punto che ti ho già anticipato nel livello
precedente: per il particolare modo in cui si è evoluto il nostro
cervello, che deve “fare spazio” a istruzioni nuove ogni volta, tu e
quelle azioni, anche complesse, che abbiamo acquisito alla fine le
compiamo senza esserne consapevoli, cioè senza più compiere uno
sforzo volontario.
Come mai?

I 4 livelli dell’apprendimento
Tu i i processi di apprendimento, dai più semplici ai più complessi,
passano a raverso qua ro fasi.

1. Incompetenza inconscia: non so fare una cosa e non lo so.


È il momento zero – il bebè che vede l’adulto fargli strani segni
con il volto e con la mano – in cui ti confronti per la prima volta
con un fenomeno, conce o, gesto e contesto a te del tu o nuovo.

2. Incompetenza conscia: non so fare una cosa ma a questo punto lo so


(me ne rendo conto).
Poi arriva il momento in cui intuisci che c’è uno schema, un
senso, un qualcosa da imparare nel fa o nuovo che hai di
fronte; il bebè vede la ripetizione e si concentra per capire e
imitare!

3. Competenza conscia: so fare una cosa ma farla richiede la mia


a enzione vigile.
Cominci a entrare nella dinamica dell’esperienza nuova. E ti
sforzi di studiarne ogni de aglio finché non capisci bene come
replicarla; dopo avere elaborato i suoni e il messaggio, il bimbo
inizia a provare anche lui a fare “ciao ciao” con la manina, ma
questo richiede un grande sforzo.

4. Competenza inconscia: so fare una cosa e la faccio in automatico, senza


pensarci.
Una volta che hai imparato a padroneggiare il fenomeno
nuovo, e lo replichi senza sforzo, diventa “automatico”; e il
bimbo fa “ciao ciao” con la manina: non deve più pensare chissà
che sta dicendo questo, provo a tradurre, invio i messaggi alle
varie parti del corpo ecc.

Il fa o che tu possa fare moltissime a ività “senza pensarci” è


ovviamente un grande beneficio che ti perme e di evolvere, di saper
fare sempre più cose.
Nello stesso tempo, però, nasconde un’insidia molto pericolosa.
Crescendo hai acquisito idee, punti di vista, a eggiamenti che non
sono proprio “tuoi” ma che, in qualche modo, ti sono stati passati da
svariate fonti: dalla famiglia fino all’ambiente di riferimento. Ma se
poi questi schemi non li controlli più e li replichi senza rendertene
conto, che succede? Succede che sei “condizionato” nella tua vita e
rischi di vivere pensieri e fare scelte che qualcuno ha pensato o scelto
al posto tuo. Tra un po’ ti parlerò di questo condizionamento
occulto.
Intanto, rifle i su questo fa o: non è solo la programmazione
dire a che ti forma. Quello che sei dipende anche dall’influenza di
tu o quello che hai visto e che vedi fare agli altri, è una parte del tuo
programma mentale molto più nascosta: è la programmazione
indire a.
Per introdurla vorrei parlarti di una scoperta che ha rivoluzionato
il campo delle Neuroscienze negli ultimi anni. Scoperta che ti
riguarda molto da vicino e che produce quello che è stato chiamato
“effe o pappagallo”.

L’effe o pappagallo
Negli anni Novanta il professor Giacomo Rizzola i, un
neuroscienziato italiano che lavora all’Università di Parma, stava
studiando quali processi neurali fossero innescati nella trasformazione
da pensiero ad azione, e sopra u o come agivano.
Con il suo team eseguì una serie di esperimenti che portarono a
una delle scoperte più importanti degli ultimi vent’anni nel campo
delle neuroscienze. 1
I sogge i dell’esperimento, delle scimmie, erano stati messi
davanti a una ruota girevole che conteneva dei premi. La ruota veniva
azionata. A un tra o si fermava, si illuminava un led verde e, a quel
punto, i sogge i erano autorizzati ad allungare la mano per afferrare il
premio contenuto nella ruota.
Durante l’azione si monitorava con la risonanza magnetica
funzionale quali aree del cervello si a ivavano, per scoprire la
regione e l’esa a sequenza cerebrale con cui si trasforma
l’informazione in azione.
Una volta individuato lo schema di base, i ricercatori vi
associarono un segnale acustico: in questo modo, ogni volta che il
sogge o allungava la mano per prendere il premio, un amplificatore
eme eva un suono e i ricercatori potevano registrare l’esa a
sequenza dei neuroni messi in azione.
Un giorno, mentre stava per iniziare l’esperimento e i sogge i
erano già stati collegati alle varie apparecchiature per il
monitoraggio della loro a ività cerebrale, una persona del team
afferrò uno dei premi per me erlo all’interno della ruota.
L’esperimento non era ancora iniziato, la ruota non era stata messa
ancora in azione. Eppure l’amplificatore collegato ai circuiti cerebrali
del sogge o che stava per effe uare l’esperimento emise un suono.
Il professor Rizzola i e il suo team non diedero particolare peso
all’accaduto: immaginarono semplicemente che il sogge o avesse in
qualche modo mosso la mano proprio in quel momento, provocando
dunque l’accensione di quei circuiti motori.
Ma il fenomeno continuò a ripetersi per diversi mesi. Scartata
l’ipotesi che fosse un errore strumentale, o che la scimmia muovesse
un arto apposta, restava da capire se per caso vi erano altre aree del
cervello che si a ivavano a fronte di un movimento. Ma gli
strumenti non rivelarono il benché minimo segnale di movimento.
Finalmente, Rizzola i iniziò a capire quello che probabilmente
accadeva:

Lo stesso identico neurone che si accendeva quando il sogge o allungava la mano


per afferrare il premio si accendeva anche quando l’animale osservava il
ricercatore afferrare quel premio. 2

Dal punto di vista del cervello, voleva dire che fare una cosa o
osservare qualcuno che la faceva erano la stessa cosa. Questo
“rispecchiamento” nell’altro ha spinto i ricercatori a chiamare i
neuroni responsabili di tale meccanismo “neuroni specchio”. Tale
prodigio della nostra mente è stato anche definito scherzosamente
da Lynne McTaggart (scri rice e giornalista scientifica di fama
internazionale) effe o pappagallo. È stata una scoperta che ha
rivoluzionato le neuroscienze e le scienze cognitive e ci ha fa o
capire come noi apprendiamo a livello profondo “per imitazione”.

La programmazione indire a
E qui – passando dai neuroni specchio – arriviamo alla seconda
modalità con la quale veniamo programmati, quella indire a.
C’è un pensiero di Umberto Eco che vorrei condividere con te:
“Credo che si diventi quel che nostro padre ci ha insegnato nei tempi
morti, mentre non si preoccupava di educarci. Ci si forma su scarti di
saggezza”. Pensaci, hai mai fa o caso a quanto è vero?
Ti sei mai accorto di avere un atteggiamento tipico di tua madre o di tuo padre?

Quando faccio questa domanda, nella pressoché totalità dei casi la


risposta è sì. Quindi, non solo hai imparato tu e le cose che ti sono
state insegnate “dire amente” (giuste o sbagliate che siano), ma c’è
una grande parte del tuo programma mentale che tu hai appreso
osservando gli altri nei “tempi morti”. Tu o questo porta alla
costituzione di modelli usuali (di cui non sei consapevole ma che,
riprendendo il discorso del test dell’auto e delle tre persone a cui
dare un passaggio, ti fanno sentire nel giusto).
Di cosa stiamo parlando? Si tra a sempre di pacche i di
informazioni, solo che sono molto più complessi, non riguardano
solo un gruppo di neuroni che si a ivano in situazioni simili e
prevedibili, ma di schemi comportamentali, a itudini, modelli di
interpretazione della realtà, idee che agiscono in profondità, dove il
nostro radar cosciente non arriva.
Queste istruzioni della programmazione indire a influenzano
grandissima parte della nostra vita, da come concepiamo la nostra
salute e ci curiamo, al senso religioso e morale, dal modo in cui
amiamo a quello in cui affrontiamo le sfide lavorative.
Tanto che potrei chiederti: sicuro che tu e le tue decisioni
fondamentali le prendi davvero tu?

Il condizionamento invisibile
Questo è un punto davvero importante! Il lato oscuro di questa
cara eristica del nostro cervello è che tale programmazione nascosta
è così profonda e radicata dentro di noi che facciamo persino fatica a
me erla in discussione.

Eppure non immagini neanche lontanamente quanto questa programmazione


abbia un impatto su tutto ciò che pensiamo, facciamo e decidiamo in ogni
istante della nostra vita, credendo di essere stati noi a prendere quelle
decisioni.
Prova a pensarci: quanti dei tuoi pensieri, delle tue idee e delle tue
opinioni sono veramente tuoi? Quanti invece ti sono stati, in qualche
modo, prestati?
Nelle tue a itudini, nelle cose che fai ogni giorno, nelle tue decisioni,
quanto sei autonomo e quanto, invece, vieni condizionato in modo
invisibile?
Ti faccio qualche esempio per aiutarti a contestualizzare questo
conce o nella vita di tu i i giorni:

1. Sei in una situazione matrimoniale “critica” e devi decidere cosa


fare. Sulla base di quali elementi di contesto e presupposti
psicologici farai la tua scelta?
In alcune culture è assolutamente normale lasciarsi. Se fossi
cresciuto immerso in una cultura del genere la tua decisione
sarebbe molto semplice. Ma magari abiti in un posto in cui il
divorzio non è ben visto. Magari è capitata una situazione simile
nella tua famiglia, tu hai visto i tuoi genitori lasciarsi e avere a
riguardo un determinato tipo di comportamento e, anche se non
ne sei cosciente, lo stai imitando. Senza saperlo hai appreso,
osservando quelli che sono i tuoi riferimenti, delle informazioni che
stai eseguendo senza rendertene conto, e che per te
corrispondono al giusto modo di agire in quello specifico caso.

2. Lavori come dipendente e hai il grande sogno di trovare la tua


libertà, però non ci provi perché “il posto fisso” e “la sicurezza”
sono in cima alla tua lista di priorità. Ma sei certo che quella
lista sia davvero tua?
Anche in questo caso la tua analisi corrisponde a tuoi pre-
conce i, non alla realtà ogge iva. Anche qui ci sono
interferenze, informazioni comportamentali che hai ricevuto,
per esempio dal sistema familiare in cui sei cresciuto, dal posto
in cui sei nato, dalle persone che hai frequentato, dal luogo in
cui vivi.
3. Ti piacerebbe trovare una persona con cui intraprendere una
relazione duratura, ma i tuoi comportamenti, anche se non te ne
rendi conto, ti stanno portando al risultato opposto.
Potresti avere informazioni fuorvianti su cosa significhi
relazionarti all’interno di un rapporto affe ivo, ma sopra u o
convinzioni sbagliate su cosa meriti o non meriti quando si tra a di
amore. Magari hai vissuto storie in passato che ti hanno
condizionato negativamente, o hai visto tante relazioni
sentimentali di altri fallire, e quindi hai perso fiducia in te,
nell’amore, e nell’idea stessa che si realizzi. Ma le cose là fuori
stanno davvero così? O è solo “il tuo film”?

4. Sei come la mia amica Amy, che deve decidere se acce are una
sfida e una crescita professionale unica, ma non riesce a far
emergere tu e le potenzialità necessarie per fare il grande salto.

Anche in questo caso il problema è dentro di te, potresti avere qualche


pacchetto di informazioni che ti sta bloccando, che sta impedendo proprio a
quella potenzialità latente in te di emergere.

Perché? Come fai a riconoscerlo?

I programmi bloccanti: il caso reale del “piccolo” imprenditore


È questo il problema cruciale. Sono questi programmi bloccanti che
rispondono alla domanda del livello precedente: perché alcuni
riescono e altri falliscono? Perché con tu a la tua forza di volontà
non riesci a farcela? Perché non sempre funziona?
Nel bel film A Star Is Born, quando il musicista Bradley Cooper
incontra la cameriera Lady Gaga e capisce quale talento canoro
abbia, le dice che pur avendo tu i del talento nascosto, è necessario
me ersi alla prova per vederlo sbocciare. Spesso molliamo prima, la
forza di volontà non basta perché da qualche parte dentro di noi si è
installato un programma che ci dice che per noi è impossibile
raggiungere quel traguardo che ci siamo prefissi e così rinunciamo.
In questo modo lasciamo abortire le nostre possibilità, cioè – come
ricordavo nel primo livello – preferiamo essere nel giusto piu osto che
essere liberi.
Ora, vorrei illustrarti meglio questo conce o con una storia che mi
ha insegnato tanto.
C’è un momento durante i miei corsi dal vivo in cui invito il
pubblico a rispondere ad alcune domande che io chiamo “domande di
scavo”. Servono ad andare all’origine dei nostri pensieri, delle nostre
decisioni (alcune le trovi anche nelle pagine che ora hai fra le mani).
Servono a me ere il focus su quei famosi 7 secondi.
Una volta, al termine della sessione di domande, chiesi se c’era
qualcuno che in quei pochi minuti trascorsi assieme aveva scoperto
qualcosa di particolare riguardo all’origine dei propri pensieri, delle
proprie decisioni.
Come al solito alzarono la mano moltissime persone. Ne scelsi
una a caso per condividere. Si alzò in piedi un uomo imponente, più
alto della media, con fieri baffi brizzolati e una camicia azzurra ben
stirata. Lui definì se stesso “un piccolo imprenditore”, e la cosa mi
fece sorridere, perché tu o era fuorché piccolo.
L’uomo disse che si trovava davanti alla decisione di espandere o
meno la sua a ività. Aveva lavorato duramente per o enere quello
che aveva ora, desiderava crescere ancora ma era in qualche modo
“paralizzato” da qualcosa che ancora non aveva bene identificato.
Sapeva che doveva fare delle scelte ma, per quanto ostentasse grande
carisma e notevole personalità, era come se le stesse rimandando.
Durante quella breve sessione di scavo riuscì ad andare all’origine
dei suoi pensieri e scoprì che una delle emozioni che lo stava
bloccando era la paura di fallire.
Dietro a una decisione come la sua, apparentemente semplice, si
celano due fra le più grandi paure dell’uomo. La paura del fallimento:
e se non ci riesco? E la paura del successo: e se ci riesco ma non sono in
grado di gestirlo?
Bene, durante i pochi minuti della sessione, utilizzando le
domande di scavo, quel “piccolo” imprenditore aveva avuto quella
che mi piace definire un’illuminazione. Lui ancora non lo sapeva, ma i
suoi occhi brillavano e tu i nella sala ce n’eravamo accorti: non era lo
stesso uomo che aveva iniziato il corso quella ma ina. Non era lo stesso
uomo che si sentiva impotente, so o effe o di una forza sconosciuta che
gli impediva di acce are la sua situazione e contemporaneamente non gli
perme eva di portarla al suo livello superiore.
Mi disse: «Italo, ho capito che stento a prendere questa decisione
non perché io non voglia prenderla o non sia disposto ad affrontare
il rischio: l’ho già fa o, so come si fa e posso farlo ancora. Ho
scoperto che la resistenza non è mia ma di mio padre, che avviò
l’a ività quando era solo un ragazzo con un grande sogno, e si è
comportato così in passato. Lui mi ha sempre raccontato dei sacrifici
che ha fa o e che la cosa più importante è la sicurezza, la stabilità.
Quindi, dentro di me c’è la voglia di espandermi… ma mi sono
appena accorto che c’è anche un’informazione, una regola, un
modello mentale, che mio padre mi ha passato e che dice “proteggi
ciò che io ho costruito e ti ho dato”. E io ho sempre voluto fare bella
figura con mio padre…».
Per tu i, lui compreso, oltre che un’illuminazione mentale fu
anche un momento di grande forza emotiva. Quella consapevolezza
cambiò istantaneamente il suo modo di percepire la situazione. Non
era lui che aveva il timore di prendere quella decisione, ma era il
padre… che, a livello subliminale, gli aveva trasmesso quello schema
comportamentale che lo incatenava.
Questa è la storia, ma adesso ti faccio rifle ere su un altro aspe o.
Ricordi il test riportato all’inizio del libro, al livello 1? A chi dai un
passaggio in macchina? Alla vecchie a, al tuo amico o alla persona
dei tuoi sogni? Non sei tu a decidere ma sono le tue informazioni, il
tuo programma mentale a farlo per te! Questo è chiaro, ma il punto è
che:

non è detto che quella informazione non sia esatta, il problema è che tu credi
sia tua e non la metti neanche in discussione.

Quando invece comprendi che si tra a solo di un’informazione, hai


la possibilità di me erla in discussione, di valutarla e di stabilire se per
te funziona o meno.
Diventa una delle possibilità, un punto di vista, non più una verità assoluta.

La cosa più grave in questo meccanismo è che finché non lo


riconosci porta con sé una conseguenza inevitabile: per quanto
possano essere assurde le regole che ti guidano in modo invisibile, il
tuo cervello è programmato per eseguirle e non le me e in
discussione. Il risultato estremo è che anche comportamenti che a noi
possono sembrare aberranti come la infibulazione, la lapidazione, e
molte altre forme di umiliazione della donna, per i cervelli delle
persone appartenenti alle culture che generano queste condo e sono
assolutamente normali. Finché non le me ono in discussione!

Il tuo film non è la vita reale


Questo riferimento a certe realtà aberranti serve per farti capire una
cosa: il tuo programma, il tuo film, usa la metafora che vuoi, è tu o il
tuo orizzonte.
In altre parole, il tuo spazio mentale è un campo da cui non puoi
uscire, non ti abbandona mai, ti circonda completamente, e non
sme e mai di trasme ere il film che tu credi sia la tua vita mentale e
reale.
Quella che tu chiami “la tua vita”, è il tuo carcere. Sei intrappolato
nel tuo film, perché non ne hai mai messo in discussione il copione,
cioè quell’immenso pacche o di informazioni stru urate in
istruzioni di comportamento, che guidano in modo invisibile le tue
scelte, i tuoi comportamenti, le tue valutazioni, senza che te ne
accorgi. Ampliando il discorso, quello che differenzia popoli e culture,
ma anche vicini di casa e cugini, sono proprio quelle informazioni
ereditate da altri e immesse nella nostra mente.

Ricordati che tu pensi a seconda di ciò che sai. Parli e agisci a seconda di ciò
che pensi.

Il tuo mondo si trasforma in base a ciò che sai e tu stesso, a tua volta,
insegni quello che ti è stato insegnato, in un circolo educativo senza
fine.
Ma stai a ento: il fa o che tu in realtà non conosci la realtà là
fuori, perché è una proiezione del tuo film interiore, vuol dire che
non acce i ciò che non coincide con il tuo pacche o di informazioni
e, nella maggior parte dei casi, non sei d’accordo con il pacche o di
informazioni depositato nella mente degli altri.
La conseguenza è che tu i credono di avere ragione… e ce
l’hanno, ma solo in base ai loro modelli. E dato che costa molta fatica
accorgersi dei condizionamenti profondi del nostro programma
mentale – e ancor più difficile è uscirne – è più facile rige are nuove
idee piu osto che me ersi in gioco.
Ciò che ti aspe i è più importante di ciò che fai
Hai mai notato che quando guardi un film sei in simbiosi con le
azioni del protagonista? Non ti fermi a rifle ere sulle ragioni e sulle
cause di quello che succede. Questo meccanismo, tanto più, è
fortissimo quando “guardi il film di te stesso”. Ciò che pensi e vivi
(di cui tu, adesso dovresti averlo capito, non sei il vero autore fino in
fondo) viene prima ed è più importante di ciò che fai.
Ricapitola quello che hai appreso finora: i programmi di
educazione familiare e/o sociale, interni ed esterni, producono dei
micro condizionamenti che influenzano i tuoi modelli di realtà. Ma c’è
un dato in più: le aspe ative inculcate dall’esterno producono
risultati tangibili nei tuoi comportamenti.
La psicologa Thalma Lobel, esperta di scienze sociali e docente
all’università di Tel Aviv, di cui abbiamo già parlato, si è occupata a
lungo di questi aspe i, e con i suoi studi ha evidenziato un dato
importante:

ciò che ci si aspetta determina ciò che si otterrà.

Alcune delle sue ricerche riguardano quella che viene chiamata la


minaccia dello stereotipo. In psicologia la parola “stereotipo” fa
riferimento a qualsiasi opinione precostituita e generalizzata, cioè non
acquisita sulla base di un’esperienza dire a e che prescinde dalla
valutazione dei singoli casi, su persone o gruppi sociali.
A tal proposito, vennero fa i svolgere dei test matematici a gruppi
di persone appositamente selezionati per essere il più possibile
omogenei per età, conoscenze matematiche e qualsiasi altro tipo di
esperienze pregresse. Vennero creati 3 gruppi: un gruppo di soli uomini
e due di sole donne. Tu i i gruppi svolsero lo stesso test matematico,
con una sola differenza: a uno dei due gruppi femminili venne chiesto
di compilare un breve questionario in cui dovevano fornire i loro dati,
compreso specificare se fossero uomini o donne.
Il risultato sbalorditivo fu che il gruppo di donne che doveva
fornire questo dato o enne risultati peggiori nel test, in modo
statisticamente rilevante. Il solo fa o di avere ricordato loro di essere
donne aveva messo in a o la “minaccia dello stereotipo”. Una
generalizzazione (che in questo caso riguarda la presunta scarsa
abilità generalizzata delle donne in questa disciplina) che le aveva
portate a performare al di so o delle proprie capacità. 3
La stessa cosa accade quando alle persone appartenenti a un’etnia
differente rispe o a quella maggioritaria del paese in cui si trovano
viene chiesto di precisare la propria nazionalità all’inizio di un test: i
risultati si rivelano più scarsi.
p
Questo ci fa capire che:

il semplice atto di ricordare alle persone la loro appartenenza a categorie


ritenute inadatte a un determinato compito influisce in modo sensibile sui loro
risultati, sulle loro performance.

In poche parole: lo “stereotipo”, cioè ciò che ti aspe i gli altri


pensino di te, riesce a condizionare l’idea che hai di te stesso. E il
bello è che lo scopri solo con quei test rivelatori, altrimenti non ne
saresti consapevole. Le tue performance non sono fru o della tua
pura volontà, ma delle informazioni occulte del giudizio degli altri,
che ti influenzano verso l’esterno e verso l’interno.

Lo strano caso di Elmer Wheeler


Nella storia della psicologia c’è un caso famoso, riportato nel libro
Psicocibernetica del do or Maxwell Mal , che descrive le
conseguenze estreme di questi stereotipi limitanti su noi stessi. È la
curiosa storia di Elmer Wheeler, un commesso viaggiatore vissuto
agli inizi del Novecento.
Elmer Wheeler era stato assunto da un’azienda in qualità di
consulente alle vendite. Dopo qualche tempo il dire ore gli chiese di
prestare a enzione a un caso veramente strano.
Il caso riguardava uno dei venditori di quell’azienda. L’uomo
lavorava per loro da qualche anno, con o imi risultati. Il suo primo
anno, l’obie ivo di vendita era stato di 5000 dollari (cifra molto
significativa all’epoca in cui si svolsero i fa i). Quell’anno, il
venditore raggiunse il suo obie ivo. Vista la sua bravura, dunque,
l’azienda pensò di affidargli un’area più grande. Alla fine dell’anno
successivo, tu avia, la cifra raggiunta ammontava ancora a 5000
dollari. Il dire ore delle vendite pensò che si fosse tra ato di
sfortuna e non smise di credere il lui. L’anno seguente l’azienda
aumentò le provvigioni che dava per ogni vendita, dunque a numero
di vendite uguali, corrispondeva un guadagno maggiore. Tu avia,
alla fine dell’anno, quel commesso viaggiatore aveva raggiunto ancora
i 5000 dollari. In quel caso solo 5000 dollari. Dopo il primo anno in cui
aveva o enuto un risultato straordinario, l’azienda pensò che gli altri
due anni si fosse “seduto”, senza impegnarsi abbastanza. Dunque,
l’anno successivo gli venne assegnata una delle zone peggiori. Sai cosa
accadde alla fine dell’anno? Forse puoi immaginarlo: l’uomo
raggiunse ancora la cifra di 5000 dollari.
Elmer Wheeler volle approfondire questo caso. Scoprì che il
problema non risiedeva nella zona che veniva affidata al commesso
viaggiatore, bensì nella valutazione che egli faceva di se stesso.
L’uomo, inconsciamente, si considerava un agente da 5000 dollari.
Quello era ciò che inconsciamente credeva, quelle erano le sue
aspe ative, quello era il suo risultato.
Senza esserne cosciente, quando gli veniva affidata una zona
povera lavorava di più per o enere quella cifra; mentre quando
aveva per le mani una zona redditizia, trovava ogni sorta di
giustificazione per rallentare il lavoro e non superare la somma che
era convinto di valere.
Raggiunto il suo obie ivo, ovvero ciò che inconsciamente si
aspe ava da se stesso e dalla sua professione, si ammalava. Non
p p
poteva lavorare per il resto dell’anno, anche se i medici non
riscontravano in lui alcun disturbo, ma guariva miracolosamente
all’inizio del nuovo anno.

Amy aveva un’aria pensosa e seria.


«Chissà, Italo» mi disse, «se a questo punto il mio avanzamento di
carriera è bloccato proprio a causa di uno di quei micro condizionamenti
come è capitato a Elmer Wheeler. A questo punto mi chiedo se non mi senta
spaventata perché so o so o percepisco di avere un’opinione di me inferiore
a quella di superficie, di persona sicura e di successo.»
«Molto bene, Amy, se cominci a percepirlo vuol dire che senti la gabbia
dei tuoi condizionamenti! Ed è questo il momento in cui puoi aprire il
campo delle tue possibilità, il che significa avere più opportunità,
vedere cose che prima non vedevi. Significa riuscire a far emergere
talenti, potenzialità e risorse che sono già dentro di te, bloccati per motivi
che ora inizi a conoscere e a riconoscere.»
«E come suggerisci di fare?» chiese curiosa.
«Dobbiamo prendere il controllo del nostro spazio mentale, Amy, usando
gli stessi meccanismi con i quali siamo stati programmati, ma questa volta a
nostro vantaggio.»
«Davvero?» mi chiese ancora.
«Certo, ti mostrerò come fare, ma c’è di più» le dissi guardandola dri a
negli occhi.
«Cioè?» rispose.
«Ricorda che siamo solo al primo stadio, al primo livello della pellicola
che stai proie ando e, prima di dirti come fare, è importante che io ti parli
degli altri due livelli: quello emotivo e quello energetico.»
Amy mi chiese se volessi un caffè. Io guardai l’orologio, erano le cinque
del pomeriggio ed ero andato a trovarla a casa sua. Fra me e me pensai che
se fossimo cresciuti in Inghilterra a quell’ora mi avrebbe chiesto se avessi
voluto un tè.
Livello 5
Punti essenziali

✓ Lo spazio mentale, usando la metafora della pellicola del film, è


il primo strato che contiene il codice segreto della mente.

✓ Sei nello spazio mentale ogni volta in cui, consciamente o


inconsciamente: dialoghi con te stesso (noti o percepisci il
chiacchiericcio della mente, il self talk, il dialogo interiore), sei
focalizzato sul passato o sul futuro, razionalizzi tu o continuando a
rimuginare su ciò che accade o è accaduto, prendi decisioni in base
alle esperienze pregresse. Sei nello spazio mentale ogni volta in cui
il tuo sforzo principale è capire.

✓ Lo spazio mentale viene programmato in modo dire o e


indire o.

✓ La programmazione dire a avviene durante tu a la nostra vita:


accumuliamo da svariate fonti (nucleo familiare, scuola, le ure
ed esperienze, persone che hanno assunto per noi un ruolo di
riferimento) “istruzioni su come fare le cose”. Molto presto
iniziamo a eseguire quelle informazioni in modo automatico
(incompetenza inconscia, incompetenza conscia, competenza
conscia, competenza inconscia), senza più me erle in
discussione. Questo meccanismo ci perme e di evolvere ma
contiene un’insidia molto pericolosa: crescendo hai acquisito
idee, punti di vista, a eggiamenti che non sono proprio “tuoi”
ma che, in qualche modo, ti sono stati prestati. Rischi di vivere
pensieri e scelte che qualcuno ha pensato o ha scelto al posto tuo.
✓ La programmazione indire a è il secondo modo in cui il codice
sorgente della mente viene programmato. La scoperta dei
neuroni specchio ha permesso di provare in modo empirico che
per il cervello fare una cosa o osservare qualcuno che la fa sono
la stessa identica cosa. Il codice della tua mente è stato dunque
programmato anche a raverso ciò che hai visto pensare, gli
a eggiamenti che hai visto a uare e le scelte che hai visto
compiere.

✓ Ciò che pensi, qualsiasi sia il campo di applicazione, non lo


pensi veramente: pensi a seconda di ciò che sai, parli e agisci a
seconda di ciò che pensi. Ma è tu o falso, fru o di una
programmazione.

✓ Questi condizionamenti sono così potenti da dare vita anche a


micro condizionamenti, come per esempio la minaccia dello
stereotipo che riguarda la categoria di persone in cui, per varie
ragioni, sei incluso.

✓ I condizionamenti mentali rappresentano la tua gabbia, che non


ti perme e di vedere oltre.
Livello 5
Esperienza

Rispondi onestamente: riguardo alla sfida più importante che stai


affrontando in questo momento o il risultato più grande che vuoi
raggiungere, cosa pensi?

Riprendendo la risposta che hai appena dato: dopo aver le o il


Livello 5 sei sicuro che lo stai pensando proprio tu? È possibile che
ciò che pensi sia in qualche modo stato condizionato da qualcosa che
ti è stato insegnato, hai visto o hai visto fare?

Ti è mai capitato di notare di avere un comportamento, un modo di


pensare o un a eggiamento tipico di tua madre, di tuo padre o di
qualcuno che durante la tua vita ha assunto per te un ruolo di
riferimento? (Descrivi)

Riprendendo la risposta che hai dato alla prima domanda: se non


fossi tu a pensarla in quel modo, cosa penseresti?

Quanto, da 1 a 10 (dove 1 corrisponde a un po’ di più e 10 corrisponde


a moltissimo), è aumentata la tua comprensione e la chiarezza,
dall’inizio della le ura di questo libro, delle dinamiche che
riguardano la sfida più grande che stai affrontando o il risultato più
grande che vuoi raggiungere?
Per compilare queste pagine puoi scaricare il PDF da stampare
all’indirizzo
www.librimondadori.it/content/uploads/2019/05/esperienza.pdf
Ritrovare se stessi
di Erika Lissandrin

Ho scoperto il Cervello Quantico circa un anno e mezzo fa. Prima la


mia situazione era di totale sfiducia verso me stessa e verso gli altri.
Relazioni fallimentari, visione negativa della vita, delle situazioni, di
me stessa. Sempre molto arrabbiata, con poche cose che mi
rendevano felice o serena. Sono una cantante di professione ed è una
realtà molto difficile da portare avanti in un ambiente sociale come
quello italiano, che costringe gli artisti a cambiare mestiere, ma se ci
credi e ti dai da fare una realtà la puoi trovare, e io l’ho trovata.
Viaggio con le navi da crociera e a bordo lavoro come cantante negli
spe acoli in teatro. Il grande problema ero io, la mia totale e
sbagliata visione negativa delle cose. Purtroppo avevo iniziato una
relazione con un uomo da cui dipendevo totalmente, che mi stava
risucchiando in un vortice di dipendenza affe iva, che confondevo
con amore, da cui non riuscivo a scappare.
Questa esperienza mi ha fa o perdere chi veramente amavo. Ho
perso qualcuno che ha fa o di tu o per dimostrarmi il suo amore,
qualcuno che mi amava davvero e che posso solo ringraziare perché,
perdendo questa persona, ho trovato il Cervello Quantico. In sintesi,
ferendo e perdendo colui che amavo davvero e che mi amava, ho
aperto la porta per ritrovare me stessa.
Questa esperienza mi aveva distru o, ed è lì che una coincidenza
favorevole ha fa o sì che una mia amica mi prestasse il tuo libro. Ho
iniziato a leggerlo e dopo ho iniziato a fare ricerche sulla fisica
quantistica. Ho iniziato a guardare video di scienziati e psicologi,
sono riuscita ad arrivare a capire perché mi stava succedendo tu o
ciò. Ho fa o ricerche di impronta psicologica, mi sono informata, ho
le o e ho capito che dovevo assolutamente rime ermi in
discussione. Successivamente ho acquistato la Programmazione
Subliminale Quantica e adesso la Guida Quantica.
Ho cambiato la visione che avevo di me stessa e di ciò che mi
circonda. Sto ritrovando un benessere interiore mai avuto: riesco ad
affrontare con maggiore facilità le cose difficili, apprezzo
maggiormente tu o ciò che vivo. Sto imparando a vivere, ho fame di
vivere sempre di più. Ho imparato a rispe are me stessa, a credere
di più in me stessa e nel mio potenziale. Ho capito l’origine dei miei
problemi. Ho acce ato che devo lavorare tanto per cambiare dentro,
ma non ho più paura come prima. Sto imparando a lasciar andare la
rabbia. Ho avuto le opportunità lavorative che volevo. Vedo i segnali
che devo cogliere per crescere lavorativamente e umanamente, e li
seguo con meno paura. Apprezzo maggiormente le persone che sono
rimaste nella mia vita e capisco perché le altre se ne sono andate.
Insomma, cerco di vivere ogni giorno Più Che Posso!
Livello 6
Lo spazio emozionale

L’aspe o delle cose varia secondo le emozioni; e così noi vediamo magia e
bellezza in loro, ma, in realtà, magia e bellezza sono in noi.

KHALIL GIBRAN

«Come stai?» chiesi a Amy chiamandola un venerdì pomeriggio dopo che


avevo terminato la mia giornata lavorativa.
«Indaffarata» mi rispose con tono sbrigativo.
«Non ti ho chiesto cosa stai facendo o se hai da fare, Amy» ho ribadito
prontamente, «ti ho chiesto come stai.»
«Sono appena uscita da un’importante riunione, Italo, dài, ora ho un
incontro con un nostro distributore, vediamoci stasera.»
«Allora come stai?» le chiesi ancora più tardi, quando la raggiunsi a
casa sua.
«Italo» rispose mentre sistemava la tavola, «sto pensando a cosa fare, lo
sai.»
«Lo so» risposi, «ma ancora una volta non ti ho chiesto cosa stai facendo
ma come ti senti, come stai.»
La presi per le braccia e la feci sedere a forza sul divano quasi
braccandola. Quel movimento brusco sembrò farla uscire dallo stato di
ipera ività in cui era immersa, mi sembrò addiri ura di sentire spegnersi il
rumore degli ingranaggi dei ragionamenti prodo i dal suo cervello.
Improvvisamente calò il silenzio. Allora le chiesi ancora, qualche istante
dopo, guardandola dri a negli occhi: «Come stai?».
Volevo quasi costringerla a guardarsi dentro.
Di cosa parliamo quando parliamo di emozioni?
«Come definiresti un’emozione, Amy? Come un’immagine simile a
un’idea? O come una specie di energia, un motore che si agita dentro di
te?
«Prova a fare questo semplice esperimento mentale» le dissi.
«Quando ricordiamo una scena della nostra vita (ma anche la scena di
un film, in un certo senso), non è come se vedessimo un film muto, una
scena pia a e distaccata da noi, che viene proie ata sul nostro schermo
interno. Vero?
«In realtà quella scena è viva emotivamente, ci fa risuonare a livello
fisico, ba ito cardiaco, respiro, a ività ele rica del cervello, lo sfarfallio
nello stomaco per la gioia o il groppo alla gola per il dolore. Cosa significa
questo?

Che il ricordo è emozione.

«Se abbassi il volume della mente e resti in ascolto» le dissi portando un


dito al naso in cenno di silenzio ed eme endo un shhhhh, «accedi al
secondo strato della pellicola che contiene il codice segreto: è lo spazio
emozionale.»

Dolore, piacere e memoria


Se ti chiedessi di ricordare gli errori che hai fa o nella vita, cosa ha
lasciato la traccia più importante? L’errore che hai commesso o il
dolore che ti ha provocato? E cosa ha determinato la tua reazione?
Non è una domanda peregrina. L’ha rivolta al pubblico la
professoressa Daniela Lucangeli durante una sua straordinaria
conferenza sul palco dei TED x a Milano nel novembre 2017. 1 La
do oressa Lucangeli è ordinaria di psicologia dello sviluppo
all’Università di Padova, si occupa di educazione e sviluppo anche
con bambini con disabilità, e il tema del suo discorso pubblico era I
cortocircuiti emotivi: l’intelligenza dietro gli errori.
Tornando dunque alla domanda che la professoressa Lucangeli ha
rivolto al suo pubblico: riguardo agli errori commessi, cosa ha
lasciato la traccia più importante, l’errore commesso o il dolore che ti ha
provocato? La risposta è pressoché unanime.

È il dolore ad aver lasciato la traccia più importante. È il dolore che determina la


risposta.

Vero? Ma cosa c’entra il dolore (o il piacere) con la memoria e con


quei meccanismi decisionali e comportamentali che – ormai hai
capito – regolano la nostra vita istante dopo istante, tu i i giorni?
Per parlartene riprenderò la spiegazione della professoressa
Lucangeli durante il suo intervento.
A un certo punto, mentre parla sul palco chiede al suo pubblico di
pizzicarsi, forte. Prova a farlo anche tu, ora. Da i un pizzico da qualche
parte, forte (fallo davvero, ricordati quello che dicevo a Amy riguardo
alla differenza fra il sapere e il saper fare, sopra u o quando devi
provare sulla tua pelle certe sensazioni o emozioni).
Cos’hai provato? Dolore fisico o sofferenza mentale? È dolore
fisico. Certo, ma come funziona e cosa innesca?
Il nostro corpo è come una macchina dotata di milioni di sensori,
milioni di alert, che dalla superficie che viene colpita mandano
informazioni neuroele riche al cervello. Il cervello, che è anche un
enorme ribollitore biochimico (questa è la bellissima definizione della
Lucangeli), manda un’informazione che ti dice: alert che fa male,
ritraiti. Ma questa informazione “ele rica” – che si traduce nel
movimento muscolare di risposta – è accompagnata da un’energia,
da un “sapore emotivo”, che è il risultato delle reazioni biochimiche
e ormonali che avvengono fra i neuroni.
Perché il cervello manda queste informazioni?

Perché ci dice che non dobbiamo più ricorrere a quella situazione perché ci fa
male, quindi va a tracciare la memoria “scappa che ti fa male”.

Questo tipo di “risposta” affonda le radici nella nostra preistoria.


L’evoluzione ha dotato i nostri antenati di due reazioni primordiali:
lo a o fuggi (fight or flight), di cui ti ho accennato nel Livello 3.
Quella bacca è saporita, mangiala! Quel predatore può ucciderti,
scappa. Il fuoco brucia, allontanati!
Ognuna di queste esperienze ha lasciato nel corso dell’evoluzione
una “traccia” nella nostra memoria di specie e di individuo. Una
traccia da intendersi le eralmente, cioè un percorso neuronale che si
ria iva in situazioni simili di pericolo o di piacere, e che è
accompagnato dalle stesse reazioni biochimiche.
È grazie a questo meccanismo automatico che possiamo
rispondere istintivamente a tante diverse situazioni che ci si
presentano nella vita, e che abbiamo appreso fin da quando
nasciamo.
Come avrai capito, sono memorie incredibili a livello funzionale:
ci perme ono di allontanarci in modo istintivo, senza neanche più
pensarci, da ciò che ci provocherebbe dolore: toccare il fuoco,
a raversare senza guardare se sta passando qualche macchina e via
dicendo. Così come ci perme ono di avvicinarci, in modo istintivo, a
ciò che ci provocherà piacere.

Lo stesso tipo di reazioni, però, viene tracciato anche per tutte le esperienze
che viviamo, fin da quando nasciamo. Vai che ti fa bene… scappa che ti fa
male.

Come ci programmano queste memorie?


Forse avrai iniziato a intuire che, sebbene a livello evoluzionistico
queste memorie abbiano un’importanza fondamentale, possono però
generare anche falsi allarmi, inganni, blocchi.
Capiremo a breve il modo in cui lo fanno, intanto vediamo come
queste memorie ci programmano.
Innanzitu o esistono diversi tipi di memoria. Per quello che ci
interessa ci concentreremo su due di questi tipi: la memoria a breve
termine e la memoria a lungo termine.
La memoria a breve termine contiene le informazioni di cara ere
momentaneo. Quando queste informazioni vengono consolidate nel
tempo (o rivestono un alto significato emotivo) vanno nella memoria
a lungo termine, che rappresenta il grande contenitore storico, il
nostro hard-disk dal quale recuperare informazioni anche a distanza
di anni.
Le reazioni emotive vanno a finire dunque nella memoria a lungo
termine, ma la loro traccia neuronale è a risposta immediata. Ma come
fanno? È un meccanismo fondamentale. Il nostro cervello, essendo
anche un dispositivo ele rico, produce onde. La frequenza delle
onde si misura in Her . 1 Her corrisponde a un ciclo al secondo.
Ora, non è importante che tu comprenda bene tecnicamente il
meccanismo ele rico del cervello, è importante che tu abbia dei
riferimenti.

Quando dormiamo, la nostra a ività cerebrale è di bassa intensità


e il nostro cervello produce onde a 3 Her (3 cicli al secondo).
Quando siamo svegli, produce onde a una frequenza media di 9
Her , a meno che non si verifichino dei picchi dovuti a forti
emozioni, gioie, spaventi, rabbia, ansie o eccitazioni varie.

Ma cosa succede quando viviamo qualsiasi evento della nostra


vita? A raverso un meccanismo ele rico, su questo livello, vengono
impresse delle memorie.
Naturalmente il fa o che qualsiasi evento della nostra vita si
imprima nella memoria e si porti dietro una traccia emotiva non è
semplice come la risposta primitiva a acca o fuggi. La risposta è
sempre immediata, ma il carico che si porta dietro è molto più
stratificato (un po’ come gli strati geologici sulla roccia).
Per esempio, se durante gli anni scolastici lo studio per te si è
sempre accompagnato a fatica, ansia e paura del voto, anche a
distanza di tempo, quando riprenderai dal casse o della memoria
ciò che hai studiato preleverai non solo le informazioni studiate ma
anche le memorie con cui le hai tracciate.
Se studiare per te è associato ad ansia, ogni volta che dovrai
studiare qualcosa o anche far studiare qualcosa magari a tuo figlio lo
rivivrai sempre con ansia, che probabilmente trasme erai a tuo
figlio. Tu o ciò può avvenire anche in senso positivo. Se hai
imparato a studiare nella tua giovinezza con un senso di sfida verso
te stesso, o con curiosità per il nuovo, ogni volta recupererai quelle
stesse emozioni.

Assocerai a tutte le attività simili la stessa risposta emozionale.

E questo vale per qualsiasi esperienza sperimentiamo nella nostra


vita.
“In che modo il terrore provato da un bambino nel sentire i colpi
dei nazisti alla porta di casa, la vigilia della No e dei cristalli, si è
impresso come una cicatrice nel tessuto molecolare e cellulare del
cervello, con una forza tale da consentirgli di rivivere
quell’esperienza a decenni di distanza?”, scrive nel suo libro Alla
ricerca della memoria Eric Kandel, premio Nobel per la Medicina nel
2000 grazie ai suoi studi sulla plasticità sinaptica e ai chiarimenti sui
meccanismi cellulari, molecolari e genetici della memoria. 2
Non è il passato in quanto tale che ci governa – continua Kandel –
ecce o, forse, in senso biologico. Sono le immagini del passato,
spesso fortemente stru urate e sele ive come i miti. Immagini e
costruzioni simboliche del passato sono impresse, quasi alla stregua
di informazioni genetiche, sulla nostra sensibilità.

Come vengono memorizzate le risposte emozionali?


Per spiegarlo, riprenderò ancora l’illuminante intervento della
do oressa Lucangeli, che spiega: abbiamo de o che il cervello
funziona, su un certo livello, con un meccanismo di tipo her iale.
Nel momento in cui provo una grande gioia, la stessa gioia provoca
un picco, ovvero un’onda di altissima intensità ma di breve durata,
con cui viene tracciata la memoria di gioia.
Anche in questo caso entra in gioco l’evoluzione: siamo
programmati per la ricerca del piacere (tra cui la gioia). Quando
questa emozione benefica arriva, il cervello si è evoluto per fissarla
con un grande picco di her , il cui messaggio è “vai alla ricerca di
quel piacere”.

Ma se, invece, in relazione a una qualsiasi esperienza che vivo


provo un certo livello o grado di angoscia, ansia, una qualche forma
di paura?
In questo caso il meccanismo di tracciamento è diverso:
quell’emozione negativa provocherà un’onda di bassa intensità ma di
lunga durata: non si fa vedere dalla mente poiché, in caso contrario,
provocherebbe un continuo dolore. Ma resta lì, so o il livello di
coscienza, perché deve dare un alert: scappa che ti fa male, scappa
che provoca dolore. Ed ecco che i nostri circuiti sono invasi da onde
che dicono “scappa perché ti fa male” e l’energia che produciamo è
energia che ci dice “scappa perché c’è dolore”.

Di questa risposta emozionale (che ti ricordo è molto più veloce e


potente di quella mentale), come ti dicevo, non siamo per nulla
consapevoli. Ora sai anche il perché: perché viene tracciata lì, so o il
livello di coscienza.

Chi è allora il grande decisore?

Non è la mente che controlla le emozioni. Questa è una grande illusione e, da


scienziata cognitiva, a un certo punto ho dovuto arrendermi. 3

Questo è un turning point importante: non è la mente che


comanda le emozioni, ma assolutamente il contrario.
Io ho un cane di grossa taglia, di razza corsa, di nome Kira. È nato
per difendere il territorio, per proteggere il suo spazio. Sebbene ogni
volta in cui mi vede si me a a pancia all’aria per farsi accarezzare
(segno di assoluta grande fiducia) e sebbene quando mi guardi i suoi
occhi esprimano l’amore più sincero che ci sia, non c’è niente da fare:
se qualcuno arriva da fuori, fino a quando ho il conta o visivo si
agita ma non succede niente, ma se mi distraggo un a imo inizia a
correre contro chi ha invaso il suo territorio e abbaia forte.
Sebbene comprenda, a livello mentale, che quella persona non è
una minaccia, che ci sono io lì e dunque non c’è niente da temere, il
suo sistema emozionale fa sca are il suo istinto di protezione del
territorio e non serve a niente dirle “Stai calma”, “Ci sono io”, “Non
c’è niente da temere”. Perché è il sistema emozionale il grande
decisore, molto più veloce e molto più potente di quello cognitivo.
Ce lo spiega ancora la do oressa Lucangeli durante il suo
intervento:

Basta una goccia di emozione per fare in modo che, sebbene il mio cervello sia
addestrato, io sia preparata e abbia parlato in contesti molto più impegnativi di
questo, la mia voce la manifesti e io non riesca a controllare la voce perché
l’emozione è più potente del sistema cognitivo. È il grande decisore. È un
sistema intelligente, ma ha solo due risposte: mi duole o mi fa bene.

Essendo risposte invisibili, ora lo sai perché sono tracciate so o il


livello della coscienza, si manifestano nella vita reale provocando
ancora dei grossi autoinganni.
Racconto spesso di come, a un certo punto della mia vita, le mie
entrate finanziarie iniziarono ad aumentare. Eppure, sebbene io fossi
preparato, sebbene avessi un seguito in continuo aumento e mi
a enessi a un piano finanziario ben preciso, il mio conto in banca
restava sempre lo stesso: sempre e comunque sulla soglia. All’epoca
un caro amico mi disse: «Non è che hai un confli o sul denaro?».
«Chi, io?» risposi. «Figuriamoci!»
Fino all’età di circa 14 anni avevo avuto un sereno rapporto con il
denaro, nel senso che non me n’ero mai preoccupato e non mi era
mancato mai nulla. Poi, verso quell’età, la mia famiglia subì una
grave truffa che la fece sprofondare nel buio finanziario più assoluto,
riempiendoci di debiti e spazzando via con un solo colpo tu i i
nostri sogni. Figuriamoci se io avevo un confli o con il denaro, mi
g g
dicevo, sapevo che i soldi non fanno la felicità ma nello stesso tempo
sapevo quanto fossero importanti.
Poco più tardi, a raverso un lavoro di analisi e scavo su me
stesso, scoprii invece che era proprio così.

Nella mia memoria emotiva, il concetto di denaro era associato a quel periodo
cupo della mia vita, aveva tracciato una memoria a lungo termine che diceva:
“Scappa che ti fa male”…

Ecco perché, nonostante potessi fare di tu o, il mio conto in banca


era sempre sulla soglia. Avrei potuto fare qualsiasi cosa, seguire
qualsiasi piano ma la mia guida inconscia era: scappa che ti provoca
dolore e, senza esserne assolutamente consapevole, facevo di tu o
per non accumulare denaro. La verità è che:

il circuito emozionale è il vero decisore.

Questa è una grande verità, cerca di non so ovalutarla. Una verità


che comporta due comprensioni ulteriori: la prima è che oltre ai
programmi mentali che hai già visto agiscono in noi ben più potenti
programmi emozionali. La seconda è che questi programmi emozionali
possono andare in cortocircuito spingendoci a sbagliare o bloccandoci
a livello profondo.

Le programmazioni emozionali
Restiamo sull’argomento soldi. Credi che una persona che punta ad
avere un ricco conto in banca lo faccia per il gusto feticista di vedere
tanti numerini su un pezzo di carta? O per i tanti beni che può
comprare? Sì, certo, ma non solo. Il senso della ricchezza non è nel
valore di quei numeri, ma nell’emozione che provocano, piacere, potere,
senso di libertà.
Naturalmente, ogni esperienza che hai fa o nel tuo passato, oltre
a essersi fissata nella tua mente come schema comportamentale
razionale, si intreccia a un correlativo emotivo. Ogni esperienza che
abbiamo vissuto nella nostra vita ha provocato, oltre a una
programmazione mentale, anche una emozionale. Ogni volta in cui
recuperi l’informazione mentale recuperi anche la memoria con cui
l’hai tracciata.
Vogliamo parlare del grande tema dell’amore? Non importa che
tu sia la persona più cinica o romantica del mondo, quando cerchi
una persona con cui avere una relazione, non lo fai per dormire con
qualcuno nel le o ma per trovare una profonda gratificazione
emotiva, una risposta ai tuoi bisogni affe ivi che a sua volta ha una
storia parallela a quella di cui sei cosciente.
La tua idea dell’amore non è un conce o astra o, ma un
programma emotivo nutrito di esempi familiari, le ure, film, e che ti
guida silenziosamente per tu a la vita a tua insaputa, in ogni
circostanza piccola o grande.
Quando per esempio pensi al matrimonio, carichi il programma
mentale relativo che ti raffigura l’unione di due persone, che me ono
su casa, decidono di avere dei figli con tu o ciò che ne consegue in
termini di educazione, soldi, vecchiaia ecc. Ma tu o ciò sarebbe
un’immagine astra a se non fosse intrecciato a un programma
emozionale che ti fa vibrare come un diapason a quel pensiero. Una
vibrazione positiva o negativa, intendiamoci, a seconda del tuo
vissuto.
Ciò significa che se in te quell’informazione in qualche momento
ha provocato dolore (magari perché il matrimonio dei tuoi genitori
non è andato bene e hai sofferto per tu a la giovinezza), alla parola
matrimonio assocerai, senza esserne cosciente, dolore. E questo
dolore è come una tensione ele rica a bassa intensità che guiderà i
tuoi pensieri e, stanne certo, lavorerà costantemente contro di te
perché ti spingerà a livello so erraneo ad aver sempre paura
dell’unione stabile e a fuggire da ogni impegno, visto come minaccia
di sofferenza.

I cortocircuiti e i confli i emozionali


Come vedi, quello che all’inizio della nostra specie era nato come un
meccanismo decisionale rapido e profondo – che agiva
sull’amigdala, la parte più antica, nel cuore del cervello, che controlla
le emozioni e la paura –, cioè un meccanismo di risposta semplice –
se vedi la preda a acca, se vedi il predatore scappa –, col tempo si è
raffinato tantissimo, ma come succede per la programmazione
mentale, anche quella emozionale può dare vita a veri e propri
cortocircuiti.
La possibilità del “malfunzionamento” è insita nello stesso
meccanismo, perché se crescendo nella nostra memoria si “fissa” un
fa o, un fenomeno, una persona, a un’emozione negativa, questa
emozione finirà per bloccarci, facendo nascere in noi ansie, sospe i,
sentimenti ostili di cui noi non comprendiamo l’origine ma che ci
guidano e di fa o ci mandano in confli o con noi stessi.
A questo punto potresti chiederti: come faccio a riconoscere di
volta in volta se sono preda di un cortocircuito emozionale? Non è
facile, è vero, ma con la consapevolezza che stai acquisendo, e gli
esempi che hai già visto, puoi cominciare a capire una legge
generale.

Ogni volta in cui senti che le cose non vanno in modo fluido, in cui vedi che fra
quello che vorresti e quello che senti c’è un conflitto, probabilmente è in atto
dentro di te un cortocircuito emozionale.

Questi cortocircuiti danno vita a una serie di reazioni le più


importanti delle quali, per esperienza personale, sono di due tipi: il
“confli o di svalutazione” e il “confli o di associazione gioia-
dolore”.

CORTOCIRCUITO EMOZIONALE 1: IL CONFLITTO DI SVALUTAZIONE

Tu a Italia ricorda il rigore sbagliato da Roberto Baggio durante la


finale con il Brasile nei Mondiali di Usa 1994. E, a ben guardare, nella
storia del calcio gli errori dal dische o in finali importanti e cruciali
sono numerosi. Così come gli errori di pa inatori sul ghiaccio, o di
campioni di basket, o di qualunque atleta che deve compiere gesti di
precisione. Ma questo test può proseguire seguendo ben altre strade.
Hai mai avuto qualche défaillance a un esame, per esempio quella
volta che sei “caduto” all’esame di maturità proprio su una
domanda che sapevi? Trova altri esempi nella tua memoria
personale. La domanda da porsi è: come mai un calciatore di
altissimo livello, che magari ha azzeccato 10 rigori nelle ultime
partite, nell’incontro decisivo dagli undici metri sbaglia
clamorosamente? Come mai all’esame non hai saputo rispondere
proprio su un argomento che avevi ripassato?
La risposta può annidarsi in un “confli o di svalutazione”.
L’atleta è preparato fisicamente, in fondo il rigore si tira sempre nello
stesso modo, in allenamento non ne sbaglia uno, quindi è sicuro di
sé, così come tu sei sicuro della tua preparazione all’esame, ma… è la
finale, il peso delle aspe ative dei compagni e del mister, e di un
paese intero è sulle tue gambe… che ti tradiscono. Così come il peso
della maturità, del bel voto che si aspe ano i tuoi, si addensa sulla
tua mente che fa cilecca e non ricorda una cosa banale.
Evidentemente qualcosa nel tuo cervello ti blocca. Da qualche
parte, so o il livello della tua coscienza, c’è un messaggio emotivo
che rema contro di te, che nasce dalla paura (di sbagliare, del
giudizio altrui, di non essere all’altezza, di deludere ecc.) e che ti
porta a performare al di so o delle tue capacità.
Ricordo le prime volte in cui mi trovai a parlare in pubblico, ero
le eralmente bloccato. Se ti dico che non riuscivo a vedere le persone
che mi stavano davanti devi credermi: la vista si annebbiava, la
memoria spariva, non ricordavo più niente. Il cuore ba eva forte.
Erano tu i fenomeni dovuti alla cascata biochimica provocata dalla
paura. La conseguenza di un messaggio che dentro di me diceva
“non sono in grado di farlo”, anche se non ne ero cosciente.
Ma ci sono molte altre sfumature della nostra “storia emotiva” che
possono insediare in noi dei confli i di svalutazione. A tal proposito
voglio raccontarti la storia di Joe Girard, il più grande venditore di
auto al mondo. È stato inserito nel Guinness World Records per aver
venduto 13.000 auto fra il 1963 e il 1978, con il record di 1425 auto
vendute nel solo 1973.
È diventato in seguito un apprezzatissimo conferenziere e
motivatore per grandi colossi americani, ma prima di raggiungere
risultati così incredibili anch’egli ha dovuto superare un grosso
confli o di svalutazione. Figlio di immigrati siciliani poverissimi, ha
abbandonato le scuole e fa o mille lavore i sin da giovane, prima di
approdare alla vendita di auto.
Nel suo libro Come vendere tu o a tu i 4 racconta:

Se un padre continua a dirti che sei un buono a nulla e mentre te lo dice magari
ti picchia pure, va a finire che prima o poi tu ci credi veramente.

Di fronte a una situazione familiare simile, dentro di te si crea uno


spazio mentale di giudizi razionali negativi su te stesso, aggravato
da una sofferenza perenne dovuta alle bo e, che non vogliono dire
solo paura fisica, ma senso di tradimento per un padre che avrebbe
dovuto proteggerti e mancanza di fiducia in te stesso e nell’amore
dei genitori. Così, davanti a ogni evento della vita caricherai il
programma “Sono un buono a nulla - rinuncia per non soffrire”.
Potrai anche convincerti mentalmente che non è vero,
comprendere che quel padre poteva comportarsi in modo migliore.
In ogni caso ci sarà una traccia emozionale che davanti a qualsiasi
evento della vita ti manderà un messaggio invisibile: scappa perché
non sei all’altezza, non farlo, così non dovrai soffrire. Ma non
pensare che servano situazioni di tale gravità per programmarti, in
realtà non è la situazione di per sé a fare la differenza, ma il modo in
cui la percepisci.
Forse hai notato che in questo passaggio è contenuta una chiave
importante: abbiamo infa i de o che non è la mente che controlla le
emozioni; al massimo può percepire un disagio, un confli o, senza
saper andare oltre. Cosa devi fare, dunque?

1. Far emergere quel confli o (visto che spesso è so o lo stato di


coscienza).
2. Risolverlo.
3. Riscriverlo (ma non con la mente, devi riscriverlo a livello di
memorie emozionali).
Come farlo te lo spiegherò nelle prossime pagine, e alla fine di
questo libro avrai fra le mani un metodo che, applicato per pochi
minuti al giorno, ti perme erà di riscrivere le tue memorie, sia dello
spazio mentale sia di quello emozionale. Questa trasformazione può
passare anche a raverso il “confli o di associazione gioia-dolore”,
che ti illustrerò nel paragrafo successivo raccontandoti un episodio
personale.

CORTOCIRCUITO EMOZIONALE 2: IL CONFLITTO DI ASSOCIAZIONE GIOIA-


DOLORE

Ritengo che i bambini, se sappiamo ascoltarli, siano una grande


fonte di apprendimento per noi adulti. Io ho tre figli, Manuel, Isabel
e Sofia, ognuno dei quali mi ha impartito numerose lezioni durante
la nostra vita.
Qualche anno fa, stavo aiutando proprio la piccola Sofia, 7 anni
all’epoca dei fa i, nei suoi compiti quotidiani. Quel giorno aveva tre
frasi scri e in stampatello e doveva trascriverle in corsivo. Iniziò a
scrivere la prima, poi la seconda, poi la terza. Mi fece vedere il
risultato e non potei non notare che c’era un errore. Le frasi erano
scri e bene ma fra la prima e la seconda aveva lasciato una riga, fra
la seconda e la terza due righe. Dissi a Sofia dell’errore: «Sofia qui c’è
un errore, hai lasciato due righe». «Ma ne devo lasciare due» mi
rispose, facendomi vedere l’esempio sul libro in cui, aveva ragione,
erano state lasciate due righe di distanza fra una frase e l’altra.
«Allora perché» le dissi, «fra la prima e la seconda frase hai
lasciato una sola riga?» «Perché ho sbagliato» mi rispose
candidamente, senza quasi curarsi di quello che aveva appena de o.
Alla mia espressione sbigo ita mi guardò e mi passò questa
semplice e grande lezione.
«Ho sbagliato, papà» mi disse, «e quindi?»

Se sbaglio non succede niente, papà.

La mia reazione è stata come d’incantamento. Immediatamente


vidi al di là del suo semplice compito scolastico, e al di là del
compito che io come genitore credevo di avere assegnato. Vidi che
con la sua risposta innocente mi aveva spalancato un mondo! Se
associ lo sbagliare al dolore, alla colpa, alla vergogna, molto
probabilmente tenderai a startene sempre nella tua zona di comfort,
quella zona in cui ti trovi a tuo agio. Difficilmente prenderai
un’iniziativa a meno che tu non sia estremamente sicuro che possa
essere quella giusta.
Mia figlia mi aveva fa o capire che questo meccanismo – presente
in tu i noi, da 5 a 100 anni – è altamente bloccante.

Per riuscire, in qualsiasi cosa, bisogna avere il coraggio di provare.

Pieno di riconoscenza e profondamente emozionato, le dissi


guardandola negli occhi: «Hai ragione Sofia, se sbagli non succede
niente…».
E mentre glielo dicevo, e la guardavo negli occhi, e l’abbracciavo
forte per dimostrarle tu o il mio orgoglio paterno e l’ammirazione,
pensavo che io stesso pochi minuti prima della risposta di Sofia mi
sarei preoccupato che una riga in più o in meno, un’imperfezione
rispe o alle istruzioni, le avrebbe fa o prendere un voto in meno,
più basso. Mentre invece lei, priva di vincoli nascosti e programmi
bloccanti, aveva visto oltre: l’errore è un’opportunità, va accolto con
serena curiosità.
Sofia non poteva sapere che mi aveva dato un’illuminazione, e che
nel mio abbraccio stre o via era un’emozione fortissima. Mi piace
pensare di averle trasmesso un messaggio di autostima che si
porterà dietro per tu a la vita, visto che le memorie emozionali
vengono tracciate nella memoria a lungo termine. O quantomeno
fino a che vorrà portarsi dietro questa importante verità: tu i abbiamo
il diri o all’errore.
Tante volte restiamo bloccati dal provare il nuovo,
dall’intraprendere una nuova strada nella vita, e questo solo ed
esclusivamente perché abbiamo paura: paura di sbagliare, di non
farcela, di non essere all’altezza. Eppure l’antidoto a tale paura è
proprio questo: il diri o all’errore.
Continuavo ad abbracciare Sofia, ripetendole parole affe uose
all’orecchio, perché volevo trasme erle tu a la mia stima e
incoraggiamento, e volevo che si imprimesse in lei un’emozione
fortissima in ricordo di quel momento. E sapevo che, poiché non è la
mente l’interru ore delle emozioni, dovevo trovare un accesso
privilegiato al suo spazio emozionale. E la chiave sono le emozioni
stesse.
Pensa che 30 secondi di abbraccio comandano la produzione
dell’ossitocina, ossia l’ormone prodo o durante il parto e che
perme e alle donne di partorire abbassando il dolore. 5
Il confli o di associazione piacere-dolore (chiamato anche gioia-
dolore) emerge quando abbiamo radicata in noi un’associazione non
corre a, come accadde a me per il denaro – per cui temendo in
profondità di perderlo, e che avrebbe potuto ancora provocarmi
dolore, o sentendo di non averne quasi diri o, mi impediva di
gioirne i vantaggi e i benefici.
Può avvenire per ogni esperienza che viviamo e questa
associazione determina e guida in modo invisibile i nostri pensieri, che
determinano le nostre azioni, che determinano i nostri risultati.
Alcune volte questi programmi emergono spontaneamente, altre
volte sono veramente nascosti.

Il senso di incoerenza e gli agganci emotivi


Come ti ho già de o, questi confli i – artefici dei due principali
cortocircuiti emozionali – risiedono e operano appena so o il livello
di coscienza. È dunque ragionevole pensare che sia difficile scovarli:
in realtà è così, non è una cosa semplice. Ma ora, intanto, ne sei
consapevole, e questa consapevolezza ti aiuterà a fare emergere i
tuoi eventuali cortocircuiti emozionali.
E poi ci sono due segnali che ti indicano chiaramente la presenza
di uno di questi confli i: gli agganci emotivi e il senso di incoerenza.
Per quanto riguarda gli agganci emotivi, intendo qualsiasi cosa ti
tocchi a livello emotivo, qualsiasi cosa crei una risposta emotiva
piccola o grande. Per farti un esempio, me iamo il caso che tu riceva
un feedback negativo riguardo a qualcosa che stai facendo: puoi
prendere in considerazione quel feedback come spinta a un possibile
miglioramento, ma se nel momento in cui lo ricevi senti qualcosa che
si muove dentro, un’emozione che può andare dalla delusione alla
rabbia, allora è un forte indicatore della presenza di un cortocircuito
emotivo.
Il secondo segnale è il senso di incoerenza. Lo riconosci perché è
quella sensazione che provi quando pensi a un obie ivo e, anche se
mentalmente sei allineato a quell’obie ivo, senti una specie di freno,
qualcosa di non bene identificabile che ti blocca. Mai successo? Sì, in
realtà succede tante volte, e se ci pensi quale impa o possono avere
questi confli i emozionali nella tua vita?

«Un impa o tremendo, Italo. Adesso che te l’ho spiegato, capisci qual è la
mia paura?»
Stimolata dai miei discorsi sui confli i interiori, mi aveva parlato del
suo. Non che non me ne fossi accorto negli ultimi tempi, ma quella fu la
prima volta in cui Amy me ne parlò dire amente. Fra lei e Marco le cose
non andavano bene. Si erano sposati dieci anni prima, avevano due figli, le
cose viste da fuori filavano lisce, ma in realtà fra loro c’era sempre qualcosa
che non andava.
Acce are il prestigioso incarico che le era stato proposto significava per
Amy andare a coinvolgere anche la sua sfera personale: probabilmente
sarebbe stata più impegnata, probabilmente avrebbe dovuto viaggiare di più
e non voleva che, per questo motivo, la sua storia matrimoniale potesse
subire un grave contraccolpo.
In realtà, mi confidò, non era più neanche troppo sicura che sarebbe
voluta invecchiare con Marco. Non che non fosse il marito ideale, lo era
eccome: faceva di tu o, era sempre pieno di grandi a enzioni, era un o imo
padre, un o imo marito. Eppure c’era qualcosa che non andava, qualcosa
che non riusciva a me ere a fuoco e lei non si spiegava il perché. Mentre me
lo raccontava – fu una delle pochissime volte che accadde – vidi i suoi occhi
riempirsi di lacrime, quasi pronti a traboccare.

La decisione di Amy
y
Fu una chiacchierata intensa quella volta, Amy si aprì e mi rivelò i segreti
che si teneva dentro, le sue indecisioni, le sue paure. Apparentemente era
tu o perfe o: una carriera spianata, un marito modello, eppure c’era
qualcosa che la bloccava e non riusciva a capire perché. Ma io sapevo che
stava guardando nel posto sbagliato.
«Amy» le dissi a un certo punto prendendole la mano, «tu in pratica sei
cresciuta con tuo padre.»
«E quindi?» rispose, «cosa c’entra?»
Anche la madre di Amy era stata una donna in carriera. Non che non
fosse stata una buona madre, ma spesso era in viaggio, sempre impegnata e,
nonostante Amy avesse avuto un’infanzia felice, riempita di amore da parte
del padre, dei fratelli e dei nonni, spesso aveva sentito la mancanza emotiva
di quella figura materna.
«È vero» mi disse Amy, «questo lo sai, ne abbiamo parlato tante volte
anche quando eravamo ragazzi, ma cosa c’entra con tu o quello che ti ho
de o?»
Conoscevo molto bene anche Marco, erano stati fidanzati a lungo prima
di sposarsi e ovviamente, all’inizio, aveva fa o fatica ad acce are la nostra
amicizia così intima, ma con il tempo aveva capito che si tra ava solo ed
esclusivamente di quello: una profonda e intima amicizia, nulla di più.
Più volte ci eravamo ritrovati a parlare delle nostre vite. Marco era
sempre stato il prototipo della persona perfe a. Si era sempre comportato
bene, non aveva mai dato problemi in casa, era uno studente modello. Ma
era vissuto in un ambiente in cui sembrava che ciò che faceva non fosse mai
abbastanza. I genitori erano piu osto rigidi e pretendevano da lui sempre il
massimo. Non che ci sia niente di male in tu o questo, ma Marco esternava
questa sensazione, senza rendersene conto, ripetendo più volte queste
parole: «Sembrava che tu o ciò che facevo non fosse mai abbastanza…».

Un confli o di confli i
Ricordai a Amy dei messaggi emozionali che vengono tracciati nelle nostre
memorie. Era molto affascinata, ma continuava a non capire.
«Vedi Amy» le dissi, «tu hai ricevuto tu o l’amore da parte di tuo padre
e dei tuoi fratelli. Ma non era quello che volevi. O meglio, lo volevi, ma
quello che desideravi di più era l’amore e le a enzioni di tua mamma.
«Il programma emozionale tracciato dentro le tue memorie a lungo
termine ti porta a dire “scappa che ti fa male” riguardo all’amore delle
figure maschili, e “vai che ti fa bene” riguardo alle figure femminili.»
A quel punto Amy mi fissò intensamente. Iniziò a rendersi conto che
anche sul lavoro era così: era una persona di grande personalità, la
chiamavano “il generale”, quando doveva tra are con le figure maschili,
con gli uomini. Mentre si scioglieva come neve al sole quando aveva di
fronte figure femminili, cercando inconsciamente di a irare le loro
a enzioni, di me erle dalla sua parte magari essendo larga di maniche.
«E Marco?» disse mentre a bassa voce aveva iniziato a fare questi
collegamenti.
«Marco» continuai, «è cresciuto in un ambiente che gli ha passato il
messaggio: quello che fai non è abbastanza. È in confli o di svalutazione. E
cosa succede? Che Marco continua a fare qualsiasi cosa per te, vero?»
«Vero» rispose Amy in modo sommesso…
«Eppure non basta. Perché lui sta rispondendo a un suo programma
emozionale e anche tu: la verità è che tu stai fuggendo dalle figure maschili
perché stai cercando ancora l’amore di tua mamma… E più la figura
maschile a te vicina si prodiga di a enzioni per te, più tu senza saperlo ti
distacchi per il meccanismo che ti ho descri o. Così Marco viene confermato
nel suo schema comportamentale ed emozionale: qualunque cosa faccio per
lei non è mai abbastanza. E tu sei confermata nel tuo schema che diventa
paradossale: rifuggi dall’amore maschile perché pensi che ti ingabbi come
nella tua infanzia, ma al tempo stesso rischi di diventare come tua madre.»

Ecco come proiettiamo lo spazio emozionale.

In quel momento Amy scoppiò in lacrime, silenziose e dignitose.


«Non solo» aggiunsi, «su qualche livello hai paura anche che questa
scelta ti allontani pure dai tuoi figli e non vuoi che loro stessi provino quello
che hai provato tu.»
Erano anni che non la vedevo piangere in quel modo.

Sciogli sempre i nodi irrisolti


g p
Non c’era niente che si potesse fare, niente che la mente potesse
comandare. Se Amy voleva uscire dalla sua impasse, ora che aveva
scoperto i programmi emozionali, doveva lavorare su quelli,
scioglierli da dentro, trasmutarli. Il resto sarebbe stata una semplice,
dire a, straordinaria conseguenza.

Ogni situazione che fa emergere una difficoltà o una reazione emotiva, ogni
esperienza verso la quale sentiamo un blocco, ci mette davanti ai nostri nodi
irrisolti.

Per quanto riguarda i cortocircuiti emozionali, senza saperlo


ragioniamo a livello simbolico. Ciò significa che quello che viviamo
non deve essere necessariamente uguale a ciò che ci ha provocato la
ferita emotiva, basta che contenga un frammento di informazione
che in qualche modo la faccia riemergere.
Lo sanno bene molti degli scampati all’a entato dell’11 se embre,
rimasti sepolti so o le macerie delle Torri Gemelle e poi portati in
salvo. Da quel momento in poi molti di loro sono rimasti
intrappolati in una storia emozionale che nei luoghi chiusi fa
riemergere lo stesso tipo di reazioni biochimiche, le stesse paure
provate durante quella tremenda esperienza. Così come lo sanno
bene i reduci di guerra, ai quali viene riconosciuto quello che viene
definito stress post-traumatico. Sebbene tornati a casa, in ambiente
sicuro, molti di loro in luoghi particolarmente affollati o rumorosi
provano le stesse sensazioni provate in guerra, alcuni di loro alla
sola visione di luci intermi enti, come i led delle tv o le luci
natalizie, recuperano la memoria emozionale riguardante gli spari
dei mitra, lo scoppio delle bombe, con la conseguenza di provare un
potente effe o emotivo come la paura, l’adrenalina, il terrore.
Sono fenomeni ben studiati, come spiega egregiamente anche lo
psichiatra Bessel Van Der Kolk nel suo libro Il corpo accusa il colpo.
Ma non pensare che servano grandi tragedie per fissare le
memorie emozionali, bastano anche piccoli, a volte piccolissimi
eventi. La differenziante è come vengono vissuti: se li si vive in
modo traumatico (prova a pensare a una bimba che impara ad
andare in bicicle a e si aspe a che ci sia il padre ad aiutarla, ma il
p p
padre non c’è, tanto per citare un episodio che mi è personalmente
capitato di affrontare), allora è molto probabile che venga fissata una
memoria emozionale in cui, in condizioni simbolicamente simili,
recuperiamo lo stesso tipo di reazioni.
Non c’è una regola, le cose acquisiscono un senso nella testa di chi
le vive: quella bimba potrebbe non avere accusato nessun tipo di
colpo, così come potrebbe avere subito un abbandono da parte delle
figure maschili, o avere invece provato una mancanza di fiducia
verso lo stesso tipo di figure, o un rifiuto, così come avrebbe potuto
reagire in mille modi diversi. La memoria emozionale, dunque, è del
tu o personale, e non fa distinzioni né di età, né di istruzione o
censo.
Quando si ripresentano alcune condizioni simili all’evento
originario, scambiamo ciò che stiamo vivendo a livello emotivo come
reale, mentre invece stiamo solo recitando un copione, una storia
emozionale: senza saperlo entriamo in un personaggio.
Questi “copioni” possono essere messi in a o sia nella sfera
personale sia in quella professionale (in cui la capacità di riconoscerli
e modificarli è il nuovo punto di svolta del management e della
leadership, come spiega in modo egregio nelle sue pubblicazioni il
do or Daniel Goleman, esperto mondiale di Intelligenza emotiva).
Un giorno mi è capitato di affrontare la situazione di due alti
dirigenti d’azienda che negli ultimi tempi entravano spesso in
confli o con conseguente blocco dell’avanzamento dei proge i.
Pensavano che il confli o potesse essere di cara ere strategico o di
visione, ma non vedevano via d’uscita e ormai sempre più spesso si
ritrovavano ai ferri corti.
A raverso la loro collaborazione e l’indiscutibile disponibilità di
entrambi a me ersi in discussione scoprimmo che il confli o non era
strategico né di visione, ma riguardava i loro due copioni emozionali
e i relativi personaggi che stavano interpretando.
Una volta individuate, quelle resistenze si sciolsero all’istante
come neve al sole, e da un giorno all’altro triplicò la velocità di
realizzazione dei proge i. Nei mesi successivi capitò ancora, anche
se molto di rado, che entrassero in confli o: ma a quel punto
sapevano che si tra ava del loro copione e, prontamente,
impararono a uscire velocemente dal personaggio.
Questo tipo di nodi può essere molto difficile da sciogliere, come
dimostravano le lacrime di Amy. Sebbene la mente sia uno
strumento potente, infa i, come ora sai, non è il vero decisore.
Cosa succede dunque quando, anche se siamo convinti, allineati a
livello mentale, sentiamo una certa incoerenza che ci blocca?
Succede una cosa di questo tipo:

A quel punto ci sono solo due soluzioni: o non li affronti e fuggi


(ma la vita continuerà a ripresentarti condizioni simili) o decidi di
fermarti, andar loro incontro, affrontarli e smontare il loro
meccanismo.
Il segreto, però, per interce are con il radar della coscienza questi
cortocircuiti emotivi che si muovono so o la superficie, è me ersi in
ascolto di se stessi. Con una precisazione importante. Se per lo spazio
mentale la parola d’ordine è osservare e capire i propri schemi di
comportamento, per lo spazio emozionale la parola d’ordine è sentire.
Sentire le proprie reazioni emotive, la propria incoerenza, finché non si
rivela l’anima del confli o che ci blocca.
A quel punto cambia ogni cosa. E nel momento in cui hai
riconosciuto come sei stato programmato sul piano emozionale puoi
riprogrammarti, questa volta con “istruzioni” più utili al tuo scopo.
Troverai il metodo per farlo nei prossimi livelli, un metodo che usa
gli stessi principi di “costruzione” mentale ed emotiva per ribaltare i
cortocircuiti a tuo favore; inoltre, fra pochissimo ti parlerò del terzo
strato della pellicola che contiene il codice segreto della tua
programmazione.
Ma prima di arrivarci, a questo punto del libro è giunto il
momento in cui mi sento di parlarti di una cosa molto intima.
Abbiamo considerato finora dei programmi che ci condizionano
negativamente ma, allo stesso modo, ci sono programmi che ci
influenzano positivamente. Lavoro su me stesso da decenni, e nel
corso di tu o questo tempo ho trovato quello che ritengo il
programma più potente in assoluto. Eppure è arrivato anche per me
un momento in cui tu o parve cadermi addosso.
Quello che sto per raccontarti è qualcosa di molto intimo e sono
sicuro che, oltre a farti conoscere quello che ritengo essere il
programma più potente in assoluto, ti potrà spingere a riflessioni
molto profonde. Questo programma e queste riflessioni hanno la
capacità di cambiare ogni cosa. Ogni cosa.
Livello 6
Punti essenziali

✓ Quando viviamo una situazione qualsiasi vengono


immagazzinate nella nostra memoria sia le informazioni mentali
su ciò che stiamo vivendo sia il modo in cui le stiamo vivendo.

✓ L’evoluzione ha dotato i nostri antenati di due reazioni


primordiali: lo a o fuggi (fight or flight): sono memorie
incredibili a livello funzionale, che ci perme ono di allontanarci
in modo istintivo da ciò che ci provocherebbe dolore e di
avvicinarci, in modo altre anto istintivo, a ciò che ci provocherà
piacere.

✓ Lo stesso tipo di reazioni vengono tracciate anche per tu e le


esperienze che viviamo e vanno a finire nella memoria a lungo
termine: vai che ti fa bene… scappa che ti fa male.

✓ Quando riprendi dal casse o della memoria le informazioni


relative a un tipo di situazione che stai vivendo, recuperi senza
saperlo anche le memorie emozionali con cui hai tracciato quel
tipo di situazione.

✓ Le emozioni intense, come la gioia, provocano un picco her iale


di altissima intensità ma di breve durata. Quelle che invece
provocano un certo grado di angoscia, ansia, una qualche forma
di paura generano un’onda di bassa intensità ma di lunga
durata, che resta so o il livello di coscienza perché in caso
contrario provocherebbe un continuo dolore. Ecco perché non
siamo coscienti di quella reazione.
✓ La possibilità di “cortocircuiti emozionali” è insita nello stesso
meccanismo, perché se crescendo, un fa o, un fenomeno, una
persona, si “fissa” nella nostra memoria a un’emozione negativa,
questa finirà per “bloccarci”, facendo nascere in noi ansie,
sospe i, sentimenti ostili di cui noi non comprendiamo l’origine
ma che ci guidano e di fa o ci mandano in confli o con noi
stessi. Questi confli i emozionali sono di due tipi:
• Il confli o di svalutazione è quello che ci fa percepire, anche se
so otraccia, non degni, non meritevoli, non all’altezza di una
situazione.
• Il confli o di associazione piacere-dolore emerge invece quando
abbiamo radicata in noi un’associazione non corre a di ciò che
può provocarci piacere e di ciò che può provocarci dolore.

✓ I cortocircuiti emozionali e i confli i che causano viaggiano so o


il livello di coscienza e si a ivano a livello simbolico, non è
dunque così naturale scovarli. Ma due importanti campanelli
d’allarme che segnalano la presenza di un cortocircuito
emozionale sono le reazioni emotive e il senso di incoerenza,
quella specie di sensazione che provi quando pensi a un tuo
obie ivo e, anche se mentalmente sei allineato a quell’obie ivo,
senti una specie di freno, qualcosa di non bene identificabile che
ti blocca.

✓ Ogni situazione che fa emergere una difficoltà, ogni esperienza


verso la quale sentiamo un blocco, ci me e davanti ai nostri nodi
emozionali irrisolti. A quel punto ci sono solo due soluzioni: o non
li affronti e fuggi (ma la vita continuerà a ripresentarti
condizioni simili) o decidi di fermarti, andar loro incontro,
affrontarli e smontare il loro meccanismo.

✓ In queste situazioni scambiamo ciò che vediamo come qualcosa


di reale, invece è solo un copione, una storia emozionale che
stiamo interpretando entrando in un personaggio.
✓ Il livello emozionale è il vero decisore, ma non puoi smontare la
sua programmazione con la mente, devi scendere al suo livello e
imparare a sentire. Restare in ascolto del tuo senso di incoerenza
ti perme e di rivelare l’anima del confli o che ti blocca.
Livello 6
Esperienza

L’esperienza che ti propongo a questo livello ha come scopo quello


di effe uare una prima e importante scansione emozionale riguardo ai
tuoi programmi, alla ricerca di eventuali cortocircuiti emozionali. Ti
chiedo di prenderti il tempo necessario, entrare in uno spazio di
ascolto, in un ambiente sereno e senza distrazioni. Non sono
domande alle quali rispondere con la mente. Al livello emozionale si
accede con la parola chiave sentire.

Se pensi alla situazione più importante che stai affrontando in questo


momento, il risultato più grande che vorresti raggiungere, se spegni
la mente e resti in ascolto, ti sembra di percepire una specie di freno,
qualcosa di non bene identificabile che su qualche livello ti blocca?

In caso affermativo, potrebbe essere qualcosa che ha a che fare con


un confli o di svalutazione? (Non senti di essere all’altezza, di meritare e
così via dicendo.)

Prova a pensare di avere risolto la situazione più grande che stai


affrontando o avere raggiunto il risultato che vuoi o enere: cosa ti
spaventa di questa idea? (Se emerge qualcosa scrivilo.)

Credi possa essere in a o un confli o piacere-dolore?

Riesci a individuare il tipo di emozione che ti blocca e, andando a


ritroso nel tempo, ricordarti quando hai provato lo stesso tipo di
emozione?

Quale potrebbe essere il copione che stai recitando e il personaggio


che stai interpretando?

Dopo aver le o il Livello 6 e dopo aver risposto a queste domande,


qual è la cosa più importante che hai capito o la rivelazione che hai
avuto?

Quanto, da 1 a 10 (dove 1 corrisponde a un po’ di più e 10 corrisponde


a moltissimo), è aumentata la tua comprensione e la chiarezza,
dall’inizio della le ura di questo libro, delle dinamiche che
riguardano la tua vita e le tue sfide?

Per compilare queste pagine puoi scaricare il PDF da stampare


all’indirizzo
www.librimondadori.it/content/uploads/2019/05/esperienza.pdf
Diventare protagonisti della propria vita
di Christian Cocuzzoli

Ciao Italo,
volentieri scrivo sui cambiamenti avvenuti nella mia vita a seguito
della le ura del tuo libro, dell’acquisto della PSQ e della
partecipazione al seminario nel febbraio 2017.
Ma tieniti forte, perché credo che sia una vera e propria
“rivoluzione”. Sì, perché io non nasco come Christian. Nasco con
una bella “F” sul certificato anagrafico. Non so quanto possa esserti
d’aiuto la mia storia, ma sono sicuro che ti renderà felice sapere che
sono quasi alla fine del mio percorso, che ho subìto diversi interventi
chirurgici al riguardo e che, senza “un modo diverso di vedere le
cose”, probabilmente non ce l’avrei fa a. Prendo la decisione più
importante della mia vita, quella di trasformare Debora in Christian,
subito dopo aver le o il tuo libro, e inizio un’avventura difficile, con
la paura di chi non sa come andrà a finire, ma lo immagina. Vorrei
riuscire a sintetizzare in maniera chiara un percorso che dura da tre
anni circa, iniziato a maggio 2015, ma dubito di riuscirci facilmente.
Quello che so, è che già subito dopo la le ura del libro ho
cominciato a essere il protagonista di una vita che, fino ad allora,
subivo. Immagino che non sia necessario spiegare la sofferenza di
chi nasce in un corpo sbagliato, ma credo sia altre anto importante
che tu sappia con quale coraggio ho affrontato gli ostacoli (o le
opportunità) che ho incontrato sul mio cammino. Ho acquistato la
PSQ subito dopo il primo intervento, una mastectomia. Ero in casa, in
convalescenza, felice del primo traguardo raggiunto, ma allo stesso
tempo spaventato per un percorso che si presentava lungo, nonché
pericoloso a causa dei rischi legati alla sala operatoria. E invece…
acquisto la PSQ e comincio a seguirne le linee guida. Sapevo di dover
aspe are un anno per il secondo intervento, una istero-
annessiectomia, necessaria anche per continuare l’iter burocratico e
avere nuovi documenti. E invece… un “errore” nella gestione delle
liste di a esa dell’ospedale che mi seguiva fa sì che io “scavalchi” gli
altri utenti e a marzo, dopo solo due mesi, vengo operato. Mi sono
de o: “Azz… funziona!”.
Ma non finisce qui. Dopo l’istero riesco ad accelerare l’iter
burocratico e in meno di sei mesi ho i miei documenti. Manca
un’operazione, quella più invasiva, quella più pericolosa e quella che
in Italia viene ancora svolta con tecniche poco all’avanguardia. La
“falloplastica”. Molti di noi evitano questa operazione, rimanendo “a
metà”, proprio per la paura legata a risultati non proprio
soddisfacenti. Ma io avevo già vissuto a metà per troppo tempo.
Così, consapevole dei rischi e delle inefficienze del Servizio sanitario
nazionale, provo a capire come fare per effe uare l’operazione
all’estero. Scelgo l’Inghilterra, dove lavora un medico di origini
italiane. Però… ci vogliono 70.000 dollari per l’intervento. Dove li
prendo? “Sono un dipendente Autogrill (per ora), non riuscirò mai a
trovare la somma necessaria” mi dicevo… così lascio passare del
tempo. Partecipo al Live## di febbraio a Milano e, nonostante la
carica e l’adrenalina che mi hanno accompagnato subito dopo,
decido comunque di aspe are. L’idea era quella di capire come e
dove recuperare i soldi per l’operazione. Alla fine, decido di
rivolgermi a un do ore italiano, uno dei pochi che effe ua
operazioni di questo tipo, nonostante sapessi che le sue operazioni
non potevano garantirmi alcune funzionalità. Conoscevo anche la
lunga lista d’a esa. Minimo due anni. Quel pomeriggio pioveva…
ero seduto di fronte al medico che poteva rendermi fisicamente e
totalmente un uomo.
«Ascoltami… ho una notizia per te. Sono in collaborazione con
l’équipe inglese del Do or… e stiamo programmando un intervento
con tecnica microchirurgica nell’ospedale di… tu o gratuitamente.
Praticamente ti sto regalando una Ferrari. In più salteresti la lista
d’a esa tradizionale. Te la senti?» Ti lascio immaginare la risposta e
la mia felicità. Sono stato operato questo novembre, sono in
convalescenza, sto benissimo e… C’È UN MODO DIVERSO DI VEDERE LE
COSE !
Mentre scrivo, piango, come un adolescente, e ti ringrazio per
tu o il supporto che le tue “creazioni” mi hanno trasmesso.
Felice di darti una mano…
Grazie Italo,
PIÙ CHE PUOI SEMPRE!
Livello 7
Il programma più potente

Poi, quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come
hai fa o ad a raversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia
finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel
vento, non sarai lo stesso che vi è entrato. Sì, questo è il significato di quella
tempesta di sabbia.

MURAKAMI HARUKI , Ka a sulla spiaggia

L’esperienza è la miglior maestra di vita, si dice. Ed è anche il modo


più paritetico e umile per condividere un sapere sulla vita. Io lo farò
condividendo con te un momento delicato della mia vita che mi ha
portato a una svolta. È importante non solo perché ti consegnerà
quello che personalmente ritengo il programma più potente, ma
anche perché molto probabilmente ti fornirà spunti importanti
sull’esperienza che tu stesso stai vivendo ora nella tua vita.
Ti aiuterà anche a capire meglio i livelli successivi e il metodo che
ti insegnerà a ribaltare a tuo favore gli schemi di programmazione
mentale ed emotiva.

Un peso sconosciuto
La storia che ti voglio raccontare comincia all’alba di un giorno di
qualche anno fa. Era un ma ino estremamente scuro, di quelli che
sembrano fa i apposta per restarsene a le o tu o il giorno. Io,
invece, aprii gli occhi di sca o, come chi si ridesta da un incubo,
anche se non stavo sognando.
Immediatamente fui assalito da un malessere profondo, da un
peso indicibile. I minuti passavano e quella sensazione sgradevole
non accennava a lasciarmi. Non capivo. Cosa poteva opprimermi
così tanto e crearmi tanta angoscia? La mia vita stava procedendo
per il meglio: facevo il lavoro dei miei sogni, la situazione economica
era florida, avevo o ime relazioni ed ero considerato un uomo di
successo. Eppure, quel peso…
Il successo di cui stavo godendo me l’ero costruito con le mie
mani pezzo dopo pezzo e, se guardavo indietro a tu o il percorso
fa o, mi sentivo orgoglioso di me. Ma c’era qualcosa che strideva
dentro quella ma ina, e che si faceva sentire con forza, come se mi
risucchiasse da dentro. Era come una specie di silenzio interiore, un
silenzio profondo che faceva male perché la sua eco evidenziava
l’effe iva grandezza del vuoto in cui ero immerso.
È ciclico, mi dissi, nella vita di un uomo: devi essere pronto a
rime erti in discussione, se vuoi salire al tuo livello superiore. Al costo
di giocarti tu o, non puoi sederti sugli allori. E io non sono mai stato
una di quelle persone che si siedono sugli allori.
I buddhisti la chiamano “legge dell’impermanenza”: tu o cambia,
costantemente, ed è vano aggrapparsi a ciò che crediamo permanga.
La sensazione di vuoto di quella ma ina mi spiazzava, perché mi
chiedevo se ero arrivato alla soglia di un grande cambiamento e
dovevo evitare di aggrapparmi a ciò che avevo, anche se
apparentemente, agli occhi di un comune osservatore, dovevo
sembrare in un o imo momento.

Ancora non avevo idea che, in risposta a quella sensazione, da lì a poco la mia
vita sarebbe cambiata totalmente, di nuovo.

Me ersi in ascolto di sé
Ricordi cosa ti dicevo alla fine del livello precedente? Per riconoscere
i cortocircuiti emozionali alla base dei nostri confli i bisogna
me ersi in ascolto. Proprio così, non analizzare la catena di cause ed
effe i dei tuoi comportamenti, ma ascoltare la tua voce interiore
finché non si me e a fuoco quell’emozione che ti fa star male. E
dunque non potevo non ascoltare quella sensazione, proprio io.
Anche se faceva male, anche se rime ersi in discussione costa
sempre fatica, cominciai un viaggio profondo dentro di me,
ascoltandomi.

Capii che il mio disagio era dovuto a questo: ultimamente mi ero distratto e non
avevo più rispettato il programma che avevo un tempo.

Quell’illuminazione fu come un tonfo nel cuore, come vedere


improvvisamente qualcosa che avevo avuto davanti da un po’ di tempo e
di cui, di colpo, mi accorgevo dell’esistenza.
Non ero felice, questa era la verità. Non avevo più rispe ato quel
potente programma scoperto anni prima, un programma fissato su ogni
tipo di memoria e su ogni livello il cui codice diceva: fai qualunque cosa
“solo se ti rende felice”.
Quando parlo di felicità intendo anche il grado di realizzazione.
Non c’è nulla di male ad accontentarsi, che in fondo significa
rendersi contenti, ma questa condizione diventa limitante nel
momento in cui senti che qualcosa stride dentro di te, e vale per
qualsiasi tipo di situazione. Puoi essere un imprenditore, come
quello di cui ti ho raccontato qualche pagina fa, che vorrebbe
espandersi ma sente un blocco. Non c’è niente di male a restare dove
sei, se ti fa sentire bene. Ma se quel blocco ti crea disagio, allora c’è
qualcosa che non va.
Può capitare nella vita privata, come una coppia che ormai sta
insieme per abitudine più che per amore, nello sport, quando in
qualche modo ti adagi sui risultati e nella categoria alla quale sei
arrivato, perché in fondo non è poi così male. Può capitare di
percepire quella sensazione in qualsiasi situazione e qualsiasi
condizione. Alla persona con un grande sogno nel casse o ma che
ormai rischia di lasciarlo chiuso per sempre, in quel casse o, poiché
la situazione di comodo in cui è lo blocca dal rischiare, e tu e le
volte in cui, in un modo o nell’altro, impediamo a noi stessi di
esprimere tu o il nostro valore.
Ecco, quella sensazione ti dice che qualcosa non va, che non sei
pienamente realizzato, che non sei veramente felice.
In quel momento della mia vita, mi resi conto, stavo iniziando a
adagiarmi, ad acce are situazioni e compromessi di comodo. No,
non stavo più rispe ando quel programma. Un programma che
diceva di non ada arsi, di non cedere, un programma che diceva di
ribellarsi se necessario. Un programma che diceva, nel rispe o di
tu i, vai sempre verso ciò che ti fa sentire pienamente realizzato. Era
una bussola che mi aveva permesso più volte di ge are il cuore oltre
l’ostacolo, di prendere decisioni coraggiose che talvolta sembravano
essere in disaccordo con quello che viene definito buonsenso, figlio
dei programmi sociali, culturali e di ogni altro tipo in cui siamo
immersi.
Felice ovviamente significa anche realizzato: non accontentarsi di
meno di ciò che avrei potuto o enere, non sedersi sugli allori. In
quel momento della mia vita molto probabilmente ero nel giusto
rispe o al buonsenso, nel giusto rispe o a tu i i significati che si
portavano dietro quei programmi autoimposti, rispe o a quello che
gli altri si aspe avano da me. Ma la verità è che non ero più veramente
realizzato, non ero più felice.

Essere nel giusto o essere felici


Quel pensiero mi perseguitò ogni istante da lì in poi, passarono
se imane, e ancora se imane. Mi resi conto che le cose migliori della
mia vita le avevo fa e quando non me n’era fregato niente di essere nel
giusto, quando mi importava solo di essere felice, nel rispe o
ovviamente di tu e le persone che avevo intorno.
Quando dico “nel giusto” mi riferisco a ciò che la società, i
programmi culturali, e quello che viene comunemente definito
buonsenso si sarebbero aspe ati che io facessi. C’era stato un tempo
in cui ero riuscito a guadagnarmi la felicità realizzando quello che
volevo, ero stato coerente con le mie aspirazioni più profonde anche
se queste confliggevano con “il fare la cosa giusta”, la più sensata
secondo i canoni della nostra società. Quella coerenza coraggiosa mi
rendeva orgoglioso e realizzato.
Quando dico “felice” intendo che avevo portato rispe o a me
stesso. Solo che, mi ero accorto, in quel momento non lo stavo
facendo più: in qualche modo stavo acce ando situazioni per
buonsenso, stavo acce ando di non esprimere me stesso al cento per
cento, non perché era ciò che veramente volessi, ma probabilmente
solo perché era una scelta comoda.
Ma non ero più felice, questa era la cruda verità, e non potevo
sopportarlo.
Rifle endo sulle varie fasi della mia vita mi resi conto che non me
n’era fregato niente di essere nel giusto quando avevo ribaltato la mia
intera vita per seguire la via del mio cuore, sfidando ogni genere di
blocco, ogni genere di situazione.
Mi resi conto che non me n’era fregato niente di essere nel giusto
quando da giovane venivo definito asociale perché mi escludevo dal
mondo per immergermi nelle mie le ure, e la fame di conoscenza mi
rendeva felice – le risposte di altri sul perché accadono le cose,
scoprire la meraviglia del mondo e del nostro cervello erano per me
le gioie più grandi a dispe o di quello che pensavano tu i quelli che
mi stavano a orno.
E non me n’era fregato niente di essere nel giusto neanche quando –
negli anni di servizio in Aeronautica Militare – mi chiudevo in
camera da le o a fine turno, e lì con il mio computer lavoravo per
costruire il mio primo sito a raverso il quale avrei divulgato le mie
idee, pensieri e metodi. E poco importava se per costruirlo, quel sito,
servivano nozioni informatiche di cui ero completamente all’oscuro
e sopra u o servivano tempo e soldi. Non mi importava di essere
nel giusto neanche quando tu i mi dicevano che ero un folle ad avere
un’idea così, che non avrebbe mai funzionato, che non ce l’avrei fa a
mai.
Oggi quel sito conta oltre 2 milioni di visitatori ogni anno,
provenienti da ogni parte del mondo.
Non ero nel giusto neanche quando, dopo oltre quindici anni di
servizio nell’Aeronautica Militare, una carriera avviata, uno
stipendio da far gola a molte persone e una famiglia sulle spalle,
decisi di mollare tu o per seguire il mio grande sogno.
No, in tu e queste occasioni e in tu e le altre in cui avevo dato il
meglio di me, mi resi conto che non me n’era fregato niente di essere
nel giusto.

Rime ere tu o in discussione


Avrei potuto accontentarmi, ma è così che si diventa infelici, ha
scri o Charles Bukowski. In fondo avevo tu o, allora, ma
accontentandomi, rispe ando ciò che il senso comune avrebbe
voluto, prendendo decisioni di comodo, rischiavo di essere meno di
ciò che avrei potuto essere, di diventare schiavo di me stesso.
Sarebbe stato semplice da fare, ma non potevo sopportarlo, non
avrei potuto acce arla come ipotesi nella mia vita.
Non potevo non ascoltare quel grado di insoddisfazione
profonda, che non ha niente a che vedere con ciò che hai o non hai,
con ciò che hai o enuto o non o enuto. Ha a che fare con te, con una
parte profonda di te. E così feci, lo ascoltai, a costo di rime ere tu o
in discussione.
Non fu facile; affrontare se stessi non è sempre piacevole. A volte
farlo provoca uno stato di disagio, a volte può provocare vere e
proprie crisi. Ci sono momenti in cui non sai che strada scegliere, in
cui la vita ti chiede di prendere decisioni importanti.
Nessuno fa salti di gioia quando arrivano questi momenti, eppure
una ricerca pubblicata sul “British Journal of Health Psychology” ha
passato in rassegna vent’anni di studi sulle crisi personali: “Gli studi
mostrano sistematicamente come i sogge i, al termine della crisi,
rivalutino la propria vita, affermino di aver ricevuto ‘un dono’ e di
essere ‘grati’ per essere stati coinvolti in eventi che hanno alterato
così fortemente il corso della loro vita. Queste persone affermano che
nonostante la sofferenza patita e le difficoltà affrontate, le loro vite
sono diventate indiscutibilmente migliori di quanto non lo fossero
prima di quell’esperienza. La crisi li ha posti su un sentiero che non
avrebbero mai trovato altrimenti”. 1
Fu come una tempesta che, in alcuni momenti, sembrò strapparmi
la pelle di dosso, strato dopo strato. Ci sono stati giorni in cui non
sono neanche uscito di casa, non sono andato in ufficio usando
qualche buona scusa. Non fu sempre facile, ma una cosa è certa: da
quel giorno non sono più la stessa persona e, sopra u o, da quel
giorno ho in pochissimo tempo rivoluzionato tu o, dalla mia sfera
professionale a quella privata. Tu o, a 360 gradi.
E ora posso dirlo con certezza: oggi, finalmente, mi sento di
nuovo completamente realizzato. Oggi sono di nuovo un uomo felice.

Ci sono solo due modi di vivere


Jim Carrey è un a ore, comico e produ ore cinematografico
canadese naturalizzato statunitense, che ricorderai sicuramente per
alcuni dei suoi film più celebri, da Ace Ventura a The Mask, da Una
se imana da Dio a The Truman Show, e molti altri ancora.
Nel 2014 è stato invitato a fare il discorso di apertura dell’anno
accademico alla Maharishi University of Management di Fairfield, in
Iowa.
In uno dei passaggi secondo me più toccanti del suo discorso ecco
cosa ha de o ai laureandi:

Possiamo trascorrere la nostra vita immaginando fantasmi o preoccupandoci


per il futuro, ma il futuro altro non è che una conseguenza di ciò che sta
accadendo ora: tu o dipende dalle decisioni che prendiamo in questo momento,
decisioni basate sull’amore o sulla paura. Così molti di noi scelgono il proprio
futuro sulla base di una paura travestita da praticità. Quello che davvero
vogliamo sembra spesso così impossibile da raggiungere o addiri ura ridicola
come aspe ativa, che non osiamo mai nemmeno chiedere all’Universo di farla
avverare. Ma io vi dico che sono la prova vivente che si può chiedere
all’Universo di avverare i propri sogni! Fatelo, per favore…
Mio padre avrebbe potuto essere un bravo a ore, ma non credeva che fosse
possibile per lui. Così fece una scelta conservativa: trovò un posto sicuro come
ragioniere. Quando avevo 12 anni fu licenziato da quel posto sicuro e la nostra
famiglia fece veramente fatica a sopravvivere. Ho imparato molte lezioni
importanti da mio padre, non ultima questa: “Puoi fallire anche in ciò che non ti
piace, quindi puoi darti anche una possibilità di fare ciò che ami”. 2

Ci sono solo due modi di vivere: uno basato sulla paura, l’altro
sull’amore.
Siamo nella paura quando non esprimiamo noi stessi al cento per
cento, quando ci ada iamo a ciò che i programmi sociali, culturali e
di ogni altro tipo consiglierebbero come scelta giusta, quando
viviamo intorno a ciò che gli altri si aspe erebbero da noi.
Siamo nell’amore ogni volta in cui ci concediamo la libertà di
essere totalmente, profondamente, incondizionatamente ciò che
potremmo essere e sperimentiamo qualsiasi situazione potremmo
sperimentare. Quando decidiamo, a costo di rime ere tu o in
discussione, di rivelare la nostra più profonda essenza, di far
emergere tu o il nostro potenziale.
Dunque, ora vorrei rivolgere a te che stai leggendo una domanda,
una domanda importante. Vorrei che immaginassi che io fossi lì, di
fronte a te, che ti stessi guardando negli occhi.
Gira la pagina e troverai la domanda che voglio farti.
Tu sei felice?
Livello 7
Punti essenziali

✓ Ci sono momenti in cui può capitare di accorgersi di vivere


situazioni di comodo, perché si acce ano compromessi, perché
si acce a di essere meno di ciò che potremmo essere, perché si
acce a di non esprimere il proprio potenziale interiore.

✓ Succede perché preferiamo essere nel giusto piu osto che essere
felici: nel giusto rispe o a ciò che la società, i programmi
culturali, quello che viene comunemente definito buonsenso si
aspe erebbero da noi.

✓ Non c’è nulla di male ad accontentarsi, in fondo significa


rendersi contenti, ma questa condizione diventa limitante nel
momento in cui senti che qualcosa stride dentro di te, e questo
vale per qualsiasi tipo di situazione.

✓ Il programma più potente in assoluto dice, su tu i i livelli: solo se


ti rende felice, solo se ti rende e ti fa sentire completamente,
profondamente, realizzato.

✓ Ci sono solo due modi in cui possiamo vivere: uno è basato sulla
paura e uno sull’amore. Puoi fallire anche in ciò che non ti piace,
quindi puoi darti anche una possibilità di fare ciò che ami.

✓ Se si sente un certo grado di insoddisfazione rispe o a una


qualsiasi area della propria vita, per passare al livello superiore
bisogna essere disposti ad ascoltare il disagio ed essere pronti a
me ersi in discussione.
Livello 7
Esperienza

Assegna un punteggio da 1 a 10 (dove 1 è completamente insoddisfa o


e 10 è completamente soddisfa o) a ognuna di queste aree della tua
vita:

□ Relazioni
□ Fisico/Salute/Vitalità
□ Beni materiali
□ Famiglia
□ Vita sociale
□ Lavoro/Carriera
□ Finanze
□ Spirito (missione personale, contributo al mondo)

In modo profondamente onesto e rileggendo le risposte che hai


appena dato: in quale area della tua vita senti il maggiore grado di
insoddisfazione?

Perché stai acce ando la situazione che provoca questo disagio


interiore?

Se dovessi identificare un meccanismo, potrebbe essere: confli o di


svalutazione, confli o di associazione gioia-dolore,
autogiustificazione, stai facendo ciò che il comune buon senso si
aspe erebbe o ciò che gli altri si aspe erebbero da te?

Stai acce ando dei compromessi o delle situazioni di comodo?


Se abitassi in un altro posto del mondo, non conoscessi nessuno,
fossi da solo a decidere senza dover dare conto a nessuno, riguardo
alla situazione più importante che stai affrontando, il risultato più
grande che vuoi raggiungere, cosa faresti?

Quali importanti rivelazioni hai o enuto leggendo il Livello 7?

Sei disposto a me erti in discussione?

Per compilare queste pagine puoi scaricare il PDF da stampare


all’indirizzo
www.librimondadori.it/content/uploads/2019/05/esperienza.pdf
Un irrimediabile o imista
di Stefano Lazzerini

Ciao Italo,
prima di iniziare il mio racconto ci tengo a ringraziarti per avermi
dato la possibilità, tramite i tuoi insegnamenti, di poter vivere una
vita migliore.
Ho 51 anni, sono sempre stato un irrimediabile o imista, ma negli
ultimi anni una vita di rincorse, delusioni e mancanza di autostima
hanno fa o sì che il mio o imismo se ne sia andato. Vivo una
situazione sentimentale molto difficile: la mia metà tre anni e mezzo
fa è stata colpita da un aneurisma cerebrale con conseguente
emorragia. E dopo una lunghissima fase di degenze ospedaliere,
interventi e riabilitazioni, ha comunque dei danni importanti e
permanenti. A questo aggiungo che due mesi prima che mia moglie
fosse colpita da aneurisma, mia madre era venuta a mancare dopo
una lunga ba aglia contro il cancro. Tu o ciò mi aveva ovviamente
messo KO dal punto di vista emotivo. Come se non bastasse, in quel
periodo l’economia italiana era un disastro e di conseguenza anche
la mia vita lavorativa non prosperava, costringendomi a
reinventarmi un lavoro che mi perme esse di stare vicino anche a
mia moglie e mia figlia.
Mi ritrovai quindi da solo, con una figlia minorenne, senza un
lavoro sicuro e senza l’aiuto di nessuno. Dopo aver toccato il fondo
più e più volte, arriva però la rinascita. Non ricordo in che modo, ma
mi sono trovato davanti a un video di Italo che parlava della
possibilità di migliorarsi e o enere una vita migliore. Oggi so che
niente succede “per caso”, quindi comprai il libro Il Potere del Cervello
Quantico, che ovviamente ho divorato, e mentre andavo avanti con la
le ura non riuscivo a crederci: mi stavo sentendo meglio, “Ma com’è
possibile” mi chiedevo, “vivo una vita piena di problemi e come
faccio a sentirmi cosi?”. Più leggevo e più si apriva il mondo delle
infinite possibilità. Avevo la certezza di non essere un figlio di un dio
minore ma stavo ricominciando a credere che io valevo, e solo grazie
al mio valore potevo essere veramente di aiuto per gli altri. Quando
ho finito il libro ho acquistato anche la Programmazione Subliminale
Quantica. Inizialmente non è stato semplice, ma alla lunga dopo aver
ripetuto a me stesso più e più volte che io valgo, posso cambiare la
mia vita, voglio il meglio da me stesso, be’, le cose hanno iniziato a
cambiare. Ho continuato ad ascoltare le tracce della PSQ e a
interagire con il gruppo su Facebook, che nel tempo per me è
diventato una seconda famiglia. Passava il tempo e a distanza di
mesi quella persona piena di problemi non esisteva più, questo
nuovo me aveva un “sorriso” sempre acceso e pronto per tu i.
Oggi mi sento tornato o imista, riesco a sentirmi sereno e sono
consapevole che posso o enere tu o ciò che voglio. Una prova?
Dopo essermi rimboccato le maniche mi sono deciso a migliorare
l’aspe o economico, e oggi sto lavorando in modo continuativo con
un buon ritorno. Ma siccome oramai avevo capito che funzionava,
ho deciso di puntare sul mantra della ricchezza economica. E da
quando ho cominciato a ripetere il mio mantra, da subito sono
iniziate a cambiare le cose. Ho rivisto una persona che non vedevo
da moltissimi anni che mi racconta di un nostro amico in comune e
della sua a ività. Poi mi imba o in una pubblicità che parla di nuove
a ività inerenti a lavori molto ben remunerati; ormai nel flusso
decido di provare, non so perché ma sentivo che era la cosa giusta da
fare. Inizio subito un corso che poi mi porta a conoscere un’altra
persona che poi risulterà importante per la mia crescita
professionale, passa del tempo ed ecco la svolta! Tu o ciò che mi era
accaduto mi porta a riconta are la persona di cui avevamo parlato
con il mio vecchio amico, ed ecco il punto di svolta: un nuovo
lavoro, e proprio quello che cercavo, che con l’aiuto dell’amico in
comune ritrovato diventa realtà. Un “CASO ”? Se vi piace chiamatelo
così, ma per me non lo è stato di certo!
Oggi le mie giornate sono totalmente diverse da quelle di prima,
ho cambiato molte cose, vivo in modo positivo, sono più sorridente,
sono amato da chi mi sta vicino, ho cambiato alimentazione
o enendo subito dei benefici di peso, forma e salute; e non meno
importante, ho cambiato lavoro, migliorando la mia situazione
economica.
Oggi so che io posso, perché io valgo.
Grazie ancora, Italo.
Livello 8
Lo spazio energetico

La Scienza non è soltanto compatibile con la spiritualità, ma è anche una


profonda fonte di spiritualità.

CARL SAGAN

Amy era più serena.


Le lacrime sono sempre liberatorie, sono il segnale di una situazione che
esplode e poi, come ogni fenomeno in natura, si placa e ritrova il suo
equilibrio.
Le aveva fa o bene far emergere i blocchi che la stavano frenando, aver
compreso che risalivano alla dinamica affe iva del padre e della madre
assente, che poi si riversava sul marito senza che lui potesse fare nulla per
impedirlo.
«Queste lacrime» le dissi, «galleggiano in un mare di energia. Se ci
pensi, non nascono solo dalla tua tensione odierna, ma hanno un’origine
familiare vecchia di decenni…»
Amy mi guardò con un’aria seria, che riconoscevo, era quella di quando
mi capiva al volo.
«Cosa vuoi dirmi, che c’è altro? Qualcosa di più ampio?»
Sorrisi, grato della sua intelligenza.
«Sì, è così. Ti ricordi che ti avevo parlato di un terzo livello della pellicola
del nostro film? Guardiamo le azioni, le scene, le parole, e c’è qualcuno
prima di noi che le ha scri e e dire e (il regista, cioè il nostro spazio
mentale). Poi “viviamo” quelle scene con delle emozioni profonde che danno
“significato” e profondità alle azioni, ce le fanno capire oltre la razionalità e
ci guidano (è lo spazio emozionale, che se ci pensi è già una forma di energia
interiore, non siamo più spe atori delle scene, ma “vibriamo” con esse).
«Poi c’è un livello ulteriore di “profondità di campo”, per rimanere nel
linguaggio cinematografico. Non sei più solo tu, le tue azioni e le tue
emozioni, ma entrano in gioco legami emotivi, condizionamenti, influenze
invisibili e remotissime che derivano dal passato sconosciuto dei tuoi
genitori, dai tuoi nonni e trisavoli, dalla società in cui vivi. Sto parlando di
piccole parti del tuo grande programma mentale che non sono in
connessione ravvicinata con te ma sono remote, eppure capaci di agire su di
te a distanza – un po’ come fanno le particelle subatomiche studiate dalla
fisica quantistica, in un fenomeno di influenza a distanza che i fisici hanno
chiamato entanglement, e che ti spiegherò meglio nel livello successivo.»
«Ma di cosa mi stai parlando, Italo?» disse un po’ stupita Amy.
«Ti sto parlando di legami che vengono prima e dopo la nostra vita
corporale, di informazioni contenute su livelli che la stragrande
maggioranza di noi ignora. E questi temi sono stati già indagati dalle più
antiche filosofie e religioni di ogni tempo, ma oggi vengono indagati dalla
scienza, una scienza che non naviga so o costa ma che ha il coraggio di
spingersi in mare aperto.»
«E questo sarebbe il campo energetico?» azzardò Amy perplessa.
«Sì, e per semplificare il discorso dividerò il conce o di campo energetico
in tre so o-livelli che ci riportano a ritroso ma anche in avanti, in una
visione circolare della vita e del tempo. Partiamo da quello che ci me e in
comunione con la madre prima della nostra nascita; poi allargheremo ad
altri livelli più ampi.»

Livello 1 dello spazio energetico: il legame perinatale


Avrai sentito dire tante volte che quando una donna è incinta è
meglio che faccia una gravidanza serena perché in qualche modo
passa le sue emozioni anche al bimbo o alla bimba che porta in
pancia, vero?
In fondo, penserai, è normale che la madre ci trasme a non solo
schemi etici e razionali su cosa sia giusto e sbagliato, ma anche
abitudini inconsapevoli di comportamento, programmi emotivi con
cui affrontiamo la vita e che abbiamo assorbito con l’esempio, non
con le parole. Fin qui nulla di strano. Ma in realtà la madre potrebbe
trasme erci “informazioni” che confluiscono nel nostro programma
(o nella pellicola del nostro film) in modi che nemmeno puoi
immaginare.
Oggi numerose ricerche, sopra u o nel campo dell’epigenetica
(una branca della biologia molecolare che studia la trasmissione dei
cara eri ereditari non a ribuibili alla sequenza del DNA ma alla sua
espressione), hanno confermato che riceviamo dalle nostre madri
non solo il risultato “consapevole” della loro educazione ma anche le
loro emozioni, le loro paure più “inconsce”.
Emozioni e paure che ci vengono trasmesse fin dal momento del
nostro concepimento e per tu i i nove mesi di gestazione.
Nel 2014 è stato pubblicato uno studio sulla prestigiosa rivista
americana “Proceedings of the National Academy of Sciences” a
firma di due scienziati, Jacek Debiec e Regina Marie Sullivan,
ricercatori della Scuola di Medicina della New York University e
dell’Università del Michigan. I risultati di questa ricerca sono molto
importanti perché hanno dimostrato come la trasmissione di paure e
fobie da madre a figlio avviene a livello epigenetico. Mi spiego
meglio. Mentre i risultati di studi precedenti portavano a supporre
che le paure venissero ereditate tramite modifiche nel DNA , Debiec e
Sullivan hanno dimostrato che sono le influenze ambientali a
imprimere una modifica sul corredo genetico successivamente alla
nascita.
Il loro esperimento era condo o su madri e cuccioli di ra o. Ad
alcuni ra i femmina, prima di restare incinte, facevano annusare un
forte profumo di menta a cui veniva abbinata, subito dopo, una
leggera scossa ele rica. Lo stimolo doloroso generava una paura, per
cui il semplice odore di menta innescava la paura, perché dopo i
topolini si aspe avano la scossa. Fin qui nulla di strano. Già agli inizi
del Novecento il fisiologo russo Ivan Pavlov aveva dimostrato che un
meccanismo di stimolo-risposta (se al suono di un campanello segue la
comparsa di cibo, il cane si abitua a salivare) produce un riflesso
condizionato (il cane saliva a ogni suono del campanello, anche se poi
non arriva il cibo).
L’aspe o straordinario dell’esperimento di Debiec e Sullivan è
stato scoprire come i cuccioli di ra o assorbono la paura della madre.
Annusando l’odore della stessa fragranza che aveva tracciato una
memoria di dolore nelle madri, anche i piccoli, senza sapere il
motivo, provavano paura.
Il titolo di questo studio è illuminante: Intergenerational
Transmission of Emotional Trauma Through Amygdala-Dependent
Mother-to-Infant Transfer of Specific Fear (“Trasmissione
intergenerazionale del trauma emotivo con il trasferimento
a raverso l’amigdala da madre a figlio di una paura specifica”).
Quindi il profumo “imprime” la stessa paura materna nell’amigdala
dei cuccioli, e l’amigdala, ricordati, è quella parte del cervello che
controlla le emozioni primitive come la paura e che da adulti ci fa
reagire d’istinto a paure e pericoli. Gli autori hanno infa i
dichiarato:

La nostra ricerca dimostra che ancor prima di poter fare proprie esperienze, i
bambini possono acquisire esperienze delle madri ricavandole dalle espressioni
materne di paura. Ancora più importante, questi ricordi materni trasmessi sono
di lunga durata, mentre altri tipi di apprendimento infantile, se non rinforzati
dalla ripetizione, svaniscono rapidamente. 1

Ora, il risvolto su cui vorrei a irare la tua a enzione è che questo


tipo di esperimenti e di conclusioni spiegherebbero anche come fobie
e paure derivanti da traumi materni precedenti al parto possano
trasme ersi ai figli. Nel linguaggio comune noi diciamo che un figlio
eredita in maniera “innata” una cara eristica dei genitori. Be’, non è
proprio così, c’è sempre una spiegazione scientifica.
Infa i, il do or Debiec ha studiato a lungo il modo in cui i figli di
vi ime dell’Olocausto manifestavano le stesse paure delle loro
madri, so o forma di incubi, comportamenti particolari o flashback;
paure che non potevano essere state apprese da racconti ed erano
troppo connaturate alla parte più profonda e irrazionale dei figli.
Tu o ciò significa che durante la fase che va dal concepimento al
parto, tua madre può averti passato le sue esperienze e paure, e le
sue “reazioni di evitamento” verso tali paure, e tu a questa
p q
programmazione è andata a finire nella tua memoria a lungo
termine che ti accompagna fino all’età adulta. E questo, rispe o a
quanto ti ho de o finora, complica lo scenario. Perché, se non è
sempre facile individuare gli schemi emozionali che si sono
sviluppati durante la tua crescita, pensa quanto può essere
complicato scoprire quelli che non riguardano neanche la tua
esperienza, ma che ti sono stati tramandati in modo invisibile da
quella di tua madre.
Ovviamente, se sono qui a parlartene, però, una soluzione c’è.
Ma intanto passiamo ad analizzare un altro aspe o per certi versi
affascinante.

PRIMA DELLA NASCITA E OLTRE LA VITA

Questa trasmissione di paure specifiche tra madre e figlio avviene,


come abbiamo visto, a raverso fa ori epigenetici che, tra le altre
cose, determinano la stimolazione dell’amigdala.
Il fa o che la scienza abbia spiegato un tale condizionamento
“innato”, non rende la cosa meno misteriosa. Tu avia ci sono molti
altri fenomeni misteriosi per cui proviamo sentimenti di a razione o
repulsione inspiegabili: verso persone, cose, cibi, luoghi. Da dove
vengono queste eredità mentali profonde?
Ma proviamo a ribaltare lo scenario, prendendo in considerazione
non più ciò che i figli ereditano dal lontano passato delle madri e che
non fa parte dell’eredità genetica, bensì il patrimonio di noi genitori
di paure e visioni che si traducono in modelli comportamentali: che
fine farà quando non ci saremo più? A parte ciò che trasme eremo ai
figli a livello epigenetico, tu o il resto si disperderà per sempre? Io
risponderei citando la grande e compianta astrofisica Margherita
Hack. Col suo toscanissimo realismo diceva che quando sarebbe
morta avrebbe alimentato il ciclo del carbonio. Bellissima immagine,
se ci pensi. Nulla si crea e nulla si distrugge, ogni cellula dei viventi
ritorna nel grande “laboratorio” della Vita, con la maiuscola, e finirà
per diventare costituente di altre forme di vita.
Questa è una nozione certa in biologia, e nessuno si scandalizza. E
allora, perché non potrebbe essere lo stesso a un livello superiore,
che non è più biologico ma energetico? Non mi fraintendere, non ti
voglio parlare di paradisi religiosi, o di un Dio buono e giudice che
ci compenserà oltre la vita per le sofferenze di questa. Nulla di tu o
ciò, voglio farti invece conoscere teorie affascinanti formulate da
illustri scienziati.
Partiamo dalla conclusione. La mia tesi è che “non moriamo e
basta”:

la coscienza non muore, ma ritorna nell’Universo.

Non sono l’unico a pensarla così. Fin dai primi anni Novanta
questa tesi è stata proposta e sostenuta da due studiosi, l’anestesista
americano Stuart Hameroff (docente presso l’Università
dell’Arizona) e Sir Roger Penrose (fisico matematico dell’Università
di Oxford, nonché collega e amico del grande Stephen Hawking, con
cui ha scri o diversi libri notissimi). È la cosidde a teoria quantistica
della coscienza. Fondamentalmente Penrose sostiene – e lo ha scri o
nel suo libro del 1989 La mente nuova dell’imperatore – che i fenomeni
della coscienza avvengono a livello quantistico, in una dimensione
così piccola dove vige il principio di indeterminazione, e non si può
applicare una logica algoritmica di calcolo. Il “luogo” in cui
avverrebbe questa a ività è indicato dal professor Hameroff nei
“microtubuli”, cioè delle stru ure molto più piccole dei neuroni del
cervello, le cui funzioni vanno dal trasporto dei neurotrasme itori
fra le sinapsi alla crescita e la formazione delle stesse cellule
neuronali.
Penrose e Hameroff affermano che la coscienza è il risultato degli
effe i della gravità quantistica che agisce su questi microtubuli
orchestrando in maniera non computazionale l’a ività. E che,
quando diciamo che una persona “muore”, i microtubuli perdono il
loro stato quantico ma mantengono le informazioni che sono al loro
interno. Secondo questa idea, la nostra coscienza viene di nuovo
dispersa nell’Universo. 2
Non ti nascondo che questa teoria ha i suoi detra ori. Ma se un
giorno riuscissimo a indagare a livello sub-molecolare questi
microtubuli, e se confermassimo la teoria, significherebbe che niente
g
“muore”, almeno per come intendiamo noi il morire. Significherebbe
che siamo una forma di energia e l’energia non nasce né muore, non si
crea né si distrugge, ma si trasforma. Significherebbe che
quell’energia contiene informazioni che vengono di nuovo condivise
con l’Universo.
Se dovessi spiegarlo con una metafora userei questa: se me i
dell’acqua in una pentola e la osservi, cosa vedi? Acqua,
naturalmente. Ma se accendi il fuoco per un tempo sufficiente cosa
accade? Che l’acqua evapora, cambia forma. Allora ti avvicini alla
pentola e non vedi più l’acqua. Puoi dire che l’acqua non c’è più? In
realtà come sai l’acqua c’è ancora, è solo evaporata, è solo in un’altra
forma. Onestamente non posso dire con certezza che sia proprio così,
ma questa ipotesi, ovvero che ci sia una sorta di passaggio, di
cambio di forma, di transizione, è stata indagata anche in altri
ambiti.
Konstantin Korotkov, per esempio, è un eminente fisico russo.
A ra o dallo studio delle emissioni luminose, durante la sua
carriera sviluppò uno speciale macchinario chiamato GDV Camera
(Gas Discharge Visualization, visualizzatore delle scariche di gas). Il
GDV si serve della tecnologia o ica più avanzata, di matrici digitali e
di un potente computer per analizzare, riconoscere ed estrapolare
l’immagine in tempo reale delle emissioni luminose (energetiche) dei
corpi, compreso il biocampo (ovvero le emissioni luminose delle
cellule, un’emissione che circonda l’organismo). Se ti sembrano studi
“esoterici”, sappi che a irarono l’a enzione del ministro della Salute
russo, che riconobbe l’importanza della sua invenzione per misurare,
a partire dal biocampo, lo stato di salute delle persone e
diagnosticare le mala ie. I suoi studi e la macchina GDV vennero
usati anche a livello sportivo per la valutazione fisica degli atleti
olimpionici.
In una serie di esperimenti condo i alla fine degli anni Novanta,
analizzando la scarica di gas di persone decedute, scoprì che per
diverse ore la luminosità della scarica dei gas dei viventi e quella dei
cadaveri restava identica. 3 Con il passare del tempo, poi, i pa ern
luminosi seguivano andamenti completamente diversi che
sembravano rifle ere la natura del decesso: quando le persone
morivano con serenità lo stesso accadeva con le loro emissioni,
mentre se la morte era più violenta anche la luce subiva cambiamenti
più repentini. Chi moriva per cause naturali eme eva onde luminose
con oscillazioni più ampie che poi si riducevano progressivamente.
Sebbene i materialisti obie assero che la luce fosse il residuo
dell’a ività fisiologica dei tessuti, i dati di Korotkov dicevano
un’altra cosa.
L’unica conclusione possibile era che la luce si mantenesse anche
dopo che la vita era cessata, segnalando una qualche forma di
transizione. Il fisico Korotkov scrisse diversi libri sulle sue scoperte,
con la conclusione di considerare la stru ura energetico-
informazionale un analogo di quella che viene definita “anima”.
Come vedi, questi stati di coscienza, queste situazioni di passaggio,
di transizione, l’idea che qualcosa esista e sopravviva, che vada oltre
lo stato fisico e visibile, sono state indagate da un alto numero di
ricercatori. Non possiamo parlare di prove, ovviamente, ma di forti
evidenze che, personalmente, mi spingono a pensare che potrebbe
davvero essere così.
Anche il do or Pim Van Lommel, cardiologo olandese che ha
dedicato gran parte della sua vita professionale a indagare i
fenomeni della NDE (Near Death Experience, esperienza di pre-
morte), racconta di questi particolari stati di coscienza che si
verificano durante un periodo di imminente o effe iva morte fisica,
psicologica ed emozionale. Momenti di incredibile lucidità in cui i
pazienti raccontano di avere visto cose che non avrebbero potuto
vedere, osservare, sapere. Come a confermare che c’è qualcosa che
sopravvive alla morte fisica e psicologica. 4
Nel 1975 il do or Raymond Moody, laureato in filosofia
all’Università della Virginia e in medicina al Medical College della
Georgia, dopo numerosi anni di studio sulle esperienze NDE
sperimentate da persone di ogni cultura – dunque non rischiando
che i contenuti e le cara eristiche di queste esperienze fossero fru o
di immaginazione, programmazione culturale, religiosa, sociale e
così via dicendo –, stilò una lista dei punti in comune fra le
esperienze NDE di ogni tipo di persona proveniente dai contesti
culturali più diversi.
L’ineffabilità dell’esperienza, un senso di pace e di quiete, uno
spazio scuro in fondo al quale c’è una piccola luce dalla quale le
persone si sentono a irate e che descrivono come un’esperienza di
tunnel, la percezione di un ambiente ultraterreno, il vedere una luce
brillante e sperimentare un senso di completa acce azione e di
amore incondizionato con un accesso a una conoscenza e una
saggezza più profonde, sperimentare una visione panoramica della
propria vita, avere una visione estremamente chiara con fenomeni di
preveggenza o visioni flash del futuro, l’assoluta inesistenza dei
confini di spazio e tempo. 5
Se ci pensi è strano che così tanti punti siano in comune fra
persone di diversa estrazione, diverse culture, diverse credenze
sociali e religiose. E i molteplici studi effe uati non hanno trovato
nessun legame tra le esperienze NDE e classe sociale, razza, sesso,
livello di istruzione, professione, ci à di residenza e stato sociale di
chi le ha vissute. È strano anche che così tanti punti in comune siano
sperimentati persino da bambini a volte anche molto piccoli.
Potrei continuare per ore a parlarti di esempi e studi di questo
tipo ma credo che sia abbastanza. Siamo nel campo delle ipotesi,
ovviamente, ma sono ipotesi ben documentate.

E SE FOSSIMO ENERGIA CHE CONTIENE INFORMAZIONI?

È potente questa idea dell’energia che si trasforma, non trovi? Ora,


pensa ai casi di quei bambini che nascono e sanno già fare delle cose
inspiegabili: magari parlano delle lingue diverse dalla loro o
riescono a eseguire complessi calcoli matematici. Le persone si
danno una spiegazione etiche andoli come doni naturali, talenti
innati. Ma che significa? È come se il nostro cervello fosse in grado di
“captare” una serie di informazioni in un mare infinito come
l’Universo. Alcuni ci riescono non si sa come, altri no.
E allora è giunto il momento di spingere la tua mente a esplorare
idee ardite. Una delle idee più importanti che sono in fase avanzata
di verifiche è che il nostro sia un Universo olografico. La possibilità
che il nostro sia un Universo di questo tipo è stata sondata da diversi
ricercatori. Nel 2017 un gruppo di scienziati canadesi, inglesi e
italiani, fra cui Niayesh Afshordi, Luigi Delle Rose, Elizabeth Gould,
Kostas Skenderis e Claudio Corianò dell’Istituto nazionale di fisica
nucleare di Lecce, hanno pubblicato sulla prestigiosa rivista
scientifica “Physical Review Le ers” uno studio dal titolo From
Planck Data to Planck Era: Observational Tests of Holographic
Cosmology. 6
L’aspe o interessante di questo studio è che i suoi risultati sono
confermati dai dati sperimentali della teoria standard cosmologica,
quella acce ata ormai dai tempi di Einstein, che vuole l’universo in
espansione spinto da un’energia oscura. È lo stesso fisico Corianò a
spiegare in cosa consista questo nuovo scenario. “L’idea alla base
della teoria olografica dell’universo è che tu e le informazioni che
costituiscono la ‘realtà’ a tre dimensioni – più il tempo – siano
contenute entro i confini di una realtà con una dimensione in meno.”
Per quanto possa sembrarci incredibile, questa teoria ci suggerisce
che l’universo come lo conosciamo, con le sue tre dimensioni e il
tempo, sia emanazione di un campo pia o bidimensionale. La parola
chiave su cui voglio a irare la tua a enzione è informazione.
L’ologramma è un’illusione o ica che da una lastra bidimensionale
produce l’effe o 3D, questo grazie alla luce laser che colpendo un
ogge o e a raverso un gioco di specchi imprime le informazioni
visive su una pellicola, che poi, colpita a sua volta da un altro fascio
di luce, restituisce all’occhio la tridimensionalità. Ma in quella
pellicola, ogni punto ha le informazioni di tu a la figura, e anche se
spezzi la pellicola o errai sempre la stessa immagine in 3D, anche se
in misura rido a.
A questo punto ti chiedo: se è vero che la nostra energia
(coscienza quantistica, chiamala come preferisci) non si disperde ma
finisce nell’Universo, e se è vero che il nostro è un Universo
olografico in cui ogni punto contiene le informazioni su tu o, è lecito
pensare che anche questa energia di cui abbiamo parlato contenga
informazioni?
Ed è lecito pensare che questa energia, una volta tornata
nell’Universo, visto che non si distrugge ma si trasforma, possa
inglobarsi nuovamente in una nuova forma biologica?
E se questa energia contiene informazioni, è lecito pensare
dunque che si porti dietro anche informazioni riguardo alle
precedenti esperienze in cui è stata inglobata in altre forme
biologiche? In altri cervelli? In altri microtubuli?
Livello 2 dello spazio energetico: il legame con le vite passate
Voglio raccontarti una storia, la storia di Sukla, una bambina indiana
che da quando aveva meno di due anni prese l’abitudine di cullare
un cuscino chiamandolo “Minu”.

Iniziò a dire che Minu era sua figlia, cosa piu osto normale per i bambini. Meno
normale, invece, fu il fa o che iniziò a raccontare una storia sempre più ricca di
de agli, tra cui il nome di un villaggio, sostenendo che Minu fosse stata
veramente sua figlia.
Le insistenze e la particolarità dei de agli riferiti convinsero i genitori di
Sukla, quando lei aveva 5 anni, ad accompagnarla in quel villaggio.
Nel posto in cui segnalò Sukla (ed è già strano che una bimba di 5 anni desse
indicazioni per arrivare in un posto specifico che in teoria non poteva
conoscere) c’era un’abitazione in cui aveva vissuto una donna, morta sei anni
prima, che aveva una figlia di nome… Sì, hai intuito bene. Questa donna, morta
sei anni prima, aveva una figlia di nome Minu. Sukla pianse di gioia quando
incontrò Minu (che allora aveva 11 anni) e, pur essendo più piccola di Minu, si
mostrò affe uosa e materna nei suoi confronti.
Si mostrò anche rispe osa verso il papà di Minu, quello che evidentemente
nella sua personalità precedente era stato suo marito. Più volte i parenti di
quella famiglia cercarono di me ere alla prova Sukla, ma lei rispondeva sempre
con la personalità e con il tipo di conoscenze che aveva avuto la donna morta, la
mamma di Minu.

Potrebbe sembrarti un racconto di fantasia, un caso isolato o una


strana coincidenza. Ti assicuro che non è nessuna delle tre cose. Il
caso è ben documentato e fa parte di altre centinaia di storie simili,
in cui bambini raccontano di vite precedenti alla loro. Fra gli studiosi
che si sono dedicati al tema spicca il do or Ian Stevenson, che è stato
psichiatra alla Virginia University e ha consacrato la sua carriera a
cercare la risposta a domande riguardanti paure, fobie, abitudini,
talenti, dipendenze, simpatie e antipatie innate, e con la sua équipe
ha trovato una straordinaria coerenza fra i racconti dei bimbi studiati
e la realtà del racconto che veniva verificata dai ricercatori. 7
Questi ricercatori hanno fa o un lavoro meticoloso, andando a
togliere dai loro risultati tu i quei casi in cui, in un modo o nell’altro,
quei bambini avrebbero potuto avere qualche de aglio di ciò che
raccontavano: magari tramite parenti, libri o sentito dire. I risultati
o enuti, dunque, sono scremati da qualsiasi possibile interferenza e,
se lo perme i, sono sbalorditivi.
Ci sono bambini che nascono con segni evidenti, voglie,
malformazioni, piccoli o grandi dife i fisici e raccontano di vite
passate in cui si sono provocati quei segni (per esempio, una voglia
che corrispondeva al foro di entrata di un proie ile su un uomo che
era stato ucciso da un colpo di arma da fuoco). Altri che si portano
dietro cara eristiche fisiche, psicologiche, emotive.

Una bambina di nome Swaran Lata aveva l’insolita tendenza a pulire le feci
degli altri bambini e si rifiutava categoricamente di andare a scuola. Swaran
diede de agli di una storia che i ricercatori scoprirono essere vera: la persona
che la bambina raccontava di essere stata aveva fa o la spazzina, non era mai
andata a scuola e non aveva mandato i propri figli a scuola. Swaran Lata
ripeteva spesso: “Sono spazzina, nella mia famiglia nessuno studia e io non ho
mandato i miei figli a scuola”.

Un altro psichiatra infantile che coordina la ricerca sui racconti di


bambini che ricordano vite passate è il do or Jim B. Tucker, 8 che
insegna presso la University of Virginia ed è succeduto a Stevenson
negli studi sulla reincarnazione e le memorie prenatali. Nel suo libro
Il bambino che visse due volte riferisce di molti casi incredibili, ma
verificati.

Shameline Prema è una bambina che, fin da neonata, era assalita dal terrore
ogni volta in cui veniva immersa nell’acqua per fare il bagno. Intorno all’età di 6
mesi, poi, i genitori cominciarono a notare che, per cause assolutamente
misteriose, manifestava chiari segnali di irrequietezza quando si trovava vicino
a un autobus.
Quando arrivò all’età in cui era in grado di parlare, raccontò di una bambina,
di cui diede tu i i de agli, tanto che i ricercatori fecero ricerche approfondite e
scoprirono che questa bambina era veramente esistita e che quando era morta,
all’età di 11 anni (un anno e mezzo prima che nascesse Shameline Prema), stava
camminando lungo una stre a strada quando un autobus la investì e lei cadde
in una risaia che costeggiava la strada e morì affogata. 9

Una delle sue dichiarazioni più interessanti per me è questa:

Affe i, paure, dipendenze, simpatie e antipatie, persino l’identificazione con un


particolare paese o sesso possono passare da una vita a quella successiva. Se la
reincarnazione esiste, allora, oltre ai ricordi sopravvivono anche le emozioni.

E qui veniamo ai blocchi del campo emotivo di cui abbiamo parlato.


Solo che la novità è che non provengono dal tuo inconscio ma da
una vita precedente che hai vissuto e non ricordi.
Un altro studioso che si è occupato della possibilità di esistenza di
vite precedenti è il do or Brian Weiss, che per molti anni ha dire o
la facoltà di Psichiatria del Mount Sinai Medical Center di Miami
(Florida). Lo scopo del do or Weiss era approfondire i temi che
riguardano la possibile sopravvivenza dell’anima dopo la morte.
Secondo la sua opinione, molti disturbi fisici ed emozionali della vita
a uale dipendono da esperienze passate. Consentire all’inconscio di
conne ersi, andando a ritroso nel tempo, a questi avvenimenti,
secondo il do or Weiss perme e al paziente di guarire. 10
Ancora una volta, tu o ciò di cui ti ho parlato fa parte di
affascinanti ipotesi non completamente acce ate dall’intera
comunità scientifica. Alcune di queste ipotesi in verità hanno anche
forti detra ori. D’altro canto dobbiamo ricordarci che è spesso
accaduto in passato che teorie rivoluzionarie abbiano a irato feroci
critiche. In tu a onestà, non posso dire con certezza che anche questa
sarà una di quelle volte, però sempre più studiosi stanno iniziando a
indirizzare i loro sforzi alla comprensione di argomenti simili, aree
in cui la scienza fino a poco tempo fa non è mai entrata: l’esistenza di
una coscienza, le dinamiche di quella che noi tu i chiamiamo anima.

In base a ciò che abbiamo appena visto, prova a pensare a una


persona con un problema al cuore: potrebbe fare ogni tipo di cura e
io so olineo sempre che dovrebbe fare di tu o e seguire alla le era tu o
p f g
quello che viene consigliato da un supporto medico specialistico, ma perché
non aprirsi anche a nuove possibilità? Se questa persona fosse
deceduta in una vita precedente per un proie ile ricevuto al cuore e
ancora non avesse superato quel trauma?
E prova a pensare a una persona che sta facendo di tu o per
raggiungere la sua libertà finanziaria: frequenta corsi, tiene la
contabilità, cerca di aumentare le sue entrate in ogni modo possibile,
ma sembra esserci qualche freno, sempre. Questa persona potrà fare
tu i i piani che vuole, ma se in una vita precedente, una volta
raggiunto il successo finanziario ha avuto un crollo e ha perso tu o e
ancora non ha superato quel trauma… potrà fare veramente
qualunque cosa in questa vita, ma sarà difficile che ci riesca perché
nella sua memoria energetica profonda c’è ancora l’informazione denaro
uguale dolore.
E prova a pensare a una persona che cerca invano una relazione
stabile ma non riesce a trovare un partner le cui cara eristiche di
personalità si incastrino con le sue. Se in una delle sue vite
precedenti è stata per esempio ripetutamente tradita, nella sua
memoria energetica profonda si sarà depositata l’equivalenza fra amore
e dolore e, senza saperlo, farà di tu o per fuggire da relazioni che in
realtà potrebbero appagarla ma che la spaventano inconsciamente
per l’idea di non poter realizzare un’unione fedele.
Forse questo balzo verso l’idea delle vite che si reincarnano può
darti le vertigini, ma se ci pensi è la logica conseguenza di un
universo in cui materia ed energia che genera matrice psichica (e
coscienza) si propagano e trasformano con tu o il loro carico di
informazioni.
Ma oltre le singole vite che si reincarnano c’è ancora di più. In
questa grande catena di trasmissione delle informazioni genetiche e
dell’essenza quantistica della coscienza, bisogna inglobare anche le
generazioni precedenti.

Livello 3 dello spazio energetico: il legame generazionale


Importanti studi hanno rivelato come stress vissuti da una
generazione possono essere passati alle generazioni successive
andando a incidere anche su fa ori fisici.
Uno storico studio condo o dal genetista Marcus Pembrey, che
allora lavorava presso la Clinical and Molecular Genetics Unit
dell’Institute of Child Health dell’University College di Londra (e
pubblicato nel 2006 sull’“European Journal of Human Genetics”) ha
prodo o risultati incredibili.
Quello che questi ricercatori hanno scoperto è stato che lo stile di
vita e il livello di alimentazione dei nonni incideva sullo stato di
salute delle generazioni successive. A raverso una grande mole di
dati storici di archivio relativi a una regione povera della Svezia
nordorientale, Pembrey ha scoperto che i nipoti degli abitanti di
quell’area che avevano subito da preadolescenti una delle tante
carestie di fine O ocento avevano meno probabilità di morire di
mala ie cardiovascolari (in pratica si erano rafforzati) mentre se il
cibo era stato abbondante nei discendenti aumentava la mortalità per
diabete.
Un altro de aglio emerso dallo studio è stato che la disponibilità
di generi alimentari del nonno paterno era collegata al rischio di
mortalità dei nipoti maschi mentre l’abbondanza di cibo a casa della
nonna paterna era connessa unicamente con l’indice di mortalità
delle nipoti femmine, che risultava doppio.

Siamo, in poche parole, ciò che mangiamo e che viviamo, ma anche ciò che
hanno mangiato e come hanno vissuto i nostri nonni. 11

Queste informazioni, hanno scoperto gli studiosi, vengono


trasmesse a raverso il DNA , ma non ne modificano la stru ura, bensì
di generazione in generazione cambiano il modo in cui i geni si
esprimono e incidono sul nostro corpo. Questo è quello che ci
insegna l’epigenetica, che è una branca recente della genetica.

LA SINDROME DEGLI ANTENATI


Risalire ai propri avi per scoprire le cause di disagi psichici che ci
affliggono può sembrare bizzarro, ma è proprio l’approccio
terapeutico “psicogenealogico” che contraddistingue un’illustre
analista francese, la do oressa Anne Ancelin Schü enberger,
professore emerito all’Università di Nizza, dove ha dire o per
decenni il laboratorio di psicologia sociale e clinica. La
Schü enberger parla di Sindrome degli antenati, titolo di un suo
fortunatissimo libro.

Sembra che traumi, paure, cara eristiche e abitudini vengano trasmesse di


generazione in generazione. 12

Ci sono famiglie in cui continuano a ripetersi le stesse dinamiche:


incidenti che sono avvenuti gli stessi giorni per i nonni e i nipoti, così
come stesso copione per violenze e mala ie. La Schü enberger
racconta per esempio di una famiglia di cui ha potuto studiare
profondamente la storia e ha scoperto che in tu e le generazioni, il
primo giorno di scuola, accadeva qualcosa. Poteva non essere lo
stesso giorno del mese e neanche della se imana, ma era il primo
giorno di scuola.
Racconta anche di paure vissute da alcuni bambini e che, andando
a ritroso nel tempo, corrispondevano all’accaduto di qualche zio o
prozio.
Perché succede? A dire il vero non lo sa ancora nessuno.
Personalmente ritengo che questi accadimenti siano sempre il
risultato delle informazioni di cui abbiamo parlato, informazioni che
restano scri e nel campo energetico e vengono trasmesse di
generazione in generazione essendo, ovviamente, i membri delle
famiglie ancora più connessi.
Ma la do oressa Schü enberger ha una definizione ancora più
calzante con il tema di questo nostro percorso, il tema dei nodi da
sciogliere che ci portiamo dietro nel nostro campo mentale ed
emotivo. Sostiene la psicoterapeuta francese:

Nessuno sa perché, ma tu i sanno che accade. Io ho un’ipotesi: impegni e


doveri non finiti rimangono nella nostra memoria. Solitamente si tra a di
qualcosa che non possiamo acce are, come una morte prematura, ad esempio
quella di un bambino, o qualcosa che noi percepiamo come ingiustizia. È
quando diciamo: se avessi chiamato prima il do ore, se avessi chiamato
l’ospedale, se avessi de o quella cosa, se avessi fa o questo, o quello. Ecco,
questi “se” restano dentro di noi e dentro i nostri successori fino a quando non
vengono risolti. 13

Potrei raccontarti decine e decine di episodi in cui mi sono


ritrovato a confrontarmi personalmente con dinamiche di questo
tipo. Uno di questi episodi che ricordo sempre con un certo trasporto
riguarda una ragazza che in giovane età aveva ro o con l’intera
famiglia. Seppur si fosse creata una vita indipendente, viveva questa
ro ura come un grande trauma interiore. Il giorno di cui ti sto
parlando fece un lavoro profondo e ad alto impa o emotivo proprio
sulle dinamiche energetiche familiari e transgenerazionali.
Quello che accadde il giorno dopo fu strano, misterioso e, per
quanto mi riguarda, davvero affascinante: il fratello, che non sentiva
ormai da anni, la chiamò al telefono dicendole che era passato tanto
tempo, troppo tempo dall’ultima volta in cui si erano sentiti e che era
giunto il momento di guarire quelle ferite, di ritornare in conta o.
Evidentemente, quel giorno, quella ragazza aveva sciolto nodi
energetici molto profondi.

Tu o è informazione
Comprendo che diventare coscienti della possibilità di essere il
risultato di così tanti tipi di programmazione potrebbe creare una
qualche forma di resistenza, di sconforto o dare una sensazione di
impotenza.
Tu o cambia però, e diventa più semplice, se consideriamo ciò di
cui abbiamo parlato alla stregua di informazioni o, se preferisci,
particelle di informazioni. Informazioni che, come hai appena visto,
potrebbero essere scri e in posti così piccoli che non ne sei per nulla
cosciente.
Se per entrare nello spazio mentale la parola d’ordine è capire, per
quello emozionale è sentire, lo spazio energetico è quello in cui si
annidano le informazioni più profonde, quelle che hanno a che fare
con il significato. Il significato profondo di chi sei e del motivo di ciò
che ti sta accadendo.
Lo spazio energetico è quello animico, più istintivo, animale. È lo
spazio che ha a che fare con quella che alcuni chiamerebbero l’anima
(da animus, ciò che anima), ma ogni volta che etiche iamo qualcosa
perdiamo il senso di ciò che è veramente. Quindi consideralo come
preferisci, lo spazio in cui sono impresse le memorie profonde,
quello dell’anima, o quello delle informazioni di tipo energetico che
ci portiamo dietro da chissà quanto tempo. Poco importa come vuoi
chiamarlo, lo spazio energetico è comunque lo spazio del significato.

In tu o questo io che fine faccio?


Presi un foglio, feci un disegno e lo consegnai a Amy.
Lei lo studiò e poi mi disse: «C’è qualcosa che mi disturba in questa tua
spiegazione. Già è difficile acce are che la tua mente non la controlli. Poi
devi scoprire che molte delle tue azioni possono trovare la loro causa in ciò
che ha vissuto tua madre, nei tuoi avi, o addiri ura in precedenti esperienze
di vita. In tu o questo» disse Amy guardando il foglio che le avevo appena
dato, «io che fine faccio?».
«Io chi?» risposi.
A questa domanda Amy non replicò.
«Quello che voglio dirti, Amy, è questo: se io ti togliessi un braccio, non
lo farò, ma se io lo facessi, quando dici io ti riferiresti sempre a te stessa?»
«Sì, Italo» rispose intuendo già che c’era dell’altro.
«E se io ti togliessi il viso?» chiesi, «o la capacità di guardarti?»
Fece cenno di sì con il capo.
«Dunque» proseguii, «non sei il tuo corpo.»
«A quanto pare» disse lei sarcastica.
«E se io ti togliessi ciò che pensi? Ciò in cui credi? Se ti togliessi… ciò
che provi? Le tue emozioni?»
Restò senza parole.
Forse aveva intuito di non essere il suo corpo, di non essere i suoi
pensieri. Aveva capito che non era ciò in cui credeva o ciò in cui non
credeva. Quelle sono solo sovrastru ure.
«Quando dici io a chi ti riferisci?» dissi sentendomi un tu ’uno con lei.
Forse, a quel punto, aveva capito che la concezione del suo io era qualcosa
di più profondo delle sue sovrastru ure, dei suoi pensieri, delle sue idee.
Qualcosa che sfugge a ogni definizione e che sentiamo essere la parte più
inaccessibile di noi. Come dice José Saramago: “Dentro di noi c’è qualcosa
che non ha nome. Quel qualcosa è ciò che siamo.” 14
Livello 8
Punti essenziali

✓ Il terzo livello della pellicola del film che, metaforicamente,


proie iamo è rappresentato dallo spazio energetico.

✓ Lo spazio energetico è formato essenzialmente da 3 so olivelli


che comportano tre forme di connessione.
• Legame perinatale: ancora prima di poter fare proprie
esperienze i bambini possono acquisire esperienze delle
madri ricavandole dalle espressioni materne di paura. Tu o
ciò significa che durante la fase che va dal concepimento al
parto, tua madre può averti passato le sue esperienze e
paure, le sue “reazioni di evitamento” verso tali paure, e
tu a questa programmazione è andata a finire nella tua
memoria a lungo termine fino all’età adulta.
• Legame con le vite passate: secondo alcune affascinanti
ricerche affe i, paure, dipendenze, simpatie e antipatie,
persino l’identificazione con un particolare paese o sesso
possono passare da una vita a quella successiva. Se la
reincarnazione esiste, allora, oltre ai ricordi sopravvivono
anche le emozioni.
• Legame generazionale: sembra che traumi, paure,
cara eristiche e abitudini vengano trasmesse di generazione
in generazione, come fossero “storie di famiglia” in cui le
dinamiche continuano a ripetersi.

✓ Se per lo spazio mentale la parola d’ordine è capire, per quello


emozionale è sentire, lo spazio energetico è il livello del
significato.
✓ Se focalizziamo l’a enzione sullo spazio energetico, sme endo
di identificarci con il corpo fisico, dovremmo percepire che
dentro di noi c’è qualcosa che non ha nome. Quel qualcosa è ciò
che siamo veramente. Quando sme iamo di pensare di essere
ciò che siamo, possiamo diventare ciò che potremmo essere.
Livello 8
Esperienza

Ti è mai capitato di conoscere qualcuno e pensare di averlo già


incontrato? O visitare un luogo e avere la sensazione di esserci già
stato?

Conosci qualcuno che ha un dono innato?

Hai una particolare immotivata a razione o una particolare


immotivata repulsione verso qualcosa?

Sai qualcosa della gravidanza di tua madre? È stata una gravidanza


serena?

Ti è stato mai de o che hai le cara eristiche di qualche tuo familiare?


(Il classico “somigli proprio a…” un nonno, una nonna ecc.)

Se non ti identificassi con il tuo corpo, con i tuoi pensieri (visto che
hai compreso che non sono proprio tuoi), con le tue emozioni (visto
che hai compreso che non sono proprio tue), cosa saresti?

Se davvero dentro di te ci fosse una sorta di energia intelligente, una


forma di coscienza, un’anima, cosa pensi starebbe cercando di dirti?
Qual è la cosa più importante che hai compreso o la riflessione più
importante che hai fa o leggendo questo livello?

Per compilare queste pagine puoi scaricare il PDF da stampare


all’indirizzo
www.librimondadori.it/content/uploads/2019/05/esperienza.pdf
Cancellare la rabbia
di Lorenza Na a

Una cosa che avevo sempre desiderato era riuscire ad abbracciare


mia mamma: certo, direte voi, facile… ci si abbraccia perché si vuole
bene alla propria mamma.
Per me no, era impossibile: percepivo un peso enorme che mi
faceva sentire in pericolo, inconsapevolmente, e che mi portava a
ribellarmi alla sua vicinanza, una sensazione veramente avvilente,
incomprensibile e che non ero riuscita a superare con nessuna
tecnica, sia olistica sia psicologica. Nulla, era la mia peggiore nemica.
Aggiungiamo che dal 2012, a seguito di una sua fra ura del femore,
sono diventata praticamente la sua infermiera 24 ore su 24,
insomma, mi sentivo in gabbia, piena di risentimento.
Poi nel se embre del 2016 inizio il percorso Deva XP con Italo
Pentimalli, ma il rapporto con mia mamma continua a sembrare
irrisolvibile, nessuna tecnica pare funzioni. Piccoli miglioramenti,
rapidi abbracci, ma poi di nuovo la rabbia, il rancore e la paura di
venire “invasa”. Intanto la salute di mia mamma peggiora sempre di
più, aumentano l’obbligo di assistenza, i sensi di colpa e la
frustrazione di non essere una “brava figlia”.
Partecipo all’aula Deva, e nel corso di un esercizio la ferita da
abbandono finalmente viene a galla e così l’interazione con lei. Mi
ritrovo a tirare fuori tu o l’odio che provavo verso di lei per un
episodio accaduto quando ero solo una bambina. E quindi ora direte:
tu o bene? Tornata a casa baci e abbracci? Assolutamente no.
Appena ritornata provo ad andare da lei, ma mi respinge di nuovo,
brontolando per i dolori alla gamba fra urata cinque anni prima, e
mi allontano sconfi a.
La situazione peggiora fino al 20 novembre 2017. Mia mamma sta
sempre peggio, e io non so più cosa fare per uscire da questa
prigione affe iva.
Decido di usare una tecnica appresa nel percorso Deva XP , per
capire se poteva dipendere da qualche nostra vita precedente (ero un
po’ sce ica, ma a volte le spiegazioni più strampalate e impossibili
portano i risultati sperati).
Mi arriva una risposta, e provo a sciogliere l’obbligo di dover
dipendere economicamente da lei, chiedo la mia indipendenza. Sarà
stato un “caso”, ma la no e del 21 novembre 2017 mia mamma viene
ricoverata in ospedale, dove constatano che le viti che le avevano
impiantato cinque anni prima nel femore, in titanio, si erano
spezzate, e quindi deve subire un intervento chirurgico per estrarle e
sostituire la protesi.
Per chi è olistico come me, ossa e sostegni che si spezzano sono un
chiaro indice di rifiuto di dover acce are di essere indipendenti: mia
mamma non acce ava il fa o che io volessi svincolarmi da lei, e mi
ricordo di una frase che mi diceva sempre da piccola: “Ti ho creato
perché diventassi il mio bastone della vecchiaia”.
Diciamo che da quel momento ho a into a tu e le tecniche
apprese nel corso Deva XP per aiutare me stessa e mia mamma a
ritrovare un rapporto sano, basato sull’amore e non sulla
dipendenza.
Ebbene, ho o enuto che mia mamma venisse operata, con un esito
superiore alle aspe ative, perché il chirurgo si era rifiutato in un
primo momento, viste le sue precarie condizioni, e o enendo il
periodo massimo di ricovero per la riabilitazione, di oltre un mese,
che la ASL difficilmente concede.
Ma la vi oria più grande è che la mia rabbia è sparita: per tu i
questi giorni l’ho assistita al meglio, abbracciandola, coccolandola e
nutrendola, con tu o il mio amore. E ho o enuto la consapevolezza
che, qualsiasi cosa accadrà in futuro, sono pronta a gestire mia
mamma, nel modo migliore, senza dover rinunciare al mio lavoro e
alla mia realizzazione, senza più sensi di colpa.
La più grande gioia è sapere che ho gli strumenti per scegliere
ogni giorno la direzione della mia vita, e so come usarli al meglio.
Grazie, Italo Pentimalli.
Livello 9
La scienza dell’inspiegabile

La meccanica quantistica ci costringe a vedere l’universo non come una


collezione di ogge i fisici separati, bensì come una complicata rete di relazioni
tra le varie parti di un tu o unificato. Questo, peraltro, è anche il tipo di
esperienza che i mistici orientali hanno del mondo, e alcuni di essi hanno
espresso tale esperienza con parole che sono quasi identiche a quelle usate dai
fisici atomici.

FRITJOF CAPRA , Il Tao della fisica

“Dentro di noi c’è qualcosa che non ha nome. Quel qualcosa è ciò che
siamo.”
«Bella questa frase di Saramago» mi disse Amy come se volesse farmi
una concessione sul campo di ba aglia.
«Sì, è vero» le risposi, «ma non è solo le eratura. È molto di più!
Pensaci: perché la nostra essenza non possiamo dirla?»
Amy mi guardò seria, questa era una di quelle frasi che a lei non
dispiacevano. «Perché non siamo… definiti» azzardò.
«Esa o! Né definiti, né definitivi. Siamo un nucleo di possibilità che non
si può esaurire in una definizione. E questo processo dura finché viviamo.
In realtà, però, di questo infinito mare di possibilità che possiamo essere, la
maggior parte di noi ne sfru a solo una minima parte, in quel caso la vita è
come il solco dri o della semina, senza sorprese o svolte.
«Ormai sai che questo dipende da tu a quella programmazione
stratificata che ci fa vedere le cose in un determinato modo, e quel modo
costituisce il corpo, l’emozione viva e l’orizzonte di senso di tu a la nostra
realtà.
«Questa nostra programmazione interferirà sul modo in cui ci
relazioniamo agli altri, e sulla loro risposta ai nostri comportamenti.
Interferirà sulla valutazione che diamo a noi stessi e di conseguenza sulle
scelte che faremo. E infine aprirà o restringerà il campo di opportunità e di
scelte che faremo (ricordi il piccolo test iniziale? Chi fai salire con te in
macchina?).
«Sai qual è il vero problema?» aggiunsi dopo una pausa teatrale.

Il problema è che prendiamo decisioni in base a ciò che sappiamo, ma non


sappiamo ciò che non sappiamo.

«Ti ho raccontato già, e spesso lo faccio anche durante alcuni miei corsi
per passare questo conce o, di quando mia figlia Isabel aveva costruito un
orologio in cartone sul quale il giorno dopo, a scuola, avrebbe dovuto
imparare a leggere l’ora in inglese. Era piccolina, avrà avuto intorno ai 6
anni, venne da me e mi disse: papà, dov’è il punto sull’orologio? Io la
guardai non comprendendo la sua domanda. Lei insiste e: dov’è il punto,
papà? Le risposi che non c’era nessun punto. Ma non si arrese, chiese
nuovamente: papà, dai, dimmi dov’è il punto. Non sapevo cosa volesse che le
rispondessi ma, ancora una volta, le confermai: “Isabel, non c’è nessun
punto”. Allora – concluse – perché dici sempre “Sono le qua ro in punto, le
cinque in punto, le sei in punto?!”. Sorrisi, ovviamente, ma funziona così:
prendiamo decisioni in base a ciò che sappiamo, il problema è che non
sappiamo ciò che non sappiamo. E ciò che non sappiamo è scri o proprio lì,
nel codice segreto della mente.
«Siamo ormai giunti all’ultimo livello prima di accedere al metodo che ti
svelerà il codice per liberare il potere quantico della tua mente. Ma è giusto
che prima tu abba a l’ultimo dogma – oltre a quelli sul tuo Io –, cioè quello
della nostra connessione con la realtà fisica fuori di noi. Ti porterò nella
frontiera delle scienze che tentano di spiegare l’inspiegabile, almeno per ora.
Perché devi sapere che quando capisci di essere in connessione col Tu o,
allora puoi o enere quella sorta di fluidità che si percepisce in alcuni
momenti in cui sembra di non essere noi a spingere ma la stessa vita a
venirci incontro…
«Per essere pronta ad arrivare a quel livello di libertà, devi prima
liberarti delle zavorre e dei dogmi con cui vedi l’universo che ti circonda.»
g
In che mondo viviamo? I qua ro dogmi della realtà
Negli ultimi tre-qua rocento anni abbiamo – di generazione in
generazione – gradualmente ado ato la credenza materialista e
determinista figlia della Scienza. Da tempo ormai crediamo che tu o
sia materia e che i ma oni alla base di tu o ciò che ci circonda siano
gli atomi. In pratica concepiamo solo l’idea che la realtà sia fa a di
“cose”.
È dagli inizi dell’O ocento, da quando il chimico e fisico inglese
John Dalton per primo cercò di descrivere l’atomo, che tu i noi
condividiamo la religione materialista, sintetizzabile in questo
conce o:

La materia è formata da piccolissime particelle elementari chiamate atomi, che


sono indivisibili e indistruttibili.
Più avanti, a cavallo fra l’O o e il Novecento, gli studi sull’atomo
portarono alla scoperta di altre particelle del nucleo, protoni e
neutroni, e degli ormai celebri ele roni che orbitano intorno a esso,
tanto da far nascere la famosa rappresentazione dell’atomo che
sicuramente conosci.
Questo materialismo, che in modo so ile guida le nostre credenze e
dunque il nostro senso di possibilità e le reazioni automatiche, ciò che
credi di poter o non poter fare, ha radicato nel nostro inconscio
colle ivo qua ro assiomi sulla realtà che sono diventati dogmi che non
me iamo in discussione. 1
La realtà è:

1. Ogge iva: ovvero, tu o quello che c’è là fuori ha una vita propria
e indipendente da noi.
2. Determinabile: questo significa che a una causa corrisponde
chiaramente un solo effe o.
3. Locale: ovvero che questa azione di causa ed effe o è
ravvicinata, e non c’è interazione fra ogge i distanti fisicamente.
4. Fisica: ovvero, ogni più piccola realtà è riconducibile a effe i
materiali e chimico-fisici.

Questo è lo schema del mondo odierno. Ma qual è il problema? Il


problema è che la sua visione è limitata, e lo sanno bene i fisici che
studiano la meccanica quantistica – cioè quella che indaga
l’incredibile regno delle particelle subatomiche – o gli psicologi e i
fisiologi che studiano dimensioni perce ive che lasciano interde i
gli approcci tradizionali.
Allora dovremmo chiederci: cosa stanno scoprendo oggi queste
scienze di frontiera, o che indagano su fenomeni prima poco
indagati? Quali campi di possibilità stanno aprendo per l’umanità di
domani? E quale impa o possono avere queste scoperte sulla mia
personale padronanza di me, su ciò che ritengo di poter fare o non
poter fare?
Con l’aiuto delle più recenti scoperte delle nuove scienze, prima
fra tu e la meccanica quantistica, andiamo insieme ad analizzare
uno per uno i qua ro assiomi fondamentali della visione standard
del mondo.

ASSIOMA 1: LA REALTÀ È VERAMENTE OGGETTIVA?

Riprendendo il primo degli assiomi, nessuno di noi me erebbe in


discussione l’idea che le cose là fuori sono un dato certo e neutro,
che esiste a prescindere dalla nostra esistenza e dalla nostra osservazione.
Almeno, al livello degli ogge i macroscopici, i tavoli, le macchine, i
pianeti… i libri, è così. Ma nel cuore infinitamente piccolo della
materia questa certezza salta.

«Di cosa siamo fa i?» chiesi all’improvviso a Amy.


«Che domanda! Di carne, Italo!» rispose lei toccandosi un braccio.
Ma dato che io continuavo a guardarla con gli occhi di chi voleva dirle
«Dài, lo sai cosa volevo dire, non fare la finta tonta!» dopo un po’
rispose: «Va bene, sì, siamo fa i di cellule, atomi, protoni, ele roni e via
dicendo».
«Esa o, Amy» dissi sorridendo, «sopra u o “e via dicendo”.»

Fino ai primi anni del Novecento i nostri avi vivevano in un mondo


a tre dimensioni con il tempo uguale in ogni angolo dell’universo
noto, e scandito come un orologio fisso; un mondo regolato da forze
visibili, come la termodinamica, l’ele ricità e il magnetismo, e la
forza di gravità fra i pianeti.
Poi sono arrivati Max Planck che ha individuato i quanti, gli
elementi più piccoli dell’energia, e Albert Einstein che ci ha spiegato
che lo spazio e il tempo sono un campo energetico unico, che si può
“piegare” ed è elastico come un mollusco (l’immagine è sua).
Seguirono anni di fervore creativo unico nel campo della fisica –
le migliori menti del Novecento in trent’anni hanno fa o fare passi
enormi alla nostra conoscenza del mondo atomico. Si capì che
l’atomo era il ma one costitutivo della materia, poi che al suo
interno è stru urato a orbite intorno a un nucleo, e poi che gli
ele roni in orbita si comportano sia come particelle corpuscolari sia
come onde energetiche. E più si scendeva nel regno dei quanti, più i
fisici scoprivano risvolti affascinanti della realtà.
Quello che scoprirono, infa i, è che non si può determinare in
modo preciso la posizione o la velocità di queste particelle. So che
sembra strano, ma è come se fino a quando non vengono osservate
non esistano e l’a o dell’osservazione le faccia, in qualche modo,
esistere.
Fra il 1932 e il 1933, fisici del calibro di Werner Karl Heisenberg e
Erwin Schrödinger vinsero il Nobel per la Fisica e si impose il
“principio di indeterminazione”, che rivoluzionerà la fisica delle
particelle e che si può riassumere in questo modo:
Gli ele roni non esistono in modo definito ma sono in uno stato de o di
sovrapposizione nel quale, sostanzialmente, qualunque cosa sia possibile che
accada esiste a un qualche livello, pronta a materializzarsi. Nel momento in cui
si compie un’osservazione l’ele rone abbandona la sua esistenza probabilistica e
si manifesta nella realtà fisica. 2
A quel punto Amy mi interruppe: «Senti Italo, ho sentito parlare di
queste cose, ne ho il massimo rispe o perché è scienza vera, e ho anche
le o che il funzionamento di microchip, transistor, e quindi radio, TV ,
computer e cellulari, dipende dalle leggi della meccanica quantistica. E
quindi ben vengano. Ma nella nostra vita di persone non significano nulla.
Io non sono un fisico, non mi importa sapere che se provo a misurare un
ele rone ne modifico la massa, la velocità e la posizione e quindi non saprò
mai dov’è.
«Anzi, vuoi che te la dica tu a? Per me sono mere speculazioni
filosofiche! Parliamo di atomi, di ele roni, di particelle talmente piccole,
ma le nostre esperienze sono tu a un’altra cosa, sono fa e di eventi,
persone, situazioni, interazioni, sono fa e di decisioni e il fa o che un
ele rone non esista, come dici tu, fino a quando non lo osservo, non
significa che l’osservatore influenza la realtà. La mia realtà, quella delle
persone come noi, è una cosa certa, che ha delle cause e degli effe i, al
massimo si può ragionare in termini di probabilità che io compia qualcosa, o
di convenienza!»
Quando Amy ti affrontava così di pe o come un panzer sapevo che non
c’era molto da fare. Se non aggirare il suo fuoco di sbarramento. Presi in
mano una moneta e le proposi: «Bene, parliamo di probabilità, visto che tu
sei una da “numeri”. Se mi seguirai, ti aiuterò a capire che comprendere il
conce o di indeterminazione (a livello quantistico) può aiutarci quando
affrontiamo il probabilismo nella nostra vita concreta e macroscopica. Prova
a prendere una moneta e a lanciarla in aria, che probabilità hai che esca una
delle due facce?».
La risposta era facile, essendo due facce, testa e croce, ovviamente le
possibilità erano del 50%.
«Bene» continuai dopo che Amy mi aveva risposto, «me iamo che tu
prenda questa moneta e la lanci in aria abbastanza volte per avere una
media reale delle probabilità di uscita di una delle due facce, quale sarebbe
allora la probabilità?».
Anche in questo caso la risposta era semplice, sempre 50%.
Lo studio delle probabilità dice infa i che se su un singolo evento
c’è un certo tipo di probabilità, ripetendo un determinato numero di
volte quell’evento nelle medesime condizioni, la probabilità che ha ogni
possibile risultato di quell’evento tende a tornare in uno stato di
equilibrio.
In poche parole, se testa o croce hanno il 50% di probabilità di uscita su
un singolo lancio, ripetendo tante volte il lancio della moneta potranno
venire fuori 3 volte testa e 1 croce, poi ancora 4 croce e 2 testa, ma dopo un
certo (elevato) numero di lanci il numero di uscite dell’uno o l’altro
simbolo tenderà a equilibrarsi al 50%. A quel punto Amy mi diede la sua
risposta: «Se lancio tante volte questa moneta la probabilità alla fine
sarà sempre 50%, Italo».
p
«No» risposi bruscamente.
«Come no, Italo! Invece sì, te lo dico io! Ora arrivi tu e vuoi dirmi che la
statistica, che è una scienza esa a, ha torto?»
«Non ti sto dicendo che la statistica abbia torto, Amy. Quello che voglio
dirti è che – come nella meccanica quantistica, hai presente? – tu ignori il
ruolo dell’osservatore! È così ma potrebbe anche non essere così, perché tu
potresti in qualche modo interferire…»
Amy sembrava non comprendere. Non aggiunse altro, mi guardò negli
occhi in a esa che io continuassi.
«Ti è mai capitato di pensare qualcosa e poi vederla realizzarsi nella tua
vita, Amy?»
«Certo Italo» rispose, «l’ho pensata e poi l’ho fa a!»
«Ah, ah, bella questa. Sto parlando sul serio. Intendo quelle circostanze
in cui a prescindere dai tuoi sforzi, senza che tu debba farti il sangue
marcio, gli eventi si concatenano come se seguissero un flusso, e tu o
procede liscio come speravi? Ti è mai capitato?»
«Sì Italo» disse Amy annuendo, «qualche volta mi è successo, sì, mi sono
sentita baciata dalla fortuna.»
«Be’, puoi chiamarla fortuna, io preferisco definirla “emersione di un
evento da una nuvola di probabilità”. E invece ti è mai capitato il caso
opposto? Cioè di avere una paura, magari riguardante la tua sfera
personale o anche la tua carriera, il timore recondito che se in una data
situazione di tu i i fa ori rilevanti ce n’è solo uno critico, vedi che proprio
quello cede e di conseguenza tu o precipita come una reazione a catena, e tu
non puoi farci nulla. Ti è mai capitato?»
«Sì, so cosa vuoi dire» annuì seria Amy, «mi è successo più volte, ma è
stato un caso.»
«Il caso, dici tu? Va bene Amy, allora parliamo del caso, iniziamo da qui.
«Me iamo che tu abbia uno scatolone con dentro 4 libri e li sistemassi “a
caso” nella libreria. Che percentuale pensi ci sia di trovarli casualmente
ordinati in ordine alfabetico?»
«Non so Italo… dovrei fare due conti.»
«Te li faccio io, Amy» risposi. «Per conoscere le probabilità, visto che si
tra a di un numero piccolo, potresti immaginare le varie combinazioni che
si creerebbero partendo da un libro piu osto che da un altro. E poi potresti
ordinarli in una tabella. Oppure basta fare il fa oriale di 4, cioè
pp f
moltiplicare quel numero naturale per tu i i suoi antecedenti. Ovvero
4×3×2×1, ovvero 24.

Le possibilità di trovarli casualmente ordinati in modo alfabetico sarebbero una


su ventiquattro.

«Se volessi fare lo stesso discorso con 10 libri, sai quante probabilità ci
sarebbero di trovarli ordinati casualmente in ordine alfabetico? Una su
3.628.800!»
Amy restò a bocca aperta.
«Lo so, Amy, a tu i verrebbe da pensare a un numero molto più grande
rispe o alle probabilità con 4 libri. Ma verrebbe da pensare una su mille, su
10.000, su 100.000. Non sicuramente una su 3.628.800. Questo succede
perché al crescere del numero naturale su cui vogliamo calcolare le
probabilità di qualcosa, il valore del fa oriale cresce in maniera
esponenziale.
«Ti ho fa o questo esempio per dirti una cosa e riprendo le parole di
Robert Lanza, che ho già citato:

Il vero problema, quando ci si affida al caso per spiegare ciò che altrimenti è inspiegabile,
è che si sopravvaluta di molto il potere degli eventi casuali. 3

«La nostra mente ha dei bug – cioè degli errori di funzionamento del
programma – quando si tra a di grandi numeri. Per cui tendiamo ad
a ribuire al caso una sorta di volontà che fa accadere le cose. In realtà non è
affa o così.
«Ora, tu mi hai contestato che l’indeterminazione quantistica e il
probabilismo non hanno nulla a che fare con la nostra vita reale, fa a di
eventi e decisioni, e non di particelle. Bene, sposta l’esempio dei libri su una
qualunque situazione della tua vita vissuta. Pensa a una di quelle volte in
cui si è realizzato ciò che pensavi o in cui si è in qualche modo manifestato il
risultato delle tue paure. Pensa a uno che riceve la telefonata sperata da
parte di una persona che gli piace, o a uno che deve valutare le variabili
favorevoli di un buon posto di lavoro, o a chi deve comprare la casa dei suoi
sogni e fare un mutuo. Quando devi affrontare queste decisioni ci saranno
più di qua ro variabili in gioco, giusto?»
p q g g
«Direi proprio di sì, Italo» rispose Amy, che aveva messo da parte il suo
sarcasmo di fronte alla logica dei numeri.
«Bene, dunque la probabilità che si verifichi l’evento positivo o
indesiderato è già molto inferiore al 50%, sei d’accordo?»
«Sì» rispose ancora Amy, «sono statisticamente d’accordo!»
«Bene» proseguii sorridendo, «forse non ci saranno stati 10 elementi in
gioco nella tua valutazione (ma forse sì), ma anche se fossero state 5, 6, 7
variabili, l’eventualità che fosse accaduta proprio quella cosa lì sarebbe
stata di una su centinaia, probabilmente migliaia di possibilità. Allora
Amy, credi ancora che quell’evento X sia capitato proprio per caso?»
«Va bene, Italo, posso essere d’accordo con te che caso e fortuna sono solo
nomi che diamo all’imponderabilità degli eventi. Non ho capito però dove
vuoi arrivare!»

Quello che stiamo cercando di capire è se viviamo in una realtà oggettiva, che
non dipende dalla nostra osservazione, oppure soggettiva, che ci chiama in
causa direttamente. Quello che stiamo cercando di capire è se l’intenzione
umana sia veramente in grado di influenzare la realtà.

CONTRO-ASSIOMA 1: E SE LA REALTÀ FOSSE SOGGETTIVA?

«Visto che mi guardi strano e sei perplessa passiamo a degli esperimenti


concreti, Amy.
«Hai presente il lancio dei dadi? Ogni lancio è un evento con 6 possibili
risultati (facendo un lancio può venire fuori una qualsiasi delle 6 facce del
dado). È come se stessi affrontando una situazione qualsiasi della tua vita e
ci fossero 6 possibili risultati, prendiamola così, d’accordo? E ragioniamo
sugli esempi di prima.

Se devi scegliere se un lavoro interessante ti conviene ci saranno


almeno 6 possibili variabili della tua decisione: avanzamenti di
carriera, stipendio, rinunce familiari, solidità dell’azienda, tue e sue
prospe ive future. Quali esiti avrà la combinazione di questi fa ori?
Se speri nella telefonata di una persona che ti piace, ci sono almeno 6
modi diversi in cui può andare a finire la situazione: non ti chiama
perché è stata male, perché si aspe a che lo faccia tu, vorrebbe
chiamarti ma ha sbagliato a segnare il tuo numero, oppure vorresti
farlo tu ma non vuoi apparire invadente, prova a chiamarti ma non
riconoscendo il suo numero perché non è segnato in rubrica non
rispondi o provi tu e succede la stessa cosa al contrario. Vedi come
anche in queste piccole scelte entri in gioco il probabilismo?
Vuoi trovare la casa dei tuoi sogni, ma devi valutare almeno 6 fa ori
che influenzeranno la tua scelta: disposizione dei locali, prezzo,
possibilità del mutuo, stabilità lavorativa per capire se potrai
mantenerla, quartiere e scuole pensando ai figli. E se queste variabili
non producono un esito soddisfacente continuerai a cercare, come dire
lancerai ancora i dadi fino a o enere un buon 6!

«Non continuo, ci siamo capiti vero?»


«Mi piace questo modo di ragionare» mi disse Amy ringalluzzita. «Vai
avanti!»
«D’altronde, Amy, conosci qualcuno particolarmente fortunato? O
comunque che qualsiasi cosa pensi tenda a realizzarsi? Di quelli che
chiamiamo “nati con la camicia”? A volte diciamo anche che hanno un
good karma. Sembra che abbiano la capacità, in mezzo a una possibile
varietà di esiti, di far accadere proprio quello che vogliono loro.»
Amy si accigliò. «Sì, capita a tu i di conoscere qualcuno fortunato, ma
non capisco cosa vuoi dire…»
«Lascia stare la fortuna, te l’ho già de o! La mia personale tesi è che,
quando si verificano queste situazioni felici in cui tu o sembra andare
meglio di come speriamo, si tra i di un mix di casistica favorevole e nostra
capacità di influenzare le cose, di agire anche sulla materia.»
«Come?» sbo ò Amy con la classica espressione di chi ha sentito
un’eresia.
«Sì, proprio quello che hai sentito, Amy, ma per arrivare a questo partirò
dal tuo linguaggio, la statistica.
«Nei primi decenni del Novecento uno studioso della Duke University, il
botanico e parapsicologo Joseph Banks Rhine, concepì un esperimento
ingegnoso per capire a raverso metodi statistici se la mente poteva
influenzare o agire in qualche modo sugli ogge i, un fenomeno che, usando
parole di origine greca, lui chiamò psicocinesi.
«L’esperimento in realtà è molto semplice: si prende un dado, si chiede a
una persona di pensare a quale faccia vuole che esca (quale numero del
dado) e poi si inizia a lanciare il dado tante volte. Se il numero di volte in
cui viene fuori il numero scelto è frequente, in modo statisticamente
rilevante rispe o all’aspe ativa casuale, allora l’esperimento è riuscito,
altrimenti è fallito.

È un po’ come dire: se vuoi che accada qualcosa e accade proprio quello che
vuoi tu, in modo statisticamente rilevante rispetto all’aspettativa casuale,
allora… non è un caso.

«Sei d’accordo?»
«Sono d’accordo, Italo» rispose Amy, «e cosa è successo con questi
esperimenti?»
«Negli anni successivi l’esperimento è stato ripetuto tantissime volte, da
molti ricercatori differenti. Nel 1989, due studiosi, lo scienziato Dean Radin
(ricercatore presso l’Istituto di Scienze Noetiche fondato dall’astronauta
della NASA Edgar Mitchell, in Nord California) e la psicologa Diane Ferrari
dell’Università di Princeton, decisero di effe uare una meta-analisi, ovvero
raccogliere i risultati degli esperimenti passati in un’analisi statistica
dell’insieme dei risultati. I risultati combinati di 148 serie sperimentali
svolte tra il 1935 e il 1987 da 52 ricercatori diversi (per un totale di 2,6
milioni di lanci di dado) hanno messo in evidenza un effe o relativamente
rido o ma statisticamente significativo, mentre i test di controllo erano al
livello del caso. Le probabilità che questi risultati siano dovuti al caso sono
di 1 su 10 96 (vale a dire 1 seguito da 96 zeri). 4
«Come vedi, decenni di esperimenti miravano a cercare di capire se la
realtà può essere in qualche modo “sogge iva”, cioè dipende – e si tra a di
capire come – dalla nostra interferenza, cioè da quello che in meccanica
quantistica si chiama “effe o osservatore”, cioè la modifica dell’esistenza
probabilistica di una particella da parte dell’osservazione del ricercatore.»

ASSIOMA 2: LA REALTÀ È DETERMINABILE?

«Per spiegarmi meglio, torniamo al secondo assioma della visione


materialistica del mondo, cioè che la realtà è determinabile: ovvero a una
causa corrisponde uno e un solo effe o.
«Nel mondo macroscopico la causalità è la regina delle spiegazioni per
noi, vero? Dai una spinta a un ogge o e questo cade. Acceleri e la macchina
si muove, freni e si ferma. Lanci un dado e in base alla spinta, all’altezza e
alle rotazioni uscirà una faccia piu osto che un’altra. Noi siamo
ossessionati dal determinismo, per vivere sereni vogliamo avere il controllo
su ogni catena causale.
«Ma purtroppo nella vita di tu i i giorni non è così. Lo hai visto con gli
esempi dei dadi, o delle decisioni che devi prendere anche semplicemente per
comprare una casa o scegliere bene un lavoro. A una causa possono
corrispondere diversi effe i, oppure un solo effe o può avere molte cause.
«E qui torniamo al principio di indeterminazione, e alla sovrapposizione,
ricordi?
«Cosa significa, in poche parole? È come se qualsiasi evento della tua
vita esistesse in qualsiasi possibile sua espressione e la tua
osservazione, la tua intenzione, lo facesse esprimere nella tua realtà
proprio in quel modo lì. Quindi non è che sia accaduta quella cosa lì, sei
tu che, in qualche modo, hai scelto di farla accadere.
«Dicevo quindi che la realtà circostante tende a reagire alle nostre
intenzioni. A una causa, dunque, non corrisponde un solo effe o ma molti
effe i che si manifestano a seconda, appunto, della nostra osservazione.
«Nel caso della micromateria fa apparire e scomparire ele roni… ma è in
grado di fare tante altre cose, è in grado di spostare le probabilità dalla
nostra parte, come per i dadi. In pratica:

Ogni volta in cui emettiamo un pensiero proiettiamo nella realtà la sua


intenzione.»

«Ecco, lo sapevo!» mi interruppe Amy con un pizzico di aggressività.


«Lo sapevo che finivamo qui appena ti ho sentito parlare di psicocinesi. Noi
possiamo spostare la probabilità dei dadi con la forza della mente? Ma per
favore, Italo…»
Io non mi scomposi. Aspe ai un secondo che si calmasse e ripresi: «Mia
cara, lo so che ti sembra inverosimile, ti conosco troppo bene. E allora ti
racconterò di altri esperimenti ancora più incredibili di quelli con i dadi, e
bada che sono tu i studi condo i da scienziati di atenei prestigiosi, da team
p g
diversi e fa i con sogge i diversi, e ormai la bibliografia comincia a essere
davvero nutrita, e tu i i risultati sembrano indicare chiaramente che sia
proprio così: la mente influenza la realtà.
«Dunque, ti dicevo, nel corso del Novecento sono stati condo i decine di
esperimenti utilizzando appositi macchinari denominati RNG (Random
Number Generator, generatori di numeri casuali). Sarebbe una versione più
moderna del test con i dadi, perché anziché ipotizzare che l’intenzione
agisca sulla probabilità, si indaga l’eventualità che agisca sulla
micromateria. Che voglio dire? Gli RNG sono dispositivi ele ronici che a
partire da processi fisici invisibili (rumore termico o tempo di decadimento
radioa ivo) li convertono in meccanismi analogici che generano sequenze
casuali di 0 e 1 (un po’ come quando lanci una moneta e può uscire testa o
croce, in questo caso può uscire 1 o 0). Uno dei ricercatori più autorevoli al
mondo che ha condo o esperimenti di questo tipo è stato il fisico della
materia Robert Jahn. Con i suoi colleghi, per dodici anni ha condo o
ricerche con i RNG presso il PEAR (Princeton Engineering Anomalies
Research Laboratory), ma la stessa cosa hanno fa o altri centri di studio
negli Stati Uniti e in Europa.
«Quello che hanno fa o gli scienziati, ripetendo migliaia di volte questi
esperimenti di generazione casuale di 0 e 1, è stato cercare di capire se
l’intenzione umana fosse in grado di far uscire un risultato piu osto
che l’altro, di influenzare dunque in modo statisticamente rilevante le
probabilità di uscita. Come ogni esperimento che si rispe i, si prendevano
come campione di “controllo” i momenti in cui i RNG generavano numeri
senza alcuna interazione con i sogge i umani.
«Sempre nel 1987, il ricercatore Dean Radin, che abbiamo già
incontrato, e lo psicologo Roger Nelson dell’Università di Princeton si sono
impegnati nel me ere insieme e analizzare in una meta-analisi i risultati di
svariate centinaia di esperimenti svolti con i generatori di numeri casuali.
«Su 832 studi condo i da 68 diversi ricercatori calcolarono che questi
esperimenti avevano prodo o una probabilità di oltre 1 trilione a uno
contro l’aspe ativa casuale. 5 In poche parole, significa che se l’aspe ativa
casuale che uscisse un 1 o uno 0 è del 50% ciascuno, gli esperimenti
avevano dimostrato come l’intenzione umana fosse stata in grado di
provocare uno spostamento percentuale, in alcuni casi portando le
probabilità al 51%, al 52%, fino a percentuali anche molto più elevate. E
comparando tu i questi studi i ricercatori hanno calcolato che la probabilità
che questi “spostamenti statistici” fossero dovuti al caso erano di 1 su un
trilione».
Amy tacque e si fece seria. Dopo un a imo di silenzio disse: «E
naturalmente, questa influenza della mente avviene a un livello che va ben
oltre quello razionale… giusto?».
«Esa o» le risposi in tono comprensivo.
«Ma…» mi interruppe subito, «ma come è possibile, Italo?»
«Amy, in realtà il “come è possibile” non è stato ancora compreso…
Evidentemente quello che nella fisica quantistica è l’effe o osservatore e
vale per le particelle subatomiche, deve avere un corrispe ivo nella realtà
macroscopica in cui siamo immersi noi. Ervin László, filosofo della scienza,
uno dei primi rappresentanti della teoria dei sistemi (secondo la quale ogni
parte di un sistema è interconnesso agli altri per creare il sistema stesso) e
candidato a 2 premi Nobel, parla di campi informati, ovvero di campi che
contengono informazioni. 6

È come se avessimo la capacità di comunicare con ogni cosa che ci sta intorno e quel
qualcosa recepisca le nostre informazioni e reagisca in coerenza alle nostre intenzioni.

«Ricordi la teoria quantistica della coscienza che ti ho raccontato? Se


siamo un’energia ricca di informazioni che può ricollegarsi all’universo
dopo la morte, e se questa parte di noi agisce a livello quantistico dentro i
neuroni, perché non può esserci uno scambio a livello quantico con altre
particelle fuori di noi? Oggi non siamo ancora in grado di verificarlo
sperimentalmente, ma se un domani ci riuscissimo, ti rendi conto di quali
scenari si aprirebbero per la scienza? Forse, in tal senso, una delle riflessioni
migliori l’ha fa a Sir James Jeans, matematico, astronomo e fisico
britannico, quando ha de o:

L’Universo comincia ad assomigliare più a un grande pensiero che a una


grande macchina.»

Vorrei completare questa discussione sulla mente che influenza la


materia parlandoti di un altro esperimento particolare, realizzato nel
p p p
1997 dal fisico William Tiller, professore emerito all’Università di
Stanford. 7
Quello che il do or Tiller voleva stabilire era se il pensiero umano
potesse in qualche modo influenzare i processi chimici.
Concepì dunque questo esperimento: prese due scatole nere
all’interno delle quali mise una semplice “memoria a sola le ura”,
una componente informatica programmabile e cancellabile
ele ricamente in cui spesso sono contenute le “istruzioni macchina
elementari” di un microprocessore per computer.
Una delle due scatole venne subito riposta nell’armadio, l’altra
venne so oposta all’a enzione di alcune persone.
Dopodiché le due scatole vennero inviate a due diversi laboratori
e messe a conta o con contenitori di acqua.
L’obie ivo era aumentare il pH dell’acqua di un’intera unità di
misura, dunque queste persone per 15 minuti si focalizzarono sulla
scatola nera a loro disposizione, scatola che conteneva le memorie
ele roniche, “inviando” l’intenzione di aumentare il pH dell’acqua
di 1 unità. Il pH deriva dall’equilibrio fra ioni positivi e negativi,
quindi qualunque sua modifica è prodo a da variazioni chimiche.
La volontà delle persone poteva agire a quel livello?
Nessuno dei laboratori sapeva se aveva ricevuto la scatola
“programmata con l’intenzione” o l’altra, esternamente erano
identiche.
I risultati furono sbalorditivi: l’acqua messa a conta o con la
scatola che non era stata programmata non subì alcuna alterazione
fisica; l’acqua che era stata messa a conta o con la scatola su cui si
era focalizzata “l’intenzione”… aveva subito una variazione chimica del
pH, precisamente di 1 unità, come da intenzione delle persone
coinvolte nell’esperimento.
È chiaro che tu i questi esperimenti, numerosi, autorevoli e
documentati, aprono uno spiraglio su un conce o che quasi ho timore
a nominare: “il dominio della mente sulla materia”.

CONTRO-ASSIOMA 2: E SE LA REALTÀ FOSSE PROBABILISTICA?


Ora rifle iamo un a imo. Gli esperimenti mostrati e gli studi che ci stanno
dietro suggeriscono e aprono uno scenario importante: in una realtà come
quella descri a, in cui a un livello ancora non ben compreso la mente
parrebbe influenzare gli stati quantistici della materia o il succedersi
probabilistico degli eventi, può accadere ogni cosa, e la realtà – intendo la
macro-realtà dove viviamo noi – non è affa o deterministica ma del tu o
probabilistica.
«Devo amme ere» continuò Amy, «che sei convincente ed è tu o molto
affascinante… Ma quello che voglio dirti è questo, Italo: possiamo
influenzare “cose”, anche eventi come hai de o, ma il tipo di eventi di cui
mi hai parlato sono sperimentali, in quegli eventi siamo soli, mentre nella
vita reale non è così, ci sono altre persone.
«Se questo avesse una valenza più ampia, ovvero se ci fosse veramente la
possibilità di influenzare anche eventi in cui non siamo soli,
significherebbe influenzare altre persone.
«Se io cerco di influenzare un evento in un certo modo e un’altra persona
in un altro, che succede? Chi vince e chi perde? E a questo punto che fine
farebbe il libero arbitrio?»
«Intanto, Amy» le risposi, «esci dal conce o vincere/perdere, è un
conce o legato alla scarsità piu osto che all’abbondanza.»
«Eh no» mi interruppe, «se una situazione viene vissuta da due
persone che vogliono cose opposte è chiaro e palese che alla fine c’è uno che
vince e uno che perde, qui non puoi dirmi proprio niente, Italo!»
«Se osservi dal punto di vista della mente posso darti ragione, Amy»
risposi, «ma nel campo delle infinite possibilità, come quello descri o dalla
meccanica quantistica, c’è spazio per qualsiasi possibilità, si tra a di una
visione di abbondanza in cui entrambe le parti, in qualche modo, vincono.»
A esi un a imo per dare più peso alle mie parole, poi ripresi: «Cercherò
di spiegarmi meglio, Amy: da un certo punto di vista se acce iamo il
presupposto che la nostra mente può influenzare la realtà, lo farà non solo
con la materia ma anche con le altre persone. Menti che influenzano menti,
menti interconnesse. Anch’io mi sono posto il dubbio o meglio la
domanda…».
«E cosa ti sei risposto?» mi chiese
«Piu osto che dirtelo così “a secco”, che avrebbe poco senso, voglio
parlarti brevemente di come io sono arrivato alla mia risposta, Amy, dei
p p y
ragionamenti che mi hanno portato a trovarla in modo che tu possa
verificare se gli stessi ragionamenti possono portarti a essere d’accordo con
la mia risposta. Secondo me è molto più importante che dirti “funziona
così”. Non credi?»
«Va bene, Italo» rispose Amy.
«Mi perme i di farlo partendo dall’ele rone?» le chiesi.

ASSIOMA 3: LA REALTÀ È DI TIPO LOCALE?

«Il terzo assioma della visione materialistica che ci ha accompagnato fino a


pochi decenni fa riguarda la località dei fenomeni.
«Questo assioma dice che la realtà è di tipo locale, ovvero non c’è
interazione fra ogge i distanti fisicamente: in poche parole, una forza deve
sempre agire a conta o dire o con il suo ogge o. In effe i funziona così il
mondo che vediamo. Anche dentro il nostro corpo, le cellule e le molecole
funzionano così. Ma se scendiamo a livello sub-atomico, con gli ele roni, i
quanti, i fotoni e altre particelle, non funziona più così.
«Gli scienziati hanno scoperto che gli ele roni di uno stesso atomo, o
comunque due particelle di uno stesso insieme, anche se allontanati restano
comunque in comunicazione, restano connessi a distanza.
«Ricordi il “principio di indeterminazione” di Heisenberg? Non puoi
misurare con precisione in un dato istante sia la velocità sia la posizione di
una particella, perché l’azione dell’osservatore comunque altera l’esistenza
probabilistica in cui vive la particella. Le particelle però fanno parte di un
sistema di cui possiamo conoscere, anche se in maniera probabilistica, i
valori globali. Per cui se conosciamo la velocità di una particella o la
posizione di un’altra, conoscendo il valore del sistema possiamo dedurre i
valori delle altre. Questo perché le particelle sono istantaneamente
“correlate” fra di loro anche a distanza.
«Te lo spiego scendendo nei de agli. Gli ele roni fra le loro
cara eristiche hanno quella dello spin, ovvero il senso di rotazione. Per
spiegartelo in parole semplici immagina che siano palline che ruotano,
per esempio verso destra o verso sinistra.
«Una delle cara eristiche di queste rotazioni è che se un ele rone ruota
verso destra, un secondo ele rone con lo stesso stato energetico, ovvero in
correlazione, ruota verso sinistra.
«Aspe a Amy, ti faccio un piccolo disegno per farti capire meglio.

«Ora, i ricercatori hanno scoperto che se si modifica artificialmente il


senso di rotazione di uno dei due ele roni, l’altro, anche se è posto a grande
distanza, cambia istantaneamente verso.
«Questa è una delle più grandi stranezze quantistiche e il senso
comune fa fatica ad acce arla. Esiste una sorta di comunicazione a
distanza, “non locale” per l’appunto, che fa in modo che questi 2 ele roni
continuino a comunicare.
«Non solo nel loro verso di rotazione ma, in qualche modo, anche nelle
loro scelte.»
«Nelle loro scelte? Perché, gli ele roni scelgono?» mi chiese Amy con un
sorriso malizioso.
Non risposi ma, sorridendo, continuai a raccontare.
«Pensa che nel 1997 un gruppo di ricerca capitanato dal ricercatore
svizzero Nicholas Gisin dell’Università di Ginevra diede vita a un
esperimento particolarmente impressionante. 8
«Presero due fotoni (piccole particelle di luce) in entanglement e le
inviarono a più di 10 chilometri di distanza l’uno dall’altro, lungo un
percorso fa o di fibre o iche. A un certo punto di questo percorso c’era una
diramazione, il fotone dunque poteva andare a destra o a sinistra del
percorso.»
«E cosa è successo?» chiese Amy.
«È successo» continuai, «che se un fotone sceglieva di andare a
destra l’altro fotone… sceglieva di andare a sinistra.
«Ovviamente accadeva anche il contrario, se un fotone decideva di
andare a sinistra l’altro sceglieva di andare a destra».
«Sì, Amy» le dissi leggendo lo stupore nei suoi occhi, «come ti dicevo, le
scelte di un fotone influenzavano le scelte dell’altro, e sai una cosa?
Questo accadeva istantaneamente. E sai cosa intendo per
istantaneamente? Intendo istantaneamente.
«La reazione del secondo fotone, infa i, non era ritardata neanche del
tempo che avrebbe impiegato la luce per percorrere quei 10 km (circa 26
millisecondi). La sua reazione, invece, si verificava dopo meno di 4 decimi di
miliardesimo di secondo. La reazione, dunque, era proprio simultanea e a
distanza.»
«Sì, Italo, questi esperimenti tipo teletrasporto di Star Trek sono molto
affascinanti, buoni per articoli sensazionalistici sulla stampa. Ma a me
viene una domanda, una riflessione: parliamo sempre e comunque di
piccoli pezzi di materia, di onde, di esperimenti da laboratorio, ma nella
vita reale?»
«Intanto, Amy» le risposi, «non parliamo solo di onde e piccoli pezzi di
materia. Ti ho de o che avrei iniziato dagli ele roni per farti capire il
conce o chiave e che poi avrei approfondito.
«Per quanto riguarda i “piccoli pezzi di materia” devi prendere in
considerazione che questo tipo di esperimenti è complesso. Dunque sì,
hanno iniziato da piccoli pezzi di materia ma questo effe o è stato verificato
in cose sempre più grandi.
«La domanda se questo fenomeno valesse anche nella vita reale, in
quella che viviamo noi esseri umani, non sei stata tu a fartela per prima e a
dire il vero neanch’io. Nessuno scienziato si diverte a vedere se un ele rone
gira a sinistra o a destra, se al bivio sceglie una strada o un’altra,
considerando che questi esperimenti e i laboratori costano milioni di dollari.
«Lo scopo della scienza è di carpire i segreti nascosti della natura, e
queste conoscenze inevitabilmente avranno poi ricadute sulla vita di tu i i
giorni. Non dimenticare, come ti dicevo, che tu o il mondo dell’ele ronica e
dell’informatica si basa sulle leggi della fisica quantistica, quindi come vedi
le ricadute ci sono, eccome.
«Ma poi ci sono anche casi in cui i ricercatori sono riusciti a riprodurre e
osservare su ogge i macroscopici gli effe i quantistici, per esempio proprio
quello dell’entanglement. Ci è riuscito nel 2011 un gruppo di fisici di
Oxford, di Singapore e del National Research Council canadese, e hanno
pubblicato i risultati sulla prestigiosa rivista “Science”. 9
«In pratica cos’hanno fa o? Hanno preso due diamanti di circa 1
millimetro di diametro, collocati a una distanza di 15 centimetri l’uno
dall’altro e, grazie a un complesso sistema di laser, hanno portato i due
minerali in uno stato di “non separabilità quantistica”. Vuol dire che i due
diamanti sono stati “forzati” a condividere gli schemi di oscillazione
energetica della loro stru ura atomica. Se ci pensi ha dell’incredibile, so che
1 millimetro potrebbe sembrarti poco, ma hai idea di quanto sia più
grande di un ele rone o di un fotone, Amy?
«Come ti dicevo prima, non pensare che vari paesi nel mondo investano
milioni sulla correlazione quantistica solo per pura speculazione. Le
ricadute sui computer e le comunicazioni del futuro sono enormi. Pensa ai
computer quantistici, ovvero computer che per l’elaborazione delle
informazioni e le operazioni sui dati utilizzano i fenomeni tipici della
meccanica quantistica, come la sovrapposizione e l’entanglement,
oggigiorno sono ormai una realtà nei centri di ricerca, e la loro capacità e
velocità di calcolo è senza paragoni rispe o ai computer classici. Anche la
sicurezza delle comunicazioni può beneficiare delle proprietà fisiche
dell’entanglement.
«Nel 2017, per esempio, ha destato molto clamore la notizia che il
satellite cinese Micius è riuscito a effe uare una “telefonata” con tre
stazioni di rilevamento sulla Terra a 1200 chilometri l’una dall’altra, e lo ha
fa o inviando con un laser coppie di fotoni legati in entanglement fra di
loro. Nel fascio laser viaggiavano quasi sei milioni di fotoni al secondo,
venivano sparati per pochi minuti di no e, per evitare le interferenze
luminose della Terra, e percorrevano nello spazio distanze variabili fra i 500
chilometri (l’altitudine dell’orbita di Micius) e i 2000 chilometri, senza
perdere il loro stato di entanglement. Proprio la natura misteriosa di questa
correlazione a distanza fra le particelle impedisce a un eventuale hacker di
violare la comunicazione, perché spezzare quel legame richiede molta
energia e farebbe notare subito la violazione. Capisci cosa vorrà dire
“criptare” a livello dell’infinitamente piccolo informazioni bancarie, militari
o istituzionali? Certo, siamo ancora lontani da un internet quantistico ma
non c’è dubbio che da qui a trent’anni ne vedremo delle belle, e poi ti rendi
conto di cosa vuol dire che due fotoni restano connessi a 2000 chilometri,
dallo spazio fino a noi?»

E se fossimo in entanglement anche noi esseri umani?


Amy mi guardò con aria un po’ sorniona. «Fantastico Italo, non c’è dubbio.
Ma tu non mi racconti mai questi prodigi della scienza senza un secondo
fine… quindi cosa mi vuoi dire? Dove vuoi arrivare?»
Per questi aspe i ammiravo Amy, sapeva leggermi dentro con
un’intelligenza telepatica.
«Ti è mai capitato» le chiesi, «di sentire squillare il telefono e sapere
già chi fosse prima di rispondere?»
«Certo Italo» rispose, «prima di rispondere guardo sempre lo schermo
dello smartphone!»
«Simpaticissima!» le risposi facendo un sorriso teatrale. «A parte gli
scherzi. Ti è mai capitato? È come una specie di sensazione… Non so se ce
l’hai presente.»
«Sì» disse Amy, «credo che a chiunque sia capitato almeno una volta
nella vita.»
«Ecco, oppure ti è capitato o hai sentito di qualcuno che sapeva cosa
stava accadendo a un’altra persona anche se quella persona non era lì? Parlo
per esempio di tante storie che avrai sentito, di madri che si sono svegliate
in piena no e mentre i figli si sentivano male, in un’altra stanza, in un’altra
abitazione, in un’altra ci à, magari addiri ura in un’altra nazione. Oppure
i fratelli gemelli, spesso sono così connessi che l’uno sa cosa sta
accadendo all’altro, anche se sono distanti decine di chilometri.
«Oppure, molto più semplicemente, ti è capitato di essere
particolarmente in empatia con qualcuno e sentire “a pelle” se stava bene
o se stava male? Di avere complicità con qualche persona? Sai quei casi
quando si dice “non abbiamo nemmeno bisogno di parlarci per capirci”?
Quando l’altra persona dice una frase che ti fa capire perfe amente che ha
colto tu a la tua visione mentale?»
«Sì» mi interruppe Amy, «credo che a chiunque sia capitato di sentire
storie così o di provare quel tipo di sensazioni.»
«Ecco, Amy: secondo te di cosa si tra a?»
«Di… sensazioni» rispose, ma percepii un lieve tentennamento, o non
ne era sicura al cento per cento o si aspe ava da me una contro
argomentazione.
«Prova per un a imo a vederla così, Amy: e se fossimo come le
particelle (gli ele roni) di un grande campo energetico? E quindi
anche se allontanati restassimo in connessione? E se quando l’altro ele rone
(in questo caso l’altra persona) cambia stato anche noi in qualche modo
lo percepissimo per lo stesso fenomeno, per lo stesso principio?
«E quindi le sue scelte e le sue sensazioni su un livello so ile
influenzassero le nostre e le nostre le sue? Insomma, se le inspiegabili
connessioni psichiche che a volte si verificano fra le nostre menti fossero la
punta dell’iceberg di un entanglement che a livello molto profondo “lega” le
nostre sensazioni, coscienze, anime o microtubuli, chiamali come vuoi?»
Dato che Amy non rispondeva e mi guardava fisso ne approfi ai per
rafforzare il ragionamento: «Forse è questo che perme e a una madre di
sapere come sta il figlio, a un gemello di sapere come sta l’altro, forse è
questo che perme e agli innamorati di sentire l’amore come fosse
un’energia vivida che li lega, forse è questo che ci perme e di sapere “a
pelle” come sta una persona con la quale siamo in complicità.
«Naturalmente non è una mia speculazione ardita, l’ipotesi di un
bioentanglement è stata esplorata da diversi studiosi negli ultimi anni.
A raverso scansioni cerebrali numerosi ricercatori hanno organizzato
esperimenti in cui due persone venivano messe in stanze separate: a una
persona venivano mostrati lampi di luce e, nell’altra stanza, veniva
monitorata l’a ività cerebrale del secondo partecipante.
«Nei primi anni Duemila, per esempio, lo psicofisiologo Jiří Wackermann
ha presentato una serie di esperimenti che hanno dimostrato che quando al
partecipante venivano mostrati lampi di luce, al proprio partner
nell’altra stanza corrispondeva l’a ivazione della corteccia visiva nel
cervello.
«Come mai? Era come se anche questa persona stesse vedendo i lampi di
luce. Il fenomeno era sempre più evidente e cresceva in relazione al tipo
di legame fra i due sogge i, da semplici conoscenti fino alle coppie di
gemelli identici. 10
«Ma ti dirò di più, perché non solo sono stati indagati i meccanismi di
ricezione, ma anche quelli di trasmissione.
«Lo psicologo William Braud, per esempio, è stato uno dei ricercatori che
più si è impegnato a scoprire i meccanismi che agiscono in un campo di
studi di confine chiamato “influenza mentale a distanza sui sistemi
viventi”, indicato in inglese con l’acronimo DMILS . Durante i suoi numerosi
studi ha scoperto che possiamo influire sul corpo e sulla mente di altre
persone, a partire dalla modifica delle risposte autonome della pelle di un
sogge o a enzionato a distanza da un altro, fino ad arrivare a modifiche
degli stati d’animo. Per esempio, le persone calme hanno avuto migliori
risultati nell’invio di una intenzione volta a calmare persone
estremamente nervose.
«In altri studi, persone focalizzate sono riuscite a inviare meglio la loro
intenzione di concentrazione a persone distra e. 11
«Questo principio di “telepatia” – perché è di questo che stiamo parlando
– sembra proprio valere anche per le scelte e non solo per le reazioni
involontarie del nostro sistema nervoso autonomo. Negli anni Venti, nel
dipartimento di Psicologia dell’Università di Groningen (Olanda) fu
condo o un celebre esperimento ideato dal do or H.I.F.W. Brugmans e dai
suoi colleghi. Un volontario era stato fa o sedere con gli occhi bendati
davanti a un tavolo su cui era posta una scacchiera con 44 quadrati. La
scacchiera era nascosta da una pesante tenda. Nel fra empo nella stanza di
sopra, a raverso un’intercapedine di vetro lo sperimentatore vedeva la
scena e focalizzava la propria a enzione su una casella scelta a caso,
comandando mentalmente al volontario di sceglierla a sua volta. Il sogge o,
con il braccio oltre la tenda, doveva “indovinare” quale casella era stata
scelta preventivamente dallo sperimentatore.
«I risultati furono straordinariamente positivi: su 187 tentativi totali,
60 furono le prove giuste, mentre invece il risultato basato sull’aspe ativa
casuale era di 4 su 187: in pratica la probabilità che il risultato fosse stato
casuale erano, secondo lo scienziato Dean Radin, di 1 trilione a 1. 12 Tu
come te lo spieghi, Amy?»
Amy trasalì appena, non si aspe ava la domanda. Reagì col suo
sarcasmo difensivo: «E lo chiedi a me? Lo sai che queste cose per me sono
esoterismo… Dovresti saperlo tu, piu osto!».
«In realtà, Amy, non lo so neanch’io e non lo sanno neppure gli
scienziati. Ci sono svariate ipotesi in corso di studio. Sanno che è così, che
il fenomeno esiste, ma ancora non hanno capito bene come funzioni.
«Dopo tu o quello che ci siamo de i, però, è lecito secondo te pensare che
questi fenomeni mentali abbiano luogo proprio a causa
dell’entanglement? Ti ricordi il conce o? Gli elementi correlati si
influenzano a vicenda, in modo simultaneo e a livello non locale.
«Non potrebbe essere questa la ragione per cui se a una persona viene
mostrata la luce anche al suo partner nell’altra stanza si accende la corteccia
visiva? Le persone non ne sono consapevoli, ma gli strumenti rendono
perfe amente visibile il fenomeno. Possiamo quindi ipotizzare, sulla scorta
degli studi che ti ho raccontato, che le menti umane siano immerse in un
campo quantistico in cui possono entrare in connessione. Questa base
naturale comune a tu i spiegherebbe perché alcune persone sembrino dotate
di una sensibilità maggiore di altre.

Forse alcune persone sono capaci di captare, a livello inconscio, la dimensione


quantica della loro mente e di trasmetterla ad altri.

«Ecco forse perché, Amy, se una persona con questa “sensibilità” pensa
qualcosa è capace di trasferire la sua intenzione ad altri, inducendoli a
q p f
calmarsi, a focalizzare meglio l’a enzione ecc.»

CONTRO-ASSIOMA 3: E SE LA REALTÀ FOSSE DI TIPO NON LOCALE?

«Sì, Italo» replicò Amy, questa volta senza l’aggressività diale ica che la
contraddistingue. «Siamo ritornati al punto dove avevamo interro o prima
di questa tua lunga digressione sulle menti interconnesse. Ma tu o ciò
significa che posso far fare a qualcuno qualcosa che non vuole? E che
qualcuno può farlo fare a me? Questa ipotesi sarebbe inquietante, devi
amme erlo. E poi» continuò, «abbiamo parlato di elementi correlati, in
qualche modo posso comprendere “una sintonia” fra madre e figlio, fratelli,
i gemelli, sforzandomi un po’ posso immaginarla fra innamorati, ma che
cos’ho da spartire io con una persona all’altro capo del mondo che
non ho mai visto, mai conosciuto né incontrato?»
«No, no, certo, Amy» mi affre ai a dire, «non sto dicendo che possiamo
controllare le menti di altri. La mia idea è fisica, metafisica e spirituale
insieme. Penso che esista una sorta di Matrice, una sorta di campo
energetico invisibile all’interno del quale le intenzioni, i pensieri, si
incontrano e, come fosse il gioco del Tetris, trovano un incastro per
creare la realtà che osserviamo. Se la tua domanda è ancora “chi vince e
chi perde”, la risposta è che nessuno vince e nessuno perde,

accade semplicemente la cosa migliore

che possa accadere in quel momento.


«Ricordi quella magnifica frase del fisico inglese Sir James Jeans,
“l’Universo comincia ad assomigliare più a un grande pensiero che a una
grande macchina”? C’è un elemento in quello che ti sto descrivendo che non
ha a che fare semplicemente con la fisica delle cose, ma con i significati.
«Quando parlo di “cosa migliore che possa accadere” non intendo per
forza che tu e le parti in causa possano sentirsi felici o d’accordo riguardo
all’accaduto, intendo che questi incastri, oltre al risultato che abbiamo
intenzione di o enere, possono portare lezioni che dobbiamo imparare e,
magari, sono l’unico modo per salire al nostro livello superiore per poi
o enere ciò che è in linea con quello che immaginiamo.
«Voglio però rispondere alla tua seconda domanda, che ritengo sia
importante. È vero, fra madre e figlio, tra fratelli, gemelli, coppie di
innamorati, ma anche fra altri gruppi di persone come team aziendali,
squadre sportive, gruppi di amici, questo fenomeno è quantomeno
comprensibile. Chi più chi meno sono o sono stati “correlati”. Ma tu,
giustamente, chiedi: fra me e una persona che vive all’altro capo del
mondo? Con una persona che hai appena conosciuto o addiri ura con la
quale non ti sei mai vista, che non conosci, che non hai mai incontrato?
«La mia risposta è che forse, con molta probabilità, condividiamo la
stessa natura.
«Ti sarà capitato di sentire l’espressione “siamo figli delle stelle”, Amy?
«Ebbene, qualche tempo fa, durante un’intervista radio al do or Neil
deGrasse Tyson (astrofisico e divulgatore scientifico statunitense, dire ore
dell’Hayden Planetarium del Rose Center for Earth and Space di New York
e fondatore del dipartimento di Astrofisica dell’American Museum of
Natural History) è stato chiesto: qual è secondo lei il fa o più sorprendente
dell’Universo?
«“Il fa o più sorprendente dell’Universo” ha risposto l’astrofisico “è
comprendere che gli atomi che compongono la vita sulla Terra, gli atomi che
compongono il corpo umano, sono riconducibili alle esplosioni degli
elementi leggeri primari. Esplosioni di stelle che li hanno trasformati in
elementi pesanti nel loro nucleo, a temperature e pressioni estreme. Queste
stelle, di massa elevata, diventarono instabili alla fine dei loro giorni.
Esplosero, collassarono spargendo i loro gas a raverso la galassia, gas
composti da carbonio, azoto, ossigeno e tu i gli altri elementi fondamentali
della vita stessa. Questi ingredienti diventarono parti di nubi di gas, a loro
volta condensarono, formando la nuova generazione di sistemi solari.
Nuove stelle con pianeti orbitanti, e questi pianeti ora contengono gli
ingredienti della vita stessa.
«“Così” ha aggiunto il do or Tyson “quando guardo il cielo di no e, so
che sì… siamo parte di questo Universo.”
«Siamo in questo Universo.
«Ma forse la cosa più importante è che l’Universo è dentro di noi.
«Quando rifle o su questo fa o» ha concluso l’astrofisico «guardo in
alto: molte persone si sentono piccole perché l’Universo è immenso, ma io
mi sento grande, perché i miei atomi provengono da quelle stelle.
g p p g q
«C’è un livello di connessione. Ed è proprio quello che ognuno di noi
vuole dalla vita. Vogliamo sentirci connessi, vogliamo sentirci importanti,
vogliamo sentirci partecipi di ciò che accade intorno a noi. E questo è
esa amente ciò che siamo, semplicemente per il fa o di essere vivi.» 13
«Quello che il do or Tyson ha voluto dirci, Amy, è che proveniamo tu i
dalla stessa fonte, quindi, in qualche modo, non solo siamo connessi gli uni
agli altri, ma anche con l’Universo intero.
«Questa grande connessione, Amy, si impone a noi sia che ci a eniamo
solo ai dati scientifici, sia che ci rifacciamo a una qualunque fede religiosa.
In ogni caso c’è un minimo comune denominatore: tu o è nato da uno. La
scienza parla del Big Bang, le antiche culture, le filosofie, le religioni
parlano di un Dio, lo chiamano in modo diverso ma c’è comunque un
principio creatore.

Tutto nacque da uno che poi generò ogni cosa.

«Prendiamo la do rina cristiana, per esempio. Dio creò Adamo, poi,


come recita il verse o 2,22 della Genesi: “Il Signore Dio plasmò con la
costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo”.
«Ciò significa che Eva nacque da Adamo e, insieme, generarono prima
Caino e Abele, poi altri figli e da loro tu a l’umanità. Anche secondo questa
visione, se vuoi su un livello simbolico, condividiamo la stessa linea
transgenerazionale, in qualche modo saremmo tu i parenti, tu i connessi.
«In ogni caso, dunque, tu o è nato da uno, sei d’accordo Amy?»
«Sì, Italo, sono d’accordo» rispose.
«E cosa significa allora?» le chiesi.
Mi guardò ma non disse nulla, restò in a esa della mia risposta.
«Significa, e credo sarai d’accordo con me» continuai, «che in principio,
in qualsiasi modo la vedi, abbiamo avuto lo stesso generatore, siamo
stati uniti, siamo stati uno.»
Amy mi guardò e fece un cenno di assenso, pur restando in silenzio.
«È vero» continuai, «poi ci sono rapporti più forti e meno forti, ma la
verità è che in qualche modo siamo stati tu i correlati, la verità è che
condividiamo gli stessi antenati.
«La visione della nuova scienza sembra dimostrare in modo inconfutabile
che la realtà non è di tipo locale ma che c’è correlazione fra noi e altri
p f
elementi, anche distanti.»

La verità è che siamo tutti in entanglement, siamo tutti stati parte dell’uno
iniziale. Potremmo dire che siamo parte della stessa famiglia.

ASSIOMA 4: LA REALTÀ È DI TIPO FISICO?

Affinché tu o quello che ti ho descri o possa avere una spiegazione,


bisogna prendere in considerazione il quarto assioma, ovvero quello
che vuole la realtà esclusivamente di tipo fisico, cioè materiale.
Il professor Amit Goswami, fisico teoretico e nucleare nonché uno
dei pionieri di quello che viene considerato il nuovo modello di realtà,
ha dichiarato:

Non puoi avere la certezza che tu o sia fa o di atomi, è solo una tua
supposizione. Inizia invece a pensare che tu o sia fa o di energia, compresi gli
atomi. 14

Se c’è una dimensione in cui la materia organica o inanimata e


l’energia pura, muta e invisibile, si incontrano è quella in cui
l’energia diventa visibile, calda, corposa, e produce vibrazioni, onde
sonore. Qualsiasi cosa vibri produce un suono o, se preferisci, il
suono è il risultato di una vibrazione. Piccola o grande che sia, bene
udibile, appena perce ibile o non udibile dall’orecchio umano a
causa della sua conformazione fisiologica, poco importa. La cosa
certa è che ascoltare un suono so intende la presenza di una
vibrazione.
Cosa accadrebbe se scoprissimo che anche le nostre cellule eme ono
dei suoni? Se ciò fosse veramente possibile, ti convinceresti ancora di
più di essere costituito da energia, o meglio, che l’energia controlla la
materia? Se sono qui a parlartene, ovviamente lo avrai capito, è
perché è proprio così. Le nostre cellule producono suoni, si
“parlano” a raverso le vibrazioni.
La scoperta è tu a italiana ed è stata resa nota nel 2014 dal
professor Carlo Ventura, ordinario di biologia molecolare
all’Università di Bologna, con all’a ivo centinaia di pubblicazioni
scientifiche, nonché dire ore del Laboratorio Nazionale di Biologia
Molecolare e Bioingegneria delle Cellule Staminali dell’Istituto
Nazionale di Biostru ure e Biosistemi (INBB ). 15
Quello che il do or Ventura ha osservato riguarda l’impalcatura
di ogni cellula, costituita da filamenti. In poche parole, questa
impalcatura è formata da stru ure che non sono ferme ma pulsano,
generando delle oscillazioni meccaniche, ovvero vibrazioni che
producono suoni ben precisi. Grazie a un microscopio capace di
indagare la stru ura atomica delle cellule, Ventura ha scoperto che
ogni cellula ha una sua “firma vibrazionale” che varia a seconda
dello stato di salute e del compito che la cellula esegue.
Non solo: le vibrazioni di ogni cellula vengono udite dalle cellule
che le stanno accanto e questo processo determina la nascita di una
comunicazione cellulare di tipo energetico e vibrazionale molto più
rapida di quella chimica. Questa scoperta potrebbe avere
implicazioni eccezionali in campo medico-scientifico. Si punta alla
realizzazione di una nuova forma di medicina di precisione che non
abbia più bisogno del trapianto di cellule staminali. Si punta a una
“riprogrammazione dire a” delle cellule staminali nei vari tessuti
del nostro corpo in cui si trovano. E tu o ciò potrebbe avvenire
facendo ascoltare alle varie cellule la frequenza del tipo di cellula che
dovranno diventare. Come ha de o lo stesso do or Ventura: “Si è
passati dall’idea di cellule staminali che devono differenziarsi, a
cellule che ‘spiegano’ al tessuto ricevente come potenziare il proge o
di guarigione”. Il segreto sarà quello di promuovere un processo di
autorigenerazione e quindi di autoguarigione intrinseca del nostro
corpo.

CONTRO-ASSIOMA 4: E SE LA REALTÀ FOSSE DI TIPO ENERGETICO?

A questo punto non credo possano sussistere ancora dubbi. Nel


corso del Novecento siamo passati grazie a Einstein dall’idea di un
universo a tre dimensioni, a cui si sommava un tempo universale,
alla visione di un unico campo energetico cosmico che è lo spazio-
tempo, che si modifica in base alla gravitazione. Poi abbiamo capito,
grazie alla meccanica quantistica, che nel mondo sub-atomico non si
può parlare di massa, velocità, tempo e spazio, perché tu o si fonde
in una sovrapposizione probabilistica, tu o può essere tu o, tranne
nel momento in cui l’osservatore fa emergere un valore fisico.
Quindi, la grande trama materiale dell’universo, di cui noi facciamo
parte, è un vibrare perpetuo e senza tempo di energia in stati
probabilistici.
Per dirla in maniera semplice: la realtà non è fa a di “cose”.

La verità è che siamo energia immersa in un campo di energia.

Questa verità spalanca la mente di chi è disposto ad accoglierla,


ma ci pone di fronte a un cambiamento di paradigma epocale.
Ricapitolando, se per il vecchio modello materialistico e
deterministico la realtà era ogge iva, determinabile, locale e fisica, il
nuovo modello interpretativo che la fisica del Novecento ci ha
portato in dono – ma che facciamo fatica ad acce are con la vecchia
logica – dice che invece la realtà è:

1. Sogge iva: ovvero tu o quello che c’è lì fuori è dipendente dalla


nostra osservazione. Abbiamo un impa o su ciò che osserviamo,
un impa o che va ben oltre quello razionale. La meccanica
quantistica ha scoperto che un ele rone, o una qualsiasi
particella quantica, non può manifestarsi nella realtà visibile
fino a che non viene osservato (fenomeno che i fisici quantistici
chiamano “collasso dell’onda”). Così come il suo
comportamento è influenzato dallo stesso osservatore. Cosa
significa per noi comuni mortali? Che ciò che osservi, che la
realtà che ti circonda, è influenzata e dire amente collegata alla
tua osservazione. L’osservatore influenza la realtà (e questo, se
ci pensi, è un grande potere).
2. Probabilistica: cosa hanno scoperto i fisici quantistici? Che non si
può determinare la velocità e la posizione, dunque la stessa
esistenza di una qualsiasi particella, fino a che questa particella
non viene osservata. Prima dell’osservazione, dunque, è puro
potenziale, potrebbe essere e manifestarsi in un modo o nell’altro
in una nuvola probabilistica di esistenze. Questo significa che
siamo immersi in un campo di infinite possibilità, che tu i i risultati
sono potenzialmente disponibili in qualsiasi momento e che la
nostra osservazione determinerà quale di questi risultati si
manifesterà nella realtà visibile.
3. Non locale: questo significa, al contrario della visione
materialistica, che c’è interazione anche fra ogge i distanti fra loro.
Basti pensare che la manifestazione di un evento quantico
causata da un osservatore influenza istantaneamente tu o ciò che lo
circonda e in particolar modo l’ele rone quanticamente collegato
(questa viene chiamata azione a distanza, non locale o
entanglement). Cosa significa tu o questo per noi? Che non c’è
separazione fra noi e tu o ciò che ci circonda, che siamo
collegati con tu o e ogni nostra azione e addiri ura ogni nostro
pensiero non può che ripercuotersi, su qualche livello, con tu o
ciò che ci circonda. Questo spiega numerosi fenomeni, come il
sentire che qualcuno ti sta pensando, sentire come sta qualcuno che
ami anche se non è lì vicino a te o le coincidenze significative, gli
eventi sincronici. D’altronde è stato lo stesso Galileo Galilei, il
padre della scienza moderna, a scrivere nel suo Dialogo sopra i
due massimi sistemi del mondo: “Non puoi cogliere un fiore senza
pensare di turbare una stella, le cose sono unite da legami
invisibili”. La verità è che, su un certo livello, siamo tu i
connessi.
4. Energetica: quello che hanno scoperto i fisici quantistici è che se
scaviamo all’interno degli atomi, all’interno degli ele roni, dei
protoni e di qualsiasi altra particella, non rimane che una cosa:
energia. Tu o è fa o di energia, energia che vibra a frequenze
diverse.

Anche le scoperte del do or Ventura ci mostrano che le frequenze


ele romagnetiche “parlano” alle cellule e le inducono a
riprogrammarsi senza bisogno di conta i chimici. E questa non è
filosofia New Age ma scienza pura, che ci dice che se riuscissimo a
sintonizzarci sull’energia in cui siamo immersi potremmo avere una
visione molto più completa dell’Universo che ci accoglie. Ed è in
fondo quello che aveva capito Albert Einstein quando nel 1950
scriveva una le era di condoglianze a un padre che aveva perso un
figlio:

Un essere umano è parte di un tu o chiamato Universo, una parte limitata nel


tempo e nello spazio.
Egli esperimenta i suoi pensieri e i suoi sentimenti come qualche cosa di
separato dal resto: una specie di illusione o ica della coscienza. Questa illusione
è una specie di prigione. Il nostro compito deve essere quello di liberare noi
stessi da questa prigione a raverso l’allargamento del nostro circolo di
conoscenza e di comprensione, sino a includervi tu e le creature viventi e
l’intera natura, nella sua bellezza. 16

Nel campo delle infinite possibilità


Certo, “liberarci da questa prigione” richiede un bel lavoro, una
certa sensibilità, e anche un metodo. Non ti puoi improvvisare.
Accedere a questo livello significa accedere al campo delle infinite
possibilità dove, e non è solo una semplice analogia, possono
coesistere diversi stati della tua persona, hai tu e le scelte nelle tue
mani. E, nel campo delle infinite possibilità, può accadere
l’impensabile, può accadere ogni cosa.
Non ci resta dunque che una scelta: resistere al cambiamento (e
continuare a ricreare la stessa identica storia) o partecipare alla più
grande rivoluzione dei nostri tempi.

Amy sorrise, e sembrava volesse prendermi in giro amorevolmente.


«Lo so!» la anticipai, «sorridi sce ica, ma in fondo so che ti chiedi come
fare… Adesso stai per scoprirlo. Sei pronta per il metodo che ti farà accedere
al Codice segreto della mente.»
Livello 9
Punti essenziali

✓ Nelle ultime centinaia di anni abbiamo gradualmente ado ato la


credenza materialista e determinista figlia della scienza. Da
tempo ormai crediamo che tu o sia materia e che i ma oni alla
base di tu o ciò che ci circonda siano gli atomi. In pratica
concepiamo solo l’idea che la realtà sia fa a di “cose”.

✓ Questo materialismo, che in modo so ile guida le nostre


credenze e dunque il nostro senso di possibilità e le reazioni
automatiche (ciò che credi di poter o non poter fare), ha radicato
nel nostro inconscio colle ivo 4 assiomi sulla realtà che sono
diventati dogmi che non me iamo in discussione. I 4 assiomi ci
dicono che la realtà in cui viviamo è:
• ogge iva: ovvero tu o quello che c’è là fuori ha una vita
propria e indipendente da noi;
• determinabile: questo significa che a una causa corrisponde
chiaramente un solo effe o;
• locale: ovvero che questa azione di causa ed effe o è
ravvicinata, e non c’è interazione fra ogge i distanti
fisicamente;
fisica: ovvero ogni più piccola realtà è riconducibile a effe i
materiali e chimico-fisici.

✓ L’avanzare delle scienze (prima tra tu e la meccanica


quantistica) e i nuovi strumenti di indagine ci forniscono oggi,
invece, un modello totalmente nuovo in cui la realtà è:
• sogge iva: ovvero tu o quello che c’è lì fuori è dipendente
dalla nostra osservazione;
• probabilistica: siamo immersi in un campo di infinite
possibilità, tu i i risultati sono potenzialmente disponibili in
qualsiasi momento e la nostra osservazione determinerà quale
di questi risultati si manifesterà nella realtà visibile;
• non locale: c’è interazione fra ogge i anche distanti fra loro;
• energetica: tu o è fa o di energia, energia che vibra a
frequenze diverse.
Livello 9
Esperienza

Queste domande hanno lo scopo di focalizzare la tua a enzione su


episodi che potrebbero esserti capitati e di cui, dopo la le ura del
Livello 9, ora puoi comprendere il motivo.

Ti è mai capitato di sapere come stava una persona che conosci


anche se non era lì, vicina a te?

Hai mai avuto la sensazione che sarebbe accaduto qualcosa,


sensazione che poi si è rivelata fondata?

Ti è mai capitato di vivere coincidenze sorprendenti?

Qual è la cosa più importante che hai compreso leggendo il Livello


9?
De-programmare l’infelicità
di Andrea Zaccardi

Ho 48 anni, e da quando avevo 16 anni ho praticato molti percorsi,


filosofie religiose e simili, ma anche psicoanalisi, terapia di gruppo,
ipnosi regressiva per indirizzare la mia infelicità nel realizzarmi
come essere umano. Principalmente non ero soddisfa o della mia
relazione sentimentale e lavorativa.
All’età di 47 anni mi ero quasi rassegnato a non essere padrone
della mia vita.
Conoscere Italo, e il percorso del Cervello Quantico, mi ha aiutato
a realizzare piccoli proge i e a far accadere come per magia eventi
forse di piccola portata ma di grande importanza per me.
Con l’inizio del percorso Deva XP , però, tu o è cambiato.
Come prima cosa ho de-programmato dentro di me tu i i vari
indo rinamenti ereditati dalla mia famiglia, dalla società, da persone
per me importanti, ma anche cose a cui io avevo dato valore.
Per esempio, dopo quarantase e anni di fallimenti e solitudine
ritenevo impossibile per me avere una storia d’amore felice, trovare
un’anima affine che mi facesse vibrare.
Inoltre, avevo sempre paura di rimanere senza soldi e ho
realizzato che avevo ereditato le paure che aveva avuto mio padre
prima di me. Da mia madre avevo assorbito la credenza profonda
che il lavoro è sacrificio, le eralmente “sputare sangue”. Questa
convinzione dopo circa un anno di percorso ha iniziato a dissolversi:
nel mio lavoro di agente immobiliare molte tra ative hanno iniziato
a filare lisce, erano semplici come seguire la corrente del mare.
Dopo quaranto o anni finalmente ho incontrato il mio a uale
compagno, la mia anima gemella: Alberto. Ho trovato il coraggio di
me ere un annuncio su una chat di incontri e il giorno dopo lui mi
ha scri o e abbiamo deciso di incontrarci. È stato un colpo di
fulmine? Sì! Eccome! Eravamo in un centro commerciale di Roma e
siamo stati tu o il tempo vicini come due vecchi amici che si sono
sempre conosciuti.
Dal punto di vista lavorativo, ho raggiunto dei buoni traguardi
ma voglio migliorare ancora i successi economici. Dopo un anno di
percorso, indirizzando le memorie genetiche trasmesse dai miei
genitori sono riuscito ad avere risultati importanti progressivamente
con sempre meno sforzo. Man mano che ho usato gli strumenti che
Italo mi ha fornito, i miei risultati hanno iniziato a migliorare
sensibilmente.
Adesso il conto in banca aumenta, sono felice ma sopra u o sono
le persone intorno a me a notare un Andrea nuovo (in tanti mi
chiedono cosa io abbia fa o, perché la mia energia interna è
totalmente trasformata).
Adesso sono il padrone della mia vita, felice, appagato,
soddisfa o ma sopra u o imperturbabile.
Riassumendo, quello che non sono riuscito a o enere in anni di
terapie e “logie” di vario tipo, l’ho o enuto in un anno con risultati
tangibili, esa amente come mi era stato promesso, compreso avere
un nuovo rapporto amichevole con il mio boss che mi stava sempre
addosso.
Grazie Italo,
PiùChePuoi Per Sempre.
Livello 10
Entrare nel codice segreto della mente. Il metodo: fase 1 -
Setup

Che ci piaccia o no, siamo noi la causa di noi stessi. Nascendo in questo mondo,
cadiamo nell’illusione dei sensi; crediamo a ciò che appare. Ignoriamo che
siamo ciechi e sordi. Allora ci assale la paura e dimentichiamo che siamo esseri
divini.

GIORDANO BRUNO

Raccontai a Amy di come i condizionamenti dei 3 livelli che le avevo


spiegato, se ripuliti e reinstallati e indirizzati, potevano portare le
persone a proie are una realtà totalmente nuova nelle loro
esperienze di vita, professionali e affe ive.
Le raccontai di persone che avevano finalmente realizzato i loro
sogni più grandi, dopo una vita in cui sembrava ci avessero provato
in ogni modo, di sportivi arrivati ai vertici delle loro categorie, di
persone che erano state in grado di migliorare e addiri ura risolvere
problemi di natura fisica, di ritrovare uno stato di forma o imale, in
modo naturale, spontaneo, quasi senza fare niente di più di ciò che
avevano fa o fino a quel momento.
Ma ci sono voluti anni, di osservazione e di studio, per riuscire a
sintetizzare i molti modi in cui si può lavorare sui 3 livelli mentali in
un unico metodo. Un metodo che fosse semplice da capire, semplice
da applicare, che arrivasse a toccare e rivoluzionare il livello
mentale, emotivo ed energetico e che potesse dare risultati
immediati, nel giro di pochi giorni. Non solo, ma risultati che fossero
riscontrabili. E che il tu o potesse richiedere non anni di pratiche
meditative e introspezione, ma che potesse essere spiegato
efficacemente in un libro come questo.
È nato così il metodo che stai per leggere e che, se lo vorrai, potrai
usare anche tu per prendere il controllo del codice segreto della tua
mente e avere la possibilità di trasformare le eralmente ogni cosa.

Lo strumento fondamentale: il Cervello Quantico


La mente è un conce o molto ampio: comprende non solo i
meccanismi cerebrali, con i quali spesso viene confusa, ma la totalità
dei tre spazi: lo spazio mentale, quello emozionale e quello
energetico. Il Cervello Quantico è lo strumento che ho ideato per
accedere al codice segreto di questi tre livelli e riscriverlo da dentro.
Questo allineamento, come hai le o nelle pagine precedenti,
provoca un cambiamento a livello profondo: potremmo dire un
cambiamento a livello di frequenza, di vibrazione. Questo
cambiamento dà vita a fa ori quantistici, ovvero alla possibilità di
interagire con la realtà su un livello che va ben oltre quello razionale,
potremmo dire che perme e di conne ersi a un livello di mente
ancora più ampio, quello che ci collega a tu o ciò che ci circonda,
alla mente universale.
Ma vorrei che non ti concentrassi su questo: nel tempo ho visto
che questo conce o, seppur molto potente, spesso se è l’unico che ci
portiamo dietro si riduce, a mio personalissimo parere, a
semplificazioni estreme. Il pensiero trasforma la realtà, l’intenzione
trasforma la realtà, e succede sempre.
Ma è molto più importante lavorare sui 3 livelli, poiché il resto è
una conseguenza molto più potente del lavorare solo sulla
semplificazione estrema di questo conce o.

Lo strumento fondamentale per applicare questo metodo è proprio l’utilizzo del


Cervello Quantico, un cervello che non si limita al livello mentale ma che lavora
anche sugli altri livelli.

Ti guiderò prima spiegandoti nel de aglio ogni passo del metodo


poi fornendoti uno schema riassuntivo molto semplice e un
procedimento da applicare pochissimi minuti al giorno, che può
portarti a trasformare ogni cosa.
È una promessa.

L’importanza dei simboli


Nel Livello 4 ti ho spiegato come secondo recenti ricerche le nostre
azioni e decisioni vengano prese da una parte molto profonda di noi
ben se e secondi prima che ne diventiamo consapevoli. Quindi, il
lavoro che dobbiamo fare è sull’origine, sulla parte nascosta, che è
poi la generatrice di ciò che crediamo di pensare. In poche parole,
dobbiamo lavorare sulla parte sommersa, sul codice sorgente,
sull’inconscio.
Per comunicare con questa parte dobbiamo parlare la sua lingua.
La lingua dell’inconscio però non è la lingua che usiamo
normalmente. Già Freud ci ha spiegato che nei sogni e nei
comportamenti involontari l’Io parla in maniera irrazionale. Ma
dopo Freud un altro dei giganti del pensiero del Novecento, Carl
Gustav Jung, ci ha dimostrato come il nostro inconscio individuale
sia permeabile agli influssi di un inconscio colle ivo, il quale a sua
volta agisce su di noi a raverso una lingua fa a di archetipi e
simboli molto potenti. 1
Ogni simbolo richiama su livelli so ili, a volte consci a volte
inconsci, conce i molto più ampi. Se per esempio ti mostrassi questo
simbolo, cosa diresti?
Sì, è il simbolo della pace, in grado di comunicare alla sua sola
vista un conce o molto più profondo.
E se ti facessi vedere questo?
Che tu sia più o meno esperto di filosofie orientali, lo avrai
comunque visto qualche volta, è il simbolo del Tao, de o anche Yin e
Yang, ossia le forze opposte che costellano il divenire di tu e le cose
– il maschile e il femminile, la luce e le tenebre, il bene e il male – e
dalla cui unione nasce l’armonia del mondo.
Ogni simbolo porta con sé e richiama una storia, sia personale sia
colle iva: ti basti pensare quali conce i potrebbe richiamare in te la
vista di una svastica, di una croce, di un cuore. Non importa che tu li
condivida o li respinga, fanno parte del tuo paesaggio inconscio.
La base del metodo: il simbolo
Quando decisi di creare questo metodo, dunque, la prima cosa che
identificai fu un simbolo che potesse comunicare con l’inconscio.
Doveva essere un simbolo semplice da pensare e da disegnare, ma
nello stesso tempo potente: individuai queste cara eristiche nel
triangolo. Per iniziare, il triangolo è una figura elegante, armonica,
ed è legato al numero 3 (il numero dei suoi lati e dei suoi angoli). Il
numero 3 è il numero primordiale, il minimo per la nascita di una
figura geometrica.
Praticamente in ogni tradizione è presente la simbologia del
triangolo, che riporta al numero 3: per i cinesi rappresenta la totalità
cosmica (cielo, terra, uomo), nelle religioni spesso sono presenti le
triadi divine (Padre, Figlio e Spirito Santo nel cristianesimo, Brahma,
Shiva e Vishnu nell’induismo); e infine lo sciamanesimo riconosce tre
mondi (il mondo di sopra, il mondo di mezzo e il mondo di so o,
ognuno con le sue cara eristiche). Rappresenta inoltre altre varie
triadi: padre, madre e figlio (simbolo della famiglia), corpo, mente e
spirito, e così via dicendo.
E dunque il triangolo che avevo identificato come mia figura
simbolo non solo è legato al numero perfe o ma simboleggia anche
la scala dell’Essere, la riduzione dal molteplice all’Uno, l’idea di
perfezione e connessione con la nostra parte sacra.

Il nome del metodo


Dopo aver trovato un simbolo che potesse comunicare in modo
istintivo alcuni conce i all’inconscio avevo bisogno anche di un
nome che potesse identificare il metodo.
Al termine del libro Il Potere del Cervello Quantico fornisco le
istruzioni per creare un proprio mantra personale (“mantra” viene
dal sanscrito man, che significa “pensiero”, e tra, che significa “che
agisce, che compie”: un mantra dunque è un pensiero che agisce).
Per questo libro volevo trovare qualcosa che richiamasse il
conce o di importanza, di potere personale, e allo stesso tempo
anche il conce o di sacro. Tu o questo per fare in modo che ogni
de aglio del nuovo metodo potesse fornire all’inconscio molte più
informazioni di quante se ne potessero immaginare.
Le prime immagini che mi vennero in mente furono quelle delle
le ere antiche, che contenevano comunicazioni o istruzioni
importanti, in carta o in pergamena – ma l’immagine che mi venne
subito in mente era il modo in cui venivano chiuse. Ti sarà capitato
di vederle e sicuramente ti torneranno in mente: venivano chiuse con
dei sigilli – quelli che mi arrivarono so o forma di intuizione erano
quelli rossi, in ceralacca, che veniva fa a squagliare e sulla quale poi
veniva apposto il simbolo di chi inviava la missiva.
In Francia, per esempio, le le res de cachet erano le ere firmate dal
re, controfirmate da uno dei suoi ministri e chiuse con il sigillo reale
poiché contenevano importanti ordini. Ma anche per quanto
riguarda la religione ca olica, per esempio, l’anello del pescatore
(una delle insegne papali, che ogni pontefice riceve all’inizio del suo
pontificato) è un sigillo usato fino al 1842 per ogni documento
reda o dal papa o da lui controfirmato. Una le era scri a da papa
Clemente IV al nipote Pietro Grossi nel 1256 fa per la prima volta
menzione dell’anello del pescatore, utilizzato per sigillare tu a la
corrispondenza privata, per mezzo della pressione dell’anello sulla
ceralacca riscaldata e fusa sulla carta. Gli a i pubblici, invece,
recavano un sigillo in piombo fuso sul documento stesso.
In ogni caso, il sigillo richiama il conce o dell’importante,
dell’inviolabile, dell’ordine. Il Sigillo implica una natura immutabile:
è così, punto e basta. In molti casi riporta anche al conce o del sacro:
non mi bastava qualcosa che comunicasse allo spazio mentale come
ti ho de o, volevo qualcosa che comunicasse anche a livello
emozionale ed energetico.
Ebbi la conferma che quella del sigillo come identificativo del
metodo era la strada giusta leggendo un libro di Joseph Kefir. 2 Le
strade della vita portarono Joseph Kefir a ricoprire diversi ruoli
dirigenziali: fu vicepresidente di Bulthaup (azienda tedesca leader
nella costruzione di cucine), manager della catena di negozi GO IN e
co-fondatore di IKEA in Israele. Nato in una famiglia di kabbalisti, fin
da quando era piccolo sviluppò una forte passione proprio per la
Kabbalah, che coltivò sempre in parallelo con i suoi altri interessi.
Questa passione lo spinse a un certo punto della sua vita a lasciare
tu i i suoi incarichi manageriali e a dedicarsi solo alla divulgazione
di questi principi.
Joseph Kefir, a ingendo e rivelando insegnamenti fino a quel
momento tenuti nascosti e tramandati solo in via orale da famiglia a
famiglia, parla di Re Salomone, terzo Re d’Israele, noto per le sue
conoscenze in medicina, tecnologia e agricoltura nonché per i suoi
poteri. La conoscenza di Re Salomone, così come tramandato per via
generazionale, viene imbrigliata in una serie particolare di figure
chiamate, appunto, Sigilli (e note come I Sigilli di Re Salomone):
potenti figure geometriche che sembra fossero capaci di comunicare
le loro istruzioni anche al livello più profondo di cui abbiamo
parlato, il livello energetico.
A quel punto avevo trovato un nome che potesse comunicare sui
diversi livelli tu o ciò di cui avevo bisogno: importanza, ordine,
inviolabilità, sacralità.
Avevo trovato il nome giusto per il mio nuovo metodo per entrare
nel codice segreto della mente: si sarebbe chiamato “Il Sigillo”.

Il Sigillo: entrare nel codice segreto della mente


Il metodo che sto per presentarti ti perme erà dunque di creare un
tuo simbolo personale, capace di comunicare con – e riprogrammare
– il tuo spazio mentale, il tuo spazio emozionale e quello energetico
intorno a un obie ivo che vuoi raggiungere, a uno scopo che vuoi
realizzare.
Sarà il tuo Sigillo.
Così come un hacker viola il codice sorgente dei programmi
anche tu avrai la possibilità di farlo, per interrompere programmi
disfunzionali che ti stanno bloccando e per crearne di nuovi più
potenzianti: sarà un aggiornamento del tuo sistema personale.
Il metodo consiste in 3 punti che ti spiegherò nel de aglio affinché
tu li possa comprendere bene. Una volta compresi, ti fornirò uno
schema pratico a raverso il quale sarai in grado, in pochissimi
minuti, di creare il tuo Sigillo e farlo entrare in azione per
riprogrammarti, questa volta a tuo vantaggio.
Le 3 fasi su cui si basa il metodo del Sigillo sono:

setup: è la fase che riguarda la creazione del Sigillo che


spiegheremo in questo livello;
proiezione: è la fase che riguarda l’applicazione del metodo, e
sarà affrontata nel Livello 11;
osservazione e amplificazione: è la fase che riguarda l’osservazione
in tempo reale della trasformazione e dei risultati, nonché la
loro amplificazione e sarà tra ata nel Livello 12.

Ma prima di tutto un’avvertenza: applicando questo metodo può accadere


qualsiasi cosa, tranne una.

L’uso corre o dello strumento che stai per avere fra le mani può
essere in grado di avviare trasformazioni profonde, nei tuoi pensieri,
nelle tue emozioni, nelle tue scelte, nei tuoi risultati. Trasformazioni
che possono essere anche molto rapide, a volte istantanee. Mi sento
in dovere di avvertirti che l’uso di questo strumento può far
accadere qualsiasi cosa, tranne una però. L’unica cosa che non può
accadere… è che non accada nulla. È impossibile (e a questo punto
sai quanto io non vada d’accordo con la parola “impossibile”).
Semplicemente perché usano gli stessi principi con i quali sei stato
programmato, dunque hanno già dimostrato di funzionare.
Il tuo compito è semplicemente quello di seguire le istruzioni, il
resto verrà da sé.

Fase 1: setup
Questa prima fase consiste nella creazione vera e propria del tuo
Sigillo. Quando dovrai farla? La prima volta, ovviamente, e poi ogni
volta in cui avrai un nuovo obie ivo da raggiungere. Il Sigillo
contiene le chiavi e le coordinate informazionali per liberarti dai
vecchi condizionamenti invisibili, riprogrammarti su tu i e tre i
livelli e trasformare i tuoi risultati nella direzione che desideri.
Puoi dapprima leggere le istruzioni senza fare nulla, alla fine
verrai comunque guidato alla creazione del tuo primo Sigillo.

Passo 1: disegna un triangolo. Il primo passo da compiere è quello


di creare la base del tuo Sigillo, dunque disegnerai un triangolo.
Passo 2: al centro del triangolo scrivi ciò che vuoi realizzare. Sebbene
questa possa sembrare una cosa molto semplice, in realtà con il
tempo, incontrando svariate migliaia di persone, ho scoperto
che è una fase che contiene varie insidie.

COSA DOVRAI DUNQUE SCRIVERE AL CENTRO DEL SIGILLO?

Ciò che vuoi realizzare, ciò che vuoi o enere. Il mio obie ivo?, ti
starai chiedendo. Dipende dal “peso” che dai alla parola obie ivo.
Solitamente un obie ivo è qualcosa che può essere identificato come
un risultato che vuoi raggiungere e che è nella tua testa. Se invece
perme i a questo obie ivo di coinvolgere la tua sfera emotiva, allora
diventa ben più di un obie ivo, diventa uno scopo, e uno scopo,
me erà in moto in modi molto più potenti tu e le tue risorse. Per
farti un esempio, se la tua idea è lasciare un paese migliore ai tuoi
figli, questo è un obie ivo che così, sulla carta, ha una cara eristica
pre amente mentale. Ma se lo identifichi come uno scopo
coinvolgerà la tua parte emotiva: uno scopo risponde alle domande
“Perché vuoi farlo? Perché ci tieni tanto?”. Capisci benissimo che
sono domande che danno una spinta incredibile alle tue risorse. Le
persone hanno scopi diversi, alcuni a un osservatore esterno possono
sembrare “piccoli”, altri ambiziosi, ma quello che li accomuna è che
per la persona che li desidera rappresentano tu o ciò che conta nella
loro vita. Può esserci il calciatore che vuole vincere la finale di
campionato, il padre che vuole sistemare il figlio e comprargli la
casa, la signora che vuole aprirsi un negozio per animali, o – scopo
fra i più frequenti – trovare un lavoro migliore e meglio pagato. Per
questo motivo, d’ora in poi, lo chiameremo scopo. Al centro del
Sigillo, dunque, scriverai il tuo scopo, ma per non incorrere nelle
insidie di cui parlavo sopra stai a ento a seguire queste 5 semplici
linee guida.

• Linea guida 1: lo scopo deve essere espresso in tono positivo.

Il cervello lavora per immagini mentali. Se io ti chiedessi di non


immaginare di mangiare un lecca-lecca cosa succederebbe? Che
nello stesso momento in cui ti ho creato l’immagine mentale tu lo hai
immaginato, vero? A volte per spiegare questo conce o si usa dire: il
cervello non riconosce la parola “non”. Non è proprio esa o, ma
veicola il conce o: il cervello lavora per immagini mentali. Dunque,
il tuo scopo deve essere espresso in tono positivo. Facciamo qualche
esempio per capirci meglio.

TONO NEGATIVO : Non voglio perdere la finale. (NO )


TONO POSITIVO : Vinco la finale. (SÌ )

Come vedi, in questo caso dicendo “Non voglio perdere la finale”


si è già creata, nella tua mente, l’immagine di chi perde. Per questo
motivo invece lo scopo deve essere espresso in tono positivo: “Vinco
la finale” (si crea l’immagine mentale del vincente).
Spiegato il conce o, che credo tu abbia ormai compreso, facciamo
ancora degli esempi in modo da essere più chiari:

TONO NEGATIVO : Non voglio ingrassare ancora. (NO )


TONO POSITIVO : Dimagrisco. (SÌ )
TONO NEGATIVO : Non voglio restare sola tu a la vita. (NO )
TONO POSITIVO : Vivo l’amore dei miei sogni. (SÌ )
TONO NEGATIVO : Non voglio restare a questo livello economico. (NO )
TONO POSITIVO : Guadagno TOT. (SÌ )

A volte per spiegare questo conce o dico: trasforma ciò che non
vuoi in ciò che vuoi. Non voglio avere paura… sono coraggioso.
Insomma, non dare al tuo inconscio la possibilità di indulgere su tue
paure, tentennamenti o ristre ezze di visione, perché stai certo che
vi si aggrapperà. Guarda avanti e me i a fuoco i tuoi desideri!

• Linea guida 2: lo scopo deve essere se ato al punto giusto.

Un’altra insidia dell’inconscio che devi aggirare è la vaghezza: se


giochi al ribasso per prudenza, perché non sei sicuro delle tue
qualità, il tuo livello emotivo lo percepisce e ti dequalifica. Per
esempio, se il tuo obie ivo fosse finanziario e volessi scrivere:
“Guadagno 5000 euro al mese” eppure sentissi che questo traguardo
non ti gratifica emotivamente, che potresti o enere di più, allora alza
l’asticella.
A enzione all’equilibrio, però: il segreto è trovare uno scopo che
non mortifichi i tuoi sogni ma che sia credibile per il tuo cervello.
Ritornando all’esempio finanziario, se 5000 euro non ti stimolasse
alza l’asticella, ma se indicassi 20.000 euro e questo facesse dire al tuo
livello mentale “È impossibile”… allora sai già che non è lo scopo
giusto!
In alcuni casi non c’è bisogno di questo se aggio (per esempio,
“Vivo una relazione piena di armonia e felicità”) ma in altri sì. Trova
dunque, quando necessario, il se aggio giusto: lo scopo che ti stimoli
ma che sia nello stesso tempo ancora credibile, in qualche modo, per
il tuo cervello.

• Linea guida 3: lo scopo deve essere scri o al presente.

A ento ai tempi verbali che usi, perché negli abissi dell’inconscio


possono subire una trasformazione tremenda!
Se nello scopo scrivessi: “Guadagnerò TOT ”, “Mi piacerebbe
trovare l’anima gemella”, “Arriverò a pesare TOT kg” e così via, dai
tuoi tre livelli verrebbe interpretato come un differimento a un
domani affidato al Caso. Il tempo grammaticale diventa il tempo
dell’improbabilità. Come a dire che non credi al tuo scopo! Ma non
funziona così. Devi scriverlo al presente, come se fosse già avvenuto.

Guadagno TOT.
Dimagrisco TOT.
Vinco la finale.
Compro la casa a mio figlio.
Apro il “mio” negozio.

A questo punto, mentre lo scrivi, potresti avvertire un senso di


incoerenza. Se ciò avvenisse non devi preoccuparti, è il tuo cervello
che ti invia una specie di alert e ti sta dicendo: guarda che non è
vero. Se per esempio scrivi “Guadagno 5000 euro” e due minuti
dopo ti chiama la banca per dirti che il tuo conto è in rosso… capisci
bene che viene agganciato il tuo spazio emozionale. Nelle risposte ai
“dubbi frequenti” che darò più avanti, alla fine del Livello 12, ti
fornirò una strategia semplicissima per superare questa incoerenza,
nel caso ci fosse. Per ora ti dico: riconosci che è un alert del cervello
che ti dice “guarda che non è così” oppure “guarda che non è mai
stato così”, ma non ti sta dicendo che non potrà esserlo mai. In ogni
caso, la cosa importante della linea guida 3 è che il tuo scopo deve
essere scri o al presente, cioè la modalità della certezza.

• Linea guida 4: lo scopo deve essere il più ampio possibile.

Lo so, di solito quando le varie discipline nel campo della


formazione parlano del se aggio degli obie ivi dicono “sii il più
specifico possibile”. Io sostengo assolutamente il contrario (come ho
scri o nel libro Il Potere del Cervello Quantico), poiché anni di
esperienze dire e e indire e mi hanno insegnato che è meglio essere
il meno “specifici” possibile, anche perché stiamo agendo sui 7
secondi che precedono ogni cosa, ogni pensiero, ogni decisione.
Per spiegarti il motivo di questo suggerimento ti faccio un
esempio: me iamo che il tuo scopo sia migliorare la tua situazione
lavorativa, e tu scrivessi: “Ho un lavoro che sia entro un chilometro
da casa, al piano terra e con un capoufficio donna”. Concentrando la
mente su tu i questi aspe i, restringeresti il campo delle possibilità.
Tu in realtà vuoi migliorare professionalmente e, di conseguenza,
anche economicamente. Essendo così specifico scarteresti tu i quei
lavori che magari hanno altre cara eristiche ma che comunque ti
perme erebbero di fare quel salto in avanti che sogni da tempo. In
questo modo, senza rendertene conto stai dando delle istruzioni ai
tuoi programmi mentali che a iveranno meccanismi e decisioni
invisibili e limitanti. È chiaro questo conce o? Tu vuoi crescere
professionalmente, quindi non porre limiti alle possibili
“combinazioni” lavorative, lascia aperto il campo delle possibilità e
la vita ti sorprenderà in maniera inaspe ata, molto prima di quanto
potresti immaginare.
Un altro esempio che mi viene in mente è se il tuo obie ivo fosse
di cara ere finanziario. Se tu fossi troppo specifico potresti scrivere:
“Guadagno 5000 euro al mese con il network marketing” oppure “I
fa urati della mia azienda aumentano del 30% perché creo una
nuova linea di prodo i”. Così facendo restringeresti il tuo orizzonte,
e finiresti per scartare, senza saperlo, possibilità che ti aiuterebbero a
raggiungere prima (a volte molto prima) il risultato che vuoi
o enere. Meglio, nei casi precedenti, scrivere “Guadagno 5000 euro
al mese”, “I fa urati della mia azienda aumentano del 30%”. Decidi
il tuo scopo e poi lasciati trasportare. Sii il più ampio possibile: se a
il conce o fondamentale e lasciati guidare per la via più breve.

• Linea guida 5: scrivi al massimo 2 scopi.

Ognuno di noi ha più cose da realizzare, magari sono cose che


hanno a che fare con due diverse aree della nostra vita. Il cervello
per sua natura adora le cose semplici, le istruzioni semplici. Per cui ti
invito a inserire al massimo 2 scopi: “Guadagno 5000 euro e ho una
relazione armoniosa e duratura”, questo va bene. Sovraccaricare il
cervello aumenta le resistenze. Non preoccuparti, una volta che avrai
realizzato il tuo scopo, o almeno uno dei due, potrai inserirne uno
nuovo al posto di quello che hai raggiunto.

Tu a questa spiegazione ti è stata fornita perché tu ti renda


consapevole di quello che stai facendo: essere consapevoli aiuta a
raggiungere il proprio scopo. Ma alla fine quello che dovrai fare, in
questa prima fase del setup, è davvero molto semplice. Al centro del
Sigillo scrivi il tuo scopo (espresso in tono positivo, se ato al punto
giusto, scri o al presente, che sia il più ampio possibile, al massimo 2
scopi).
Ma nel triangolo ci sono altri lati. Se io ora ti chiedessi di
immaginare il tuo scopo (fallo ora) e ti chiedessi: come ti fa sentire
l’idea di averlo raggiunto? … non ci vuole molto a capire che questa
semplice domanda interce a immediatamente lo spazio emozionale (che,
come dicevamo, è più forte e più veloce di quello cognitivo). Gli
effe i di questo interce amento sono potenti e, per farteli arrivare
bene, voglio raccontarti qualcosa di molto personale.

L’a ivatore emozionale: come ti fa sentire?


Nel Livello 7 ti ho accennato a quel particolare momento della mia
vita in cui, come capita un po’ a tu i, una serie di eventi, avvenuti
con una sincronicità e una potenza incredibili, mi hanno portato a
dover rivalutare tu o quello che avevo costruito fino a quell’istante.
Non è stato un momento facile e, sebbene tu o ciò che avevo fa o
fino ad allora sembrasse sgretolarsi in un colpo solo, sapevo di non
essere vi ima, di poter prendere il controllo e che ciò che stava
accadendo dipendeva dal fa o che qualcosa di nuovo mi stava
aspe ando.
Una delle conseguenze di quel periodo della mia vita fu che persi
visibilmente peso. Il mio peso ideale è intorno ai 75 kg ma una
ma ina, pesandomi, la lance a indicava i 68 kg. Ricordo che,
guardandomi allo specchio che era proprio davanti alla bilancia,
dissi testuali parole: “Sto scomparendo…”. Si avvicinava tra l’altro il
periodo estivo, dunque l’abbigliamento leggero rivelava ancora di
più il mio stato fisico debilitato, senza possibilità che fosse nascosto
neanche ai miei occhi. Quella situazione non mi faceva sentire bene
con me stesso.
Decisi che, sebbene immerso in un’esperienza che in quel
momento sembrava essere più grande di me, mi sarei dedicato anche
a quello: mi sarei rimesso in forma.
Ricominciai a mangiare meglio e mi iscrissi in palestra.
Sono sempre stato uno sportivo medio, per anni ho giocato a
calcio, poi per una serie di ragioni ho smesso. Per tenermi in forma
quindi, saltuariamente, trovo qualcosa che possa stimolarmi.
Ciclicamente faccio qualche mese in palestra. Perché qualche mese?
Perché dopo un po’ mi annoio. Non fa per me. Sebbene il mio
obie ivo non sia mai stato diventare un muscoloso body builder, è
anche vero che guardarmi allo specchio e vedermi in forma mi
faceva stare bene.
Ma all’idea della palestra, ovviamente, vennero subito richiamati i
conce i di sforzo, fatica, noia… Questo perché? Ormai lo sai: quando
facciamo qualcosa viene tracciata una memoria (per esempio, degli
esercizi che svolgevo in palestra) ma anche lo spazio emozionale con
cui abbiamo immagazzinato queste memorie. Dunque, se andando
in palestra mi ero annoiato, avevo sentito troppa fatica e così via, la
semplice idea di andarci di nuovo richiamava quei conce i. Lo are
contro il vero decisore (lo spazio emozionale) sarebbe stato me ersi
contro un drago dalle mille teste, sarebbe stato uno scontro fra titani.
Ma cosa sarebbe accaduto se io avessi ricondizionato il mio spazio
emozionale intorno a quello scopo? Come mi faceva sentire l’idea di
averlo raggiunto? Di guardarmi allo specchio e stare bene con me
stesso?
Dovevo dunque creare una nuova associazione mentale-
emozionale, proa iva verso il mio scopo. Decisi allora di fissare in
poche parole, a un lato di quel triangolo, la risposta alla domanda:
come ti fa sentire? Scrissi il mio scopo al centro del Sigillo (“sono in
perfe a forma”) e sul lato sinistro scrissi: “Bene con me stesso”. Il
semplice osservare quel Sigillo provocava in me una reazione
positiva, mentre lo leggevo mi rivedevo davanti allo specchio
soddisfa o del mio aspe o. Il fa o di andare in palestra non
rappresentava più un problema, perché l’associazione con gli 80 chili
era “bene con me stesso”, in perfe a forma. Non più con noia, fatica
e l’idea ripetitiva di esercizi in palestra. Avevo provocato in me un
cambiamento così radicale che mi ritrovai a lanciare il cuore oltre
l’ostacolo. Quello che accadde dopo te lo racconterò più avanti.
Intanto, il conce o su cui devi soffermarti a entamente è questo:
crea un gancio fra lo spazio emozionale e il tuo scopo. Puoi farlo
g p p
semplicemente rispondendo alla domanda: come ti fa sentire?
Scrivilo sul lato sinistro del Sigillo. Nel tuo caso, se ti chiedessi
“Come ti fa sentire l’idea di avere raggiunto, realizzato il tuo
scopo?”, cosa risponderesti? Scrivi la risposta a questa domanda sul
lato sinistro del Sigillo, sarà il tuo “a ivatore emozionale”.
Ovviamente le variabili sono infinite quanto le persone. C’è chi,
associando al proprio scopo un’emozione, si sentirà orgoglioso,
soddisfa o, felice, realizzato, bene con se stesso, completo, vincente,
e così via. Trova una definizione che ti stimoli e scrivila sul lato
sinistro.

Il timbro del Sigillo


A questo punto torniamo al conce o originario di sigillo e al
significato che la sua immagine assume per la nostra matrice di
programmazione. Abbiamo parlato dei sigilli imperiali o papali, che
erano in ceralacca rossa, e portavano impressa la firma, il timbro, di
chi inviava la missiva. Cosa ci resta da fare, dunque? Dobbiamo
timbrare il Sigillo che hai appena creato, con la tua firma che
apporrai sul lato inferiore. In qualche modo rappresenta anche una
promessa, come apporre la firma a un contra o che fai con te stesso.
Mentre apponi la firma ti chiedo anche di pensare: cosa c’è oltre
quel nome? Concentrati sul significato di ciò che stai scrivendo nel Sigillo.
Questo semplice spostamento del punto di percezione ti me erà in
comunicazione con il tuo spazio energetico (che nella fase 2 del
metodo provvederemo a deprogrammare).
Il Sigillo, nella sua versione base, a questo punto è terminato: con
una sola occhiata sarà in grado di comunicare conce i molto ampi. Il
tuo scopo sarà comunicato su tu i e tre gli spazi. Ma prima di
concludere questa fase preparatoria voglio parlarti brevemente della
firma.
Molte persone si firmano con nome e cognome, ma tanti fanno
anche il contrario. L’ho fa o anch’io fino a qualche anno fa, poi ho
cambiato, anteponendo il nome al cognome. Sembra qualcosa di
insignificante, ma non lo è: se solitamente ti firmi nella modalità
cognome e poi nome ti invito a rifle ere su quanto sto per dirti.
Il cognome non ti identifica. Se io dicessi “Sono Pentimalli” in
realtà identificherei la mia famiglia (quella di mio padre e tu o il
ramo dei parenti e degli antenati). Se io dico Italo allora mi identifico
di più, perché Italo sono io. Non sono un so oprodo o della
famiglia Pentimalli (Pentimalli – Italo) ma sono Italo, capostipite,
parte della famiglia Pentimalli. Forse può sembrarti un de aglio da
poco ma, a certi livelli, sono i de agli che fanno la differenza. Non ti
obbligo ovviamente a firmarti NOME E COGNOME piu osto che al
contrario, ma ti invito a prenderlo in considerazione perché, a livello
inconscio, passa un messaggio molto importante e ti aiuta a
identificarti con quel Sigillo in modo molto più potente, anche se, ora
lo sai, la tua essenza va anche oltre quel nome.

La fase dell’applicazione: i due principi fondamentali


A questo punto sei pronto per passare alla fase dell’applicazione del
metodo. Nel momento in cui hai messo a fuoco il tuo scopo, inizi a
proie are un nuovo film, non assisti più all’immagine di te che segui
certi comportamenti, ma capisci cosa vuoi e quanto lo vuoi e diventi
tu lo sceneggiatore e il regista del tuo film.
Questa nuova pellicola che creerai, andando ad agire sul codice
sorgente della tua mente, ha già a ivato la tua “riprogrammazione”.
Ma prima di entrare nel vivo del “come si applica” – lo vedrai nel
capitolo successivo –, è necessaria una piccola digressione per
spiegarti quali sono i due principi fondamentali su cui si basa.

• Principio 1: apertura di nuovi campi di possibilità.

La particolarità di questo metodo è che perme e di interce are


rapidamente i 3 livelli: me i a fuoco ciò che vuoi davvero, trova idee,
ipotesi e desideri che fino a quel momento sono rimasti invischiati in
una palude di “vorrei ma non posso”; trova la ragione emotiva
profonda per cui quell’obie ivo è così importante per te, e vedrai che
diventerà come il vento che spinge nella direzione giusta la tua
barca; e infine, guardati dentro e sciogli freni e legacci delle vecchie
programmazioni che ti direbbero di non correre quel rischio, di non
fare quella cosa, che non sei all’altezza, cosa penserebbero gli altri, e
tanti altri ostacoli remoti, camuffati e nascosti che ti porti dietro
senza neanche saperlo.
Ricapitolando, vediamo cosa succede nei 3 livelli.

– A livello mentale, trovare lo “scopo” perme e di focalizzare


l’essenziale per te, usando tu i i meccanismi che hai conosciuto
(a enzione sele iva, memoria sele iva, falsi ricordi, corre ore
automatico e autogiustificazione), ma al contrario, per fare
pulizia da sovrastru ure che ti incrostano e far emergere come
un diamante ciò che davvero vuoi. Avere quello scopo, chiaro in
mente, ti aprirà “nuovi campi di possibilità”, ti farà vedere
prospe ive che non avevi mai preso in considerazione fino a
quel momento.
– A livello emozionale, inizierai ad associare e focalizzare tu e le
potenti risorse che fanno parte del tuo universo emotivo nella
direzione del risultato che vuoi raggiungere. Ciò significa che
l’istinto inizierà a guidarti, in modo più profondo e veloce del
livello cognitivo, nella giusta direzione.
– A livello energetico, come a questo punto sai bene, a bloccarti ci
sono condizionamenti invisibili. Il metodo del Sigillo ti aiuterà a
liberarti dalle memorie inconsce che ti stanno bloccando, a far
emergere le risorse che sono davvero “tue”, e a farti sentire
timoniere della ro a che stai seguendo.

Questo processo di liberazione delle memorie, su tu i e tre i


livelli, può avvenire grazie a una presa di consapevolezza che
costituisce il secondo principio del metodo.

• Principio 2: consapevolezza.

Cos’è per te la consapevolezza? Spesso pensiamo di conoscere il


significato delle parole. E poiché le usiamo non ci rendiamo conto
che in esse sono stratificati significati appresi dalla scuola, dalla
famiglia, dalla società, dalle nostre le ure, dai tempi in cui viviamo.
Anche il significato delle parole ci può bloccare! Poi accade qualcosa
e la nostra conoscenza sca a a un livello più profondo. Se io ti
chiedessi di rispondere alla domanda “cos’è la consapevolezza?”, sono
sicuro che daresti una risposta anche piu osto precisa, appresa dalle
tue le ure o dai tuoi studi. Ma forse questo conce o assumerà una
nuova luce anche per te, come lo fece per me, ascoltando una piccola
storia che si narra sul Buddha. In realtà non so se sia vera o no, ma il
conce o che mi ha passato mi ha fa o decidere di raccontartela.

Si narra che un giorno un uomo incontrò il Buddha.


Incuriosito dai suoi modi, da suoi pensieri e dai suoi a eggiamenti gli chiese:
“Ma tu e i tuoi monaci cosa fate?”.
Il Buddha rispose: “Noi stiamo seduti, noi mangiamo, noi camminiamo”.
L’uomo guardò il Buddha e replicò: “Be’, che differenza c’è con noi, scusa?
Anche noi stiamo seduti, mangiamo e camminiamo”.
“Sì” disse il Buddha, “ma noi quando stiamo seduti… sappiamo di essere
seduti, quando mangiamo sappiamo che stiamo mangiando e quando
camminiamo… sappiamo che stiamo camminando.”

In poche parole, la consapevolezza è sapere ciò che si fa mentre lo si fa.

Perché la consapevolezza è così importante


Come hai visto, le nostre scelte, i nostri pensieri, le nostre decisioni,
possono essere condizionati anche da eventi accaduti ed esperienze
molto lontane dai giorni in cui viviamo. Da Freud a oggi la psicologia
ce lo ha insegnato: la non conoscenza, la non liberazione da eventi,
esperienze traumatiche, paure che sono state a ivate a vari livelli del
nostro inconscio, ci rende più esposti al rischio di rivivere sofferenze
passate, di proie arle nuovamente nella nostra realtà. Ma, come
avrai ormai capito leggendo questo libro, la nostra mente è un
universo in gran parte inesplorato, hai visto come le madri possano
trasme ere al feto paure acquisite prima della gravidanza, come gli
avi possano lasciarci in eredità una coazione inconscia a ripetere le
stesse scelte sbagliate.

Come si fa dunque a liberarsi da questi condizionamenti? E cosa comporta?

Anche in questo caso, spesso convergono la psicoanalisi, certe


discipline meditative orientali, e anche il metodo del Sigillo: tu e ti
indicano metodi capaci di andare in profondità, facendo rivivere
determinate esperienze, rendendoci consapevoli e dunque dando
una ragione “autentica” a ciò che facciamo. Ma per quanto le
tecniche di scavo siano sofisticate, per quanto arduo e affascinante
sia andare indietro nel tempo della tua memoria, recuperare
informazioni sbagliate e trasformarle positivamente, c’è qualcosa di
più basilare che, in ogni caso, è in grado di produrre risultati
importanti. Il segreto è acce are il passato, senza vergognarsi con se
stessi, perdonarsi e accogliere le proprie debolezze nascoste che
portiamo a galla.
In poche parole… lasciare andare. Lasciare andare significa mollare
la presa sulle zavorre del passato, lasciare andare significa guarire. E
che cosa c’entra la consapevolezza con tu o questo? È la base
essenziale poiché, mentre userai il Sigillo (fra poco ti spiegherò
come), dovrai essere consapevole che nello stesso tempo stai
lasciando andare le memorie legate agli elementi in esso contenuti.
Pezzi vecchi della tua vita, parti inutili del programma, usa la
metafora che vuoi. Far emergere e lasciare andare ti perme e di
liberarti del loro contenuto e libera il flusso della vita.

La retrocausalità: il potere di influenzare eventi già accaduti


La consapevolezza che stai liberando le memorie è, a sua volta,
un’intenzione di riscrivere il passato e, come sai, l’intenzione influenza
la realtà. Ma anche se quella realtà è già accaduta? Già accaduta
rispe o a cosa? Rispe o ai nostri riferimenti, rispe o ai nostri
modelli. Ma spazio e tempo, in realtà, non esistono. Sono nostri
riferimenti, un’altra di quelle illusioni che viviamo ogni giorno.
Sebbene questo possa apparirti strano (anzi, diciamocelo, molto
strano), una serie di importanti esperimenti sembrano confermare
che sia proprio così.
Una di queste ricerche è stata condo a dai fisici olandesi Dick
Bierman, Joop Houtkooper e Helmut Schmidt tra il 1971 e il 1975 nel
corso di più di ventimila esperimenti che avevano lo scopo di
determinare se l’intenzione potesse influenzare l’esito di una
macchina dopo che questa aveva svolto il suo lavoro. Questi fisici
idearono un metodo particolare per scoprirlo. Crearono una
connessione dell’RNG (Random Number Generator, generatore di
numeri casuali, di cui abbiamo già parlato) con un dispositivo
acustico in modo che potesse produrre un click all’orecchio sinistro o
a quello destro e che il risultato potesse essere registrato su un
nastro. Quando la registrazione terminò realizzarono delle copie
dopodiché misero l’originale in cassaforte (assicurandosi che
nessuno avesse ascoltato l’originale né le copie). Iniziarono dunque a
distribuire le copie dei nastri chiedendo ai volontari che dovevano
ascoltarli di inviare l’intenzione di avere un numero maggiore di
click nell’orecchio sinistro. Crearono altresì dei nastri di controllo
chiedendo ad alcuni volontari di ascoltarli senza alcuna intenzione.
Al termine della lunga ricerca fecero analizzare al computer sia i
nastri degli studenti sia l’originale. Quello che o ennero fu un
risultato significativo: nei nastri di controllo, quelli che erano stati
ascoltati senza alcuna intenzione, la distribuzione fra click
all’orecchio destro e a quello sinistro era pressoché identica, intorno
al 50%, mentre sui nastri sui quali era stato chiesto di rivolgere
l’intenzione c’era il 55% in più di click all’orecchio sinistro rispe o al
destro. Incredibilmente, anche sul nastro originale c’era il 55% in più
di click sull’orecchio sinistro.
In pratica, fu una delle dimostrazioni della retrocausalità, il potere
di influenzare eventi già accaduti: in questo modo spazio e tempo
perdevano le cara eristiche a noi conosciute. 3
Ma questo effe o è stato dimostrato anche con esseri viventi: la
possibilità di influenzare il movimento di animali, calmare o agitare
gruppi di persone, addiri ura avere influenza sulle mala ie di esseri
viventi, tu o con influenza rivolta a eventi già accaduti, è stato
sperimentato con risultati significativi. Anche secondo questi studi
abbiamo dunque il potere di influenzare eventi passati. Non si tra a
di crederci o non crederci, i risultati parlano. Non si tra a neanche di
capire o non capire, non ha importanza che tu comprenda. È
importante una sola cosa: sapere che lo puoi fare, che puoi
influenzare eventi passati, anche se la tua mente razionale non riesce
a darsi una spiegazione.

Dicevamo che il secondo principio su cui si basa il metodo è la


consapevolezza, sapere ciò che si fa mentre lo si fa. Se sai, però, che
l’intenzione è in grado di funzionare anche oltre i confini del tempo,
a ritroso, cosa ti viene da pensare? Forse a questo punto ti è venuto
in mente: se mentre poni la tua a enzione sugli elementi del Sigillo
esprimi l’intenzione di ripulire le memorie emozionali a essi legati

hai la possibilità di ripulire i condizionamenti, le memorie emozionali, i


programmi, i modelli che arrivano dal momento in cui sei nato fino a ora, o che
arrivino da molto più indietro, non importa, basta che tu abbia l’intenzione di
liberarti da quei condizionamenti, di ripulirli.

Compreso ciò, adesso puoi entrare nel vivo della spiegazione su


come applicare il metodo.
Livello 10
Esperienza

Crea il tuo primo Sigillo: non preoccuparti, può non essere


definitivo, ma intanto, anche prendendo come riferimento la figura
che contiene tu e le informazioni che hai acquisito nel Livello 10,
inizia a creare il tuo primo Sigillo.
Per compilare queste pagine puoi scaricare il PDF da stampare
all’indirizzo
www.librimondadori.it/content/uploads/2019/05/esperienza.pdf
Livello 11
Il metodo: fase 2 - Applicazione

Conoscenza e azione sono sempre indispensabili l’una all’altra, come gli occhi e
le gambe: senza gambe, gli occhi non possono camminare; senza occhi, le
gambe non possono vedere.

ZHU XI

Come ti ho già de o, l’applicazione del Sigillo provocherà, sempre


usando la nostra metafora, una proiezione diversa nella realtà su
tu i i livelli: mentale, emozionale ed energetico. Il risultato sarà che
vedrai le eralmente plasmarsi la realtà intorno a te in modo diverso,
riuscirai a percepire la trasformazione in tempo reale (ti dirò come
fare nella fase 3 del metodo).
Prima di spiegarti nello specifico come applicare il Sigillo, voglio
parlarti di un’altra difficoltà che ho incontrato mentre stavo cercando
di realizzare questo metodo. Un libro è per sua stessa natura rivolto
al grande pubblico. La mia idea, però, era quella di poter soddisfare
sia chi si avvicina per la prima volta a questo tipo di argomenti sia
coloro che magari hanno già confidenza con tematiche simili. Per
questo motivo lo stesso Sigillo può essere usato in tre modi diversi
(in realtà sono molti di più, ma ho deciso di fornirtene tre per
semplificare): livello base, intermedio, avanzato. Il mio consiglio è
quello di iniziare un ciclo con il livello base, poi fare un ciclo con
quello intermedio e poi passare a quello avanzato (se te la senti,
altrimenti va bene usare uno qualsiasi di questi livelli per tu o il
tempo che vuoi).
Ricordandoti che alla fine di questa spiegazione troverai uno
schema semplice e chiaro che riassume il tu o, procediamo alla
descrizione dell’applicazione del Sigillo nelle tre modalità. Ovvero,
rispondiamo alla domanda: una volta che ho creato il Sigillo, cosa
devo fare?

Applicazione: livello base


Una volta creato il Sigillo ti chiedo, per un’ora al giorno, di
osservarlo… Hai un’ora al giorno a disposizione per lavorare sulla
cosa che è più importante per te? Ovvero te stesso? So che sai che sei
importante, eppure per le vite trafelate che facciamo tu i so che
difficilmente avrai un’ora a disposizione ogni giorno. E poi, starai
pensando, ti avevo de o che sarebbe stato un metodo semplice e
veloce e invece… Dunque… ovviamente scherzavo. Ti chiedo di
dedicare 3 minuti al giorno di tempo a ivo (sì, solo 3 minuti) al
Sigillo.

1. Me i il Sigillo in un posto in cui possa essere visibile.


Puoi me erlo nel portafoglio, in un posto della casa in cui ogni tanto
passi, sulla tua agenda o, se vorrai, sull’Agenda che realizzo
personalmente ogni anno, un’agenda molto particolare che si chiama
Quantica (troverai consigli nelle pagine finali di questo libro). In
ogni caso l’indicazione è: me i il Sigillo in un posto in cui tu possa
vederlo ogni volta che lo riterrai opportuno. Anche se può sembrarti
qualcosa di strano in realtà è un principio molto usato. Si racconta
che uno dei più grandi allenatori di calcio di ogni tempo, Helenio
Herrera, facesse tappezzare gli spogliatoi dei suoi calciatori con frasi
brevi e perentorie. Frasi come “nessun ostacolo ti deve ostacolare”,
“classe + preparazione atletica + intelligenza = scude o”, e via
dicendo. Faceva ridere forse ma, come racconta il calciatore Gianluca
Vialli nel suo libro Goals, in quel modo infilava i conce i nella testa
dei suoi giocatori. Sandro Mazzola, uno dei calciatori il cui nome è
rimasto impresso nella storia del calcio, disse di lui che allenava
prima la testa che le gambe. 1
Ecco perché è importante che tu me a il tuo Sigillo in un posto
visibile, per “infilarti” quei conce i nella testa (e, nel nostro caso,
anche su altri livelli).

2. Ogni giorno per 3 minuti circa osserva in modo a ivo il tuo


Sigillo.
Cosa significa “in modo a ivo”? Leggi lo scopo che hai scri o al
centro, senti le sensazioni che ti provoca. Leggi l’a ivatore che hai
scri o sul lato sinistro del triangolo, ovvero la risposta alla
domanda: come ti fa sentire?
Lascia che emerga qualsiasi sensazione, qualsiasi immagine di te
che hai raggiunto quello scopo. Ipotizziamo che il tuo scopo sia
dimagrire (me iamo che tu abbia scri o che vuoi arrivare a 56 kg) e
che sull’a ivatore emozionale tu abbia scri o “libera”. Allora
concentrati sulla tua immagine allo specchio, pesi 56 kg, ti senti
libera di indossare qualsiasi vestito, ti sta bene e ti piaci, non devi
più vergognarti del tuo corpo, è questa la “libertà” cui ambisci.
Ascolta quella sensazione, vivila. Se il tuo scopo è quello di
raggiungere il risultato sportivo X e l’a ivatore emozionale è
“potere”, allora immaginati mentre raggiungi quel traguardo, fai
emergere dentro di te e concentrati sulla sensazione di potere che ti
provoca leggere gli articoli sui giornali che parlano di te, il pubblico
che ti applaude, e qualsiasi sensazione di forza, prestigio e orgoglio,
correlata al livello emozionale. Tu o questo influirà anche sul tuo
livello energetico dirigendo le risorse lì dove vuoi arrivare, proprio
in quella direzione.
IMPORTANTE : Questa operazione di visualizzazione e
immaginazione (gioca con la fantasia) va fa a con la consapevolezza
che stai sciogliendo le memorie dei vecchi programmi. Mentre senti
salire in te la fiducia e scivolare in basso le paure, sii consapevole che
il lasciare emergere la forza e le intenzioni è in grado di sciogliere le
tue vecchie memorie limitanti.
3. Agisci e osserva.
Una volta che hai dedicato i tuoi 3 minuti giornalieri a te stesso e al
Sigillo, quello che devi fare è semplicemente assecondare il tuo
istinto e guardare di nuovo il Sigillo ogni volta che ne sentirai il
bisogno, in questo caso anche per pochissimi secondi.
Cosa significa? Significa che se per esempio il tuo scopo fosse far
aumentare il tuo business e passando davanti a una libreria la tua
a enzione fosse a irata da un libro… ecco, compra quel libro e
leggilo! Trоvа quеstо e tu i gli аltri libri grаtis mоltо primа nеl sitо
dа cui vеngоnо cоpiаti. Clicchi su questо tеstо e trоvеrà la bibliоtеcа,
complеtаmentе grаtuitа, più fornitа dеl web. Sе invece quеsto link
nоn si dоvеssе аprirе, cerchi cоrtеsеmеntе mаrаpcаnа su Gооglе. Lа
аspе iаmо!Se il tuo scopo fosse quello di trovare una persona
speciale di cui innamorarti, e improvvisamente ti venisse voglia di
farti un nuovo taglio di capelli… anche se non ti spieghi perché,
fallo. Se il tuo scopo fosse quello di raggiungere un nuovo risultato
sportivo e ti venisse in mente di provare un nuovo tipo di
allenamento o comprare un particolare tipo di a rezzatura… fallo.
Quello che devi fare, dunque, è seguire in maniera semplice e
spontanea quello che l’istinto sembra suggerirti. Durante il giorno ti
capiterà poi di guardare nuovamente il Sigillo, magari non
volontariamente, e questo servirà a richiamare istintivamente
memorie. E anche se non riesci ad avere chiara coscienza del
“lavoro” che si sta consumando sulle vecchie memorie, stai
tranquillo che una trasformazione è in a o.
Oppure potrai decidere di guardare il Sigillo volontariamente. Se
per esempio il tuo obie ivo è quello di rime erti in forma ma quel
giorno proprio no, non hai voglia di andare a correre, tira fuori il
Sigillo, osservalo per pochi secondi… non dovrai neanche sforzarti,
la voglia di andare a correre ti verrà da sola.

Tu o qui?, ti chiederai. Sì, ma è un “tu o qui” che, lo capirai a breve,


è molto potente.
A questo punto se vuoi puoi saltare dire amente alla fase 3 del
metodo, quella in cui ti descriverò come puoi osservare meglio i tuoi
risultati e amplificarli per o enere il massimo beneficio. La cosa
importante che ti raccomando è di completare questo livello base
almeno per un ciclo, che dura 21 giorni. Non chiederti adesso
perché, te lo spiegherò nei de agli nel prossimo livello
sull’osservazione. Ti ripeto ancora, a costo di essere noioso, che
piu osto che non avere le idee chiare ti consiglio vivamente di
applicare il metodo base e passare solo in un secondo momento,
quando lo vorrai e se ne sentirai il bisogno, al livello intermedio.

Il cervello, così come l’energia, adora le cose semplici.

Più sono semplici, più sono chiare, più funzionano. Dunque non
cadere nell’equivalenza ingannevole che il metodo base funzioni
meno di quello intermedio. Funziona benissimo se ancora non ti
senti pronto per quello intermedio, d’accordo?

Applicazione: livello intermedio


La procedura di questo livello è sostanzialmente uguale a quella di
base ma con un plus molto importante capace di a ivare nuovi
livelli di potenzialità. La differenza consiste nell’aggiunta di un
secondo a ivatore, quello delle risorse. La domanda a cui risponde
questo a ivatore è: quale qualità? Ovvero, quale aspe o cara eriale,
fisico, di relazioni, potrebbe esserti utile per raggiungere in modo
più facile e dire o il tuo scopo?
IMPORTANTE : Ovviamente, se deciderai di usare il livello
intermedio dovrai ritornare nella fase di Setup e inserire questo
nuovo a ivatore mentre disegni il tuo Sigillo.
Per aiutarti a comprendere meglio ti faccio qualche esempio.

• Se il tuo scopo fosse quello di realizzare un sogno che hai nel casse o, diciamo pubblicare un tuo
romanzo.

Magari una delle risorse che senti che ti sarebbe utile potrebbe essere
la fiducia, fiducia nella tua scri ura, nella tua storia e in quello che
hai da dire. Questo perché ti sentiresti davvero libero di esprimere i
tuoi pensieri più puri, e sarebbe anche un modo per recuperare una
fiducia in te che hai perso su altri fronti.

A questo punto il tuo Sigillo potrebbe essere così composto:


SCOPO : Pubblico il mio romanzo – ATTIVATORE EMOZIONALE : Libero –
ATTIVATORE DELLE RISORSE : Fiducia.

• Se il tuo scopo fosse quello di realizzare un nuovo risultato imprenditoriale.

Magari una delle risorse utili potrebbe essere la leadership, o la


comunicazione ai tuoi collaboratori del tuo entusiasmo, o la visione
chiara di un nuovo modello di business. A te la scelta. In ogni caso il
tuo Sigillo potrebbe essere di questo tipo: SCOPO : La mia azienda
fa ura TOT – ATTIVATORE EMOZIONALE : Potente (o qualsiasi altro che
agganci il tuo personalissimo livello emozionale) – ATTIVATORE DELLE
RISORSE : Leadership (o comunicazione o visione).

Come puoi intuire da questi esempi, il livello intermedio, oltre a


se arti sui 3 livelli per il tuo scopo, ha il pregio di farti trovare una
delle risorse che potrebbero aiutarti a raggiungerlo più velocemente.
Tu potresti obie are: e se volessi usare il livello intermedio ma non
sapessi quale qualità potrebbe essermi utile? Allora potresti scrivere:
chiarezza. La chiarezza è una qualità importante, che può ispirare
tu e le altre.
Quello che succederà inevitabilmente sarà che tu e le tue risorse,
di tu i i tuoi livelli, saranno convogliate nella direzione del tuo
scopo con conseguenze immediate, come ti spiegherò fra poco nella
fase 3.
Ricapitolando brevemente, l’applicazione del Sigillo a livello
intermedio richiede semplicemente che tu, nella fase di Setup, scriva
anche l’a ivatore delle risorse.
Una volta fa o questo, il resto è uguale:

1. Me i il Sigillo in un posto visibile.


2. Ogni giorno per 3 minuti circa osserva in modo a ivo il tuo Sigillo
(facendo emergere qualsiasi buona sensazione, come se stessi
già vivendo il raggiungimento del tuo scopo e con la
consapevolezza che stai sciogliendo e liberando le memorie che
riguardano sia lo scopo, sia l’a ivatore emozionale sia quello
delle risorse).
3. Agisci e osserva.

Applicazione: livello avanzato


Come in tu e le discipline, ci sono coloro che non si accontentano,
che vogliono andare sempre più in profondità nella padronanza di
un meccanismo o di una tecnica. A loro si rivolge il livello avanzato.
Ancora una volta, anche se tu fossi una persona già predisposta
all’approfondimento, ti consiglio comunque di non iniziare subito
dal livello avanzato e di fare 3 cicli di 21 giorni, uno per ciascuno dei
tre livelli (ti spiegherò nella fase 3 del metodo perché 21 giorni).

Ciclo 1: Applica il Sigillo al livello base.


Ciclo 2: Applica il Sigillo al livello intermedio.
Ciclo 3: Applica il Sigillo al livello avanzato (se te la senti,
altrimenti puoi benissimo continuare ad applicare il livello base
o quello intermedio).

Ricorda, a prescindere da tu o, funziona solo ciò che ti fa sentire


bene.
In cosa consiste il livello avanzato? Per quanto riguarda la
preparazione, ovvero il Setup, è uguale al livello intermedio (dunque
il Sigillo completo, comprensivo dell’a ivatore delle risorse). La
differenza sta nell’applicazione del tempo a ivo (i famosi 3 minuti),
poiché in quei 3 minuti ti chiederò di creare un vero e proprio rito.
Perché un rito? Questa informazione è talmente importante che ho
deciso di fare un breve approfondimento su quella che viene
chiamata “neurobiologia dell’istante sacro”.

L’importanza dei riti: cosa succede nel cervello?


Esistono due fondamentali e importanti motivazioni per le quali, nel
livello avanzato, ti chiedo di fare un piccolo rito.
Il primo motivo riguarda l’impa o emozionale dei rituali e delle
cerimonie. Un rito, una cerimonia, ha un impa o emozionale molto
più alto rispe o al semplice “leggere qualcosa” o “fare qualcosa”.
Ogni filosofia, ogni disciplina di ogni cultura ha i suoi cerimoniali e i
suoi riti e probabilmente non è un caso.
Il secondo motivo riguarda il cervello: secondo importanti studi, il
senso del sacro e i rituali migliorano l’organizzazione cerebrale.
Andrew Newberg, neuroscienziato statunitense, dire ore di
ricerca presso il Myrna Brind Center for Integrative Medicine del
Jefferson University Hospitals di Philadelphia, ha dedicato numerosi
anni sulla ricerca di quella che viene denominata “neurobiologia
dell’istante sacro”. 2
Tra gli altri studi, il do or Newberg ne condusse uno di due anni
in cui esaminò i cervelli di monaci tibetani e suore francescane in
preghiera. Quello che scoprì fu che, durante i momenti di preghiera,
i monitoraggi segnalavano un rallentamento dell’a ività dei lobi
frontali e parietali del cervello. La funzione del lobo parietale del
cervello non è solo quella di orientarci nello spazio fisico ma anche
quella di capire dove finisci tu e dove inizia tu o il resto, grazie agli
stimoli neurali che consentono di distinguere il sé dal non sé, il tu dal
non tu.
Stando ai loro cervelli, dichiara Newberg, durante i momenti di
connessione i monaci buddhisti e le suore francescane perdono il
confine fra se stessi e il resto del mondo. In quei momenti, dice
Newberg, la persona ha le eralmente la sensazione che il proprio sé
si stia dissolvendo. Il cervello, scrive Newberg, non può fare altro
che creare una nuova realtà spaziale servendosi dell’ogge o della
contemplazione, allargandola fino a che la mente si sente
completamente assorbita in un legame trascendentale con l’ogge o
dei suoi pensieri. 3
I lavori di Newberg furono ampliati dalle ricerche del
neuroscienziato Mario Beauregard, del dipartimento di Psicologia
dell’Università dell’Arizona, il quale usò una macchina per la
risonanza magnetica funzionale allo scopo di monitorare l’a ività
cerebrale di un gruppo di suore carmelitane durante intense
esperienze spirituali. Gli esperimenti del do or Beauregard
mostrarono chiaramente che durante i momenti ad alto impa o
spirituale si a ivano regioni del cervello legate alle emozioni, alla
rappresentazione del corpo nello spazio, alla coscienza di sé e alla
percezione di un sé spirituale, generando stati completamente
diversi da quelli presenti durante il normale stato di veglia. Secondo
il do or Beauregard esistono dunque forti indizi a sostegno del fa o
che durante l’esperienza mistica le persone escono le eralmente
dalla propria mente per entrare in un nuovo stato di coscienza. 4
A questo punto avrai bene compreso che l’impa o di un rito sul
tuo cervello ha il potere di conne erti su un livello diverso di
p
coscienza, un livello in cui non c’è separazione e in cui l’esperienza
del Sigillo arriva a una profondità capace di interce are, in modo
ancora più profondo, lo spazio energetico creando una connessione
fra te e tu o ciò che ti circonda.

In cosa consiste il rito del livello avanzato?


Il rito del livello avanzato consiste nell’acquisto di una piantina
qualsiasi di quelle che si trovano, anche a poco prezzo, nei centri
commerciali. Cosa dovrai fare?

1. Crea due copie del Sigillo. Una, come da procedura normale, la


terrai a portata di vista, l’altra ti chiedo di so errarla nella terra
della piantina.
2. Ogni giorno per 3 minuti circa osserva in modo a ivo il tuo Sigillo (o
riportalo alla mente), e nel fra empo dai acqua alla tua piantina.
Questo gesto, molto potente dal punto di vista simbolico, ti darà
la consapevolezza su livelli molto profondi che stai nutrendo la
tua pianta (che custodisce il Sigillo so errato, come fosse il
seme) e, nello stesso tempo, stai ripulendo le memorie delle
vecchie programmazioni a esso associate. Inevitabilmente infa i
l’acqua, penetrando nella terra, arriverà al foglie o con
disegnato il tuo Sigillo, lo penetrerà, lo bagnerà, lo laverà. Un
semplice gesto dal grandissimo valore simbolico sia per il tuo
livello mentale, sia per quello emozionale, sia per quello
energetico.
3. Agisci e osserva.

Come vedi, una volta creato il Sigillo (ti ricordo che dovrai crearlo
una sola volta per ogni ciclo di 21 giorni) tu o ciò che ti viene
richiesto in modo a ivo sono 3 minuti al giorno.
Quello che rimane è consapevolezza e osservazione (già, ancora
consapevolezza). Cose che non richiedono tempo a ivo. Passiamo
dunque alla fase 3 del metodo del Sigillo.
Livello 12
Il metodo: fase 3 - Osservazione e amplificazione

La credenza che la realtà che ognuno vede sia l’unica realtà è la più pericolosa
di tu e le illusioni.

PAUL WATZLAWICK

Come ti ho accennato nelle pagine precedenti, c’è stato un momento


della mia vita in cui mi sono posto l’obie ivo di allenarmi, me ere
su peso e, sopra u o, massa magra che avrebbe dato una forma
migliore al mio corpo.
Avevo ricominciato a mangiare meglio e ad andare in palestra tre
volte a se imana. Poi, a causa di impegni lavorativi, dove i
fermarmi per una se imana.
Seguire la giusta alimentazione durante le fasi concitate di un
corso molto importante che stavo portando avanti non era cosa
facile, così come ritagliarsi del tempo per andare in palestra.
Dopo quella se imana ripresi normalmente. A quel punto erano
passate circa 4 se imane. So che potrebbe non sembrare molto, ma a
me aveva richiesto un buon impegno.
Sembrava non essere cambiato niente, però, e dunque iniziai a
perdere motivazione. Ma a quel punto accadde una cosa particolare:
mentre mi allenavo l’occhio mi cadde sulla scheda che seguivo, dove
segnavo i pesi che di volta in volta riuscivo a caricare per i diversi
esercizi. Notai che dalla prima esperienza in palestra quei valori
erano tu i aumentati, ovvero il mio corpo riusciva a spostare pesi
sempre maggiori. Non era ancora abbastanza per diventare un
risultato visibile a occhio nudo, ma quei parametri mi diedero la
sicurezza che fossi sulla strada giusta.
Di conseguenza, la mia motivazione andò di nuovo alle stelle e io
continuai il mio programma per rime ermi in forma ancora più
determinato di prima. Cosa sarebbe accaduto se quella ma ina non
avessi guardato la mia scheda? Apparentemente il mio fisico era
uguale, o molto simile, a quando avevo iniziato. Avrei presupposto
che ciò che stavo facendo non stesse funzionando, molto
probabilmente mi sarei fermato e, come ben capirai, avrei perso
un’occasione d’oro. Il fa o di avere davanti ai miei occhi quegli
indicatori, invece, mi passò un messaggio fondamentale in quel
momento: ero sulla strada giusta.
Mentre me evo a punto il metodo del Sigillo mi sono dunque
chiesto quali potessero essere gli “indicatori” che avrei potuto usare
per perme ermi di osservare la trasformazione in a o anche nel
momento in cui non fosse ancora visibile.
Capisci bene che questa fase di verifica è cruciale, perché dal suo
esito può dipendere se andrai avanti o no. Ed è anche molto
importante capire che la trasformazione è un processo che può
essere non sempre visibile. Per spiegartelo meglio voglio raccontarti
una storia buddhista.

In un tempo lontano, due agricoltori stavano passeggiando


tranquillamente per il mercato, quando qualcosa a irò la loro
a enzione.
In una bancarella videro esposti dei semi che non avevano mai
visto, così decisero di chiedere al venditore cosa fossero.
Uno dei due uomini domandò al commerciante: «Che semi sono
questi?».
«Sono semi di bambù, sono speciali e vengono dall’Oriente»
rispose il commerciante.
«E perché sono così speciali?» chiese il secondo dei due
agricoltori.
«Se li acquisterai e li pianterai, saprai perché. Hanno bisogno di
acqua e concime, nient’altro.»
Così entrambi gli agricoltori comprarono quei semi di bambù.
Una volta tornati nei loro terreni, li piantarono e iniziarono ad
annaffiarli e concimarli. Ma dopo un periodo di diversi mesi, ancora
p p
non erano germogliati, a differenza di altre piante che già davano i
fru i.
Uno dei due agricoltori disse all’altro: «Quel vecchio mercante ci
ha ingannati con i semi. Da questi semi non crescerà mai nulla». E
decise di sme ere di prendersene cura.
L’altro, invece, continuò a coltivare i propri semi, dando loro tu a
l’acqua e il concime necessari. Continuava a passare il tempo, ma i
semi non germogliavano.
Dopo se e anni l’agricoltore era ormai sul punto di rinunciare,
quando un bel giorno vide che il bambù stava finalmente crescendo.
Ma non solo, l’uomo era rimasto le eralmente sorpreso per il fa o
che in sole sei se imane le sue piante avevano raggiunto un’altezza
di 30 metri.
Com’è possibile che il bambù abbia impiegato se e anni per
germogliare e che in sole sei se imane sia riuscito a raggiungere una
tale altezza?
Molto semplice: durante i se e anni di apparente ina ività, il
bambù stava generando un complesso sistema di radici che gli
avrebbe permesso di sostenere una tale crescita in altezza.

La verità è che a volte le cose sembrano ferme. In realtà, sotto il loro apparente
non movimento la trasformazione è già in atto.

Gli indicatori della trasformazione


È dunque fondamentale che tu riesca a osservare gli indicatori della
trasformazione. Da subito. La trasformazione inizia
immediatamente, nel momento stesso in cui prepari il tuo Sigillo.
Osservare la trasformazione ti porterà due benefici:

1. Avrai la percezione della trasformazione e, come sai, la


percezione è un fenomeno a ivo. Questo ti darà anche la
necessaria spinta a continuare nella direzione intrapresa.
2. Amplificherai i risultati grazie ai meccanismi bloccanti che hai
imparato a conoscere e a usare a tuo vantaggio, per esempio
l’a enzione sele iva, la memoria sele iva, i tunnel di realtà ecc.
Tenderai a notare sempre più de agli positivi che si fisseranno
nel tuo spazio emozionale e in quello energetico provocando, a
cascata, un’amplificazione esponenziale in termini di velocità e
ampiezza dei risultati raggiunti.

Quali sono dunque gli indicatori che ho scelto? Non potendo


osservare la quantità di peso sopportato per ogni esercizio, come nel
mio caso, cioè dei de agli fisici, ho cercato degli indicatori di
direzione ada i allo scopo del Sigillo e ne ho trovati tre:

1. NUOVI PENSIERI
2. NUOVE REAZIONI
3. COINCIDENZE ED EVENTI SINCRONICI

Vediamoli nel de aglio.

NUOVI PENSIERI

Il modo migliore di spiegartelo è con un esempio personale.


Una ma ina – nel periodo di allenamento di cui ti ho già parlato –
mi svegliai veramente molto stanco. Avevo in mente di andare in
palestra, stavo preparando la borsa quando il cellulare suonò e
sopraggiunse un importante impegno che mi avrebbe portato via
circa un’ora, proprio quella che avevo pensato di dedicare al mio
corpo. A quel punto pensai: “Ok, non è la giornata giusta, sono
stanco, è arrivato questo imprevisto, andrò domani”. Ovvero:
autogiustificazione.
Quello che accadde però è che, aprendo la mia Agenda Quantica
(dove io personalmente conservo il Sigillo), mi trovai di fronte il
foglie o con scri o il mio scopo. Ci volle meno di qualche istante e
senza alcuno sforzo di volontà, e in modo assolutamente automatico,
finii di preparare il borsone. Immediatamente la mia testa iniziò a
ragionare da sola nella direzione dell’obie ivo del Sigillo: dunque
feci un piccolo piano che mi avrebbe permesso di o emperare al mio
improvviso impegno e, da lì, andare dire amente in palestra.
Cambiando di pochissimo i miei piani ero riuscito a non saltare
l’allenamento.
Il mio fisico dopo quel giorno esplose? Certo che no, ma quella
reazione antecedente alla mia forza di volontà era un indicatore di
trasformazione molto importante. Il Sigillo aveva funzionato.
Ecco, l’indicatore dei nuovi pensieri è proprio questo, risponde
alla domanda: hai avuto nuovi pensieri riguardo al tuo scopo? Non
credere che servano chissà quali svolte, bastano piccoli pensieri.
Qualsiasi piccolo nuovo pensiero, qualsiasi cosa per cui diresti:
qualche giorno fa non l’avrei mai pensato, o de o, o fa o. Ogni nuovo
pensiero è un indicatore di direzione fondamentale. Non ne devi
trascurare né so ovalutare nessuno. Per questo ti chiedo di scrivere,
ogni giorno, se hai avuto nuovi pensieri, basta anche un solo piccolo
nuovo pensiero.

NUOVE REAZIONI

Sono figlie ovviamente dei nuovi pensieri, ma spesso si manifestano


come cambi di ro a improvvisi. Se per esempio sei un commerciale,
un venditore, e al terzo “no” di fila da parte di un cliente prima ti
capitava di sentirti demotivato, e improvvisamente ti accorgi che
invece ora continui a chiamare e non ti demotivi, puoi stare certo che
qualcosa in te sta veramente cambiando.
Qualunque sia il tuo scopo o il tuo obie ivo, che sia a corta o a
lunga scadenza, se a un certo punto ti accorgi che gli ostacoli che
prima ti bloccavano, adesso ti danno la carica per insistere ed essere
determinato a superarli, significa che un a eggiamento diverso ha
messo radici in te. E il tuo compito è quello di coltivare questo nuovo
te, perché un giorno quelle radici ti daranno la forza di o enere ciò
che desideri.

COINCIDENZE ED EVENTI SINCRONICI

Lo hai già le o. Siamo tu i connessi, e per quanto la scienza


mainstream non abbia ancora accolto i risultati sperimentali degli
studi su una coscienza globale, e se anche è difficile comprendere e
acce are come sia possibile, hai visto come il pensiero possa
influenzare altre persone e la materia.
Cercare un’informazione e incontrare proprio una persona che
casualmente te la porta, avere un bisogno particolare e incontrare
qualcuno o qualcosa che lo soddisfa in modo inaspe ato, essere in
un momento particolare e sentirsi chiamare da una persona che ti
dice proprio ciò che avevi bisogno di sentirti dire… questi e molti
altri eventi sono coincidenze significative ed eventi sincronici. A tu i
è capitato di viverle, bastano piccole cose, piccoli segnali, per farti
comprendere che ti stai affacciando su un livello più ampio di te,
uno spazio nuovo: è quello il livello quantico. Ancora una volta,
forse non avrai realizzato il sogno che hai nel casse o, forse è uno
stato di benessere ma non la felicità perfe a, non puoi dire di aver
raggiunto la forma migliore e stabilito il tuo record sportivo… ma
non senti dentro che ti si sta schiudendo un orizzonte di nuovi livelli
di te che puoi raggiungere?

Onesti con se stessi


Ricordi che cosa ti ho promesso in apertura del libro? Che avrei
scri o un libro onesto, io sarei stato onesto con te e tu avresti dovuto
esserlo con te stesso.
Riconoscere gli indicatori di trasformazione, sapersi ascoltare per
individuare pensieri e reazioni nuove, tu o il percorso che ti ho
indicato richiede un lavoro di scavo e sincerità interiore tanto
importante quanto il metodo. E ti ricordi quando ti ho spiegato,
sempre all’inizio del libro, la differenza fra il sapere e il saper fare? E
ti ho parlato del fa o che gli esercizi pratici ci aiutano a me erci alla
prova, ma io non li facevo?
Per moltissimi anni non ho mai usato schede di questo tipo che mi
venivano proposte nei vari libri e nei vari corsi che ho frequentato.
Perché? Perché c’era una vocina che dentro di me diceva: va bene,
tanto è uguale se lo penso. Va bene, tanto per me funziona uguale.
Va bene, tanto… Insomma, ero pieno di giustificazioni. Invece questi
strumenti pratici servono eccome. Per questo motivo troverai una
semplice scheda (vedi p. 302) che, se lo vorrai, ti aiuterà a tenere
traccia in modo efficace degli indicatori di trasformazione che, come
avrai capito, sono fondamentali. Il mio consiglio, visto che si tra a
veramente di pochi secondi al giorno, è quello di usarla poiché è un
amplificatore di risultati incredibile. Te ne parlo qui perché anche il
compilarla fa parte del metodo, e ti aiuta a introie arne meglio i
meccanismi. In ordine troverai:

Sulla sinistra un check “Sigillo”: da barrare con una croce a se hai


dedicato i 3 minuti al Sigillo (in uno qualsiasi dei livelli, base,
intermedio o avanzato). Questo semplice gesto ti farà entrare
dentro il conce o che fai ciò che dici e, giorno dopo giorno, ti
mostrerà in modo tangibile che stai lavorando su di te. Così
come succede con le schede dei programmi di allenamento in
palestra, il solo osservare quella scheda che si riempie coincide
con un senso di energia intima che cresce e ti conferma che stai
andando nella direzione giusta.

In alto, in modo consecutivo, altri 3 check: Nuovi pensieri, Nuove


reazioni, Coincidenze ed eventi sincronici. Anche qui non
dovrai fare altro che me ere una croce a se quel giorno hai
avuto un nuovo pensiero, una nuova reazione a un evento al
quale, prima, avresti reagito in un altro modo o se hai fa o
nuove azioni, ovvero qualcosa che prima non avresti fa o.

In basso, una casella “Note”: in questa casella puoi specificare che


tipo di pensiero o reazione hai avuto o azione hai fa o. Puoi
inoltre scrivere se hai vissuto qualche particolare coincidenza, in
cosa è consistita, o tu o ciò che ritieni utile “fissare” e che,
secondo te, sia degno di nota. Ricordati l’importanza della parola
nel far esistere la realtà. Le sensazioni a cui darai vita
nominandole diventeranno un rafforzativo del tuo percorso. E
saranno anche un esercizio di onestà interiore, di rivelazione
con te stesso. Ovviamente riempirai una di queste semplici
schede ogni giorno, per 21 giorni.
Alcuni dubbi frequenti
A questo punto so che non vedi l’ora di iniziare, vero?
Come ti dicevo poco sopra, un conto è leggere e sapere, ma
sperimentare sulla propria pelle il potere trasformativo di questo
metodo è tu a un’altra storia. Sicuramente non sei ansioso di toccare
con mano i risultati che vedrai prodursi fin da subito.
Ma come ogni cosa nuova, esercizio o pratica che si comincia,
quasi sicuramente anche tu avrai dei dubbi, delle incertezze sulla
procedura, delle curiosità emerse tra le righe e che non hanno
trovato un riscontro. Ho deciso, allora, di riportare la risposta a delle
domande che ricevo frequentemente, alcune delle quali sicuramente
saranno anche nella tua testa.

• Per quanto tempo devo farlo?

Intanto non devi vederlo come un “dovere”. Non prenderlo come un


impegno, prendilo come la cosa più bella che stai facendo per te,
come una coccola che decidi di farti, come un’a enzione che decidi
di dedicarti. È facile, divertente e già il solo fa o di creare il Sigillo fa
in modo che possano emergere cose di te che neanche sospe avi. E
questa scoperta di un nuovo te è la gioia più grande.
In ogni caso, per rispondere alla domanda, il tempo previsto per
un ciclo è di 21 giorni. Perché proprio 21? Intanto 21 giorni, dicono
alcuni studi, è il tempo medio in cui si può cambiare un’abitudine
mentale. In realtà, per quella che è la mia esperienza, si tra a di un
numero puramente indicativo. In alcune condizioni il
raggiungimento dello scopo può avvenire molto prima, nel tempo di
un respiro. In altri casi può volerci di più, a ogni modo ho scelto
questo come tempo di un ciclo: 21 giorni.
Anche perché, se sommo i due numeri del 21 quanto fa? 2+1=3.
Come i lati del triangolo, come la triade, come i 3 minuti… Sono 3
se imane. Questa simbologia del 3 ha impa i molto più profondi di
quanto tu possa cogliere e di quanto possa sembrare. Ma
l’importante per te non è studiarla, ma lasciarti trasportare dal
flusso.
• E dopo i 21 giorni?

È molto semplice, se hai raggiunto il tuo scopo puoi fare un nuovo


Sigillo per un altro scopo. Se ancora non l’hai raggiunto, puoi
decidere di continuare con lo stesso Sigillo o prepararne uno nuovo,
con altri a ivatori (anche se fossero sullo stesso argomento).
I benefici del Sigillo li percepirai fin da subito, il mio consiglio
però è quello di proseguire usando il metodo per alcuni mesi, visto
che degli obie ivi sono a medio-lungo termine.
Fallo almeno per 6 mesi e poi segnati sull’agenda… mandare
testimonianza a Italo. Mi farà piacere scoprire cos’hai avuto la
capacità di realizzare.

• Cosa accadrà durante i 21 giorni?

Intanto, sicuramente, noterai che i tuoi pensieri saranno diversi, le


tue emozioni risulteranno nuove e vivificate. Ti capiterà di pensare a
cose cui prima non avresti pensato, di prendere decisioni spiazzanti,
e di scoprirti a considerare ipotesi per te del tu o insolite. Questi,
come ora sai, sono segnali, significa che il Sigillo è entrato in azione,
che sta dando risultati.

• Cosa posso fare se mi sento “incoerente” durante la fase di setup?

Innanzitu o, riconosci questa distonia se avverti l’incoerenza, quella


sorta di sensazione che ti dice “Me la sto raccontando”, “È
impossibile”. Insomma, se capisci che non sei onesto con te stesso!
Nel caso ti capitasse, ho visto che il modo più veloce per superare
questa resistenza (che in fondo altro non è che una risposta di un
vecchio programma) non è lo are dicendoti “Ce la farò” o
motivandoti. Il modo migliore è lasciare andare, acce are. Acce are
non ha niente a che vedere con il non fare nulla per cambiare le cose,
ma è sme ere di opporre resistenza. La resistenza crea resistenza,
tu o qui.
Se dovessi sentire un senso di incoerenza sappi che è solo la tua
mente che, a causa delle vecchie programmazioni, sta reagendo con
la reazione primitiva di cui ti ho già parlato: se spaventa, se stanca,
se fa male, allora scappa, evita! Ti sta dicendo “Guarda che fino a ora
non è stato così”, ti sta mandando dei segnali di alert. Nello stesso
tempo sai che ci stai lavorando, magari fino a quel momento non è
andata come volevi, ma ciò non significa che non potrà andare come
vuoi.
Quindi, nel caso sentissi un segnale di incoerenza, semplicemente
riconosci che è figlio di una programmazione e acce alo. Lascia
andare, si risolverà da sé. L’importante è che tu vada avanti.

La lezione più bella


La spiegazione del metodo è praticamente conclusa, ma mi restano
due avvertimenti da darti, perché ci sono due cose in particolare che
potrebbero accadere durante la fase di applicazione, e che
potrebbero spiazzarti in un senso diametralmente opposto una
dall’altra.

• La tua vita inizia a fluire velocemente verso ciò che desideri.

Questa è la cosa che ovviamente ti auguro, perché vuol dire che tu o


sta funzionando e quindi ti evita un po’ di ostacoli, resistenze e
sofferenza. In questo caso vedrai tu o intorno a te muoversi in modo
diverso. Avrai pensieri nuovi, farai azioni nuove. Ma sopra u o
vivrai la rara e preziosa sensazione di vedere le tue intenzioni
trovare una risposta nella vita, come se tu o si incanalasse nel verso
giusto e tu fossi sospinto da una forza superiore.

• Vivi eventi apparentemente contrari.

All’opposto, però, ti potrebbe capitare di vivere eventi


apparentemente contrari alle tue intenzioni. Il corsivo è voluto, e
adesso ti spiego perché.
Può succedere che durante la fase di applicazione sembri che
qualcosa vada storto: scelgo di raccontarti l’esempio di una coppia
perché è esplicativo. Erano venuti a uno dei miei eventi nella
speranza di ritrovare l’armonia che avevano perso. Tornati a casa,
dopo pochi giorni, capirono che era giunto il momento di prendere
strade diverse.
A questo punto si potrebbe pensare che quello che avevano fa o –
in quel caso si tra ava della creazione di un mantra da vivere in uno
stato di coerenza, tecnica che ho spiegato durante i seminari live Il
Potere del Cervello Quantico – non avesse funzionato. In realtà, quello
che accadde è che ognuno di loro comprese che non era necessario
appoggiarsi a qualcun altro per vivere serenamente e, ognuno per
conto proprio, iniziarono un percorso di consapevolezza che li rese
molto più sereni e completi di quando cercavano di tenere insieme
un rapporto che non funzionava più, solo per paura di restare soli. In
fondo cosa volevano quando erano venuti al mio evento? Volevano
ritrovare l’amore… Ma l’amore che avevano perso era quello per loro
stessi. E lo hanno ritrovato. E in tu o questo il metodo c’entra
eccome. Nella fase di osservazione, mentre facevano emergere
pensieri e reazioni nuove, entrambi hanno capito che il loro flusso
interiore li stava portando verso se stessi e lo hanno assecondato,
anche se probabilmente poteva apparire loro incoerente (visto che
credevano di lavorare per ricomporre la coppia). Senza quella nuova
consapevolezza che il metodo aveva portato a galla, magari
avrebbero cercato di salvare la relazione ancora per chissà quanto
tempo fra striscianti sofferenze, e sopra u o si sarebbero tolti la
possibilità di conoscere e incontrare il loro vero sé interiore.
Nessuno di noi sa quale sia la cosa giusta per noi in quel
momento. Come ha scri o Alessandro Baricco in Castelli di rabbia:
“Accadono cose che sono come domande, passa un giorno oppure
un anno, poi la vita risponde”.
Qualsiasi evento dovesse dunque accadere, anche se secondo te va
contro ciò per cui provi a accamento, ricordati che ha sempre un
senso, i puntini si uniscono alla fine. Anche gli eventi che consideri
negativi sono invece segnali della vita, sono anch’essi il risultato del
flusso che tu hai innescato, ma in cui tu sei immerso. Un flusso fa o
non solo di catene di cause ed effe i singoli, ma di nuvole di
probabilità che emergono nella realtà fa uale grazie alla tua
influenza di osservatore.
Se dovesse accaderti ora sai perché, e puoi semplicemente
ripeterti quello che mi ripeto io: se è successo ha un senso. Non
tentare di capirlo subito, lascia aperto il campo delle possibilità. E
ricordati con umiltà la lezione più bella che la vita possa offrirci:

Non sempre la vita ci dà ciò che vogliamo, ma ci dà sempre ciò di cui abbiamo
bisogno.
Livello 13
Adesso tocca a te: nel campo delle infinite possibilità

Non c’è mistero più grande di questo, che continuiamo a cercare di creare la
realtà sebbene, di fa o, noi siamo la realtà.

RAMANA MAHARSHI

«Adesso tocca a te»: fu questo ciò che dissi a Amy, guardandola negli occhi,
al termine delle nostre chiacchierate. Le consegnai lo stesso Sigillo che ho
consegnato a te, dandole le stesse istruzioni che ho dato a te. Sapevo che era
una tipa difficile da convincere, lo sapevo fin dall’inizio, ma il mio obie ivo
non era mai stato quello di convincerla. Volevo solo che potesse avere una
nuova possibilità e, dal suo sguardo, capii che l’aveva colta.
Sapevo che adorava le schematizzazioni, che le piacevano le cose che si
toccano con mano, e che la cosa più importante per lei non erano le parole
ma l’esperienza che producevano, i risultati che portavano.
Fu di quello che mi parlò qualche tempo dopo, quando ci incontrammo
nuovamente. Non era ancora giunta alla fine del secondo ciclo, aveva deciso
di acce are il mio consiglio e aveva fa o un primo ciclo con la versione base
e ne stava per concludere uno con il livello intermedio. Mi disse che non
sapeva se avrebbe provato il livello avanzato, non le andava di me ersi a
comprare una piantina e poi non aveva mai avuto il pollice verde.
«Ma poco importa» le dissi. Così come le avevo accennato durante le
nostre chiacchierate, l’importante era fare qualcosa che la facesse sentire
bene e non in modo forzato.
Mi disse che, guardandosi indietro, in quelle poche se imane erano
successe molte più cose di quante ne fossero accadute in tu o l’anno
precedente. Aveva deciso di acce are il suo nuovo ruolo, si era insediata e la
sua carriera aveva avuto un decisivo balzo in avanti. Nello stesso tempo
aveva iniziato a risolvere i problemi sentimentali con suo marito. Aver
riconosciuto l’ombra ingombrante del padre che aveva sostituito la madre
assente, e il rischio per lei di diventare anaffe iva come la madre, le aveva
permesso di sciogliere i suoi nodi e le aveva fa o capire che gli impegni del
nuovo lavoro potevano convivere con un rapporto rinnovato e più saldo in
famiglia.
Non era tipa da grandi complimenti e parole dolci, Amy, non lo era mai
stata. Ma i suoi occhi dicevano molto più di quanto le sue parole potessero
riuscire a esprimere.

C’è un modo diverso di vedere le cose


Questo potrebbe essere il finale che le tue programmazioni mentali si
aspe erebbero. Dopo una lunga e intensa chiacchierata esistenziale,
la mia amica Amy fa la sua scelta, ritrova un equilibrio fra lavoro e
famiglia, esterno e interno, rientra in sintonia sopra u o con se
stessa e mi è grata, da vera amica, per questo percorso compiuto
insieme.
Eppure, ormai dovresti sapere che la realtà ha infinite possibilità,
tante quante quelle che la tua mente è in grado di concepire. Ritorna
insieme a me per un a imo all’inizio di questo libro, riavvolgi la
pellicola. Io e Amy ci conosciamo da sempre… Siamo nati lo stesso
giorno, dello stesso mese, dello stesso anno. Nello stesso ospedale…
Io e Amy siamo cresciuti insieme, e abbiamo imparato a conoscerci
bene fra le pieghe della nostra infanzia prima e della nostra
adolescenza poi… In fondo ci completavamo a vicenda e ognuno di
noi perme eva all’altro di vedere cose che altrimenti, da solo,
probabilmente non avrebbe visto… Ricordi questi de agli del
rapporto fra me e Amy?
Ricordi l’esperimento iniziale? Chi fai salire nell’auto con te? La
vecchie a? Il tuo migliore amico? O la persona dei tuoi sogni? C’è
una soluzione alternativa, c’è un modo diverso di vedere le cose,
come non mi stanco mai di ripetere. È possibile soddisfare tu i e tre i
desideri. Tu i in uno.
Perché noi siamo tutto, e il tutto è uno.

La verità potrebbe essere un’altra. Torna indietro insieme a me.


Durante la le ura di questo libro hai avuto accesso a numerosi
esperimenti, hai compreso moltissime cose, la tua consapevolezza ha
fa o sicuramente un balzo in avanti e, sono sicuro, avrai la capacità
di tramutare tu o questo in risultati. Eppure, con grande onestà,
devo dirti che se da tu o ciò che hai le o e appreso dovessi portarti
via anche una cosa sola, anche solo un conce o, mi piacerebbe che ti
portassi via quello di cui sto per parlarti.
Conosco molto bene Amy, so che te l’ho già de o, ma quello che
intendo è che la conosco veramente molto bene, molto meglio di
quanto tu possa immaginare. La conosco così bene perché… Amy, in
realtà, sono io. Amy è la mia parte razionale, sce ica, quella che
resiste alle novità troppo destabilizzanti per essere acce ate dal
cervello, che per sua natura procede su un terreno sicuro. Ma Amy è
anche la mia parte pronta ad accogliere il nuovo quando ne
sperimenta i vantaggi. Lei ha l’onestà intelle uale di dubitare ma
anche di ribaltare schemi mentali e comportamentali che si rivelano
fru o di ignoranza. Tu i ignoriamo, e la conoscenza è un processo
infinito ed emozionante.

E non c’è nulla di più emozionante della scoperta profonda di se stessi.

Adesso lo comprendi: Amy è l’altra parte di me. Ognuno di noi ha


la sua Amy: l’istintivo, la persona coraggiosa, quella riflessiva, la
persona razionale, quella decisa, il leader, il campione, il maestro… è
già tu o dentro di te, non devi creare nulla, non devi costruire nulla,
devi solo dargli la possibilità di emergere.
Noi tu i condividiamo le stesse paure di fronte a questo
meccanismo enorme che spesso ci sovrasta: la vita. Ma noi siamo
anche la speranza nelle nostre forze, noi siamo la capacità di visione,
noi siamo questa influenza sulla realtà che ci fa scorrere come la
corrente di un fiume.
Ricordi la pagina capovolta a inizio libro? È ancora così strana per
te? Quale fra gli infiniti possibili futuri stai selezionando proprio in
g p p p
questo momento?
Prova a pensarci…
Le prossime pagine le dovrai scrivere tu, e sarà l’avventura più
bella, perché ti darà una libertà che non hai mai assaporato prima. Il
dono del Cervello Quantico è proprio questo: farti accedere al
“campo delle infinite possibilità”.
Ogni evento, ogni persona, ogni incontro lo puoi vedere da aspe i
diversi e molteplici e questo amplifica l’energia con cui affronti le
cose. Adesso lo senti che puoi controllare in ogni istante della tua
vita gli infiniti futuri che possono germogliare. Lo sai, anche se credi
di non saperlo. Anche la tua parte più critica – come Amy – lo ha
capito. Non te lo dirò io, scoprilo tu leggendo le ultime parole di
questa pagina.
Questa è l’unica grande verità.
Sì, tu puoi ogni cosa.
Sei arrivato alla fine di questo libro.
Da ora in avanti, ciò che o errai durante i 3 minuti che ti sono
richiesti ogni giorno dipenderà molto dal grado di profondità al
quale riuscirai ad arrivare.
Per aiutarti a me ere in pratica questo conce o in maniera
o imale e darti la possibilità di usare quei 3 minuti in modo ancora
più proficuo, ho realizzato una traccia audio che ti guiderà a
raggiungere la concentrazione necessaria.
È un audio molto particolare, realizzato tra le altre cose a una
frequenza di 432 Hz.

Puoi scaricare la traccia audio (e la spiegazione dell’importanza dei 432 Hz) da


questa pagina:

www.latuamentepuotutto.it

Nella stessa pagina potrai scaricare anche diversi


approfondimenti sui contenuti di questo libro, le risposte alle
domande frequenti e tu a un’altra serie di risorse che ti aiuteranno a
restare focalizzato e a o enere ancora di più dalla le ura che hai
appena concluso.
Se ti sei emozionato e hai trovato interessante il mio percorso, e ti
va di continuare a seguirmi e approfondire questi argomenti, ti
aspe o sul sito o sui miei vari profili social.
Sarà per me un piacere sincero ritrovarti e chissà, magari un
giorno incontrarti di persona a uno dei miei corsi.

Scheda demo del metodo


Fase 3: osservazione e amplificazione

Per compilare queste pagine puoi scaricare il PDF da stampare


all’indirizzo
www.librimondadori.it/content/uploads/2019/05/esperienza.pdf
Note

Livello 1. Ogni istante è una scelta


1. T. Lobel, Tu chiamale (se vuoi) sensazioni. Come e perché i sensi influenzano la nostra mente,
DeAgostini, Novara 2014.
2. L.Á. Díaz, La memoria nelle cellule, Macro Edizioni, Diegaro di Cesena 2009.

Livello 2. Lì fuori non c’è niente


1. h p://time.com/collection-post/72173/robert-lanza-2014-time-100/.
2. R. Lanza con B. Berman, Biocentrismo. L’universo, la coscienza, la nuova teoria del tu o, il
Saggiatore, Milano 2015; R. Lanza con B. Berman, Oltre il biocentrismo. Ripensare il tempo,
lo spazio, la coscienza e l’illusione della morte, il Saggiatore, Milano 2016.

Livello 3. La tua mente ha un compito: dimostrarti che hai ragione


1. V. Romania, William Isaac Thomas: profilo intelle uale di un classico della storia del pensiero
sociologico, in “Sociologia: Rivista Quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali”, 2015,
anno XLIX, n. 1.
2. S. Yantis, The Neural Basis of Selective A ention: Cortical Sources and Targets of A entional
Modulation, in “Current Directions in Psychological Sciences”, 2008, 17, 2, pp. 86-90,
h ps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2681259/.
3. D.J. Bridge, K.A. Paller, Neural Correlates of Reactivation and Retrieval-Induced Distortion, in
“The Journal of Neuroscience”, 2012, 32, 35, pp. 12144-12151,
h p://www.jneurosci.org/content/32/35/12144#ref-23.
4. C.J. Brainerd, V.F. Reyna (a cura di), The Science of False Memory, Oxford University Press,
Oxford 2005, h ps://global.oup.com/academic/product/the-science-of-false-memory-
9780195154054?cc=it&lang=en&.
5. V.F. Reyna, J.C. Corbin, R.B. Weldon et al., How Fuzzy-trace Theory Predicts True and False
Memories for Words, Sentences, and Narratives, in “Journal of Applied Research in Memory
and Cognition”, 2016, 5, 1, pp. 1-9,
h ps://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2211368115000947.
6. J. Cooper, Cognitive Dissonance: 50 Years of a Classic Theory, Sage Publications Ltd,
Thousand Oaks (CA ) 2007, h ps://uk.sagepub.com/en-gb/eur/cognitive-
dissonance/book230406#description.
7. L. Bascom, Women Who Refuse to Believe: Persistent Denial of Pregnancy, in “MCN , The
American Journal of Maternal/Child Nursing”, maggio-giugno 1977, 2, 3, pp. 174-177,
h ps://journals.lww.com/mcnjournal/Citation/1977/05000/Women_Who_Refuse_to_Belie
ve_Persistent_Denial_of.12.aspx; A.M. Spielvogel, H.C. Hohener, Denial of Pregnancy: A
Review and Case Reports, in “Birth”, 1995, 22, pp. 220-226,
h ps://onlinelibrary.wiley.com/doi/pdf/10.1111/j.1523-536X.1995.tb00262.x; S. Ha ers
Friedman, A. Heneghan, M. Rosenthal, Characteristics of Women Who Deny or Conceal
Pregnancy, in “Psychosomatics”, 2007, 48, 2, pp. 117-122,
h ps://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0033318207710587.
8. T. Lobel, Tu chiamale (se vuoi) sensazioni: Come e perché i sensi influenzano la nostra mente, cit.,
p. 46; S. Lacey, R. Stilla, K. Sathian, Metaphorically Feeling: Comprehending Textural
Metaphors Activates Somatosensory Cortex, in “Brain and Language”, 2012, 120, 3, pp. 416-
421.
9. M.E. Wechsler, J.M. Kelley, I.O.E. Boyd et al., Active Albuterol or Placebo, Sham
Acupuncture, or No Intervention in Asthma, in “New England Journal of Medicine”, 14
luglio 2011, 365, pp. 119-126, h ps://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa1103319.
10. F.M. de Groot, A. Voogt-Bode, J. Passchier et al., The Placebo Effect in the Control Groups in
Randomized Clinical Trials. An Analysis of Systematic Reviews, in “Journal of Manipulative
and Physiological Therapeutics”, 2011, 34, 5, pp. 297-305,
h ps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21640253.
11. M. Talbot, The Placebo Prescription, in “The New York Times”, 9 gennaio 2000,
h ps://www.nytimes.com/2000/01/09/magazine/the-placebo-prescription.html.
12. H.J. Binder, A. Cocco, R.J. Crossley et al., Cimetidine in the Treatment of Duodenal Ulcer, in
“Gastroenterology”, 1978, 74, 2, pp. 380-388,
h ps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/340325.
13. W. Prinz, Selectivity in Stimulus and Memory Representation, in “Archiv für Psychologie”,
1978, 130, 2, pp. 107-119, h ps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/727942; B. Pinch, More
Than Just a Sugar Pill: Why the Placebo Effect Is Real,
h p://sitn.hms.harvard.edu/flash/2016/just-sugar-pill-placebo-effect-real/.
14. L. Rankin, La mente supera la medicina, Macro Edizioni, Diegaro di Cesena 2014, pp. 178-
179.
15. E.J. Giltay, J.M. Geleijnse, F.G. Zitman et al., Dispositional Optimism and All-Cause and
Cardiovascolar Mortality in a Prospective Cohort of Elderly Dutch Men and Women, in
“Archives of General Psychiatry”, 2004, 61, 11, pp. 1126-1135.
16. S. Cohen, C.M. Alper, W.J. Doyle et al., Positive Emotional Style Predicts Resistance to
Illness after Experimental Exposure to Rhinovirus or Influenza Virus, in “Psychosomatic
Medicine”, 2006, 68, 6, pp. 809-815.
17. Ibidem.
18. T.M. Brown, E. Fee, Walter Bradford Cannon: Pioneer Physiologist of Human Emotions, in
“American Journal of Public Health”, 2002, 92, 10, pp. 1594-1595.
19. J.B. Moseley, K. O’Malley, N.J. Petersen et al., A Controlled Trial of Arthroscopic Surgery for
Osteoarthritis of the Knee, in “The New England Journal of Medicine”, 2002, 347, pp. 81-88,
h ps://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa013259.
20. D. Holder, Health: Beware Negative Self-Fulfilling Prophecy, in “The Sea le Times”, 2
gennaio 2008, h ps://www.sea letimes.com/sea le-news/health/health-beware-negative-
self-fulfilling-prophecy/.
21. The Pygmalion Effect, h ps://www.duq.edu/about/centers-and-institutes/center-for-
teaching-excellence/teaching-and-learning/pygmalion.
22. B. Greene, La trama del cosmo. Spazio, tempo, realtà, Einaudi, Torino 2014.

Livello 4. I se e secondi che cambiano ogni cosa


1. Quando il cervello è in anticipo,
h ps://www.tgcom24.mediaset.it/tgmagazine/articoli/articolo409434.shtml.
2. C.S. Soon, M. Brass, H.J. Heinze et al., Unconscious Determinants of Free Decisions in the
Human Brain, in “Nature Neuroscience”, 2008, 11, 5, pp. 543-545,
h ps://www.nature.com/articles/nn.2112.

Livello 5. Lo spazio mentale


1. V. Gallese, L. Fadiga, L. Fogassi et al., Action Recognition in the Premotor Cortex, in “Brain”,
1996, 119, 2, pp. 593-609, h ps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8800951.
2. L. McTaggart, Il potere dell’8. Unire le energie miracolose di un gruppo per guarire la tua vita e il
mondo, My Life, Coriano di Rimini 2018.
3. S. Lacey, R. Stilla, K. Sathian, Metaphorically Feeling: Comprehending Textural Metaphors
Activates Somatosensory Cortex, in “Brain and Language”, 2012, 120, 3, pp. 416-421.

Livello 6. Lo spazio emozionale


1. D. Lucangeli, Emotional Short-Circuits: The Intelligence behind Mistakes, video disponibile
on-line: h ps://www.youtube.com/watch?v=QuC52IoTczY&list=PLzePeKR6EXZg-
XQLbVLuu5J4hD8zqQnRo.
2. E.R. Kandel, Alla ricerca della memoria. La storia di una nuova scienza della mente, Codice
Edizioni, Torino 2007.
3. D. Lucangeli, op. cit.
4. J. Girard con S.H. Brown, Come vendere tu o a tu i, Gribaudi Edizioni, Milano 2011.
5. D. Lucangeli, op. cit.

Livello 7. Il programma più potente


1. K. Hefferon, M. Grealy, N. Mutrie, Post-traumatic Growth and Life Threatening Physical
Illness: A Systematic Review of the Qualitative Literature, in “British Journal of Health
Psychology”, 2008, 14, pp. 343-378,
h ps://www.researchgate.net/publication/23185195_Post-
traumatic_growth_and_life_threatening_physical_illness_A_systematic_review_of_the_q
ualitative_literature.
2. J. Carrey, discorso di apertura presso la Maharishi University of Management, 2014,
video e trascrizione disponibili on-line: h ps://www.mum.edu/whats-
happening/graduation-2014/full-jim-carrey-address-video-and-transcript/.

Livello 8. Lo spazio energetico


1. J. Debiec, R.M. Sullivan, Mother-to-Infant Transmission of a Specific Fear, in
“Proceedings of the National Academy of Sciences”, 2014, 111, 33, pp. 12222-12227,
disponibile on-line: h p://www.pnas.org/content/111/33/12222.abstract.
2. S. Hameroff, How Quantum Brain Biology Can Rescue Conscious Free Will, in “Frontiers in
Integrative Neuroscience”, 2012, 6, p. 93.
3. K. Korotkov, L’energia della vita: storia e futuro di una ricerca rivoluzionaria, Amrita Edizioni,
Torino 2015.
4. P. Van Lommel, Coscienza oltre la vita: La scienza delle esperienze di premorte, Amrita
Edizioni, Torino 2017.
5. R. Moody, La vita oltre la vita, Corbaccio, Milano 2017.
6. N. Afshordi, C. Corianò, L. Delle Rose et al., From Planck Data to Planck Era: Observational
Tests of Holographic Cosmology, in “Physical Review Le ers”, 2017, 118, disponibile on-
line: h ps://journals.aps.org/prl/abstract/10.1103/PhysRevLe .118.041301.
7. I. Stevenson, Le prove della reincarnazione, Armenia, Cornaredo 1999; I. Stevenson, Bambini
che ricordano altre vite, Edizioni Mediterranee, Roma 1990; I. Stevenson, Reincarnazione: 20
casi a sostegno, Armenia, Cornaredo 2005.
8. J.B. Tucker, Il bambino che visse due volte, tr. it. Sperling & Kupfer, Milano 2009.
9. J.B. Tucker, Il bambino che visse due volte, cit., pp. 103-108.
10. B. Weiss, Molte vite, molti maestri, Mondadori, Milano 2000.
11. R. Giacobbo, Le carezze cambiano il DNA , Mondadori, Milano 2016, pp. 124-125.
12. A.A. Schü enberger, La sindrome degli antenati: Psicoterapia transgenerazionale e i legami
nascosti nell’albero genealogico, Di Renzo Editore, Roma 2004.
13. “La Sindrome degli Antenati” in Voyager. Vedi anche A.A. Schü enberger, La sindrome
degli antenati, cit.
14. J. Saramago, Cecità, Feltrinelli, Milano 2013.

Livello 9. La scienza dell’inspiegabile


1. A. Goswami, The Self-Aware Universe: How consciousness creates the material world, Jeremy
P. Tarcher/Putnam, New York 1995.
2. R. Lanza con B. Berman, Oltre il biocentrismo, cit., p. 74.
3. R. Lanza con B. Berman, Biocentrismo, cit.
4. D. Radin, Fenomeni impossibili, Macro Edizioni, Diegaro di Cesena 2012, pp. 194-195.
5. E. László, J. Currivan, Cosmos. Da esecutori a co-creatori. Guida per una nuova coscienza
planetaria, Macro Edizioni, Diegaro di Cesena 2009; E. László, A. Peake, Mente immortale.
La scienza e la continuità della coscienza oltre il cervello, Il Punto d’Incontro, Vicenza 2016.
6. L. McTaggart, La scienza dell’intenzione, Macro Edizioni, Diegaro di Cesena 2013.
7. D. Radin, Menti interconnesse, Edizioni Mediterranee, Roma 2013, pp. 137-139.
8. L. McTaggart, La scienza dell’intenzione, cit., pp. 187-194.
9. R. Lanza con B. Berman, Biocentrismo, cit., p. 61.
10. D. Radin, Menti interconnesse, cit., p. 19.
11. K.C. Lee, M.R. Sprague, B.J. Sussman et al., Entangling Macroscopic Diamonds at Room
Temperature, in “Science”, dicembre 2011, pp. 1253-1256, disponibile on-line:
h p://science.sciencemag.org/content/334/6060/1253.
12. E. László, J. Currivan, Cosmos, cit., p. 137.
13. N. deGrasse Tyson, The Most Astounding Fact, h ps://www.youtube.com/watch?
v=kl0J6Le5MpM.
14. A. Goswami, The Self-Aware Universe, cit.
15. Vedi sul sito dell’Università di Bologna il curriculum vitae e le pubblicazioni del do or
C. Ventura: h ps://www.unibo.it/sitoweb/carlo.ventura/cv e
h ps://www.unibo.it/sitoweb/carlo.ventura/pubblicazioni; vedi inoltre C. Ventura,
Fashioning Cellular Rhythms with Magnetic Energy and Sound Vibration: A New Perspective for
Regenerative Medicine, in “CellR4”, 2014, 2, 2, p. e839, disponibile on-line:
h ps://www.cellr4.org/article/839.
16. Le era di condoglianze a N. Salit (4 marzo 1950) ripresa e citata in The Einstein Papers. A
Man of Many Parts, in “The New York Times”, 29 marzo 1972.

Livello 10. Entrare nel codice segreto della mente. Il metodo: fase 1 - Setup
1. C.G. Jung, L’uomo e i suoi simboli, Raffaello Cortina, Milano 1996.
2. J. Kefir, La scienza dei sigilli del Re Salomone, Psiche 2, Torino 2017.
3. L. McTaggart, La scienza dell’intenzione, cit., pp. 255-257.

Livello 11. Il metodo: fase 2 - Applicazione


1. G. Vialli, Goals – 98 storie +1 per affrontare le sfide più difficili, Mondadori, Milano 2018.
2. A. Newberg, M.R. Waldman, Come la spiritualità cambia il cervello, Armenia, Milano 2016.
3. A. Newberg, E. d’Aquili, Dio nel cervello. La prova biologica della fede, Mondadori, Milano
2002.
4. L. McTaggart, Il potere dell’8, cit.
Ringraziamenti

Raramente nella vita ci rendiamo conto che riceviamo molto più di


ciò che diamo e che, se ci guardiamo intorno con occhi a enti, siamo
circondati di meraviglia.
Per questo motivo, ormai da molto tempo ho smesso di dare le
cose per scontate e guardo il mondo che mi circonda come farebbe
un bimbo appena nato, pieno di curiosità e di profonda gratitudine.
Il mio primo grazie in assoluto va a te che stai leggendo: avendo
le o fino a qui hai dimostrato la capacità di me erti in discussione,
la volontà di prendere il controllo degli eventi e, per quanto mi
riguarda, questo è un grande esempio per ognuno di noi. Sono con
te e, come sempre, faccio il tifo per te. Grazie.
Il libro che hai fra le mani non sarebbe stato lo stesso se non ci
fossero state così tante persone ad accompagnarmi in questo viaggio.
Un grazie speciale va ad Alessandra Croce, per la sua pazienza, per
la capacità di carpire quelle che erano le mie intenzioni e per avermi
saputo aiutare a portarle “in terra” in modo che fossero leggibili,
fruibili, comprensibili da chiunque. Senza di te questo libro non
sarebbe stato lo stesso. A te un grazie davvero speciale.
Un altro sentito grazie va alle persone che a ualmente
compongono il team stabile di PiùChePuoi. Sono coloro che hanno
sposato il mio sogno facendolo diventare il loro sogno, e ogni giorno
fanno in modo che possa essere sempre più grande. A partire da
Caterina Martino, memoria storica di PiùChePuoi e compagna
professionale di mille avventure, per proseguire, in ordine
assolutamente sparso, con Moira, Claudio, Ma ia, Guendalina
(anche per gli input preziosi riguardo a questo libro), Gioie a,
Annalisa, David (anche per le numerose esperienze condivise in
aula), Valentina, e poi i miei due preziosi Master Deva Bice e Mirko,
p p
a cui va un ringraziamento speciale per la cura e l’a enzione che
ogni giorno dedicano ai nostri cari Deva. Avete tu i un posto
speciale nel mio cuore.
Grazie a tu i quelli che ci sono stati e quelli che ci saranno, agli
scienziati che ogni giorno nel mondo cercano di guardare oltre e ai
maestri che mi hanno ispirato. Grazie a tu i quelli che sono stati
dalla mia parte e anche a quelli che apparentemente sono stati
contro: è proprio così, la vita non sempre ci dà ciò che vogliamo, ma
ci dà sempre ciò di cui abbiamo bisogno.
Grazie a H.B., perché a volte alcune persone arrivano
semplicemente al momento giusto e a partire da quella che poteva
apparire come una semplice, innocua domanda, “Stai bene… o
benissimo?”, in realtà si è aperto un mondo… sai già. Sto benissimo,
sì… grazie per avermelo fa o vedere.
Grazie ai miei figli, Manuel, Isabel e Sofia, perché sono stati e
continuano a essere ogni giorno fonte di grande ispirazione con le
loro lezioni. Se oggi sono quest’uomo è anche merito vostro: spero di
essere sempre all’altezza dei vostri sogni. Siete i figli che ogni padre
vorrebbe avere.
Grazie alla mia famiglia di origine, mia sorella Patrizia, mio
cognato Orlando (per me più un fratello che un cognato) e ai miei
nipoti Federico e Giulia, per avermi sempre sostenuto: il vostro
amore mi è arrivato e continua ad arrivarmi ogni giorno di più,
sempre.
E infine, ma non per ultimo, un grazie veramente speciale alle due
persone senza cui, tu o questo, semplicemente non sarebbe mai
esistito: i miei genitori.
Che parola straordinaria “genitori”, le persone che ti hanno
generato. Mia mamma Agata e mio padre Riccardo: i genitori
migliori che ogni figlio meriterebbe di avere nella propria vita. E
anche se da qualche anno mio papà Riccardo ha cambiato forma
vibrazionale, so per certo che sta leggendo ugualmente queste
parole. Non è un’idea, la mia, è una certezza.
Poiché nulla si crea, nulla si distrugge, tu o si trasforma.
Grazie mamma, grazie papà. Dal più profondo del mio cuore.
C’è un modo diverso di vedere le cose.
Più che puoi, sempre.
Grazie.
Questo ebook contiene materiale prote o da copyright e non può essere copiato,
riprodo o, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o
utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente
autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da
quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o
fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni
ele roniche sul regime dei diri i costituisce una violazione dei diri i dell’editore e
dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla
Legge 633/1941 e successive modifiche.
Questo ebook non potrà in alcun modo essere ogge o di scambio, commercio, prestito,
rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scri o
dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da
quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno
essere imposte anche al fruitore successivo.

www.librimondadori.it

La tua mente può tu o


di Italo Pentimalli
© 2019 Mondadori Libri S.p.A., Milano
Ebook ISBN 9788852095351

COPERTINA || GRAPHIC DESIGNER: BEPPE DEL GRECO


«L’AUTORE» || © SIDDHARTA MANCINI
Sommario

Copertina
L’immagine
Il libro
L’autore
Frontespizio
La tua mente può tu o
Avvertenza
Cosa sta per accadere?
Livello 0. Da cosa dipende?
Livello 1. Ogni istante è una scelta
Livello 1. Punti essenziali
Coincidenze favorevoli. di Alessandro Bagnara
Livello 2. Lì fuori non c’è niente
Livello 2. Punti essenziali
Livello 2. Esperienza
Cominciare ad amarsi. di Vi oria Trepiccione
Livello 3. La tua mente ha un compito: dimostrarti che hai ragione
Livello 3. Punti essenziali
Livello 3. Esperienza
Ritrovare la fiducia. di Alessia Barmaz
Livello 4. I se e secondi che cambiano ogni cosa
Livello 4. Punti essenziali
Livello 4. Esperienza
Rinascere a 51 anni. di Claudia Cerrone
Livello 5. Lo spazio mentale
Livello 5. Punti essenziali
Livello 5. Esperienza
Ritrovare se stessi. di Erika Lissandrin
Livello 6. Lo spazio emozionale
Livello 6. Punti essenziali
Livello 6. Esperienza
Diventare protagonisti della propria vita. di Christian Cocuzzoli
Livello 7. Il programma più potente
Tu sei felice?
Livello 7. Punti essenziali
Livello 7. Esperienza
Un irrimediabile o imista. di Stefano Lazzerini
Livello 8. Lo spazio energetico
Livello 8. Punti essenziali
Livello 8. Esperienza
Cancellare la rabbia. di Lorenza Na a
Livello 9. La scienza dell’inspiegabile
Livello 9. Punti essenziali
Livello 9. Esperienza
De-programmare l’infelicità. di Andrea Zaccardi
Livello 10. Entrare nel codice segreto della mente. Il metodo: fase 1 - Setup
Livello 10. Esperienza
Livello 11. Il metodo: fase 2 - Applicazione
Livello 12. Il metodo: fase 3 - Osservazione e amplificazione
Livello 13. Adesso tocca a te: nel campo delle infinite possibilità
Note
Ringraziamenti
Copyright

Potrebbero piacerti anche