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Il ponte ritrovato (Pons Aufidi )

Nel mese di gennaio 2024 sono terminate le ricognizioni archeologiche,


geofisiche e topografiche (a cura della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti
e Paesaggio per le province di Barletta-Andria-Trani e Foggia e dell'Istituto di
Archeologia dell'Università di Foggia) nell'area di Rocchetta Sant'Antonio. La
finalità era di accertare l'ipotizzato attraversamento del fiume Ofanto da parte
della via Appia nei pressi del paese. Sono così emerse le prove irrefutabili del
guado dell'antica strada al ponte di Santa Venere, identificato nel Pons Aufidi
degli Itineraria romani. Oltre alle tracce della via glareata che costeggia il
fiume sono venute alla luce strutture murarie e suppellettili, databili tra il Ill
secolo a.C. e il IV d.C., riferibili con ogni probabilità ad una mansio. Nella foto
si scorgono appunto il perimetro delle mura e due tracciati paralleli dell'Appia,
il più interno che evidentemente sostituì l'altro troppo vicino al fiume e sul
quale sono ancora visibili depositi di limo.

Questa è una notizia fondamentale per porre termine all'accesissima


discussione che contrapponeva i sostenitori del ponte di Santa Venere e i
fautori del ponte di Pietra dell'Oglio, unici due punti di passaggio sull'Ofanto
ritenuti plausibili per la via Appia tra Aeclanum e Venusia. Le fonti
documentarie antiche si riducono ai due più famosi Itineraria romani,
l'Itinerarium Antonini e la Tabula Peutingeriana (ovviamente copia medievale
di un originale databile nella sua più recente revisione alla prima metà del V
sec. d.C.).

Silvano Salvador
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1) /tinerarium Antonini (120, 1-3, 121,1)


A Benevento Tarentum m. p. CLVII:
Aeclano m. p. XV
Sub Romula m. p. XXII
Ponte Aufidi m. p. XXII [...]

2) Tabula Peutingeriana segm. 5B5

In età moderna il più compiuto esame diretto con l'ausilio delle fonti
antiche lungo il tragitto della via Appia si deve a F. M. Pratilli. Nel volume
Della via Appia riconosciuta e descritta da Roma a Brindisi libri IV (Napoli
1745), egli si cimenta in dissertazioni erudite e propone la propria tesi, dopo
aver giustamente riconosciuto che l'oppidum di Aeclanum era ubicato a
Mirabella Eclano (precisamente a poca distanza dal passo di Mirabella). "Tra
il XIV e il XV milliario da Benevento si veggono gli avvanzi di Eclano, o sia
Eculano, poco distante da Mirabella; e nel medesimo territorio le sparse
vestigia della via Appia, e specialmente nella pianura di sotto Mirabella, al
presente chiamata capo di Gaudo [...] Questa via mena a destra del colle,
sopra il quale è situata Frigento, nelle cui più recenti rovine ingannossi il
Cluverio, e con esso lui il nostro Pellegrini, e ancor altri, credendole della

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antica Eclano. Abbagliaronsi essi a cagion della scorrezione del numero delle
miglia sull'itinerario di Antonino; ove descrivendosi il cammino da Benevento
a Taranto per l'Appia, si legge così
Item a Benevento Tarentum M.P.CL. [...]
La scorrezione è manifesta; perocchè essendo vere tali distanze, la somma
delle miglia non farebbe già cencinquanta, ma ben cencinquant'otto. Più
chiaro è l'altro abbaglio del medesimo itinerario circa l'altro cammino per la
medesima via da Benevento ad Otranto: benchè il nostro peraltro
avvedutissimo Pellegrini giudichi una essere stata, e non due diverse vie da
Benevento a Taranto, proseguita dipoi anche infino ad Otranto. L'itinerario ha
così:
Item a Benevento Hydruntum M. P. CLV. [...]
Dice da Benevento ad Otranto esser miglia 155. e poi computate le distanze
particolari ne risulta la somma di miglia 165. Alterate adunque sono le
distanze da Benevento ad Eclano, dal ponte sull'Ofanto a Venosa, da Venosa
a Lupazia; e o nell' una, o nell'altra (se furono due differenti descrizioni ) si è
preso errore, per la poca cura de' copisti, e forse in amendue i cammini.
Certamente se Eclano fu dov'ora è Frigento, e conseguentemente lontana
miglia XX in circa da Benevento, dovrebbe essere stata descritta in egual
distanza Frigento da Romula, o sia Romulea, al presente Bisaccio, che questa
dal ponte sull'Ofanto, di S. Venere appellato, non lontano da Monteverde. Ma
in tal maniera non sarebbe la distanza da Eclano a Romula, che di miglia XIII o
XIV e quella da Benevento ad Eclano di miglia XX in circa; il che discorda
troppo dagl'itinerar. Dovrà dunque dirsi vera l'opinione del dottissimo
Olstenio, seguita da' padri Benedettini della congregazione di S. Mauro nella
loro edizione dell'opere di S. Agostino, e da altri accorti moderni scrittori che
l'antica Eclano non fusse già dove è al presente Frigento, ma in poca distanza
da Mirabella [...] Da Eclano usciva la via Appia dirittamente verso Frigento tra
l'oriente estivo, e 'l settentrione, e trapassando alcune picciole collinette, ed
amene vallee, lasciava a man destra il castello di Fontanarosa circa a tre
miglia da Eclano distante [...] Rimettendoci ora nello intrallasciato cammino
diciamo che l'Appia poc'oltra a sinistra salendo per un'amena collinetta
menava tra Gesualdo e Frigento, nel qual luogo qualche vestigio apparisce
dell'antica selciata; e sebbene non portasse ella per dentro la detta città,
passava però poco di sotto. E' situata Frigento circa al XXI milliario da
Benevento. [...] Da questo luogo sotto Frigento comincia l'Appia a salire, ed
entrare per uno stretto di varj monti a destra, dov'è la Guardia, che
volgarmente chiamasi Longobarda, e indi il gran bosco detto Formicoso; e a
sinistra cominciano gli Appennini. Trattotratto truovansi reliquie della via
lastricata, e veggonsi anche delle selci spinte giù ne' valloni dalla forza delle
acque piovane, che quivi in copia grande si uniscono, e han rotto e guasto
essa via; sicchè poco se ne riconosce per lo spazio di ben sei miglia: dopo le

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quali salendo ella alquanto più in sù, fa meglio discernere le sue vestigia.
Circa a due miglia prima di giugnere in Romula, nel luogo, che chiamasi alla
pianura, si riconoscono molte rovine di antico specioso edifizio, e marmi
mezzo sepolti, e frantumi di colonne assai grandi reliquie certamente di
qualche nobile antico tempio; ma non vi ha nè antica inscrizione o altro segno,
onde si possa argomentare a qual nume fusse stato dedicato. E per lo
cammino stesso fin sotto Bisaccio non mancano altre rovine di edifizj, le
quali fan comprendere che quivi il corso stato fusse dell'Appia. [...]
Nell'itinerario di Antonino riportato nel capo antecedente vien la città di
Romula, o sia Romulea allogata nel XXXVII o XXXVI milliario da Benevento, e
nel XXII o XXI da Eclano. Egli è stato però manifesto error de' copisti:
imperciocchè dalle vicinanze di Mirabella, dove fu situata l'antica Eclano, fino
alla città di Bisaccio edificata sulle rovine dell'antica Romula, non si contano
che miglia XVI in circa. Or altrettante essendone da Eclano a Benevento, ne
siegue che questa fosse lontana da Romula circa miglia XXXII. L'error de'
copisti ha potuto nascere dal prendere un V per un X e così scrivere XXI e
XXII per XVI e XVII. Fu Romula città degl'Irpini situata sull'erta falda
dell'Appennino, non toccando ella il piano, in cui esser dovette qualche picciol
villaggio, od ostello per comodo de' viaggiatori, chiamato perciò Sub Romula
nello allegato itinerario. [...] Quindi la via per lo luogo, che chiamano la
cavallerizza, svolgendo alquanto a sinistra menava verso Lacedogna città
circa a IV in V miglia distante da Bisaccio; indi verso l'antica distrutta città di
Aquilonia che restava alla destra discosta miglia VI in circa, non già XI come
vogliono le tavole del Peutingero. Il che fece giustamente credere al Cluverio,
e fu approvato ancor dall'Olstenio, che Aquilonia fusse in quel luogo, dove al
presente è la terra di Carbonara [opinione che condusse al cambio di nome
del centro abitato da Carbonara ad Aquilonia, ndr], distante circa miglia sei
da Bisaccio, e miglia due in circa dal fiume Ofanto (non già sei come vuole il
suddetto itinerario) su del quale per nobile, e magnifico ponte si passava per
gire a Venosa. Nè mancano in quella parte avanzi mezzo sepolti di superbi
edifizj: chiaro indizio che vi sia stata qualche città già da gran tempo distrutta.
Fu Aquilonia da Plinio nella seconda regione d'Italia, e fra gl'Irpini annoverata,
le cui parole di sopra riportammo; e così anche da Tolommeo. Onde
s'ingannarono forse [...] i quali credettero essere Aquilonia lo stesso che
Lacedogna città circa miglia quattro quindi distante verso settentrione,
situata sull'erto di un monte. [...] Comunque ciò sia, certa cosa è che la via
Appia o fusse passata per di sotto la terra di Carbonara sul ponte dell'Ofanto,
che viene dal volgo comunemente chiamato di Perdiloglio, o per di sotto
Lacedogna verso l'Ofanto lasciando a destra in qualche distanza Carbonara
(siccome stimano i prattici del paese) non potè dire il vero l'itinerario del
Peutingero, disegnando la distanza di miglia VI da sotto Bisaccio ad Aquilonia,
e di altre VI da Aquilonia al ponte dell'Ofanto. Poichè questo fiume è miglia III

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in circa distante da Carbonara, passandosi per il ponte di Perdiloglio, e miglia


VII da Lacedogna, passandosi per l'altro l'altro ponte, che di S. Venere
volgarmente vien detto. Stimasi più sicura l'opinion di coloro, che dicono
esser l'Appia passata per di sotto Lacedogna, e di là (lasciando a destra
Carbonara) verso il ponte di S. Venere; tra perchè la strada è più piana, e men
disagiata dell'altra per Carbonara, la quale è angusta, montuosa, e assai
scomoda; e perchè è la più dritta verso Venosa, e qualche vestigio se ne
riconosce di là da Lacedogna andandosi verso l'Ofanto. Alla quale opinione
parmi doversi assentire, anche a riflesso che questa via si accosterebbe
assai più dell'altra alla descrizione del Peutingero, degli altri itinerarj già
altrove rapportati, e all'antica dinominazione, che quivi si serba di via vecchia,
e via selicata. [...] Ma ripigliando il corso dell'Appia per quella parte, che già
dissi essere la più sicura, e più propria di sotto Lacedogna, diciamo che circa
a tre miglia o poco più dal luogo sotto Bisaccio ond'ella passava truovali la
detta città; e più oltra menando verso l' Ofanto per luoghi piani, ed ameni ne'
quali qualche lieve contrassegno dell'Appia si riconosce, lasciava ella a destra
Monteverde, e Carbonara; quella miglia tre da Lacedogna, questa circa a
miglia sei, ma più lontana dall'Appia, e in sito più alpestre, e infrequentato. Il
ponte che passavasi sull'Ofanto è distante miglia nove da Bisaccio, e sei
incirca da Lacedogna, che dicesi il ponte di S. Venere, e serba ancora qualche
vestigio di antica magnificenza Nasce l'Ofanto ne' monti degl' Irpini circa tre
miglia sopra la terra di Calitri, la qual fu nel 1694 dal tremuoto quasi distrutta,
benchè al presente con migliori, e più nobili edifizj si vegga ristorata. Si unisce
egli sotto Calitri con un altro picciolo fiume, che sorge presso il castello di
Morra, onde forse prese il nome la nobil famiglia Beneventana. Vi si
aggiungono poscia altre acque di un grosso rivolo che discende dagli
Apennini per Atella, presso la quale si vede il ponte, che chiamano di
Pierdiloglio, per cui stimarono taluni che passasse l'Appia verso Venosa;
detto nell'itinerario di Antonino Ad pontem Aufidîi benchè alterati siano i
numeri delle miglia, siccome si è osservato di sopra. Ma io stimo con
maggior probabilità che passasse per l'altro ponte circa a miglia sette più
aldisotto verso settentrione, chiamato di S. Venere, com'è detto: il quale era
negli antichi tempi più magnifico, ma per lo corso degli anni, e per le continue
guerre nel nostro Regno accadute ne' passati secoli è stato più volte rovinato,
e più volte ancora rifatto, ma di molto inferiore alla magnificenza di prima"
(Della via Appia riconosciuta cit. pp. 753-775).
Dopo il Pratilli, per oltre due secoli si sono avvicendate ricostruzioni
topografiche per il percorso dell'Appia tra Aeclanum e Venusia con spiccate
divergenze e la preferenza accordata ad un ponte piuttosto che all'altro. Le
alternative sono state riassunte in un articolo di M. L. Marchi (Appia Antica La
Regina Viarum in Lucania Dall'Ofanto al Bradano, Lavello 2019, pp. 41-43):
"a) Pratilli [Della via Appia cit]: Aeclanum, Frigento, Bisaccia, Lacedonia,

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Ponte S. Venera, Melfi, Venosa.


b) Ashby [Th. Ashby, Le vie Appia e Traiana, in "Bollettino dell’Associazione
Archeologica Romana" VI-VII, 1916-17, pp. 10-23]: Aec/anum, Grottaminarda,
Valle della Fiumarella, S. Sossio, Lacedonia, Ponte S. Venera, Madonna della
Macera, Valle del Rendina, Venosa.
c) Lugli-Alvisi-Quilici [G. Lugli, Osservazioni sulle stazioni della via Appia da
Roma a Otranto, in "Festschrift fur Rudolf Egger. Beitrage zur alteren
Europaischen Kultur-Geschichte" I, Klagenfurt 1952, pp. 276-293; G. Alvisi, La
viabilità romana della Daunia, Bari 1970, pp. 28-30; L. Quilici, Via Appia, II,
Dalla pianura pontina a Brindisi Roma 1989, pp. 53-55]: Aec/anum, Frigento,
Taverna di Monte Forcuso, Guardia Lombardi, Monte la Toppa, Bisaccia,
Lacedonia, Ponte S. Venera, Torre della Cisterna, Monte Solorso, Madonna
della Macera, Toppo Daguzzo, Sanzanello, Venosa.
d) Radke [G. Radke, Viae publicae romanae (ed. it.), Bologna 1981, pp. 141-
151]: Aeclanum, Frigento, Taverna di Monte Forcuso, Guardia Lombardi,
Monte la Toppa, Bisaccia, Lacedonia, tratturo di Monteverde, Melfi, Venosa.
e) Johannowsky [W. Johannowsky, L'abitato tardo-ellenistico a Fioccaglia di
Flumeri e la romanizzazione dell'Irpinia, in Basilicata. L’espansionismo
romano nel sud-est d'Italia (Atti del Convegno, Venosa 1987), Venosa 1990,
pp. 269-276; W. Johannowsky, Circello, Casalbore e Flumeri nel quadro della
romanizzazione dell'Irpinia, in La Romanisation du Samnium aux Il et | siècles
av. J.-C. (Atti del Convegno internazionale, Napoli 1988), Napoli 1991, pp. 57-
83]: Aeclanum, Grottaminarda, Fioccaglia, Valle dell'Ufita, Bisaccia, Lacedonia.
f) Fornaro [A. Fornaro, Riflessioni sul percorso della via Appia tra Benevento e
Taranto, in "RTopAnt" X, 2000, pp. 301-308]: Aec/anum, Grottaminarda,
Fioccaglia, Masseria Raduazzo, Masseria Petrilli, Migliano, Lacedonia, Ponte
S. Venera, Torre della Cisterna, Monte Solorso, Madonna della Macera, Albero
in Piano, Toppo Daguzzo, Sanzanello, Venosa.
g) Ceraudo [G. Ceraudo, La Via Appia (a sud di Benevento) e il sistema
stradale in Puglia tra Pirro e Annibale, in Atti 52° Convegno di Studi sulla
Magna Grecia (Taranto 2012), Napoli 2015, pp. 211-245]: Grottaminarda,
Fioccaglia, Scampitella lungo la valle del Torrente Fiumarella e del Calaggio,
Lacedonia; da associare correttamente a quella strada che in età imperiale
prenderà il nome di Herdonitana ma che prima poteva essere la via Appia.
h) De Luca [M. De Luca, Le vie antiche nella Baronia-le grandi vie romane, in
"Pagus" 2009, p. 3]: Aec/anum, Pila ai Piani, Ponte Rotto sull'Ufita, agro di
Castelbaronia, agro di Carife, agro di Vallata lungo il fondovalle dell’Ufita,
Posta della Corte, Valico del Formicoso, Bisaccia, Lacedonia, Valle
dell’Osento, Ponte Pietra dell'Oglio.
i) Chiocchini, Grassi, Vistoli [U. Chiocchini, C. Grassi, F. Vistoli, Contributo alla
determinazione del tracciato della Via Appia antica tra Aeclanum e Venusia,
in "AttiMemMagnaGr", Quarta serie VI (2014-2015), Roma 2016, pp. 65-108]:

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Mirabella Eclano-versante Sud-Ovest del monte di Frigento-Taverne di


Guardia-Conza della Campania-Ponte Pietra dell'Oglio-Melfi-Venosa".
Il Radke (Viae publicae cit. p. 172, oss. 1) è propenso a correggere la
Tabula: "Nella Tab. Peut. in tre casi deve leggersi X invece di V; XXI invece di
XVI (distanza Aeclanum-Subromula), XI invece di VI (distanza Aquilonia-Pons
Aufidi) e XXIII(I) invece di XVIII (distanza Pons AufidiVenusia)". Dello stesso
parere anche Lugli (op. cit, p. 280, tav. II), N. Fierro (La via Appia da Benevento
a Canosa nella satira di Orazio, in "Rassegna Storica Irpina", 13-14, 1999, p. 34)
e G. Troncone (La via Appia in Irpinia, in"La via delle aquile nella terra dei lupi.
Atti del Convegno, Conza della Campania 28 agosto 2012", Nusco 2013, pp.
36-37). Il risultato è che la Tabula dovrebbe segnare: Aec/anum-subromula
m.p. XXI, Aquilonia m.p. XI, pons Aufidi m.p. XI; l'Antonino (senza modifiche):
Aeclanum-sub Romula XXI (o XXII), pons Aufidi XXII.
Il ragionamento del Radke si articola così: "La via Appia o via Appi
secondo Strabone, VI, 283 e Orazio, Ep. I, 18, 20, conduceva da Benevento —
probabilmente continuandone il decumanus — passando per S. Cumano,
Case vecchie, S. Vito (un'altra possibilità: passando per il ponte delle Tavole
più avanti a sud), al Ponterotto sul Calore (statio Ad Calorem) presso la
Masseria De Gregorio a nord di Castello del Lago (miliario di Traiano CIL. IX,
6074 senza numero) e, passando per il Passo di Mirabella, dopo 15 miglia
complessivamente, arrivava ad Aeclanum, il cui nome nel medioevo era
Quintumdecimum. Forse la via non passava in mezzo a questa località. Essa
poi conduceva a Frigentum (= Frigento), da cui si andava alla sorgente
sulfurea dell'Ampsanctus (= Mefite). La strada passava sul crinale della
montagna ad un'altezza abbastanza uniforme e arrivava, dopo 21 miglia, a
Subromula (Itin. Ant. 120, 3 codd. LBRC: perciò sulla Tab. Peut. VI, 5 bisogna
correggere XVI in XXI). Per localizzare questa statio ci aiutano le seguenti
riflessioni: essa si trovava 11 miglia (cfr. Tab. Peut.) prima di Aquilonia, che si
deve identificare con l'attuale Lacedonia, e al di sotto di una Romul/la — come
si ricava dal confronto di toponimi di stationes come Sublanuvio, Sublupatia,
Submurano, Sublavione, Subanagnia, Succosa ecc. — oppure di una località
dal nome simile. (Ma non siamo affatto obbligati a identificare questa località
con la città sannitica di Romu/ea conquistata dai Romani nell'anno 296 a.C:
Liv. X, 17, 6 sgg.; Stef. Biz. s.v.). Queste riflessioni sconsigliano di localizzare
la statio di Subromula a Guardia Lombardi oppure a Bisaccia e conducono in
un luogo sulla strada d'alta quota tra Guardia Lombardi e Bisaccia vicino
all'incrocio con la strada statale n. 91 al di sotto del monte La Toppa alto 988
metri. A Lacedonia la strada lasciava il sentiero sul crinale principale della
montagna per arrivare, percorrendo il fianco del Monte della Pila lungo la valle
dell'Osento, dopo 11 miglia — nella Tab. Peut. deve essere sostituito il
numero VI con XI — al pons Aufidi Oggi si crede improbabile che questo
ponte sia da cercarsi presso l'attuale ponte S. Venere, ma si pone più a nord

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presso la Masseria Canestrelle oppure più a sud presso la stazione ferroviaria


di Pisciolo. (Difficilmente, però, sul ponte Pietra dell'Oglio, da cui si doveva
scalare di nuovo dall'altra, parte del fiume — sopra un antico tratturo sul
pendio meridionale del Vulture — la notevole altezza di quasi 1000 metri sul
mare). AI pons Aufidi conduce dalla moderna strada Lacedonia-Monteverde
(che doveva seguire da principio il tracciato della via Appia) un antico tratturo,
che passa per una località, che ha conservato il nome La Taverna, e prosegue
ad est dell'Ofanto sui pendii abbastanza, bassi — sotto 600 metri — del monte
Perrone" (Viae publicae cit., pp. 173-174).
Riporto un brano inedito di W. Johannowsky sul "tratto Irpino della via
Appia". Lo studioso, tra l'altro, sosteneva che a Carife sorgesse la città di
Romula: "Da Aeclanum, i cui resti sono stati parzialmente messi in luce a
Passo Eclano, la via scendeva verso l'Ufita per seguirne poi la valle fino al
valico di Sferracavallo presso Vallata, alto non più di 700 metri sul livello del
mare e scendere poi per la valle del Galaggio-Carapelle, evitando le creste più
soggette ad innevamento e più ventose, lungo le quali si snoda l'attuale
strada statale. A Fioccaglia di Flumeri su di un pianoro dominante la
confluenza dell’Ufita con al Fiumarella e dove si dipartivano dall’Appia la “via
Aemilia” per Aequum Tuticum (che sorgeva sul valico tra le valli del Mescano
e del Cervaro) ed una strada che portava ad Ordona, l'antica “Herdonia”,
seguendo il corso della Fiumarella, sono stati rinvenuti i resti di un abitato
sorto nel tardo Il secolo a.C. in rapporto con le distribuzioni agrarie promosse
da Tiberio e Caio Gracco, ma distrutto già tra il 90 e l°89 a.C. e di cui
ignoriamo il nome e lo stato giuridico. Più oltre, sotto Carife, presso
l'importante centro sannitico di Rotu/ea, le cui aree sepolcrali hanno dato
luogo a ritrovamenti molto importanti per la conoscenza della cultura degli
Hripini tra il V ed il IV secolo a.C., doveva essere il “Trivicus” con la villa dove
si fermarono Orazio e Mecenate durante il viaggio da Roma a Brindisi nel 37
a.C. narrato in maniera gustosa dal poeta nella quinta satira del primo libro,
prima di affrontare l'era del valico e proseguire poi per la tappa successica,
che era probabilmente Ausculum (Ascoli Satriano) e non Herdonia (Ordina),
come alcuni ritengono. Il nome attuale di Trevico è, infatti, una ricostruzione
dotta del periodo umanistico, favorita dal dal nome di “Vico” del borgo sorto
nell'alto medio evo per motivi di difesa e divenuto centro di una baronia e
sede vescovile. Nessun legale con l'antica Appia: non avrebbe, infatti, avuto
alcun senso far salire la strada più importante di collegamento con la Puglia a
1.100 metri di altezza. Da Aguilinia, il cui nome attuale, Macedonia, ricorda la
legenda in alfabeto osco “AKVDVNNIA” su una delle monete rarissime che
vengono datate poco dopo la metà del III secolo a.C. e che non è da
confondere con il luogo dove ci fu la battaglia tra Romani e Sanniti nel 293
a.C. (probabilmente questo era Montaquila nell'alta valle del Volturno) la cui
stazione viaria doveva essere nella zona dell’attuale casello autostradale,

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l'Appia proseguiva poi verso la soglia di candela, da dive si diramava un


diverticolo per Ausculum (Ascoli Satriano) per raggiungere, dopo aver
attraversato L’Ofanto, e Venosa. Tra le strade di una certa importanza, che si
innestavano a tale percorso dovevano essere, oltre a quella fratturale da
Pescasseroli a Candela, risalente nel suo tracciato ad età preromana, una
strada che probabilmente da Sferracavallo, presso Vallata, saliva
sull'altopiano del Formicolo per proseguire per Compsa (Conza), altro
importante centro irpino, attraverso l'alta Valle del Sele fino alla via da Capua
a Reggio, creata intorno al 113 a.C. Successivamente, verso la fine del III
secolo, furono potenziati i collegamenti lungo lo spartiacque utilizzando
quelle che era già una importante via fratturale tra il Sannio e la Lucania con
la strada che prese il nome da Massimiano Erculeo, a capo dell impero
assieme a Diocleziano, per risollevare l'economia delle zone interne. Con il
venir meno dell'autorità centrale nel VI seclo cessò anche la manutenzione
delle strade e successivamente le lotte fra Longobardi e Bizantini e tra i
principati longobardi di Benevento e Salerno, portarono alla abbandono di
centri in posizione meno difendibile, tra cui Caudium ed Aeclanum, ed
all'arrocamento su cocuzzoli già abitati e frequentati in antico. Sorsero così
Frigento, che divenne la nuova sede di Vescovi di Aec/anum, Guardia
Lombardi e Bisaccia, per cui il percorso della via Appia venne spostato sulle
creste e sull'altopiano del Formicoso, utilizzando comunque vie fratturali
preesistenti, e più a nord vennero a crearsi tra l'altro Vico e Ariano, da cui era
pure agevole controllare i passaggi più agevoli fra la Campania, Puglia e
Basilicata, mentre sopravvissero Aquilonia e Conza, che divenne un
importante centro di potere".
Tenendo presenti da una parte l'ormai acclarata identificazione di Pons
Aufidi con Ponte Santa Venere e dall'altra la distanza di questa sede da
Lacedonia (in linea d'aria le 7 miglia asserite dal Pratilli, ma sul terreno circa
11) e da Sub Romula (22 miglia secondo l'Antonino e 11 + 11 emendando la
Tabula giusta il secondo caso osservato dal Radke), è possibile procedere
per esclusione ed eliminare dalla lista di cui sopra tutte le ipotesi ricostruttive
che violano una o entrambe queste condizioni.
Innanzitutto sono da scartare le ipotesi h) e i) per la presenza del ponte
Pietra dell'Oglio come tappa intermedia. Le ipotesi a), c), d) ed e) sono
accomunate dall'identificazione di Sub Romula con Guardia Lombardi, che
collima bene con la distanza segnata dalla Tabula tra Eclanum e Subromula
(16 miglia) ed invece non corrisponde affatto a quanto gli /tineraria indicano
da Sub Romula a Pons Aufidi (22 miglia: qui siamo a circa 30 miglia). Restano
in piedi soltanto i percorsi f) e g). In particolare sono estremamente
appropriate le riflessioni di G. Ceraudo: "Come già a suo tempo sottolineato
dal Lugli [G. Lugli, // sistema stradale della Magna Grecia, in "ACT" 2, Taranto
1963, p. 26], l'Appia, superato il centro di Aec/anum, si divideva in due rami,

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uno più meridionale (percorso montano) per Frigento, Guardia Lombardi,


Bisaccia e Lacedonia lungo la dorsale montuosa che separa le valli luviali
dell'Uita e del Fredane in direzione della Valle d'Ansanto, ed uno più
settentrionale (percorso vallivo) diretto alla Valle dell’'Uita per Grottaminarda e
Fioccaglia di Flumeri, prima di tornare a raggiungere Bisaccia e Lacedonia
passando per il valico di Sferracavallo sotto Vallata. È su queste possibili
alternative che si sono divisi gli studiosi in due distinte scuole di pensiero:
con una “storica” sostanziale preferenza per la prima ipotesi e con la seconda
che ha trovato credito negli ultimi anni sulla scia dell'entusiasmo seguito al
ritrovamento di diversi insediamenti e necropoli, prevalentemente preromani,
nel territorio di Carife e, soprattutto, per la scoperta di un centro abitato
romano, sorto su un vasto pianoro a dominio della confluenza della
Fiumarella nell'Ufita, che ebbe una funzione rilevante nell'ambito della rete
viaria antica in Irpinia, posto come era all'incrocio di importanti strade e
riconosciuto come caput viae di una consolare databile al tardo Il sec. a.C.: la
via Aemilia. Ambedue le ipotesi a mio parere presentano punti deboli, non
tanto per l'esistenza di queste strade in età romana e altomedievale (da non
mettere in discussione), ma per il loro diretto accostamento alla Regina
Viarum: infatti risulta dificile spiegare perché l'Appia tra Aec/anum e
Lacedonia avrebbe dovuto seguire in entrambi i casi un itinerario molto più
lungo rispetto ad altri possibili, oltretutto salendo in quota a quasi 1000 metri,
con tutti i problemi che questo passaggio avrebbe comportato nel periodo
invernale ad altitudini che spesso sono esposte a forti venti e soggette ad
importanti coperture nevose. In realtà esiste una terza ipotesi avanzata alcuni
anni fa da A. Fornaro, che non ha avuto il giusto credito e che invece ritengo
vada presa nella giusta considerazione. Questa teoria si basa
sostanzialmente sulla scoperta del citato Forum di Fioccaglia di Flumeri,
caput viae dell'Aemilia e stazione della via Appia (come giustamente
sostenuto dal Fornaro [...]) e sul rinvenimento di due miliari di età tardo-antica
dal territorio di Scampitella, il primo dei quali attribuito erroneamente alla via
Herculia, ma invece da collegare ad altri miliari “tardi” già noti nel CIL dal
territorio di Grottaminarda (IX, 6071 e 6387) e Vallesaccarda (IX, 6060-6061)
e distribuiti lungo una traiettoria che dopo Aecl/anum toccava i territori di
Grottaminarda, Fioccaglia, Scampitella lungo la valle solcata dal Torrente
Fiumarella e dal Calaggio, da associare correttamente a quella strada che in
età imperiale prenderà il nome di Herdonitana (IX, 670) o viam ducentem
Herdonias (IX, 1156), ma che potrebbe in parte ricalcare proprio un ramo della
via Appia. Questo itinerario risulta indubbiamente quello più breve per
raggiungere Lacedonia, contraddistinto oltre che dai miliari anche dalla
presenza di alcuni ponti, grosso modo corrispondente al tracciato della
moderna autostrada Napoli-Canosa, che all'altezza del casello autostradale di
Lacedonia doveva lasciare la valle e, seguendo il tracciato di un tratturo,

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risalire fino al moderno centro corrispondente all'antica stazione di Agui/onia.


Dopo Aquilonia, la via Appia volgeva verso est in direzione del fiume Ofanto,
attraversandolo in corrispondenza della stazione pons Auidi, al posto della
quale si trova attualmente il medievale Ponte S. Venere." (La Via Appia cit.,
pp. 220-223).
Essenziali, a mio giudizio, sono i due miliari rinvenuti tra Vallesaccarda e
Scampitella. Il miliario CIL IX 6061, rinvenuto a Trevico (non in situ) riporta
l'iscrizione Licinilano Licinifo] / [Ge]rm(anico) Sarm(atico) P(io) [F(elici)] /
Inv(icto) Aug(usto) mil(ia) p(assuum) / XV. Sul secondo cippo (AE 328 =
EDCS 66800022), rinvenuto a Guardiola di Scampitella, è inciso il seguente
testo: DD(ominorum) nn(ostrorum) Dioclet(i)ani / et Maximiani Augg(ustorum)
/ et Constanti [[et]] / MI[[aximian]]li nn(obilissimorum) / Caess(arum) m(ilia)
p(assuum) XVI // DDD(ominis) nnn(ostris) FFF(lavis) / Valentiniano /
Valent<i=E> et Gratiano / semper Auggg(ustis) / bono rei p(ublicae) nati(s).
Sono ambedue epigrafi celebrative nello stile tardo-imperiale, come il miliario
CIL IX 6071 (DD(ominorum) nn(ostrorum) Diocle/tiani et Maxi/miani
Augg(ustorum) et / Constanti [et] / [Maximiani] / Caes[s(arum)] mi(ilia)
p(assuum) II), trovato a Grottaminarda. Due ulteriori miliari provengono
rispettivamente da San Sossio Baronia, località tra Flumeri e Vallesaccarda -
(CIL IX 6060): // / {Janti / [Jo Vale/[.] Constantino / P(io) F(elici) Invicto
Aug(usto) / cons(uli) III imp(eratori) VIII / p(atri) p(atriae) procons(uli) /
liberatori rei Romanae / m(ilia) p(assuum) XI [.]; si può integrare il numero con
le cifre mancanti: XII o XIII - e da Casone Don Rocco di Migliano dove nel
1979 è stato rinvenuto un cippo di epoca tetrarchica con la scritta: DD NN
Dioc/letiani Et Maxi/miani Avgg et/Constanti et/Maxi-miani/nn Caess/m p
XVIII.
Dunque si rafforza la tesi di Ceraudo, o meglio di Fornaro e Ceraudo,
confortata dai miliari che sembrerebbero appartenere alla via Aurelia
Aeclanensis, che univa Aeclanum con Herdoniae, la quale senz'ombra di
dubbio dovette riprendere e ricacalcare lunghi spezzoni dell'Appia. Il tracciato
attualmente più verosimile si snodava tra Aec/anum (il Passo), Grottaminarda
(a 3 miglia dal municipium eclanense), Fioccaglia di Flumeri (città romana
fondata tra il Il secolo a.c. e gli inizi del | secolo a.c, poi distrutta da Silla
nell'89 a.C.), Vallesaccarda (a 15 miglia da Aeclanum ), Guardiola di
Scampitella (16 miglia da Aec/anum), tenendosi più basso del centro di
Scampitella, Casone Don Rocco a Migliano (19 miglia da Aeclanum). A
questo punto sorge l'interrogativo se proprio a Guardiola, coincidente con la
distanza segnalata dalla Tabula per il segmento Eclano-Subromula, si possa
collocare la misteriosa mansio di Sub Romula. Anche il tragitto per
raggiungere Aguilonia (Lacedonia) percorrendo i solchi vallivi dei torrenti
Fiumarella e Calaggio consente di rispettare le 11 miglia indicate dalla Tabula.
Aggiunte alle 11 m.p. corrette (non alle 6 visibili nella Peutingeriana)

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combaciano con le 22 miglia dell'Antonino tra Sub Romula e Ponte Aufidi


(ponte di Santa Venere e relativa mansio).
In attesa di nuove indagini scientifiche su maggiori porzioni territoriali,
appare al momento più verosimile il percorso 'alto' della via Appia tra
Grottaminarda e Scampitella, non soltanto per 'logica topografica’, ma altresì
per l'apporto cruciale dei miliari e soprattutto per le risultanze delle indagini
archeologiche appena concluse che hanno definitivamente identificato il
Pons Aufidi degli Itineraria con il ponte di Santa Venere.

Percorsi ipotetici della via Appia con guado dell'Ofanto (Pons Aufidiì) al ponte
di SantaVenere (lettere A, B e C), da G. Ceraudo, La Via Appia cit. Il tracciato
più probabile è il C.
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“i M (0) L I S E DEECE Tratturi
“ —— Strade romane
N dn mmimimimia: HA 220%, susa Strade romane ipolizzate
vu . ù RSE AECAE| +. timi
% di, Ta <> 2 Pontie Viadotti

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Alcune immagini tratte dall'Atfante geografico del Regno di Napoli delineato


per ordine di Ferdinando IV re delle Due Sicilie, realizzato in 31 fogli dal
cartografo G. A. Rizzi Zannoni tra il 1788 e il 1812. In questa stampa è
mostrato un percorso stradale che presumibilmente ricalca il tracciato
dell'Appia. La via proveniente da Passo si snoda tra Grottaminarda, Flumeri, S.
Sossio, Le Tavernole. Da qui, passando a nord di Monte Mauro, svolta lungo
le pendici di Monte Casa Leandro, piegando a SE per raggiungere Lacedonia e
finalmente il Ponte di S. Venere (Pons Aufidi).

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