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Postfazione (2022)

Concludo la pubblicazione di mie vecchie considerazioni sulla Claudia Augusta Altinate (tra
l'altro, sia per la composizione dei testi che per le illustrazioni, si tratta pure di vera e propria
"archeologia informatica") con l'appendice iconografica (nella veste originaria e quindi decisamente
brutta) che avrebbe dovuto corredare il progettato volume sulla famosa e famigerata via imperiale.
Famigerata per le infinite, qualche volta sterili, ma in ogni caso stimolanti diatribe sul tratto viario
che da Altino (capolinea della Claudia Augusta sostanzialmente accettato da tutti gli studiosi) conduce
nel feltrino.
Dopo oltre trent'anni ritengo che quanto da me scritto non abbia perso interamente validità;
bisogna infatti rammentare che a tutt'oggi, anche e magari specialmente a fini di promozione turistica,
il tratto Praderadego-Cesiomaggiore-Lamon è ritenuto nel bellunese (e non solo) il vero percorso
dell'antica arteria stradale.
Sulle orme di insigni studiosi come T. Mommsen ("credibile est viam ductam esse ab Altino per
Tarvisium, Feltriam inde per vallem Ausuganam Tridentum", CIL, V, S. 938) e K. Miller (disegno tra
le coll. 255 e 256 di Itineraria Romana, Stuttgard 1916), G. Rosada si è inserito nell'annoso e a tratti
focoso dibattito sul percorso 'altinate' della via Claudia con intenti dichiaratamente 'provocatori' e di
mera ipotesi di lavoro. "Un'altra proposta che ho avanzato nei primi anni Novanta e stata quella
relativa al tratto della Claudia Altino-Feltre. In merito "affermavo", ma poi conseguentemente
"negavo" quanto detto per mancanza di dati probanti e quindi per metodo, che poteva essere una
soluzione al problema unire, a partire dal municipio rivierasco, tutti i siti con presenze preromane e
romane di un certo rilievo, nonche i toponimi rapportabili a strade e a distanze miliari fino all'imbocco
della valle del Piave. Così ne usciva una linea continua da Altino per S. Michele di Quarto, Treviso,
Postioma (Postumia), Montebelluna, Levada, Fener, Feltre, linea che come direttrice viaria presentava
qualche aspetto interessante. La strada infatti si sarebbe mantenuta sempre in destra idrografica del
Piave, senza doverlo attraversare una o addirittura due volte; avrebbe ricalcato in parte l'attuale SS.
348 "Feltrina" che costituiva probabilmente il kardo occidentale della centuriazione trevigiana; inoltre
il paese di Postioma non avrebbe certo conservato nel nome il ricordo dell'antica consolare se in quel
luogo fosse avvenuto un incrocio con un semplice centuriale invece che con una strada di pari o simile
importanza; l'altro odonimo conservatosi di Levada suggerirebbe un intervento tecnico per la stesura
di una strada aggerata di funzione non secondaria; infine particolarmente significativo sarebbe il
miliare di Fener. Questo infatti verrebbe ad assumere un rilievo determinante non tanto in rapporto
con la strada da Asolo a Feltre (come suggeriva Pilla), non solo, quanto invece con il proposto tronco
meridionale della Claudia e soprattutto con la probabile convergenza nel sito del percorso ab
Opitergio Tridento testimoniato dall'ltinerarium Antonini. La distanza di XI m. p. sulla pietra
indicherebbe allora le miglia da percorrere per raggiungere Feltre. In realta di una tale direttrice per
Treviso non ho io la paternità, perchè già il De Bon in un lavoro precedente ai suoi Rilievi di
campagna aveva evidenziato con una certa enfasi: "...il passaggio di una via romana... ci appare
chiarissimo dalla stretta di Quero-Cornuda-Postioma-Treviso-Altino... Noi pensiamo che una strada
giungesse direttamente da Altino a Tarvisium... Questa strada che non poteva, almeno nel tronco
Treviso-Altino, essere la Claudia Augusta, sembra partire da Treviso per Casier-Villa Riva Alta,
innestarsi nella Claudia a Villa Dona delle Rose, in modo da usufruire dell'argine di questa
attraversante la palude del Sile da Treviso alla stretta di Quero a strada può essere identificata con
l'attuale Feltrina"; a questa strada sarebbe anche da attribuire l'odonimo miliare di Quarto S. Michele
Vecchio" (...viam Claudiam Augustam...quam Drusus pater...derexserat, in "Via Claudia Augusta:
un'arteria alle origini dell'Europa: ipotesi, problemi, prospettive. Atti del Convegno internazionale
Feltre 24-25 settembre 1999", Feltre 2002, pp. 54-55; poi, con qualche variazione, in Sessant'anni
dopo. Per "capire" una strada, in "La Via Claudia Augusta Altinate", Padova 2001, pp. XI-XXVII).
E sul miliario di Cesiomaggiore il Rosada afferma: "ho voluto anch'io fare delle proposte per
dimostrare le possibilità di quell'infinito [dibattito sul ramo altinate della via Claudia, ndr] a cui testè
alludevo. Una, cronologicamente piu recente, e anche quella piu palesemente provocatoria e in
sostanza diceva due cose. Anzitutto, confermando sulla destra idrografica plavense la direttrice De
Bon nel tratto Levada-Onigo-Feltre, spiegava la presenza del miliare a Cesiomaggiore con "una
funzionalita di ordine direzionale, una sorta cioè di cartello indicatore destinato a quanti discendevano
la valle (media o alta - n.d.r.) del Piave... Sostanzialmente per i viaggiatori che venivano da un ‘bacino
d'utenza' nord-sud orientate il cippo avrebbe potuto forse servire come avvertenza o preavviso
magniloquente che era prossima la via... diretta, per Tridentum... alle regioni danubiane... si potrebbe
allora vedere, sempre all'interno di una logica legata all'enfasi celebrativa e promozionale del caso,
la menzione di Altino (e insieme implicitamente di tutta la fascia rivierasca alto adriatica) come il
riferimento stradale meridionale del 'cartello' segnalatore" (mentre con ogni probabilità il Danubio
sarebbe stato indicato in termini non puntuali per la sua lontananza). Il secondo momento della
provocazione coglieva poi nelle due iscrizioni della Val Venosta e della Val Belluna l'allusione "non
tanto a un tracciato stradale univoco e immediatamente riconoscibile in un determinato percorso,
quanto piuttosto una sorta di `idea' di strada, un'idea che pure doveva far corrispondere a chi la
coglieva un effettivo e concreto collegamento tra Adriatico, Po e zone alpine e danubiane"...Con ciò
si potrebbe in definitiva sdrammatizzare anche tutti i controversi riconoscimenti sul terreno...ed
emergerebbe piuttosto un itinerario 'complessivo', quasi simbolico...che fa ritornare alla mente i
notissimi versi manzoniani "Dalle Alpi alle Piramidi, /dal Manzanarre al Reno...scoppiò da Scilla al
Tanai, /dall'uno all'altro mar" (Cinque maggio, 5), dove attraverso i sintetici riferimenti
geografici...viene tuttavia rievocata una precisa dimensione territoriale delle imprese napoleoniche
(dall'Italia all'Egitto, dalla Spagna alla Germania, dalla punta estrema pianure dell'Italia alle pianure
della Russia, dal Mediterraneo all'Atlantico)... non diversamente che ai tempi dell'impero asburgico
si poteva cogliere tutta la rilevanza strategico-economica dell'asse tra Vienna e il suo sbocco a mare,
ovvero tra Vienna eTrieste, cioè ancora una volta tra il Danubio e l'Adriatico" (...viam Claudiam
Augustam cit., pp. 53-54). Mi pare un po' eccessivo accostare il miliario di Cesiomaggiore ai versi
manzoniani per enfatizzarne la valenza celebrativa e simbolica. Senz'altro era anche questa la finalità
dei due cippi che tuttavia dovevano primariamente indicare una ben precisa strada. Nel caso di
Cesiomaggiore, qualora il miliario provenisse dalla stessa località, non si comprende il motivo di
avvisare un viaggiatore dell'approssimarsi di un 'cartello segnaletico' posto in un sperduto centro
abitato privo di rapporti con l'asse viario menzionato nel cippo e distante una decina di chilometri.
Secondo la lettura del Rosada posare una colonna miliare di quel tipo poteva essere un'operazione
quasi random, purché all'incirca rientrasse nella fascia territoriale assai ampia del Po e del Danubio
la similitudine che Rosada propone tra il cippo cesiolino e la Lapide di Polla (dal nome della località
dove nel XV secolo fu rinvenuta l'iscrizione autocelebrativa di un pretore che realizzò la via che
collegava Capua a Reggio Calabria) è scarsamente probante di un intento simbolico e
commemorativo, "un'idea di strada" invece di una strada particolare. Perché il testo dell'epigrafe
campana non lascia dubbi sulla sua collocazione in un preciso punto della strada Capua-Regium:
"Viam fecei ab Regio ad Capuam et in ea via ponteis omneis, miliarios tabelariosque poseivei. Hince
sunt Nouceriam meilia LI, Capuam XXCIIII, Muranum LXXIIII, Cosentiam CXXIII, Valentiam
CLXXX, ad Fretum ad Statuam CCXXXI, Regium CCXXXVII. Suma af Capua Regium meilia
CCCXXI. Et eidem praetor in Sicilia fugiteivos Italicorum conquaeisivei redideique homines
DCCCCXVII eidemque primus fecei ut de agro poplico aratoribus cederent paastores. Forum
aedisque poplicas heic fecei". Lapide encomiastica, laudativa, elogiativa sì (direi non tanto per la
strada in sè, piuttosto per il valore evergetico complessivo), ma posizionata lungo la via medesima e
non in una zona qualsiasi.
In nota Rosada aggiunge: "Naturalmente, come ben si capisce, quanto sono venuto dicendo
avrebbe nel suo complesso valore anche se l'unica e vera Claudia Augusta risultasse alla fine quella
"padana" e quella "altinate" fosse l'invenzione di eruditi settecenteschi (a questo proposito mi sono
sempre chiesto se siamo del tutto sicuri the il cippo di Cesiomaggiore, cosi ben conservato e netto nel
suo profilo, sia proprio antico)" (...viam Claudiam Augustam cit., n. 92 p. 65).
Al di là della provocazione intellettuale, e scartando per il momento la possibilità che il cippo
di Cesiomaggiore sia un falso settecentesco, è molto utile che Guido Rosada abbia rilanciato l'idea di
una direttrice tutta in destra Piave da Altino a Feltre: questo introduce nella secolare 'arena' di
congetture ulteriori elementi di riflessione per prossime indagini. Attualmente la direttrice tutta in
destra Piave sembra una proposta molto sensata, forse la più plausibile tra tutti i possibili itinerari in
discussione. Vittorio Galliazzo, nel 2005, ha riproposto infatti un percorso della via Claudia tra destra
e sinistra Piave, una sorta di ibrido tra l'ipotesi di Alessio de Bon da Altino a Nervesa e poi sulla
sponda opposta del fiume fino alla chiesetta di S. Anna a Colfosco di Susegana, e il tracciato supposto
da Luciano Bosio in sinistra Piave per Valdobbiadene, Segusino, Marziai, Busche (senza però toccare
Cesiomaggiore, ma svoltando direttamente verso Feltre). Anche in questo caso le uniche certezze
sono fornite dalle ricerche sul campo del De Bon; per il resto soltanto congetture e opinabili
affermazioni (come la difficoltà per una strada romana di superare il difficile sperone di Quero; o il
ricorso alla presenza di edicole e chiesette, magari sulla sommità di monti, da Valdobbiadene a
Segusino; o ancora il sorprendente percorso indicato da Marziai a Busche toccando Stabie, Canai e
Ronchena). Bene per l'idea che la strada imperiale non s'inerpicasse sul Sovramente e percoresse
invece la Valsugana, ma l'itinerario voluto dal Galliazzo non manca di incongruenze, le stesse dei
precedenti studiosi, stimando egli di poter sceverare i connotati stradali sicuramente appartenuti alla
Claudia Augusta dalle numerose strade e viuzze che da tempo immemorabile solcano il territorio
trevigiano.
Ciò che possiamo fare per ricostruire un possibile tracciato della Via Claudia Augusta ab Altino
è un calcolo chilometrico basato sul cippo di Cesiomaggiore e sull'Itinerarium Antonini. Si devono
escludere l'altro cippo di Rablà perché nel moncone rimasto non è più leggibile la distanza totale e
la Tabula Peutingeriana per la mancanza delle cifre intermedie tra alcune località. Ebbene, l'Antonino
ci fornisce i seguenti dati odeporici (il capolinea settentrionale della Claudia Augusta corrisponde al
sito del forte romano di Summuntorium, nei pressi di Burghöfe Donauwörth):

(It. Ant., 250,4-5):


Summunturio m. p. XVI
Augusta Vindelicum m. p. XX

(It. Ant., 274,8-275,7):


Item ab Augusta Vindelicum Verona m. p. CCLXXII:
Abuzaco m. p. XXXVI
Parthano m. p. XXX
Veldidena m. p. XXX
Vipiteno m. p. XXXVI
Sublavione m. p. XXXII
Endidae m. p. XXIIII
Tridento m. p. XXIIII

(It. Ant., 280,5-281,1):


Ab Opitergio Tridento m. p. CX, sic:
[...]
Feltria m. p. XXVIII
Ausuco m. p. XXX
Tridento m. p. XXIIII

Da Summuntorium a Trento sono indicate 222 miglia, da Trento a Feltre 58 miglia. Dobbiamo
aggiungere la distanza tra Altino e Feltre sul percorso più breve (in destra idrografica del Piave), pari
a circa 53 miglia. Il computo totale ammonta a 333 miglia, troppo poche rispetto alle 350 incise sul
miliario di Cesiomaggiore. Ovviamente l'Antonino ci informa di un tragitto per Vipiteno e il
Brennero, più breve in confronto a quello per la val Venosta. Tuttavia, qualora seguissimo un itinerario
per Trento - Magrè - Caldaro - Appiano - Nalles - Merano - Rablà - Silandro - Passo Resia - Imst -
Reutte - Füssen, la distanza complessiva coincide più o meno con le 350 miglia. Anche il computo
lungo le moderne direttrici stradali corrisponde molto bene alla differenza distanziometrica
percorrendo il passo Resia anziché il Brennero: circa 19 miglia vs 17 miglia presumibili (m.p. 350 -
m.p. 333). Quindi, integrando e modificando le informazioni dell'Antonino con le lunghezze di alcune
rotte indispensabili per unire Altino a Summuntorium, il risultato sarebbe unico e inappellabile: il
tragitto desumibile dai tre elementi del miliario cesiolino (i capilinea di Altino e Summuntorium e la
loro distanza di 350 miglia) comporta il transito della via Claudia Augusta (ovvero del suo ramo
Altinate) per Treviso, Montebelluna, Feltre, Arsiè, Primolano, Borgo Valsugana, Trento, Caldaro,
Rablà, Passo Resia. Si deve scartare il passaggio per Vipiteno indicato dall'Antonino, evidentemente
estraneo al primitivo cammino della via ricordata nei due miliari di Claudio. Verrebbe, altresì,
eliminato il tronco stradale diretto per Belluno alla valle di Cadore, nonché tutte le diramazioni lungo
la sinistra Piave, o Praderadego e altri valichi prealpini più orientali, compreso il Fadalto. Qualcuno
potrebbe obiettare che il percorso da Altino a Falzé di Piave lungo il Lagozzo non allungherebbe di
molto la distanza complessiva dal capolinea altinate a Feltre: d'accordo, saranno circa 7-8 miglia in
più, ma a che pro passare doppiamente da una riva all'altra del Piave tra Maserada e Fener quando
era più semplice ed agevole rimanere costantemente sulla stessa sponda destra del fiume per
raggiungere il territorio feltrino? Ad essere sinceri anch'io trent'anni fa ero tra coloro che
'parteggiavano' per il tracciato in sinistra Piave della Claudia Augusta perché all'epoca l'ipotesi del
Bosio mi pareva accettabile pur con qualche distinguo. Adesso ho cambiato opinione e credo che
sulla carta sia più verosimile la direttrice sulla destra plavense (sempre che la via Claudia Augusta
'altinate' sia realmente esistita: è noto che qualche studioso dubita della messa in opera dei miliari di
Rablà e Cesiomaggiore, preparati e poi accantonati. E non sarebbe in caso isolato nella storia romana.
Più difficile credere alla realizzazione moderna del cippo di Cesio, lo scherzo di qualche
buontempone del Settecento: non tanto per la scrittura e i riferimenti epigrafici, quanto per quelle 350
miglia che non possono essere frutto di una improvvisazione, non diversamente dalla probabilità che
una scimmia addestrata alla scrittura riproduca un canto della Divina Commedia).
Come accennavo, non è possibile avvalersi della Tabula Peutingeriana per un termine di
paragone, mancando questa di alcune distanze intermedie tra Augusta e Tarteno/Parteno (Garmisch-
Partenkirchen). Aggiungendo le cifre riportate dall'Antonino per colmare le lacune, la Tabula
segnerebbe tra Summuntorium e Trento 10 miglia in più dell'Itinerarium Antonini, cosa che rientra
comunque nel range di approssimazione accettabile per gli antichi stradari (salvo una deviazione sul
percorso quanto mai credibile lungo tratte stradali nelle areee alpine). Ovverosia, si può stimare la
distanza complessiva da Altino a Summuntorium per il passo del Brennero tra le 333 e le 343 miglia,
sempre inferiore al numero inciso sul cippo di Cesiomaggiore. Teniamo conto che per raggiungere le
343 miglia con la Tabula è stato necessario completarla con l'ausilio dello stesso Antonino, in generale
più affidabile della Peutingeriana; e che la Claudia Augusta Altinate doveva sicuramente passare per
la Val Venosta, teste il miliario di Rablà, quasi sicuramente dopo Trento in destra idrografica
dell'Adige
Nel XIII secolo l'abate tedesco Alberto di Stade, compilatore degli Annales Stadenses, in una
parte dialogica dell'opera indicò per bocca del personaggio di Tirri un itinerario di ritorno da Roma,
che per la valle del Brenta raggiunge Donauwörth sul Danubio attraverso il Passo del Brennero,
percorrendo da Trento in poi la medesima strada esplicitata da Antonino e Tabula. Le tappe sono
(dopo la conversione in miglia romane delle unità di misura usate da Alberto, il miglio e la lega
tedesche): Grind (Grigno), Ausuge 7,5 (Borgo Valsugana), Levin (Levico) 7,5, Pergine 7,5, Tarentum
(Trento) 37,5, Novum Forum (Egna-Neumarkt) 7,5, Francole (Bronzolo-Branzoll) 15, Boz
(Bolzano)10, Langesten (Longostagno) 10, Clusam (Chiusa) 10, Brixam (Bressanone) 20, Stercinge
(Vipiteno) 20, Materel (Matrei am Brenner) 15, Enspruc (Innsbruck) 10, Cirle (Zirl) 20, Medewald
(Mittenwald) 15, Bardenkerke (Partenkirchen) 10, Amergo (Oberammergau) 25, Schange (Schongau)
20, Ingelinge (Igling) 25, Augusta (Augsburg) 25, Vorthen (Donauwörth). Il totale di 257,5 miglia tra
Ausuge e Vorthen differisce di sole 5,5 miglia dalla distanza indicata dall'Antonino tra Summuntorium
e Ausucum (252 miglia). Questo è un ottimo termine di paragone per verificare l'esattezza della
metrica dell'Itinerarium Antonini, direi ineccepibile per il tratto viario preso in esame.
Se la ricostruzione ipotizzata cogliesse nel segno, ciò significa o che la locuzione "a flumine
Pado" del cippo di Rablà è una perifrasi per segnalare il punto di partenza ad Altino ritenuto parte del
delta padano (come sostenuto dal Bosio) e pertanto la distanza impressa sul miliario era sempre di
350 miglia (attualmente sono visibili soltanto le due cifre CC); oppure l'espressione a Pado è da
prendere alla lettera e allora la lunghezza globale del percorso suggerito dal miliario di Rablà è diversa
dalle 350 miglia. Ritengo la seconda alternativa più convincente e di conseguenza bisogna supporre
che effettivamente i capilinea in Italia fossero distinti. A flumine Pado non è una formula linguistica
isolata e specifica del cippo di Rablà. Le osservazioni del Bosio sulla via per la valle atesina, da lui
ritenuta diversa dalla Claudia Augusta e più antica, sono a mio parere applicabili tout court al ramo
"padano" di quest'ultima. "Ma la ragione per ritenere Ostiglia quale capolinea meridionale della via
per la valle dell'Adige si giustifica con l'indicazione offerta da due pietre miliari. La prima (CIL, V,
8048 = Basso, 29), trovata a S. Pietro in Cariano, paese a settentrione di Verona, e dedicata a
Costantino, porta due distanze, l'una di VIIII miglia da Verona, l'altra di XXXX miglia da A.P., che
tutti gli studiosi leggono A Pado. La mansio A Pado doveva quindi trovarsi a XXXI miglia da Verona
(XXXX VIIII), misura questa che si può ritrovare nelle distanze di XXX e di XXXIII miglia date
rispettivamente dall'Antonino e dalla Tabula fra Verona ed Ostiglia, dove pertanto è da localizzare l'A
Pado della pietra. Il secondo miliare (Bresciani, 1941-42, p. 87 s. = Basso, 26), venuto alla luce ad
Albizzano, paese anche questo a settentrione di Verona, reca incisa la cifra V e quindi l'indicazione A
P(ado) con la distanza di I XXXVI miglia. Poiché Albizzano dista da Verona quasi otto chilometri,
che corrispondono a V miglia romane, quante segnate sul cippo, la restante misura di XXXI miglia
(XXXVI - V) ci riporta ancora ad Ostiglia" (L. Bosio, Le strade romane della Venetia e dell'Histria,
Padova 1991, pp. 84-85). Nello scorso anno, le indagini aeree e geomagnetiche hanno permesso di
individuare il porto lagunate romano di Altino, un tassello importante per la conferma del ruolo di
snodo marittimo dell'antico centro . A mio parere la via endolitoranea con il sistema delle fossae da
Ravenna ad Altino menzionata da Plinio ("[Padus] urguetur quippe aquarum mole et in profundum
agitur, gravis terrae, quamquam diductus in flumina et fossas inter Ravennam Altinumque per CXX,
tamen, qua largius vomit, Septem Maria dictus facere", Nat.Hist., 3, 119) non si può intendere come
un prolungamento effettivo del fiume Po fino ad Altino. Ben si comprende, invece, l'opportunità per
i cippi commemorativi della Claudia Augusta di segnalare esattamente il punto di inizio della via: il
miliario di Cesiomaggiore - proveniente dall'area feltrina tradizionalmente dedita all'interscambio tra
le risorse silvopastorali estese fin quasi alle porte di Trento e l'emporio altinate (cfr. CIL V, 2071) -
ricorda che la strada comincia da Altino; la pietra di Rablà, in un contesto di proiezione politica e
militare verso la Germania, esplicita il più rapido e naturale collegamento tra la testa di ponte padana
e il Danubio attraverso la valle dell'Adige, la porta di comunicazione più adatta per raggiungere le
regioni alpine transconfinarie dall'Italia centro-settentrionale. Tant'è vero che il cippo di Rablà venne
collocato circa un anno prima dell'altro, come a sottolineare in senso sovranazionale il percorso
seguito da Druso per le campagne militari contro i Reti. Nel 47 d.C. il miliario di Cesiomaggiore fu
probabilmente posato a coronamento di un nuovo tratto viario a carattere anche commerciale che poi
s'innestava sul tronco principale nei pressi di Trento. Il nome di Altino (con la notevole asimmetria
tra la precisa indicazione di una sede umana da un lato e il generico riferimento al fiume Danubio
dall'altro) è un forte indizio che la via altinate dovette essere approntata soprattutto per agevolare le
transazioni economiche dal mare alla montagna, un raccordo tra la città lagunare e il municipium di
Feltre che costituiva altresì una cerniera amministrativa con l'ager di Trento. Assimilare i due
capilinea meridionali della Claudia Augusta per ridurli al solo insediamento altinate, sulle fondamenta
magari di un passo di Plinio, sembra una forzatura interpretativa allettante ma priva di solide
fondamenta storiche e geografiche.
Accertamenti archeologici condotti negli ultimi anni potrebbero suggellare la presa d'atto di due
percorsi della Claudia Augusta e accantonare definitivamente l'ipotesi dell'unicità delle via romana
sostenuta dal Bosio e accolta finora dalla maggioranza degli studiosi. Un gruppo di ricerca
dell'Università si Verona diretto da P. Basso ha indagato un'area nella zona di Gozzo veronese, non
lontano da Ostiglia presso la quale (in località Pedemonta) già nel 1985 un team di lavoro coordinato
da M. Calzolari aveva portato alla luce una sede stradale larga una decina di metri che non era stato
possibile datare per l'assenza di elementi significativi. Tra il 2014 e il 2015 durante gli scavi, oltre ad
una massicciata stradale con caratteristiche analoghe a quella emersa a Pedemonta, venne scoperta
una necropoli con materiali importanti per fissare una prima datazione anche del segmento viario
adiacente. Nonostante la provvisorie dei risultati ed in attesa di ulteriori riscontri archeologici, "Per
quanto concerne la datazione della strada, i materiali di corredo delle tombe rinvenute in stretta
relazione con la stessa sembrano fornire un importante termine di riferimento per la sua costruzione.
In effetti da una delle sepolture portate alla luce nella trincea A e dalla necropoli individuata con le
ricognizioni (sito 17A) provengono i materiali più antichi finora noti per l’età romana nell’areale: si
tratta di tre monete datate fra il 18 e il 5 a.C. [...] Per quanto il tracciato potrebbe anche essere stato
costruito precedentemente alle tombe, sembra comunque suggestivo sottolineare l’analogia di tale
datazione archeologica con il citato miliario di Rablà, che, come si è detto, fa risalire all’età di Druso
e delle sue campagne nell’Oltralpe (16-15 a.C.) la realizzazione di una via dal Po al Passo di Resia e
al Danubio, funzionale in questa fase di conquista alle comunicazioni della Pianura padana con il
Nord. Se si considera questo dato, assieme alla larghezza del terrapieno stradale attestata dallo scavo
attorno ai m 10 (= ca. 34 piedi) e quindi tale da confermarne la pertinenza a una via publica di grande
rilevanza, la direttrice che passava per l’odierno territorio della bassa veronese sembra dunque
riconoscibile nella Claudia Augusta citata dal cippo" (P. Basso, La via Claudia Augusta dopo le
indagini, in P. Basso- V. Grazioli–M. Pavoni–E. Zentilini, La via Claudia Augusta: recenti indagini
archeologiche dell’Università di Verona a Gazzo Veronese (Verona), The Journal of Fasti Online, n.
370, 2016, p. 16).
Considerazioni a margine che non hanno la pretesa di suggerire alcunché di essenziale per
l'individuazione della strada imperiale romana (sto parlando del ramo altinate), senza scordare che
'ipotesi' non equivale a 'realtà'. Il problema è che rimaniamo per adesso - e a mio avviso forse per
sempre - tra le incertezze del procedere a tentoni, nelle nebbie appena diradate da qualche scarno
appiglio documentale e con in mano un fioco lume fornito da troppo scarse evidenze archeologiche
(un cippo a Fener, naturalmente i due arcinoti miliari e un altro paio rinvenuti a Tenna e Vipiteno,
quest'ultimo non proprio pertinente al tratto viario in esame), i lacerti di carreggiata stradale emersi
durante i rilievi di campagna di Alessio De Bon negli trenta del '900).
Leggendo in questi giorni un contributo di Paolo Trovato sulla prima circolazione della
Commedia dantesca, trovo la seguente frase: "Un'importante acquisizione degli ultimi anni, che
consente, o forse impone, un deciso cambio di paradigma, è il per me indubitabile, ancorché
congetturale, ancoraggio..." (si sta esaminando l'ipotesi di datazione avanzata da Mirko Tavoni per i
due trattati di Dante precedenti la Commedia). Ora, con tutto il rispetto e la stima per l'illustre dantista
e naturalmente senza intaccare la plausibilissima congettura di Tavoni, non è ammissibile l'ossimoro
"indubitabile congettura". In ambito scientifico nessuna teoria ha Io status di verità assoluta e data
una volta per tutte. Anche le teorie della meccanica quantistica e della relativita generale, che finora
hanno superato brillantemente tutti i test di controllo (basti pensare che il premio nobel per la fisica
è stato assegnato ad Alain Aspect che 40 anni fa dimostrò in un noto esperimento la violazione a
livello quantistico delle disuguaglianze di Bell, teorema basilare sui fondamenti della nuova
meccanica) non possono essere ritenute ancora la descrizione definitiva della realtà. Solo la la pistola
fumante, il codice datato, la scoperta di un reperto archivistico e/o archeologico decisivi
costituirebbero il cambio di status da congettura, essenzialmente dubitativa, da ipotesi di Iavoro in
itinere a fatto incontestabile, lungo "la strada che porta alla realtà" (per citare il titolo di un noto libro
divulgativo di Roger Penrose, altro nobel per la fisica). In definitiva, per tornare con i piedi per terra
- quella usata dagli antichi romani per tracciare la strada verso le Alpi - rimane la crux desperationis
dell'assetto viario in epoca giulio-claudia nell'alto trevigiano e feltrino, l'unica (ma non sufficiente e
tanto meno dirimente) testimonianza di un passaggio stradale in zona essendo quella tràdita dal tardo
Itinerarium provinciarum Antonini Augusti.

NB. faccio precedere le pessime illustrazioni del mio inedito libricino da alcune foto scattate in quel
torno d'anni che mostrano parti dell'attraversamento sulla direttrice del valico di Praderadego, per
apprezzare soprattutto la larghezza della carreggiata e due particolari di un muro di sostruzione.

Silvano Salvador

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