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1. Il tempo dell’immaginazione
L’incipit stesso di quest’opera narra della necessita di compartecipare a un lutto: il protagonista
Adam torna nella propria terra natìa per una visita a un vecchio amico morente, Mourad, con il
quale i contatti erano ormai stati del tutto tagliati a causa dei dissapori tra i due. Il protagonista
e così costretto a tornare in Libano, Paese lasciato circa venticinque anni prima per la Francia,
e a respirare nuovamente l’atmosfera nel quale era cresciuto. E a questo punto che si svela come
il lutto per l’ex-amico altri non sia in realta che un fantoccio del vero oggetto del lutto del
protagonista, ovvero il tempo della giovinezza, trascorsa con Mourad e gli altri amici dei tempi
universitari. Cio che ci proponiamo di fare e di capire come il protagonista affronti il ricordo di
quei tempi passati, e il fondamentale ruolo della memoria del definire il suo punto di vista sulla
propria storia personale e su quella recente del Paese.
Tutto il romanzo si configura di fatto come una ricerca delle ragioni per cui i membri di quel
gruppo si siano dispersi per il mondo, instradatisi su percorsi di vita completamente diversi. E
pur vero che esiste un motivo ben chiaro sin dall’inizio a questa diaspora, ovvero lo scoppio
della Guerra Civile Libanese, una serie di conflitti che tra il 1975 e il 1990 flagellarono lo Stato
il quale, fino a quel momento, era ritenuto, a livello internazionale, uno tra i piu all’avanguardia,
economicamente e a livello di stabilita politica e sociale, nel contesto mediorientale, nonostante
esistessero gia in seme le divisioni confessionali che avrebbero gettato il Paese nel caos a
seguito dell’afflusso di profughi palestinesi dopo il “Settembre Nero” in Giordania1. E tuttavia,
per capire la necessita di ricostruzione che sta alla base dello scritto, e necessario prendere in
considerazione un altro fattore.
Il tempo delle riunioni tra studenti rappresentava, per Adam e per i suoi amici, la
compartecipazione ad una visione del mondo trasversale a grandi eventi e storie individuali.
Nel tempo seguente al 1968, anche presso questi studenti libanesi si fece sentire la necessita di
una modernizzazione dei costumi sulla scia di quanto reclamato nelle manifestazioni americane
ed europee. Le idee portate avanti da questi movimenti culturali di massa, il socialismo, gli
3. L’opera di ricostruzione
La ripresa dei rapporti lasciati precedentemente in sospeso e il filo conduttore dell’intera
narrazione.
Lo sforzo del protagonista nel tentare di ricollocare nel debito tempo quell’epoca ideale puo
leggersi nelle occasionali incursioni che narrazioni circa esso fanno nel testo, interponendosi
agli stralci di narrazione circa il tempo presente, e creando dunque una commistione tra i due
anche a livello letterario formale. L’alternarsi della terza persona narrante e della prima persona
nei panni di Adam ci suggerisce un altro aspetto fondamentale ai fini della nostra analisi: non ci
e possibile analizzare di prima mano le vicende del gruppo. Cio a cui ci e permesso assistere e
per lo piu una ricostruzione gia compiuta ad opera del protagonista e narratore stesso, ed e
pertanto sulla comprensione del punto di vista di Adam che ci concentreremo, cercando ci
chiarirlo e di capire in quali maglie ideologiche sia esso stesso in un qualche modo costretto.
Ovviamente si potrebbe anche cercare di capire in che rapporto stiano tra loro narratore ed
autore, ma il nostro fine non e quello di far qualche passo in avanti nella comprensione delle
motivazioni che abbiano spinto Amin Maalouf a scrivere l’opera, ne cercare di coglierne una
morale ad un qualsiasi livello di lettura. Si tratta piuttosto di tentare di dare qualche linea
interpretativa sul come nel nostro campione, un gruppo sociale ristretto il quale tuttavia puo
fungere da portavoce, almeno in una qualche misura, di una generazione appartenente a un
gruppo sociale piu ampio, abbia affrontato il recupero della memoria di un tempo nel quale era
la dimensione dell’immaginazione a guidare la costruzione dell’identita; il titolo dell’opera “I
disorientati” fa riferimento proprio al fatto che, perso il tempo dell’idealita, le identita dei
protagonista abbiano finito per disperdersi, nel senso in cui ciascuno di loro ha deviato da
quello stesso ideale.
Torniamo pero al punto di vista del protagonista. Uno dei presupposti dai quali il narratore pare
partire e quello per cui egli, non a caso storico di professione, possa avere in quanto emigrato
libanese in Francia, una migliore prospettiva su quanto avvenga in Libano e nella vita dei suoi
amici emigrati altrove, dato che quasi mai egli si e ritrovato coinvolto personalmente nelle
vicende del Paese e degli amici dopo la loro separazione, e potrebbe pertanto avere una
maggiore obiettivita nel trarre le proprie conclusioni circa i processi intercorsi.
In realta, egli di per se rimane comunque un osservatore interno, anche se la situazione in cui
si trova immerso e una situazione ambigua. Se l’epoca ideale con la quale e necessario
instaurare un collegamento rimane relegata a una dimensione altra e ben chiara, circoscritta in
termini di spazio, immaginario, regolarita comportamentali, un “campo” inteso nel senso piu
classico del termine, se così vogliamo dire, e anche vero che il contesto nel quale si sono svolti
gli eventi che il protagonista si propone di ricostruire non ha piu quelle caratteristiche di
organicita. Si tratta di trovare un filo conduttore teso tra luoghi e identita ormai completamente
diversi tra loro, e che abbiano a ben vedere in comune solo quel “mito” originario, nonche ora il
fine della riunione. La posizione del nostro osservatore si colloca in questo contesto, e dunque
egli sta a noi un po’ come il nativo stava Malinowski, ove quest’ultimo si proponeva di
comprendere il sentimento di quello circa le istituzioni nelle quali viveva immerso3. La nostra
difficolta sta nel dover osservare un soggetto che osserva in modo diacronico; l’importanza della
dimensione storica non e utile solo all’indagine di esempi che possano meglio aiutarci a capire
perche la visione che il protagonista ci offra abbia determinate caratteristiche: ci interessa
anche e forse soprattutto perche la ricostruzione della memoria e di per se un’indagine storica,
e tende al riconducimento delle vicende trascorse a un certo schema interpretativo.
3 Malinowski, 1922, p. 26
eccezione per gli sprazzi di democrazia ottenuti dal popolo tunisino all’indomani della caduta
di Ben Ali, e dovuto non a caso a conflitti interni generatisi tra fazioni ideologicamente
discordanti. La motivazione di cio e da ricercarsi nel fatto che le idee di comunione del popolo
arabo promosse a partire dalla seconda meta del ‘900 si sono sempre sviluppate sotto il vessillo
di un’idea nazionalistica di identita, funzionale alla fase storica di decolonizzazione e costruite
sul modello europeo in funzione di contrasto agli occupatori europei stessi.
Questa fragile identita vive inevitabilmente nel protagonista e nei suoi compagni, tanto piu che
essi debbano vivere all’estero e siano dunque costretti a confrontarsi di continuo con chi li
percepisca in quanto diversi, e inevitabilmente proietti su di loro un certo modo di pensare
l’”arabo” quale contraltare all’europeo, per via di un’idea di “scontro tra civilta” su cui il
protagonista stesso si trova a discutere e che ha lungo corso ormai nella storia dei rapporti tra
Europa e stati del Medio Oriente e Nord Africa. Del resto, una cultura tanto autocosciente non
puo che osservarsi di continuo, anche attraverso gli occhi degli altri. Ebbene, il fatto che
l’identita del protagonista sia anche araba e rilevante nella misura in cui il modo in cui egli legge
le proprie vicende personali, legate a quelle del Paese, e di fatto una chiave di lettura di molte
vicende della storia araba, soprattutto contemporanea.
Una delle possibili spiegazioni alla base del fatto che l’identita araba sia sentita in modo tanto
profondo nonostante le scissioni continue e nette che caratterizzino la storia dei popoli che
come arabi si identifichino, e l’accentuato senso di distanza strutturale reciproca di cui e intrisa
la cultura della legittimazione di questi popoli. Esiste nella tradizione intellettuale araba un
particolare senso della percezione dei fatti storici in relazione all’evento particolare che fu la
nascita dell’Islam. Gli eventi che portarono all’affermazione di questa religione quale
maggioritaria in quella parte del mondo rappresentarono uno spartiacque. L’idea e che tutto cio
che ivi fosse accaduto prima del 622 d.C. (primo anno del calendario islamico, usato d’ufficio in
molti stati arabi), al di fuori dell’opera di certi profeti, fosse jahiliyya, “ignoranza” e settarismo.
La nascita dell’Islam rappresento un elemento unificatore dopo l’affermazione del quale il
concetto di tribu avrebbe dovuto subordinarsi del tutto a un concetto piu ampio e
omnicomprensivo di societa. In questo quadro, tuttavia, il momento di comunione totale fu,
come e noto, breve: non ci volle molto perche vari scismi attraversassero l’umma, la comunita
universalistica. Da qui la visione idealizzata di quel breve periodo di tempo nel quale un’unita
percepita come reale e perfetta domino la comunita all’origine della civilta araba classica, e da
qui l’idea diffusa che quel tempo, quello del profeta Muhammad, abbia rappresentato un picco,
un culmine etico all’interno della storia umana tutta4, successivamente al quale il mondo non
avrebbe mai piu potuto recuperare una simile purezza, in quanto ormai distante dalla piu netta
manifestazione della legge divina in Terra. Del resto, come dice lo stesso Evans-Pritchard:
“History is part of the conscious tradition of a people and is operative in their social life. It is the collective
representation of events as distinct from events themselves. This is what the social anthropologist calls myth.”5
Leggiamo il funzionamento di una simile percezione collettiva nello sviluppo storico della
poesia araba, ad esempio, la quale si evolve non tanto nella ricerca di temi innovativi, ma nella
rielaborazione continua e nella costruzione di particolari generi intorni a temi riconducibili a
un modello poetico primitivo, quello della qasida del VII secolo, che questi temi comprendeva
tutti in se, sicche quel che rappresentava il tema di un singolo capitolo di una qasida sarebbe
4 Riflette Adam in un passaggio del romanzo sul fatto che “Non appena la mia felicita sembra perfetta, mi dico che
non durera” (Maalouf, 2013, 463).
5
Evans-Pritchard, 1950, p. 121
divenuto oggetto di poesie ad esso specificamente dedicate. Questo sviluppo ad albero della
cultura quale elaborazione in un certo senso analitica di quella perfezione originaria e
ravvisabile anche nella selezione dei precetti della legge religiosa. Solo cio che e nel Corano e
vero, tutte le fonti coeve e successive circa quanto fatto dal Profeta e dalla sua cerchia perdono
di autorevolezza quanto piu il loro autore si allontani nel tempo e nella linea dinastica dal
Profeta stesso6. Ancora oggi dinastie come quella Alawide in Marocco e quella Hashemita in
Giordania legittimano efficacemente la loro autorita rivendicando la propria discendenza dalla
tribu del profeta, concetto questo di cui ogni musulmano ha buona coscienza. Inoltre, il nome
proprio di persona arabo e precisamente strutturato in modo da ricostruire l’ascendenza in
linea paterna di ogni individuo.
Tutto questo per dire che identita e storia appaiono collegate in modo irriducibile nella
coscienza araba, perche l’identita e fondata da un’appartenenza che puo essere verificata solo
storicamente, riconducendosi ad un’origine ideale dopo la quale il mondo non possa che
muoversi verso il decadimento, e quindi il Giorno del Giudizio, quello in cui la giustizia originale
sara ripristinata. Il comprimario Naim osserva a proposito di cio che Dio contemplerebbe la
Terra del Levante “con tristezza e con collera”7. Vi e dunque una sfumatura millenaristica nella
percezione di questo decadimento, una sfumatura che ben traspare in vari aspetti dell’opera
che andiamo ad osservare, e che, come affermato da Worsley (1924 – 2013), risorge tipicamente
nei contesti post-coloniali8. Tutto cio porta al fatto che esista un collegamento continuo e sentito
nell’immaginario di molti arabi tra il tempo vissuto e l’esperienza personale, tale per cui e molto
piu facile che il protagonista di una grande maggioranza di romanzi arabi si abbandoni allo
spirito del tempo, spesso sconfitto nel proprio disperato tentativo rivoluzionario, piuttosto che
trionfi nel proprio intento. Lo stesso protagonista afferma di appartenere a un “popolo vinto”9.
Abbiamo un saggio di cio in opere come “Ogni volta che prendo il volo” (Ta’ir azraq nadir
yuhalliq maʿi, 2013) di Youssef Fadel, in cui il protagonista, imprigionato per via del proprio
tentativo di attentato al re del Marocco Hassan II, puo finalmente uscire dalla propria prigionia
solo una volta che ogni tentativo sovversivo sia stato smorzato, dopo anni vissuti tra
l’incoscienza e l’alienazione al presente e il ricordo di un passato felice, o in “Le Scintille
dell’Inferno” (Tarmi bi-sharrar, 2009) di Abdo Khal, resoconto della caduta di un uomo saudita
nel baratro della perversione dopo l’asservimento ad un potente signore del petrolio; egli e
perverso secondo l’inclinazione del proprio padrone, che nella percezione dell’autore e
l’inclinazione dei tempi correnti nei ricchi Paesi del Golfo. A questo proposito, lo stesso Adam
afferma nel romanzo che “per l’insieme degli arabi” in realta “il petrolio e stato una
maledizione”10. Questo basti a titolo comparativo. Tutto cio e ravvisabile anche in una pietra
miliare della storiografia araba, l’influente Muqaddima11 (“Introduzione”) contenuta nel Kitab
al-ʿibar (“Libro degli Esempi”) di Ibn Khaldun (332-1406), considerato da alcuni sociologo ante
litteram. In essa egli espone la propria visione della storia come alternarsi di cicli, ciascuno dei
quali procede da un florido principio verso un ineluttabile decadimento naturale 12 . Sempre
Naim va affermando nel corso della narrazione che “tutto cio che e successo prima del 1914
dell’immaginazione e un fiore e lui gli “rende omaggio dandogli la morte” (Maalouf, 2013, p. 368).
17 A tal proposito afferma il protagonista che “Qui nel Levante (…) le nostre confessioni sono tribu, il nostro zelo