Sei sulla pagina 1di 9

La ricostruzione della memoria ne “I disorientati” di Amin Maalouf

Andrea Bravin - 47416A


Università degli Studi di Milano, corso magistrale di Lingue e culture per la
comunicazione e la cooperazione internazionale (AA. 2023/2024).
Abstract: In questo elaborato intendo tentare di interpretare il punto di vista del protagonista del
romanzo circa la ricostruzione delle proprie vicissitudini personali, legate alle vicende storiche del
Libano negli anni ’70. Il fine della comprensione del punto di vista del soggetto in questione è
tratto da Malinowski. Si intende tuttavia fare ciò attraverso l’utilizzo del concetto di mito, nonché
di esempi storici a fine comparativo, tentando quindi di applicare alcuni principi teorizzati da
Edward E. Evans-Pritchard.

Parole chiave: IMMAGINAZIONE – MITO – STORIA – RIVOLUZIONE

1. Il tempo dell’immaginazione
L’incipit stesso di quest’opera narra della necessita di compartecipare a un lutto: il protagonista
Adam torna nella propria terra natìa per una visita a un vecchio amico morente, Mourad, con il
quale i contatti erano ormai stati del tutto tagliati a causa dei dissapori tra i due. Il protagonista
e così costretto a tornare in Libano, Paese lasciato circa venticinque anni prima per la Francia,
e a respirare nuovamente l’atmosfera nel quale era cresciuto. E a questo punto che si svela come
il lutto per l’ex-amico altri non sia in realta che un fantoccio del vero oggetto del lutto del
protagonista, ovvero il tempo della giovinezza, trascorsa con Mourad e gli altri amici dei tempi
universitari. Cio che ci proponiamo di fare e di capire come il protagonista affronti il ricordo di
quei tempi passati, e il fondamentale ruolo della memoria del definire il suo punto di vista sulla
propria storia personale e su quella recente del Paese.
Tutto il romanzo si configura di fatto come una ricerca delle ragioni per cui i membri di quel
gruppo si siano dispersi per il mondo, instradatisi su percorsi di vita completamente diversi. E
pur vero che esiste un motivo ben chiaro sin dall’inizio a questa diaspora, ovvero lo scoppio
della Guerra Civile Libanese, una serie di conflitti che tra il 1975 e il 1990 flagellarono lo Stato
il quale, fino a quel momento, era ritenuto, a livello internazionale, uno tra i piu all’avanguardia,
economicamente e a livello di stabilita politica e sociale, nel contesto mediorientale, nonostante
esistessero gia in seme le divisioni confessionali che avrebbero gettato il Paese nel caos a
seguito dell’afflusso di profughi palestinesi dopo il “Settembre Nero” in Giordania1. E tuttavia,
per capire la necessita di ricostruzione che sta alla base dello scritto, e necessario prendere in
considerazione un altro fattore.
Il tempo delle riunioni tra studenti rappresentava, per Adam e per i suoi amici, la
compartecipazione ad una visione del mondo trasversale a grandi eventi e storie individuali.
Nel tempo seguente al 1968, anche presso questi studenti libanesi si fece sentire la necessita di
una modernizzazione dei costumi sulla scia di quanto reclamato nelle manifestazioni americane
ed europee. Le idee portate avanti da questi movimenti culturali di massa, il socialismo, gli

1 Cleveland, Bunton, 2020, p. 389


intenti rivoluzionari, l’amore libero, la passione per una letteratura militante, costituirono
l’immaginario di cui questo gruppo si nutrì, nonche il fondamento e la condizione necessaria
per la sua stessa esistenza. I membri del gruppo, infatti, sono caratterizzati dalle piu disparate
inclinazioni e da radici culturali e religiose differenti. Il sodalizio tra questi personaggi e fondato
dunque su un sogno, che essi riuscirono a tenere in vita soprattutto in virtu della particolare
condizione del Paese in quel periodo, in una Beirut che era la “Parigi del Medio Oriente” e poteva
temprare le divisioni settarie tra i membri della societa attraverso un’idea di modernita fondata
sul fatto che il Libano fosse divenuto, all’indomani delle nazionalizzazioni portate avanti in
Egitto, Siria e Iraq, un luogo di incontro per i capitali in fuga dall’espropriazione, capitali che
furono in grado di arricchire il Paese e che, stando in mano a immigrati dalle piu varie origini,
facevano di questa diversita un elemento di forza della societa libanese2. Ebbene l’immaginario
dei protagonisti, quello di un futuro in cui le divisioni settarie tipiche del Paese fossero abolite
in nome degli ideali in cui essi credevano, era stato spazzato via dallo scoppio di una guerra che
in quelle stesse divisioni aveva la propria radice prima.
Possiamo chiamarla certo immaginazione, in quanto tutto cio che costituiva il sogno dei giovani
libanesi nei primi anni ’70 non poteva trovare affatto una corrispondenza esatta nella realta.
Tuttavia quella realta, la quale pareva almeno offrire dei buoni presupposti per la realizzazione
del loro immaginario, rimane a suo modo idealizzata nella memoria dei protagonisti non solo
come un’epoca di gioia e aspettative per i loro rapporti umani, le loro idee e le loro aspirazioni,
ma anche come una parentesi splendente nella storia del Paese.

2. Il mito e la ricaduta nel presente


E un fattore di immaginazione, dunque, quello con cui ci troviamo a confrontarci, non piu
collocato nel presente in cui svolgiamo la nostra analisi, ma in un passato ormai quanto mai
remoto per lo stesso protagonista. E tuttavia per quanto l’ideale legato a quell’epoca rimanga in
fondo ad essa relegato, per lo piu frustrato dalla disillusione legata a tutto cio che era avvenuto
dopo lo scoppio della guerra, e anche vero che il ritorno nel paese natale e la necessita di
confrontarsi con la morte dell’amico costringano Adam e i suoi interlocutori a cercare un modo
di elaborare la memoria di quei tempi e dar esso una forma storica e cosciente.
Il primo impatto con quei ricordi rispecchia in un qualche modo il prototipo del mito. La
distanzia spaziale e soprattutto esistenziale, in termini di ideali, aspettative realizzate e
difficolta attraversate, tra il tempo presente e quello della giovinezza contribuisce ad acuire un
senso di distanza temporale non quantificabile tra le due epoche, come se la violenza della
separazione del gruppo abbia fatto scaturire diversi modi di esistenza dei personaggi,
collocandoli dunque in un flusso di tempo separato da quello della propria giovinezza, la cui
continuazione naturale e piu logica, o perlomeno piu auspicabile, sarebbe stata la prosecuzione
di quella lunga amicizia e dunque la realizzazione dell’ideale originario. Ciascun personaggio
diviene altri da se negli anni della separazione: il mutamento di casa, di contesto sociale, di studi
e di professione, di affiliazione politica e ideologica, nel quale ciascuno di loro incorre fa sì che
essi siano costretti ad avviare una nuova vita, la quale si svolge dunque di un tempo nuovo e
proprio. Quell’esistenza antica e nostalgica, con la quale Adam non era stato veramente
costretto a confrontarsi se non fino al momento della morte dell’amico, lo investe nel momento

2 Cleveland, Bunton, 2020, p. 319


in cui egli riceve la nefasta notizia e si ritrova costretto a rimettere piede nel proprio paese
natale, e lo fa invadendo il suo presente e abbracciandone ogni aspetto dell’esistenza attuale
senza soluzione di continuita, proprio in virtu del vuoto temporale che intercorre virtualmente
tra quella giovinezza e il suo ritorno in Libano.
Quel che conta nel determinare questa distanza non e tanto, naturalmente, la memoria che
ciascuno abbia delle proprie vicende personali, ma la memoria che ciascuno abbia degli altri, in
quanto membro di quel particolare e tanto serrato gruppo sociale. La sporadicita dei contatti e
l’interruzione di essi, che si tratti di quelli tra il protagonista e gli altri comprimari o di quelli
che questi intrattengono tra di loro, fa sì che essi non possano in alcun modo dar seguito,
neppure idealmente o formalmente, a quanto iniziato all’epoca del loro gruppo, così che quel
tempo finisca per collocarsi in quella dimensione di cui abbiamo detto, e a ripercuotersi
direttamente sulla vita presente nel momento del lutto.
Un esempio fra tutti di questa invasione e la ripresa del rapporto amoroso tra il protagonista e
la sua ospite Semiramis.

3. L’opera di ricostruzione
La ripresa dei rapporti lasciati precedentemente in sospeso e il filo conduttore dell’intera
narrazione.
Lo sforzo del protagonista nel tentare di ricollocare nel debito tempo quell’epoca ideale puo
leggersi nelle occasionali incursioni che narrazioni circa esso fanno nel testo, interponendosi
agli stralci di narrazione circa il tempo presente, e creando dunque una commistione tra i due
anche a livello letterario formale. L’alternarsi della terza persona narrante e della prima persona
nei panni di Adam ci suggerisce un altro aspetto fondamentale ai fini della nostra analisi: non ci
e possibile analizzare di prima mano le vicende del gruppo. Cio a cui ci e permesso assistere e
per lo piu una ricostruzione gia compiuta ad opera del protagonista e narratore stesso, ed e
pertanto sulla comprensione del punto di vista di Adam che ci concentreremo, cercando ci
chiarirlo e di capire in quali maglie ideologiche sia esso stesso in un qualche modo costretto.
Ovviamente si potrebbe anche cercare di capire in che rapporto stiano tra loro narratore ed
autore, ma il nostro fine non e quello di far qualche passo in avanti nella comprensione delle
motivazioni che abbiano spinto Amin Maalouf a scrivere l’opera, ne cercare di coglierne una
morale ad un qualsiasi livello di lettura. Si tratta piuttosto di tentare di dare qualche linea
interpretativa sul come nel nostro campione, un gruppo sociale ristretto il quale tuttavia puo
fungere da portavoce, almeno in una qualche misura, di una generazione appartenente a un
gruppo sociale piu ampio, abbia affrontato il recupero della memoria di un tempo nel quale era
la dimensione dell’immaginazione a guidare la costruzione dell’identita; il titolo dell’opera “I
disorientati” fa riferimento proprio al fatto che, perso il tempo dell’idealita, le identita dei
protagonista abbiano finito per disperdersi, nel senso in cui ciascuno di loro ha deviato da
quello stesso ideale.
Torniamo pero al punto di vista del protagonista. Uno dei presupposti dai quali il narratore pare
partire e quello per cui egli, non a caso storico di professione, possa avere in quanto emigrato
libanese in Francia, una migliore prospettiva su quanto avvenga in Libano e nella vita dei suoi
amici emigrati altrove, dato che quasi mai egli si e ritrovato coinvolto personalmente nelle
vicende del Paese e degli amici dopo la loro separazione, e potrebbe pertanto avere una
maggiore obiettivita nel trarre le proprie conclusioni circa i processi intercorsi.
In realta, egli di per se rimane comunque un osservatore interno, anche se la situazione in cui
si trova immerso e una situazione ambigua. Se l’epoca ideale con la quale e necessario
instaurare un collegamento rimane relegata a una dimensione altra e ben chiara, circoscritta in
termini di spazio, immaginario, regolarita comportamentali, un “campo” inteso nel senso piu
classico del termine, se così vogliamo dire, e anche vero che il contesto nel quale si sono svolti
gli eventi che il protagonista si propone di ricostruire non ha piu quelle caratteristiche di
organicita. Si tratta di trovare un filo conduttore teso tra luoghi e identita ormai completamente
diversi tra loro, e che abbiano a ben vedere in comune solo quel “mito” originario, nonche ora il
fine della riunione. La posizione del nostro osservatore si colloca in questo contesto, e dunque
egli sta a noi un po’ come il nativo stava Malinowski, ove quest’ultimo si proponeva di
comprendere il sentimento di quello circa le istituzioni nelle quali viveva immerso3. La nostra
difficolta sta nel dover osservare un soggetto che osserva in modo diacronico; l’importanza della
dimensione storica non e utile solo all’indagine di esempi che possano meglio aiutarci a capire
perche la visione che il protagonista ci offra abbia determinate caratteristiche: ci interessa
anche e forse soprattutto perche la ricostruzione della memoria e di per se un’indagine storica,
e tende al riconducimento delle vicende trascorse a un certo schema interpretativo.

4. Identità araba e memoria


Per chiarire di quale schema si tratti, e di quali caratteristiche abbi la visione del protagonista
attraverso esso plasmata, ci vorra qualche riga. Innanzitutto, Adam non menziona mai il nome
del proprio paese, il Libano, e nonostante appaia abbastanza chiaro che egli faccia questa scelta
probabilmente per non chiamare così una terra che egli non riconosce piu come meritevole di
tale nome, in quanto ormai cosa altra rispetto al Libano idealizzato che egli e i propri amici
avevano in parte vissuto e in parte sognato, questo potrebbe accadere anche per via del fatto
che simili disillusioni storiche abbiano interessato altri paesi del Mondo Arabo, del quale il
Libano potrebbe essere una sorta di esempio prototipico. Quel che voglio dire e che l’identita
del protagonista ha un forte legame con l’appartenenza a un popolo che si definisce arabo. E
questo un concetto complesso, estremamente variegato linguisticamente, etnicamente,
storicamente, ideologicamente, e sotto molti altri punti di vista. E tuttavia, forse
paradossalmente, l’identita araba risulta particolarmente sentita da chi la viva, e cio si manifesta
in particolar modo nel momento in cui si tratti di confrontarsi con cio che arabo non sia. Si tratta
di un meccanismo di aggregazione, un’alterazione della percezione della propria congiunzione
o disgiunzione rispetto agli altri in funzione del piano su cui si percepisca il conflitto. Tutto cio
rientra nei canoni di quanto spiegato da Evans-Pritchard rispetto alla politica di certi sistemi
sociali africani, con l’importante differenza che in questo caso la base dell’identita e
prevalentemente di tipo nazionalistico. Possiamo facilmente citare esempi storici di comune
dominio per esemplificare il funzionamento di tale meccanismo: basti pensare alla reazione
congiunta dei paesi arabi contro Israele nel ’48, e in generale a molti degli eventi che concernono
il conflitto arabo-israeliano e quello israelo-palestinese, al tentato sodalizio politico tra l’Egitto
di Sadat e la Siria di Hafiz al-Asad nel 1958, alla reazione a catena causata dallo scoppio della
prima Primavera Araba in Tunisia nel 2011. Il fallimento politico di tutte queste iniziative, fatta

3 Malinowski, 1922, p. 26
eccezione per gli sprazzi di democrazia ottenuti dal popolo tunisino all’indomani della caduta
di Ben Ali, e dovuto non a caso a conflitti interni generatisi tra fazioni ideologicamente
discordanti. La motivazione di cio e da ricercarsi nel fatto che le idee di comunione del popolo
arabo promosse a partire dalla seconda meta del ‘900 si sono sempre sviluppate sotto il vessillo
di un’idea nazionalistica di identita, funzionale alla fase storica di decolonizzazione e costruite
sul modello europeo in funzione di contrasto agli occupatori europei stessi.
Questa fragile identita vive inevitabilmente nel protagonista e nei suoi compagni, tanto piu che
essi debbano vivere all’estero e siano dunque costretti a confrontarsi di continuo con chi li
percepisca in quanto diversi, e inevitabilmente proietti su di loro un certo modo di pensare
l’”arabo” quale contraltare all’europeo, per via di un’idea di “scontro tra civilta” su cui il
protagonista stesso si trova a discutere e che ha lungo corso ormai nella storia dei rapporti tra
Europa e stati del Medio Oriente e Nord Africa. Del resto, una cultura tanto autocosciente non
puo che osservarsi di continuo, anche attraverso gli occhi degli altri. Ebbene, il fatto che
l’identita del protagonista sia anche araba e rilevante nella misura in cui il modo in cui egli legge
le proprie vicende personali, legate a quelle del Paese, e di fatto una chiave di lettura di molte
vicende della storia araba, soprattutto contemporanea.
Una delle possibili spiegazioni alla base del fatto che l’identita araba sia sentita in modo tanto
profondo nonostante le scissioni continue e nette che caratterizzino la storia dei popoli che
come arabi si identifichino, e l’accentuato senso di distanza strutturale reciproca di cui e intrisa
la cultura della legittimazione di questi popoli. Esiste nella tradizione intellettuale araba un
particolare senso della percezione dei fatti storici in relazione all’evento particolare che fu la
nascita dell’Islam. Gli eventi che portarono all’affermazione di questa religione quale
maggioritaria in quella parte del mondo rappresentarono uno spartiacque. L’idea e che tutto cio
che ivi fosse accaduto prima del 622 d.C. (primo anno del calendario islamico, usato d’ufficio in
molti stati arabi), al di fuori dell’opera di certi profeti, fosse jahiliyya, “ignoranza” e settarismo.
La nascita dell’Islam rappresento un elemento unificatore dopo l’affermazione del quale il
concetto di tribu avrebbe dovuto subordinarsi del tutto a un concetto piu ampio e
omnicomprensivo di societa. In questo quadro, tuttavia, il momento di comunione totale fu,
come e noto, breve: non ci volle molto perche vari scismi attraversassero l’umma, la comunita
universalistica. Da qui la visione idealizzata di quel breve periodo di tempo nel quale un’unita
percepita come reale e perfetta domino la comunita all’origine della civilta araba classica, e da
qui l’idea diffusa che quel tempo, quello del profeta Muhammad, abbia rappresentato un picco,
un culmine etico all’interno della storia umana tutta4, successivamente al quale il mondo non
avrebbe mai piu potuto recuperare una simile purezza, in quanto ormai distante dalla piu netta
manifestazione della legge divina in Terra. Del resto, come dice lo stesso Evans-Pritchard:
“History is part of the conscious tradition of a people and is operative in their social life. It is the collective
representation of events as distinct from events themselves. This is what the social anthropologist calls myth.”5

Leggiamo il funzionamento di una simile percezione collettiva nello sviluppo storico della
poesia araba, ad esempio, la quale si evolve non tanto nella ricerca di temi innovativi, ma nella
rielaborazione continua e nella costruzione di particolari generi intorni a temi riconducibili a
un modello poetico primitivo, quello della qasida del VII secolo, che questi temi comprendeva
tutti in se, sicche quel che rappresentava il tema di un singolo capitolo di una qasida sarebbe

4 Riflette Adam in un passaggio del romanzo sul fatto che “Non appena la mia felicita sembra perfetta, mi dico che
non durera” (Maalouf, 2013, 463).
5
Evans-Pritchard, 1950, p. 121
divenuto oggetto di poesie ad esso specificamente dedicate. Questo sviluppo ad albero della
cultura quale elaborazione in un certo senso analitica di quella perfezione originaria e
ravvisabile anche nella selezione dei precetti della legge religiosa. Solo cio che e nel Corano e
vero, tutte le fonti coeve e successive circa quanto fatto dal Profeta e dalla sua cerchia perdono
di autorevolezza quanto piu il loro autore si allontani nel tempo e nella linea dinastica dal
Profeta stesso6. Ancora oggi dinastie come quella Alawide in Marocco e quella Hashemita in
Giordania legittimano efficacemente la loro autorita rivendicando la propria discendenza dalla
tribu del profeta, concetto questo di cui ogni musulmano ha buona coscienza. Inoltre, il nome
proprio di persona arabo e precisamente strutturato in modo da ricostruire l’ascendenza in
linea paterna di ogni individuo.
Tutto questo per dire che identita e storia appaiono collegate in modo irriducibile nella
coscienza araba, perche l’identita e fondata da un’appartenenza che puo essere verificata solo
storicamente, riconducendosi ad un’origine ideale dopo la quale il mondo non possa che
muoversi verso il decadimento, e quindi il Giorno del Giudizio, quello in cui la giustizia originale
sara ripristinata. Il comprimario Naim osserva a proposito di cio che Dio contemplerebbe la
Terra del Levante “con tristezza e con collera”7. Vi e dunque una sfumatura millenaristica nella
percezione di questo decadimento, una sfumatura che ben traspare in vari aspetti dell’opera
che andiamo ad osservare, e che, come affermato da Worsley (1924 – 2013), risorge tipicamente
nei contesti post-coloniali8. Tutto cio porta al fatto che esista un collegamento continuo e sentito
nell’immaginario di molti arabi tra il tempo vissuto e l’esperienza personale, tale per cui e molto
piu facile che il protagonista di una grande maggioranza di romanzi arabi si abbandoni allo
spirito del tempo, spesso sconfitto nel proprio disperato tentativo rivoluzionario, piuttosto che
trionfi nel proprio intento. Lo stesso protagonista afferma di appartenere a un “popolo vinto”9.
Abbiamo un saggio di cio in opere come “Ogni volta che prendo il volo” (Ta’ir azraq nadir
yuhalliq maʿi, 2013) di Youssef Fadel, in cui il protagonista, imprigionato per via del proprio
tentativo di attentato al re del Marocco Hassan II, puo finalmente uscire dalla propria prigionia
solo una volta che ogni tentativo sovversivo sia stato smorzato, dopo anni vissuti tra
l’incoscienza e l’alienazione al presente e il ricordo di un passato felice, o in “Le Scintille
dell’Inferno” (Tarmi bi-sharrar, 2009) di Abdo Khal, resoconto della caduta di un uomo saudita
nel baratro della perversione dopo l’asservimento ad un potente signore del petrolio; egli e
perverso secondo l’inclinazione del proprio padrone, che nella percezione dell’autore e
l’inclinazione dei tempi correnti nei ricchi Paesi del Golfo. A questo proposito, lo stesso Adam
afferma nel romanzo che “per l’insieme degli arabi” in realta “il petrolio e stato una
maledizione”10. Questo basti a titolo comparativo. Tutto cio e ravvisabile anche in una pietra
miliare della storiografia araba, l’influente Muqaddima11 (“Introduzione”) contenuta nel Kitab
al-ʿibar (“Libro degli Esempi”) di Ibn Khaldun (332-1406), considerato da alcuni sociologo ante
litteram. In essa egli espone la propria visione della storia come alternarsi di cicli, ciascuno dei
quali procede da un florido principio verso un ineluttabile decadimento naturale 12 . Sempre
Naim va affermando nel corso della narrazione che “tutto cio che e successo prima del 1914

6 Filoramo, 1999, p. 106


7 Maalouf, 2013, p. 269
8
Matera, 2020, p. 416
9 Maalouf, 2013, p. 233
10 Maalouf, 2013, p. 257
11 Il libro e tutt’ora utilizzato come testo obbligatorio nelle scuole superiori di certi paesi, come la Tunisia.
12 Albertini, 2019, p. 653
rientra della categoria dei peccati di gioventu”13 sottintendendo il precipizio nel quale il popolo
umano sia caduto dopo la prima grande guerra moderna. Con riferimento alla ciclicita di cui si
e detto, poi, Adam affermera che di essere sempre stato colpito dal fatto che “a Roma, l’ultimo
imperatore si chiamasse Romolo, come il fondatore della citta” 14 . Lo stesso nome del
protagonista allude al fatto che egli fosse simbolicamente presente all’inizio dei tempi, nell’Eden
originale, e che si ritrovi alla fine di essi per dare un resoconto del ciclo e inaugurarne, forse, un
nuovo inizio15. E un ciclo che certo non avra nulla a che fare con precedente, un distacco finale
da quell’eta dell’idealismo che era sua e del Libano stesso e dunque la fine del lutto16.

5. L’abbandono del sogno rivoluzionario


Possiamo dunque affermare che se questo principio di interpretazione del punto di vista del
protagonista sarebbe certamente troppo grossolano e generale per l’analisi diretta di un gruppo
sociale, cio non si possa dire nel momento in cui si analizzi un’interpretazione scritta come
quella offertaci dal protagonista del libro. La ricostruzione che Adam compie del percorso di
vita che ciascun membro del proprio gruppo abbia attraversato dopo la fine di quell’epoca
ideale fino al presente e la realizzazione di una scissione insanabile, la presa di coscienza del
fatto che l’allontanamento di ciascuno dal gruppo sia ascrivibile in ultima istanza a un
decadimento, generale e inevitabile, nella faziosita, che nella tradizione e idolatria 17 . Un
decadimento che necessariamente debba seguire a un periodo di splendore, e che trova il
proprio elemento disgregatore nel fatto stesso che l’ideale avesse ad oggetto l’annullamento di
quella faziosita.
La perfezione e dominio del ricordo (in molte confraternite sufi, una pratica comune e il “ricordo”
del nome di Dio nella forma di una recitazione ripetuta) e lo scorrere della storia rappresenta
di per se un susseguirsi di disgregazioni al quale non e possibile opporsi. L’unico modo di
sopravvivere in quanto membro della societa e quello di scendere a compromessi con una simile
faziosita e divenirne parte (nel romanzo, esempi di cio sono la svolta radicale di Nidal, la
complicita di Mourad con i violenti discendenti dei vecchi notabili locali, la disponibilita di
Ramez a lavorare per uomini tutt’altro che probi). L’alternativa e l’esilio, che e quello del
protagonista e di vari suoi compagni, ma anche quello di chi senza lasciare il paese si isoli
lontano dal consesso umano: che si tratti di un monastero, come nel caso di Ramzi, o che si tratti
di un albergo nel mezzo del nulla, come nel caso di Semiramis.
Con questo resoconto il protagonista ricostruisce la propria identita in termini poco lusinghieri
e poco chiari: egli rimane un rivoluzionario, ma per sua stessa ammissione non puo trovare
posto in Libano in quanto tale. Non e forse un caso che la prima edizione di questo romanzo
risalga al 2012, all’indomani dunque delle primavere arabe, tutte invariabilmente (a parte il gia
citato caso tunisino) risoltesi in un fallimento. Negli occhi di Adam e dei sodali, il fallimento piu
grande e quello che segue una rivoluzione vittoriosa: casi storici come quello egiziano
dimostrano che le scissioni interne ai partiti rivoluzionari avrebbero sempre riportato la

13 Maalouf, 2013, p. 408


14 Maalouf, 2013, p. 450
15 Maalouf, 2013, p. 487
16 A questo proposito Adam dice che egli sia tornato nel paese per “raccogliere dei fiori”. L’eta dell’idealismo e

dell’immaginazione e un fiore e lui gli “rende omaggio dandogli la morte” (Maalouf, 2013, p. 368).
17 A tal proposito afferma il protagonista che “Qui nel Levante (…) le nostre confessioni sono tribu, il nostro zelo

religioso e una forma di nazionalismo” (Maalouf, 2013, p. 472).


situazione a precipitare nell’autoritarismo. Un simile fallimento degli intenti rivoluzionari era
avvenuto in Algeria dopo l’indipendenza, con lo sprofondare del paese in una tragica guerra
civile. Basti considerare un altro fatto ideologico tipico della storia recente del mondo arabo per
avere tra le mani un altro elemento che corrobori la nostra tesi: buona parte degli intenti
rivoluzionari che hanno avuto successo, accademicamente o politicamente, nel mondo arabo, si
configurano come “rivoluzioni a ritroso”, con la riproposta di valori antichi (spesso interpretati
in maniera radicale e mistificata) piuttosto che di ideali “progressisti”, magari tesi al
potenziamento della classe borghese o di quella operaia. Vi sono esempi che tutti conoscono,
come il wahabismo, che nonostante rappresenti una frangia particolarmente radicale del
sunnismo e ad oggi sopravvissuta come dottrina di Stato in Arabia Saudita, riscuotendo in un
modo o nell’altro ben maggior successo di qualsiasi partito di stampo socialista nel mondo
arabo. Emblematici sono tra tutti i titoli di due opere del filosofo iracheno sciita Muhammad
Baqir al-Sadr: Falsafatuna (“La nostra filosofia”) e Iqtiṣaduna (“La nostra economia”), nei quali
egli propone di affrontare i problemi del mondo contemporaneo attraverso gli strumenti della
religione18. Il modernismo islamico, un movimento ideologico di cui si potrebbe parlare a lungo,
e proprio questo: la ricerca di risposte ai problemi moderni nella sapienza antica, e in
particolare nella scuola religiosa di riferimento. Questo basti per quel che riguarda il modo in
cui il concetto di “rivoluzione” viene spesso interpretato da larghe frange della politica o della
militanza in vari paesi arabi. La stessa idea era gia stata teorizzata dal citato Ibn Khaldun, il
quale aggiungeva tra l’altro che cio potesse farsi solo attraverso l’atto volontaristico di un
gruppo, una comunita solidale (‘umran) nella quale l’individuo potesse trovare la propria
appartenenza anche all’interno di una societa in crisi19. L’ultima parola sulla questione ce l’ha
un’amica di Adam, irachena in esilio: “In nome del progresso (…) non smettono di imbarcarci in
avventure che si concludono in naufragi. Coloro che incitano alla rivoluzione dovrebbero
dimostrare in anticipo che la societa che instaureranno sara piu libera”20. Abbiamo prima fatto
riferimento a questa visione della storia come caratterizzata una sorta di millenarismo. Ebbene
in questo caso non si tratta tuttavia di un millenarismo “dal basso”, come quello studiato da
Lanternari, che vedeva delle potenzialita sovversive nelle cultura popolare secondo la teoria di
Gramsci21, ma di una capacita della Cultura di imporre i propri dogmi anche a livello popolare
contro una realta che e sempre diversificante, proponendo un’unita ideale che forse non sara
mai possibile, e rimanendo così ben salda nei cuori delle persone proprio perche, in quanto
continuamente frustrata dalle vicende storiche, non perdera mai la propria valenza
millenaristica, e dunque la propria capacita di traghettare le comunita attraverso i periodi di
crisi.
Quel che noi interessa sondare non e la bonta di una simile chiave interpretativa; ci interessava
capire il modo in cui il protagonista e i suoi compagni fossero giunti a interpretare le dinamiche
occorse nel tempo della loro separazione, che e anche un lasso della storia della loro societa
d’origine. Abbiamo dunque tentato, per così dire, di interpretare un’interpretazione, quella di
Adam, comprendere il suo punto di vista circa la propria collocazione identitaria, e nonostante
possano certamente trovarsi altre e forse piu ragionevoli chiavi di lettura, credo che il raffronto
con vari elementi storici e ideologici del contesto di provenienza dell’autore e del personaggio
renda le nostre conclusioni per lo meno non fantasiose.

18 Filoramo, 1999, p. 271


19 Albertini, 2019, pp. 652, 654
20 Maalouf, 2013, p. 439
21 Matera, 2020, p. 429
Bibliografia
Maalouf, Amin. 2013. I disorientati. Milano: Bompiani.
Evans-Pritchard, E. E. 1950. “198. Social Anthropology: Past and Present the Marett Lecture,
1950.” Man 50: 118–24.
Malinowski, Bronislaw. 1922. Argonauts of the Western Pacific. An Account of Native Enterprise
and Adventure in the Archipelagoes of Melanesian New Guinea. Londra: George Routledge & Sons.
Matera, Vincenzo. 2020. “La politica dentro l’antropologia” in Matera, Vincenzo (2020), Storia
dell’etnografia. Autori, teorie, pratiche. Carrocci: Roma.
Cleveland, William L. e Bunton, Martin. 2020. Storia del Medio Oriente Moderno. Milano: Mondadori.
Filoramo, Giovanni. 1999. Islam. Laterza: Bari-Roma.
Albertini, Tamara. 2019. “Ibn Khaldun: A Philosopher for Times of Crisis.” Philosophy East and
West 69, no. 3: 651–56.

Potrebbero piacerti anche